IL GRISSINO...una storia tutta piemontese

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    La storia dei Grissini


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    ...Il grissino: una storia tutta piemontese..





    Il grissino, alimento di secolare origine, dal 1998 (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile, n. 173) è annoverato fra i prodotti agroalimentari tradizionali della provincia di Torino. A inventarlo si suppone sia stato Antonio Brunero, fornaio di corte presso i Savoia, incaricato dal medico di casa reale Teobaldo Pecchio di trovare una soluzione per nutrire il futuro re Vittorio Amedeo II, inappetente e incapace di digerire la mollica del pane. Era il 1679, e da allora il grissino incontrò un crescente successo anche fuori dalla nobiltà. Quale che sia stata la sua vera origine, presentava degli indubbi vantaggi rispetto al pane: maggiore digeribilità e, soprattutto, la possibilità di essere conservato a lungo, anche diverse settimane.


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    Rubatà del Chierese



    Il termine grissino deriva da “grissia” o “gherssa”: il pane, un tempo a forma allungata e stretta, usato in tutto il Piemonte, simile all’attuale baguette francese. Esasperando la forma allungata del pane e assottigliandola sempre più è nato il grissino; la paternità è, a tutt’oggi, molto discussa, di certo fece la comparsa alla metà del 1600.
    Il Cibraio, al riguardo, racconta che “c’erano dapprima dei pani allungati fini di tre once circa di peso, chiamati grissie. Migliorata la pasta, recandola a tale tenacità da potersi tirare in cordicelle lunghe un braccio, senza romperle, si procedette all’invenzione dei grissini”.
    Pare sia stato alimento provvidenziale per il giovane figlio del Duca di Savoia e, al riguardo, il Carutti, nella “Storia di Vittorio Amedeo II” racconta: “il dottor Pecchio di Lanzo, chiamato a curare il giovanetto Duca Vittorio Amedeo II, sbandì pozioni e boccette ed ogni generazione medicinali, lo fece nutricare di panne grissino, onde, la natura aiutante, il suo corpo rinvigorì”.
    Il dottor Teobaldo Pecchio, attribuendo la causa del male al pane mal cotto, ordinò tale cura per guarire il giovane che soffriva di febbri e disturbi intestinali, a testimonianza che il grissino stirato era già conosciuto a Lanzo in quel periodo.
    Questa nuova forma di pane, chiamato dai nobili anche panbiscotto, era dapprima solo privilegio dei ricchi, mentre il popolo si nutriva ancora di pane, le grissie, ove, per la preparazione, si mescolavano farine di segale (la principale), di orzo e di grano.
    Anche in Francia giunse, in quel periodo, il grissino tanto che sono citati i grissini descritti come “pain long du Piemont” e, alla corte, fu nominato “Le petit baton de Turin”.
    I cereali, a quei tempi, dopo la mietitura, venivano battuti a mano e poi macinati nei mulini sparsi per le Valli.
    Le macine dei mulini erano costituite da ruote di pietra grigia azionate da una grande ruota di legno che funzionava con la potenza dell’acqua.
    Anche i forni erano distribuiti nei paesi e, a turno, le famiglie se ne servivano per fabbricare il pane, per loro, ed i grissini per i Signori del luogo.



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    ..Le caratteristiche...



    Rubatà e Stirà



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    Stirà



    Il grissino può essere di due tipi: "rubatà" (arrotolato) o "stirà" (stirato): il primo è lavorato per arrotolamento fino a raggiungere una lunghezza media di 60 cm. e ha un aspetto irregolare; il secondo è ottenuto tirando la pasta fino a raggiungere la lunghezza voluta e tagliandola con un colpo di coltello; quest'ultimo, dalla forma più regolare, si è rivelato più adatto per una produzione meccanizzata già a partire dai primi anni dell'Ottocento. Oggi sono in commercio prodotti industriali derivati sia dal rubatà sia dallo stirà. Generalmente, i primi vengono denominati "rustici" e hanno avuto una diffusione di massa più recente, mentre il classico grissino senza ulteriori definizioni è discendente diretto dello stirà.

    L'impasto da cui si ottengono i grissini non è dissimile da quello del pane condito (olio o strutto) ma esistono in commercio anche grissini privi di grassi, detti comunemente "all'acqua". Hanno discreta produzione anche grissini aromatizzati con varie erbe o semi (origano, sesamo ecc.).





    Grissini all'origano e alla salvia



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    Grissini al sesamo



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    Grissini peperini




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    ..La storia ...






    Il Grissino



    Il grissino, non vi è alcun dubbio, trova le sue origini nella tradizione culinaria sabauda anche se, permane ancora molta nebbia su come si sono realmente svolti i fatti che ne hanno determinato la nascita e la diffusione. Fondamentalmente, il problema più oneroso da risolvere è quello di scegliere se dare più importanza alla leggenda, oppure se riguardare al passato affidandosi ad una prospettiva storica documentata da polverosi testi scritti piuttosto che dalla semplice tradizione orale.


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    La leggenda racconta...



    Ma cosa si tramanda dunque sul grissino?



    Si racconta che: "C'era una volta a Torino, intorno all'anno 1680 un giovane Duca, chiamato Vittorio Amedeo II di Savoia al quale, la sola giovane età impediva di avere sotto il suo diretto controllo l'importante "Stato Sabaudo".
    Fin da piccolo si era dimostrato assai intelligente con una grande passione per le armi del padre. A parte un difficile rapporto con i familiari ("la madre distante e poco affettuosa, un padre che nei confronti del figlio alternava indulgenza e severità al fine di domarne lo spirito") il giovane principe trovava nella sua fragile salute il nemico più difficile della propria infanzia.
    Era nato a Torino nell'anno 1666 e fin dai primi anni di vita si era rivelato gracile e malaticcio. La storia tramanda che "all'inizio del 1668, quando si disperava ormai della sua vita' si espose a Torino la Sacra Sindone al fine di invocare l'intervento Divino e si fecero pellegrinaggi per ottenere la sua guarigione".
    Il giovane sovrano soffriva soprattutto di disturbi intestinali (in particolare di gastroenterite batterica) che ne determinavano un difficile sviluppo ed una struttura assai gracile.
    Fu proprio in occasione di una di queste malattie che il grissino fece la sua comparsa a corte.
    Era, l'anno 1675, il duca Vittorio Amedeo aveva nove anni, era di nuovo gravemente ammalato e si apprestava ad entrare nella leggenda della città. Il padre era morto da poco così fu la madre, Maria Giovanna Battista di Nemours, ad incaricare il medico di corte, Don Baldo Pecchio (di Lanzo Torinese), a trovare un rimedio nuovo per guarire e alimentare il malato inappetente e dalla digestione assai faticosa.
    Questi ebbe un lampo di genio che lo portò a diagnosticare, al giovin Duca, una intossicazione alimentare conseguente ad assunzione di pane inquinato di germi patogeni intestinali. Ciò perché il pane di quel tempo era prodotto in modo non del tutto "corretto" igienicamente e, per di più, veniva poco cotto, anzi, mal cotto.
    Si tramanda che il medico avesse sofferto in gioventù di analoghi disturbi intestinali che erano stati guariti grazie all'intuito e alla creatività di sua madre che lo aveva cibato con pane "ben lievitato, ben cotto, con poca mollica e molto croccante".
    La sua diagnosi e il successo di quell'esperienza giovanile spinsero il medico di corte a rivolgersi al panettiere di casa Savoia per riproporre tale terapia. Antonio Brunero di Lanzo, così si chiamava il fornaioterapeuta, stava preparando il pane tradizionale nei consumi locali dell'epoca (la cosiddetta "Ghersa") caratterizzato da forma allungata. Non fu necessario quindi un grosso intuito per separare da questo tipo di impasto in lievitazione, delle lunghe liste di pasta lievitata, larghe circa mezzo pollice e lunghe due spanne per poi stirarle con "il solo movimento delle mani e la trazione delle braccia".

    Una cassetta di grissini è stata sepolta a Torino, a cura del Municipio, nel 1850 sotto le fondamenta dell'obelisco di piazza Siccardi che ricorda l'abolizione del foro ecclesiastico. Assieme ai grissini sono state sepolte alcune copie del giornale "La Gazzetta del Popolo", monete, semi di riso, e una bottiglia di Barbera.

    Da tali listarelle, così stirate, poste successivamente a cottura, i due sperimentatori erano così riusciti ad ottenere dei "bastoni di pane ben cotti, anzi "bis-cotti", con assenza quasi totale di acqua, friabili, aromatici, con poca o nulla mollica e tanta crosta dorata". In altre parole il prodotto che si riteneva indispensabile per tentare di guarire il giovane sovrano.
    Come le belle favole impongono, il Duca guarì cibandosi di questo pane. Il suo fisico migliorò e Vittorio Amedeo Il diventato primo Re Sabaudo nel 1713, poté dedicarsi con tranquillità e salute a tutti i suoi divertimenti preferiti (la caccia in primo luogo) e, soprattutto, ad un "grosso sforzo di riorganizzazione dello Stato Sabaudo che fu trasformato in una struttura altamente accentrata".
    Il sovrano era solito recarsi alla sua residenza di Venaria portando sul suo cavallo una "cesta" di grissini.
    Ancora oggi si dice che il suo fantasma vaghi per le stanze dello stesso castello, conducendo con una mano il cavallo e brandendo con l'altra un grissino incandescente.
    Dopo la guarigione del Duca il grissino diventò "il pane preferito di Casa Savoia per cui fu conosciuto ed apprezzato dai più regali palati dell'epoca".

    La storia comunque conferma l'apprezzamento dei nobili nei confronti del grissino:
    "Carlo Felice di Savoia apprezzava di più la musica del Regio Teatro quando sgranocchiava dal suo palco i suoi gustosi grissini talvolta realizzati con l'aggiunta di polpa di trota".
    "La principessa Felicita si fece ritrarre dal pittore di corte con un grissino in mano e da, quel momento divenne, forse suo malgrado, la principessa del grissino".



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    Principe Vittorio Amedeo II di Savoia

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    Principessa Maria Felicita di Savoia



    Napoleone dopo aver assaggiato quelli che chiamava "les petites batons de Turin" ne rimase entusiasta. Ne diventò così ghiotto da maturare il desiderio di farli produrre direttamente a Parigi.
    Di conseguenza Napoleone, per gustare i veri grissini torinesi, dovette istituire un servizio postale celere per avere ogni giorno direttamente da Torino i prelibati bastoncini di pane.

    Il popolo seguì ben presto le abitudini ormai consolidate a corte e questo fece sì che il grissino non ebbe difficoltà nel diffondersi a Torino e nei dintorni divenendo un alimento insostituibile del mangiare giornaliero.



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    Fonte:adieta.it,bio-eko.it,Zibaldone culinario,web
     
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    .. I grissini dolci...


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    I Grissini dolci sono una particolare variante dolce dei grissini tradizionali. Tipici della provincia di Pavia, sono indicati per accompagnare le degustazioni dei vini dolci dell’Oltrepo.

    Caratteristiche


    Di color dorato, i Grissini dolci hanno una lunghezza variabile fra i 30 e i 40 centimetri.
    Sono ottenuti con farina, zucchero, lievito, burro e sale. Più friabili e croccanti del pane per l’assenza di mollica, i grissini sono più digeribili. Non meno calorici, però, soprattutto se si pensa all’aggiunta di burro e alle moderne preparazioni industriali in cui spesso sono aggiunti anche olio o margarina. Il contenuto energetico, infatti, si aggira intorno alle 350 calorie per ogni 100 grammi di prodotto.


    Caratteristiche organolettiche


    Di consistenza croccante i Grissini dolci hanno un sapore delicato, dolce e tipico dei prodotti da forno.

    Modalità produttive


    Dopo aver amalgamo gli ingredienti, l’impasto dei Grissini dolci viene lasciato riposare per 20 minuti e, successivamente, fatto passare su una macchina a rulli. Di qui, si procede con la messa in forma e la tiratura a mano dei grissini. La cottura in forno dura 20 minuti.

    Storia


    Nella loro versione più nota, quella salata, i grissini sono originari della cucina piemontese.
    Non a caso, infatti, sono torinesi i grissini più famosi caratterizzati dal fatto d’esser molto più sottili degli altri. Le testimonianze sulla loro origine risalgono alla corte dei Savoia intorno al 1668, a opera del fornaio torinese Antonio Brunero, fornitore ufficiale della casa reale.
    Pare che lo stesso Napoleone Bonaparte apprezzasse molto questa specialità.


    Come si consuma


    Ideali come goloso spuntino, i Grissini dolci sono spesso consumati per accompagnare i vini dolci dell’Oltrepo come passito e moscato.

    Area di produzione


    I Grissini dolci sono una specialità del comune di Broni, in provincia di Pavia. Completamente circondato da vigneti, il piccolo borgo è adagiato alla base di due colline attraversate dall’antica via Emilia. Le prime notizie storiche su Broni risalgono all’epoca delle guerre cartaginesi, delle guerre puniche e più ancora al periodo successivo all’apertura della via Emilia, costruita dal console Marco Emilio Scauro nel 114 a.C. La dominazione romana portò Broni a far parte dell’agro piacentino e, sotto i Goti, dell’agro ticinese di cui Ticinum (Pavia) era appunto il capoluogo.


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    Ricette casalinghe



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    Grissini dolci con pasta madre



    Ingredienti



    350 gr. di farina 00
    200 gr. di pasta madre rinfrescata due volte ( oppure 15 gr. di lievito di birra fresco)
    1 cucchiaio di miele
    100 gr. di acqua (circa)
    30 gr. di olio extra vergine d'oliva + un cucchiaio
    100 gr. di zucchero
    un pizzico di sale
    semi di sesamo



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    Preparazione



    Stemperare la pasta madre con un po d'acqua e il miele, aggiungere la farina, altra acqua, l'olio, lo zucchero ed il sale, impastare fino ad ottenere una palla soda. Fare una taglio a croce e mettere in una ciotola coperta con uno straccio umido a lievitare in un luogo caldo (preferibilmente il forno) fino a quando l'impasto avrà raddoppiato di volume (da 4 a 6 h.). (Nel caso che andreste a utilizzare il lievito di birra fresco il tempo di attesa sarà ridotto a 2 ore). Trascorso questo tempo, su un piano infarinato prendere il panetto e stenderlo, con un matterello, in un rettangolo di 30x10 cm e di uno spessore di circa mezzo cm, con un largo coltello tagliare delle strisce larghe circa 3 cm, stirarli e assottigliare poi con le dita le due estremità. Spennellarli con dell'olio d'oliva e sistemandoli sulla placca del forno leggermente unta di olio a 2 cm di distanza uno dall'altro cospargerli di semini. Cuocere in forno già caldo a 210° per circa 15/17 minuti. Sfornare i grissini e far raffreddare su una gratella.



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    Grissini all'uva sultanina



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    Ingredienti



    200 gr. di farina bianca
    poco piu' di 100 ml. di latte
    100-110 gr. di uvetta sultanina
    circa 10 gr. di lievito di birra
    2 o 3 cucchiai di olio extra vergine d'oliva
    un pizzico di sale



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    Preparazione



    Fate rinvenire l'uvetta in poca acqua calda. Disponete sul tavolo la farina a fontana e versateci quindi il lievito di birra che avrete sciolto in una piccola parte del latte intiepidito, l'olio d'oliva e il sale. Aggiungete man mano il latte cominciando ad impastare e lavorate energicamente la pasta finche' non sara' diventata tesa ed elastica. Aggiungete dell'altra farina se vi dovesse sembrare troppo umida o appiccicosa o, al contrario, un po' di latte se troppo asciutta. Coprite con un telo umido e fate lievitare per una mezz'ora. Riprendete quindi la pasta, uniteci l'uvetta che avrete asciugato con un panno e lavoratela ancora fino a che il tutto non si sia ben amalgamato. A questo punto prelevate piccole porzioni di pasta e "arrotolatele" sul tavolo con le mani infarinate (non troppo pero' perche' viene meglio con la pasta leggermente appiccicosa). Infornate a 180° per 10-15 minuti o finche' i grissini saranno ben dorati su tutti i lati.


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    Fonte:buonalombardia.it,petitchef.it,zinzonzan.blogspot.it,web
     
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    Buoni Giulia ♥ grazie io li mangio di tutti i gusti :36_1_25.gif: :114.gif:
     
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