IL MOSAICO

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  1. gheagabry
     
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    L'ARTE MUSIVA


    "La parola "mosaico" deriva dal greco e significa «opera paziente, degna delle Muse». Senza dubbio rappresenta una delle più alte espressioni dell'arte e uno dei più antichi e appariscenti mezzi d'ornamentazione, tramandateci fin dall'epoca romana. L'origine del mosaico si perde nel tempo, sviluppandosi come parte integrante dell'architettura: comunemente si fa risalire alla pavimentazione a ciottoli in uso a Creta, che però non presentava una superficie piana, in quanto venivano utilizzate pietre naturali. L'arte musiva vera e propria consiste nel comporre un disegno a soggetto o con fregi e disegni geometrici, utilizzando piccole "tessere" o tasselli di pietre naturali, terrecotte o paste vitree. Le tessere, tagliate a mano, vengono fissate su uno strato di cemento o mastice. La tecnica antica era decisamente più complicata di quella attuale: Plinio (scrittore romano del I secolo d.C.) e Vitruvio (architetto romano del I secolo a.C.) ce ne lasciarono chiare indicazioni. La sostruzione (lo strato su cui fissare le tessere) era composta da più strati: lo "statume", un agglomerato di ciottoli, il "rudus", composto da tre parti di pietre spezzate e una di calce, e il "nucleus", fatto di coccio pesto e calce, e infine uno strato sottile d'intonaco su cui andavano inserite le tessere.
    Nei primi secoli a. C. i mosaici policromi raggiunsero uno sviluppo .assai vasto. I reperti archeologici delle città di Ur e Uruk testimoniano che i Sumeri, nel 3000 a.C., abbellivano le loro costruzioni con decorazioni geometriche realizzate inserendo, nella malta fresca, coni di argilla dalla base smaltata di bianco, nero e rosso, che servivano anche a proteggere la muratura in mattoni crudi. Ornavano poi vasi e altre suppellettili con tasselli di madreperla, lapislazzuli e terracotta. Risale a questo periodo lo Stendardo di Ur, un mosaico portatile a forma di leggìo decorato in una tecnica simile alla tarsia marmorea con lapislazzuli, conchiglie e calcare rosso: le vicende raffigurate sono narrate per fasce sovrapposte. Anche in Egitto troviamo mosaici di coni di argilla risalenti al III millennio a.C.
    Possono essere inoltre considerate decorazioni musive anche le composizioni di pietre dure, pietre preziose e vetro che ornavano i sarcofagi dei faraoni. Si usavano anche mattoni smaltati, come testimonia il tempio di Sethi I ad Abydos, risalente al XIII secolo a.C. Nel II millennio a.C., in area minoico-micenea, si iniziò ad usare, in alternativa all'utilizzo dei tappeti, una pavimentazione a ciottoli che dava maggiore resistenza al calpestio e rendeva il pavimento stesso impermeabile. Ne è un esempio il mosaico pavimentale di Gordion, antica capitale della Frigia, ora Turchia, risalente al VIII secolo a.C., decorato con motivi geometrici....Si può dire che non vi fosse casa signorile che non ne avesse almeno uno: poteva essere un fregio ornamentale su muro, una pavimentazione, una iscrizione di saluto per gli ospiti su colonne o pareti e altro ancora. Le tecniche erano diverse a seconda della finalità dell'opera: un mosaico pavimentale, ad esempio, richiedeva una tecnica differente da quello murale, dal momento che ci si doveva camminare sopra. I soggetti musivi erano assai vari: ve n'erano di mitologici, storici e contemporanei all'epoca in cui erano stati fatti come ad esempio "la corse di bighe di piazza Armerina in Sicilia". I mosaici con tessere auree, care all'epoca bizantina, risalgono in genere al III sec. d.C. secolo, ma di recente sono state scoperte figure lumeggiate in oro nella Domus Aurea neroniana in Roma.L'arte del mosaico coi romani aveva raggiunto vette di perfezione tuttora visibili nei pavimenti delle Villae patrizie. I mosaici antichi, ancora non sufficientemente studiati, costituiscono una fonte ricchissima di conoscenza, sia per la pittura dell'epoca andata perduta che per la mitologia.
    Quando la civiltà romana cadde sotto i colpi dei barbari invasori, l'arte traslocò presso le sicure terre d'oriente: a Bisanzio e nel resto dell'Impero d'Oriente, si formarono scuole di mosaicisti che produssero opere grandiose; sotto la spinta della nuova religione, il cristianesimo, i muri delle basiliche si vestirono di miliardi di piccole tessere colorate. Il mosaico bizantino, pittura per l'eternità, da oltre mille anni affascina per l'abbagliante splendore delle sue immagini sacre. Anche se sono opere artigianali, i mosaici seguono con precisione il variare del gusto e la problematica delle altre arti. Si può dire che nel mosaico bizantino c'è perfetta unione d'arte e mestiere, un'eccellenza raggiunta dall'insieme di ricchezza suggestiva e luminosità che scaturiscono da quei piccoli frammenti di colore che sono le tessere. Ognuna pare avere una propria autonomia e una precisa individualità per il modo irregolare in cui vengono collocate sul piano. Offrendosi alla "luce, che proviene da diverse parti, esse producono un irraggiamento luminoso incomparabile, dando l'impressione di essere esse stesse fonte di luce: dopo averla assorbita, esse rimandano la luce in irraggiamenti multipli che rischiarano anche un ambiente cupo. Se ne ha un mirabile esempio nella tomba di Gallia Placidia a Ravenna, opera bizantina del V secolo. L'applicazione di tale tecnica continua nelle riproduzioni della Scuola del Mosaico ravennate, fedele al mestiere degli antichi artigiani.

    Dopo i fasti del periodo bizantino, il mosaico conobbe un lungo periodo di decadenza: il tentativo d'imitare la pittura relegò il mosaico in una nicchia secondaria per secoli. Nel Settecento nuove tecniche di fabbricazione delle tessere in smalto vetroso misero a disposizione una gamma.cromatica paragonabile a quella pittorica, determinando una vera rinascita dell'arte musiva. In virtù del sempre più perfetto mimetismo con la pittura, che già il mosaico superava in durata, crebbe l'apprezzamento delle classi più abbienti. Oltre alle nuove tecnologie nella resa del colore, si diffusero anche nuove tecniche di costruzione della superficie mosaicata, sempre a partire dai metodi romani.
    In particolare divennero di gran moda le opere in mosaico minuto, che permetteva ottimi risultati anche su superfici molto piccole e che venne applicata nella decorazione di oggetti d'uso personale o d'arredamento: tabacchiere, gioielli, porta-profumi, vasi, quadretti, piani di tavolo... Questa produzione di lusso si diffuse presso papi, diplomatici, aristocratici, ceti abbienti: Roma conobbe un periodo di enorme fortuna nelle esportazioni di mosaico minuto, i cui soggetti si richiamavano spesso alle tematiche antiche, riscoperte grazie agli scavi che fecero riemergere le meraviglie di Ercolano e Pompei.


    Il termine mosaico è generico, in quanto viene usato per indicare tecniche diverse, ognuna con caratteristiche specifiche: tra le tante, ricordiamo qui di seguito l'opus tessellatum, l'opus vermiculatum, l'opus musivum. Alla realizzazione di un mosaico partecipavano vari professionisti. Le fasi preliminari erano affidate al pictor imaginarius, il pittore che produceva un cartone preparatorio a grandezza naturale del soggetto, e al pictor parietarius, che riportava il disegno (detto sinopia) del cartone sul supporto mentre nella realizzazione intervenivano il musivarius e il tessellarius (che componeva l'opus tessellatum pavimentale); solo le prime tre figure vengono assimilate all'artista.
    Opus tessellatum Mosaico pavimentale, realizzato con cubetti o tessellae (tessere) di pietra, marmo o cotto dalle dimensioni abbastanza grandi (fino a 2 cm. di lato). Per questo comportava, in genere, una minore accuratezza nei particolari. In bianco e nero o policromo.
    Opus vermiculatum Tecnica di origine ellenistica (Alessandria d’Egitto). Mosaico composto da tessere policrome di dimensioni molto piccole (fino a 63 tessere in 1 cm²), che permettevano di rappresentare i soggetti in modo molto dettagliato e con tutte le possibili sfumature e passaggi di colore, con effetti decisamente pittorici. Era particolarmente raffinato, e costoso, cosicché veniva solitamente usato per "quadretti" chiamati emblemata (singolare: emblema), che venivano lavorati a parte e poi inseriti all’interno del pavimento in tassellato. Ci sono pervenuti anche grandi pavimenti interamente realizzati con questa tecnica (il Mosaico di Alessandro e Dario, dalla Casa del Fauno a Pompei).
    Opus musivum È il mosaico di pareti e volte, in tessere quasi esclusivamente di vetro e pasta vitrea (ma anche madreperla e smalti). In epoca romana è usato in genere a decorazione di nicchie e volte di ninfei e ambienti termali, legati quindi all’acqua, poiché per le sue caratteristiche interagisce con la luce e l’acqua creando effetti luministici particolari. Dall'epoca paleocristiana è la decorazione preferita all’interno delle chiese (pareti al di sopra dei colonnati, arco trionfale, abside). Molto usate erano le tessere dorate: si ottenevano da grandi lastre composte da una sottilissima lamina metallica tra due sottili lastre di vetro, sottoposte a cottura e poi tagliate in cubetti di varie dimensioni, in genere quadrangolari, ma anche triangolari, circolari etc. Quando le tessere venivano inserite nella malta, il mosaicista riusciva ad ottenere particolari effetti di luminosità attraverso la variazione del loro formato e, anche, della loro inclinazione in modo da far rifrangere la luce su di esse.
     
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    Gary Drostle è un artista britannico specializzato in arte pubblica , scultura e mosaico , nonché pittura murale e disegno.



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1 replies since 24/4/2012, 14:49   1012 views
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