STORIE di FANTASMI

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  1. gheagabry
     
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    I FANTASMI di ROMA


    La città di Roma da sempre ha esercitato sull'Uomo un certo fascino, essa è il luogo ove arte, cultura e antiche tradizioni sono mescolate tra loro in un indivisibile connubio, ma la capitale è una città "particolare" e misteriosa sotto molteplici aspetti.
    Esiste una curiosa mappa alle entità e alle manifestazioni spiritiche della Capitale ed in particolare di quel tratto chiamato "mezzaluna" ove, in passato, sorgeva un tempio dedicato a Proserpina, interrato, che veniva riaperto ad ogni celebrazione e che ha sicuramente contribuito a far nascere quella leggenda popolare che vuole presente, in quel "gomito" del Tevere, una delle porte verso gli Inferi. Saranno suggestioni ma..è proprio in questa area che si trovano i più noti fantasmi della città. Una delle più antiche”anime senza pace” è senza dubbio quella di Messalina, moglie dell’imperatore Claudio (regno 41-54 d.C.), che vagherebbe all’alba sul Colle Oppio in cerca ancora di avventura, vista la sua propensione di cercarne quando era ancora in vita. Poi c’è Berenice, amante di Tito (regno 79-81 d.C), accusata in vita di stregoneria, che apparirebbe presso il Portico d’Ottavia proprio per cercare l’anima del suo amato imperatore. A piazza Navona, Olimpia Pamphili che apparirebbe nelle notti di plenilunio su carrozza trainata da cavalli neri ( I Romani hanno sempre odiato la donna, tanto da soprannominarla “la papessa”, o anche “la Pimpaccia di piazza Navona”, e a lei hanno dedicato una celebre pasquinata: “Chi dice donna, dice danno, chi dice femmina, dice malann chi dice Olimpia Maidalchina, dice donna, danno e rovina.”), o Costanza de Cupis, detta "Costanza bella mano", nobildonna, ricamatrice che perse la mano per una fattura. Passeggiando tra i viali di Tratevere, tra sant'Apollonia fino a Piazza di Spagna, ecco che si può incontrare il fantasma Beatrice Cenci, decapitata l'11 Settembre 1599 per assassinio sul ponte Sant'Angelo.
    Il marchese Luca de Marchettis, morto suicida nel ’700 dopo essersi gettato dalla finestra della sua villa, apparirebbe ancora nella zona del Monteverde. Alcuni sostengono che dalla villa, oggi deserta e completamente coperta da piante rampicanti e erbacce, provengano rumori o si vedano dei bagliori di luce di notte. Molte volte si sentirebbe il tonfo della caduta che gli fu fatale. Mastro Titta, il celeberrimo boia di Roma che eseguì oltre 500 condanne a morte tra il XVII e il XIX secolo (tra cui quella di Targhini e Montanari) in quasi 70 anni di carriera, pare che ami aggirarsi la mattina presto (l’ora delle esecuzioni), con il suo tabarro rosso, davanti alla chiesa di s. Maria in Cosmedin, a Piazza del Popolo, a Piazza di Ponte s. Angelo (luoghi dove avvenivano le esecuzioni) offrendo del tabacco ai visitatori, come faceva con i condannati che stava per giustiziare.In Via Governo Vecchio, 57, appartamento al terzo piano. La tradizione vuole sia il più infestato della Capitale. A Campo dei Fiori appare il fantasma di Giordano Bruno. Al Museo delle Anime del Purgatorio, presso Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, con le testimonianze di apparizioni di defunti su lenzuoli, tavole, libri. Un museo Unico in tutto il mondo, e in realtà poco conosciuto che incute realmente un reverenziale timore al pensiero di cosa può aver generato tali manifestazioni indubitabili. Più recente è infine il fantasma del re Umberto I, ucciso a Monza nel 1900 e sepolto all’interno del Pantheon insieme a Vittorio Emanuele II e Raffaello Sanzio. Pare che la sua anima si mostri, di tanto in tanto, proprio all’interno del Pantheon. Famosa è la sua apparizione del 1930, quando affidò un messaggio segreto a un carabiniere di guardia alla sua tomba. Il contenuto del messaggio non è mai stato rivelato.
    Se invece torniamo all'Antico, primo luogo della visita non può essere che il Colosseo il cui nome reale era in realtà l'Anfiteatro Flavio, costruito dall'imperatore Vespasiano. C'e' chi dice che il nome Colosseo derivi dal fatto che esso fosse un grande tempio diabolico, del resto essendo un luogo di forti emozioni e violenze, basti pensare alla morte di uomini e belve feroci, con l'avvento del Cristianesimo fu legato alla negatività e demonizzato. Nella tradizione popolare del '500 si credeva che l'arena fosse sede di demoni e stregoni e lo stesso Cellini, racconta, per esempio , in una sua biografia di aver partecipato a riti magici all'interno del Colosseo per ritrovare la bella Angelica, ragazza siciliana di cui era innamorato. Al Cellini fu poi rivelato, da detti demoni, sempre su sua ammissione, anche un tesoro nelle vicinanze della città, e si narra che l'artista andasse in giro con negromanti all'interno dei fori imperiali alla ricerca, appunto, di questi antichi tesori.


    Piazza San Pietro in Vincoli. In una fredda notte d'inverno di alcuni anni fa ad un nottambulo capitò di vivere un'esperienza a dir poco inquietante: stava per imboccare la salita di S. Francesco di Paola, accanto a piazza San Pietro in Vincoli, quando gli sembrò di sentire un lamento provenire dalla piazza davanti a sé, poi silenzio. Era appena entrata nella via, quando, questa volta alle spalle, sentì senza ombra di dubbio il rumore di un carro che si avvicinava a tutta velocità. Istintivamente si scansò, ma, benché il fragore lo superasse per svanire in fondo alla via, non vide assolutamente nulla...di nuovo udì, proveniente sempre dal centro della strada, il lamento di prima e poi, finalmente, tornò, profondo, il silenzio....si avvicinò al luogo da dove era venuto il lamento e non vide nulla, solo una grande pozza d'acqua, in cui inavvertitamente mise i piedi. Tornato a casa, nel levarsi le scarpe, le vide tutte sporche di sangue. Una possibile spiegazione: Via San Francesco di Paola corrisponde al Vicus scelestus (Vicolo scellerato), di epoca romana. La tradizione racconta che in quel luogo la moglie di Tarquinio il Superbo, Tullia, vide riverso in terra il corpo del padre, Servio Tullio, appena ucciso dal marito e in segno di odio e disprezzo, non placa di essere stata l'istigatrice della sua morte, lo travolse anche con il suo carro, sporcando le ruote e le vesti del sangue paterno.
    Muro Torto. Siamo nel 536 d.C. e quel tratto di mura, che ancora oggi si chiama torto e all'epoca con un ancora più chiaro "ruptus", minacciava da anni di franare, ma nessuno - pur essendo la città assediata dai Goti di Totila - lo riparava in quanto era comune convinzione che fosse sotto la protezione personale e diretta dell'apostolo Pietro. Qualunque fosse la verità, una cosa certa: né allora né mai, nel corso della plurimillenaria esistenza di Roma, un nemico è entrato in città dalla parte del muro "ruptus" o "torto". E i fantasmi? Ci sono e sono anche strettamente legati alla storia che vi ho appena narrato, anzi ne rappresentano l'altra faccia. Infatti per molti secoli, fino ad un passato relativamente recente, ai piedi del muro torto venivano seppelliti i corpi di coloro che non erano giudicati degni di riposare in terra consacrata (ossia prostitute, delinquenti, sospette streghe), quindi la zona era ed ancora sarebbe infestati dalle anime di defunti insoddisfatti e in attesa di una sepoltura cristiana e i loro lamenti, secondo alcuni, più che la protezione dell'Apostolo, furono il vero motivo per cui nessuno (fosse anche il barbaro e superstizioso nemico) si sia mai avvicinato troppo a quel tratto di mura. Ai piedi del Muro Torto furono sepolti i corpi di Targhini e Montanari, i due carbonari giustiziati (boia Mastro Titta) sotto Leone XII, il 23 novembre 1825. Una notte, una donna fu trovata svenuta per la paura: stava pregando le anime dei due giustiziati di darle un terno sicuro, quando aveva sentito un rumore alle spalle; voltatasi, aveva visto le ombre di Targhini e Montanari venirle incontro con la testa in mano.
    La Torre delle Milizie risale all'undicesimo secolo e prende nome da una nobile famiglia del medioevo. Colpita da un fulmine nel 1300, ha perso il terzo ed ultimo livello, ma domina tuttora i Mercati Traianei. La leggenda, però, la vuole molto più antica, addirittura di epoca romana*; infatti è dalla sua cima che Nerone si sarebbe affacciato a suonare la lira mentre Roma bruciava. Se si sta bene attenti, nelle notti di luna piena ancora oggi è possibile vederne il fantasma nei pressi con una lira in mano e lo sguardo che riflette le fiamme.
    Ponte Sant'Angelo. La meno nota e, forse, più romantica storia di fantasmi a ponte Sant'Angelo, risale al 410 d.C. Si tratta della leggenda del "barbaro innamorato", cui probabilmente si ispirò Borges in "Il barbaro e la prigioniera", spostando l'azione a Ravenna. In sostanza avvenne che un visigoto, al seguito di Alarico, giunto avanti alla mura di Roma, rimase colpito nel più profondo dell'animo dall'imponenza della Città eterna e, come colto da un'improvvisa e accecante passione, si "innamorò" di lei e decise di combattere per difenderla e non per distruggerla. Disprezzato dai suoi e non accettato dai romani, morì sul ponte, trafitto da una freccia (romana o barbara, chissà?).
    Il suo fantasma appare a notte fonda, solo se si è soli, si avvicina come a cercare un conforto, una parola di fiducia e scompare lentamente sullo sfondo del castello.
    Piazza di Spagna.Talvolta, specie nelle sere d'autunno, per i vicoli di Trastevere passa silenziosa una figura di donna, con il viso celato da un velo nero: si tratta di Lorenza Feliciani, la bella romana, moglie del famoso mago Giuseppe Balsamo, più noto come Conte di Cagliostro.
    Rasentando i muri, senza far rumore, l'apparizione, di cui nessuno ha mai visto il volto, arriva al ponte Garibaldi, lo attraversa e raggiunge Piazza di Spagna. Qui, nel luogo dove Cagliostro, accusato da lei stessa di stregoneria, fu arrestato, scompare in una chiazza d'ombra, mentre dal nulla escono una risata di scherno ed un grido: "Lorenza!".
    (dal web)
     
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  2. gheagabry
     
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    Storie di Fantasmi.....

    ....nel Castello di Illasi


    Agli inizi dell'Ottocento, nel corso di alcuni lavori di restauro nel castello di Illasi, fu scoperto lo scheletro di una giovane donna, ancora in catene. Per tutti si trattò della rivelazione dell'epilogo della storia del conte Girolamo II Pompei e della sua sposa Ginevra, il cui fantasma vaga da sempre senza pace nel castello: le ossa minute, il piccolo teschio e le catene, raccontavano del terrore e della sofferenza patiti dalla donna in attesa della morte. Il matrimonio tra Girolamo e Ginevra Serego degli Alighieri, discendente diretta di Dante, era avvenuto nel 1591. Dal momento che il conte era uomo più uso alle armi che non ai salotti, la giovane sposa rimaneva troppo spesso sola: se ne accorse il podestà di Verona, Virginio Orsini, che fece breccia nel cuore della donna dando vita a una passione travolgente. Malgrado la complicità del servitore di lei, la tresca fu scoperta. Costretta a confessare, Ginevra consegnò al marito la spada, perché la trafiggesse per la sua infedeltà. A rimetterci la vita fu invece il servitore, ucciso a pugnalate dal conte. Ne nacque un processo scomodo, che la Serenissima insabbiò ben presto: d'altronde, Virginio Orsini era fuggito a Roma e qui, catturato dalle truppe pontificie, era stato decapitato. Tutto consigliava dunque il silenzio. Invece, tre anni dopo, Ginevra scomparve improvvisamente. Subito nei dintorni si iniziò a sussurrare come fosse stata murata viva in una segreta del castello. Le illazioni rimasero tali per secoli, fino alla scoperta dei poveri resti dietro la parete: vennero raccolte ossa e catene in un'urna di vetro e poste in una camera buia di Palazzo Pompei nel 1615. Poi, il colpo di scena: studi successivi hanno stabilito che quelle ossa non possono appartenere a Ginevra, ma a qualche altra infelice vissuta in epoca più recente. Chi era l'altra castellana condannata a una fine così tragica? Che ne è stato di Ginevra degli Alighieri? È davvero suo il fantasma che vaga nel castello, o della dama sconosciuta è stato scambiato anche lo spettro? Un mistero che si aggiunge al mistero.
    (dal web)
     
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  3. gheagabry
     
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    FANTASMI NELLA ROMA ANTICA

    di Eugenia Salza Prina Ricotti





    I fantasmi di Filippi

    E in quel secolo sconvolto dalle guerre civili, molti furono i fantasmi che aleggiarono sulla storia di Roma. Fu a legioni che essi si fecero vivi nei suoi momenti pi? tragici. Dione ci racconta come, in occasione della battaglia di Filippi, i terrorizzati viandanti che nella notte transitavano sulle rive del Tevere sentirono partire dagli Horti di Cesare alti squilli di trombe che chiamavano i soldati alla battaglia. Fortissimo era il clangore di spade e di armi che cozzavano negli scontri, mentre l'oscurit? era squarciata dagli urli di invisibili combattenti, dai gemiti dei feriti e dei moribondi. Erano armate fantasma quelle che stavano di nuovo combattendo antiche battaglie o erano gli echi di quella lontana che si riflettevano sulle rive del Tevere? In quel periodo decisivo della storia fantasmi e prodigi si moltiplicavano. Persino le statue si davano da fare per segnalare la gravità del momento e gli storici riferiscono di casi in cui marmorei ritratti dei protagonisti del momento e i simulacri degli dei sudavano, piangevano o si coprivano di sangue, vedi la sacra immagine di Giove sui Monti Albani, apparentemente ferita ad una spalla ed alla mano destra. Anche il fantasma di Cesare faceva le sue apparizioni per dare il suo sostegno ad Ottaviano e inviargli saggi consigli.

    L'anello di Cesare

    Svetonio racconta che, subito prima della battaglia di Filippi, un Tessalo chiese udienza ad Ottaviano e gli raccontò come, mentre camminava in una via fuori di mano, gli era apparso il fantasma di Cesare che lo aveva incaricato di andare dal nipote a predirgli la futura vittoria. Nel racconto che, con piccole varianti, Dione fa dello stesso episodio, il fantasma prediceva che la battaglia avrebbe avuto luogo due giorni dopo. Inoltre Cesare raccomandava al figlio adottivo di indossare un oggetto usato da lui quando era dittatore. A questo ordine Ottaviano ubbidì subito infilandosi al dito l'anello di Cesare e da quel momento in poi lo portò quasi sempre.
    Cesare non era il solo fantasma ad aggirarsi nei pressi della pianura greca sulla quale stava per decidersi la storia e dove si chiudeva definitivamente quella repubblica che Bruto e Cassio avevano sognato di far risorgere. Che per loro andasse male lo dicevano anche i fantasmi ed la famosa l'apparizione che si presentò a Bruto, mentre stava organizzando il passaggio della sua armata dall'Asia in Europa.

    Plutarco che ci racconta quello che successe. Una notte, essendo un insonne, dormiva pochissimo e lavorava fino alle ore piccole, Bruto stava studiando la situazione nella sua tenda. Era notte alta quando di colpo, mentre esaminava alcuni documenti, egli ebbe la sensazione di una presenza e, alzato lo sguardo, vide vicino a sè una figura minacciosa e agghiacciante. Bruto ebbe comunque il coraggio di parlare al fantasma e gli chiese "Chi sei tu, uomo o dio, e perchè sei venuto qui da me?" L'apparizione gli rispose "Sono il tuo cattivo genio, Bruto, e ci rivedremo a Filippi". Al che, senza scomporsi, Bruto confermò "Ci rivedremo." Lo rivide poi ancora la notte prima della battaglia. Anche questa volta Bruto se lo trovò accanto all'improvviso. Il fantasma lo guardò senza parlare e poi, sempre senza dir niente, scomparve.




    .espr-archeologia.it
     
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  4. gheagabry
     
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    PARISINA e UGO



    Il Castello estense conserva una triste storia d’amore accaduta nella Torre dei Leoni che vide protagonista la tragica fine di Ugo e Parisina.
    Nel 1418 fu celebrato il matrimonio di interesse tra Parisina Malatesta (15 anni) e Niccolò III d’Este (35 anni). Uno dei suoi figli avuto con un’altra moglie, Stella Tolomei dell’Assassino, dal nome di Ugo, di soli 14 anni, iniziò ad avere un duro rapporto di antipatia con la matrigna Parisina. Niccolò preoccupato per questi continui litigi ordinò, non senza fatica, alla propria moglie di farsi accompagnare da Ugo in una visita ai genitori a Loreto.
    Purtroppo accadde che, come tutte le storie tra adolescenti, l’odio si trasformò in amore appassionato che naturalmente tennero nascosto, ma apertamente non riuscirono più a dimostrare l'odio di un tempo. Niccolò contento del cambiamento non mancò di lasciarli spesso da soli, dato che ormai si sentiva tranquillo… anzi, in occasione dello scoppio della peste nel 1418, decise di proteggere i due ragazzini facendoli soggiornare in una villa di campagna.
    Purtroppo, nonostante si tennero discreti, non sfuggirono agli occhi della servitù e le voci del tradimento giunsero ben presto al diretto interessato che, precipitandosi sul luogo, li sorprese in flagranza di reato. Furioso li fece imprigionare e condannare a morte.



    Vennero condotti nella cella della Torre dei Leoni per 12 ore, perchè dovevano essere gli ultimi di una lunga lista di omicidi che quel giorno Niccolò non esentò dal commettere. Radunò ed uccise tutte le donne adultere di Ferrara e alla fine il 21 maggio Ugo fu decapitato, e Parisina, mentre veniva condotta al patibolo, saputo che l'amato era morto, esclamò:
    «Adesso né io vorrei più vivere», e «si spogliò colle proprie mani d'ogni ornamento, e si avvolse un drappo alla testa, e si prestò al fatal colpo che compié la scena ferale»

    I loro fantasmi piangono ancora all'interno di quella cella insieme alle anime delle donne morte per causa loro.

    La verità sulla storia dei due amanti non è mai stata pienamente chiarita, soprattutto nei suoi dettagli. Il resoconto della tragica sorte di Parisina e Ugo è fondamentalmente dovuto a quanto ne riferì Antonio Frizzi nelle Memorie per la storia di Ferrara, pubblicate per la prima volta nel 1791.

     
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  5. gheagabry
     
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    Se riandiamo con la mente alla storia passata dell'uomo, troviamo, tra molte altre convinzioni religiose, una fede universale nell'esistenza di fantasmi o esseri eterei che sono vicini agli uomini ed esercitano su di essi un'influenza invisibile ma possente. In genere si crede che tali esseri siano spiriti o anime dei trapassati.
    (Carl Gustav Jung)


    FANTASMI A NAPOLI



    Fin dall’ antichità Napoli veniva considerata la culla dei misteri del mediterraneo. Segreti e storie insolite accompagnano, da sempre, la vita dei Napoletani.

    ...a San Giovanni a Teduccio...


    Si racconta che alle ore 20.30, una donna percorra le strade di San Giovanni a Teduccio lanciando ai passanti uno zoccolo che cadendo a terra fa un rumore infernale. Si sente un gran tonfo e poi la donna e lo zoccolo scompaiono improvvisamente.
    Vi è un altro fantasma, un destriero nero e mastodontico, cavalcato da una donna giovane con il volto totalmente oscurato dal buio. Si aggira velocemente per le vie, ed è a tratti ben visibile.
    Secondo degli antichi racconti, appare un terzo fantasma tra le stradine di San Giovanni a Teduccio. E' una figura non ben definita, sembra avvolta da una nebbia bianca. Fa un movimento fulmineo con la testa, sembra annuire, dopo di che sparisce.

    ...a Portici...


    In una delle strade più trafficate vi è un vecchio palazzo abbandonato che sembra essere ancora abitato dai due bambini che anni fa persero la vita a soli 7 anni, a causa di un incendio che giocando provocarono. L'intero stabile prese fuoco e i bambini vi morirono. Da allora si racconta che i bambini si divertano a spaventare i passanti lanciando oggetti e le risa risuonino provocando a volte, lampi di luce nella casa abbandonata.

    ..a Piazza Bovio..


    Una donna, col volto coperto dai lunghi capelli, corre veloce in preda al panico per le strade. Terribilmente spaventata sembra scappare da qualcuno e da qualcosa. Secondo i racconti, il fantasma è di una donna del '600, violentata dai mercenari saraceni.

    ...al Cardarelli...


    All’Ospedale Cardarelli, nel silenzio della notte, vi è un anziano signore che segue i passanti finché non si fermano e parlargli; afferma di essere morto, cosa vera perchè poi scompare nel nulla.
    C’è chi giura di averlo visto in carne ed ossa e addirittura di aver parlato con lui che non solo interagisce con le persone che incontra, ma chiede informazioni, dialoga con loro. Esiste il racconto dettagliato di un testimone:
    "Sono una persona molto scettica - racconta - ai fantasmi non ci ho mai creduto, eppure, se ripenso all'episodio capitatomi, tremo ancora dalla paura. Una sera mi trovai a passare dinnanzi all'ospedale Cardarelli. Rimasi a piedi con la macchina, era sera e c'era lo sciopero dei pullman. Iniziai così a farmela a piedi verso casa, distante di lì qualche chilometro. All'improvviso sentii i passi di una persona che mi seguiva, mi girai e vidi un vecchietto, che mi chiese cosa ci facessi lì. Un po' infastidito e ancora arrabbiato per l'increscioso problema avuto con la macchina, gli raccontai quanto mi fosse accaduto. Mentre parlavo, il vecchietto continuava a seguirmi, pensai che fosse una persona sola bisognosa semplicemente di un po' di compagnia, continuai quindi a discorrere con lui, io avanti e lui dietro a seguirmi. Spinto dalla curiosità, gli domandai come mai stesse da quelle parti.
    "Io sono morto - rispose - c'è mia moglie ricoverata per un'operazione, sta per morire e sono quindi venuto a prenderla.". Mi girai di scatto, preciso che la strada era abbastanza deserta, per cui non c'era nemmeno la possibilità di nascondersi: il vecchietto era già scomparso!"
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    ...a Palazzo di Sangro...


    Il palazzo di Sangro dei principi San Severo, in piazza san Domenico Maggiore vi è stato uno degli omicidi passionali più famosi della storia partenopea, quello di Maria D’Avalos, sposata con Carlo Gesualdo principe di Venosa, e quello di Fabrizio Carafa duca D’Adria. A Napoli tutti sapevano della tresca amorosa tra Maria e Fabrizio, mentre la nobiltà sussurrava e il popolo commentava l’audacia dei due amanti clandestini. La passione tra i due amanti crebbe ogni giorno di più, la prudenza se ne andò.
    Il 17 ottobre del 1590 Gesualdo avvisò Maria che doveva allontanarsi per una battuta di caccia. Maria mandò un messaggio al suo amante invitandolo nelle sue stanze, quella stessa notte. Fu una trappola, Gesualdo accecato dall’ira mandò tre sicari a ucciderli. Dopo l'omicidio Gesualdo entrò nella stanza e si accanì con il pugnale su entrambi i corpi ormai senza vita. Poi scende in strada, è confuso, sconvolto e fugge a Gesualdo nel palazzo di Famiglia. Li attende che il Vicerè lo convochi per il processo, ma le due famiglie (Carafa e Gesualdo) giungono a un compromesso e Gesualdo fu libero di tornare a Napoli. I corpi strazianti e nudi dei due amanti furono esposti sul portone di casa per mostrare alla città che l’onore dei Venosa era salvo.
    Le cronache napoletane narrano che, fino al 1889 quando l’ala del palazzo di Sangro crollò, si udivano ancora le grida strazianti della donna. Oggi, nelle notti di luna piena, il fantasma di Maria vaga tra l’obelisco di S. Domenico maggiore e il portone del palazzo, in abiti discinti con i capelli mossi dal vento, lo sguardo è immobile di tristezza e solitudine, si sente solo un lieve lamento.


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  6. gheagabry
     
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    Azzurrina è la protagonista di una leggenda popolare medievale, molto conosciuta in Romagna.

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    La leggenda

    Nata intorno al 1370, Azzurrina sarebbe stata figlia di Ugolinuccio o Uguccione di Montebello, feudatario di Montebello di Torriana (RN), e sarebbe prematuramente scomparsa il 21 giugno del 1375, il giorno del solstizio d'estate.

    Si dice che fosse una bambina albina. Poiché la superstizione popolare dell’epoca collegava l’albinismo con eventi di natura diabolica, la madre decise di tingerle periodicamente i capelli di nero. Tuttavia, dato che li tingeva con pigmenti di natura vegetale estremamente volatili, questi, complice la scarsa capacità dei capelli albini di trattenere il pigmento, avevano dato alla bimba riflessi azzurri come i suoi occhi: così avrebbe avuto origine il soprannome di "Azzurrina".

    A causa di questo fatto il padre decise di far sorvegliare sempre la bimba da due guardie, Domenico e Ruggero, e non la faceva mai uscire di casa, per proteggerla dalle dicerie e dal pregiudizio popolare.

    Si dice che il 21 giugno del 1375, mentre il padre era fuori in battaglia, Azzurrina, sempre vigilata dai due armigeri, giocasse nel castello di Montebello con una palla di stracci mentre fuori infuriava un temporale. Secondo il successivo resoconto delle guardie la bambina avrebbe inseguito la palla caduta dalla scala all’interno della ghiacciaia sotterranea, nell’intento di recuperarla. Avendo sentito un urlo, le guardie sarebbero accorse nel locale entrando dall’unico ingresso, ma non avrebbero trovato traccia né della bambina né della palla, e il suo corpo non sarebbe stato mai più ritrovato. Il temporale sarebbe cessato con la scomparsa di Azzurrina.

    La leggenda vuole che il fantasma della bambina sia ancora presente nel castello e che torni a farsi sentire ogni cinque anni, al solstizio d'estate.

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    Interno del castello di Montebello: il corridoio con la botola (in fondo a destra oltre lo steccato) che immette alla ghiacciaia dove sarebbe scomparsa la piccola.

    L'assenza di fonti storiche

    Secondo la versione più diffusa, la leggenda di Azzurrina sarebbe stata tramandata oralmente per tre secoli, presumibilmente venendo di volta in volta distorta, ampliata e abbellita. Solo intorno al 1620 un parroco della zona l’avrebbe messa per iscritto assieme ad altre leggende e storie popolari in una Miscellanea di racconti della bassa Val Marecchia, e il primo e unico documento scritto su Azzurrina si chiamerebbe “Mons belli et Deline” (Montebello e Adelina).

    Secondo la versione vulgata della leggenda, ossia la versione attualmente diffusa dai responsabili del castello e dalle guide turistiche che vi lavorano, il vero nome di Azzurrina sarebbe stato “Guendalina”. In realtà questo non è possibile, perché il nome “Guendalina” non è attestato o diffuso in Italia fino alla metà del XIX secolo, e dunque una bimba del Trecento non avrebbe potuto avere questo nome .

    Stando invece al titolo del documento del parroco che racconterebbe la leggenda, è presumibile che Azzurrina potesse chiamarsi Adelina (Deline), diminutivo del nome Adele o Delia, già diffuso in età medievale.

    Va tuttavia precisato che il documento del parroco è attualmente solo presunto, poiché nessuno ha mai avuto modo di leggerlo o anche solo di appurarne con certezza la stessa esistenza. Pertanto non esistono fonti storiche che attestino che Azzurrina sia esistita realmente né che la leggenda si sia realmente tramandata. Le prime menzioni della leggenda di Azzurrina risalgono, di fatto, alla fine degli anni Ottanta del Novecento.

    Esistono inoltre anche altri documenti che rimandano in generale a leggende riguardanti il Castello, come ad esempio "Memorie sul Castello di Montebello di Romagna" scritto da Tommaso Molari (1875 - 1935) ed edito agli inizi del 1900 in cui il Molari, mettendo per iscritto antichi racconti popolari del borgo di Montebello scrive; "La leggenda popolare vi intesse intorno il suo mondo di spiriti e di folletti, tanto che, nella notte per chi vi si attarda, sente salire dai trabocchetti rumori strani, tonfi e vagiti paurosi di anime chiedenti pace".

    Le registrazioni

    Nel 1989 il castello, che è inserito tra i monumenti nazionali italiani, è stato restaurato dai proprietari, la famiglia dei conti Guidi di Bagno, e aperto al pubblico a pagamento.

    A partire da questa data vengono fatte ricerche da parapsicologi al fine di catturare, tramite registratori audio ad attivazione sonora, rumori all'interno del castello, chiuso ed isolato, prodotti dal presunto fantasma. Le registrazioni finora effettuate vengono normalmente fatte sentire ai visitatori al termine della visita guidata della rocca.

    Il 21 giugno 2010, nel giorno della ricorrenza quinquennale della scomparsa di Azzurrina sono state effettuate dai ricercatori del CICAP altre registrazioni utilizzando apparecchiature professionali, dalle quali si riscontra l'assenza di rumori attribuibili ad un’entità intelligente. Come ha affermato Piero Angela, questo sarebbe uno di quei casi nei quali: “quando il livello di controllo è molto elevato, il fenomeno scompare".

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    Registrazioni "Azzurrina" (1990-1995-2000-2003-2005)


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5 replies since 16/4/2012, 18:28   1103 views
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