Piermario Morosini

centrocampista

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    Piermario Morosini


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    Dati biografici
    Nome Piermario Morosini
    Nazionalità Italia
    Altezza 181 cm
    Peso 75 kg
    Dati agonistici
    Ruolo Centrocampista


    Carriera

    Giovanili
    Atalanta
    Udinese

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    Squadre di club

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    morosini
    2004-2006 Udinese 5 (0)
    2006-2007 Bologna 16 (0)
    2007-2009 Vicenza 66 (1)
    2009-2010 Reggina 17 (0)
    2010 Padova 13 (0)
    2010-2011 Udinese 0 (0)
    2011 Vicenza 15 (0)
    2011-2012 Udinese 0 (0)
    2012 Livorno 8 (0)

    Morosini



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    Nazionale

    2001-2003 16 (1) a U-17
    2003-2004 U-18 7 (0)
    2004-2005 U-19 12 (0)
    2005-2007 U-20 3 (0)
    2006-2009 U-21 18 (0)


    morosini







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    Piermario Morosini (Bergamo, 5 luglio 1986 – Pescara, 14 aprile 2012) è stato un calciatore italiano, di ruolo centrocampista.


    Biografia

    Rimane orfano giovanissimo: nel 2001, a 15 anni, perde la madre Camilla e due anni dopo il padre Aldo. Nel 2002 si suicida il fratello disabile, e Piermario rimane solo con una sorella anch'ella disabile.

    Il 14 aprile 2012, al 31' di Pescara-Livorno della 14ª giornata di ritorno del campionato di Serie B, si accascia a terra in seguito ad un'improvvisa crisi cardiaca. Portato in ospedale, il giocatore viene posto in coma farmacologico, ma muore senza aver mai ripreso conoscenza alle 16:45. La suddetta gara non è stata portata a termine e successivamente la FIGC ha disposto il rinvio dell'intera giornata di tutti i campionati italiani. La notizia ha avuto risalto anche in Spagna: al Santiago Bernabéu all'inizio di Real Madrid-Sporting Gijón è stato osservato un minuto di silenzio e il Barcellona è sceso in campo con il lutto al braccio.

    Carriera

    Club


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    Tira i primi calci nella Polisportiva Monterosso, squadra di quartiere di Bergamo. Cresciuto nelle giovanili dell'Atalanta, dove nei dieci anni di militanza riesce a vincere uno scudetto Allievi, nel 2005 passa in compartecipazione all'Udinese, dove a 19 anni gioca la prima stagione da professionista dividendosi tra Primavera e prima squadra nella stagione 2005-2006, collezionando 5 presenze in Serie A. L'allenatore Serse Cosmi lo fa esordire il 23 ottobre in Udinese-Inter. Gioca anche 3 partite in Coppa Italia e una in Coppa UEFA, precisamente l'ottavo di finale Levski Sofia-Udinese. Nella stagione 2006-2007 passa al Bologna, in Serie B, dove scende in campo in 16 occasioni.

    Nel luglio 2007, riscattato dall'Udinese, passa al Vicenza, in Serie B, dove con la squadra veneta conquista la salvezza contribuendo con 34 presenze e un gol. A fine annata il Vicenza ne riscatta la metà del cartellino, quindi gioca altre 32 partite.

    Nell'estate del 2009 l'Udinese riscatta la metà per una somma pari a circa 1,5 milioni di euro.

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    Il 31 agosto 2009 passa in prestito alla Reggina.

    Il 1º febbraio 2010 passa con la formula del prestito con diritto di riscatto della compartecipazione al Padova. Il 6 febbraio debutta con i biancoscudati in Piacenza-Padova (1-0). Il 23 giugno 2010 il Padova comunica di non aver escercitato il diritto di opzione sul cartellino del giocatore.

    Nel gennaio del 2011 passa in prestito al Vicenza.

    Il 31 gennaio 2012 passa al Livorno.




    Nazionale


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    Dopo aver fatto tutta la trafila delle Nazionali giovanili, esordisce nella Nazionale Under-21 nel settembre del 2006. Fa parte del biennio 2007-2009 degli Azzurrini della squadra con cui partecipa all'Europeo Under-21 del 2009 in Svezia.
    Morte





    Il 14 aprile 2012 muore in campo a Pescara in seguito a un arresto cardiaco. Il giorno successivo il Vicenza ritira la maglia 25, maglia che Piermario vestì in biancorosso.

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    morosini






    da Wikipedia...foto dal web!!
     
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    buon paradiso moro!
     
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  3. tomiva57
     
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    ciao Piermario..
     
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  4. arca1959
     
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    Piermario e quel bambino che ancora lo sta aspettando…
    Il mio ricordo di Morosini, ad un anno dalla morte. La storia parallela di Piermario e di quel bambino, che a poco a poco si avvicinava al calcio. Così come il "Moro", che a poco a poco calcava i campi più importanti. Il ringraziamento di quel bambino che ancora lo aspetta sul rettangolo verde.



    Piermario era così, era sorridente, pieno di vita, con una marcia in più. Ma non parlo di lui perché lo conoscevo, non lo dico perché ero un suo tifosissimo sin da bambino. Sarei ipocrita. E lo so bene.
    La prima volta che ascoltai il nome di Piermario Morosini era un tardo pomeriggio, sicuramente non più estivo. O quasi. Ricordo che non era
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    molto freddo, ricordo che c'era il tramonto, però. E quando c'è il tramonto non pensi mai che fa caldo.
    Giocava l'Under21 di Casiraghi, che da poco era subentrato a Gentile. Ricordo che mi arrabbiai, tanto. Non capivo perché giocasse ” ‘sto Morosini “, quando il ct aveva delle alternative in panchina che facevano gola a mezza SerieA. Ricordo che Bizzotto lo nominò in modo strano, quasi ad ammettere il suo status di “sconosciuto”. Mi fece ridere, e ciò alimentava quel pensiero: “fai uscire Morosini, che hai la panchina più forte di quella del Real“. Esageravo. Ma avevo preso questa fissa.

    Ricordo che guardai altre volte l'Under. Nel 2007 c'era il meglio. Mi innamorai di un giovane di proprietà della Juventus. Un livornese, si chiamava Giorgio Chiellini. In porta uno dei miei miti, Gianluca Curci. Ed in panca una promessa del calcio italiano: Emiliano Viviano. C'era un cavallo di razza sulla destra, un certo Marco Motta, a supporto di un centrocampo formidabile: Montolivo ed Aquilani. E poi lì, lì avanti un tridente che lasciava puntualmente a bocca aperta quel bambino ch'ero: Rosina, Giuseppe Rossi e Pazzini. Che squadra, mister. Ma come fai a far giocare Morosini?

    Ed infatti, Pierluigi Casiraghi sembrò volermi dare ascolto, con Piermario fuori dai venticinque convocati per l'Europeo di categoria. Quell'anno fu un disastro per gli azzurrini: non superarono neanche il girone. E non era certo colpa sua.

    Dopo i fallimenti, c'è solo da ripartire. Altro giro, altra corsa. Vale da ogni parte. E “Moro” era lì, era fisso, stabile ed impeccabile in quel centrocampo ornato da stelle. Anche lì m'innamorai: c'era un numero dieci che faceva rabbrividire le difese avversarie. Sebastian Giovinco. E c'era un giovanissimo numero venti, che giocava a fare il grande, e si divincolava dai difensori manco stesse cercando di eludere la fila alla posta. E sì, sto parlando di Mario Balotelli. Due piatti prelibati, con contorno dei vari Marchisio, Cerci, Poli, Candreva.


    di Cristiano Corbo
    14 aprile 2013
    11:40
    Piermario e quel bambino che ancora lo sta aspettando…
    Il mio ricordo di Morosini, ad un anno dalla morte. La storia parallela di Piermario e di quel bambino, che a poco a poco si avvicinava al calcio. Così come il "Moro", che a poco a poco calcava i campi più importanti. Il ringraziamento di quel bambino che ancora lo aspetta sul rettangolo verde.
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    Piermario e quel bambino che ancora lo sta aspettando...

    Piermario era così, era sorridente, pieno di vita, con una marcia in più. Ma non parlo di lui perché lo conoscevo, non lo dico perché ero un suo tifosissimo sin da bambino. Sarei ipocrita. E lo so bene.

    La prima volta che ascoltai il nome di Piermario Morosini era un tardo pomeriggio, sicuramente non più estivo. O quasi. Ricordo che non era molto freddo, ricordo che c'era il tramonto, però. E quando c'è il tramonto non pensi mai che fa caldo.

    Giocava l'Under21 di Casiraghi, che da poco era subentrato a Gentile. Ricordo che mi arrabbiai, tanto. Non capivo perché giocasse ” ‘sto Morosini “, quando il ct aveva delle alternative in panchina che facevano gola a mezza SerieA. Ricordo che Bizzotto lo nominò in modo strano, quasi ad ammettere il suo status di “sconosciuto”. Mi fece ridere, e ciò alimentava quel pensiero: “fai uscire Morosini, che hai la panchina più forte di quella del Real“. Esageravo. Ma avevo preso questa fissa.

    Ricordo che guardai altre volte l'Under. Nel 2007 c'era il meglio. Mi innamorai di un giovane di proprietà della Juventus. Un livornese, si chiamava Giorgio Chiellini. In porta uno dei miei miti, Gianluca Curci. Ed in panca una promessa del calcio italiano: Emiliano Viviano. C'era un cavallo di razza sulla destra, un certo Marco Motta, a supporto di un centrocampo formidabile: Montolivo ed Aquilani. E poi lì, lì avanti un tridente che lasciava puntualmente a bocca aperta quel bambino ch'ero: Rosina, Giuseppe Rossi e Pazzini. Che squadra, mister. Ma come fai a far giocare Morosini?

    Ed infatti, Pierluigi Casiraghi sembrò volermi dare ascolto, con Piermario fuori dai venticinque convocati per l'Europeo di categoria. Quell'anno fu un disastro per gli azzurrini: non superarono neanche il girone. E non era certo colpa sua.

    Dopo i fallimenti, c'è solo da ripartire. Altro giro, altra corsa. Vale da ogni parte. E “Moro” era lì, era fisso, stabile ed impeccabile in quel centrocampo ornato da stelle. Anche lì m'innamorai: c'era un numero dieci che faceva rabbrividire le difese avversarie. Sebastian Giovinco. E c'era un giovanissimo numero venti, che giocava a fare il grande, e si divincolava dai difensori manco stesse cercando di eludere la fila alla posta. E sì, sto parlando di Mario Balotelli. Due piatti prelibati, con contorno dei vari Marchisio, Cerci, Poli, Candreva.

    E poi, si destreggiava nel bel mezzo del campo quel tale Piermario Morosini. Aveva il numero cinque, e questo mi faceva sorridere. Perché era strano, e coi numeri, poi, è così. Pensavo e ripensavo a chi lo portava tra i “grandi”. Il “Pallone d'Oro” Fabio Cannavaro. E non facevo altro che paragonarli. E lo so, esageravo ancora. Ma, vi ripeto, era una fissa. E poi, da bambino, avrei voluto undici attaccanti. Magari con Cerci e Candreva come terzini.

    Ricordo, però, che ci fu un momento in cui mi dissi: “Questo, comunque, gioca davvero bene“. Ed iniziai a seguirlo, ad analizzare la sua partita, i suoi movimenti. A dettargli le giocate, manco fossi Casiraghi. Ma ricordo che quasi sempre le seguiva, e mi emozionavo per questo. Cercai subito notizie sul suo conto, vidi che era di proprietà dell'Udinese. Fui ancora più contento. Mi dissi che sarebbe diventato qualcuno, un giorno. Che avrebbe meritato quel “cinque” quasi quanto Cannavaro. E ci credevo. Ci credevo come solo i bambini riescono a fare.

    Lo seguii, ma poi lo persi di vista. Passarono gli anni, il calcio mi emozionava sempre di più. E guardare le partite, era diventato un piccolo sogno da coltivare. Nelle mille nozioni di calciomercato che cercavo di seguire, ricordo che ascoltai di sfuggita il passaggio di Morosini al Livorno. Mi dispiacque, quel bambino voleva vederlo in SerieA. Ma qualche treno era passato troppo in anticipo. E sapevo poco, poi, della serie cadetta. Dalle pagine della Gazzetta si leggeva solo di Zeman, del ritorno del Toro. Finché non arrivò quel giorno.

    Era il quattordici aprile. Quel Pescara, reso tanto celebre dai quotidiani, si apprestava a giocare contro il Livorno. Mi accingevo finalmente a seguire quel talento di Verratti, il napoletano Insigne, lo juventino Immobile. E poi c'era Zeman, il gran ritorno di Zeman.

    Dimenticai che lì giocava Piermario. E, credetemi, avrei voluto non ricordarlo. Almeno non in questo modo.

    Fu un susseguirsi d'immagini. Il fischio d'inizio, il riconoscerlo in mezzo al campo, la prima emozione di quel bambino che ricordava le prime partite lette, decisamente diverse da quelle guardate in modo disincantato. E poi la notizia del malore, poi l'ospedale, le lacrime. Il decesso. Era volato via. Nonostante avesse provato più volte ad alzarsi. Era volato via. E con lui quel bambino che lo voleva vedere sui più grandi campi del mondo. Era volato via. E con lui tutti quei ricordi. Era volato via. E con lui, una parte di noi.

    Il calcio è una favola. Ma quando si trasforma bruscamente in realtà, è troppo dura da accettare. Soprattutto per quel bambino che, nonostante vesta abiti nuovi e lasci incolta quel poco di barba, ha ancora dentro quel vuoto. Un vuoto che solo un desiderio incompiuto può creare.
    E, alla fine, l'unica cosa che possiamo dire, o scrivere, in questo caso, è : ancora “ciao”, Piermario. Non ti dimenticheremo. Ti do la parola di quel bambino. E so che apprezzerai…


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    Morte Morosini, tre medici a giudizio
    Il calciatore morì in campo a Pescara il 14 aprile 2012: secondo la perizia, si sarebbe potuto salvare utilizzando il defibrillatore

    16:05 - I tre medici indagati per il decesso di Piermario Morosini, il calciatore morto allo stadio Adriatico il 14 aprile 2012 durante Pescara-Livorno, sono stati rinviati a giudizio per omicidio colposo. Lo ha deciso il gup di Pescara, Luca De Ninis, accogliendo la richiesta del pm Valentina D'Agostino. Si tratta dei medici del Livorno, Manlio Porcellini, del Pescara, Ernesto Sabatini, e del 118, Vito Molfese.
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    Morosini morì per arresto cardiaco dovuto a una cardiomiopatia aritmogena. Il processo a carico dei tre medici è stato fissato per il primo dicembre 2014 davanti al Tribunale Monocratico. Cardine del procedimento, la perizia presentata dai consulenti nominati dal gip, Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, nella quale i tre professionisti sostennero che i tre medici "dovevano usare il defibrillatore semi-automatico, disponibile quel giorno".

    Nella perizia si legge infatti che "ciascuno dei medici intervenuti è chiamato a detenere, nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi-automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell'influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso".

    Le conclusioni dei periti del gip non si discostano molto dalla perizia a suo tempo predisposta per il pm D'Agostino dal medico legale che eseguì l'autopsia, Cristian D'Ovidio.



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