ISTANBUL e TURCHIA

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  1. gheagabry
     
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    "L'enormità di quelle tre città scaglionate, Galata, Costantinopoli e Scutari; i cipressi, i minareti, gli alberi delle navi che si alzavano e si confondevano da ogni parte; il verde degli alberi, il bianco e il rosso delle case; il mare che al di sotto stendeva il suo manto blu, e il cielo che al di sopra svolgeva un'altra distesa azzurra: questo era ciò che ammiravo. E non esagera chi afferma che Costantinopoli offre il più bel punto dell'Universo."
    (Chateaubriand)


    ISTANBUL


    Bisanzio, Istanbul, Costantinopoli, la guardiana del Bosforo - lo stretto di mare che divide Asia ed Europa - è una città magica, ricca di fascino. Ma soprattutto è una città di frontiera, di passaggio. Prima ancora che per la sua storia lo è per la sua posizione, a cavallo di due continenti, ma anche a guardia del braccio di mare che divide il Mediterraneo dal Mar Nero. Nei secoli è stata prima capitale della parte orientale dell'impero romano, poi dell'impero bizantino per mille anni, e infine capitale della Sublime Porta, l'impero turco che si estendeva dall'Africa ai Balcani, fino all'odierno Iraq. Oggi tutte queste tracce sono visibili lungo le strade del centro storico ma anche nei nuovi ponti che svettano sopra il Bosforo per unire le sponde dei due continenti lontani. La parte vecchia della città si trova nel corno d'oro, separato da un braccio di mare dal resto della zona europea, chiamata Galata. Qui si trova il palazzo di Topkapi il cuore amministrativo dell'impero, sede del Pascià. Nonostante i secoli di tradizioni e di storia, Istanbul è una città estremamente moderna e vivace.
    Istanbul è una città dove basta attraversare un ponte o prendere un battello per passare da Occidente a Oriente, una città segnata da un storia millenaria, una metropoli affascinante, cosmopolita, caotica e straordinaria. Di questa immensa città affascina sicuramente il suo essere poco europea e poco asiatica, un po mussulmana e un po ortodossa, lanciata verso il mare ma ben salda ai due continenti su cui si estende. Istanbul è oggi in declino rispetto ai gloriosi e fiorenti anni ormai lontani, è un città dove i suoi abitanti combattono ogni giorno una dura lotta per tenersi a galla, e bisogna fare uno sforzo per associare la città-monumento a quella reale, perchè tutta la storia passata sembra estranea a ciò che appare oggi. lstanbul è decisamente affacciata sull'acqua, sulle rive del mar di Marmara, le sponde del Corno d'Oro e lungo lo stretto del Bosforo.


    "Di Costantinopoli, dove sono arrivato ieri mattina, oggi non dirò niente, salvo che sono stato colpito da quell'idea di Fourier, secondo il quale questa diventerà la capitale della terra. E' davvero enorme come l'umanità."
    (Gustave Flaubert 1880)



    Sono molti i particolari che colpiscono ad Istanbul. Il traffico intenso, il grande ponte Bogùaziçi, sospeso tra Asia ed Europa, percorso ogni giorno da quattro milioni di persone che devono pagare un pedaggio. Del Palazzo Beylerbeyi (letteralmente Palazzo del Signore dei Signori), residenza estiva dei sultani sulla sponda asiatica, si ricordano più dello sfarzo europeo, delle 24 camere, dei 6 saloni e più dei cristalli di Boemia usati per i lampadari e dei vasi Ming che ne adornano gli ampi spazi, la brevità della sua realizzazione. Fu costruito in soli quattro anni, tra il 1861 e il 1865. Una rapidità che non ha minimamente influito sull'eleganza, sullo stile o sulla scelta dei materiali, tutti perfetti. Il progetto originale è stato seguito ad opera d'arte, in tutto lo sfarzo che meritava. Sembra una costante: anche la mastodontica chiesa di Santa Sofia fu costruita in soli cinque anni, tra il 532 e il 537, così come la Moschea di Solimano il Magnifico tra il 1550 e il 1557.
    La Moschea Blu conferma la tradizione, venne costruita tra il 1609 e il 1616. Per i turchi è la Sultan Ahmet Camii, mentre per chi incontra per la prima volta l'architettura religiosa ottomana ne è la più alta espressione artistica. Le sue elaborate decorazioni, la disposizione degli spazi, l'assenza di punti di riferimento “a terra” caratteristici delle chiese cattoliche, come l'altare, il tabernacolo o le croci, favoriscono la concentrazione di chi prega e attira irresistibilmente verso l'alto lo sguardo. Perché in una moschea tutto tende al cielo, al divino.
    (informagiovani-italia)

    Il Gran Bazar di Istanbul è diverso da come te l’aspetti. È al coperto, è organizzato ed è pulito. Un luogo da visitare durante il soggiorno nella capitale turca, come simbolo della lunga tradizione commerciale di questa terra di incontro e scambio tra l’Europa e il Medio Oriente. Ventidue ingressi si aprono sulle sue mura periferiche e consentono l’accesso da più punti della città. Una sessantina di vicoli si intrecciano e si snodano su una superficie di 31 mila metri quadrati, sorvegliati da un attento sistema di sicurezza. Migliaia di negozi rendono il Kapali Carsi (Gran Bazar in turco) un vero paradiso dello shopping, dove la contrattazione è parte dell’acquisto. Il centro del bazar è identificato con la grande sala a cupola di Cevahir Bedesten, dove da sempre si trovano gli oggetti di maggior valore. Una confusione di merci esposte ovunque si somma ai motivi floreali e alle bandiere che adornano gli alti soffitti a volta. Luci sfavillanti e idiomi multietnici animano gli ampi passaggi, mentre i richiami dei commercianti sono invitanti canti di sirene. Il traffico umano è continuo e nel dedalo di vicoli il rischio di perdere l’orientamento è reale. Fontane e pozzi, presenti in alcuni incroci, rappresentano un punto di riferimento per il visitatore smarrito.
    Costruito attorno a un edificio bizantino, il nucleo originario del mercato venne eretto dal 1453 al 1461 per volere del sultano Mehmet II, dopo la conquista ottomana della città. La sua superficie fu ampliata nel XVI secolo su direttiva del sultano Suleiman il Magnifico. La logica architettonica ricorda quella dei caravanserragli, luoghi di ristoro per uomini e cammelli dopo le lunghe traversate del deserto. Ancora oggi, nella parte vecchia del Bazar è possibile scorgere quegli angoli antichi e appartati, testimonianza di un tempo remoto e delle sue usanze. Nelle ore di preghiere, discreto il canto del Muezzin aleggia sopra la confusione. Le due moschee presenti nell’area consentono ai commercianti di alternarsi e adempiere al loro dovere di fedeli senza allontanarsi dai negozi.
    Nell’andirivieni di acquirenti, alcuni giovani camerieri si destreggiano con ampi vassoi argentati su cui poggiano tanti bicchierini finemente decorati colmi di tè alla menta. Un servizio organizzato in accordo tra le caffetterie del Bazar e i venditori, che sorseggiano in tranquillità il liquido ambrato e disquisiscono amabilmente in una pausa tra una contrattazione e l’altra.
    (Barbara Oggero)

    “Istanbul viene a collocarsi nella cornice delle grandi masse d'acqua che la plasmano – sto parlando del Bosforo, del Corno d'Oro e del Mar di Marmara -, e tutti quegli edifici, le finestre, le porte che formano la città acquistano significato secondo la loro vicinanza, la loro altezza e il loro punto vista rispetto a quelle acque e a quei mari...”
    (Altri Colori....vita, arte, libri e città; Orhan Pamuk).


    .....la storia.....


    Costantinopoli era una grande citta'. Era la grande Bisanzio (la Miklagard = grande città) fondata da un navigatore greco, BIASANTHE (da lui prese appunto il nome) che qui approdo' nel 700 a.C. portandosi sempre dietro una profezia che non aveva mai capito cosa volesse dire. "Davanti ai ciechi" gli aveva detto l'oracolo di Delfi "tu fonderai la tua citta'".
    In un viaggio in questi territori del Bosforo, sbarcando in un approdo naturale, non molto lontano dall'attuale Istanbul, mentre se ne stava tranquillo in attesa di riprendere il viaggio, quasi per caso, senti' dire dai suoi marinai che avevano fatto nel frattempo una perlustrazione sulla costa, che avevano scoperto, salendo e affacciandosi a un colle che stava alle spalle dell'approdo, un luogo così stupendo che erano rimasti quasi "ciechi" dalla magnificenza del luogo, tanto era la lussureggiante vegetazione e le incomparabili bellezze che vi avevano visto. Un porto naturale di incomparabile bellezza. Biasanthe a sentire quella parola non ebbe piu' dubbi, era il destino di Delfi. Poi salendo anche lui la collina, quando si affacciò, constato' di persona che nessun luogo al mondo era piu' bello di quello. Vi si fermo' e fondo' prima una piccola base, poi quella che divenne la sua citta'. In pochi anni la porto' ad essere degna di una Atene e, come la grande citta' greca, la rese praticabile con un porto eccezionale dentro una conca che era gia' un porto naturale di per se stesso e che proprio per questo produsse in seguito una prosperita' commerciale superiore a quello di Calcedonia che gli stava quasi di fronte sulla riva opposta. Talmente opulenta, prosperosa e strategica come luogo che tutti vollero in seguito conquistare questa citta', subito chiamata un "Porto D'Oro", poi Corno d' Oro, infine Miklagard, la "grande citta'".
    Quando arrivo' Costantino vantava già una popolazione di 500.000 abitanti, che vivevano quasi tutti sul commercio e sull'indotto. Una citta' che ogni precedente condottiero, nel corso dei suoi mille anni, aveva tentato di conquistare, ma inutilmente.
    Ci provo' Dario il re persiano e tanti altri, poi ci provo' Filippo di Macedonia, e proprio a lui indirettamente dobbiamo la bimillenaria bandiera turca, la piu' antica bandiera del mondo, che mai nessuno volle piu' modificare. Infatti il grande Filippo di Macedonia, padre di Alessandro Magno, per conquistarla, dai suo soldati la fece assediare nel massimo silenzio, nottetempo per cogliere di sorpresa la città con i suoi abitanti sprofondati nel sonno. La notte precedente era senza luna, ma purtroppo per quella successiva che scelse per l'assedio, sbagliò i suoi calcoli. Impartito l'ordine ai suoi soldati di avvicinarsi, mentre erano già nei pressi delle mura della città, furono intravisti da alcune guardie con il favore di una fioca luce di una bella mezzaluna al suo primo quarto che era spuntata improvvisamente nel terso cielo stellato. Nel massimo silenzio, capito lo stratagemma di Filippo, le due guardie diedero la sveglia a tutti gli abitanti che così non solo non furono colti di sorpresa, ma anzi prepararono una tremenda trappola: fecero la sorpresa della sorpresa; sempre nel massimo silenzio, si appostarono tutti in posti strategici facendo credere che tutti dormissero, poi quando i macedoni entrarono, li fecero a pezzi; fu un disastro per Filippo. A ricordo di quella famosa notte il simbolo della Luna e della notte stellata, divento' l'emblema sul labaro della citta', poi in seguito con i Turchi della intera Turchia, che porta ancora oggi nella sua bandiera, il primo quarto di Luna con una stella vicina.
    Poi Bisanzio a conquistarla e a espugnarla ci provarono i Galli, ma alla fine vi rinunciarono e preferirono un accordo con il pedaggio sul porto. Ma non erano i primi, avevano tentato con alterne vicende Pausania, Alcibiade, Lisandro, Trasibulo, infine i romani con Pompeo che sconfitto anche lui, non trovò di meglio che fare un compromesso e dichiararla citta' libera. Vi giunse poi Severo e facendo il severo credette di poterla conquistare, ma anche lui dopo inutili tentativi per assediarla preferi' pagare un pedaggio. Bisanzio inizio' dunque a farsi la fama di citta' inespugnabile.
    Come città libera (simile a una confederata) fiorì anche sotto Adriano, Claudio e altri. Una citta' dove c'erano anche se in minor misura quasi le stesse bellezze di Roma: Terme, Basiliche, Teatri, Arcate, Palazzi, che in oltre 300 anni Roma aveva costruito e portato la citta' a traformarsi in un punto importantissimo dei traffici e quindi per queste ragioni presto divenne cosmopolita per eccellenza. Aveva naturalmente anche tutte le caratteristiche di una citta' pagana, e pagani erano i suoi abitanti, pagani tutti gli idoli e le divinita', pagani i sacrifici ecc. ecc. Come del resto tutte le citta' delle province romane. Ma in piu' in questa citta' non poca era l'influenza della religione persiana, quella spirituale monoteistica del Zoroastrismo, tornata a risplendere all'epoca di Costantino da circa un centinaio d'anni sotto Sapore (Shapur) il re dei re persiano. Una religione affiancata dalla politica (o viceversa) che aveva riportato i persiani a una nuova e forte unità e quindi nuovamente a dominare il territorio. Costantino di questo nuovo corso della storia persiana, religione-politica, ne fu indubbiamente affascinato. Parti' di qui' la sua grande intuizione e il suo grande progetto. Costantino, aveva scoperto questa citta' a sue spese per la prima volta nel 323-324, quando dovette scontrarsi con Licinio che riusci' a catturare solo perche' il suo avversario imprudentemente usci fuori dalle mura, che Costantino non riusciva a espugnare, semplicemente perche' era inespugnabile quella citta' con qualsiasi strategia. E se lo diceva lui dobbiamo crederci. Non per nulla quel giorno decise di farne la sua fortezza, la sede del suo futuro impero universale. Infatti da allora Costantino seguito' a pensare a questa città come sede ideale di una capitale; vi si dominava tutto il mondo greco, dal Tauro ai Balcani, con a nord le popolazioni bellicose dell'IIlirico, a est c'era il bastione caucasico e gli altipiani dell'Armenia a difesa dei persiani, e a sud, o via mare o via terra c'era la grande fascia che dalla Siria portava fino al delta del Nilo.
    Commercialmente tutto il traffico tra l'Egeo e il mar Nero, che voleva dire tra l'Europa e l'Asia attraverso il Mediterraneo, doveva passare davanti alle mura di questa citta'. Le vie del traffico dei due mondi insomma si incontravano a Bisanzio. E dato che le legioni romane passavano da piu' di quattro secoli da Bisanzio per andare in Palestina, in Africa, in Asia, o verso le foci del Danubio o del Volga, fu anche chiamato quel luogo il Crocevia del Mondo. Partiti i lavori di ammodernamento all'interno fin dal 325, per fare quella che fu subito definita la "nuova Roma", Costantino la rese all'esterno ancora piu' sicura. La linea delle sue mura fu tracciata a 4 km dal vertice del triangolo del grande colle, e racchiudeva dentro (nel suo progetto, ma che solo piu' tardi fu realizzato interamente) altre 7 colli cosi' da pareggiare anche qui il numero dei colli romani. La citta' si trasformo' in una vera e propria fortezza e le sue mura infatti continueranno a reggere Costantinopoli per mille anni, resistendo ai Goti, agli Avari, ai Persiani, ai Bulgari, ai Russi, ai Saraceni, fino alla quarta crociata del 1204 quando capitolo', ma solo perche' dall'interno alcuni traditori collaborarono con i crociati assalitori che per gli ori della grande città dimenticarono del tutto la loro missione. Saccheggiarono perfino le chiese. Inaugurando la citta' il primo provvedimento che prese Costantino, fu quello di proibire i sacrifici sugli altari, ma non perche' li rifiutava la religione cristiana.Non solo Roma non voleva vedere piu' sangue ma anche tutto il mondo romano in qualsiasi provincia e lo stesso Costantino, quindi decise che se proprio qualcuno voleva pregare i suoi idoli e fare i sui personali rituali sacrifici lo poteva fare benissimo, ma in forma privata, senza irritare o essere irriverenti con gli idoli degli altri.
    C'era nell'aria una coscienza civile nuova che voleva dimenticare e quindi evitare questi spettacoli tribali, e Costantino da buon politico e buon psicologo cogliendo questo desiderio di civilta' li fece eliminare del tutto in pubblico. Anzi questa volonta' di non voler assistere a sacrifici o a scene cruente come quelle delle arene con dentro i gladiatori che si sgozzavano, a Bisanzio era piu' forte che a Roma, tanto che Libanio considerava questi spettacoli "barbarie romane, indegne di un popolo civile". (a Roma comunque queste scene e i giochi dei gladiatori continuarono fino al 384, nonostante comandassero i papi cristiani. Si fece molta fatica ad eliminarli dal costume romano).
    Bisanzio, con il nuovo nome Costantinopoli, tutto il resto, cioe' il vecchio tessuto sociale, i luoghi di aggregazione, rimasero tutti come prima. Costantino non fece eliminare nemmeno uno dei numerosi templi pagani che esistevano da centinaia d'anni, ma anzi ve ne aggiunse altri e di grande magnificenza, cercando di accontentare tutte le esigenze delle altre religioni. Intendeva costruire un impero universale con una religione universale e non intendeva scardinare e soffocare tradizioni, usanze e innocui idoli dei vari gruppi se questi non davano fastidio ad altri.
    La Bisanzio bizantina ha resistito tra splendore e "bufere" imperiali e politiche circa mille anni: dalla sua fondazione fino alla violenta distruzione per opera dei turchi ottomani il 29 maggio 1453.
    Era solo il colpo di grazia , la sua fine -politica e religiosa ed anche economica - era già stata decretata duecentocinquant'anni prima. Ma anche prima della fatidica crociata del 1204 e la nascita del Regno Latino. Questa letale sorte fu causata essenzialmente dalla spaccatura religiosa tra Oriente e Occidente. La Chiesa ortodossa non era stata all'altezza della situazione che si era venuta invece a creare in occidente. Praticamente in questo periodo in cui accadevano questi fatti, Bisanzio, quale massimo centro culturale e commerciale dell’intero mondo cristiano, in perfetta continuità con la tradizione culturale ellenistica, era al vertice del suo splendore. Viceversa, l’ellenismo in occidente, a partire dal VI sec., iniziò a subire un’eclissi che durerà fino a Scoto Eriugena nel IX sec., fino alla traduzione delle opere del Damasceno nel XII sec., fino alle scuole di Chartres, di Laon e di Parigi, sempre nel XII sec., fino alla mistica tedesca del XIV sec. e al Rinascimento italiano. In occidente sarà il pensiero agostiniano (mai ben conosciuto in oriente) a permeare profondamente di sé la cultura, il diritto, la religione. Sino a quando in quest’area dell’Europa non sorgeranno dei centri in grado di competere con Bisanzio, sarà solo nelle sale degli amanuensi benedettini che si cercherà, con molta fatica, di preservare il sapere degli antichi. Benché dunque l’impero d’oriente fosse stato ridotto dalle conquiste arabe dei secoli VII e VIII, il suo potere costituiva ancora il modello più significativo per ogni Stato feudale europeo.
    Costantinopoli fu poi conquistata da Maometto II il 29 maggio del 1453...che gli diede anche il nuovo nome: ISTANBUL.

    "Una piccola precisazione del cambio del nome di Costantinopoli ad opera di Maometto II: il nuovo nome non fu inventato artificiosamente dal Sultano ottomano, il quale non fece altro che ufficializzare un uso già da circa un secolo diffuso fra i turchi e cioè quello di chiamare Costantinopoli con una storpiatura della frase greco-medievale "is tin bolin" (corrispondente al greco antico "eis ten polin"). La frase significa "alla città" o "verso la citta" ed era spesso, allora come oggi (nel greco moderno), abbreviata in "stin bolin". L'abitudine di riferirsi alla capitale come "la Città" era una caratteristica che i bizantini (e quindi i turchi) avevano ereditato dai romani: anch'essi, infatti, chiamavano Roma semplicemente "Urbs" (l'odierna "Urbe"). (By: Filippo Romano)
    (parodos)


    Il più grande sultano dell'Impero Ottomano, Solimano il Magnifico (Suleyman) portò l'impero ai massimi splendori e alla massima espansione (arrivando fino alle porte dell'Austria) ed oltre i confini meridionali dell'Ungheria. Vennero costruiti importanti edifici come la Moschea Blu, conosciuta anche con il nome Sultanahmet Camii (1597-1616), e soprattutto venne creta una società civile che abbracciava culture diverse tra loro, per tradizione, lingua, provenienza e religione. Il comune denominatore dello sviluppo e delle vestigia ottomane era la tolleranza ed il rispetto per le diverse etnie. Musulmani, cristiani ed ebrei vivevano sotto lo stesso tetto. Si spiegano i nomi dei vari quartieri, oltre Galata, anche Aksaray, Karaman e Carsamba, tutti legati ai coloni che man mano si stanziarono in città. Nel XV secolo, in particolare, vi fu l'arrivo degli Ebrei cacciati dalla Spagna durante il regno dei re cattolici (1492). Nel frattempo continuava la costruzione delle moschee e le decorazioni della grande arte islamica. Nel centro ottomano, vennero create scuole e librerie per le attività accademiche, a cui si aggiunsero gli ospedali (darussifa); venne insomma creato un nuovo concetto di urbanistica completamente diverso da quello precedente dei bizantini: la parola d'ordine era lo sviluppo della società, non solo della corte. In un breve lasso di tempo vennero innalzati nuovi palazzi, sistemi di distribuzione dell'acqua, moschee, cantieri navali, caserme dei giannizzeri (il corpo di guardia del sultano), case per i mercati, centri per il commercio, istituzioni di beneficenza, santuari, cimiteri ed abitazioni. Istanbul assumeva un aspetto nuovo e completamente diverso, spesso tuttavia minato dalla natura del territorio, terremoti, uragani e numerosi incendi. Il sultanato, che possedeva tutte le doti delle grandi corti europee, fece arrivare ad Istanbul i più grandi nomi del Rinascimento italiano, non solo Bellini, ma anche Michelangelo e persino Leonardo da Vinci, al quale venne commissionato il progetto (mai completato) di un ponte sul Corno d'Oro, che andavano ad aggiungersi ai grandi artisti ed architetti turchi. Il dominio ottomano durò fino alla Prima guerra mondiale e cioè fino a quando la città non venne occupata dalle truppe alleate. Istanbul entrò a far parte del protettorato inglese (così come la Palestina e l'Iraq), mentre il resto dell'Impero Ottomano, ormai dissolto, viene redistribuito tra francesi, italiani, greci e russi. Dopo anni di lotta guidata da Mustafa Kemal Ataturk contro le forze di occupazione, nel 1923 viene fondata la Repubblica di Turchia ed Ankara (non Istanbul) diventa la capitale della nuova nazione. Nonostante la perdita del suo ruolo politico e amministrativo, Istanbul continuò ad espandersi senza conoscere sosta, ed oggi la sua popolazione arriva a raggiungere gli oltre 14 milioni di abitanti. Il suo cuore culturale e commerciale continua a vivere oggi come in passato e forse ancor di più, così che si possa ancora dire della città, come fece il poeta francese e uomo di lettere Alphonse de Lamartine una mattina di maggio nel 1833,

    ...[ad Istanbul] uno guarda il panorama più bello che si possa trovare sulla terra, creato dagli sforzi congiunti di Dio e dell'uomo, dell'arte e della natura”...


    (informagiovani-italia)


    Edited by gheagabry - 29/6/2014, 22:42
     
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  2. gheagabry
     
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    Kurdistan, il paese che non c’è



    Per Kurdistan si intende un'area vasta circa 450.000kmq, abitata dalla popolazione di etnia curda, ma divisa tra Turchia, Iraq ,Siria ed Iran. La maggior parte del Kurdistan è situata all'interno dei confini turchi per un'area di circa 230.000kmq (30% del territorio turco).
    È un territorio strategicamente rilevante per la ricchezza di petrolio e le risorse idriche, ma si trova in una situazione di sottosviluppo a causa dell'assenza di un'unità politico-amministrativa. Il 75% del petrolio iracheno proviene dal Kurdistan, gli unici giacimenti della Turchia ed i più importanti della Siria si trovano in Kurdistan, anche nella zona di Kermanshah, territorio iraniano ma abitato da curdi, si produce petrolio.
    È il passaggio obbligato di alcune importanti vie di comunicazione, ad esempio tra le repubbliche centroasiatiche, l'Iran e la Turchia e si trova nel cuore di uno dei punti più caldi della politica mondiale. La posizione geopolitica dell'area ha condizionato molto le vicissitudini del popolo curdo, impedendone l'unità politica.


    Il popolo curdo discende dagli antichi medi, una popolazione di origine indo-iraniana,-- Il primo scritto in lingua curda, una poesia di argomento religioso, risale al VII secolo. In questo periodo i curdi si convertono all'Islam. Tra il 1169 e il 1250 una dinastia curda - Saladino ne è l'esponente più illustre - regna in tutto il Medio Oriente musulmano. -- che dall'Asia Centrale si diresse, intorno al 614 a.C., verso i monti dell'Iran. Le forti limitazioni, imposte dall’impero ottomano all’inizio del XIX, ai privilegi ed all’autonomia degli stati curdi provocarono numerose rivolte che avevano come obiettivo l’unificazione del popolo curdo e la sua autonomia. Quando si affacciarono nel Kurdistan le potenze europee, l’area fu strumentalizzata secondo gli interessi della Gran Bretagna, della Francia, della Germania e della Russia zarista pronte ad indebolire l’impero ottomano. Con la prima Guerra Mondiale, che decretò la fine dei grandi imperi, sembrava possibile la nascita di uno stato curdo. Il trattato do Sévres, firmato il 10 agosto 1920, prevedeva che nell'Anatolia orientale sarebbero stati creati un Kurdistan autonomo, oltre che uno Stato indipendente di Armenia. Questa volta fu l'ostracismo della nascente Repubblica turca, ad impedire la formazione di uno stato curdo autonomo. Il trattato di Losanna, firmato nel 1923 da Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone, Grecia, Romania cancellò il trattato di Sèvres. Fu allora che i territori abitati dalla popolazione di etnia curda vennero spartiti tra Turchia, Siria, Iran ed Iraq.
    Così, dal 1921 al 1925, 25 milioni di curdi furono dispersi in 5 nazioni trasformandosi in 5 minoranze.
    (Margherita Casillo)


    Cartina geografica alla mano, il Kurdistan è localizzato nella parte settentrionale e nord orientale della Mesopotamia, in Medio Oriente, nella zona che include il bacino dei fiumi Eufrate e Tigri, dei laghi Van e Urmia e delle catene montuose Zagros e Taurus. Il territorio si estende per un’area di oltre quattrocentomila chilometri quadrati, divisi tra Turchia, Iraq, Siria, Armenia ed Iran, sebbene la maggior parte del Kurdistan sia all’interno dei confini turchi. Insomma, un Paese che esiste, ma non c’è.
    Molti curdi vivono nella Turchia orientale, soprattutto nelle città di Bitlis, Van e Diyarbakir. In quest’ultima, famosa per la sua produzione di meloni, la concentrazione del popolo curdo è così elevata da valerle l’appellativo, ufficioso, di capitale del Kurdistan. Turchia orientale e Kurdistan sono strettamente correlati tra loro e, nonostante le difficoltà legate al rapporto, non sempre pacifico, tra le due etnie, questa zona del mondo offre al viaggiatore la possibilità di visitare due terre in una, di confrontarsi con più popolazioni contemporaneamente.
    Qui, non troppo distanti dalla cosmopolita, europea Istanbul, la vita è completamente diversa. Le strade, fatta eccezione per quelle principali, sono spesso dissestate, polverose. I militari, in special modo lungo i confini con gli altri stati, si fanno numerosi. Di frequente fermano un’auto o un pulmino carico di persone e, alla vista di volti occidentali, magari un po’ stupiti, con un cenno della mano all’autista turco, danno il proprio benestare a proseguire il viaggio, forse rassicurati da quei volti di turisti stranieri.
    Lontani dai centri di maggior interesse culturale, il territorio si fa aspro. Il colore delle montagne è giallo ocra e rosso. Un rosso carminio, intenso, avvolgente e, a tratti sfumato. L’aria estiva è calda, infuocata, insopportabile per chi non è abituato. Donne con il chador o il burqa nero si aggirano per i paesi e i villaggi, uomini, in abiti tradizionali curdi dai larghi e ricamati pantaloni, si vedono, invece stazionare nei bar, a sorseggiare tè caldo e a mangiare, a qualsiasi orario del giorno. Alla vista del viaggiatore, di solito, i curdi, lo invitano a sedersi con loro e a condividere una bevuta.
    La lingua curda, di origine indoeuropea, per motivi politici, è soppiantata dal turco, ma i curdi, fieri e orgogliosi delle proprie tradizioni, la coltivano e la insegnano ai loro bambini. Comprendersi è un’impresa ardua. Qui, sono in pochi a parlare inglese e al comune viaggiatore, per quanto poliglotta, manca la conoscenza del curdo.
    I gesti sono sufficienti e i sorrisi sono uguali su tutto il pianeta. La cosa insolita è che un curdo si aspetta che il turista, se proprio non parli turco, sia in grado di parlare la sua lingua e al quasi inevitabile movimento negativo del capo occidentale, resta un po’ deluso.
    Questa è un terra che sfiora altri popoli, altri mondi, antichi, difficili, bellissimi. E’ una terra colorata, vivace, rumorosa dove la gente si confonde nei mercati, gli aromi e gli odori della cucina si fondono nell’aria e dove la storia, quella letta sui giornali o sui libri di scuola, si vive nella quotidianità.
    (Monica Genovese, ilreporter)
     
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  3. tomiva57
     
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    grazie gabry...
     
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  4. gheagabry
     
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    "....nel ventre delle tue bianche pietre
    la luce si trasformò in mille colori di fede ed orgoglio..."


    LA CAPPADOCIA


    La Cappadocia in lingua persiana significa il Paese dei bei cavalli. Il nome Cappadocia è di rado citato sulle mappe poiché non ha un statuto politico o amministrativo, è piuttosto una regione storica che comprende parti di diverse province. Nell'anno 1985 è stata inclusa dalla UNESCO nella lista dei siti patrimonio dell'Umanità.

    La regione della Cappadocia corrisponde approssimativamente ad un cerchio di cinquanta chilometri di diametro, che comprende le città d' Aksaray e Nevşehir. La popolazione non supera un milione di abitanti, ma i villaggi sono così vicini tra loro che si ha l' impressione di una città estesa su una regione molto vasta. I suoi paesaggi lunari sono pieni di cavità e grotte, sia naturali che artificiali, molte delle quali continuano ad essere frequentate e abitate ancora oggi. Il paesaggio unico della Cappadocia è il risultato del' azione delle forze naturali nel corso dei millenni. Circa 60 milioni di anni fa, si alzò la catena montagnosa del Tauro nell' Anatolia meridionale (è della stessa epoca la catena alpina in Europa), insieme dalla creazione di numerosi burroni e da depressioni in Anatolia centrale.
    Circa 10 milioni di anni fa, queste depressioni furono riempiti di magma e di rocce vulcaniche derivati dai numerosi vulcani in eruzione nell' Anatolia centrale, quelli di Erciyes, Keciboyduran, Develi, Göllü Dagi e Melendiz. Le depressioni scomparirono poco a poco, trasformando la regione in un piano piatto elevato. Le rocce che li riempirono non furono molto resistenti all' erosione del vento e della pioggia, al cambiamento di temperatura ed ai fiumi, le raformarono. Così, le variazioni termiche disgregarono il suolo, che permisero all' acqua di infiltrarsi e di erodere la roccia.
    Sui rilievi, l'erosione creò canyon, coni, pitoni, camini ed altre formazione tipici di questa regione. E' in alcune di questi anfratti che monachi bizantini si installarono tra il VIII e ed il XIII secolo, creando numerosi monasteri e chiese rupestri.

    .....la storia.....


    In Cappadocia lasciarono tracce della propria cultura gli Hatti e in seguito gli Ittiti, i Frigi, i Persiani, i Romani, i Bizantini, i Selgiuchidi e gli Ottomani creando la magia di questa regione. Ha una posizione particolarmente rilevante, con le sue tracce storiche e culturali il passaggio di importanti vie commerciali e della Via della Seta. Si incontrarono, in questa regione, differenti filosofie e religioni . Nel II secolo d.C. i Cristiani partiti da Gerusalemme, passando per Antiochia e Cesarea, giunsero in Anatolia Centrale e si stabilirono nei pressi di Derinkuyu.

    Tra il 5000 e il 4000 a.C., la Cappadocia ospitava diversi principati indipendenti. La città più importante di tale periodo fu Puruskanda. Diciassette di questi principati si coalizzarono nel XXIII secolo a.C., per lottare contro il re sumero Naram Sin, andando a costituire la prima di una serie di alleanze nella storia dell'Anatolia. All'inizio del II millennio a.C., l'Anatolia attraversò un'epoca di splendore durante la quale attrasse molti abitanti. Gli Assiri, celebri per la loro abilità di commercianti, si stabilirono nella regione, attratti dalle sue ricchezze, e vi organizzarono degli empori chiamati Karuma. Il Kârum più importante fu quello della cittadella di Kanesh (oggi Kültepe).
    Gli Assiri portavano in Anatolia stagno, tessuti e profumi, e vi acquistavano oro, argento e rame. Questa forma di commercio durò centocinquanta anni, fino a quando non fu disperso dalle guerre tra i regni della regione. Sebbene vi sia poca certezza circa l'origine della civiltà ittita, si sa con sicurezza che essa fiorì in Anatolia centrale nel II millennio a.C., avendo Hattusa (oggi Bogazköi) quale centro di potere nella regione, che essi chiamavano Tabal. Gli Ittiti fondarono diverse città, insieme agli abitanti della regione, e diedero forma a un impero che si estendeva fino a Babilonia. L'impero durò da sei a sette secoli e mise fine al dominio della dinastia semitica di Hammurabi.
    Una particolare importanza rivestono, nella storia ittita, i secoli XV e XVI a.C., che segnarono il culmine dello sviluppo della civiltà. Alla fine del millennio, le guerre con l'Egitto (culminate nel trattato di pace di Kades, del 1286 a.C.) destabilizzarono l'impero hittita, che cedette infine agli invasori provenienti dai paesi dell'Europa orientale. Con il crollo del regno ittita, la Cappadocia si avviò verso il periodo più buio della sua esistenza, tra il X e il VII secolo a.C.
    La Cappadocia cadde poi in mano persiana nel VI secolo a.C., uno status mantenuto fino alla conquista di Alessandro Magno due secoli più tardi. I persiani divisero l'Anatolia in province (satrapie), assegnando a ciascuna un governatore (satrapo).
    I principati erano collegati al porto di Efeso (presso la città turca di Kuşadası) tramite la "Via Reale di Persia", che iniziava proprio in quella città e, passando attraverso le città di Sardi e Mazaka (ora Kayseri), raggiungeva la Mesopotamia e Susa, capitale della Persia. I satrapi rimettevano alla Persia le imposte da loro riscosse, sotto forma di oro, pecore, asini o dei famosi cavalli della Cappadocia. Nel IV secolo a.C., Alessandro Magno intraprese la conquista dell'Asia Minore, dopo il famoso episodio del nodo gordiano, prendendo la Cappadocia dalle mani dei persiani. Lasciò sul posto il suo luogotenente Sabictas (o Abistamenes), perché tenesse il controllo della regione, che rimase sotto dominazione macedone fino alla morte di Alessandro, nel 323 a.C. L'anno successivo la Cappadocia riacquistò indipendenza e sovranità sotto la guida di Ariarate I. Fu in questo periodo che la Cappadocia ha acquisito un forte carattere culturale ellenistico che rimarrà vivo fino all'epoca bizantina. La Cappadocia iniziò la lunga storia dei suoi rapporti con Roma sotto il regno di Ariarate IV, dapprima come nemica, sostenendo la causa di Antioco III il Grande nella Guerra siriaca, quindi come alleata, nella lotta contro Perseo di Macedonia durante la Terza guerra macedonica. Da quel momento fu sempre alleata con la Repubblica romana.
    Nel 130 a.C., Ariarate V marciò a fianco del console romano Publio Licinio Crasso Dive Muciano contro Eumene III (Aristonico), che accampava pretese regali sul Regno di Pergamo. Ma la sua sconfitta, e la liquidazione del suo esercito, portò dietro di sé uno strascico di lotte intestine che decretarono la fine della sua dinastia.
    La Cappadocia scelse allora un leader locale di nome Ariobarzane I, sostenuto da Roma nel 93 a.C. Ariobarzane, tuttavia, non poté iniziare effettivamente il suo regno se non trent'anni più tardi, quando Roma, con Lucio Cornelio Silla come generale, gli spianò la strada mettendo ai margini il re armeno Tigrane II. Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo, che precedette l'ascesa al potere di Giulio Cesare, la posizione della Cappadocia oscillò tra i due contendenti, dapprima in favore di Pompeo per poi volgersi in favore di Cesare. In seguito la dinastia di Ariobarzane ebbe fine, e la regione mantenne la sua indipendenza tributaria fino all'anno XVII d.C., quando l'imperatore Tiberio, ridusse la regione al suo dominio elevandola a provincia romana. Due legioni romane garantirono un presidio permanente sotto l'imperatore Vespasiano, che cercava di proteggere la sua provincia da Levante. Le guarnigioni militari si accrebbero e si convertirono in fortezze sotto Traiano, che costruì anche strade militari nella regione. Nel III secolo le relazioni commerciali tra la Cappadocia e le regioni di Smirne ed Efeso si fecero così intense che furono battute monete con i nomi delle tre città. A partire dal IV secolo, la Cappadocia iniziò una trasformazione, questa volta influenzata dai monasteri greco-ortodossi di Palestina ed Egitto, i cui modelli furono seguiti nell'introduzione della religione cristiana, sotto il patrocinio dell'Impero bizantino. Nei secoli che seguirono, l'Anatolia fu teatro di conflitti tra i Selgiuchidi, Bizantini e Crociati. Questi ultimi, nel 1097, durante la Prima crociata, presero Nicea (Iznik), capitale selgiuchide, e obbligarono gli avversari a emigrare fino a Iconio (Konya), in Anatolia centrale. I Selgiuchidi posero le radici di quello che, dal XV secolo, sarebbe sorto come Impero ottomano, le cui origini provenivano da uno dei sultanati - nucleo originario del futuro impero - staccatosi dallo stato selgiuchide sotto il comando di un capo di nome ʿOthmān I Ghāzī (Osman I), che diede il suo nome alla dinastia ottomana

    ...Le città sotterranee...


    La gente della Cappadocia, con lo scopo di proteggersi dalle invasioni, scorrerie ed irruzioni, si nascondeva negli antri delle grotte, fatti in modo tale da non essere individuati. Dato che avrebbero potuto essere obbligati a vivere per lunghi periodi in questi ambienti senza poter uscir fuori, vi costruirono all’interno depositi di provviste, cisterne per l’acqua, cantine per il vino e templi per la preghiera.
    I Primi Cristiani, stanchi della tirannia e delle persecuzioni degli imperatori Romani, cominciarono a stabilirsi nelle città sotterranee della Cappadocia (la roccia morbida che si prestava ad essere lavorata facilmente). Le città sotterranee che risalgono a periodi precedenti la nascita di Cristo, diedero alla gente che cercava sicurezza e pace, la possibilità di creare con il cuore e la fatica rifugi, chiese e monasteri.
    Kaymaklı, Derinkuyu, Mazı Köyü, Özkonak: chilometri di gallerie uniche al mondo che aumentano di anno in anno, con l'intensificarsi degli scavi. Ad oggi sono state localizzate ben 36 città, scavate nella terra fino a 90 metri di profondità.
    I primi piani potrebbero addirittura risalire al Paleolitico, visti i reperti ritrovati dall'archeologo inglese R. Campbell Thomson nel 1910. Le chiese a croce greca ritrovate nei piani inferiori, d'altra parte, sono la prova indiscutibile della presenza romana e bizantina. Quello che si sa con certezza è che dopo l'VIII secolo le città sotterranee della Cappadocia furono abbandonate, e col tempo dimenticate.

    Furono costruite probabilmente per difesa. In caso di invasione gli abitanti della zona lasciavano la superficie per rifugiarsi sotto il terreno, chiudendo gli ingressi al sottosuolo e camuffando i camini di areazione. Tutto nella costruzione delle città fa intendere che siano state progettate per lunghi periodi di permanenza.
    Chiunque le abbia costruite, ha scavato per primi i camini di aerazione (profondi fino a 70-80 metri), per portare l'ossigeno nel sottosuolo per poter lavorare. Da lì, sono state scavate le gallerie e i diversi piani, uniti tra loro da lunghe e anguste scalinate. Il terreno tufaceo rese possibile il lavoro di scavo con la tecnologia dell'epoca (martello e scalpello). Col tempo il contatto con l'aria ha indurito le pareti, inizialmente friabili e malleabili.
    Nelle città tuttora scoperte sono state trovate pochissime cucine. Le cucine erano comuni per un semplice motivo: tante fonti di calore avrebbero generato troppe fuoriuscite di fumo, visibili dall'esterno a potenziali invasori. Nelle città di Tatlarin e Gelveri sono state trovate anche latrine, insieme a un sistema di fognatura completo. In tutte le città sotterranee della Cappadocia sono state trovate inoltre stalle (sempre al primo piano, quello più vicino al livello del terreno) e cantine per la conservazione del vino.

    DERINKUYU. L'ultima città sotterranea, la più grande, a Gaziemir, Güzelyurt e prende il nome di Derinkuyu, è stata scoperta nel 1969. Il terreno intorno a Derinkuyu - una tra le città meglio conservate, otto piani e 85 metri sotto il suolo - è pianeggiante e non v'è traccia di tumuli di terra. Per accedere all'interno della città esistevano grandi porte che ruotavano attraverso i passaggi e si chiudevano dall'interno. Questa città era una meta per permettere ai viaggiatori e ai loro cammelli di riposare al sicuro, sottoterra, come una specie di "albergo-fortezza". Un tempo ospitava circa 20,000 cittadini; la città contiene stalle, cantine, depositi, cappelle, tutto l'occorrente per permettere ai suoi abitanti una vita come quella delle città in superficie. Nel secondo "piano" è stata trovata una grande stanza con il soffitto a volta. Probabiblmente tale stanza veniva usata come scuola.

    KAYMAKLI. La città sotterranea di Kaymaklı si trova a 10 kilometri a nord di Derinkuyu , all'interno della cittadina che porta lo stesso nome. Questa città differisce però da Derinkuyu per la sua struttura. Infatti i cunicoli sono più bassi, più stretti ed hanno un'inclinazione più vertiginosa. Nel secondo piano di trovano una chiesa, con una navata e due absidi; di fronte alle absidi troviamo una fonte battesimale, mentre ai lati lungo i muri ci sono le panche per permettere ai fedeli di pregare. Sono state trovate delle tombe accanto alla chiesa che dovrebbero appartenere a uomini religiosi. Il terzo piano ha le zone più importanti della struttura: magazzini, cucine, cantine. Questo piano contiene anche recipienti dove veniva fatto sciogliere il rame; il grande numero di magazzini e giare di terracotta nel quarto piano indicano la stabilità economica di cui godevano gli abitanti della città.
     
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  5. tomiva57
     
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    Izmir - Smirne


    Smirne (in turco İzmir, in greco Σμύρνη, Smyrni) è una città di 3,5 milioni di abitanti della Turchia centro-occidentale, la terza del paese per numero di abitanti dopo Istanbul e Ankara, capoluogo della provincia omonima. È anche un grande ed efficiente porto situato sull'omonimo golfo, nel Mar Egeo. Amministrativamente è formata dai centri urbani di 21 dei 30 distretti della provincia. Konak costituisce il centro storico della città.

    Smirne è la città natale del poeta antico Bione ed è tra le località che si contendono l'onore di essere il luogo natìo del leggendario poeta Omero.


    Smirne è caratterizzata da estati calde ed inverni miti e piovosi. Le precipitazioni nell'arco dell'anno sono di 706 mm; concentrate per il 77 % (543 mm) da novembre a marzo.

    Le temperature massime in inverno sono mediamente comprese fra i 12 e i 14 °C. I mesi estivi (fra giugno e settembre) hanno una temperatura media di oltre 28 °C.

    Il nome "Smirne" (Smyrna) significa "mirra" in greco antico, pertanto si riferisce alla presenza di tale arbusto nella zona dove la città è stata fondata.

    Izmir è il nome turco, ufficializzato solo nel 1930, negli ultimi decenni diffuso anche all'estero. Nasce probabilmente dalla corruzione del nome più il prefisso -Is e il cambiamento della S in Z come accadde per Costantinopoli (ora Istanbul) e Nicea (ora Iznik). In greco come anche in italiano e in altre lingue il nome Smirne (o Smyrni, Σμύρνη) è rimasto consolidato nel lessico al posto del più recente nome turco.

    5+-+Smirne+-+Panorama

    Storia

    Il primo insediamento umano a Smirne può risalire al III millennio a.C. Si pensa che il suo sviluppo sia coinciso con quello di Troia.

    Intorno al 1500 a.C. essa venne occupata dagli Ittiti, ma con la caduta di Troia e della capitale Hattusa l'impero ittita entrò in crisi.

    Nel VIII secolo a.C., passata sotto il controllo di Mileto, Smirne fondò diverse colonie in Libano, Siria, Grecia e lungo le sponde del Mar Nero, le quali la resero non più un piccolo villaggio, ma una vivace e ricca città commerciale. Tuttavia la sua prosperità attirò l'interesse dei Persiani, i quali la occuparono, causandone così la decadenza e la distruzione. Rifondata da Alessandro Magno nel 333 a.C., essa divenne romana nel 133 a.C. e, in seguito, subì un terremoto disastroso che la devastò nel 178, cosicché l'imperatore Marco Aurelio ordinò di ricostruirla.

    Sotto l'Impero bizantino il suo sviluppo si fermò, soprattutto a causa della crescita d'importanza della vicina Efeso. La ripresa del commercio medievale (soprattutto quello dei beni di lusso) sotto gli imperatori macedoni (867-1057) resero nuovamente importante Smirne grazie alla sua posizione strategica. Ma nel 1076 essa fu occupata dai Turchi Selgiuchidi e decadde, non riuscendo a rifiorire neanche dopo la riconquista comnena avvenuta nel 1098.

    Fu ceduta ai Genovesi nel 1261 e nacque allora una piccola colonia genovese.

    Successivamente fu ceduta da questi ai cavalieri ospitalieri (1320-1402) ed infine conquistata dai turchi ottomani, che la possedettero per più di cinque secoli.

    Sotto il dominio ottomano la città divenne un importante scalo commerciale, snodo fra le piste carovaniere dell'Asia e le rotte mediterranee. La sua popolazione era un modello tipico della società ottomana, multi-etnica, multi-confessionale e poliglotta. Gli stessi turchi la chiamavano gâvur Izmir cioè l'infedele Smirne, in riferimento all'alta percentuale di non musulmani (greci, armeni, ebrei, levantini) residenti in città.

    Col tempo sorse una comunità italiana che all'inizio del ventesimo secolo arrivo' a contare circa 6-7.000 residenti.

    L'impero ottomano, uscito sconfitto dalla prima guerra mondiale, cedette Smirne alla Grecia col Trattato di Sèvres (1920). Smirne nei primi decenni del Novecento aveva oltre 250.000 abitanti, due terzi dei quali greci.[senza fonte] Dopo l'invasione greca dell'Asia minore e la sconfitta greca a Dumlupınar, la città fu riconquistata dall'esercito turco repubblicano comandato da Mustafa Kemal (1922) e devastata da un catastrofico incendio che distrusse gran parte della città vecchia; durante l'incendio, tra devastazioni e saccheggi, le popolazioni cristiane, principalmente quelle greca e armena, in parte massacrate, si imbarcavano sulle navi dell'Intesa alla fonda nel porto, trovando poi rifugio in Grecia.

    Oggi Smirne è centro commerciale e importante porto per l'esportazione di prodotti agricoli (frumento, mais, olio, agrumi, uva, fichi, tabacco, cotone, pelli, ...). Sede di industrie cantieristiche, meccaniche, petrolchimiche, alimentari e tessili. È il maggior porto di esportazione della Turchia, mentre Istanbul è il maggior porto d'importazione.

    Viene chiamata anche "Smirne Occidentale" o "la perla dell'Egeo".

    Fra giugno e luglio, la città ospita un festival internazionale dell'arte e, all'inizio di ogni settembre, la fiera internazionale di Smirne.

    Una moderna linea di metropolitana percorre la città da sud-ovest a nord-est.

    Smirne è più progredita rispetto alla media della Turchia in termini di libertà, qualità della vita e parità fra i sessi.

    Smirne si era proposta per l'organizzazione dell'Expo 2015, ma i delegati del BIE le hanno preferito Milano, con una votazione finale tenutasi a Parigi, per 65 voti a 86. La città ha ripresentato la sua candidatura per l'Expo 2020.

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    Monumenti e luoghi d'interesse

    Smirne è una città turistica che vanta un buon sistema di accoglienza. Grazie anche al clima mite tutto l'anno ed ai numerosi luoghi d'arte ricchi di storia, è visitata da molti turisti.

    Oltre ai musei, notevoli sono l'agorà ricostruita da Marco Aurelio, la chiesa di San Policarpo, il mercato coperto (Kemeraltı), ricco di moschee e sinagoghe, e una grande varietà di parchi. Nei dintorni si trovano diversi centri cittadini antichi, alcuni molto noti, fra cui Efeso, Laodicea, Filadelfia, Sardi, Thyatira e Pergamo che insieme a Smirne formano le sette chiese citate da san Giovanni evangelista nel libro dell'Apocalisse.

    Cultura

    Musei


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    Il simbolo di Izmir è la Torre dell'Orologio, situata in piazza Konak, considerata il cuore della città. Costruita nel 1901 con lo stile ottomano molto elaborato, questa torre è un omaggio del Sultano Abdulhamid.


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    Museo archeologico,in Piazza Konak, espone una magnifica collezione di antichità, incluse le statue di Poseidone e di Demetrio le quali, nel periodo classico, si trovavano nell'agorà.



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    Museo etnografico
    ,che espone manufatti di provenienza popolare, tra i quali dei tappeti di Gordes e Bergama e collezioni raffinate di costumi folcloristici tradizionali.




    Museo Atatürk
    , sono esposte le fotografie del leader fondatore della Repubblica
    e dei suoi oggetti di uso personale



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    Agorà, o mercato, nel quartiere di Namazgah, è stata costruita da Alessandro Magno. Quello che vediamo oggi è quanto ricostruito da Marco Aurelio dopo il terremoto del 178 d.C.

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    Kadifekale
    (castello)



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    Museo d'arte Selçuk Yaşar



    Museo di storia e arte
    Museo marittimo di İnciraltı
    Museo d'arte e scultura
    Museo di storia cittadina Ahmet Priştina
    Museo della storia commerciale di Izmir
    Casa museo di Latife Hanım
    Magione di Uşakizade
    Museo ferroviario di Izmir


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    Fortezza di Kadifekale


    L'antico quartiere di Alsancak (Punta), dalle case e stradine tradizionali, è chiuso al traffico. Le case restaurate sono state trasformate in caffè, bar e ristoranti.


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    Moschea Hisar (Hisar Camisi): è la più bella e la più grande moschea di Izmir. Costruita nel XVI secolo e restaurata nel XIX, conserva uno stupendo mimbar e mihrab di stile barocco. La moschea si trova nel quartiere di Kemeralti.


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    Parco Kültür: è in questo enorme parco che si svolge ogni anno la grande Fiera Internazionale. Le giostre, lo zoo ed i ristoranti offrono momenti di distrazione


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    Parco Adnan Saygun
    : ospita un museo all'aperto disseminato di antiche statue, un teatro, un anfiteatro, oltre a un insieme di giardini dove si può fare una piacevole passeggiata.

    Per lunghi anni, Izmir ha goduto la fama di essere una città cosmopolita ed un centro di cultura. Contribuendo a questo, il Centro Culturale di Izmir, organizza rappresentazioni di opere, balletti, concerti. Inoltre è stata qui fondata I'Orchestra Filarmonica dell'Egeo. Ogni anno la città si anima con l'apertura del Festival Internazionale di Izmir, che attira un gran numero di artisti turchi e stranieri, offrendo rappresentazioni un pò di tutto anche nei dintorni, incluso nel Teatro di Efeso.



    da Wikipedia.org - laturchia.biz

    foto:lavoroaistanbul.blogspot.com
    - webalice.it
    - howtoistanbul.com
    - azzurrait.blogspot.com
    - de.seshamo.com
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4 replies since 1/2/2012, 19:24   937 views
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