LA STORIA DELLA MODA

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  1. gheagabry
     
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    LE SCARPE NELL'IMPERO ROMANO

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    Già ai tempi degli Antichi Romani, non era solo l'abbigliamento a tradire l'appartenenza a un dato gruppo sociale. Anche le scarpe costituivano una spia importante della condizione sociale di chi le indossava. La maggior parte delle calzature romane era un adattamento di quelle già realizzate da Greci ed Etruschio e si caratterizzava per essere fissate alla caviglie. In linea generale, i principali tipi di scarpe portate dagli antichi Romani possono ridursi a tre: i sandali, i calcei e le caligae.

    I sandali solo in casa. I primi, detti in latino soleae o sandalia, derivavano direttamente dal mondo graco e consistevano in una semplice suola di cuoio fissata al piede da striscioline di cuoio che si facevano passare tra le dita. Lo spessore del sandalo variava anche il funzione delle condizioni climatiche e si ricorreva spesso a sandali rinforzati e imbottiti durante le stagioni più rigide. Altri sandali della tradizione greca, del tutto simili alle soleae, erano le crepidaeo, nelle varianti femminili, crepidulae. Lasciando scoperta la maggior parte del piede, i sandali erano, senza dubbio, calzature comode, ideali per stare in casa.


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    Non erano adatte alla vita sociale: il atto di indossarle in pubblico era ritenuto un esempio dell'influenza greca corruttrice e un simbolo di sconveniente informalità o la perdita di status, in quanto portare il collo del piede scoperto era una caratteristica degli schiavi. Le critiche non risparmiavano neppure personaggi famosi come il Generale Publio Cornelio Scipione (Scipione l'africano, 235-183 a.C.), o, il triunviro Marco Antonio (83-30 a.C.), che furono oggetto di biasimo, perché indossavano una tunica di stile greco (pallium) e calzavano crepidae.

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    Durante l'impero la moda dei sandali greci si diffuse ampiamente, l'imperatore Tiberio (42°.C. - 37 d.C.), suo nipote Germanico (15 a.C. - 19 d.C.) , che fu un valoroso generale , e l'imperatore Caligola (12-41 d.C), figlio di Germanico, si presentavano in pubblico con i sandali e così sono stati ritratti nelle sculture a loro dedicate.

    Vi era però una circostanza sociale in cui era richiesto l'uso del sandali: i banchetti privati. Prima di accedere alla sala da pranzo (triclinio), infatti, gli ospiti, aiutati dai servi, indossavano le loro soleae.

    Perciò l'espressione soleas poscere " chiedere i sandali assunse il significato di "prepararsi a partire".

    Un tipo particolare di sandalo era il solo alto, o coturno, provvisto di una zeppa e utilizzato dagli attori tragici.

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    La calzatura per eccellenza dei cittadini romani era il calceus. Simile ad un mocassino alto e chiuso, era realizzato in cuoio, privo di tacco e corredato di tomaio in morbida pelle che ricoprivano tutto il piede e anche la pianta. Bisogna infatti tenere presente che i Romani non usavano calza né calzamaglie, anche se i cittadini di rango più umile sicuramente si proteggevano dal freddo con indumenti di lana. I calcei si allacciavano per mezzo di stringhe di cuoio alle caviglie o alla gamba. Si trattava di calzature pesanti, piuttosto scomode ed anche costose, ma tutti i cittadini romani erano tenuti ad indossarle, insieme alla toga, ogni volta che uscivano da casa. Agli schiavi era assolutamente proibito calzare i calcei.

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    Esistevano più tipi di calceus, adatti alle varie categorie sociali. Il calceus patricius, proprio dei patrizi, era di pelle colorata originariamente in rosso, poi anche in marrone. Aveva la suola spessa ed era legato con quattro strisce di cuoio (corrigiae), che partivano dalla suola, arrivavano al polpaccio e si allacciavano sul collo del piede. I calcei praticii erano chiusi da una lingua di pelle, talvolta arricchita da una fibbia d'avorio o d'argento o mezzaluna (lunula. Questo ornamento indicava in origine l'appartenenza a famiglie di antico lignaggio, ma in età imperiale perse significato e fu usato per impreziosire i calcei più eleganti. Secondo una testimonianza del''epoca bizantina, i consoli portavano calcei di colore bianco. Il poeta Marziale (circa 40-104 d.C.), in uno dei suo epigrammi, schernisce un console, che si preoccupava più della pulizia delle scarpe che di quella della toga. "La tua toga è più lurida del fango i tuoi calzari più immacolati della neve, Cinna: perché dunque, sciocco, nascondi i piedi lasciandoli cadere su il mantello?".

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    Oltre al cacei patricidi esistevano i calcei senatorii, calzati dal senatori. A patte il colore nero (nigris pellibus) non si differenziavano molto da quelli patrizi.

    Un editto di Diocleziano del 301, con calmiere dei prezzi, fissò il costo dei vari calcei: 150 denari ai patricidi e 100 ai senatorii. Vi erano poi anche dei calcei mullei, riservati alle personalità più in vista dello Stato, i particolar modo all'imperatore. Erano di color porpora e dovevano il nome e la tonalità rossa, che ricordava quella della triglie (mullus). I calcei ripandii, invece, eramo scarpe di tradizione etrusca con la punta rialzata e leggermente arrotolata.

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    CALZATURE PLEBEE

    Anche i romani meno abbienti indossavano i calcei , ma di tipo rozzo ed economico. Una delle versioni più semplici e robuste utilizzata dalla plebe era il cosiddetto "pero", una scarpa senza tacco, di pelle non conciata, che avvolgeva il piede e copriva la caviglia lasciando libera la gamba, a differenza dei calcei di lusso dei cittadini benestanti. In genere , i più poveri e gli schiavi indossavano vecchie scarpe rammendate. Il poeta Giovanale , per esempio, in una delle sue satire descrive un pover'uomo che porta " un mantello sudicio e strappato, una toga consumata, scarpe rotte, con un filo che si scopre in più di un rammendo".

    Marziale dedica invece un epigramma a un militare equestre, che da una posizione di agio e ricchezza era sprofondato in povertà: " Dopo che accadde la tua toga è molto più sporca, il tuo mantello è più brutto, le tue scarpe di cuoio rammendate tre o quattro volte" I contadini e gli schiavi indossavano anche zoccoli con suole di sughero o legno, chiamati "sculponeae, dal verbo sculpere, "intagliare il legno:


    CALIGAE PER LEGIONARI

    Le caligae erano scarpe usate dai soldati, che per questo venivano chiamati anche calegati. Si trattava di calzatire di cuoio, dotate di lacci robusti che arrivavano alle caviglie. Per renderle più resistenti, si inserivano nella suola un centinaio di chiodini di ferro o di rame: esperimenti moderni hanno dimostrato che il questo modo le caligae potevano sopportare fino a 1000 km di marcia. Non di rado poi le caligae chiodate potevano servireanche per colpire a morte i nemici. Per la stessa ragione, portare questo tipo di calzature in città poteva causare spiacevoli incidenti. Giovenale, nelle satire, scrive a proposito di una strada romana: "gli stinchi in un mare di fango, da ogni parte, da ogni parte mi calpestano suole enormie il chiodo di un soldato mi si conficca nell'alluce" Non con tutti si poteva correre questo rischio: lo scrittore Sventolio informa infatti che le guardie del corpo dell'imperatore, i pretoriani, portavano "caligae speculatores", prive di chidi, molto più leggere e silenziose.
    (Miguel Angel Novello Lopez - Università di Trieste)





    LE SCARPE FEMMINILI: MORBIDE, DECORATE E SEDUCENTI

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    A casa, le donne di solito indossavano il "soccus", un tipo di scarpa molto decorata che assomigliava ad una pantofola. Rispetto a quella maschile, le scarpe femminili, quasi sempre senza tacco, si distinguevano per l'utilizzo di un cuoio più morbido e per scelta dei colori:il bianco o tinte vivaci come il giallo (ottenuto dallo zafferano), il blu e il verde.

    Le donne aristocratiche indossavano scarpe decorate con perle e fili d'oro e d'argento. Nel caso di viaggi fuori città utilizzavano invece calzature che coprivano la gamba fin sopra la caviglia, più adatte ai terreni accidentati delle strade di campagna. Nell'"arte di amare", il poeta Ovidio afferma che le donne dell'aristocrazia romane attribuivano grande sensualità alle scarpe strette e fascianti. Esisteva anche la versione femminile delle caligae, le caligae muliebres, più eleganti e senza chidini nella suola. Da un editto dell'imperatore Diocleziano del 301, aprrendiamo che il prezzo di queste era fissato a 60 denari.

    (Da "Storica" dicembre 2012)



    Edited by gheagabry1 - 6/12/2019, 16:55
     
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