PERSONAGGI, INVESTIGATORI NELLA LETTURATURA e NEL CINEMA

S.HOLMES, POIROT ...e 007

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  1. gheagabry
     
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    Il Commissario MONTALBANO


    La figura di Salvo Montalbano risulta chiaramente connotata: è nato nel 1950 (aveva 18 anni nel '68), quindi ha ormai superato i cinquant’anni; è originario di Catania, ha iniziato la carriera poco dopo i trent'anni e, prima di divenire commissario a Vigàta, in provincia di Montelusa, è stato sballottato da un paese ad un altro come un commesso viaggiatore.
    Camilleri non ci dà mai una descrizione fisica del suo commissario; la madre del commissario è morta quando lui era “picciliddro”: l'unico ricordo che egli ha della madre è la luce dorata riflessa dai capelli di lei. I "casi" su cui indaga Montalbano, tutti relativi a eventi delittuosi o strani, trovano sempre una logica soluzione grazie all'intuito del commissario e alla sua sensibilità di uomo, forse più che di investigatore. È proprio questa autenticità del personaggio, che non viene mai presentato come un supereroe o un genio dalle sovrumane doti intellettuali, che lo caratterizza e lo rende così familiare. Come Maigret sulle sponde della Senna, o in qualche paese di provincia della Francia profonda, anche Montalbano in genere non si trova, nella sua Vigàta, alle prese con devastanti problemi di ordine pubblico o con eclatanti vicende di mafia (e dire che siamo in Sicilia); bensì con omicidi "semplici", che però evidenziano un'idea drammatica della vita; sono storie private di banditi di provincia, strazianti vicende umane e personali di gente piccola, travolta dalle cose. Ciò non toglie che Camilleri inserisca nei romanzi di Montalbano le allusioni ai temi più attuali e scottanti del mondo di oggi: l'immigrazione clandestina, il traffico di organi, la nuova mafia, la speculazione edilizia, ecc. Come si legge nella Premessa editoriale a Gli arancini di Montalbano, "Montalbano si imbatte nei crimini e nei criminali più eterogenei e strani: vecchie coppie di attori che recitano, nel segreto della camera da letto, un funereo copione; insospettabili presidi in pensione che raggirano generose prostitute; incolpevoli padri di mafiosi trasformati in implacabili giustizieri; mogli astutamente fedeli che ordiscono crudeli vendette ai danni dei loro tronfi mariti; meticolosi raccoglitori di immondizia che custodiscono il mistero di traffici di droga; contadini abbrutiti e violenti con cellulari che finiscono per tradirli; giudici in ritiro angosciati dal pensiero di non aver agito secondo verità". Il commissario che scioglie l'enigma sa perfettamente che la soluzione non migliorerà il mondo: è solo un piccolo contributo alla verità. Ne esce un'immagine dolorosa e disincantata di quell'emblema del mondo che può essere una cittadina della Sicilia, indagata da un investigatore che non è, come i detective classici, l'eroe a cui la società ha delegato la giustizia, ma piuttosto, come in Simenon, un uomo con le sue pene e le sue malinconie, nonostante tutto proteso verso una sua idea di moralità o di redenzione.

    Salvo Montalbano è uno “sbirro” nato, dal fiuto infallibile, pronto a cogliere nei dettagli ciò che non “quatra”, che non lo convince, e a formulare invece l’ipotesi vincente:

    "in questo consisteva il suo privilegio e la sua maledizione di sbirro nato: cogliere, a pelle, a vento, a naso, l'anomalia, il dettaglio macari impercettibile che non quatrava con l'insieme, lo sfaglio minimo rispetto all'ordine consueto e prevedibile" (Un mese con Montalbano, p. 339).


    Il commissario preferisce condurre le indagini da solo:

    “mi sono addunato, col tempo, d’essere una specie di cacciatore solitario..., perché mi piace cacciare con gli altri ma voglio essere solo a organizzare la caccia. Questa è la condizione indispensabile perché il mio ciriveddro giri nel verso giusto. Un’ osservazione intelligente, fatta da un altro, m’avvilisce, mi smonta magari per una jurnata intera, ed è capace che io non arrinescio più a seguire il filo dei miei ragionamenti” (Il cane di terracotta, p. 135).


    É un "abile scrutatore delle espressioni dei volti, attento al tono della voce e ai gesti dell'interlocutore, maestro nel decriptare il linguaggio non verbale tipico dei siciliani e le frasi che nascondono riposti significati... Non esita a sostenere di fronte a stupiti e sorridenti interlocutori che l' "occhio clinico" rappresenta la qualità più importante per uno sbirro":

    "Con 'occhio clinico' aveva voluto intendere proprio la capacità dei medici di una volta di rendersi conto, a colpo d'occhio appunto, se un paziente era malato o no. Senza bisogno, come oggi fanno tanti medici, di sottoporre uno a cento esami diversi prima di stabilire che quello è sano come un pesce" (La revisione, in Gli arancini di Montalbano, p. 247).


    Montalbano, come ha detto esplicitamente lo stesso Camilleri, somiglia molto al Maigret di Simenon; in effetti "sia Maigret che Montalbano preferiscono lavorare da soli anche se all'interno dell'istituzione, apprezzano il loro mestiere, ma con sufficiente disincanto. Talora ricorrono a metodi non proprio ortodossi che li mettono persino in contrasto con le autorità, ma sono rispettati e ammirati dai loro subalterni che ne sopportano le piccole manie e non ne discutono gli ordini, per quanto a volte apparentemente stravaganti. Li unisce poi la simpatia che talvolta provano per i loro avversari o addirittura la pietà per la sorte di alcuni... E in comune hanno anche la rabbia, l'impotenza di non poter cambiare la società nella quale vivono, di non poter 'fare l'aggiustatore di destini' ". Montalbano non risolve i casi razionalmente, alla Sherlock Holmes, ma arriva alla verità tramite intuizioni fulminanti, vere e proprie folgorazioni improvvise. Ne Il giro di boa, la gioia per un'intuizione è tale che il commissario addirittura emette un nitrito:

    Di scatto Montalbano si susì, ittò la testa narrè e nitrì. Un nitrito piuttosto forte, in tutto simile a quello che fa un cavallo... Tutto gli era addivintato chiaro, le parallele avevano finito per convergere (Il giro di boa, p. 212).


    Però l'intuito di Montalbano si intreccia anche alla riflessione, legata ad alcuni luoghi ben precisi.

    L'idea di scrivere un giallo nacque in Camilleri fra il 1992 e il 1993:

    "La nascita del commissario Montalbano è del tutto casuale...Feci una scommessa con me stesso: 'Ma tu sei capace di scrivere un romanzo dalla A alla Z come Dio comanda... trecento pagine o quelle che sono, e poi la fine?' Allora cominciai a ragionare su che cosa potesse aiutarmi, a ricercare una gabbia. Ricordavo che Sciascia aveva scritto: 'Il romanzo giallo in fondo è la migliore gabbia dentro alla quale uno scrittore possa mettersi, perché ci sono delle regole, per esempio che non puoi barare sul rapporto logico, temporale, spaziale del racconto'. Sicché mi sono provato a scrivere un romanzo giallo - La forma dell'acqua - come una sorta di pensum, di compito che mi ero dato, perché avevo tra le mani Il birraio di Preston del quale non riuscivo a calibrare la struttura. Sono sempre stato un grande lettore di gialli. Il mio primo Simenon l'ho letto che avevo sette anni e mezzo. Contemporaneamente, la lettura di un romanzo di Vazquez Montálban Il pianista - che non ha nulla a che fare con i suoi Pepe Carvalho - mi aveva suggerito una strada possibile per strutturare Il birraio di Preston. Io rimasi grato a questo autore spagnolo che non conoscevo e decisi di chiamare il commissario, del quale stavo scrivendo questa prima avventura, Montalbano, che è anche un cognome siciliano diffusissimo. Così pigliavo due piccioni con una fava: pagavo un certo debito a Montálban e nello stesso tempo davo un nome siciliano preciso a questo commissario. Scrissi La forma dell'acqua: venne pubblicato, ebbe successo... ".
    La scelta del nome del commissario rappresenta dunque un omaggio nei confronti dello scrittore Manuel Vazquez Montalban, di cui Camilleri è poi diventato amico. Però, "nonostante Montalbano (nel Cane di terracotta e ne La gita a Tindari) si presenti come un affezionato lettore dei romanzi che hanno come protagonista l'investigatore privato Pepe Carvalho, i due personaggi appaiono diversi, anche in quegli aspetti del carattere che sembrerebbero accomunarli, primo fra tutti la passione per la buona cucina. Montalbano, che non cucina, ama i piatti tipici della sua terra, dalla pasta 'ncasciata alle triglie di scoglio, preparati con cura ma anche con semplicità; Carvalho, raffinato cuoco conoscitore dei trucchi del mestiere ed impeccabile intenditore di vini, apprezza piatti raffinatissimi, preparati con una maniacale attenzione alle dosi e agli intrecci di sapori e gustati con sensualità".

    (vigàra.it)
     
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7 replies since 18/12/2011, 09:33   2327 views
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