Ben Johnson

ex velocista

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  1. gheagabry
     
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    Da semidio a baro, i 50 anni di Ben Johnson.
    ''Quando avrò 50 anni vorrei essere diventato una leggenda". Riletta a fine 2011 la frase detta da Ben Johnson durante Roma 1987 (la seconda edizione dei Mondiali) assume un sapore amaro ma anche un po' comico. In effetti Benjamin Sinclair Johnson, il ragazzo giamaicano trapiantato a Toronto, timido per via della balbuzie, viene ancora ricordato da tutti, ma come simbolo dell'atleta che bara, non certo per le sue vittorie ed i suoi sprint. Adesso, il 30 dicembre, 'Big Ben' compie davvero 50 anni, ma i suoi successi sono stati tutti cancellati dal doping, quello stanozolol che lo aveva gonfiato a dismisura ma che per il 'finto' olimpionico scappato notte tempo da Seul gli era stato sciolto in un bicchiere "per via di un complotto degli americani. "Con il fatto che battevo sempre Carl Lewis - disse il canadese - erano diventati paranoici nei miei confronti, e avrebbero potuto uccidermi". Per sua fortuna Johnson è ancora vivo e vegeto, ed ora taglia il filo di lana del mezzo secolo.
    Quella brutta storia non gli va ancora giù, dopo il 1988 ci ricadde anche nel 1993 ed allora fu la fine. Però ha scoperto che non è stata tutta colpa sua o degli americani: Charlie Francis e il dottor Jamie Astaphan, ovvero il coach canadese e il medico che lo portarono in laboratorio, furono i veri responsabili. Erano loro che lo facevano allenare come un matto per 40 ore alla settimana, "e nessun atleta sarebbe potuto sopravvivere senza un aiuto, perché ad un certo punto è il tuo corpo che ti dice di smettere - spiegò un giorno un 'Big Ben' particolarmente sincero - . E' vero che gli steroidi ti consentono di recuperare più in fretta, così puoi allenarti di più, ma è sbagliato pensare che siano di per sé cattivi: la cocaina e l'eroina lo sono, perché uccidono la gente. Gli steroidi no, se vengono presi sotto controllo". Ancora adesso si chiede perché altri presunti campioni dello sprint, come Linford Christie e Calvin Smith, non siano stati anche loro privati delle medaglie quando è venuto fuori che si erano aiutati. La parte del baro, e del cattivo di turno, è toccata soltanto a lui, "che dovevo farlo per tenere il passo di chi si aiutava come me". E pensare che nel pezzo scritto subito dopo la finale dei 100 dei Giochi di Seul vinta con lo strabiliante tempo di 9"79 il grande Gianni Brera lo definì "l'ultima incarnazione di Ercole semidio" ed anche "un superuomo che forse non appartiene alla nostra specie". Quest'ultima definizione è tornata di moda venti anni dopo, ed é tuttora attuale, per un altro giamaicano, stavolta non emigrato in Nordamerica, quell'Usain Bolt che fisicamente è quanto di più diverso ci possa essere dal palestrato e 'compresso' Ben Johnson. Lui sì che è un vero Lampo, almeno fino a prova contraria. Quanto a Ben Johnson ne ha passate di tutti i colori, è finito a fare il 'personal coach' di Diego Maradona prima e di Saadi Al-Gheddafi poi, e ad un certo punto ha creduto di poter diventare preparatore atletico della Libia, intesa come nazionale di calcio. Ha vissuto a Pozzuoli e poi è tornato a Toronto, per stare con la figlia Makela ed una nipotina, Jeneil, che adesso ha tre anni e mezzo. Nonno le racconta le favole, ma non la sua, quella di 'Big Ben', perché gli riuscirebbe difficile inventare un lieto fine.[/color]

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1 replies since 19/11/2011, 17:34   1086 views
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