IL PRESEPE

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  1. falcon581
     
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    Presepe Napoletano – O’ Presebbio



    Per tanti napoletani si rinnova, anno dopo anno, l'appuntamento col Presepe.
    La passeggiata tra le bancarelle di S. Gregorio Armeno e la riscoperta del presepe d'arte a S. Martino, innanzitutto, dove nell'imponente struttura del Cuciniello rivive il tono festoso e spettacolare delle scene di vita quotidiana popolaresca e l'Oriente di favola, così che il nome della collezione diventa fuori di Napoli l'emblema stesso del genere, ed ancora nella Reggia di Caserta, con i pastori di provenienza borbonica, a Capodimonte, dove è esposta una raffinata Adorazione degli Angeli, nel Correale di Sorrento; non è molto tuttavia il materiale che oggi si ammira negli allestimenti dei nostri musei - tra l'altro recenti per le diverse e non sempre fortunate vicissitudini delle raccolte antiche - comparato con la straordinaria esplosione del fenomeno presepiale nella sua stagione più felice, che dura fino al primo quarto dell'Ottocento.

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    1) Ignoto napoletano sec. XVIII, Pastorello, Napoli, collezione privata



    La generale predilezione verso questa particolarissima forma d'arte, con qualche rara e snobistica eccezione, è di antica data.
    Costituisce infatti un punto sul quale concordano le annotazioni di viaggio degli scettici, curiosi, o divertiti protagonisti stranieri che scelsero Napoli come meta privilegiata del Grand Tour.

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    2) AA.VV., Presepe Cuciniello, Napoli, Museo di San Martino



    Forse la spiegazione sta nel fatto che nella connotazione tradizionale il Presepe riflette in modo immediato e tangibile lo spirito di una epoca, quella della Napoli sette e primo ottocentesca, con i suoi splendori esibiti ed i suoi sogni, con la resa minuziosa ed attenta dei caratteri e dei mestieri della plebe del contado e delle province dell'antico Regno in un atmosfera idillica e spensierata, dove la realtà è colta con occhio sorridente e bonario.

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    3) Salvatore Franco (attr.), Pastore dormiente, Napoli, collezione privata



    E non vi è dubbio che ancora oggi la tradizione artistica del Presepe sia tra le più care ai napoletani, ricca com'è di implicazioni culturali e di costume, ma anche sentimentali che attingono alla storia personale di ognuno, al di là dell'occasione celebrativa annuale, così che appare davvero che ci sia una familiarità tra la gente ed il presepe dovuta anche, in parte, al lessico presepiale che è parte della nostra lingua, ormai, e che è stato ampiamente reso noto da altre forme di espressione artistica, più o meno popolari, e in primo luogo dal teatro.

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    4) Giuseppe Sanmartino (attr.), Re moro, Napoli, collezione privata



    La letteratura artistica sul presepe è piuttosto ampia, e negli ultimi decenni si è arricchita di contributi che hanno gettato le basi per uno studio condotto con metodo scientifico e rigore filologico sottraendo il mondo presepiale a quel limbo tra artigianato e folclore in cui lo avevano confinato tante pagine di letteratura aneddotica e di costume, per individuarne i nessi con le arti maggiori, con il teatro in primo luogo, e con il gusto e la sensibilità culturale di chi allestiva in proprio o si faceva montare un presepe da un regista specializzato.

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    5) Ignoto napoletano sec. XVIII, Georgiana, Napoli, collezione privata



    Ma certo queste pubblicazioni, più o meno recenti, parlano del gruppo ristretto degli studiosi e degli specialisti del settore: l'approccio con testi più divulgativi, ma di seria impostazione è penalizzato dalla diffusione non adeguata di questi ultimi, per cui, alla fine, la maggior circolazione di notizie sul presepe è affidata ancora alle posizioni critiche superate ed alla dipendenza totale dalle fonti da parte degli estimatori e dei dilettanti appassionati di oggi, con un bagaglio di conoscenze più legato, semmai, alla storia delle tradizioni locali.

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    6) AA.VV., Presepe Cuciniello, Napoli, Museo di San Martino



    Orientarsi nel microcosmo presepiale dunque non è impresa facile, si rischia di fraintenderne completamente l'evoluzione storica e la valenza estetica, anche se accostarsi a questo settore arricchisce continuamente di nuovi stimoli.

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    7) AA.VV., Gruppo di pastori con pecore e capre, Napoli, collezione privata



    Queste sono le considerazioni che ci hanno fatto mettere al lavoro. I testi sono da leggere come strumenti di supporto ad una comprensione più generale del fenomeno, in cui verranno affrontati i momenti salienti di un genere artistico fortunato, verso il quale, come abbiamo visto, l'interesse dei cultori e dei semplici appassionati non si è mai sopito, vista anche l'attenzione rivoltagli dai mezzi di' informazione, perlomeno durante il periodo natalizio. Tratteremo quindi dell'evoluzione delle forme di rappresentazione plastica della Nascita, del mutamento dei significati simbolici del presepe nell'arco del tempo, della tecnica costruttiva, delle scenografie, del valore dei costumi come testimonianza etnografica, delle minuterie, degli autori, delle raccolte nelle nostre collezioni pubbliche.

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    8) Salvatore Franco (attr.), Georgiano,
    Napoli, collezione privata



    A questi testi si affiancano le schede: una collezione di belle immagini tratte da esemplari museali o di collezioni private, che saranno corredate da un breve testo in cui si illustreranno i personaggi e le scene fondamentali del racconto evangelico, con le varie amplificazioni narrative dell'età barocca che in una prospettiva di continuità della tradizione costituiscono ancor oggi una fonte d'ispirazione per gli artigiani di S. Gregorio Armeno. Schede storico artistiche, da consultare o da leggere tutte insieme come una storia, visto che si tratta effettivamente di ripercorrere le tappe di un pezzo di storia partenopea, che al di là di facili apprezzamenti o di giudizi riduttivi a priori fa parte della nostra specificità culturale.

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    9) Ignoto napoletano sec. XVIII, Giovane zingara,
    Napoli, Museo di San Martino







    Il Presepe Antico



    Il momento storico in cui si inizia a definire il presepe come articolata rappresentazione plastica della Natività si colloca nel secondo Quattrocento.
    Risale al 1478 il presepe dei fratelli Pietro e Giovanni Alemanno (o Alamanno) per la chiesa di San Giovanni a Carbonara.

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    10) Pietro e Giovanni Alamanno, Sibille, fine sec. XVI,
    Napoli, Museo di San Martino



    Di questo presepe restano diciannove figure lignee grandi quasi al naturale, policrome.
    Sono immagini solenni, nella ricchezza della laminatura d'oro degli abiti, che invitano ad una religiosità raccolta; figure essenziali, prive di elementi accessori che possano distrarre dalla concentrazione sull'evento sacro che si sta svolgendo.
    Queste le sensazioni comunicate anche dagli altri presepi coevi per le chiese di S. Eligio e dell'Annunziata, e da quelli di poco successivi, in particolare da quello di Giovanni Merliano da Nola (Giovanni da Nola) per il presepe del Sannazaro nella chiesa di S. Maria del Parto.

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    11) Giovanni Merliano (da Nola): San Giuseppe, Madonna e due pastori, sec. XVI,
    Napoli, Museo di San Martino




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    12) Giovanni Merliano (da Nola): San Giuseppe, Madonna e due pastori, sec. XVI,
    Napoli, Museo di San Martino



    Nel corso del Cinquecento compaiono dei mutamenti; qualche timido accenno al paesaggio, e i cani, le pecore, le capre, oltre all'asino e al bue da sempre affiancati alla sacra famiglia.
    Del 1532 è la notizia di un presepe con figure i terracotta di minori dimensioni, dipinte ad olio, tranne la Vergine e S. Giuseppe a cui erano riservate le dorature.
    Il committente, un nobile sorrentino, Matteo Mastrogiudice, si affida allo scultore Domenico Impicciati, artista noto a quei tempi ma di cui non è sopravvissuta alcuna opera, e vuole essere ritratto tra i pastori, col medesimo intento religioso dei donatori che si facevano ritrarre nelle tavole dipinte di soggetto sacro, o nei ratabli marmorei coevi.

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    13) Giovanni Merliano (da Nola): San Giuseppe, Madonna e due pastori, sec. XVI,
    Napoli, Museo di San Martino



    Questo presepe segue la struttura compositiva che si ritrova in tutta l'area meridionale: in basso la grotta con angeli e pastori, e in un piano superiore il sacro monte con i pastori, le greggi e qualche angelo in volo, e di lontano il corteo dei Magi.

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    14) Giovanni Merliano (da Nola): San Giuseppe, Madonna e due pastori, sec. XVI,
    Napoli, Museo di San Martino



    Per tutto il XII secolo convivranno figure lignee policrome a grandezza naturale e statuine in terracotta, ma di dimensioni più contenute rispetto a quelle quattrocentesche, poco più di tre palmi.
    Nel secolo successivo si comincia a delineare la specializzazione dell'artefice di pastori, come testimonia l'attività dei Perrone: Michele, nato nel 1633 e attivo per una sessantina d'anni, uno scultore in legno menzionato anche dal de Dominici, il biografo settecentesco degli artisti napoletani che scrive di lui "... fece bensì buoni pastori da presepio, alli quali era da un particolare genio inclinato"; Aniello, "scultore anche migliore" (IV, p. 121) e Donato, di cui le fonti non parlano ma che fu, con Michele, l'autore del presepe del Viceré conte di Castrillo, il quale commissionò ai due fratelli il suo presepe nel 1658, il più ricco finora tramandatoci, di 112 elementi, portato probabilmente l'anno successivo in Spagna, dove gli artisti acquistarono in breve fama e commissioni, sia di sculture che di presepi. Se i personaggi del presepe del Viceré sono "d'escultura, di ridotte dimensioni" dunque ancora in legno, nella seconda parte del secolo si faranno strada altre innovazioni: pastori in cartapesta, di misura terzina, rivestiti, ma soprattutto manichini lignei con arti snodabili e vestiti di stoffa (e tale sarà la tendenza seguita dagli scultori in legno come i Perrone, autori di un presepe a S. Brigida di cui resta qualche esemplare, il Patalano, i Di Nardo), che costituiscono il vero punto di congiunzione con la figurina settecentesca.

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    15) Antonio Rossellino (1475 ca.), Presepe - Napoli, Chiesa di Monteoliveto



    Le teste sono ancora in legno, dunque, ma appaiono articolabili in base al tipo di innesto sul manichino e le figure femminili sono calve per poter indossare parrucche differenti secondo il ruolo recitato. Si va incontro all'impostazione teatrale tipica del barocco, che esploderà come caratteristica preminente nel Settecento, anche se tutte queste tendenze convivranno le une accanto alle altre, o il secolo.
    Un importante presepe con per tutti i manichini in legno rivestiti e teste in tela plastica è quello di S. Maria in Portico, del quale sono superstiti alcune figure, poi rinnovate secondo criteri settecenteschi dallo scultore Giacomo Colombo.

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    16) Giacomo Colombo, Foritanella e Giovin Signore, fine sec. XVII,
    Napoli, Chiesa di Santa Maria in Portico



    Specialista in questo genere di lavori fu lo scultore Pietro Ceraso a cui fu affidato l'unico presepe tardo seicentesco documentato: quello delle monache di S. Chiara, del 1684, con figure di diversa grandezza, in modo da essere collocate su piani sfalsati e dare così il senso della profondità spaziale, specialmente nel cammino dei pastori verso la grotta. E' un tentativo di illusionismo prospettico, perfezionatosi poi in seguito con la creazione di appositi pastori "per lontano". Tale presepe, del quale abbiamo una foritana superstite, venne rimodernato alcuni decenni più tardi, quando già le figure di primo piano alte poco più di 90 cm. (due palmi e mezzo) dovevano apparire troppo statiche e antiquate. Vennero così realizzate in un ampio fondale scenico più di cento figure, di dimensioni decisamente ridotte, ad animare un affresco sui mestieri e gli svaghi del popolo partenopeo. I presepi di chiesa erano generalmente disposti in tre sequenze corrispondenti ad altrettante cappelle:
    nell'anfratto roccioso il Mistero della Natività;
    sulla destra i pastori che hanno ricevuto l'Annuncio dall'angelo e si incamminano verso la grotta,
    e a sinistra il Diversorium di memoria evangelica: la taverna.







    Il Settecento - La Costruzione del Pastore



    Emblematica della nuova concezione del presepe nella sua stagione più felice sarà la mutata struttura del pastore, diventato a tutti gli effetti un personaggio da plasmare secondo le direttive del "regista", in base al ruolo in cui dovrà figurare.

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    26) Ignoto napoletano, seconda metà sec. XVIII,
    Un pastore, Napoli, Museo di San Martino



    quest'esigenza di carattere teatrale si presta il nuovo manichino, di dimensioni ridotte rispetto agli esemplari che avevano animato i presepi precedenti.
    Viene scelta la "misura terzina" (35-40 cm) adatta a sfruttare tutte le possibilità di movimento della figurina che ora si può articolare libera e sciolta nello spazio circostante, sottolineando con gli atteggiamenti più naturali la marcata espressività dei volti e le caratteristiche dell'abbigliamento.
    Il corpo del pastore è infatti in stoppa (cascami di canapa) ed un'anima interna di fil di ferro ne assicura l'articolazione; gli arti restano in legno.

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    27) Radiografia di un pastore settecentesco,
    Napoli, collezione privata



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    29) Ignoto Napoletano seconda metà sec. XVIII,
    Giovane Rustico, Napoli. Collezione Privata



    Per il modellato della testina si usa la terracotta policromata; per gli occhi si perfeziona la tecnica del vetrino dipinto, già visibile nella produzione pre-settecentesca. La testa e la relativa "pettiglia" (la parte iniziale del busto) vengono fissate al manichino di stoppa attraverso semplici giri di spago (vedi fig. 29).

    Il modellato e la coloritura della testina sono i procedimenti più delicati, quelli che imprimono una determinata fisionomia, e sono le parti di interesse scultoreo vero e proprio.
    Appaiono dunque le uniche nella "confezione" del pastore di pertinenza di uno scultore, almeno per quanto riguarda gli esemplari che per il loro livello qualitativo si configurano come prototipi.

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    30) Francesco Viva, Testa maschile, f. e d. 1757,
    Napoli, collezione privata



    La descrizione delle varie fasi di lavorazione ci permette di seguire da vicino, in una bella pagina del Morazzoni, i passaggi che portano alla nascita di una testina di pastore con tutte le tecniche e gli accorgimenti che ne fanno un prodotto perfettamente compiuto, impreziosito da quella celebre patina oggi così difficile da imitare:
    "Nell'argilla dunque rapidamente colla stecca vien plasmata la testa ed il busto, che, sottoposti alla prova del fuoco, sono tolti dalla fornace con una bella tinta arrossata caratteristica alle terrecotte.
    I piccoli difetti di cottura facilmente riparano pochi colpi di finissima carta vetrata, di modo che la superficie da dipingere sia piana e perfettamente liscia.

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    31) Genzano, sigi. DPC, Testa femminile
    Napoli, collezione privata



    La testa viene allora immersa in leggerissima soluzione di acqua gommata e in seguito l'uniforme tinta della terracotta si fa scomparire sotto una duplice mano di colore ad olio il colore naturalmente varia di tonalità a secondo del sesso e del carattere che la figura deve rappresentare...
    Per la Vergine, gli Angeli, le georgiane predomina il rosa pallidissimo con belle velature celesti, mentre assai più calda è la carnagione del Bambino; l'ocra, il rosso, la terra gialla bruciata serviranno per l'epidermide abbronzata dal sole dei pastori e dei contadini, e attraverso a numerose gradazioni, si arriverà al nero dei Mori.

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    32) Francesco Viva, Contadino caprese con pettiglia



    Sottilissimo pennello tinto di bistro segnerà le ciglia; le labbra e le guance saran ravvivate dal cinabro sapientemente sfumato sulle gote Per la densità del colore, il pennello ha lasciato tracce visibili, che scompaiono per la paziente e delicata cura dell'artista; il quale prima che il colore sia completamente asciutto passa e ripassa un pennello bagnato d'acqua sulla superficie dipinta, sino a che questa non appaia perfettamente liscia; attende che si asciughi e finalmente strofina leggermente con pannolino, e ne ottiene il lucido..."
    Un altro artefice fissava la testina al busto, e vi applicava gli arti (a loro volta opera di specialisti). Soltanto a questo punto si passava a rivestire il pastore.

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    28) Giovan Battista Polidoro (attr ), Orientale,
    Napoli, Museo di San Martino



    Nella produzione corrente, invece, spesso la "maschera" fisionomica era riprodotta, attraverso calchi di gesso dai prototipi di successo; ancora nell'Ottocento avanzato, infatti, si ritrovano i "tipi" che ebbero fortuna nell'età precedente.

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    34) Giuseppe Sarireartino (atir.), Giovane donna in seta,
    Napoli, collezione privata



    In tali casi la fattura del pastore era demandata ad una struttura artigianale organizzata su base familiare, con le donne che cucivano i vestitini, per cui la figurina usciva dalla bottega del pastoraro per essere acquistata completa di tutti i suoi accessori.

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    33) Ignoto napoletano sec. XVIII, Paggi orientali. Napoli, collezione privata









    La Scena



    La letteratura artistica sul presepe accenna ripetutamente ad un pubblico vasto ed eterogeneo, incantato dalla grandiosità degli allestimenti, divertito dalla presenza di tipi grotteschi, deformi, abnormi, abbagliato dalla profusione degli ori delle Georgiane e dalle suppellettili in filigrana o in argento sbalzato del Tesoro dei mori.

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    35) AA.VV., Presepe Cuciniello, Napoli, Museo di San Martino



    Sono tutte sensazioni che ancora possono essere trasmesse dai nuclei presepiali di grandi dimensioni giunti fino a noi, nei quali la forza dell'impatto visivo è affidata in gran parte alla coralità della rappresentazione; anche se ci sfugge l'elemento a cui era dovuta gran parte del fascino del presepe settecentesco: la scenografia.

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    36) AA.VV., Scena della Natività con Orientali, Caserta, Reggia



    Certo, diverse raccolte sia pubbliche che private hanno riproposto soluzioni sceniche ammirevoli, elaborate su basi filologicamente corrette; a volte sono stati inseriti fondali antichi dipinti, sempre sono stati impiegati materiali tradizionali come legno, sughero, cartapesta, colori a tempera, per dar vita alla costruzione del masso presepiale, lo scoglio, con i pastori collocati lungo le pendici dei monti, negli anfratti rocciosi, nei casolari diruti.

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    38) AA.VV., Annuncio, Caserta, Reggia



    Ma le notizie sulle antiche scenografie presepiali sono affidate più che altro alle tracce documentarie, al ricordo tramandatoci dalle fonti, data la deperibilità e la possibilità di reimpiego di tali soluzioni plastico architettoniche. Si trattava di invenzioni ingegnose, in cui le tecniche usate erano desunte dalle "macchine" festive per le celebrazioni ecclesiastiche.
    Simili raffinate costruzioni vennero usate in tempi ancora molto precoci: già nel Natale del 1707 il primo viceré austriaco in città si recò ad ammirare il presepe montato nella propria casa dall'architetto Giovan Battista Nauclerio in cui la tecnica di illuminazione simulava lo scorrere delle ore del giorno.

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    39) AA.VV., Macelleria, Napoli, collezione privata



    Erano tanti i presepi che suscitavano "meraviglia", come nel caso dei "mercanti di seta fratelli Ruggiero (che) facevano ogni anno costruire nella loro casa a Seggio di Porto un presepe che incantava colla visione prospettica e lontananza colla copia ed eccellenza delle figure scolpite e modellate da' più celebri professori, con la ricchezza dé vestimenti, cò pezzi di antica architettura che talora v'inserivano, o con campagne sparse di rari edifici rurali e di rapi, e con minutezze naturali ed artificiali di ogni specie per accreditare per tutte le vie l'imitazione. Finché questo splendido presepe proseguì annualmente ad edificarsi fu regolato dal pittore Nicola Fazio"

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    40) AA.VV., Osteria di campagna, Caserta, Reggia



    Nella Gazzetta di Napoli del 1734 viene ricordato l'architetto Desiderio de Bonis come il responsabile del presepe, e fu lui che condusse insieme ai proprietari la viceregina in visita al celebre presepe del principe di Ischitella.
    Nel palazzo di Pontecorvo l'architetto aveva sistemato i vari gruppi in un successione continua, a formare un racconto che si articolava lungo le stanze, le cui finestre convergevano nel cortile.
    Quest'ultimo elemento viene riproposto nell'arco del secolo: la scenografia che continua e va ad inserirsi nel panorama reale, attraverso quinte architettoniche o naturali effettuando una illusione di spazialità infinita che sarebbe stato impossibile ricreare in epoche successive, e questa fusione di natura "costruita" e natura "vera" è un artificio di chiara matrice barocca, che verrà usato dai grandi architetti del '700 (si pensi, ad esempio, a Domenico Antonio Vaccaro nel chiostro maiolicato di S. Chiara, tra il '39 e il '42).

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    40) AA.VV., Osteria di campagna, particolare: Caserta, Reggia



    Altri grandi artisti si dedicheranno alla scenografia presepiali, tra costoro Ferdinando Sanfelice, Nicolò Tagliacozzi Canale, e il maggiore scenografo teatrale dell'epoca ferdinandea, Vincenzo Re, fino ai pittori paesaggisti e rovinisti, creatori di grandi fondali dipinti, che ebbero il merito di trasferire i quadri plastici presepiali in una dimensione spaziale irreale, sospesa, contribuendo a rafforzarne il potere di suggestione.

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    41) A.C. Leunenschloss, Schizzi per un presepe napoletano
    inizi sec. XVIII


    Possiamo avere una impressione di tutto ciò attraverso i due schizzi del pittore tedesco A.C. Leunenschloss (ripubblicate da G. BORRELLi ne "Il Presepe Napoletano", Roma 1970, tav. 36),

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    42) A.C. Leunenschloss, Schizzi per un presepe napoletano
    inizi sec. XVIII


    o nell'incisione di D.V. Denon, del 1785, nel Museo di San Martino raffigurante un Gruppo di villici ed animali in un agreste paesaggio tratta dall'allestimento del presepe Terres, opera di Francesco Viva, che fu anche un raffinato esecutore di testine e rilievi in terracotta di ispirazione classicheggiante.

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    37) D V. Denon, Un particolare dei Presepe allestito da Francesco Viva,
    nel 1785, per i librai Fratelli T, Napoli, Museo di San Martino







    Gli Animali



    Nel contesto rinnovato del presepe settecentesco anche la raffigurazione dell'animale vive una nuova stagione, che si inserisce da un lato nel filone di studi illuminista-classificatorio e scientifico, e dall'altro nella poetica dell'Arcadia che colloca gli animali del mondo pastorale in una dimensione irreale e di serenità senza tempo, la stessa dei pittori animalisti dell'epoca, da Rosa da Tivoli a Domenico Brandi, fino agli affreschi brillanti e aggiornati in senso rococò che Francesco Celebrano, autore e allestitore di presepi, dipinse in due sale di Palazzo Sangro, tra il 1766 e il 1768.

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    51) Fratelli Vassallo (attr.), Bufala e bufalotto, Roma, collezione privata



    Un accenno all'interpretazione dell'animalismo presepiale tra naturalismo e sottigliezze arcadiche non può non tener conto della personale e fantasiosa propensione degli artefici napoletani per tutto ciò che riguardava l'Oriente, alimentata anche dall'interesse specifico del sovrano verso gli animali esotici.

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    52) Fratelli Vassallo (attr.), Mastino napoletano,
    Napoli, collezione privata



    Sul Serraglio di Carlo di Borbone che aveva trovato posto nel Bosco della Reggia di Portici si scrive " ... ch'è riuscito il più magnifico di simili cose, che siano al mondo, così per la sua grandezza, come per li belli ornati avendoci fatto trentasei camerette con cortili scoverti per le Fiere, tre cameroni grandi per l'Elefante, due altri cameroni per li Cameli, due altre stanze con giardino per li Sturzi"
    (B. DE DOMINICI, Vite de'Pittori, Scultori ed Architetti Napoletani, III, Napoli 1742, p. 658)
    Le suggestioni di un mondo così lontano avevano popolato l'immaginario degli scultori di presepe soprattutto nell'episodio che più di ogni altro consentiva esotiche stravaganze: il Corteo dei Magi, dove danno vita ad un repertorio animale che suscita la meraviglia di tanti colti viaggiatori ai quali nei loro fugaci contatti con l'universo presepiale resta impresso

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    53) AA.VV., Gruppo del Re moro. Napoli, collezione privata



    "il pomposo corteo dei tre re santi, ricco di doni orientali; sono accompagnati dalla servitù su bei cavalli riccamente bardati e cammelli, dromedari, asini carichi di oggetti preziosi Pappagalli e scimmie mostrano le loro arti!" (E BRUN, Presepio's von Neapel, 1818). Tra gli specialisti dei primi tempi la posizione dominante spetta a Francesco Di Nardo, a capo di una feconda bottega. i suoi esemplari sono riconoscibili per uno schietto naturalismo di resa immediata, lontano dalle raffinatezze stilistiche in uso nel secondo Settecento.

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    54) Nicola Ingaldi (attr), Gruppo di agnelli e capretti.
    Napoli, collezione privata



    A partire dalla metà del secolo i più importanti animali saranno forniti dai Vassallo, scultori in legno.
    Caduta ormai in base ai risultati degli studi recenti la tradizionale divisione di compiti tra i fratelli Nicola e Saverio sulla modellatura del legno o della terracotta, si può affermare che i Vassallo furono essenzialmente scultori in legno, che talvolta si dedicarono a plasmare ovini e caprini in terracotta.

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    57) Fratelli Vassallo (attr.), Cavallo nobile, Caserta, Reggia



    Caposcuola indiscussi nella tecnica e abilissimi nel rendere la verosimiglianza, al punto che la dicitura "pelame alla Vassallo" era un preciso termine di riferimento, ebbero l'opportunità di ritrarre alcuni esemplari dal vero.

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    59) Fratelli Vassallo (attr.): Asina, Caserta, Reggia



    I cani danesi e i levrieri di Ferdinando IV, ad esempio, andarono a popolare il presepe dei fratelli Ruggiero, fornitori di seta per la famiglia reale, e quando il sovrano si recava a visitare il celebre allestimento il proprietario glieli indicava, contribuendo a quel rituale giocoso di cui la ricerca e il compiacimento per la scoperta di un tipo riconosciuto, una caricatura o un ritratto dal vero, costituiva una parte essenziale.

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    58) Giovn Battista Polidoro (attr.) Cammelliere con dromedario. Napoli, Museo di San Martino



    Animalista in legno fu Carlo Amatucci, che predilesse i cavalli di razza nobile, ritratti con nitore e politezza di stampo neoclassico, con un approccio ben diverso da quello dei modellatori della Real Fabbrica che si dedicarono agli animali da presepe.
    Tra costoro il più noto è Francesco Gallo, autore di eccezionali esemplari, in cui la resa naturale non sovrasta mai la dolcezza dell'espressione e degli atteggiamenti, e il tono da idillio agreste.
    Diversi suoi animali sono firmati con la stecca nell'argilla, come anche qualche natura morta in terracotta, altri sono documentati.

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    55) Francesco Gallo (attr.), Gruppo di pecore,
    Napoli, collezione privata



    I rapporti di reciproco scambio tra porcellana, presepe e pittura appaiono basati sull'utilizzo di fonti a stampa comuni, oltre che sull'intervento dei singoli artisti che operavano indifferentemente per manufatti in porcellana sculturine da presepe.

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    56) A-A. VV., Gruppo del leone Napoli, collezione privata



    Una conferma in questo senso ci viene fornita proprio dalle insuperate qualità del Gallo nella "precisione" e nella "pelatura": l'artista eseguirà occasionalmente animali in porcellana come soprammobili e, in particolare, nel 1802, un gruppo di due caprette, uno "zimmaro" e una capra in terracotta da far utilizzare come modelli ai pittori animalisti della Real Fabbrica.

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    56a) A-A. VV., Gruppo del leone. Particolare. Napoli, collezione privata



    (Da www.o-presebbio.com/)
     
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