Il FORMAGGIO

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  1. gheagabry
     
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    IL FORMAGGIO



    .........UN PO' DI STORIA.........

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    Gli storici concordano nel riportare alla fine del Paleolitico (10.000 anni fa) il passaggio dell'uomo primitivo dalla vita nomade a quella sedentaria determinato dalla scoperta della possibilità di coltivare le piante alimentari e di allevare gli animali utili al sostentamento.
    Sicuramente questa, che è stata una delle più grandi rivoluzioni socio-economiche della Storia, ha dato l'avvio anche alla prima produzione di formaggi, nata dalla necessità di conservare, il più a lungo possibile, le deperibili risorse di latte.



    L'origine greca della parola "formaggio" (da " formos") garantisce, come spesso accade, l'antichità d'uso di questo alimento presso quasi tutti i popoli del bacino del Mediterraneo: la mitologia greca attribuisce alle Ninfe il merito di aver insegnato ad Aristeo, figlio di Apollo, l'arte di cagliare e trasformare il latte; e Omero descrive, per bocca di Ulisse, le attività casearie del ciclope Polifemo nel cui antro erano messe a stagionare, con meticolosa cura, abbondanti riserve di formaggio.
    In effetti già nel III° millennio a. C. i Sumeri, popolazione dell'antica Mesopotamia (l'attuale Iraq), avevano descritto in un bassorilievo, il cosiddetto "Fregio della Latteria", le tecniche usate dai sacerdoti preposti alla produzione casearia: se ne può dedurre, a conferma del mito greco, il valore sacrale che nell'antichità si dava a questo prodotto.

    Va comunque ai Greci il merito di aver creato una notevole varietà di formaggi, da quelli a pasta molle a quelli a pasta dura, integrando l'elemento di base con condimenti e sapori di miele o di frutta ( fichi e mele ) o di olive, cipolle, ed erbe che resero famose le località di produzione: Lesbo, Cinto, Creta, la Beozia, il Chersoneso e poi, con la colonizzazione greca dell'Italia Meridionale, Gallipoli e la Sicilia. Nell'antica Grecia gli allevamenti finalizzati alla produzione casearia erano costituiti esclusivamente da ovini (capre e pecore), animali che si contentano di pascoli magri e la cui funzione è esclusivamente legata all'alimentazione umana. I bovini, che venivano sfruttati per il traino e la lavorazione della terra, avevano bisogno di nutrirsi in pascoli grassi, piuttosto rari nei paesi mediterranei, e non producevano tanto latte da doverlo conservare.
    I primi pastori, per proteggere il latte dal deterioramento, si limitavano ad acidificarlo ottenendo una bevanda che manteneva per un certo tempo le caratteristiche nutrizionali del prodotto fresco. Più tardi iniziarono a produrre formaggi a pasta molle lasciando coagulare il latte in cesti di giunco (da cui il termine "giuncata") con l'aggiunta di lattice di fico o fiori di cardo o caglio ottenuto dallo stomaco degli agnelli e dei capretti da latte. Ancora più tardi alcuni di questi formaggi, sottoposti a pressatura e salatura, furono lasciati asciugare, al riparo dal sole e dal vento, perché diventassero formaggi a pasta dura, meno deperibili, ottimi come companatico e, una volta grattugiati, come condimento di altri cibi.




    I Romani, cominciando ad usare anche il latte bovino, perfezionarono ulteriormente le tecniche casearie e, con le loro conquiste, le fecero conoscere nel nord Italia, in Gallia e in Germania diffondendo l'uso dei formaggi ed inducendo le popolazioni di quelle terre a dare avvio ad una produzione ancor oggi praticata ed universalmente apprezzata.
    Dai greci Ippocrate ed Aristotele ai romani Columella e Plinio ci giungono descrizioni di tecniche casearie e consigli alimentari evidentemente seguiti dai loro contemporanei visto che il formaggio, nelle sue varietà, era un alimento fondamentale per tutte le classi sociali.

    La tragica, lunga crisi che derivò dal crollo dell'Impero romano ridiede certamente alla pastorizia un ruolo ancor più fondamentale nella alimentazione, ridotta quasi allo stato primitivo ed i formaggi, quelli più semplici, a pasta molle o dura, costituirono per lungo tempo la più sostanziosa (se non l'unica) base alimentare dei cosiddetti secoli bui.

    Bisogna arrivare al "Piccolo Rinascimento" del Mille d.C. per veder migliorare le condizioni di vita grazie all'adozione di nuove tecniche agrarie ed all'invenzione di attrezzi e strutture che consentono uno straordinario progresso economico e, quindi, alimentare.
    Vengono avviate opere di bonifica del territorio ormai inselvatichito, opere di canalizzazione ed irrigazione e vengono razionalizzate le colture con il sistema della rotazione: tutto ciò renderà disponibili pascoli più ricchi e molti terreni saranno adibiti alla produzione di fieno con grande vantaggio degli allevamenti e della produzione di latte e formaggi.
    Il parallelo sviluppo delle città e dei commerci , con l'affermarsi della borghesia mercantile, rende sempre più dinamica l'economia che va differenziandosi nei vari settori di produzione. Anche l'attività casearia fa il suo salto di qualità e saranno spesso i monaci ad insegnare il passaggio dalla produzione domestica a quella destinata al commercio, creando i primi caseifici.

    Dal XIII secolo in poi, molte sub-regioni italiane, soprattutto la Lombardia padana ed il Parmense, si scoprono una forte vocazione zootecnica e la grossa capacità produttiva porta allo sviluppo di una vera industria casearia che, nei secoli successivi, si farà sempre più ricca e raffinata grazie all'applicazione di tecnologie e scoperte microbiologiche in continua evoluzione.
    La disponibilità di latte di varia origine (ovino, caprino, bovino e, più raramente, equino), la possibilità di scelta di cagli vegetali o animali, le condizioni climatiche ed ambientali, la qualità dei pascoli e la tradizione influiscono fortemente sulle tecniche di lavorazione determinando quella varietà straordinaria di forme e sapori che ancor oggi caratterizza la produzione di formaggi locali la cui meritata fama è spesso garantita e tutelata, anche a livello internazionale, dal marchio di protezione D.O.P (Denominazione di Origine Protetta) e I.G.P. (Indicazione Geografica dei Prodotti agro-alimentari).
    (benessere.com)



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    Edited by gheagabry1 - 10/11/2023, 14:32
     
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    I formaggi del Medio Oriente


    Feta:

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    La Feta è uno dei formaggi più popolari usati nella cucina Medio Orientale. E’ solitamente fatta da latte di pecora o capra e poi fatta stagionare. e’ molto versatile. Nei cibi del Medio Oriente è usata in qualsiasi cosa, dalle insalate ai dessert, oppure perfettamente commestibile da sola.

    La feta è il formaggio greco per eccellenza. Viene prodotto da secoli con latte di pecora puro crudo oppure mescolato con latte di capra. La crosta è completamente assente, friabile al tatto ha un sapore acidulo che si accentua con la conservazione.
    Il termine deriva dal greco “fetas” che significa “pezzo tagliato sottile”, e proviene dalla procedura con cui la massa coesa viene tagliata a pezzetti.
    Una volta era appellato anche “formaggio tsantila” ricollegandolo al nome del tessuto usato durante la lavorazione per far defluire l’acqua dal formaggio. Spesso viene chiamato anche formaggio in salamoia perché trattato e conservato in acqua salata.
    Fra i circa venti formaggi greci tutelati dall’Unione europea, il posto d’onore spetta alla feta, che secondo la leggenda vanta origini ricondotte a Polifemo e Ulisse.

    Labneh

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    il Labneh è un formaggio cremoso fatto con yogurt colato. Il Labneh è facile da fare e ha poche calorie, il che lo rende la perfetta alternativa al formaggio tradizionale. Può essere usato come qualsiasi formaggio cremoso, spalmato sul pane o per immergerci frutta e verdura.

    Ackawi:

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    Ackawi è un formaggio fatto di latte di mucca, che ha origine in Palestina. E’ un formaggio semi-duro, il che lo rende un eccezionale formaggio da mangiare da solo. La consistenza è liscia, con un gusto delicato e salato, che si abbina perfettamente con vari tipi di frutta.

    Nabulsi

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    il formaggio Nabulsi è un formaggio semi-duro in salamoia tipicamente fatto di latte di pecora o capra. Si trova comunemente in Palestina e nelle aree circostanti. E’ spesso usato come formaggio da tavola ed è l’ingrediente principale della pasta katayef.

    Jibneh Arabieh

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    Un formaggio delicato comune in Egitto. Originariamente, il jibneh arabieh era fatto usando latte di pecora o capra, ma oggi è tipicamente fatto con latte di mucca. E’ usato in vari tipi di piatti e come formaggio da tavola.

    Testouri

    Unico per avere tipicamente una forma ad arancia, proviene dall’Egitto ed è mangiato leggermente salato. E’ fatto con latte di capra o pecora.

    Halloumi

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    il formaggio Medio Orientale perfetto per essere grigliato, è prodotto da un composto di latte di capra e pecora, ed è simile alla mozzarella. Può essere fritto o grigliato a causa del suo punto di fusione molto alto, ed è spesso abbinato a insalata e frutta, in particolare con l’anguria.

    Shanklish

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    è un formaggio comune in Siria e Libano ed è fatto di latte di pecora o di mucca. L’uso più comune di questo formaggio è di formare delle palle, lasciandolo seccare e stagionare. Il timo è usato come spezia principale nel fare il shanklish. Può essere mangiato fresco o stagionato. Se fresco, il gusto sarà pià delicato e la consistenza morbida, se stagionato sarà più duro e con un odore pungente.



    Edited by gheagabry1 - 10/11/2023, 14:30
     
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    un vecchio video dell'ISTITUTO LUCE

     
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    Il PULE il formaggio d'asino

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    Nella riserva naturale di “Zastavica” vicino a Sremska Mitrovica è stato prodotto il formaggio con il latte d’asino. Il prezzo del formaggio è di 1000 euro al chilo. Questo formaggio, probabilmente il più caro del mondo, si può comprare soltanto su prenotazione, e dopo che è stato presentato alla Fiera del Turismo di Belgrado è arrivato il primo modesto ordine da mezzo chilo, per assaggiare questo prodotto esotico. Il formaggio è stato chiamato “Pule” e deriva dalla parola che indica il cucciolo d’asino in serbo. Parlando di prodotti elitari, questo formaggio batte per il prezzo persino quello fatto con il latte di alce, che ha il costo di 500 euro al chilo.

    Per produrre il formaggio non servono ingredienti particolari, è fatto solo con il latte d’asino e successivamente affumicato, sostiene Slobodan Simic, il direttore della riserva naturale “Zasavica” nel nord della Serbia. Fin’ora nessuno ha preso in considerazione di fare il formaggio a base di latte d’asino perché ha pochi grassi, ma soprattutto perché ci vogliono 25 litri di latte per ricavarne un chilo, e considerando che il prezzo del latte è di 25 euro al litro, si spiega il prezzo finale esorbitante.

    Il latte usato viene dall’asino balcanico (Equus asinus asinus) e vanta numerose proprietà organolettiche. E’ più ricco di vitamine e proteine del comune latte vaccino, e per le proprietà chimiche assomiglia molto al latte umano. Gli vengono attribuite numerose proprietà benefiche, tra cui il rafforzamento del sistema immunitario, si usa contro le bronchiti e le malattie della pelle. Fin dall’antichità veniva utilizzato dagli egizi, dai greci e dai romani. La leggenda dice che Cleopatra si faceva il bagno nel latte d’asino per conservare la propria bellezza. Tuttavia considerando la quantità limitatissima del latte prodotto e il conseguente prezzo fuori mercato, rimane tutt’al più una curiosità della riserva naturale “Zasavica” e un prodotto per una nicchia molto ristretta.


    dal web

    Edited by gheagabry1 - 10/11/2023, 14:12
     
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    gverde08 biggrin2 ehm forse e meglio comprare l'asino...
     
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    Clara Peeters, Natura morta con formaggi, carciofo e ciliegie, 1625 circa

    "Le mucche ci sono anche in Cina, in India sono sacre, eppure il formaggio esiste solo in Europa. Ancora una volta è colpa degli antichi Romani i quali lo chiamavano "caseus" per permettere agli anglosassoni d'oggi di chiamarlo "cheese" e ai tedeschi di chiamarlo "Käse" e agli spagnoli "queso". Noi e i francesi lo chiamiamo in modo diverso perché ne prendiamo la parola dalla forma che assumeva nell'antichità per essere venduto, il famoso "formaticum" per cui dire oggi una forma di formaggio è un'esagerata ridondanza, ma siccome "repetita iuvant", il ripetere fa bene alla salute e alla mente, i francesi e gli italiani possono vantare la massima diversificazione di questo cibo fondamentale, anche se gli olandesi che lo chiamano "kaas" lo hanno dipinto più d'ogni altro popolo."

    Tratto dal libro di Philippe Daverio “Arte in tavola”

     
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    MOOSE CHEESE

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    Il Moose Cheese è l’unico formaggio al mondo prodotto con latte d’alce. L’idea è nata in Svezia da Christer e Ulla Johansson, che hanno adottato tre esemplari di alce abbandonati: Gullan, Haelga e Juno che lattano solo da maggio a fine settembre.

    Viene prodotto in tre varietà - una varietà morbida, a muffa bianca, simile al Camembert; un formaggio blu cremoso; un formaggio blu secco; e feta. Quest’ultimo, conservato in olio vegetale neutro, è il best seller di Elk House. Alcuni recensori affermano che la feta ha un sapore leggermente acido e una consistenza morbida - e per assaggiarlo si deve andare fino in Svezia, proprio nella fattoria Elk House di Bjurholm, considerata l’unico produttore mondiale di formaggio d’alce. I tre animali che ci vivono riescono a produrre latte per circa 300 chilogrammi di formaggio all’anno; per la sua rarità viene venduto a circa 1.000 euro al chilo.

    Wyke Farms Cheddar

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    Questo lussuoso formaggio arriva dal Regno Unito. Prodotto da Wyke Farm fin dal 1860 il “Cheddar d’oro” deve il suo gusto deciso all’aggiunta di tartufo bianco e scaglie d’oro commestibili.
    Ci vuole un anno perché il formaggio raggiunga il suo vero potenziale, ma quando ci arriva diventa un pasto da veri intenditori. Infatti, è stato premiato più volte per il suo gusto e la sua qualità. Il prezzo si aggira intorno ai 500 euro al chilo.

    La ricetta originale del formaggio è stata creata da Ivy Clothier (1908-1987). Ivy Clothier ha utilizzato la prima mandria di mucche di suo marito per produrre formaggio. La ricetta divenne molto conosciuta nelle zone locali e lei successivamente acquistò il latte da altri allevamenti. Ha vinto numerosi premi per il suo formaggio, il primo dei quali nel 1952. La ricetta di Ivy è utilizzata ancora oggi.
     
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    Lo Storico ribelle

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    Lo Storico ribelle, noto anche come Bitto storico, è un formaggio lombardo, conosciuto anche come formaggio "della Val del Bitt". È un presidio Slow Food, prodotto nelle Alpi Orobie in modo artigianale con uno specifico disciplinare.
    Viene prodotto esclusivamente nei mesi estivi in alpeggio: il bestiame costituito da vacche da latte (tradizionalmente di razza bruno alpina) e da capre (di razza orobica autoctona della Valgerola) viene condotto sui pascoli nel mese di giugno e vi resta fino al mese di settembre. Il latte viene lavorato immediatamente dopo la mungitura, talvolta nelle strutture chiamate “calècc”, che fungono da caseificio adiacente al pascolo.

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    "Nel “calecc” si trova la tradizionale “culdera” un grande paiolo in rame a forma di campana rovesciata che può pesare fino a 50 kg, dove al latte vaccino appena munto e ancora caldo viene aggiunta una percentuale ( 10-20%) di latte caprino. Il latte viene riscaldato nella “culdera” posta sul focolare a legna attraverso un paranco girevole in legno detto “màsna”, fino a raggiungere una temperatura di 35-37° C.
    Tolta la “culdera” dal fuoco, si aggiunge il caglio di vitello per la coagulazione del latte; la massa di latte coagulato detta cagliata viene poi rotta molto finemente con uno strumento chiamato “spìgn”. Si tratta di un bastone in legno dotato di fili metallici all’estremità che permettono di rompere la cagliata fino a raggiungere la dimensione di un chicco di riso.
    Dopo questa operazione la “culdera” viene rimessa sul fuoco a legna e portata alla temperatura finale di 50-52°C, nel giro di due ore.
    Raggiunta questa temperatura, il casaro estrae la pasta di formaggio attraverso un telo in lino e la pressa nelle fascere in legno circolari di diametro regolabile di circa 50 cm, che conferiscono il caratteristico scalzo concavo. La pasta pressata dentro le “fascere” viene posta su un piano in legno leggermente inclinato detto “spresùn”, che permette al siero presente nel formaggio di defluire attraverso canaline di scolo.
    Nella “culdera” a questo punto rimane il siero di lavorazione del latte che verrà utilizzato per la produzione della mascherpa."

    (https://storicoribelle.com/produzione/)

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    A detta degli storici il nome Bitto sembra derivi dal celtico "Bitu" che etimologicamente significa "perenne". Probabilmente la parola si riferiva già all'epoca alla straordinaria capacità di quel formaggio che i celti misero a punto in epoca romana di prestarsi a lunghe lunghissime stagionature.
    Bitto divenne il nome di quel torrente che scorreva in quella zona delimitata dove si produceva quel formaggio dalle capacità perenni. I Celti in fuga dai Romani conquistatori trovarono rifugio in questa zona della Valtellina delimitata e protetta dalla morfologia del territorio.

    Già nel 1908 i produttori del Bitto fecero un tentativo di promozione del prodotto con la costituzione della "Società di caricatori d'Alpi di Morbegno".
    A partire dal 1996, quando è stata assegnata la denominazione di origine protetta al Bitto (allargando la zona di produzione e modificandone il metodo), un gruppo di produttori si è oppose alle modifiche per continuare a produrre il formaggio con il metodo tradizionale e sottolineare la differenza tra la produzione tradizionale e quella moderna.

    Dal primo settembre 2016, a seguito di una lunga controversia, si è decisa la registrazione di un nuovo marchio - Storico ribelle -, in modo da differenziare il prodotto dal Bitto DOP sia come disciplinare di produzione, sia come nome.
    Le valli deputate sono esclusivamente quelle di Gerola Alta e Albaredo San Marco, l’alimentazione dei bovini è solo quella del pascolo e il controllo della qualità delle singole forme che maturano nel Centro del Bitto è condotto con assoluta attenzione: dall’acquisto delle forme ai pastori al rientro dai pascoli in settembre fino alla marchiatura a fuoco finale.

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