CITTA' FANTASMA

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  1. gheagabry
     
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    Le città fantasma...


    “Non ha retto la modernità, anche se a noi piace pensare che l’ha rifiutata”
    (Rocco Papaleo)


    CACRO, Basilicata



    In molte zone del Sud Italia e' frequente il caso di paesini abbandonati in tempi più o meno remoti in conseguenza di terremoti, frane od altri accidenti della natura o dell'uomo. In Basilicata , in una zona che comprende alcuni comuni e che è stata denominata "Le Macine" , di queste citta' fantasma ve ne sono diverse: Craco, Calcium, Gallipolis, Trifoggio, Campomaggiore Vecchia.

    A causa di una frana di vaste proporzioni, nel 1963 Craco fu evacuata e l’abitato trasferito a valle, in località Craco Peschiera. Allora il centro contava oltre 2000 abitanti. La frana che ha obbligato la popolazione ad abbondare le proprie case sembra essere stata provocata da lavori di infrastrutturazione, fogne e reti idriche, a servizio dell’abitato. Ad onta di questo esodo forzato, Craco è rimasta intatta, trasformandosi in una specie di paese fantasma, caso raro se non unico nel suo genere. È possibile percorrerne le strade, affacciarsi all’interno delle case lasciate tal quali, sia le povere della civiltà contadina e pastorale sia quelle più ricche, gentilizie e patrizie.


    "Incontrati dopo il tramonto, una coppia di anziani passeggiava lungo la strada che costeggia il vecchio paese. Con un pozzo di storia del genere bisogna parlarci per forza penso e decido quindi di fargli delle domande. I due anziani hanno modi molto diversi di reagire alla nostra invasione, quasi opposti, la donna esprime diffidenza dai suoi gesti. Con la sua posizione, mostrandoci le sue spalle, dimostra a noi curiosi ed impiccioni di voler svicolare la discussione il prima possibile. Suo marito di contro mostra tutta la sua rabbia lamentandosi per come all’epoca non sia stata affrontata al meglio la gestione della crisi che ha successivamente portato all’abbandono di Craco, che è culminato con la costruzione del nuovo paese: Craco Peschiera.
    Primo mito sfatato, tramite la proficua discussione, è che il terremoto del ’80 non ha per niente aggravato i danni della frana del 1963. Il secondo mito da sfatare é che non c’è stata nessuna frana in quanto una frana per la sua immediatezza avrebbe dovuto portare a valle, in pochissimo tempo, tonnellate e tonnellate di terreno e mattoni. Pare che la vera causa sia stata piuttosto la mano umana, tramite la costruzione di un nuovo acquedotto che avrebbe dovuto distribuire la città vecchia di innocua e freschissima acqua. L’acquedotto fu costruito da parte di un amico dell’allora sindaco; ecco una bella chicca per i complottisti. A detta del nostro testimone privilegiato, questi lavori furono svolti in fretta e male, causando numerose perdite che riversandosi nel terreno argilloso sottostante il paese e con l’aiuto dell’enorme pressione che un acquedotto può raggiungere, ha reso ognuna di queste perdita un pericoloso agente disgregante, che ha minato le radici dei palazzi del paese vecchio. L’acqua fresca ed innocua si è trasformata così in un nemico che destruttura la città dal basso.
    Il paese quindi non è franato a valle in un attimo, piuttosto è collassato su se stesso per la progressiva mancanza di terra sotto le case di Craco; questo processo è stato lungo più di dieci anni. Il nostro interlocutore mostra adesso tutta la sua rabbia per la gestione frettolosa della crisi, dicendo che bastava chiudere le numerose perdite dell’acquedotto per evitare di dover abbandonare il paese. Mentre l’acqua faceva il suo lavoro di sgretolamento della collina argillosa, il fantasma dell’abbandono del paese si faceva sempre più forte nei cittadini, finché il sindaco non lo impose agli stessi con la costruzione del nuovo paese a valle. A lasciare la prorpia casa l’anziano e la sua famiglia non ci hanno pensato minimamente, diversamente dalla maggior parte dei crachesi che invece si sono divisi tra l’andare in altri paesi vicini o contribuendo alla costruzione di Peschiera, se non attivamente almeno tramite la loro presenza. Ai cittadini fu data la possibilità di scelta tra l’avere la nuova casa a Peschiera, un paese costruito ex novo, o in un nuovo quartiere di Craco vecchia, costruito 300 metri più a valle.
    Intanto mentre la signora continuava a chiedere con i gesti al marito di tornare a casa quiest’ultimo ci disse che tutti, secondo lui, avrebbero dovuto scegliere di restare. Nel nuovo quartiere, racconta, ci sono circa 40 persone, di cui 5 ragazzi; se è vero che non c’è futuro per loro a Craco, allora non ve ne è nemmeno per i giovani di Craco Peschiera, afferma. Il terremoto del 1980, dice con un sorriso sarcastico, ha lesionato le case nuove costruite in fretta nel paese nuovo, senza produrre danni ulteriori alle vecchie case.
    La scelta che la coppia ha fatto, cioè di rimanere legati alla loro terra natia, forse un po’ nostalgica, si esprime in tutta la sua emozionalità quando gli si chiede “Che sensazioni hai quando passeggi lungo questa strada?”. “Qui c’era un medico, li un macellaio” la risposta, mille ricordi saltano alla mente dell’uomo, un’emozione che sicuramente nel nuovo paese non si potrebbe vivere. La scelta fatta e che si ripete ogni giorno, è stata molto forte, pochi la farebbero, quasi nessuno la capisce. Ma per provare a comprenderla, basta solo passeggiare di sera, sotto i ruderi di cui è fatto il paese, alla luce dei pochi lampioni rimasti funzionanti, sotto la loro luce fioca, per respirare la sua anima ancora carica e viva. Il paese si intravede dal basso, con le sue luci e le sue ombre, con i suoi misteri e i suoi silenzi, con la sua storia e la memoria della gente che la sua quotidianità ci ha speso.....Oggi Craco vecchia è chiusa al pubblico, a differenze degli anni passati. Lo scenario all’interno è fantastico e surreale. Affacciandosi dalle finestre delle case diroccate, ci si accorge che non c’è collina più alta a perdita d’occhio: Craco è un monte adagiato su una immensa vallata dalla conformazione e dai colori lunari. Mentre passeggio nel paese vecchio, noto come alberi di fico e piante di menta e mentuccia romana si stiano lentamente rimpossessando del paese abbandonato. Molte buche cospargono le stradine, i crolli sono ovunque e la sensazione che si percepisce è di precarietà, ma sapendo dove mettere i piedi non c’è alcun rischio. Tutte le case sono aperte, non in tutte vale la pena entrare. La cattedrale è spettrale, c’è ancora l’altare; gli uccelli volano via al nostro ingresso."
    (apprendistastregone.wordpress)



    A piedi e con cuore leggero mi avvio per libera strada,
    In piena salute e fiducia, il mondo offertomi innanzi,
    Il lungo sentiero marrone pronto a condurmi ove voglia.
    ...
    Voi file di case! Occhieggianti facciate di finestre! Voi tetti!
    Voi porticati e ingressi! Voi comignoli e griglie di ferro!
    Voi finestre, il cui trasparente guscio tante cose potrebbe svelare!
    Voi porte e scalini ascendenti! e volte, voi!
    Voi pietre grige d’interminabili lastrichi! Voi calpestati quadrivi!
    ...
    La terra non stanca mai,
    La terra è rozza, silente, incomprensibile a tutta prima, la Natura è rozza e incomprensibile a tutta prima,
    Non scoraggiarti, continua, vi sono cose divine con cura celate,
    Ti giuro, vi sono cose divine più belle di quanto possa dirsi a parole.
    ...
    Per portare con te in futuro case e strade, ovunque tu vada,
    Per cogliere le menti degli uomini nei loro cervelli,
    come tu li incontri, per cogliere l’amore nei loro cuori.
    ...
    Andiamo! Qui non possiamo fermarci,
    Sebbene dolci queste riserve ammassate, e conveniente questa dimora, qui non possiamo restare,
    Per quanto sicuro il porto e calme queste acque, qui non dobbiamo ancorarci,
    Per quanto grata l’ospitalità che ci accoglie, a noi è concesso goderne soltanto un poco.
    (Walt Whitman)


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22 replies since 23/10/2011, 09:52   3078 views
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