CITTA' FANTASMA

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  1. gheagabry
     
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    Le città fantasma.........


    "Un posto che se non lo vedi non credi. E credetemi..! In una landa desolata (ma desolata veramente) e completamente fuori mano dal mondo civilizzato, un certo Bodie trovò un filone d’oro nella seconda metà dell’800...."


    BODIE, California



    Mono County, California, a est della Sierra Nevada. Da queste parti, quando tira il vento e le vecchie lamiere ondeggiano, sembra ancora di sentire il via vai dei minatori che a metà Ottocento fecero di Bodie uno dei centri principali della corsa all'oro. In pochi, all'epoca, avrebbero immaginato che un secolo e mezzo dopo al posto degli avventori ebbri nel saloon della cittadina si sarebbero aggirate le volpi del deserto. Un segnale della sua cattiva stella, però, Bodie l'aveva dato fin dall'inizio, visto che il suo presunto fondatore, un certo W.S. Bodey, passò a miglior vita sorpreso da una tormenta di neve.


    Nelle loro prediche domenicali i pastori puritani inveivano contro Bodie "immersa in un mare di peccato, agitato da tempeste di lussuria e avidità". Oggi la circonda solo la desolazione di un mare di sabbia, tra le montagne brulle di Mono County, 13 miglia a Nord dalla strada US Highway 395 che attraversa la California. "A Bodie erano censite 2 chiese e 65 fra saloon e bordelli", recitano i manuali di storia: oggi ne restano gli scheletri consumati dal vento desertico. Bodie è una città fantasma, una delle tante che rimangono intatte negli Stati Uniti, lontane dalle rotte turistiche. Per terra, nella via principale di Bodie, giacciono tuttora alcuni attrezzi arrugginiti da minatori, come se i cercatori d'oro fossero fuggiti all'improvviso. Ce n'erano 10 mila nel 1859, quando la città fu fondata. Sono spariti nel nulla, con la stessa velocità con cui arrivarono qui dal mondo intero per fare fortuna. Oggi di Bodie rimane solo il 5% di quel che fu la città all'apice della sua gloria, nel 1880, ma quel poco che resta ha il fascino maledetto di un paesaggio dominato dalla presenza della morte. C'è la lavanderia cinese che ha ancora la stufa a vapore dove si scaldavano i ferri da stiro. Un paio di occhiali coperti di polvere, abbandonati a fianco della cassa nell'emporio Boone Store & Warehouse. Il pianoforte al Sam Leon Bar. Mancano gli uomini e le donne che animavano questi oggetti, e anche delle loro storie si è perso quasi tutto. Bodie nella sua scenografia spettrale sembra una città spopolata in un attimo da un'epidemia, o evacuata nel panico di un attacco atomico. Visione da Apocalisse. Invece è quel che rimane di un sogno che attirò un popolo di avventurieri.

    Come centro minerario emergente, Bodie possedeva i servizi e le attrazioni delle maggiori città, incluse due banche, una banda musicale, la ferrovia, sindacati di minatori e operai, molti giornali e una prigione. Al culmine dello sviluppo, 65 saloon costeggiavano la via principale, che era lunga un miglio. Omicidi, sparatorie, risse da osteria e assalti alle diligenze erano all'ordine del giorno. I lingotti d'oro sfornati dalle nove presse della città erano trasportati per via fluviale a Carson City, attraverso Aurora, Wellington e Gardnerville. La maggior parte dei carichi era accompagnata da una guardia armata. Appena il lingotto giungeva a Carson City, veniva consegnato alla zecca o spedito per ferrovia a quella di San Francisco....A Bodie esisteva un quartiere cinese che arrivò a contare centinaia di residenti ed era dotato di un tempio taoista. Come in altre città minerarie situate fuori mano, c'era anche un popolare quartiere a luci rosse, all'estremo nord dell'abitato. In periferia è rimasto il cimitero con l'annesso obitorio, che è l'unico edificio della città costruito in mattoni disposti su tre strati (con ogni probabilità in funzione di isolante termico). Lungo la via principale si trova infine la Miners Union Hall, luogo d'incontro dei sindacati dei lavoratori e centro ricreativo, oggi adibito a museo.

    La California, ricchissima e a tratti sovrappopolata nelle sue zone costiere, è il regno delle ghost-town nelle vaste zone desertiche a cavallo della Sierra Nevada. Alcune sono diventate attrazioni turistiche, troppo restaurate e quindi con un'insopportabile aria da Disneyland. Ma la maggior parte sono in uno stato di abbandono, conservate solo dal vento arido e dal clima desertico di questo Far West. Per raggiungerle bisogna salire a cavallo, o avere un fuoristrada capace di arrancare fra sabbia e pietre. Alcune hanno ancora oggi una fama sinistra, che tiene lontani i superstiziosi. Ce n'è una al confine col Nevada - Hornsilver, detta anche Gold Point - che è stata un centro minerario dal 1868 al 1960: la grande fuga data appena quarant'anni fa. Eppure anche Hornsilver è stata riconquistata dalla forza degli elementi, il vento e la sabbia l'hanno mummificata come le altre. Queste città-fantasma sembrano una metafora della California, della sua storia di "boom and bust", euforìe e crolli che si ripetono a cicli, inesorabilmente. Se la maggior parte delle città-fantasma sono lontane dalla civiltà, quasi inaccessibili, la più singolare giace invece sotto una metropoli opulenta e post-moderna. Nel cuore della California di oggi, culla delle tecnologie avanzate, si nasconde questa misteriosa traccia del passato
    (Federico Rampini)


    "...anche dopo essere diventata un parco protetto si è lasciato tutto com’era e i visitatori possono gironzolare per Bodie entrando un po’ ovunque facendo solo rigorosamente attenzione a due cose: a dove mettono i piedi (perchè chiodi, vetri rotti e serpenti sono un po’ ovunque) e a NON portare via nulla, nemmeno un chiodo. La pena per chi trasgredisce è quantomai severa: un decennio di maledizione anche per chi porta via solo un sasso da Bodie. Sarà pure superstizione ma c’è uno spazio con tutte le lettere di quelli che nei primi anni hanno portato via qualcosa da Bodie e ora chiedono il perdono alla città fantasma. Ed è un deterrente piuttosto efficace visto che davvero nessuno tocca niente qui a Bodie. Tutti guardano e scattano foto ma nessuno sposta una virgola...."
    (dal web)







    Siamo qui per riscoprire dove è finito il Far West, quello dei libri, delle leggende, dei film, del passato di una California che centocinquant’anni fa non era il posto cool e glamourous, per usare due termini appropriati, di oggi, ma uno Stato in cui si moriva nel deserto o nel cuore di una tempesta di neve, in fondo a una miniera d’oro o scavando un pozzo di petrolio. Bodie, la città fantasma prima tappa di questo viaggio sulla Route 395, incarna l’inizio e la fine del sogno americano, dalla nascita, con la scoperta di un giacimento d’oro, al boom che ha portato in città servizi di ogni tipo e migliaia di persone, alla morte.

    Bodie, che quest’anno festeggia appunto un secolo e mezzo, è stata battezzata con il nome di uno degli uomini arrivati per primi sul suo territorio, W. S. Bodey, morto in una bufera di neve e mai arrivato a sfruttare, e probabilmente neanche a conoscere, le ricchezze a cui sarebbero arrivati i suoi amici e molti dopo di loro. Le prime grandi compagnie sono arrivate nel 1876, l’elettricità a metà degli anni Novanta. Oggi chi si avventura oltre il Mono Lake, lago di origine vulcanica, lungo la strada sassosa e paga i pochi dollari del biglietto, utilizzati per il mantenimento del parco, può visitare centinaia di edifici intatti o ambienti ricreati.



    Oggi fra le rovine ci sono solo gabbiani, turisti, ranger e un gatto, ma nel momento del boom a Bodie vivevano diecimila persone, sessanta saloon affollavano Main Street, mentre sparatorie, risse e omicidi erano una cosa comune. C’era più di un giornale, una chiesa, hotel, empori e case dei minatori che in parte conservano ancora i mobili degli ultimi proprietari. Come accadeva spesso nel vecchio West, i primi a esplorare il nuovo terreno non sono stati i maggiori beneficiari. Tra coloro che hanno tentato la fortuna c’è stato anche un attore, James Stark, andato in rovina nel tentativo di smontare un teatro di San Jose e trasportarlo a Bodie, dove avrebbe usato le strutture per la miniera.

    I primi a trovare l’oro hanno venduto i loro diritti a una grande compagnia di San Francisco per 67 mila dollari. Ma già soltanto la Standard Consolidated Company, formata subito dopo, ne ha incassati più di sei milioni. Nel 1912 sono iniziati i primi segni di declino, e nel 1917 la ferrovia è stata abbandonata. L’ultima miniera, però, ha resistito fino al 1942. Scendendo, con le montagne della Sierra Nevada alla propria destra e la valle quasi deserta intorno, si arriva a Lone Pine: quattro case, un piccolo supermercato, una serie di motel e un paio di diner, a metà tra il ristorante e il fast food. Lone Pine è diventata però la capitale del cinema, almeno nella sua regione, l’Inyo County, e anche se le locandine nella vetrina del museo sono un po’ sbiadite, le produzioni vanno avanti ancora oggi, rendendo fieri i 1600 abitanti. L’ultima grande produzione che ha scelto le Alabama Hills è quella di “Iron Man”, il kolossal avveniristico con Robert Downey jr e Gwyneth Paltrow, nel 2007: del resto il regista Jon Favreau si impegna da anni a realizzare i suoi film in California, e tra le colline ai piedi della Eastern Sierra ha trovato uno scenario adatto proprio per rappresentare l’Afghanistan tribale e vicino a Osama Bin Laden in cui il protagonista Tony Stark finisce prigioniero. Molto più spesso, però, Lone Pine e dintorni ospitano produzioni infinitamente più piccole e meno ambiziose di “Iron Man”. E non di radio accettano produzioni impegnate in altrettanto remunerativi spot pubblicitari.



    La sua stagione d’oro, però, risale agli anni dei western. Nel 1917 Lone Pine è stata scoperta e da allora è diventata meta di registi che hanno organizzato sparatorie, inseguimenti e imboscate tra le gole delle Alabama Hills. La strada che corre dietro Lone Pine è lunga ancora una volta tre miglia e ovviamente sterrata per buona parte. Ancora una volta, però, vale la pena correre qualche rischio e percorrere la Movie Road, come è stata battezzata: fra le rocce tonde e la terra rossa ci si sente davvero riportati in un tempo molto lontano, si riconoscono perfettamente gli scenari dove sono avvenuti famosi attacchi di indiani o altrettanto pericolosi assalti dei banditi. Oggi, auto a parte, l’unico pericolo sono i serpenti a sonagli, ma anche loro si vedono raramente e non infastidiscono quasi mai.

    Una delle targhe in cui ci si imbatte lungo la strada è dedicata a “Gunga Din”, epico film d’avventura del 1939 con interpreti popolarissimi come Cary Grant e Douglas Fairbanks Jr. Per la scena magistrale dell’attacco in una gola, la California diventa India coloniale con il fortino dell’esercito inglese, il tempio della dea Kalì e le strade attraversate dagli ufficiali. Ma qui è stato filmato anche “Il Gladiatore” nella sequenza struggente in cui Russell Crowe cavalca verso casa. Il Mount Whitney, il più alto degli Stati Uniti escluse le vette dell’Alaska, viene spesso incluso tra le location. John Wayne lo ha alle spalle in uno scatto nel backstage di “Pugni, pupe e pepite” di Henry Hathaway, del 1960. Seduto, con una coperta sulle spalle, sorride all’obiettivo. Sono molti i film in cui il più grande dei cowboy ha avuto come sfondo la Sierra Nevada, più di dieci solo negli anni Trenta, e forse proprio lui è il vero simbolo del West non ancora dimenticato.
    (laria. M. Linetti, Secolo XIX).














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22 replies since 23/10/2011, 09:52   3078 views
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