GIORGIO BASSANI

scrittore e poeta italiano

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    Giorgio Bassani











    Biografia






    1916 -1933. L'infanzia e l'adolescenza

    Giorgio Bassani nasce il 4marzo l916 a Bologna, dove i genitori, Enrico e Dora Minerbi, si erano temporaneamente trasferiti. La famiglia e ferrarese da parecchie generazioni e appartenente alleata borghesia ebraica. Il padre è medico, pur non avendo mai esercitato, e mantiene il nucleo famigliare con la rendita derivante da alcune proprietà terriere; la madre segue delle lezioni di canto fino al matrimonio. Il nonno paterno Davide Bassani è un ricco commerciante di tessuti, mentre quello materno, Cesare Minerbi, svolge l’attività di primario presso l'ospedale S. Anna. La nonna da parte di padre si chiama Jenny Hannau,.quella materna Emma Marchi, cattolica. Dora ed Enrico hanno modo di conoscersi perché il dottor Minerbi è il medico dei Bassani e si sposano nel 1915. Dopo Giorgio, nascono altri due figli, Paolo e Jenny, che con lui, nell'antica casa signorile di via Cisterna del Follo a Ferrara, vivono un'infanzia e un'adolescenza piuttosto serene. Sempre nella città estense, frequenta il Liceo Classico "L. Ariosto", studiando contemporaneamente il piano: voleva diventare un musicista, ma a diciassette anni, come ricorda la sorella, smette all'improvviso di esercitarsi e si dedica anima e corpo allo studio della letteratura. Compagno di banco degli anni liceali è Lanfranco Caretti che ritroverà anche all'Università. Il suo profitto è molto buono, ma non il migliore della classe: forse è penalizzato da una leggera balbuzie, accentuata da un carattere emotivo, schivo e introverso. Il clima vissuto nel periodo del liceo è narrato in Dietro la porta (1964), in una combinazione equilibrata di componenti reali e finzione romanzesca tipica di tutta la produzione narrativa. L’insegnante che maggiormente influì in questi anni sulla sua formazione è Francesco Viviani, docente di latino e greco, celebre fra gli studenti per la sua severità e la sua intransigenza. Quando nel 1936 verrà allontanato dall'esercizio dell'insegnamento nelle scuole pubbliche per il suo antifascismo, Bassani gli scriverà una lettera commossa ricordando di essere stato un suo scolaro, «uno dei più vicini»,e testimoniando ancora la memoria della «Sua virile nobiltà», della «Sua sapienza» e della «Sua rettitudine e bontà». L'insegnante di italiano è il comacchiese Francesco Carli, fiduciario dell'assocazione “Dante Alighieri", che trasmette agli allievi l'amore per il poeta della Divina Commedia. Ne rimangono tracce nel titolo dato alla seconda raccolta poetica, un verso del Purgatorio: Te lucis ante (1947). Questi non sono solo anni di studio:Giorgio manifesta sin da giovanissimo la sua passione per il tennis, sport che praticherà per tutta la vita anche a Roma. A Ferrara, al circolo"Marfisa d'Este" in via A. Saffi, si riunisce un gruppo di giovani, «la jeunesse dorée» ferrarese (GaetanoTumiati), tra cui Michelangelo Antonioni, al quale lo legherà una amicizia duratura.











    1934-1939. La formazione universitaria e le prime prove di scrittura.

    Nel luglio del l934, consegue la maturità classica e si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna, infrangendo una lunga tradizione famigliare di laureati in medicina. Il primo anno di corso scorre in modo tranquillo,una lezione dopo l’altra con l'amico Caretti. A Bologna Giorgio fa anche la conoscenza di Attilio Bertolucci, Antonio Rinaldi, Francesco e Gaetano Arcangeli, Giuseppe Raimondi, Franco Giovannelli, Augusto Frassineti, amicizie che fortemente segneranno questo periodo della sua formazione; tutti nomi destinati a diventare, a vario titolo, protagonisti del panorama culturale del Novecento italiano. In quegli anni per un giovane studioso la città felsinea non rappresenta solo la formazione universitaria; significa anche una cultura parallela a quella accademica, un particolare tipo di letteratura, quella di Bacchelli e di Longanesi, e una scuola artistica, quella di Morandi, delle quali Bassani si dichiarerà discepolo. Il gruppo di amici di cui fa parte si nutre di tutte queste varie esperienze intellettuali, senza che l'ammirazione per i modelli significhi pedissequa imitazione. Anzi, mette in risalto la loro diversità nella ricerca di un nuovo modo di intendere la scrittura. Nel tardo autunno del 1935 comincia anche a frequentare le lezioni di Roberto Longhi, un «vero maestro», con cui inizia un rapporto profondo destinato a durare per tutta la vita di là dagli interessi artistico-letterari. Il metodo interpretativo del professore applicato alle pitture del Quattro-Cinquecento lo affascina e lo suggestiona tanto che, durante i quotidiani viaggi in treno tra Ferrara e Bologna, filtra il paesaggio della pianura circostante con le tonalità chiaroscurali di quei quadri, cercando di ricreare quella luce e quei colori nella sua prima produzione poetica. Contemporaneamente, a Ferrara frequenta un gruppo di giovani laureati normalisti, professori di prima nomina: Giuseppe Dessi, Claudio Varese, Mario Pinna, Franco Fulgheri Dessi, che lo instradano sempre più verso posizioni antifasciste. La loro influenza letteraria (soprattutto di Giuseppe Dessi e del suo San Silvano) si avvertirà nel racconto Un concerto, incluso nella prima raccolta Una città di pianura (1940). Sempre nel 1935, poco più che diciannovenne, pubblica sulla terza pagina del "Corriere Padano" - quotidiano ferrarese fondato da Italo Balbo dieci anni prima - il suo racconto d'esordio, III classe. Il testo reca i segni delle letture di quegli anni, gli echi degli ambienti culturali frequentati tra Bologna e Ferrara. A quel tentativo di scrittura ne fanno seguito altri: nel 1936 pubblica Nuvole e mare e I mendicanti, quest'ultimo particolarmente ap- prezzato da Longhi che lo invita a continuare a scrivere. E Giorgio non disillude il maestro: la collaborazione con il "Padano" con racconti, recensioni, traduzioni, continua fino alla fine del 1937, interrompendosi l'anno successivo solo a seguito delle leggi razziali. Il suo ideale alto e conclusivo di intellettuale diviene Benedetto Croce, ovviamente fuori del cerchio delle conoscenze dirette, come esempio estremo di pensatore libero e padrone d'una compiuta filosofia della storia, dell'arte e della vita. Arriverà ad affermare che «l'esperienza idealistica è il fatto assolutamente centrale della propria formazione». Alle letture filosofiche affianca quelle dei testi della letteratura contemporanea, studiando con Garetti presso la fornita e aggiornata biblioteca di Giuseppe Ravegnani, «il più illustre, con Nello Quilici, dei letterati ferraresi» (G. Bassani). Lo stesso che nel 1938 si renderà colpevole del suo allontanamento dai locali della Biblioteca Ariostea a seguito delle leggi razziali. Darà testimonianza di questo episodio nel romanzo II giardino dei Finzi-Contini. Nel 1937 conosce a Bologna Carlo Ludovico Ragghianti, con il quale comincia clandestinamente l'attività antifascista. Nello stesso anno è a Napoli per disputare i Littoriali della Cultura. Variamente discussi durante tutto l'arco dell'anno, i temi della razza trovano, nel corso del 1938, la loro formulazione giuridica. Docenti e studenti di origine ebrea sono esclusi da tutte le scuole del Regno e i cittadini ebrei immigrati in Italia dopo il 1919 sono invitati a lasciare il territorio italiano. Ormai, d'ora in avanti le disposizioni contro gli ebrei si faranno sempre più restrittive fino a che, nel 1943, la cosiddetta "soluzione" del problema ebraico passerà nelle mani degli occupanti tedeschi. Nell'immediato, l'applicazione delle leggi razziali sembra non turbare la tranquillità della famiglia Bassani. Giorgio è in quell'anno prima a Firenze, dove frequenta l'ambiente di "Giubbe Rosse" e dove incontra Manlio Cancogni, e dopo a Napoli per disputare i Littoriali dello Sport, ma in lui, a seguito della progressiva esclusione dalla vita civile, si aprirà una ferita non rimarginabile. A giugno del 1939 si laurea in Letteratura Italiana con Carlo Calcaterra, discutendo una tesi su Niccolo Tommaseo. Ormai giovane insegnante, è costretto ad esercitare non presso il Liceo statale "L. Ariosto", ma nella scuola israelitica del ghetto, in via Vignatagliata. La sua didattica non è di tipo tradizionale: agli allievi fa conoscere gli autori contemporanei, formandoli al senso della libertà, della giustizia e alla difesa dei valori morali e civili. In questo periodo, l'impegno etico, che caratterizzerà tutta la sua vita, trova nell'insegnamento e nella scrittura le vie privilegiate di manifestazione.

    1940-1947. Gli anni della guerra, di "Una città di pianura " e delle prime raccolte poetiche.

    Nel 1940, presso l'Officina d'Arte Grafica A. Ludni e C., esce con lo pseudonimo di Giacomo Marchi Una città di pianura. Il cognome è quello della nonna cattolica, il nome di uno zio molto amato che ricorderà in una poesia della sua ultima produzione (Storia di famiglia, in Epitaffio). I racconti verranno in seguito considerati dal loro stesso autore come «una prima prova giovanile»; tuttavia significativa poiché per la prima volta Ferrara si presenta come sfondo unitario delle vicende, ancora nascosta da un'abbreviazione che non riesce a celarne l'identità. Soprattutto, la città assurge a simbolo della crisi della società borghese avvertita come decadenza di un'epoca intera. Lo stile è pervaso da un accentuato lirismo, di impronta ancora fortemente letteraria. Conosce in quell'anno anche Valeria Sinigallia, che, come lui, frequentava il campo da tennis privato di Elvira Zamorani in via Palestre a Ferrara, e poco dopo annuncia alla famiglia il loro fidanzamento. Nel frattempo, si dedica attivamente alla lotta antifascista insieme ad altri oppositori del regime, tra cui Ugo La Malfa, Ferruccio Farri e Cesare Gnudi, ospitandoli spesso a casa propria. Continua anche la sua attività di insegnante, ma gli allievi sono stati drasticamente ridotti di numero dall'incalzare degli eventi bellici: ne rimangono tre (Paolo e Roberto Ravenna e la sorella Jenny). Spesso le lezioni si svolgono nel suo studio al piano terra di Via Cisterna del Follo. Nel maggio del 1943 viene arrestato e condotto in carcere. Da qui scrive alla famiglia e alla fidanzata lettere che saranno poi pubblicate nella sua raccolta saggistica Di là dal cuore (1984). Durante la reclusione legge e rilegge i classici, unico conforto alla noia e alla malinconia. Dopo la caduta del fascismo e la dichiarazione d'armistizio dell'Italia con l'esercito alleato, il 26 luglio è scarcerato. Il 4 agosto a Bologna si sposa, decidendo di non tornare più a Ferrara, luogo ormai divenuto troppo pericoloso. Avverte i famigliari di raggiungerlo al più presto a Firenze, in cui si trasferisce subito dopo la conclusione del viaggio di nozze. E’ un periodo molto duro: vive sotto falso nome, teme eventuali delatori, ma la preoccupazione maggiore è procurarsi il denaro necessario per sopravvivere. Per pagare le spese traduce Addio alle armi di Hemingway, di cui non risulta la pubblicazione, e altri testi come La vita privata di Federico II di Voltaire. Frequenta spesso il Gabinetto Viessieux insieme a Cancogni e continua la sua attività di antifascista con gli amici del Partito d'Azione, come Ragghianti e Calamandrei. In questo periodo si dedica integralmente alla poesia. Tanta e tale la predilezione per la scrittura poetica che confida a Cancogni di non volere dare soddisfazione a chi gli suggerisce la strada del romanzo. La famiglia, rimasta a Ferrara e scampata ai rastrellamenti tedeschi nascosta in un armadio (molti dei parenti sono invece deportati a Buchenwaid), lo raggiunge a Firenze; Cancogni provvede a trovare una sistemazione. Tuttavia, il ricongiungimento dura pochi mesi: il 6 dicembre 1943 Giorgio parte per Roma, città di residenza di tutta la vita. I primi mesi del 1944 sono vissuti in modo febbrile nell'attesa della Liberazione da parte degli anglo-americani; di questo periodo racconterà in Pagine di un diario ritrovato, pubblicato prima su rivista: Roma, inverno '44 (pagine di un diario inedito), in "La Rivista Trimestrale", n. 9, Marzo 1964, pp.102-112, poi riedito in Le parole preparate emDUà dal cuore. Si tratta del resoconto sotto forma diaristica dei fatti avvenuti nella capitale tra il 25 gennaio e il 19 febbraio; è insieme racconto di esperienze private, interpretazione personale del momento storico e testimonianza diretta degli avvenimenti. Nel frattempo ritrova Michelangelo Antonioni e stringe amicizia con Elena e Alda Croce. In estate si reca a Napoli dove si era trasferito un nutrito gruppo di intellettuali tra cui Longanesi. Conosce Mario Soldati. Nel 1945, l'anno della nascita della figlia Paola, pubblica da Astrolabio Storie dei poveri amanti e altri versi che raccoglie le poesie composte tra il '39 e il '45. L'anno successivo esce la seconda edizione accresciuta di cinque nuovi componimenti. Bassani mantiene l'originaria cornice idillica della pianura ferrarese, in una dimensione di memoria e di assenza. Tuttavia, pur nella permanenza di un tono lirico-evocativo, comincia ad insinuarsi il tema dell'esclusione e del dolore. L'esperienza della guerra e della carcerazione lascia tracce sulla scrittura. Nell'immediato dopoguerra per mantenere la famiglia si adatta a qualsiasi tipo di occupazione: è impiegato presso il Ministero del Lavoro – Ufficio Reduci di guerra - anche con funzioni di bibliotecario e collabora con il rotocalco "Mondo d'oggi". Dopo lo scioglimento del Partito d'azione s'iscrive a quello socialista. A chi lo accusa di incoerenza, risponde di essere certo un borghese ma non «decadente», e perciò consapevole delle sue responsabilità. Conosce, probabilmente nel 1946, un giovanissimo Cesare Garboli e, soprattutto, la famiglia Gallo, Niccolo e la moglie Dinda, instaurando con loro un'amicizia profonda e particolare. Diverranno i primi lettori delle sue opere ancora in divenire, consultati quotidianamente per operare revisioni e varianti ai testi. Alla memoria di Niccolo Gallo dedica II romanzo di Ferrara. In questo stesso periodo comincia anche a frequentare la casa di Maria e Goffredo Bellonci: viene inserito nella lista degli "Amici della Domenica" che diventeranno nel 1947 la giuria del Premio Strega. E il 1947 è proprio un anno decisivo: conosce Marguerite Caetani, principessa di Bassiano, donna colta e facoltosa che voleva continuare in Italia l'opera di diffusione culturale iniziata in Francia con la rivista "Commerce". Contemporaneamente presso Ubaldini esce la seconda raccolta di poesie Te lucis ante. 1946-1947. Si tratta di una svolta nella poetica bassaniana, giacché mostra l'irruzione definitiva della storia nell' "idillio" in cui erano collocati i componimenti precedenti. Scrive Bassani: «Se nei versi che stavo scrivendo volevo accogliere la nuova realtà che si imponeva al mio spirito, tutta la nuova realtà di me stesso e del mondo, allora dovevo lottare senza pietà, senza la minima condiscendenza nei confronti della natura, contro il ritagliato paradiso del gusto e della cultura, contro il facile paradiso degli affetti primordiali, da campirsi, inevitabilmente!, su uno sfondo di idillio. Lacerare una trama delicata, odiare ciò che più amavo: si trattava di un rischio necessario. Soltanto se avvertivo la vita abbandonarmi, soltanto in questo caso potevo consentire a me stesso di volgere attorno, sulla scena del mondo, lo sguardo sereno, da artista, di una volta» (Poscritto, in L'alba ai vetri, Einaudi, Torino 1963, p. 85). Da qui, da questo mutamento, iniziano gli anni della narrativa e delle Storie ferraresi.











    1948-1960. L'esperienza di redattore e la lenta composizione delle "Storie".

    Nel 1948 la principessa Caetani gli affida la redazione di "Botteghe Oscure", la rivista letteraria da lei fondata e pubblicata. È un periodico antologico di cui Bassani diventa la coscienza critica, scegliendo il meglio della creatività letteraria internazionale. Pubblica gli scritti dei maggiori autori italiani e stranieri del tempo, scoprendo nuovi talenti e mostrando in questo uno straordinario fiuto. A marzo s'imbatte in un giovanissimo Pasolini, intuendone subito le grandi potenzialità. Nel primo quaderno della rivista, grazie a un consiglio affettuoso della Principessa Caetani, esce Storia d'amore, seconda versione del racconto Storia di Debora già pubblicato in Una città di pianura. È così che ricomincia a scrivere testi narrativi. A seguito di una lunga e faticosa revisione, Storia d'amore è pubblicato con il titolo Lido. Mantovani nelle Cinque storie ferraresi: un'elaborazione, la sua, durata vent'anni. Aderisce all'Alleanza della Cultura, fondata sotto il patrocinio di Emilio Sereni, responsabile della politica culturale del PCI; insieme a lui firmano Aleramo, Alvaro, Bontempelli, Ginzburg e Muscetta. Sempre nel 1948 muore il padre all'età di sessantatre anni. Nel 1949 nasce il secondogenito Enrico e comincia a insegnare all'Istituto Nautico di Napoli. Nel 1951 pubblica da Mondadori Un 'altra libertà che sancisce definitivamente la conclusione della prima fase della sua produzione poetica. In versi tra autobiografia e sublimazione simbolica della realtà, le fondamentali esperienze della guerra, dell'odio e del terrore vi entrano come un'eco dolorosa, un presagio di morte incombente. Contemporaneamente a Un 'altra libertà, escono su "Botteghe Oscure" Una passeggiata prima di cena e l'anno successivo Una lapide in via Mozzini. Cominciano a profilarsi gli scritti che andranno a costituire le Cinque storie ferraresi. Ferrara entra definitivamente in scena come protagonista della narrazione insieme ai personaggi, le cui vicende sono quasi tutte contrassegnate dall'esperienza dell'esclusione razziale, da un profondo senso di solitudine e di sconfitta. Lascia l'Istituto Nautico di Napoli e si trasferisce alla Scuola d'Arte di Velletri. Per aiutare Pasolini, lo propone alla Principessa Caetani candidandolo ad un posto di bibliotecario; ma l'amico è troppo giovane e non viene assunto. Intanto, svolge un'intensa attività di sceneggiatore, cogliendo dai testi scritti per il cinema soluzioni di tecnica descrittiva e compositiva dei campi visivi, delle rese prospettiche, delle strutture espressive e dinamiche che si dimostreranno estremamente utili nella scrittura dei racconti e dei romanzi (si pensi all'incipit di Una passeggiata prima di cena, alla famosa "inquadratura" di Corso Giovecca). Contribuisce alla sceneggiatura di molti film di Soldati: Le avventure di Mandrin, La provinciale (tratto dall'omonimo racconto di Moravia); partecipa alla pellicola di Antomoni I nostri figli (uscito, dopo la censura, con il titolo I vinti). Probabile una sua consulenza anche nella realizzazione filmica della novella di Boito Senso compiuta da Luchino Visconti. Prende parte come comparsa (è un insegnante) al film le ragazze di piazza di Spagna di Luciano Emmer. Nel 1953 esce da Sansoni con il titolo La passeggiata prima di cena una raccolta dei tre scritti precedentemente usciti su "Botteghe Oscure". Nel frattempo, diviene redattore anche della rivista "Paragone", diretta da Anna Banti e Roberto Longhi. Nonostante la sua attività si svolga a Roma, continua a mantenere profondi legami con la sua terra e con gli amici conosciuti a Bologna. Ritorna spesso nel capoluogo emiliano in compagnia di Pasolini, di cui è diventato molto amico, e si ritrova con Frassineti, GiovanneUi, Bertolucci. Per tutto il 1954 continua la collaborazione con l'industria cinematografica: con Paiano, Pratolini^ Age e Scarpelli firma la sceneggiatura del film di Alessandro Blasetti Tempi nostri-Zibaldone n.2, tratto da racconti di Moravia, Pratolini e altri autori italiani. Contribuisce al film di Luigi Zampa La romana, dal testo di Moravia. E ancora: per Soldati scrive l'episodio intitolato II ventaglino del film Questa è la vita, ispirato alla novellistica pirandelliana, e La mano dello straniero, adattamento di un racconto di Graham Greene. Le sue sono competenze che si muovono in modo sicuro dai classici della letteratura italiana agli autori contemporanei, anche stranieri. È proprio Bassani a introdurre Pasolini nell'ambiente del cinema, coinvolgendolo nella realizzazione del film di Soldati La donna del fiume: a marzo i due amici sono a Cornacchie per un sopralluogo. Dopo un viaggio di dieci giorni in Olanda, in settembre è a S. Pellegrino Terme ad un Convegno organizzato da Montale: qui conosce Giuseppe Tommasi di Lampedusa, che aveva accompagnato per l'occasione il cugino Lucio Piccolo. Sempre nell'autunno muore il nonno Cesare Minerbi, da cui aveva preso spunto per il personaggio di Elia Corcos protagonista della Passeggiata prima di cena, dando ad entrambi lo stesso «sguardo distante di chi ha scrutato il dolore», come recitano i suoi versi incisi sulla lapide nel cimitero ebraico di Ferrara. Nel maggio 1954 esce su "Paragone" Gli ultimi anni di Delia Trotti, ripubblicato l'anno successivo presso Nistri-Lischi e con cui si aggiudicherà nel 1957 il "Premio internazionale Veillon". Nel 1955, tra il luglio e l'agosto lavora alla sceneggiatura del fimi La prigioniera della montagna di Luis Trenker, isolandosi con Pasolini tra le montagne di Ortisei. L'amico, che si sta attivando per fondare una rivista di letteratura, gli chiede consiglio sul titolo: Bassani propone "II mondo reale", ma in una nuova riunione a cui partecipano tra gli altri Volponi, Citati, e Bertolucci, si decide per "Officina". Nello stesso anno, è tra i fondatori dell'associazione "Italia Nostra" (con Elena Croce, Pietro Paolo Trompeo, Desideria Pasolini Dall'Onda, Luigi Magnani, Hubert Howard, Filippo Caracciolo, Umberto Zanotti Bianco), che propone per statuto la tutela non solo dei beni naturalistici, ma anche di quelli artistici presenti sul suolo italiano, considerati sacri perché patrimonio storico del mondo intero. Continua anche in questo modo l'impegno sociale e civile dimostrato fin dagli anni dell'antifascismo clandestino e dell'attività politica. Sempre su "Botteghe Oscure" esce Una notte del '43. Ormai ci sono tutte le componenti necessario alla pubblicazione delle Cinque storie ferraresi, che vengono stampate da Einaudi nel 1956, aggiudicandosi il "Premio Strega" di quello stesso anno. Il testo segna un altro momento fondamentale nella poetica di Bassani, come lui stesso dichiara qualche anno dopo: «Ormai Ferrara c'era. A forza di accarezzarla e indagarla da ogni parte, mi pareva di essere riuscito a metterla in piedi, a fame a grado a grado qualcosa di concreto, di reale, insomma di credibile. Era molto - pensavo -. Ma anche poco. E in ogni caso non sufficiente.] Al punto in cui mi trovavo, Ferrara, il piccolo segregato universo da me inventato, non avrebbe più saputo svelarmi nulla di sostanzialmente nuovo. Se volevo che tornasse a dirmi qualcosa, bisognava che mi riuscisse di includervi anche colui che dopo essersene separato aveva insistito per molti anni a drizzare dentro le rosse mura della patria il teatro della propria letteratura, cioè me stesso» (mLaggiù in fondo al corridoio, in L'odore del fieno, Mondadori, Milano 1980, p. 733). Abbandonerà, quindi, la terza persona per dire finalmente «io» negli Occhiali d'oro (1958). Nello stesso anno delle Cinque storie e del loro successo di pubblico (tre edizioni in pochi mesi) diviene consulente editoriale presso la Feltrinelli. Nella collana "Biblioteca di Letteratura. I contemporanei" da lui diretta pubblicano i maggiori autori del tempo, già scrittori sulle pagine di "Botteghe Oscure". Scopre molti giovani di talento, fino a quando, nel 1958, farà uscire forse il caso letterario del Novecento: II gattopardo di Tommasi di Lampedusa. Il testo era stato rifiutato dal Conte Federici, allora funzionario della Mondadori, e da Elio Vittorini, che dirigeva la collana "I Gettoni" per Einaudi. Infine, Elena Croce lo aveva passato a lui. Saputo che il libro sarebbe uscito postumo per la morte prematura dell'autore, si dirige in tutta fretta a Palermo e si fa consegnare dalla vedova il manoscritto originale e integrale. Lo fa stampare dopo una serie di riscontri e con una sua prefazione. Nel 1957 inizia l'insegnamento di storia del teatro all'Accademia d'Arte drammatica "Silvio d'Amico" di Roma, che concluderà dieci anni dopo con la richiesta di pensionamento. Tiene corsi di recitazione e di regia. Le sue lezioni sono seguite da futuri attori di successo, come Carmelo Bene, Giancarlo Giannini, Ugo Pagliai. Ricordano gli allievi la sua passione per il teatro elisabettiano e quello francese di Corneille, Racine e del primo Molière. Riservato, un po' schivo ma molto esigente, voleva che i testi fossero letti e conosciuti in lingua originale. In quello stesso anno si reca a Cerveteri per una gita domenicale con la famiglia, gli amici Gallo, Garboli e Citati: l'episodio verrà narrato nel prologo dei Finzi-Contini. In agosto è in vacanza ad Antignano con Pasolini e Carlo Emilio Gadda, frequentando anche Natalia Ginzburg e Gabriele Baldini. Nel 1958 pubblica Gli occhiali d'oro, prima su "Paragone" poi in volume presso Einaudi. Storia parallela di due diversità, quella dell'io narrante ebreo e quella del protagonista omosessuale Athos Fadigati, il testo era piaciuto molto a Moravia che avrebbe voluto pubblicarlo su "Nuovi Argomenti"; e a Calvino, che giudica Bassani «uno dei due o tre scrittori italiani di valore rivelatisi nel dopoguerra». Ai primi di luglio, recensendo alla radio il testo appena uscito, Garetti fa riferimento ad un trittico di cui il romanzo sarebbe stato solo un primo tempo. L'amico, ringraziandolo con una lettera, conferma il progetto delineandone in breve uno schema, peraltro mai realizzato. È spesso in vacanza con gli amici di sempre: Roberto Longhi, Anna Banti, Mario Soldati, e frequenta anche Franco Fortini ed Enzo Siciliano. Cominciano a farsi più frequenti i viaggi all'estero; alla fine del 1958 è a Varsavia per un congresso del Pen Club e per lo stesso motivo nel luglio del 1959 è a Francoforte. In novembre è nella giuria del Premio Crotone, assegnato a Pasolini per Una vita violenta, con Ungaretti, Debenedetti, Moravia e Gadda. Nel 1960 Cinque storie ferraresi e Gli occhiali d 'oro confluiscono in una nuova edizione accresciuta dal titolo Le storie ferraresi. È qui testimoniata per la prima volta nella sua consistenza l'intenzione dell'autore di riprendere più e più volte la sua opera e farla oggetto di accanita riscrittura fra l'alternato parere della critica. Collabora con le maggiori riviste letterarie: da un lato "l'Approdo", "La Fiera letteraria", "Letteratura", "Nuovi Argomenti"; dall'altro lato "Il Mondo", quello fiorentino, diretto da Alessandro Bonsanti ed Eugenio Montale e molte altre ancora. Proprio nel '60, invece, "Botteghe Oscure" cessa la sua attività. Nel Congedo pubblicato sull'ultimo quaderno, Bassani ripercorre le linee essenziali del progetto che ha sorretto la rivista fin dal suo esordio, affermando che «molti degli scrittori più largamente ospitati [...] ci hanno poi dato parecchi libri importanti, senza menzionare i quali nessun discorso serio sarebbe possibile oggi nella nostra letteratura» (in "Botteghe Oscure", a. XV, spring, 1969. p. 437). Era consapevole, dunque, di essere un arbiter della cultura letteraria del tempo. A testimonianza del successo delle Storie ferraresi, il regista Florestano Vancini comincia a lavorare alla versione cinematografica di Una notte del '43. La sceneggiatura viene affidata a Ennio de Concini e a Pasolini, mentre il ruolo di Bassani è di semplice consulente, non avendo voluto partecipare direttamente al "trattamento" del testo: non è dell'idea che si possa offrire una redazione diversa del suo prodotto narrativo.















    1961-1968. Gli anni dei romanzi e del successo internazionale.

    Dopo lunghissima gestazione (alcune delle pagine destinate a entrare nella struttura del romanzo risalgono agli inizi degli anni Quaranta, come testimonia lo scritto Frammento 1942, in "Palatina", anno V, n. 20, ottobre, dicembre 1961, pp. 5-8), pubblica nel 1962 Il giardino dei Finzi-Contini, il suo primo vero romanzo, "Premio Viareggio" di quell'anno. Il libro è l'espressione del mondo dello scrittore, dal piano formale a quello intellettuale, connotandosi come la fusione equilibrata tra prosa d'arte e testimonianza memoriale, tra desiderio della bella pagina, scrittura misurata, e di esperienza morale, intellettuale e politica. Il successo è enorme, le vendite superano le centomila copie in cinque mesi. Viene eletto consigliere comunale di Ferrara, iniziando una lotta politica a tutela dei beni artistici e storici della città contro gli schieramenti che volevano favorire l'eccessivo proliferare di industrie e delle imprese del cemento. In sostanza, cerca di applicare nel concreto i principi ispiratori dell'Associazione "Italia Nostra". Nel 1963 è di nuovo tra i giurati del "Premio Crotone", vinto da Maria Corti con L'ora di tutti. La scrittrice e critica letteraria riconoscerà il peso determinante di Bassani nel giudizio positivo espresso dai giurati nei confronti del suo romanzo. Pubblica da Einaudi L'alba ai vetri. Poesie 1942-'50, in cui confluiscono con varianti le tre prece- denti raccolte poetiche ma senza aggiunte; in quel periodo si dedica prevalentemente alla scrittura narrativa. Nascono incomprensioni con l'editore Feltrinelli, che, volendo mutare l'orientamento della casa editrice verso posizioni più sperimentali, decide la fine della collana "Biblioteca di Letteratura". Il casus belli è la pubblicazione di Fratelli d'Italia di Arbasino. Bassani respinge una prima volta il testo non per una sua intrinseca mancanza di qualità, ma perché a suo giudizio era necessaria un'ulteriore revisione formale. È accusato di averlo rifiutato perché contenente giudizi poco lusinghieri su alcuni scrittori suoi amici e il libro viene stampato a sua insaputa in un'altra collana. È la rottura: è denunciato dalla Feltrinelli per spionaggio editoriale, ma è lo scrittore a vincere la causa. Nello stesso periodo, subisce gli attacchi del Gruppo '63: viene definito la «Liala della letteratura italiana" per il preziosismo stilistico utilizzato sulla scia dei modelli ottocenteschi di cui, tuttavia, pareva non dimostrarsi all'altezza. La narrativa bassaniana è giudicata come un ibrido, fusione di diverse tendenze letterarie non allo scopo di ottenere un testo di qualità, ma di accattivarsi il lettore. La risposta di Bassani non si fa attendere: dissociando la sua narrativa da quella di Cassola, a cui era stato accomunato nella critica, annovera tra i suoi intenti quello morale e pedagogico. In quest'ottica non poteva muoversi che su due piani: quello patetico, nella volontà di coinvolgere ed educare il lettore, e quello estetico, nella convinzione che la dimensione letteraria sia un meccanismo regolato da precise e universali leggi. Nel 1964 esce presso Einaudi il romanzo Dietro la porta e nello stesso anno diviene Vicepresidente della RAI, candidato dal partito socialista. Si occupa prevalentemente dei programmi culturali come "L'Approdo letterario", la cui direzione affida all'amico Bertolucci. I riconoscimenti a livello pubblico non si concludono qui: nel 1965 diviene presidente di "Italia Nostra", dopo Umberto Zanotti Bianco e Filippo Caracciolo. Mentre nel '66 è in viaggio all'estero, i dirigenti della RAI che avrebbero dovuto aspettare il suo rientro approvano le nuove nomine senza consultarlo. Immediate le dimissioni, dalla RAI e dal partito, dove è sostituito da Luciano Paolicchi. In nome della vecchia amicizia con Ugo La Malfa si iscrive al Partito Repubblicano. Nello stesso anno pubblica con Einaudi Le parole preparate, la prima raccolta dei suoi testi saggistici precedentemente pubblicati su quotidiani e riviste. Nella sua immagine complessiva della scrittura i saggi non sono disgiunti dalla produzione creativa, costituendone, anzi, il naturale completamento. Nel 1968 pubblica presso Mondadori il suo ultimo romanzo, L'airone, che, l'anno successivo, vince il Campiello, messo in palio dagli industriali veneti. Per non essere accusato di incoerenza rispetto alla sua nota posizione di ambientalista, ritira soltanto il premio "Selezione Campiello" e dona il "Super Campiello" a "Italia Nostra". Sempre nel '69 si aggiudica a Dortmund il premio internazionale "Nelly Sachs" per la sua opera complessiva. Con L'airone si può dire conclusa la sua esperienza narrativa. Scenario dell'ultima giornata del protagonista, Edgardo Limentani, non è più l'ambiente cittadino della Ferrara "dentro le mura", ma lo spazio aperto delle valli del delta padano.














    1970-1980. La revisione continua delle opere, l'ultima produzione poetica e "Il Romanzo di Ferrara".

    Il 1970 è l'anno dell'uscita del Giardino dei Finzi-Contini, con la regia di Vittorio de Sica, ma la l'idea originaria di ricavare un film dal romanzo risale al 1963, quando la Documento Film si era aggiudicata i diritti del libro, in base ad una proposta del regista Valerio Zurlini. Lo sceneggiatore scelto - Valerio Laurani - aveva inserito nel trattamento alcuni episodi tratti da altri romanzi, ma l'operazione era stata respinta da Bassani. Si erano susseguiti Pinelli e Brusati, fino a che nel '66 Zurlini aveva abbandonato il progetto. Quattro anni dopo la realizzazione è affidata a De Sica, che offre la sceneggiatura a Vittorio Bonicelli. Conoscendo l'opinione dello scrittore sulle rese cinematografiche, già espressa in occasione del film di Vancini, lo coinvolge il più possibile. Tuttavia, la Documento Film non approva la versione definitiva. Bassani lo scoprirà solo alla prima della pellicola, modificata nella sostanza in seconda battuta da Ugo Pirro. Lo scrittore, quindi, chiede e ottiene attraverso un'azione legale che il proprio nome sia depennato da quelli degli sceneggiatori, vincendo la causa. La motivazione addotta è che il suo Giardino, in realtà, era stato «tradito». Tra un viaggio e l'altro all'estero (è a Monaco, Zurigo, Parigi e in molte altre città europee e americane), l'anno successivo rompe freddamente i rapporti con "Paragone". Avrebbe dovuto presentare un servizio televisivo in ricordo di Roberto Longhi, ma Anna Banti si era opposta, preoccupata che la personalità di Bassani offuscasse l'immagine del marito. Il suo orgoglio è ferito e la collaborazione con la rivista non è più possibile. Da Mondadori pubblica nel 1972 L'odore del fieno, una raccolta di brevi narrazioni già uscite in precedenza su rivista o seconde stesure di testi editi in volume. Ormai da qualche tempo si propone di rivedere la sua intera opera narrativa, secondo criteri rigorosi e perfezionistici di riscrittura. Prende sempre più corpo l'idea del Romanzo di Ferrara. Nel 1973, infatti, esce Dentro le mura, una versione completamente rielaborata delle Storie ferraresi e nel 1974 una prima edizione proprio del Romanzo di Ferrara, raccolta di tutti i suoi testi narrativi di argomento ferrarese. Nello stesso anno pubblica Epitaffio, che rappresenta una svolta in senso ironico della produzione poetica pur in una dimensione prevalentemente narrativa. La scelta dell'epigrafe è rivelatrice. In questo periodo è spesso all'estero, dove si impegna come insegnante in seminari. Tra il 1975 e il 1977 è a Evasten (Chicago), alla Northwestern University of Illinois, a New York, a Bloomington all'Indiana University, a Berkeley in Califomia, a Toronto in Canada, a Vienna, a Stoccolma e ad Atene, promuovendo le traduzioni dei suoi libri e svolgendo lezioni di letteratura italiana contemporanea. Intanto continua a scrivere poesie secondo la linea inaugurata da Epitaffio: i componimenti stesi tra il '75 e il '77 escono nel 1978 in una raccolta dal titolo In gran segreto. Con questo volume si compie anche la seconda stagione lirica. Sempre in quest'anno, partecipa a due convegni a Ferrara: uno organizzato dalla sezione locale di "Italia Nostra" per la difesa delle mura della città estense (proprio per il suo impegno ambientalistico gli viene consegnato in quell'anno anche il "Premio Lodi"); l'altro organizzato nel novembre dall'Università, in cui reca una testimonianza diretta della "Cultura ferrarese fra le due guerre mondiali" (questo il titolo generale del Convegno). Un altro riconoscimento giunge dalla "Società Dante Alighieri" che lo nomina consigliere emerito. Il 1980 è l'anno in cui presso Mondadori viene pubblicata la versione considerata definitiva del Romanzo di Ferrara. La sua composizione è la seguente: Libro primo, Dentro le mura; Libro secondo: Gli occhiali d'oro; Libro terzo: II giardino dei Finzi-Contini; Libro quarto: Dietro la porta; Libro quinto: L'airone; Libro sesto: L'odore del fieno. È la produzione narrativa dell'intera sua vita. Lo stesso anno diviene Presidente Onorario di "Italia Nostra" e al Saint'Mary's College di NotreDame nell'Indiana riceve la Laurea honoris causa in lettere nella stessa cerimonia in cui viene conferita a Rita Levi Montalcini.




















    1980-2000. L'ultimo periodo.

    Gli ultimi vent'anni della vita dello scrittore sono contrassegnati più dalle onorificenze tributate al- l'impegno civile e letterario, dai viaggi all'estero per promuovere la cultura italiana, che non da nuove produzioni poetiche o narrative. Forse la malattia, forse l'esaurimento della vena artistica o un perfezionismo estremo lo portano a rielaborare il già scritto. Nel 1982 raccoglie in un solo volume, con un'operazione simile a quella compiuta per la narrativa, tutta la sua produzione poetica, operando varianti testuali a livello formale. In rima e senza esce da Mondadori e raccoglie Storie dei poveri amanti. Te lucis ante. Un 'altra libertà, alcune traduzioni, Epitaffio, In gran segreto e qualche poesia inedita. Con questo libro si aggiudica lo stesso anno il "Premio letterario Bagutta" e gli viene consegnato il "Premio Penna d'oro" della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la sua intera produzione letteraria. Nel 1983 vince anche il "Premio Mediterraneo" per la narrativa. In questi anni presenta alla giuria diversi volumi vincitori del "Premio Strega", mostrando di non aver perso il suo fiuto nello scoprire libri di qualità e di successo. Nel 1984 esce, sempre presso Mondadori, Di là dal cuore, in cui fa confluire Le parole preparate del 1966 con l'aggiunta della complessiva produzione saggistica fino agli anni Ottanta: una specie di "diario intellettuale", come lui stesso lo definisce, in grado di offrire una completa spiegazione delle diverse scelte strutturali e stilistiche compiute nell'elaborazione del Romanzo di Ferrara e di In rima e senza. Lo stesso anno vince il "Premio Fregene" per la saggistica. Anche negli anni successivi continua ad aggiudicarsi molti premi letterari: il "Pianella" (1985), il "Premio Pirandello" (1987) il "Premio Tascabile Riviera delle Palme" (1988), in occasione dell'uscita dell'edizione in quel formato de Gli occhiali d'oro, fino al suo ultimo, l' "Antonio Feltrinelli", attribuito dall'Accademia Nazionale dei Lincei nel 1992. Nel 1984 un infarto limita definitivamente la possibilità di frequenti viaggi all'estero, ma continua a muoversi in diverse città italiane. Nel 1987 muore la madre all'età di novantaquattro anni. In quello stesso anno esce il film di Giuliano Montaldo tratto dagli Occhiali d'oro, ultimo tributo del mondo del cinema alla sua narrativa. Bassani lo apprezza, anche se, come spesso è accaduto nella sua esperienza biografica, non riesce a cogliere una corrispondenza compiuta tra resa filmica e romanzo. Le ultime apparizioni pubbliche le compie nella sua Ferrara. Nel 1992 l'Ateneo gli conferisce la laurea honoris causa in scienze. Nel 1993 è la Biblioteca Ariostea ad organizzare un convegno in suo onore, come risarcimento simbolico dell'allontanamento nel ‘38. Già dagli inizi degli anni Novanta segni di una forma degenerativa di Alzheimer diventano più evidenti. Il progetto di scrivere un nuovo romanzo intitolato I due fiumi non può essere portato avanti. Consumato dalla malattia, Giorgio Bassani muore la mattina del 13 aprile 2000 al S. Camillo di Roma, la sua città d'adozione, alle ore 11 e quaranta.















    fonte fondazionegiorgiobassani
     
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