LA STORIA ...DOLCE DELLA SFOGLIATELLA

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    LA SFOGLIATELLA




    Camminando per Napoli è facile restare inebriati da profumo che ci avvolge. E' la sfogliatella, un dolce ricco di tradizione che custodisce al suo interno i segreti di una lontana e magica storia.


    ...La storia...


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    La storia non è quasi mai dolce. Ma ogni dolce ha la sua storia. A volte faticosamente ricostruita, in qualche caso spudoratamente inventata.
    La storia della sfogliatella appartiene alla prima categoria. Di questo dolce tipicamente partenopeo si può tracciare una precisa topomonastica. Avete letto bene; topomonastica, perché il topos della sfogliatella è un monastero. Quello di Santa Rosa, sulla costiera amalfitana, fra Furore e Conca dei Marini. In quel sacro luogo si pregava tanto, ma, trattandosi di un convento di clausura, non si poteva andare da nessuna parte, e quindi di tempo libero ce n’era in abbondanza. Una parte di esso veniva speso in cucina, amministrata in un regime di stretta autarchia: le monache avevano il loro orto e la loro vigna, così da ridurre i contatti con l’esterno, e amplificare quelli con l’Eterno. Anche il pane le religiose se lo facevano da sole, cuocendolo nel forno ogni due settimane. Il menu era uguale per tutte : soltanto le monache anziane potevano godere di un vitto speciale, fatto di nutrienti minestrine.
    Un giorno di 400 anni fa (siamo nel 600) la suora addetta alla cucina si accorse che era avanzata un po’ di semola cotta nel latte. Buttarla, non se ne parlava proprio. Fu così che, ispirata dall’Alto, la cuoca ci buttò dentro un po’ di frutta secca, di zucchero e di liquore al limone. “Potrebbe essere un ripieno”, si disse. Ma cosa poteva metterci sopra e sotto?
    Preparò allora due sfoglie di pasta aggiungendovi strutto e vino bianco, e ci sistemò in mezzo il ripieno. Poi, siccome anche in un convento l’occhio vuole la sua parte, sollevò un po’ la sfoglia superiore, dandole la forma di un cappuccio di monaco, e infornò il tutto. La Madre Superiora sulle prime fiutò il dolce appena sfornato, e subito dopo fiutò l’affare; con quest’invenzione benedetta (e ancor meglio fatta) si poteva far del bene sia ai contadini della zona, che alle casse del convento. La clausura non veniva messa in pericolo: il dolce veniva messo sulla classica ruota, in uscita. Sempre che, sia chiaro, i villici ci avessero messo, in entrata, qualche moneta. A questo dolce venne dato, inevitabilmente, il nome della Santa a cui era dedicato il convento. Come tutti i doni di Dio, la santarosa non poteva restare confinata in un sol luogo, per la gioia di pochi. La divina Provvidenza è un po’ come la dieta: funziona, ma non bisogna darle fretta. La santarosa ci mise circa centocinquant’anni per percorrere i sessanta chilometri tra Amalfi e Napoli. Qui arrivò ai primi dell’800, per merito dell’oste Pasquale Pintauro. I napoletani staranno protestando: ma no!, Pintauro è un pasticciere, e non un oste. Invece nei giorni di cui stiamo parlando era effettivamente un oste, con bottega in via Toledo, proprio di fronte a Santa Brigida. Che rimase un’osteria fino al 1818, anno in cui Pasquale entrò in possesso, per una via che non è mai stata chiarita, della ricetta originale della santarosa. Quell’anno ci furono due conversioni: Pintauro da oste divenne pasticciere, e la sua osteria si convertì in un laboratorio dolciario.
    Pintauro non si limitò a diffondere la santarosa: la modificò, eliminando la crema pasticciera e l’amarena, e sopprimendo la protuberanza superiore a cappuccio di monaco. Era nata la sfogliatella. La sua varietà più famosa, la cosiddetta “riccia”, mantiene da allora la sua forma triangolare, a conchiglia, vagamente rococò (con una sola c, da non confondersi con il roccocò, altro famoso dolce napoletano). Oggi la sfogliatella si può assaggiare in tutte la pasticcerie di Napoli, con soddisfazione. Se si cerca l’eccellenza, la bottega di Pintauro sta sempre là: ha cambiato gestione, ma non il nome e l’insegna, e nemmeno la qualità. Che resta quella di quasi duecento anni fa.
    Al viaggiatore che arriva alla stazione di Napoli, o che abbia almeno venti minuti fra un treno e l’altro, si consiglia di fare un salto da Attanasio, a Vico Ferrovia, che sforna sfogliatelle calde a getto continuo. Sulla sua “puteca” c’è scritto: “Napule tre cose tene belle: ‘o mare, ‘o Vesuvio, e ‘e sfugliatelle”. Un ‘avvertenza: storditi dal profumo della sfogliatella appena sfornata, ormai nelle vostre mani, evitate di addentarla voracemente. La caratteristica sfoglia lamellare è calda, ma il ripieno di ricotta è rovente.





    ...Tipi di sfogliatella...



    ...Ricetta sfogliatella riccia...



    Ingredienti per 6 porzioni:



    Farina tipo 00 400 gr.
    Ricotta 250 gr.
    Zucchero a velo: 200 gr.
    Semolino: 150 gr.
    Canditi misti 150 gr.
    Zucchero semolato: 50 gr.
    Un uovo e 2 tuorli
    Essenza di vaniglia
    Cannella in polvere
    Sale
    Burro 170 gr.



    Preparazione



    RICETTA2
    Posta la farina in una capace ciotola, incorporatele 100 gr. di burro, lo zucchero semolato, un pizzico di sale e la poca acqua sufficiente a ottenere un impasto sodo ed elastico che, datagli la forma di una palla, farete riposare coperto per un'ora al fresco. Fatto bollire in una casseruolina mezzo litro circa d'acqua leggermente salata, versatevi il semolino a pioggia: ripreso il bollore, mantenetelo 5 minuti, rimescolando. Tolto il semolino dal fuoco, fatelo freddare e trasferitelo in una terrina: incorporate la ricotta, 150 gr. di zucchero a velo, un uovo, i canditi sminuzzati, una goccia d'essenza e un'idea di cannella. Fate riposare il composto in frigorifero, coperto da un tovagliolo.

    ricetta5
    Fate liquefare 50 g di burro. Stendete la pasta sulla spianatoia infarinata: la sfoglia dovrà essere più sottile possibile e di forma rettangolare: tagliatela in 4 pezzi di eguali dimensioni, spennellateli di burro e sovrapponeteli. Fate riposare mezz'ora. Arrotolate strettamente le sfoglie sovrapposte, rifilate le estremità del rotolo e tagliatelo a fette larghe 1 cm circa.

    ricetta3
    Poggiata orizzontalmente una fetta sulla spianatoia, spianatela delicatamente con il matterello, agendo da centro verso sinistra in alto, quindi dal centro verso destra in basso. Otterrete una larga losanga al centro della quale depositare un poco di ripieno. Piegatela in due, facendo aderire i bordi e sigillandoli: adagiate la sfogliatella su una teglia da forno imburrata. Acceso il forno, regolate il termostato 200° C. Ripetete sino a esaurimento: spennellate le sfogliatelle di tuorlo sbattuto e fatele cuocere per 20 minuti; abbassato il termostato a 180°C, portatelo a 160° C dopo altri 20 minuti fate cuocere altri 10 minuti. Servite le sfogliatelle calde cosparse dello zucchero a velo residuo.



    ...Ricetta sfogliatella frolla...



    Ingredienti per 6 persone:



    Farina 300 gr.
    Sugna (strutto) 150 gr.
    120 gr. zucchero
    200 gr. semolino
    200 gr. di ricotta
    175 gr. zucchero a velo
    100 gr. cedro e scorzette d'arancia
    1 bustina di vaniglia



    Preparazione



    foto-frolla
    Fate la pasta frolla e mettetela a riposare. In una pentola portate a ebollizione 5 dl. di acqua con un pizzico di sale, versate a pioggia il semolino e fatelo cuocere per circa 15 minuti, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Fatelo raffreddare. Passate a setaccio la ricotta,unitevi lo zucchero a velo, la vaniglia, un uovo, il cedro e le scorzette d'arancia tritati ed il semolino raffreddato. Sulla spianatoia distendete la pasta frolla e ricoprite con questa una tazzina, ponete quindi al centro una parte del ripieno, ripiegate la pasta premendo bene sui bordi, ritagliatela con il tagliapasta in modo da ottenere delle sfogliatelle uguali. Collocatele su una placca unta appena appena di sugna e spennellate con l'uovo sbattuto. Infornate a forno già caldo a 1800 per circa 15 minuti. Servitele calde spolverate di zucchero a velo.



    ...Ricetta della Santarosa detta anche monachina...



    Ingredienti per 6 persone:



    Farina 800 gr.
    Burro 300 gr.
    Sale un pizzico
    Per il ripieno:
    300 gr. crema pasticciera
    200 gr. confettura di amarene
    2 rossi d'uova
    Zucchero a velo



    Preparazione



    foto-santarosa1
    Preparate una pasta sfoglia Con la farina, il burro, e un pizzico di sale. Dopo averla fatta riposare, stendetela col mattarello e, aiutandovi con un tagliapasta, ricavatene tanti tondi di 10 cm. di diametro. Su metà dei tondi versate un po' di confettura di amarene e un po' di crema. Ripiegate i tondi facendone congiungere le estremità con un po' di rosso d'uovo battuto. Col rosso d'uovo spennellate la superficie dei dolci e mettete in forno caldo per circa 30 minuti. Lasciate raffreddare le monachine e con l'apposita tasca guarnitele con un po' di crema e con qualche amarena. Spolveratele infine di zucchero a velo.




    Fonte:sfogliatella.it

    Edited by giuliascardone - 8/4/2012, 22:31
     
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    Tra Amalfi e Positano,mmiez’e sciure
    nce steva nu convent’e clausura.
    Madre Clotilde, suora cuciniera
    pregava d’a matina fin’a sera;
    ma quanno propio lle veneva‘a voglia
    priparava doie strat’e pasta sfoglia.
    Uno ‘o metteva ncoppa,e l’ato a sotta,
    e po’ lle mbuttunava c’a ricotta,
    cu ll’ove, c’a vaniglia e ch’e scurzette.
    Eh, tutta chesta robba nce mettette!
    Stu dolce era na’ cosa favolosa:
    o mettetteno nomme santarosa,


    e ‘o vennettene a tutte’e cuntadine
    ca zappavan’a terra llà vicine.
    A gente ne parlava, e chiane chiane
    giungett’e’ recchie d’e napulitane.
    Pintauro, ca faceva ‘o cantiniere,
    p’ammore sujo fernette pasticciere.
    A Toledo nascette ‘a sfogliatella:
    senz’amarena era chiù bona e bella!
    ‘E sfogliatelle frolle, o chelle ricce
    da Attanasio, Pintauro o Caflisce,
    addò t’e magne, fanno arrecrià.
    So’ sempe na delizia, na bontà!





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    SFOGLIATELLA RICCIA



    foto-riccia1
    La riccia di forma triangolare è croccantissima di , ed è formata da pasta sfoglia sovrapposta a strati fittissimi, e con un caratteristico ripieno di semola, ricotta, canditi, latte, uova e zucchero.





    SFOGLIATELLA FROLLA



    foto-frolla
    La frolla è di forma tonda realizzata con una pasta frolla soffice e deliziosa ed ha lo stesso ripieno identico della sfogliatella riccia (semola, latte, ricotta, canditi, uova e zucchero).






    SFOGLIATELLA SANTAROSA



    foto-santarosa2
    L'antica Santa Rosa nata nel convento di Conca dei marini si componeva di molteplici e sottili sfoglie sovrapposte, confezionato a forma di conchiglia o cappuccio, è poco più grande come della sfogliatella, è ripiena di crema pasticcera e guarnita da un cordone di crema di amarene. Oggi le "Santa Rosa" vengono chiamate anche "monachine".




    SFOGLIATELLA A CODA D'ARAGOSTA



    foto-aragosta1
    Deriva dalla Santa Rosa ed è come una sfogliatella riccia molto più grande e allungata, che come forma ricorda la coda di una aragosta, farcita però di panna o crema chantilly o cioccolata.






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    ...Pasta frolla per 6 sfogliatelle...



    Ingredienti



    3 uova intere
    500 gr. farina
    200 gr. zucchero
    200 gr. di strutto o di burro



    Preparazione



    pasta1
    Su un tavolo disporre la farina e lo zucchero a fontana con al centro il burro ammorbidito, i tuorli d'uovo e la buccia grattugiata di mezzo limone.




    pasta2
    Con una forchetta sbattere le uova al centro della fontana incorporando poco alla volta la farina il burro e lo zucchero.





    pasta3
    Quando gli ingredienti saranno amalgamati, lavorare la pasta rapidamente senza impastarla, ma soltanto pressandola fino a quando il colore sarà diventato uniforme.





    pasta4
    La pasta frolla non va lavorata troppo per non farle perdere la friabilità. Far riposare, almeno una mezz' ora, l'impasto coperto da un tovagliolo bagnato e strizzato.






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    foto-sfo2



    So’ doje sore: ‘a riccia e a frolla.
    Miez’a strada, fann’a folla.
    Chella riccia è chiù sciarmante:
    veste d’oro, ed è croccante,
    caura, doce e profumata.
    L’ata, 'a frolla, è na pupata.
    E’ chiù tonna, e chiù modesta,
    ma si’ a guarde, è già na festa!
    Quann’e ncontre ncopp’o corso
    t’e vulesse magnà a muorze.
    E sti ssore accussì belle
    sai chi so’? So’ ‘e sfugliatelle!




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    Fonte:sfogliatella.it., web
     
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    grazie Giulia...buonissime!!!
     
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    sfogliatelle


    ...Un pò di storia...


    sfogliatella


    Il dolce segreto della Principessa


    L’anno è il 1609. La città è Napoli. L’atmosfera è quella di fine giugno in uno dei più noti e splendidi palazzi di Chiaia. Nella lussuosa residenza del principe di Cellammare, la routine mondana e sonnolenta dell’aristocrazia partenopea viene scossa violentemente da una inaspettata missiva. Il foglietto, vergato con eleganza su delicata carta d’Amalfi, porta l’intestazione di un prestigioso convento: il Croce di Lucca.
    La firma è quella della madre priora. I toni sono pacati ma severi. Aurelia, Maria, ed Eleonora, tre delle sei figlie di Nicola Giudice, principe di Cellammare e duca di Giovinazzo, dopo quattro anni di inappuntabile noviziato, ricevono la prima, grave, nota di richiamo. Fughe di notizie, indiscrezioni, pettegolezzi relativi alla vita del monastero impensieriscono tanto suor Maria Bernarda Zufia, la priora, da indurla a intervenire, personalmente, con un documento ufficiale. Un invito alla discrezione per le tre sorelle, colpevoli di aver infranto la regola del silenzio che da sempre si conveniva dovesse circondare la vita claustrale. Quell’universo fatto di preghiera, di consuetudini e riti doveva restare inviolato dalla mondanità. Su Aurelia, Maria ed Eleonora, pesa un’accusa infamante: aver svelato uno dei segreti più antichi del monastero di Croce di Lucca. Niente di meno che la misteriosa ricetta della mitica sfogliatella.
    Custodita per anni con estremo rigore, la lista degli ingredienti e delle fasi della preparazione del dolce sembra aver varcato definitivamente le mura claustrali per finire nelle cucine di altri ordini di religiose. Veramente troppo anche per le tre figlie del mecenate al quale il monastero deve, tra l’altro, le costosissime opere di ampliamento.
    Il convento Croce di Lucca viene fondato nel 1537 da suor Cremona di Cremona e da Sebastiano Puccini, antenato dell’autore della Bohème, a pochi passi dalla chiesa di San Pietro a Maiella, dove oggi si sviluppa il complesso monumentale del Policlinico Vecchio. La struttura nasce in onore del Crocifisso che si venera a Lucca con il nome di Volto Santo. L’ordine della Carmelitane Scalze prende possesso del monastero e della chiesa annessa nel 1560. Quarant’anni dopo il principe di Cellamare decide di finanziare i lavori di rifacimento del complesso monastico per assicurare alle sue figliole, avviate alla vita claustrale, tutte le comodità che si convengono all’illustre lignaggio e, naturalmente, per far conoscere al mondo intero che solo per forza di spirito e non per risparmio di dote le sue figlie si erano fatte religiose».
    La somma elargita è esorbitante: 120 mila ducati. Circa due miliardi attuali. Il cospicuo capitale viene utilizzato per rifare interamente la navata centrale della chiesa e per ampliare i dormitori e le celle delle religiose.




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    Guerra gastronomica tra i monasteri



    sfogliatella+frollasfogliatella+riccia



    Negli anni che seguono la sua fondazione, il Croce di Lucca diventa il rifugio dorato di tutte le nobili giovinette napoletane con ambizioni mistiche. Le maggiori famiglie dell’aristocrazia locale fanno a gara per assicurare almeno una delle figlie alle cure delle Carmelitane. Tra le mura del monastero, infatti, le fanciulle vengono educate non solo alla preghiera, ma anche alle arti muliebri. Cucito, culinaria, galateo sono lezioni quotidiane che le suore anziane impartiscono alle novizie. Le future monache imparano i segreti delle loro maestre e partecipano attivamente alla vita del convento. L’abilità nel preparare leccornie è una dote indispensabile nel clima di vera e propria competizione che si è instaurato tra i vari monasteri napoletani. La posta in gioco è la palma della delizia dolce. Non a caso una delle voci in uscita più gravose nel bilancio mensile dei monasteri è quella relativa alle cose da zuccaro. Alle grate delle celle claustrali si affacciano spesso, oltre ai parenti, personaggi importanti, alti prelati e religiosi di ogni paese. È necessario riceverli convenientemente, offrire loro squisitezze e mantenere alto il prestigio dell’istituzione. Le casse risentono di queste uscite, ma le monache continuano ostinatamente ad impegnare forti cifre nell’acquisto di ingredienti per la manifattura di dolci. La cellerara e la speziara, monache addette alle cucine, nei giorni di piena attività precedenti le feste, si fanno addirittura aiutare da uomini di fatica, i vastasi, per “pistare zuccheri e aromi”. Le religiose si dedicano alla preparazione di cose da zuccaro non solo per tenere alto il buon nome del monastero, ma anche per arrotondare le entrate del convento scatenando, a maggior ragione, l’indignazione delle alte sfere ecclesiastiche.
    Ogni ordine religioso si distingue per una specialità. L’autorevole monastero di Santa Chiara è famoso nella preparazione di marasche sciroppate, perette in barattoli, lasagne e «frittelle chiamate zeppole». Quello della Maddalena per le paste reali, quello dell’Egiziaca per i biscotti dei carcerati e quello di Regina Coeli per canditi asciutti. Le gustose bocca di dama sono invece una prelibatezza tipica del monastero della Trinità; le foglie di rose rosse candite di quello di Donnaromita; le fette di cotogna sciroppate di Santa Patrizia. Santa Caterina e San Girolamo si distinguono rispettivamente per la lavorazione di «tagliolini fini come capelli» e di lasagne. San Marcellino primeggia nella preparazione dei casatielli; Donnalbina nelle cacuzzate in barattolo e il monastero di Concezione della Spagnuola in ruschigli di cioccolata. Donnaregina, Sapienza e Santa Maria di Costantinopoli detengono invece l’esclusiva per la preparazione di torte di frutta, susamielli di farina e miele, lupini di zucchero e pan di Spagna. Il Croce di Lucca partecipa alla gara forte di una ricetta antica e misteriosa: quella della sfogliatella. Non sempre però i termini di questa tenzone sono leali. Pur di surclassare i monasteri rivali le religiose non disdegnano l’utilizzo dello spionaggio culinario. Tentativi più o meno subdoli di carpire ricette segrete o piccoli ma determinanti dettagli della complessa e delicata preparazione dei manicaretti, sono all’ordine del giorno. Si scatena così una vera e propria caccia alla spia che si conclude il più delle volte al cospetto di una ingenua chiacchierona.
    In questo clima di inquisizione gastronomica per Aurelia, Maria, ed Eleonora Giudice il privilegio garantito dal padre di poter ricevere almeno dodici volte l’anno visite, finirà col ritorcersi contro.
    I fatti, secondo le scarne cronache dell’epoca, dovettero andare più o meno così.
    Una domenica d’inizio estate, in via Roma comincia a spandersi un profumo strano, dolcissimo. I napoletani escono dalle case per vedere… per capire. E guarda un po’… dentro la bottega del cavalier Pintauro fa bella mostra di sé una sfogliatella. Una sfogliatella. Lo scandalo è enorme. Il dolce sacro finito in mani profane. Il segreto di Croce di Lucca è svelato. La sfogliatella è stata profanata. Al monastero succede un finimondo. La superiora interroga tutte le suore che hanno accesso alle cucine e nel contempo rapporti con il mondo esterno. Non ci vuole molto a restringere la rosa dei sospetti. La delatrice non può che essere una delle tre sorelle Giudice. La madre superiora ritiene anche di sapere quale delle tre. Quella carina, un po’ svagata. Quella sorpresa una volta a colloquio con il garzone del cavaliere. Il nome delle principessine impone alla madre badessa di sedare lo scandalo. Le fanciulle rimarranno in convento ma a tutte e tre sarà interdetto l’ingresso alle cucine. Un affronto difficile da mandar giù per tutte. Ma un’umiliazione assolutamente intollerabile per Aurelia, la sorellina più giovane quella sulla quale si erano appuntati i sospetti più gravi della superiora. Un’umiliazione che la giovane non sarà in grado di sopportare. Nel giro di qualche settimana la fanciulla si ammala, deperisce, infine muore. E sul letto di morte ancora protesta la sua innocenza. Da allora secondo la gente del posto ogni 30 giugno,anniversario del debutto in società del sacro pasticcino, di mattina all’alba, nello spiazzo antistante la chiesa di Croce di Lucca, proprio ad un passo dal fabbricato grigio del Policlinico vecchio, si sente aleggiare un profumo di sfogliatella e dietro le grate dell’antico convento un’ombra diafana si muove lenta, dolente. E’ la principessina di Cellammare che torna per reclamare la propria innocenza.




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    Fonte:dal web
     
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    ...Alcuni passaggi della lavorazione della sfogliatella...




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    ...Le antiche pasticcerie di Napoli...





    Pasticceria “Scaturchio”: Ha un’unica sede, si trova nel centro storico e molto probabilmente è davvero la più rinomata di tutta Napoli. Della sua storia lunga anni e anni, sul sito ufficiale vengono messi in evidenza soprattutto due momenti: quando, nel 2003, venne realizzata per il venticinquennio del pontificato di Giovanni Paolo II una torta a forma di piazza San Pietro, dal peso di 50 kg interamente commestibile e quando, la gastronomia-pasticceria è stata la fornitrice ufficiale del G7 del 1994. Tra le sue specialità vanno annoverate oltre alle famosissime sfogliatelle, i babà, le pastiere, il danubio, nella sua originale versione dolce, le zeppole e il ministeriale, una sorta di medaglione ripieno di crema al liquore, la cui ricetta rimane segreta. Data la sua fama, offre un servizio di spedizione.



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    Pasticceria “Pintauro”: Produce dolci e soprattutto le proverbiali sfogliatelle dal 1785, tramite ricette tramandate di generazione in generazione. Fu proprio questa famiglia, in principio osti, a portare dalla costiera amalfitana la sfogliatella a Napoli. In effetti la bottega in via Toledo, sempre la stessa, rimase un’osteria fino al 1818, quando, la famiglia pintauro cominciò a produrre quel dolce che ancora oggi le viene concordemente, in maniera eccelsa.


    Pasticceria “Moccia”: Pasticceria “Moccia”: E' in realtà piuttosto una gastronomia ( tra l’altro è anche un panificio); in realtà può deliziarvi in qualunque momento della giornata visto che la sua produzione varia dalla millefoglie alle pizzette, dai rustici alle brioche. Ciò che assolutamente non potete perdervi però è il delizioso babà.


    Pasticceria “Carraturo”: L'Antica Pasticceria Carraturo nacque nei pressi di una delle porte più importanti della città, Porta Capuana, costruita grazie a Re Ferrante D'Aragona nel 1484 e così nominata per la sua direzione rivolta verso la città di Capua, ed ancora, per la collocazione situata alle spalle di Castel Capuano. Così, totalmente immerso in una zona pregna di storia e ricca di vitalità, il maestro pasticcere Carraturo, dal 1837, iniziò a specializzarsi in quel tipo di sfogliatella che poi la storia avrebbe riconosciuto ufficialmente come "Riccia". Giunta alla quinta generazione, oggi rappresentata dai fratelli Ulderico ed Alessandro, continua a difendere quelle tracce di storia, leggenda e bontà lasciate dai loro antenati nelle mani dei napoletani: sfogliatelle, babà, pastiere, cassate, meringhe, roccocò, pasta di mandorla, cassatine, casatielli.


    “sfogliatelle ricce e frolle calde F.lli Attanasio”: In una botteguccia dalle parti della stazione centrale, produce dal 1930 il dolce napoletano per eccellenza . Famosissima l’iscrizione “Napule tre cose tene e belle… ‘o mare, ‘o Vesuvio e e’ sfugliatelle”, produce i suoi dolci con le stesse ricette tramandate da tre generazioni.


    Pasticceria “Bellavita Napoli”: Nel 1963, cominciò la sua attività in Piazza Garibaldi, e nonostante si sia ora spostata di poco, assicura a tutti i suoi avventori che nulla è cambiato, nè la genuinità e la qualità degli ingredienti, né la fantasia delle ricette, né l’eleganza e la varietà dei prodotti. Tra le sue specialità: babà, sfogliate, torta caprese, dessert, dolci natalizi e la cassata nella versione alla siciliana e nella versione alla napoletana.





    Fonte:dal web
     
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