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La Polenta
« Dammi polenta ed acqua: in tal modo, quanto a felicità, sarò un emulo dello stesso Zeus »
(Epicuro, filosofo greco del IV-III a.C.)
La polenta (conosciuta anche come polenda o pulenda) è un antichissimo piatto a base di farina di cereali, il quale, pur essendo conosciuto nelle sue diverse varianti pressoché sull'intero suolo italiano, ha costituito a lungo l'alimento base della dieta soprattutto in alcune regioni settentrionali come Lombardia, Veneto[1][2], Trentino e Friuli-Venezia Giulia, nelle quali è tuttora piuttosto diffuso.
La polenta, con numerose varianti, è diffusa anche in Ungheria (puliszka), in Malta (tgħasida - storico), nei territori francesi della Savoia e della Contea di Nizza, della Guascogna (cruchade) e della Linguadoca (milhàs), in Svizzera, Austria, Croazia (palenta, žganci o pura), Slovenia (polenta o žganci), Serbia (palenta), Romania (mămăligă), Bulgaria, Albania (harapash), Corsica (pulenta), Brasile (polenta), Argentina, Ucraina e Caucaso (culesha), Uruguay, Venezuela e Messico.
Nel libro Storia dei Vespri Siciliani di Michele Amari, l'autore scrive che durante uno degli assedi dei francesi (1282/3) alle mura della città di Messina, le donne siciliane alimentavano i soldati con acqua e polenta.
Gli ingredienti base per realizzare la polenta sono sale, acqua e farina di cereali; quella di granoturco è attualmente la più utilizzata in ambito europeo e da essa si ottiene la polenta gialla.
I precedenti elementi saranno depositati in un paiolo di rame (secondo tradizione) e cotti all'interno di esso per circa un'ora; la polenta “bramata” è ottenuta macinando a pietra la farina in modo fine o grosso e la modalità di macinatura dipende dalla regione di origine e dalla tradizione del luogo.
Tipicamente la polenta viene servita coperta da uno straccio e posizionata su una tavola circolare e a seconda dello stato con cui è stata cucinata viene offerta ai propri invitati o a fette o con un cucchiaio; la suddivisione della polenta a fette una volta veniva effettuata dal basso verso l'alto per mezzo di un filo di cotone.
Il termine polenta proviene da “puls”, una parola latina che stava ad indicare la polenta di farro dove la stessa parola farro deriva dal latino “far” ovvero farina; tale ingrediente era l'elemento base della dieta utilizzata dalle popolazioni trapiantate sul suolo italico.
Le antiche popolazioni elleniche utilizzavano invece l'orzo.paiolo per la cottura della polent
apreparazione della polenta
La scoperta dell'America diffuse come elemento base per la polenta il mais; precedentemente al posto di tale ingrediente venivano utilizzati altre tipologie di cereali come la segale, il miglio, il grano saraceno e il frumento oltre al farro e all'orzo.
Odiernamente la polenta ottenuta con i cereali testé elencati è una pietanza molto difficile da trovare sulle tavole delle famiglie europee.
Oggi giorno si possono trovare in commercio specifiche farine di granoturco precotte che riducono il tempo di cottura portandolo a pochi minuti; ovviamente sussiste una qualità proporzionale al risparmio di tempo di preparazione che va ad incidere sulla compattezza e sul gusto della polenta classica.
A pennello calzerebbe il detto, modificato per l'occorrenza, “regione che vai, polenta che trovi”; infatti a seconda delle zone in cui ci si sposta all'interno della nostra penisola si possono gustare diverse e prelibate varianti di polente.
Una tipologia di questo squisito piatto culinario è sicuramente la polenta taragna, conosciuta in molte zone semplicemente come taragna.
La taragna è un piatto tipico della cucina delle zone delle valli bergamasche e bresciane, della Valtellina e della Camuna.
Il nome di tale pietanza deriva dal “tarai” (“tarel”) che era un lungo bastone utilizzato per girare la polenta quando si trovava nel paiolo di rame, pronta per essere preparata.
L'elemento con cui viene cucinata è lo stesso presente nelle altre molteplici polente dei rilievi lombardi; tale ingrediente è un composto formato da farina di grano saraceno che tende a scurire la polenta.
Ovviamente il colore giallo di tutte le altre polente è dovuto all'impiego di un solo tipo di farina e nella taragna durante il processo di cottura viene fatto assorbire il formaggio.polenta taragna
polenta taragna sul tagliere
polenta taragna e salsicce
Sulle rive del lago di Como proviene la “pulenta uncia”; per prima cosa bisogna preparare un soffritto costituito da aglio, burro (una dose molto sostanziosa), formaggio semüda e salvia e
successivamente unirlo alla polenta ottenuta con farina di mais e farina di grano saraceno nel paiolo.
In questo modo si ottiene un composto omogeneo.
[CENTER]polenta uncia
Più molle si presenta la “pult” una polenta di piccole dimensioni realizzata sempre sul lago di Como che si ricava dal miscuglio di frumento e farina di mais; tale variante di polenta viene preparata specialmente d'estate e la si può gustare intingendola nel latte, preferibilmente freddo.
Le zone biellesi e valdostane possono vantare la tradizionale “polenta concia”, conosciuta come “polenta grassa” e tipicamente adatta in giornate invernali e fredde.
Tale polenta è preparata con ingredienti classici dell'arte culinaria delle zone montane della nostra penisola quali mais, formaggio e farina; inoltre non ha una vera e propria ricetta ma è caratterizzata dalla principale procedura di squagliamento di pezzetti di formaggio come burro fuso, toma o fontina (a seconda del proprio palato).
La cultura culinaria valdostana prevede la predisposizione anticipata sul piatto di formaggio grattugiato (come il Grana Padano), pepe e burro allo stato fuso.polenta concia valdostana
Dopodiché il piatto viene infornato per qualche minuto in modo da permettere al formaggio stagionato di squagliarsi e costituire una prelibata e croccante crosta.
A volte, a seconda della zona, si condisce con una deliziosa fetta di lardo d'Arnad la polenta calda appena sfornata.
Nelle zone del biellese il paiolo viene riempito con il maccagno (o la toma) e il burro; nel piatto la polenta concia viene depositata per mezzo di un mestolo e condita infine con una dose sostanziosa di burro.
Nelle zone del Piacentino invece la pulëinta consa viene realizzata tramite la polenta tagliata finemente a strati, e impreziosita a sua volta con sugo e una copiosa spruzzata di Grana Padano.
Un'altra variante di questo cibo è la polenta saracena, tradizione culinaria della zona della Val Tanaro; il grano saraceno da il nome a questa pietanza.
L'Italia settentrionale è la zona in cui è molto diffusa la polenta con i ciccioli che a seconda dei settori in cui è cucinata acquista diverse denominazioni.
Le modalità di preparazione della polenta con i ciccioli sono principalmente due; nel primo caso più utilizzato in generale avviene la farcitura di una fetta di polenta ben abbrustolita con dei ciccioli (stessa procedura prevista per la pulenta e grepule diffusa nella provincia mantovana) mentre nel secondo modo alla polenta i ciccioli vengono aggiunti nelle diverse fasi di cottura come nella tradizione locale della pulëinta e graséi promulgata nel Piacentino.polenta coi ciccioli
La polenta di patate è invece molto conosciuta nelle zone meridionali del Trentino; la preparazione di tale polenta avviene cuocendo in acqua salata un po' di patate tagliate a tocchetti che al giusto stato di cottura vengono setacciate insieme all'aggiunta di farine o di farina di grano saraceno.
Infine si arricchisce il tutto con, formaggi, soffritto di cipolle e cubetti di salame del posto; in alternativa si può personalizzare il piatto con invenzione proprie e fantasiose.
Più centralmente e precisamente in Romagna si può trovare la “polenta di Tossignano”che secondo tradizione, fin dal 1622, viene preparata annualmente; solo nel 1943 e nel 1944 non si rispettò l'usanza per via della presenza tedesca sul suolo romagnolo.
La polenta di Tossignano è di color giallo ed è ottenuta mischiando vari tipi di farine di mais; il composto che si ottiene solitamente è per metà costituito da grana grossa e l'altra metà da grana fine.
Tale polenta viene presentata in tavola molto dura e suddivisa in vari cubetti ottenuti con un filo di cotone e impreziosita con un ragù preparato con carne di maiale e arricchita con un'abbondante quantità di formaggio Grana.Festa della polenta a Tossignano
La polenta nel centro della nostra penisola viene cucinata in maniera più soffice e presentata su di un supporto rettangolare molto grande in legno (pero o ciliegio) posto al centro della tavolata.
Nel paiolo di rame, per circa 45 minuti, viene cotta la polenta girata in modo continuo mediante lo "sguasciapallotti", bastone di legno di orniello (noto anche nel nord Italia); tale bastone è di forma diritta e finisce in un incrocio costituito da quattro rami.
Tale forma permette allo strumento di poter diluire i grumi della farina.
La polenta, in Toscana, viene modellata in altre forme come i crostini oppure cuocendola in forno o friggendola; classica è la pattona una polenta molto dolce ottenuta con farina di castagne.
Una volta tale pietanza veniva utilizzata come contorno da servire insieme al pesce, alla verdura o alla carne mentre odiernamente la pattona è utilizzata come un cibo appartenente alla categoria dolciaria.Pattona
Nella città di Roma la polenta viene servita con un sugo arricchito da salsicce e spuntature di maiale; un altro modo di cucinare la polenta nella capitale è quello di non guarnirla con il sugo ma di insaporirla con olio, peperoncino, salsicce e aglio, tutti quanti incorporati in un soffritto.
Quest'ultima variante deriva direttamente dalle usanza culinarie della tradizione contadina che prevedeva di consumare la polenta con olio e aglio.
In ambedue i casi si può impreziosire la polenta con una sventagliata, sostanziosa, di pecorino grattugiato.
Nelle zone laziali, in Ciociaria e in Campania è molto diffusa la polenta fritta; nel territorio partenopeo i cubetti fritti di polenta prendono il nome di “scagliozzi” o “scagliuozzi” e sono considerati come crocchè.
Come nel caso della polenta bianca tramandata nel Lazio anche qui a Napoli tale piatto veniva considerato un classico del panorama culinario “povero” di Napoli.
Ricetta della polenta tipica siciliana e lucana è sicuramente “la Frascatula”; essa è una ricetta tradizionale che si basa sull'utilizzo di una patata, strutto e farina di granturco.
La Frascatula si sposa ottimamente con cotechino, o salsiccia o con del semplice sugo; in casi particolari si orna il piatto con un po' di vino cotto.Frascatula
Anche l'isola della Sardegna ha il suo piatto tipico di polenta che prende il nome di “pulenta”, “farru” (o anche polenta di orzo) o “purenta”.
Tale pietanza è stata tramandata fin dalla civiltà nuragica come testimoniano i vari strumenti dell'epoca rinvenuti, utilizzati per preparare tale piatto e i resti fossili di organismi vegetali come le graminacee dalle quali si potevano ottenere la farina.
Già in età romana gli abitanti della capitale deliziavano il proprio palato con polenta di farro e orzo, inoltre trasformarono la pianura del Campidano, in Sardegna, in terra per poter coltivare le graminacee.
Uno dei cereali più coltivato dai romani era proprio il grano per ottenere così un grande quantitativo di pane e polenta; il massiccio incremento della produzione di grano conferì alla terra sarda l'appellativo di "granaio di Roma".
Sull'isola oltre al grano duro, l'ingrediente maggiormente usato, anche le ghiande e le castagne sono ultimamente impiegate per cucinare la polenta; oltre agli ingredienti testé elencati sono utilizzati anche segale, avena e riso.
La polenta alla sarda può essere preparata impreziosendo la pietanza con prezzemolo, salsiccia, pancetta magra, pecorino sardo, carota, aglio, cipolla e sedano.
La “umutsima” è una specie di polenta cucinata in Burundi e preparata con farina di manioca e acqua; è un piatto non salato e il suo nome appartiene all'idioma kirundi.
Storicamente la polenta appartiene a tempi molto remoti e si può quasi dire che si è evoluta pari passi con l'uomo.
Già l'uomo preistorico si cibava si cereali macinati tra due pietre cotti in acqua bollente; stesso procedimento eseguito dagli assiri, gli egiziani e i babilonesi.
Ad esempio in una tomba egizia eretta a Tebe sono stati trovati grani di mais avvalorando ancor di più la tesi della diffusione di questa pietanza già ai tempi degli egiziani.
Con il termine “pultem” in epoca romana si intendeva indicare proprio la polenta.
La pultem era realizzata con un elemento simile al grano ma più duro ovvero il farro; tale ingrediente veniva prima tritato e poi posto a cottura ottenendo così una polenta poco compatta servita con carne e formaggio.
Il rapporto, duraturo ancora oggi, tra polenta e mais si intensificò solo dopo la scoperta del continente americano; infatti prima della scoperta dell'America gli alimenti base della polenta erano il grano saraceno, il farro, il panico, il sorgo e il miglio.
Il mais secondo leggenda prese il nome da “Mahiz” parola pronunciata dagli indigeni Tainos per indicare i “grani d'oro” scoperti da Cristoforo Colombo una volta approdato ad Hispaniola (odierna isola dei Caraibi ospitante la Repubblica Dominicana e Haiti); lo stesso Colombo denominerà “specie di fava” il mais nelle lettere spedite alla famiglia reale spagnola.
Nel 1525 il mais prese piede in Europa ma già precedentemente era stato diffuso in Portogallo e Spagna.
In Guatemala, Messico e Honduras i Maya con la loro fiorente civiltà già coltivavano il mais (circa 3.000 anni fa); ancora oggi il ciclo vitale di quelle popolazioni è legato intrinsecamente al mais.
Una delle loro divinità più importanti, il dio Xilotl, era legato al culto del mais.
Nel 1550-1555 nel Friuli già si parlava di polenta preparata con farina gialla ma precedentemente le popolazioni che abitavano in quella zona utilizzavano le “pultes julianae” anticipando di molto le altre civiltà nell'uso dei cereali.
Il granoturco è anche l'altra parola per riferirsi al mais; sentendo questo nome ci si domanda il perché della parola “turco” utilizzata per esprimere il cereale in questione.
La spiegazione è da ricercare nelle usanze lessicali del '500 che tendevano a generalizzare con la parola “turco” tutti i vocaboli che si trovavano in stretta correlazione con tutto ciò che era straniero e non “nazionale”.
Però questa non è l'unica spiegazione; infatti un'altra ipotesi dell'utilizzo del termine turco per indicare il granoturco è che coloro che coltivavano e si cibavano del mais fossero a loro volta sotto il controllo dei turcomanni.
A Venezia, molto prima della scoperta sensazionale di Cristoforo Colombo di un nuovo continente, venivano prodotti i famosi zaleti, dei rustici dolcetti popolari , ottenuti con farina gialla di mais.
Forse ci sono stati fisicamente scambi di prodotti culinari tra Europa e Asia come testimoniarono viaggiatori di origine tedesca che videro coltivazioni di mais lungo le pianure del fiume Eufrate.
La data certa della diffusione del mais in Europa è comunque da attribuire al XVII° secolo.
Le regioni in Italia in cui si diffuse la polenta, chiamata anche "frumento a granelle grosse e gialle", furono il Friuli e il Veneto.
Nelle paludi del Polinese e Friuli il mais fu introdotto da Venezia e secondo Beggio Giovanni, studioso, nel 1554 si registrò la prima semina.
Essenzialmente la polenta costituiva l'alimento base delle popolazioni meno abbienti che con questa pietanza riuscivano a sfamarsi causando però il propagarsi della pellagra per l'elevato uso di questo cibo.
Inizialmente si considerava la polenta un piatto povero che da solo non conferiva all'individuo un apporto nutrizionale notevole; odiernamente invece è considerata un buonissimo elemento poiché costituito dal mais che contiene molte proteine.
Per diventare un ottimo prodotto culinario bisogna integrarla con alimenti secondari come fagioli, salsicce e formaggio grattugiato e altri cibi.
Quindi sono proprio gli ingredienti considerati “contadini” a rendere più ricchi di proteine, carboidrati, grassi, sali minerali e vitamine i piatti che propongono come elemento base la polenta.
[/CENTER]polenta e coniglio
cuore di polenta con gorgonzola
polenta pasticciata
Mamaliga la polenta rumena
Anche in Romania e Moldavia esiste la tradizione della polenta, localmente nota come mămăligă. Se in origine essa era un alimento di base della tradizione contadina, spesso consumato da solo, oggi viene guarnita con formaggio salato e panna ed usata per accompagnare carne, pesce o uova.
Le origini di questo piatto sono da ricercarsi nel romano pulmentum, una polenta a base di miglio, introdotta a nord del Danubio in seguito all'invasione della Dacia ed ivi rimasta quale eredità culturale al pari della lingua. In seguito all'introduzione del mais di origine americana, la mămăligă venne preparata a partire dalla farina di tale cereale, ambientatosi perfettamente nelle piane del basso Danubio. Oggi la mămăligă è usata per accompagnare numerose specialità gastronomiche tradizionali rumene o moldave, spesso guarnita con prodotti caseari freschi (panna o latte).Mamaliga la polenta rumena
fonte correrenelverde e wikipedia. -
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grazie Silvana ...completo e accurato . -
arca1959.
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grazie Silvana . -
gheagabry.
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Poenta e latte (latte e polenta)
Polenta e latte non è una ricetta su generis ma un vezzo culinario in uso nelle campagne del Veneto Orientale tanti anni fa. Basti pensare che nelle case di campagna la polenta era preparata addirittura tre volte al giorno: di buon ora per la prima colazione, durante la mattina per il pranzo, e nel pomeriggio, in quanto non doveva mancare per la cena che veniva consumata presto, quando calava il buio. Il motivo per cui si preparava tanta polenta era dovuto al costo esorbitante del grano e quindi anche del pane. Perciò si optava per la più economica farina di mais, e conseguentemente nella preparazione della polenta – in queste zone rigorosamente bianca.
Nel paiolo si faceva bollire l’acqua con il sale. Quando bolliva si “tuffava” la farina di mais mescolando bene al fine di evitare i temibili grumi. In seguito si procedeva con la cottura che doveva durare almeno tre quarti d’ora. Una volta cotta, la polenta veniva adagiata in un tagliere di legno e fatta raffreddare. Successivamente, tagliata a fette (si usava il filo) e abbinata con qualsiasi pietanza proprio perché il pane scarseggiava.
Polenta e latte era un’abitudine soprattutto serale. La polenta fredda veniva ridotta a pezzi all'interno di una scodella usando i rebbi della forchetta. Una volta spezzettata si versava sopra il latte bollente mescolando il tutto. In pratica si realizzava una sorta di pappa di una certa consistenza. Per insaporirla era prassi aggiungere una presa di sale e, per chi ne aveva, zucchero. Antiche dicerie affermavano che questa spartana pietanza andava consumata con la forchetta così da mangiare solo la polenta, lasciando il latte per il pasto successivo. Ovviamente chiacchiere esagerate ma che danno la corretta misura dell’indice degli stenti circolanti in quell’epoca. E non solo nei campi, sia chiaro, anche nelle aree metropolitane.
Ecco un’altra prova che va ad arricchire il folto glossario dei piatti d’antan, speso mitizzati come genuini e opulenti ma che nella realtà rappresentavano un ricco campionario di ristrettezza economica.
(Stefano Buso, taccuini storici.it)
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gheagabry.
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Il vecchio paiolo usato per preparare la polenta era ancora al suo posto, appeso come un ninnolo al caminetto annerito. Il tempo non aveva cancellato nulla, tranne i ricordi di un’infanzia grama…
Anni or sono, nelle campagne venete, soprattutto nelle province di Treviso, Venezia e Padova, quotidianamente veniva preparata la polenta di mais bianco. La polenta gialla era invece apprezzata in altre borgate, quali Vicenza, Verona e nella zona montana del bellunese. Una divisione geo-gastronomica che resiste da lustri, e alla quale difficilmente si riesce a offrire una spiegazione. Da rimarcare che attualmente in Italia la polenta gialla è quella più diffusa e gradita.
Ad ogni buon conto, bianca o gialla, a tavola non mancava mai. A colazione, pranzo e cena sostituiva il pane che era cibo costoso, quindi degustato una tantum. Basti pensare che in alcune zone rurali venete, quando una donna partoriva “cenava” con una scodella di pancòt (pane bollito) insaporito con uova sbattute, lardo scaltrito (rosolato), latte, burro o quello che la dispensa domestica elargiva. Un modo frugale per festeggiare mamma e neonato. Senza dubbio queste sono consuetudini remote, quando la miseria dilagava da un capo all’altro della Penisola. Un motivo valido per zittire quanti si detergono la bocca con “la cucina di una volta”, empirica definizione che noi studiosi d’enogastronomia prendiamo con le pinze. La cucina cosiddetta d’antan comprendeva quasi sempre un menu morigerato e per nulla abbondante.
Riprendendo il discorso sulla varietà della polenta, si può affermare che la differenza nutritiva tra la bianca e la gialla non è abissale. Nondimeno, la polenta bianca dispensa sfumature gustative più delicate rispetto alla gialla. C’è inoltre una comprovata differenza (secondo i mugnai) sulla cosiddetta “grana” che nelle farine di mais bianco è più sottile, mentre nelle gialle è più grezza destando così un sapore robusto.
Un tempo, con la fame che incalzava, tali disquisizioni non erano né sentite né affrontate. È triste narrare che la polenta fu esclusivo sostentamento di intere popolazioni, soprattutto al nord: poveracci, mezzadri, braccianti, carriolanti, contadini e faticanti. In qualche rara occasione assieme alla polenta compariva del salame, una cipolla lessa, un uovo, un pezzo di lardo o un’esile cotenna di porco. Comunque, bene o male, la polenta contribuì a placare i brontolii gastrici di non pochi affamati o quantomeno a elargire una mera illusione di sazietà.
Ai giorni nostri è portata gradita e presenza rassicurante in molte ricette. Non manca con gli intingoli, gli umidi e il pesce (specie nelle fritture miste). È un primo piatto gustoso se imbastita con pomodoro, formaggio (parmigiano o mozzarella) e ragù di carne misto (vitello, maiale, cinghiale, agnello). Inoltre, condita con salsiccia, formaggio o sugo capriolo, la polenta allieta le gelide serate invernali colorandole di folklore.
Ciò premesso, anteponendo in primis un’analisi storica, la polenta fu realisticamente piatto di mantenimento che permise di arginare la fame (vera) di tantissimi disperati.
(Stefano Buso, taccuini storici.it). -
ZIALAILA.
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la polenta di tutti i colori
POLENTA GIALLA AL LARDO
Ingredienti per 4 persone :
500 gr di farina gialla a grana grossa
150 gr di pancetta di lardo magro
150 gr di formaggio grattuggiato
una cucchiaiata di sale grosso
Preparazione :
fate la polenta alla solita maniera nel tradizionale paiolo di rame
A meta' cottura unite la pancetta tagliata a dadaini e il formaggio.
Rimestate e rimestate per 45 minuti ...
* se desiderate una polenta morbida aggiungete un mestolo di acqua bollente
o piu' vellutata aggiungendo , a freddo , un filo di olio di olivaPOLENTA NERA
Ingredienti :
300 gr di farina di grano saraceno
1 lt. di latte
una cucchiaiata di sale grosso
Preparazione :
Preparate la polenta come al solito facendo scivolare la farina a pioggia nel latte bollente salato .
Rimestate alungo , 50 minuti sempre nello stesso verso ...
* se volete la polenta nera alla tedesca aggiungete a cottura ultimata del burro fuso , bollentePOLENTA VERDE AGLI SPINACI
Ingredienti :
500 gr di farina gialla
500gr di spinaci
una cucchiaiata di sale
1,5 lt. di acqua
Preparazione :
fate cadere come al solito la farina nell'acqua salata .
Rimestate subito senza fermarvi
A parte preparate gli spinaci : lavati , lessati , tritati
A meta' cottura aggiungeteli alla farina che cuoce
* meglio se le verdure ( potete usare anche le bietole o un cavolo nero ) sono state fatte saltare nel burroPOLENTA BIANCA ALLE PRUGNE
Ingredienti :
300 gr di farina di mais bianca
500 gr di prugne secche
100 gr di zucchero
un cucchiaino di cannella in polvere
2 chiodi di garofano
10 gr di burro
Preparazione :
Mettete le prugne in casseruola , copritele di acqua , aggiungete zucchero , cannella , chiodi di garofano , burro .
Ponete sul fuoco e lasciate cuocere finche' le prugne non si sono spappolate
Eliminate i noccioli e le bucce cosi' da risultare come una crema
A parte preparate con la farina una polenta tenera : quando e' cotta unite il composto e servitePOLENTA ROSSO POMODORO
Ingredienti :
300 gr di farina gialla
300 gr di fagioli borlotti
100 gr di pancetta magra
un trito di cipolla, sedano , carote , prezzemolo,
salsa di pomodoro
olio
pepe
sale
Preparazione :
Fate imbiondire con 2 cucchiai di olio il trito di verdure
Unite la pancetta tritata, rosolate , aggiungete il pomodoro e i fagioli lessati .
fateli stufare per 20 minuti .
nell'acqua bollente in cui avete cotto i fagioli , versate la farina , mescolate e aggiungete il sale .
a meta' cottura unite tutto insieme , faglioli stufati e polenta
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buono,grazie zia! . -
arca1959.
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grazie Antonella . -
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Grazie Antonella.... . -
arca1959.
User deleted
grazie Antonella . -
ZIALAILA.
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per chi prova a farla per la prima volta ......
COTTURA DELLA POLENTA
Ingredienti
acqua
farina
sale
Le proporzioni: 500 gr. di farina e 1 lt. di acqua abbondante se volete una polenta asciutta e soda, fatta con granturco piuttosto grosso. 1 lt. e 3/4 di acqua per una polenta più morbida, fatta con 500 gr. di farina di grano più fine. 2 lt. di acqua per la cosiddetta polentina, molle e con farina che deve essere molto fine.
Portate a bollore l’acqua salata e tenete a portata di mano altra acqua bollente per le aggiunte che possono essere necessarie durante la cottura. Versate la farina a pioggia, cominciate a mescolare con la spatola o col cucchiaio di legno; continuate senza interrompervi e sempre nello stesso senso. Quando la polenta diventa un po’ dura, aggiungete un po’ d’acqua caldissima, per ammorbidirla. Dopo circa tre quarti d’ora o più vedrete che la polenta si stacca facilmente dalle pareti della pentola: vuol dire che è cotta. Come regola tenete presente che la polenta dev’essere ben cotta e ben salata.
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ZIALAILA.
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Proverbi del tempo che fu...
" La pulenta la cuntenta "
« La polenta rende contenti (perché sazia). »
(Proverbio comasco )
" Loda la polenta e mangia il pane. "
(Proverbio diffuso in tutta l'Italia settentrionale. La polenta, pur significando una manna per molti poveri e affamati, resta meno sana e nutriente del pane)
« La pulenta, presto tira e presto 'llenta. »
(Proverbio marchigiano. La polenta, sazia subito, ma si digerisce velocemente )
" A fà la polenta ghe voeur l'oli de gombed"
(proverbio lombardo . Per fare la polenta ci vuole olio di gomito )
" Quant se gh'a fam, la puleenta la par un salam "
( proverbio lombardo . Quando si ha fame la polenta sembra salame )
" Magnàr polenta cò 'na man sòla "
( proverbio veronese . questo detto avvisava gli incauti a non essere costretti, come ai vecchi tempi di poverta', a mangiare la polenta con una mano sola perchè l'altra non aveva nessuna companatico da stringere )
" Polenta nova e osei de riva, vin de grota e zente viva "
( proverbio veneto . Polenta nuova , uccelletti , vinello di cantina e gente allegra )
" La Polenta l’è na siora, chi che la vet se inamora, chi che la magna se sostenta, benedeta la polenta”
( proverbio veneto. La polenta e' una signora , chi la vede se ne innamora ,chi la mangia si sostenta, benedetta la polenta ).*.*.*.*
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grazie zia .