ATLANTIDE, LYONESSE..le terre svanite nel nulla

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  1. gheagabry
     
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    I
    O Lyonesse sii più forte ora
    I venti del cambiamento sono venuti per te
    e ancora ritornerai a vagare
    dagli abissi del Mare
    II
    O Lyonesse
    Anche se le onde sono venute per te
    tu ritornerai ancora a vagare
    con lacrime di sale per riempire il Mare
    Il Mare. Il Mare
    le acque venivano
    dall’abisso
    le acque venivano
    dall’abisso
    Il Mare. Il Mare
    III
    Per giorni senza fine che diventeranno notte
    O Lyonesse, ti aspetterò
    Anche se dovessi addormentarmi nella sabbia,
    Il mio spirito vivrà sotto il Mare


    LYONESSE

    una terra svanita nel nulla


    lyoness-sommersa


    Chiunque, in una giornata limpida, spazi con lo sguardo da Land's End, la punta sudoccidentale d'Inghilterra, verso le Isole Scilly, non avrà difficoltà a immaginare che fra queste e il continente sorgesse, in un remoto passato, un fiorente paese.
    Si trattava, citando il poeta inglese Alfred Lord Tennyson, della “terra perduta di Lyonesse, dove, a parte le Isole Scilly, oggi si stende solo il burrascoso mare”. Questo luogo è esistito veramente o è stato solo il sogno di un poeta? La leggenda di un grande diluvio compare nelle tradizioni di molti popoli in diverse parti della Terra - Asia, Australia e il Pacifico, America.
    Il più celebre, nel mondo occidentale, è “il diluvio di Noè”, narrato nel libro della Genesi a partire da un antico racconto mesopotamico. Un fatto abbastanza curioso è che l'Africa non comprenda fra i suoi miti nulla di simile.

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    Quanto all'Europa occidentale, secondo gli studiosi del folclore, essa lo derivò dalla Mesopotamia, tramite la leggenda greca di Deucalione e Pirra e la storia biblica di Noè. In Europa era forse diffusa, invece, la tradizione di un'alluvione locale, causata non dalla pioggia ma dall'invasione del mare, in seguito, probabilmente, al cedimento del suolo - una vicenda di "terre perdute" che ricorda quella di Atlantide.
    Dal Medioevo e dalle epoche seguenti ci sono giunti molti racconti di questo genere, soprattutto per quanto riguarda le coste dell'Inghilterra e, in Francia, della Bretagna. Il più celebrato di questi “paesi sommersi” è sicuramente Lyonesse.

    Il primo accenno scritto a una terra scomparsa al largo della costa della Cornovaglia è contenuto nell'Itinerario di Guglielmo di Worcester, del XV secolo. Egli parla di “boschi, campi e 140 chiese parrocchiali, attualmente tutti sprofondati, tra il Monte e le Isole Scilly”. Ma, a questo paese sommerso, non assegna alcun nome. L'antiquario Richard Carew, nativo della Cornovaglia, fu, forse, il primo a identificare il regno svanito nel mare con la Lyonesse della leggenda di Artù. L'opinione è riportata nella Britannia di William Camden e poi nello Studio della Cornovaglia (1602), dello stesso Carew.Egli scrisse:

    “E il mare, ovunque dilagando, devastò completamente il territorio di Lyonesse, e molte altre vaste zone. Sull'esistenza di Lyonesse restano le seguenti prove: lo spazio fra Land's End e le Isole Scilly, che occupa una trentina di miglia, conserva ancora oggi quel nome nella lingua della Cornovaglia - Lethosow - e misura in ogni punto una profondità di 40-60 braccia, fatto abbastanza insolito nel mare aperto”.


    Carte_des_Isles_Anciennes



    Inoltre a metà strada fra Land's End e le Isole Scilly vi era un gruppo di rocce detto “le Sette Pietre”, che delimitava una zona nota nel dialetto locale come Tregva, “una dimora”. Alcuni pescatori riferirono di aver recuperato in questo punto resti di porte e finestre. Ai tempi di Carew, a proposito di Lethosow si narrava la leggenda che, quando il mare allagò e sommerse il paese, un uomo di nome Trevilian riuscì a fuggire su un cavallo bianco lanciato al galoppo innanzi alle onde incalzanti. In tal modo si spiegava allora l'origine dello stemma della famiglia Trevelyan: un destriero che sorge dal mare.

    Nel ciclo arturiano, Lyonesse è il nome della terra d'origine dell'eroe Tristano, nipote di re Marco e amante della moglie di questi, Isotta. Poiché Marco era sovrano della Cornovaglia, Carew e un altro autore ritennero che la "terra perduta" locale e Lyonesse fossero un solo e unico luogo. I medievalisti non accettano questa ipotesi e sono dell'opinione che “Lyonesse” sia la forma corrotta di un nome più antico assegnato al paese di Tristano, “Loenois”, attualmente Lothian, in Scozia. Tale collocazione concorda con il fatto che il nome Tristano apparteneva a un principe dei Pitti delI'VIII secolo.
    Da quando la terra perduta della Cornovaglia è stata identificata con Lyonesse, si è ammantata del fascino luminoso della leggenda di Artù.
    La storia di Lethosow/Lyonesse ha un equivalente in Bretagna, dove, nelle profondità della Baia di Douarnenez, giace sommersa la grande città di Kerls. Solo il re Gradlon riuscì a sfuggire alla catastrofe, cavalcando come Trevilian un bianco destriero che precedeva le onde. Entrambe le leggende si riferiscono a eroi del VI secolo ed entrambe appartengono al mondo celtico. Benché non esistano prove di un'alluvione di vaste dimensioni avvenuta in quei tempi in area celtica, può darsi che maree eccezionalmente alte, come quelle del 1953 nella costa orientale inglese, abbiano provocato un disastro locale.
    (tanogabo.it)



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    Si dice che tutto ciò che rimane di Lyonesse sia l'odierna isola di Scilly. I pescatori vicino alle isole Scilly raccontano storie di recupero di pezzi di edifici e altre strutture dalle loro reti da pesca. Queste storie non sono mai state confermate e sono viste da alcuni come storie alte. Dicono anche di poter vedere i resti di una foresta quando il mare è con la bassa marea. A un livello più spettrale e spirituale, alcuni affermano di sentire le campane della chiesa di Lyonesse suonare durante i periodi di tempesta. Poiché le leggende di Lyonesse continuano nella narrazione di oggi, rimane anche una parte della moderna letteratura inglese. Nel 1922 Walter de la Mare scrisse:

    Lyonesse-1

    Nella gelida Lyonesse,
    quando la vigilia del sabato si abbatte
    sui tetti, sulle mura, sui campanili
    della città sommersa,
    le Nereidi suonano le loro cetre
    dove batte la verde traslucenza,
    e con gli occhi immobili
    fanno il loro ministero per le strade
    . l'acqua dell'oceano si agita
    nelle finestre e nei portici consumati dal sale,
    avvolge il pesce dal naso smussato
    con il fuoco nel cranio come torcia.
    E i fili squillanti risuonano;
    E gli adorabili soprannaturali piangono,
    nel lamento della musica che fanno
    nelle cupe corti del sonno:
    i cui fiori di marmo sbocciano per sempre:
    e - lambiti dalla marea ingannata dalla luna,
    deridono il loro intagliatore con cuore di pietra,
    In gabbia nel suo fianco nervato di pietra.


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    Edited by gheagabry1 - 29/5/2023, 18:31
     
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  2. gheagabry
     
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    da ZIALAILA

    ATLANTIDE

    atlantida




    « Innanzi a quella foce stretta che si chiama colonne d'Ercole, c'era un'isola. E quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole e da queste alla terraferma di fronte. (...) In tempi posteriori (...), essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nel volgere di un giorno e di una brutta notte (...) tutto in massa si sprofondò sotto terra, e l'isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve. »


    E' ben noto che la storia di Atlantide fu messa per iscritto nel IV° secolo A.C. dal filosofo greco Platone nei suoi Dialoghi Crizia e Timeo .
    Di Atlantide Platone era a conoscenza per una tradizione orale trasmessa in seno alla sua famiglia da Solone , suo antenato .
    Solone l'aveva sentita raccontare in Egitto , dove si era recato attorno al 600 A.C. , da un sacerdote del tempio di Sais : il sacerdote la conosceva da informazioni scritte , gia' allora antichissime , che erano conservate negli archivi del tempio .

    Con il racconto di Platone abbiamo su Atlantide 4 elementi importanti :

    Atlantide era una civilta' ben organizzata , prospera, ed enche avanzata

    Fiorì e scomparve circa 9000 anni prima dell'epoca di Solone

    Era una grande isola oltre le " colonne d' Ercole " , l'attuale Stretto di Gibilterra

    La sua distruzione fu ad opera di un terribile cataclisma globale .


    L'argomento in favore che Atlantide non fu una invenzione di Platone e' l'epoca in cui scomparve - ossia attorno a 11.600 anni fa - e come scomparve : infatti coincidono con le scoperte della scienza moderna sulla fine dell ' ultima Era Glaciale e il conseguente innalzamento del livello degli oceani che si verificò inghiottendo enormi masse di terra


    da " Civilta' sommerse " . G Hancock



    Atlantide: forse a Cadice l'isola sommersa da uno tsunami.
    È uno dei misteri più affascinanti. La leggenda dell'isola perduta di Atlantide non ha mai smesso di creare un'alone di curiosità e interesse attorno a sé. Di questa storia se n'è parlato in numerose occasioni, cercando ogni volta una spiegazione, una prova del fatto che sia realmente esistita. Lo hanno fatto recentemente anche un gruppo di studiosi dell'Università di Hartford, nel Connecticut. Guidati dal professor Richard Freund, i ricercatori sostengono di aver scoperto che Atlantide fu sommersa da uno tsunami avvenuto poco a nord di Cadice, dove in tempi remoti c’era un piccolo arcipelago, mentre oggi vi è soltanto un'isola. Partendo dall'osservazione della foto satellitare di una città sommersa, il team di studiosi ha effettuato altre analisi attraverso una serie di radar, esaminando anche la cartografia digitale, e adoperando la tecnologia subacquea. Dall'incrocio dei dati, è emerso che nelle paludi del Parco Doñana erano presenti alcune “strane ombre geometriche di quelli che sembrano essere i resti di una città ad anello” sostiene Freund. “Il momento più emozionante – continua - è stato quando è stata scoperta una statuetta che era chiaramente molto diversa da altre culture della zona, ma simile ad altri stili di scultura e arte rappresentativa dell’Età del Bronzo". Andando oltre le ipotesi e le speculazioni, occorre esaminare alcuni dati incontrovertibili. Il filosofo greco Platone scrisse riguardo all'esistenza di Atlantide, ponendola geograficamente al di là dlele Colonne d'Ercole, dello stretto di Gibilterra. Un altro elemento potrebbe far pendere la bilancia a favore dell'ipotesi degli studiosi americani: la zona di Cadice è soggetta a tsunami e fenomeni di questo tipo. Da secoli esiste la documentazione a riguardo. Uno dei più grandi tsunami a noi noti è stato registrato nel novembre del 1755, quando un'onda alta 10 piani devastò le coste di Lisbona.
    Francesca Mancuso





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    Edited by gheagabry1 - 29/5/2023, 18:35
     
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  3. gheagabry
     
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    AGARTHY



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    Uno dei tanti leggenderai e misteriosi luoghi citati nel mondo dell’esoteria e dell’occulto, ho raccolto una serie di informazioni relative ad un leggendario mondo sotterraneo conosciuto come “AGARTHY”.
    Agarthi (chiamato anche Aghartta o Agartha o Agharti in sanscrito “l’inaccessibile” ) corrisponderebbe ad un regno sotterraneo collocato all’ interno della terra e descritto nelle varie opere dello scrittore Willis George Emerson.
    Agarthi è uno dei nomi più comuni utilizzati per definire una civiltà nascosta all’interno dell’Asia centrale, nel tantra Kalachandra del buddhismo tibetano è un regno mitico, separato da una cintura di alte montagne e suddiviso in otto parti che vanno a formare una sorta di fiore a otto petali e che include 76 regni.
    Si tratta quindi di un’ estesissima rete di gallerie sotterranee che collegato tra di loro diversi continenti e molto in profondità troviamo Shamballah centro del regno e sede del Re del Mondo.

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    La storia di Agarthi oltre ad essere nell’esoterismo un popolare e curioso soggetto di studi, è stata associata anche alla teoria della Terra cava, una delle teorie che ha sostenuto l’esistenza di regni sotterranei. In questo favoloso mondo avrebbe dimora il Re del Mondo e cioè colui che da Shamballah (la città degli smeraldi) domina le menti dei Re, degli Imperatori e dei Presidenti di tutto il mondo.
    Il Re del Mondo non è soltanto un capo religioso, ma decide i destini materiali del pianeta , è presente in tutte le antiche religioni in forme diverse se ne vede la presenza negli Egizi, nei Celti, nei Greci; nella Qabbalah è l’angelo Metatron, nella religione cristiana la sua funzione è svolta dall’Arcangelo Michele ma sempre ed immancabilmente presente.
    Ad Agharti nacque la religione unica e perfetta denominata l’ “Età dell’Oro“, in grado con l’aiuto di pratiche mistiche , di porre l’uomo in totale comunione con Dio. Ci fu un tempo in cui i Grandi Iniziati di Agharti vennero in superficie per predicare la loro religione; il Maestro Rama che gli Indù considerano un avatar (incarnazione) del dio Vishnu, la diffuse dall’India fino al Nord Europa, creando la civiltà Indo-Europea.
    Uno dei riferimenti più vicini al nostro secolo è il legame tra Agharti e ”Asghard“, la città di Odino e degli Dèi dei miti germanici che spinse Adolf Hitler a ritenere che i popoli nordici fossero gli eredi spirituali del Regno Occulto e questo mosse i nazisti a ricercare in Tibet la verità esoterica della Svastica.

    agarthi



    Tutte le grandi religioni attuali quindi derivano dunque dalla primordiale religione di Agharti, tutte le tradizioni sono in realtà adattamenti della grande tradizione primordiale, nei millenni le religioni si sono secolarizzate conservando solo qualche pallido ricordo della loro reale ed iniziale identità.
    Grazie all’ aiuto e al sostegno degli insegnamenti occulti dei Superiori Sconosciuti , l’ alleanza di potenti illuminati e di uomini della superficie la tradizione originale di Agharti è stata portata avanti a lungo nel tempo dalle Società esoteriche.
    Le organizzazioni mistiche erano composte da ristretti e selezionati gruppi di iniziati, alcuni riti, alcuni numeri come il 12, o il 22, quello degli Arcani maggiori dei tarocchi, nonché certi simboli come ad esempio la solare svastica, resa purtroppo tristemente famosa da Hitler, che ricorrono in queste organizzazioni rispecchiano simboli del Regno Sotterraneo .
    In “Mission de l’Inde en Europe del 1910″ , lo scrittore Saint-Yves d’Alveydre sostiene che il Re del Mondo è il più alto esponente della Sinarchia (ipotetico governo occulto planetario o anche governo ombra, che gestisce invisibilmente le trame della politica e dell’economia mondiale e che decide i destini dell’umanità) quindi una sorta di Governo centrale di uomini di scienza, potentissimo e ramificato, i cui esponenti terreni come il Consiglio Europeo di Stati e il Consiglio Internazionale delle Chiese sono ingrado di controllare i grandi moti politici.

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    Al Re era data la possibilità di svolgere la propria missione utilizzando anche mezzi poco convenzionali, sembra infatti che se lo desiderasse egli poteva mettersi in contatto con le menti di tutti gli uomini che potevano influenzare il destino e la vita dell’umanità (Re, Zar, Khan, capi guerrieri, sacerdoti, scienziati) poteva conoscerne i pensieri, i progetti e aveva la capacità di influire sul risultato in funzione della tipologia di progetto, se graditi a Dio li assecondava, diversamente li faceva fallire.
    Sembra inoltre che se per una qualsiasi ragione l’umanità avesse deciso di fargli guerra i Templari Confederati dell’Agharti avrebbero avuto il potere e la capacità di fare esplodere la superficie del globo, di trasformarla in un deserto, ma anche prosciugare i mari o trasformare i continenti in oceani.
    La reale esistenza di Agarthi è stata presa in considerazione da numerosi europei, come, ad esempio i seguaci della teosofia di Madame Blavatsky. Quest’ultima sosteneva di avere una sorta di contatto telepatico con gli antichi “Maestri della Fratellanza Bianca” cioè i sopravvissuti di una razza eletta vissuta tra Tibet e Nepal, i quali in teoria a seguito di una devastante catastrofe si sarebbero rifugiati nelle viscere della terra , dove avrebbero fondato la mitica Agarthi.

    Sembra che gli ipotetici ingressi per accedere ad Agarthi fossero :
    Deserto del Gobi, MongoliaPolo NordPolo SudPiramide di Giza, EgittoMonte Epomeo, isola d’Ischia, ItaliaIsola di Pasqua
    Anche antichi monaci tibetani, gli Indiani d’America, alcune popolazioni aborigene africane particolar modo in Mali e Nigeria, gli antichi Scandinavi, i Sumeri, alcune popolazioni Maya del centro America e molti altri popoli antichi narravano di una misteriosa , potente ed occulta civiltà sotterranea comunemente chiamata “Agartha”, in grado di sfruttare in parte alcune cavità sotterranee naturali del sottosuolo , ed in parte cavità artificiali appositamente costruite con tecnologie molto avanzate e destinate ad ospitare città e popoli non solo umani ma anche da altre razze differenti dalla nostra. Sembra inoltre che fossero presenti fonti di energia naturale e artificiale in grado di far vivere molto a lungo gli abitanti, sviluppando in ognuno degli abitanti capacità mai viste prima.

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    Tanti furono gli scritti che parlavano di Agarti, una delle prime fu “ The Smokey God or A Voyage to the Inner World” scritto nel 1908 da Willis George Emerson, che utilizza l’autobiografia di un marinaio norvegese che navigò all’interno della Terra utilizzando un’apertura presso il Polo Nord. Per due anni sarebbe vissuto con gli abitanti di questo regno il cui mondo sarebbe illuminato da un “Sole centrale fumoso”.
    Vi riporto inoltre altri riferimenti agli scrittori che si occuparono di e scrissero di Agarthi
    Bernard, Raymond W.- Agharta – The Subterranean World, Fieldcrest Publishing / Carol Publishing Group,
    Dickhoff, Robert Ernst – Agharta
    Emerson, Willis George – Il Dio fumoso o il viaggio nella Terra Cava (The Smokey God or A Voyage to the Inner World, Forbes & Company, Chicago – (testo originale inglese)
    Guénon, René – Il re del mondo, Librairie Gallimard, Parigi – Ed. italiana Adelphi
    MacEllan Alec – Da Atlantide a Shamballah - Pocket Piemme
    Trombini, Davide - L’Iniziato di Agarthi, Il Filo
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    Edited by gheagabry1 - 29/5/2023, 18:56
     
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  4. gheagabry
     
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    L'Atlantide perduta al largo di Mauritius

    MAURITIA




    Sono stati i granelli di sabbia di una celebre isola tropicale a svelare l'esistenza di un "microcontinente" sprofondato nell'oceano. Mauritius è un'isola (e non un arcipelago, sebbene molti in Italia dicano "le Mauritius") che si trova a circa 2.000 chilometri dalla costa africana, a est del Madagascar. Secondo gli scienziati, si sarebbe formata nove milioni di anni fa, con il raffreddamento della lava emessa da alcuni vulcani sottomarini.

    Di recente però un'équipe di ricercatori ha trovato a Mauritius alcuni granelli di sabbia che contengono frammenti di zircone databili all'incirca tra 660 milioni e due miliardi di anni fa. Gli autori del nuovo studio, dettagliato nell'ultima edizione della rivista Nature Geoscience, concludono che i minerali appartenevano a una massa continentale ormai scomparsa, e che furono trascinati verso l'alto al momento della formazione dell'isola. "Risalendo in superficie, la lava attraversò del materiale continentale, portando con sé alcune rocce che contenevano zirconi, spiega Bjørn Jamtveit, geologo dell'Università di Oslo e coautore della ricerca. "Con ogni probabilità gran parte delle rocce fusero o si disintegrarono a contatto con la lava infuocata, ma alcuni granelli di zircone sopravvissero 'congelati' nella lava e rotolarono giù formando delle rocce sulla superficie di Mauritius".

    Atlantide preistorica



    Jamtveit e i suoi colleghi ipotizzano che il microcontinente perduto, da loro chiamato "Mauritia", avesse un'area pari a circa un quarto dell'attuale Madagascar.

    Inoltre, basandosi su un nuovo calcolo della modalità della deriva degli antichi continenti, sostengono che, a sua volta, Mauritia faceva parte di un "supercontinente" molto più grande, chiamato Rodinia, che comprendeva anche l'India, oltre allo stesso Madagascar. "Prima della formazione dell'Oceano Indiano", sostiene Jamtveit, "queste tre masse continentali erano attaccate insieme". Ma, come un'Atlantide preistorica, Mauritia finì per essere sommersa dalle acque quando, 85 milioni di anni fa, l'India si separò dal Madagascar.

    Da tempo gli studiosi ipotizzavano che le isole vulcaniche potessero contenere le prove dell'esistenza di continenti perduti. Jamtveit e la sua équipe hanno deciso di mettere alla prova questa teoria nel 1999, quando fecero tappa a Mauritius nel corso di un viaggio di ricerca più lungo. La sosta sull'isola tropicale "era molto allettante per un norvegese nel bel mezzo del freddo di gennaio", scherza lo studioso.

    Ma Mauritius era un luogo ideale per la ricerca anche perché, essendo un'isola relativamente giovane e formata dalla lava oceanica, non avrebbe dovuto contenere zirconi, minerali molto duri che non si deteriorano facilmente. Qualunque zircone più vecchio di nove milioni di anni, spiega Jamtveit, avrebbe rivelato la presenza di materiale continentale sepolto.

    All'inizio gli scienziati hanno tentato di frantumare le rocce mauriziane per estrarre i cristalli di zircone, ma l'impresa si è rivelata difficile per il rischio di contaminazione: nel materiale usato per la frantumazione c'erano zirconi provenienti da altri siti. "Per un po' ci siamo dovuti fermare", ricorda Jamtveit.

    Qualche anno più tardi alcuni membri dell'équipe sono tornati a Mauritius, riportando indietro sabbia da due spiagge diverse. Alla fine ne hanno estratto 20 campioni di zirconi, datandone poi otto sulla base dei tassi di decadimento in piombo dell'uranio e del torio che contenevano.

    "Si sono rivelati molto più antichi della lava di Mauritius", spiega Jamtveit. "La datazione ha svelato un'età simile a quella delle rocce continentali di Madagascar, Seychelles e India.

    Prove insufficienti?

    Il lavoro però non convince tutti gli studiosi. Jérôme Dyment, geologo all'Institut de Physique du Globe di Parigi, ritiene che quegli antichi zirconi potrebbero essere "sbarcati" sull'isola con altri mezzi, ad esempio nelle zavorre delle navi o nel materiale da costruzione importato. "Affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie, e gli autori della ricerca non ne hanno ancora fornite", sostiene Dyment. Lo studioso sta partecipando a un progetto franco-tedesco, denominato RHUM-RUM. Attraverso l'installazione di sismometri a grandi profondità nell'oceano, attorno all'isola di La Réunion (a circa 200 km da Mauritius), il progetto punta a investigare il mantello terrestre: "Se sotto La Réunion c'è un microcontinente, è così che lo troveremo", sostiene Dyment.

    Conall Mac Niocaill,geologo dell'Università di Oxford, è invece più possibilista sullo studio norvegese. "Presi uno alla volta, i risultati sono solo indiziari, ma tutti insieme formano un quadro convincente", sostiene. "A Mauritius non c'è una fonte di zirconi evidente, ed è improbabile che i cristalli ritrovati siano stati trasportati sull'isola dal vento o dall'attività dell'uomo. Quindi la conclusione più ovvia è che la lava dei vulcani abbia catturato materiale più antico mentre sgorgava dalla crosta terrestre.

    Sulla base di queste scoperte, Mac Niocaill aggiunge che sotto l'Oceano Indiano potrebbero trovarsi altri continenti sommersi. E l'analisi del campo gravitazionale terrestre ha rivelato altre zone del fondo oceanico in cui la crosta terrestre appare più spessa del solito: potrebbero essere la prova della presenza di rocce continentali.




    Ken Thar, national geogrphic
     
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  5. gheagabry
     
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    La terra è cava?

    nucleo_terra

    La Terra è suddivisa in diversi strati, ciascuno dei quali con proprietà chimiche e fisiche diverse. Dall'interno alla superficie, distinguiamo: il nucleo, il mantello e la crosta.

    Dal punto di vista della sua composizione chimica, il pianeta è dominato dal ferro (34,6 %) e dall'ossigeno (29,5 %), seguiti dal silicio (15,2 %), dal magnesio (12,7 %) e dal nichel (2,4 %). Tutti gli altri elementi non superano il 5 %.

    Il nucleo comprende il 16 % del volume del pianeta e un terzo della sua massa.
    La sua struttura, pur non essendo visibile, è stata determinata a grandi linee grazie allo studio delle onde sismiche e della loro propagazione all'interno della Terra.
    Questa regione si divide a sua volta in un nucleo interno fluido, dello spessore di 1230 Km circa, e un nucleo esterno solido dello spessore di 2250 Km.
    Il nucleo è composto per lo più di ferro e nichel, con tracce di altri elementi più leggeri. La sua densità è compresa tra 10 e 11 e la sua temperatura può raggiungere i 7.500 oC nel centro.
    Esso è sottoposto ad una pressione enorme da parte degli strati superiori: 3,6 milioni di atmosfere; per questo motivo, oltre che per l'alta temperatura, il nucleo interno si trova allo stato liquido.

    La terra è invece cava?

    Fin dal passato si narrava che la terra fosse cava, lo stesso Platone affermava che:vi era un grande sovrano "che siede al centro della terra, sull'ombelico della terra; egli è il mediatore della religione per tutto il genere umano".Questa teoria non è quindi una teoria recente ma affrontata nel passato molte volte.Edmund Halley (il famoso scopritore della cometa) e Leonard Euler (1707-1783)erano sostenotori della teoria della terra cava.

    Nel 1818 fu scoperto il "Buco di Symmes", il passaggio verso la terra cava dal capitano John Cleves Symmes.Nel 1870 Symmens chiese una sovvenzione al governo degli Stati Uniti per proseguire le sue ricerche ma gli fu negata infrangendo il suo sogno di dimostrare l'esistenza del "Buco di Symmes".

    Il pianeta terra, secondo questa teoria, dovrebbe essere cavo, vuoto, privo di un nucleo, ed al suo interno vi sarebbero spelndide città di cristallo ricche di luce, città costruite tutt'intorno al suo centro, abitate da esseri viventi del tutto simile agli esseri umani, vi sarebbero città ma non laghi o fiumi, tutto raggruppato in un unico continente.

    Il sole, al centro, illumina perennemente questo luogo è chiamato Aurora, in questo luogo non vi è la notte.

    Animali a noi sconosciuti abiterebbero questo luogo.

    terra_cava

    Chi può testimoniare a favore dell'esistenza della terra cava e della popolazione "sotterranea"che vi abita sono persone che raggiungono questo luogo o tramite viaggi astrali, o tramite contatti con extraterrestri che avrebbero permesso loro di poter visitare questo luogo.

    Secondo un associazione The Hollow Earth Society (la società della terra cava)la terra è realmente cava ed i seguaci di John Cleves Symmes hanno creato quseta associazione secondo la quale le immagini scatatte anche di recente dai satelliti provano l'esistenza del "Buco di Symmes".

    Le prove


    Una foto famosa che comproverebbe l'esistenza di questo passaggio è la seguente scattata dal satellite ESSA7:
    terra_cava_satellite_essa
    Incredilmente rassomigliante ad un "occhio del ciclone":

    occhio_del_ciclone

    In questa foto scattata sempre dal satellite ESSA7 vi sarebbe la prova, inconfutabule a favore dei sostenitori della teoria della terra cava, in cui si intravade chiaramente un ingresso semicircolare tenuto nascosto alle rotte aeree commerciali:

    terracava_essa_7
    Nel 1947 il Contrammiraglio Richard E. Byrd della marina americana testimoniò di aver attraversato in una spedizione aerea al polo nord un luogo, un lembo di terra di 3690 chilometri, in cui la flora mutò e divenne tipicamente tropicale come la fauna, egli intravide un mammuth un probabile punto di contatto tra la terra cava e la superficie del pianeta. Byrd chiamò ciò che vide “terra incantata, al di là del mistero”.Da quel momento in poi presero forma teorie secondo le quali al polo nord vi fossero punti di contatto con l'ingresso alla terra cava tramite i quali poter entare nella città abitata dagli altri esseri umani.

    Nello stomaco di mammuth sono stati ritrovati resti di vegetali di zone temperate o tropicali,(afferma Ray Palmer, direttore di Flying Saucers, rivista americana) potrebbero mammuth provenienti dalla terra cava e morti per assideramento, non animali preistorici?

    CONCLUSIONI:

    La terra cava esiste o è frutto della fantasia, un mito?

    Fino a quando non vi saranno prove scientifiche che dimostreranno la reale esistenza della terra cava ci si potrà avvalere di teorie come le porte interdimensionali, il Buco di Symmes potrebbe essere un portale che collega due mondi paralleli, oppure potrebbe esserci lo zampino di alieni, come i grigi o i rettiliani in grado di mimetizzare questo luogo nel migliore dei modi, ma che scelgono di farlo visitare ad adotti tramite l'utilizzo delle loro astrovani aliene oppure i fortunati che sono in grado di praticare i sogni lucidi o i viaggi astrali e possono raccontare ciò che vedono in questi ed altri luoghi o più semplicemente è una realtà a noi sconosciuta come tante altre.

    Vi sono testimonianze di persone capitate nella terra cava precipitando con aerei o imbattendosi in essa con navi.

    Molte popolazioni nelle loro leggende, che si dice abbiano sempre un fondo di verità, narrano che nel sottosuolo abiterebbero gli abitanti del piccolo popolo e sempre secondo una leggenda sud americana si narra di Eldorado e le popolazioni asiatiche narrano invece di Agarthi e Shamballah, città del sottosuolo irraggiungilbili che facevano parte secondo la leggenda di due continenti:Atlantide e Mu.

    Atlantide e Mu, per cause sconosciute, furono distrutte da un grande cataclisma ed i superstiti furono divisi in più gruppi abitando l'Asia, l'Europa e le Americhe, alcuni invece sarebbero scesi nelle profondità della terra, gli Eletti, dando vita ad una nuova popolazione composta da due grandi continenti Eldorado ed Agarthi.Sempre secondo la leggenda, comune a molte popolazioni, Eldorado avrebbe l'ingresso al polo sud mentre Agarthi al polo nord.




     
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  6. gheagabry
     
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    L'ISOLA di YS



    Una leggenda, molto radicata nella tradizione celtica, di una città, una residenza sommersa situata a non pochi passi dalla contea di Cornovaglia. Questa città ha il nome di Ys, parola celtica che significa "basso". Qui viveva una certa Dahud, il cui nome significa "La buona strega". Ella, figlia del re di Cornovaglia Grablon, si era costruita una magnifica città sotto il mare (da ciò la parola Ys) protetta da una diga.

    Le tradizioni bretoni raccontano che la città d'Is era protetta contro l'Oceano da dighe potenti, le cui chiuse erano aperte una volta al mese sotto la presidenza del re, per dar passaggio alla sovrabbondanza dei corsi d'acqua. La città era d'una magnificenza eccessiva, il palazzo sontuoso, e la corte dedita ad ogni sorta di piaceri. La figlia del re, la principessa Dahut, era bella, civettuola e licenziosa e, nonostante l'austerità paterna, si dava a folli orge. Gradlon aveva promesso d'imporre la sua autorità, e di por freno agli scandali di sua figlia, ma l'indulgenza paterna aveva sempre avuto il sopravvento nel suo cuore. La giovine principessa formò un complotto per impadronirsi dell'autorità reale, e il vecchio re non tardò ad essere relegato nel fondo del suo sesso palazzo. Essa presiedete alla cerimonia e perfino all'apertura delle chiuse, ed ebbe la fantasia di aprirle essa stessa in un giorno di grande marea!… Era la sera; il re vide giungere davanti a lui San Guénolé, l'apostolo della Bretagna, che veniva ad annunciargli l'imprudenza della figlia; il mare penetrava nella città, la tempesta lo spingeva davanti a sé, e non v'era ormai più che a fuggire, essendo ormai la città intera destinata a disparire. Gradlon volle ancora salvare la figlia sua dalle conseguenze della sua folle imprudenza; egli mandò a cercarla, la prese in groppa al suo cavallo e seguito dai suoi ufficiali, si diresse verso le porte della città. Al momento in cui le oltrepassava, un lungo muggito risuonò dietro a lui; egli si rivolse e mandò un grido! Al posto della città d'Is si estendeva una baia immensa, sulla quale si rifletteva la luce delle stelle. Ma già le onde frementi arrivavano fino a lui. Esse stavano per raggiungerlo ed atterrarlo, nonostante il galoppo dei cavalli, allorché una voce gridò: "Gradlon! Se non vuoi perire, sbarazzati dal demonio che porti dietro a te". Dahout, atterrita, sentì le sue forze abbandonarla; un velo si stese sui suoi occhi; le sue mani, che stringevano convulsamente il petto del padre suo, si agghiacciarono e ricaddero senza forze; essa cadde travolta nei flutti. Non appena essi l'ebbero inghiottita, che si arrestarono. Quanto al re, egli arrivò sano e salvo a Quimper, e si stabilì in questa città che divenne la capitale della Cornovaglia."
    Questa che raccontammo è indubbiamente una leggenda: ma essa ricopre un fondo di verità: la sommersione incontrastabile di una grande città al V secolo dell'era nostra.




    Secondo il Prof. Jeah Markle questa ragazza conduceva una vita dissoluta e questa dissolutezza venne accentuata ancora di più dopo che la leggenda subì il flusso del Cristianesimo.
    La leggenda non termina qui. Si dice infatti che Dahud viva ancora nel suo meraviglioso palazzo in fondo al mare e aspetti il momento adatto per ritornare in superficie. Quando questo avverrà, Ys sarà la città più bella e più ricca del mondo.

    È veramente esistita questa città e la sua strega oppure la vicenda di Dahud è solo leggenda? Alcuni ricercatori sono dell'opinione che la città sia esistita veramente, poiché si sono verificati effettivamente dei cataclismi verso il 1200 a.C. che potrebbero aver ispirato gli antichi racconti. A seguito di queste inondazioni il livello dei mari, dei laghi e delle paludi si abbassò in Europa di qualche metro, e il processo venne accelerato dalla diminuzione di umidità. Ma alla fine dell'età del bronzo o nel primo periodo di Hallstatt (530 a.C.) avvenne un nuovo mutamento climatico. In seguito a piogge diluviali che provocarono inondazioni, le coste del Mar del Nord vennero parzialmente sommerse, e con esse parecchi porti del Baltico, della Bretagna, del Galles e dell'Irlanda. In queste inondazioni anche Ys sarebbe potuta essere stata sommersa, poiché vicina alle coste Inglesi. La collera divina che fa definitivamente scomparire la città dai flutti e la capacità magiche di Dahud forse sono solo fantasie o aggiunte da parte della Chiesa cristiana.
    Certo che l'esistenza di questa città e il fatto che molti porti furono travolti dalle acque ci suggerisce il fatto che potrebbero essere esistite veramente terre simili. Le ultime vestigia di Atlantide? I campi Elisi erano parte di queste isole? Ys era forse una eco della civiltà Atlantidea, in parte ancora in piedi nel 1200 a.C.? Dahud faceva forse parte dell'élite Atalntidea?
    Atlantide,secondo le leggende, affondò all'incirca nel 10.000 a.C. Come è possibile che nel 1200 a.C. fosse ancora abitata?




    Atlantide era un continente che ospitava una razza superiore, non possiamo dire se giunta della stelle o nativa del pianeta terra, che aveva un grande sapere di tipo tecnologico, spirituale e filosofico. Per cause naturali: terremoti, eruzioni vulcaniche, maremoti o per l'uso, secondo alcuni studiosi, improprio di energia nucleare o di un eccessivo potere dei diamanti da parte di sacerdoti corrotti, vide segnata la sua fine. Una fine che tuttavia non fu totale, sia perché c'era tutto un mondo da colonizzare sia perchè qualche pezzo di terra di questo continente potrebbe essere rimasto abitabile. C'è da considerare tuttavia che la colonizzazione avvenne in parecchi anni e in questo lungo periodo di colonizzazione, dall'originale nucleo atlantideo nacquero nuove etnie quali i Greci, i Fenici, i popoli del Mare, i Cretesi, gli Egizi e i Celti.

    Durante questo periodo di migrazioni e colonizzazioni dovette esserci un capo, coordinatore dei sopravvissuti. Questo capo potrebbe essere stato benissimo il re Grablon, visto come un sacerdote-mago dotato di poteri particolari, che ha un forte corrispettivo nella casta sacerdotale dei Druidi. Forse l'attributo re è stato dato solo per disegnare le sue capacità, tali da sembrare degne appunto di un monarca. Ricordiamo infatti dalla storia antica che il re spesso e volentieri era visto come un Dio. Questo re-sacerdote aveva una figlia, anche essa'dotata di poteri particolari, tanto da meritarsi l'appellativo di Dahud (buona strega), che per capriccio si fece fare questa stupenda residenza sottomarina.
    Improvvisamente, nel 1200 a.C. un altro maremoto sconvolse la Terra, e Ys venne cancellata insieme alle numerosi isole del vecchio continente Atlantideo, inabissandosi a chissà quale profondità. Divenne così parte della leggenda e fu attribuito a Dio l'opera della sua distruzione. La leggenda vuole inoltre che Ys riposi ancora nelle profondità del mare, in attesa di riemergere e tornare al suo antico splendore. Forse gli Atlantidei superstiti dimorano ancora nelle profondità degli oceani con lo scopo di ricostruire il loro regno? Ys sarebbe soltanto un piccolo pezzo di un immenso impero perduto! Riferendoci al passato infatti potrebbe essere stata una buona colonia degnamente costruita per dar sostegno agli ultimi superstiti del mondo prediluviano, ma allo stesso tempo un ottimo e geniale mezzo per diffondere la civiltà su altre terre. Inoltre, è da considerare che questa civiltà portò la cultura non solo in Inghilterra, ma all'intero globo, dando vita alla nostra civiltà globale. Noi siamo parte di questa cultura, poiché siamo parte dei Celti, dei Greci e di tutti gli altri popoli del Mediterraneo.
    (PASQUALE ARCIUOLO)




    Nella sua celebre opera «Il mondo prima della creazione dell'uomo» (traduzione italiana di Diego Sant'Ambrogio, Milano, Società Editrice Sonzogno, 1911, pp. 267-270), così il divulgatore scientifico francese rievoca il leggendario racconto sulla drammatica fine di Ys:

    «Nella baia di Douarnenez esisteva anticamente una città celebre, la città d'Is, di cui la leggenda del re Gradlon ha illustrato la fine così tragica. Ai primi secoli dell'era nostra, questa città era ancora fiorente, benché già minacciata dal mare e protetta dalle dighe. Si ritiene sia avvenuta nell'anno 444 l'invasione delle acque che inghiottirono definitivamente queste popolazioni. Si vedon ancor oggi, a bassa marea, alcune vecchie mura che portano il nome di "Mogher-Greghi" mura dei Greci."

    È sulle rive desolate della baia de' Trapassati (Finisterre) che si rinvengono le vestigia dell'antica città. Molte strade antiche vanno a finire oggidì nel mare, e si prolungavano in passato nella baia di Douarnenez.


    Un altro studio sul mistero della città di Ys e della sua tragica scomparsa nei flutti dell'Oceano Atlantico è svolto da René Thévenin nella sua monografia ormai classica «I paesi leggendari» (titolo originale: «Les pays légendaires devant la science»; traduzione italiana di Luigi Confalonieri, Milano, Garzanti, 1950, pp. 75-78):

    «Non è necessario che un avvenimento sia molto lontano nel tempo perché la leggenda se ne impadronisca, se quest'avvenimento non esiste più che allo stato di ricordo. Sono accaduti fatti, nei nostri paesi e a una data storica, che il mistero circonda ancora, come se appartenessero all'antica mitologia. E, come per l'antichità, i commentatori non riescono a mettersi d'accordo quando vogliono liberare la verità dai veli della favola. [...] Di questa tragica storia, che ha molte varianti, rimane un fatto incontestabile, l'ultimo. È vero che ai nostri giorni, quando le circostanze e il tempo lo permettono, si ritrovano in quei luoghi le vestigia di una città sommersa. Si tratta infatti di un'antica città, capolinea di strade romane e che, se si cerca di precisare la sua storia, fu distrutta da una furiosa mareggiata o da uno sprofondamento del suolo, nel 441, o secondo altri scrittori, nel 395.
    Ora, basta studiare il rilievo di tutta questa costa brettone, della costa normanna che le è vicina, e della costa inglese che la fronteggia, per rendersi conto della lotta incessante fra il mare e la terra e della vittoria che riporta l'assalitore sulla difesa passiva dell'assediata. Non è qui il luogo di passare in rivista gli episodi di questa lotta, impegnata con fortune diverse, da centinaia di milioni d'anni, dal giorno in cui i primi graniti brettoni sbucavano dal seno d'un oceano fino allora deserto. Ma senza risalire a quelle origini si può ricordare che al momento d'uno dei più grandi progressi dell'emersione continentale, nel pliocene, cioè in un tempo relativamente vicino al nostro, , in cui cominciavano a mostrarsi il bisonte, il cavallo, o l'elefante, la Francia e l'Olanda riunite all'Inghilterra , e l'Inghilterra riunita all'Irlanda, non formavano che un vasto promontorio occidentale, attraverso il quale serpeggiava, verso nord, il Reno ingrossato dall'Elba e dal Tamigi, dalla Tweed e dalla Tay, prima di sfociare nel mare alla latitudine della Scozia, mentre la Senna, che riceveva i fiumi brettoni e quelli del nord dell'Inghilterra attraversava dei territori stendentisi al nord della Normandia e della Bretagna e non sboccava che nell'oceano che molto all'ovest di quest'ultima.
    La catastrofe di Ys non è dunque che un beve episodio di questa lotta ed ha importanza solo perché la Storia ne ha raccolto e interpretato a suo modo l'eco. Della personalità del re Grallon e della sua turbolenta progenitura non sappiamo nulla di certo. Ma alle più basse maree dell'equinozio, presso il capo di Van e di Trongueur, nella baia di Douarnenez, si son ritrovate fin dal XVI secolo le strade sommerse e le mura della città. Questa, d'altra parte, ha conservato una certa celebrità grazie ai personaggi che vi si son fatti vivere, a torto o a ragione. Ma non è la sola delle stesse regioni che abbia subito, nello stesso tempo, la stessa sorte. Vicino a Plogoff, si distinguono nettamente, sotto la superficie dei "menhir" (monumenti megalitici), delle mura, delle strade lastricate. Si sono ritrovate altre città sommerse in fondo all'Aber Vrac'h, presso Erquy, ecc. E gli annali del tempo di Carlomagno ci raccontano che, nella baia di Cancale, la cittadella di Gardoine o Gardone, che aveva osato resistere vittoriosamente al grande imperatore e così sia incorsa nella sua maledizione, fu a sua volta inghiottita nel mare dalla collera di Dio.»




    Scrive dunque Massimo Centini nel libro «Città, luoghi e continenti scomparsi»Milano (De Vecchi Editore, 2003, pp. 115-116), a proposito dell'enigma di Ys:

    «La fiorente città di Ys, secondo la tradizione si trovava sulla costa della Bretagna. Si narra che il re Gradlon amministrasse con saggezza questa città, ma che sua figlia Dahut, troppo viziata, si abbandonasse a ogni genere di trasgressioni. un giorno, per andare trovare un amante, sottrasse la chiave con cui potevano essere alzate e abbassate le grandi porte che regolavano gli afflussi delle acque: lontana da casa, dimenticò di tornare prima dell'alta marea e Ys fu devastata dalle acque. Secondo un modello ricorrente, dunque, la città fu distrutta in seguito a un'alterazione delle regole - che in questi "schemi" sono quasi sempre morali - da parte di un membro della collettività.
    Forse, dietro la leggenda sulla distruzione di Ys vi è un evento naturale (un maremoto?) che coinvolse anche altre località, ma per qualche sconosciuto motivo solo questa città acquisì una qualche notorietà: lungo tutto il litorale della Bretagna, "grandi e piccoli centri abitati, oltre a molte ville e residenze padronali isolate, sprofondarono nei flutti. Ma soltanto Ys divenne famosa, soltanto Ys acquistò il valore d'un simbolo, perché essa era situata su quel promontorio occidentale che costituiva al tempo stesso l'estrema punta, la fine del mondo degli uomini, il braccio teso dell'umanità verso il nulla. E soltanto calunniando Ys si poteva colpire la religione druidica" (H. Schreiber, "Città scomparse", Milano, 1971, pag. 27).




    YS è indubbiamente una leggenda: ma essa ricopre un fondo di verità: la sommersione incontrastabile di una grande città al V secolo dell'era nostra.
    Alla città d'Is si può aggiungere come esempio di regioni sommerse dalle invasioni del mare, la città di Herbadilla, vicino a Nantes, di cui parla Gregorio di Tours (essa era sotto la sua giurisdizione) e che fu inghiottita a' suoi tempi, verso il 580; quella di Tolento, non lunge da Brest; quella di Nazado, vicino ad Erqy; quella di Garloine, nella pianura di Dol, che disparve ai tempi di Carlomagno. Dalla foce della Loira fino al Finisterre, non vi è una costa ove non si rinvengano vestigia d'abitazione. Il litorale di Morhiban parrebbe essersi abbassato di cinque metri a Closmadeuc.
    Vi erano foreste sulla riva di Dunkerque, occupanti le spiagge bagnate oggidì dal mare. La spiaggia d'Etaples conteneva un numero così grande di alberi sepolti nella spiaggia, che lo Stato ha messo in aggiudicazione il diritto di estrarli. Fondazioni romane furono scoperte a Sangatte. Si rinvennero all'ovest di Calais i resti d'una foresta sommersa, in mezzo alla quale si sono riconosciute ossa di bisonti (auroch),e conchiglie d'acqua dolce, ciò che prova come, in un'epoca geologica recente, la costa era più elevata che non ai giorni nostri. A quest'epoca, al principio del periodo Quaternario, il passo di Calais non era ancora aperto alle acque dell'Oceano che si precipitano nelle acque del mare del Nord; l'Inghilterra era tuttora congiunta alla Francia.»




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    La nuova "Atlantide" brasiliana
    e altri (veri) continenti perduti


    Atlantide resta un mito, ma i mondi perduti esistono davvero: dal nuovo "continente" scoperto al largo del Brasile, un viaggio attraverso antiche terre sommerse



    Maggio 2013: alcuni scienziati hanno annunciato che potrebbero aver trovato un continente perduto al largo della costa del Brasile (nella foto, il braccio meccanico di un sommergibile da ricerca preleva un campione di roccia dal fondale marino nell'area).
    Secondo Roberto Ventura Santos del CPRM, il servizio geologico brasiliano, i massi di granito ripescati due anni fa dal fondale marino al largo della costa dell'America del Sud potrebbero essere residui di un continente scomparso da lungo tempo.
    "Potrebbe trattarsi dell'Atlantide brasiliana", rivela Santos ai giornalisti, precisando però di star facendo ricorso a una metafora, e non di stare proclamando il ritrovamento del mitico mondo sommerso.
    Santos e il suo team ipotizzano che il granito - una roccia di densità relativamente bassa che si trova nella crosta continentale - apparteneva a un continente che rimase sommerso quando l'Africa e l'America del Sud si separarono dando luogo all'Oceano Atlantico, 100 milioni di anni fa.
    Michael Wysession, geologo e planetologo della Washington University a St. Louis (Stati Uniti), non coinvolto nella ricerca, sottolinea però che il granito potrebbe essere arrivato sul fondale marino anche per altre vie. E spiega: "Nel mezzo del fondale marino si trovano pezzi di granito che risalgono a circa 800 milioni di anni fa, quando la Terra poteva sembrare una palla di neve e grandi pezzi di roccia navigavano per tutto l'oceano all'interno di zattere di ghiaccio" - ghiacciai mobili, in pratica. "Nel momento in cui quelle formazioni di ghiaccio si sono sciolte, grossi blocchi di roccia sono sprofondati ovunque sul fondo del mare.
    Wysession ritiene che, dato che il fondo oceanico è stato mappato in lungo e in largo tramite i satelliti, è improbabile che venga trovata la prova dell'esistenza di qualsiasi altro importante continente perduto. "Non c'è niente di così grande nascosto laggiù", afferma.
    Il tema di Atlantide, del mondo perduto, nascosto o fantastico è mito ricorrente nella narrativa. Pensiamo alla terra di mezzo di J. R. R. Tolkien o alla Shangri-La di James Hilton, per non parlare del Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. L'originario mondo perduto, Atlantide, fu menzionato per la prima volta da Platone intorno al 360 a.C.
    Secondo Platone, Atlantide sprofondò nella Terra e fu sommersa dai mari. Ma i continenti reali raramente scompaiono in modo così drammatico. "I continenti, per definizione, sono costituiti da rocce con densità basse e quindi non possono essere spinti nelle profondità della Terra", spiega Staci Loewy, geologo della University of Texas a Austin.
    Tuttavia, esistono dei veri "mondi perduti", come l'"Atlantide" brasiliana, che sono scomparsi a causa dell'aumento del livello del mare, di movimenti tettonici o erosione geologica. "Parti di continenti possono essere consumati dall'erosione, e i loro frammenti si possono staccare e rimanere isolati sotto forma di microcontinenti quando continenti più grandi si disgregano", spiega Loewy.





    Il continente nascosto sotto la Scozia



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    Fotografi di Jonathan Andrew/Corbis

    Nel 2011 i geologi che si occupano di mappare l'oceano si imbatterono per caso in un paesaggio prima sconosciuto, oggi sepolto sotto più di un miglio di sedimenti marini al largo della costa scozzese. Il paesaggio nascosto, la cui area è stata stimata intorno ai 10.000 chilometri quadrati, presentava fenditure create da fiumi e picchi che una volta costituivano montagne. Gli scienziati pensano che emerse grazie a processi geologici circa 55 milioni di anni fa, ma che poi venne di nuovo sommerso dopo circa 2.5 milioni di anni.


    Beringia


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    Fotografia di Tim Thompson/CORBIS

    Nonostante l'Asia e l'America del Nord oggi siano separate da uno stretto, quando il livello del mare era più basso, come durante le ere glaciali, i due continenti erano collegati da un ponte di terra chiamato Beringia (nell'immagine, lembi di terra coperti di tundra, resti dell'antico ponte di terra, nel Bering Land Bridge National Preserve, in Alaska). Secondo una teoria, circa 40.000 anni fa le popolazioni che, lasciata l'Asia, si stavano dirigendo verso est, avrebbero trovato il cammino bloccato dai ghiacciai, e sarebbero quindi state costretti a stabilirsi in Beringia per alcune migliaia di anni, fino a quando il disgelo consentì loro di inoltrarsi in America del Nord. Un'altra ipotesi è che "il popolo Clovis migrò dalla Siberia all'America del Nord circa 14.000 anni fa", afferma Wysession, geologo e planetologo della Washington University a St. Louis.


    Pangea




    Un dimetrodonte, un predatore che, anche se somigliante a un dinosauro, è in realtà considerato un precursone dei mammiferi. Visse nel Permiano, in un'epoca in cui i continenti formavano un'unica massa di terra detta Pangea. Il supercontinente, che si sarebbe formato intorno a 300 milioni di anni fa, poi si disgregò, producendo i continenti che tutti oggi conosciamo. Oggi gli scienziati pensano che prima di Pangea siano esistiti altri diversi supercontinenti - come, ad esempio, Kenorland, in Colombia, e Rodinia - ma non è chiaro di che forma fossero queste antiche terre.
    Rodinia, per esempio, era un supercontinente che si pensa si sia formato circa un miliardo di anni fa; si pensa che poi si disgregò per formare Pangea.
    "Quelle terre oggi sono parte degli attuali continenti, ma sono stati modificati in modo significativo da un miliardo di anni di tettonica delle placche e di erosione, per cui ricostruire il supercontinente Rodinia è molto difficile", spiega Staci Loewy, geologo della University of Texas a Austin. Anche se a prima vista appaiono ferme, le masse continentali della Terra si spostano, trasportati sulla superficie del pianeta dai movimenti lenti e instancabili di enormi placche.
    "La superficie della Terra è costituita da uno strato rigido chiamato litosfera; la litosfera è frammentata in varie parti chiamati placche tettoniche", continua Loewy.
    "Queste placche si muovono sulla superficia della Terra: quando collidono tra loro creano montagne come l'Himalaya e le Ande; quando si staccano l'una dall'altra, invece, creano catene vulcaniche nel mezzo degli oceani come la Dorsale medio-atlantica; oppure scorrono l'una sull'altra, come la faglia di Sant'Andrea in California".


    Laramidia



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    Illustrazione per gentile concessione Utah Museum of Natural History

    Nel 2010 due nuove specie di ceratopsidi, con ornamenti corporei tra i più elaborati e bizzarri mai ritrovati, furono scoperte da un'équipe dell'Università dello Utah. I fossili si trovavano nel Grand Staircase-Escalante National Monument, nello Utah, che un tempo faceva parte del "continente perduto" di Laramidia. Durante il Cretaceo, la regione centrale dell'America del Nord restò sommersa, separando per 30 milioni di anni l'Est e l'Ovest del continente. La parte occidentale diventò una massa continentale emersa a sé stante. "Un viaggiatore nel tempo che fosse sbarcato nel Cretaceo sarebbe potuto andare in barca dal Golfo del Messico fino al Mar Glaciale Artico senza mai vedere terra", spiega Thomas Holtz, paleontologo dell'Università del Maryland.
    L'antico continente di Laramidia è oggi una miniera di fossili, anche perché all'epoca era interessato da un'intensa attività geologica. "Si stavano formando le Montagne Rocciose", prosegue Holtz. "I movimenti tellurici facevano innalzare montagne e ne spezzavano altre, i sedimenti precipitavano in pianura e andavano a formare, con il tempo, la roccia sedimentaria che ha preservato tutti questi fossili".


    Doggerland


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    Illustrazione di Alexander Maleev

    Doggerland è una porzione del continente europeo esistito durante l’ultima era glaciale nella parte meridionale del Mare del Nord, che collegava l'Inghilterra a Germania e Danimarca. La storia di questa terra scomparsa comincia con il ritiro dei ghiacci. Diciottomila anni fa il livello dei mari intorno all'Europa del Nord era di circa 122 metri più basso di oggi. Allora la Gran Bretagna non era un'isola, ma la propaggine nord-occidentale disabitata del continente europeo, e tra lei e il resto del continente si stendeva una tundra ghiacciata. Man mano che la Terra si riscaldava e i ghiacci si ritiravano, cervidi, uri e cinghiali si dirigevano a nord o a ovest, seguiti dagli uomini che li cacciavano. Provenendo dalle regioni montuose di quella che oggi è l'Europa continentale, si ritrovavano in una vasta depressione pianeggiante.


    Maurizia

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    Fotografia di Walter Bibikow/JAI/Corbis

    Gli scienziati l'anno scorso avevano già annunciato di aver trovato la prova dell'esistenza di un "microcontinente" sommerso al largo della costa dell'Africa, vicino all'isola di Mauritius .
    Sull'isola sono stati trovati, infatti, grani di sabbia che contenevano frammenti di zircone minerale datati tra 660 e 2 miliardi di anni fa, quindi ben più antichi dell'isola stessa. Un'ipotesi è che quei grani di sabbia siano i resti di Maurizia, un microcontinente scomparso che esisteva un tempo al largo della costa africana, e che sarebbe stato sommerso nel momento in cui l'India si staccò dal Madagascar, circa 85 milioni di anni fa. I microcontinenti sono frammenti di terra residui provenienti da continenti e supercontinenti. Le differenze tra i tre, comunque, non sono del tutto chiare: chiamare un pezzo di terra continente o microcontinente è piuttosto arbitrario, poiché non esistono requisiti di dimensione ben definiti per ognuno di questi termini.
    La Nuova Zelanda, per esempio, in realtà fa parte di una grande struttura continentale che include il Campbell Plateau. "Non c'è tutta questa differenza rispetto alle dimensioni dell'Australia, ma poiché la maggior parte di essa si trova sott'acqua, chiamiamo l'Australia 'continente' e 'isola' la Nuova Zelanda", spiega ancora Wysession.
    I microcontinenti possono anche unirsi a formare strutture più grandi. Per esempio, "il confine nord-africano del supercontinente Gondwana si è spaccato a a spicchi come una mela, e ognuno di questi microcontinenti poi si è spostato a nord a formare il sud dell'Europa, spiega Louis Jacobs, paleontologo della Southern Methodist University a Dallas, in Texas.




    di Ker Than

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    “La storia più bella, e diremmo la più vera, non è sempre quella degli avvenimenti che si sono realizzati, ma l’altra, che sarebbe potuta essere e non fu, vissuta dagli uomini nelle speranze e nei sogni.”
    (T. Santagiuliana)


    IL LAGO GERUNDO



    Il lago Gerundo era una grande distesa d’acqua la cui portata variava nei secoli a seconda delle opere di canalizzazione e di bonifica probabilmente effettuate già al tempo dei romani e nel medioevo, soprattutto dai monaci benedettini. Alimentato dalle piene dei fiumi Adda, Oglio, Lambro e Serio, era In parte una immensa palude inospitale e malsana ma, in alcune zone, ed in alcune epoche, era anche navigabile e pescoso. In seguito però alle invasioni barbariche ed alla caduta dell’impero romano, la zona diventò nuovamente soggetta a frequenti alluvioni causate dall’abbandono delle opere di bonifica. In mezzo all’immenso acquitrino, impropriamente chiamato lago o mare, emergevano delle insule, la più vasta delle quali, detta Fulcheria, corrispondeva all’attuale città di Crema col suo territorio. Su questi rialzi, che oggi separano i bacini fluviali, erano ubicati gli stanziamenti umani, poi ingranditi fino a diventare gli odierni paesi.

    Nel paese di Meleti, ancora agli inizi del ‘900, esisteva un piccolo lago. Volgarmente noto come “Lago di Meleti”, questo piccolo specchio d’acqua è prosciugato ormai da tempo, ma “tradizionalmente” è ancora ricordato tra i bassaioli come l’ultimo lembo dell’ormai scomparso lago Gerundo. Il laghetto di Meleti era anche conosciuto come “Lago Boyton” o “Boytoniano”. Tale denominazione alquanto bizzarra era motivata dal fatto che, nel corso del 1876, lo statunitense Paul Boyton fece esperimenti in quelle acque con sommergibili da lui progettati e successivamente utilizzati per traversate oceaniche e navigazioni lungo i principali fiumi europei.

    Si hanno notizie del lago fin dall’epoca romana e, tra l’altro sulle sue rive, nel 218 a.c. ci passò pure Annibale Barca, il cartaginese che sconfisse i romani di Publio Cornellio Scipione nella battaglia del Trebbia a pochi chilometri da Piacenza. Carte notarili del tardo Duecento accennano alla sua esistenza, ma già nel 1110 il monaco Sabbio vi fece accenni nei suoi scritti. Alcune fonti popolari attribuiscono il prosciugamento e la bonifica del lago a san Cristoforo, che avrebbe sconfitto il drago, o a Federico Barbarossa.
    La bonifica del territorio fu in realtà fatta dai monaci delle abbazie vicine. Si ritiene comunemente che in verità le acque scomparvero in seguito a progressive opere di bonifica in atto già da tempo, in particolare il potenziamento del canale della Muzza da parte dei lodigiani, oltre a fattori di drenaggio e assestamenti geologici, come il livellamento di depositi morenici nei pressi dell'immissione dell'Adda nel Po.
     
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  9. gheagabry
     
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    MONDI SOTTERRANEI





    Il fascino che suscita il mondo sotterraneo nell’immaginario collettivo è noto da sempre: Jules Verne lo immortalò nel suo Viaggio al centro della Terra e H.P.Lovecraft ne scrisse nel suo inquietante Le Montagne della Follia. Entrambi gli autori, si dice, trassero spunto dal mito della “Terra Cava”, del “Re del Mondo” e dei grandi regni sotterranei dell’Asia Centrale. Secondo questa concezione, il nostro pianeta non sarebbe un concentrato di roccia compatta ma conterrebbe delle vere e proprie città al suo interno, città i cui accessi sarebbero sparsi in vari punti della Terra, collegate tra loro da interminabili cunicoli scavati in tempi antichissimi nella crosta rocciosa che divide il mondo di superficie da quello del sottosuolo. Lo stesso Dante Alighieri, nel suo “divin poema”, pose l’entrata dell’Inferno presso Gerusalemme.

    Molti testi antichi narrano di misteriosi popoli che vivrebbero al di sotto della “Terra degli uomini” e che sarebbero in grado di interferire con le vicende della storia. Alcuni di essi opererebbero per il bene dell’umanità, come i “Sette Saggi” che dalle profondità del Tibet controllano i destini del mondo; altri sarebbero invece bramosi della nostra civiltà e punterebbero alla sua conquista: il ferocissimo popolo dei Nagas dalle sembianze di serpente, ad esempio, terrorizzava periodicamente i popoli dell’Asia Centrale in tempi remoti.



    Renè Guenon nel suo interessantissimo Le Roi du Monde raccoglie le memorie di Ossendowski e ci parla, tra l’altro, dell’incredibile mondo “inviolabile” di Agharti, centro iniziatico sotterraneo in Tibet.

    Sebbene le notizie al riguardo siano scarse, anche le cronache della storia contemporanea hanno registrato via via testimonianze incredibili di uomini che sarebbero scesi in questi mondi “interni”: l’Ammiraglio statunitense Byrd, ad esempio, scrisse nei suoi diari di essere penetrato in un mondo sotterraneo attraverso i ghiacci del Polo Nord; lo scienziato Eugenio Siragusa affermò che la “Terra Cava” è il rifugio dei discendenti dei superstiti dei cataclismi che affondarono Atlantide e distrussero Mu, i continenti “perduti” del nostro passato.

    (tratto da un articolo di Diego Antolini)

     
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  10. gheagabry
     
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    "... i segni di un mondo perduto in fondo del Mare del Nord..
    .. cominciarono ad apparire ma, nessuno voleva crederci."


    DOGGERLAND



    Guardando l'area tra l'Europa continentale e orientale costa della Gran Bretagna, probabilmente non farebbe pensare possa esserci stato qualcosa di diverso da una grande distesa di acqua di mare. Ma circa 12.000 anni fa, quando l'Era Glaciale stava raggiungendo la sua fine, la zona era molto diversa. Invece del Mare del Nord, vi erano una serie di dolci colline, paludi, valli boscose e lagune paludose: Doggerland.

    La prova che esistesse, ha cominciato ad emergere a metà del XIX secolo, quando i pescatori lungo la costa olandese trascinando le reti da pesca sul fondo marino, a volte issavano un enorme zanna, resti di un rinoceronte lanoso, o altra bestia estinta. Non sapendo cosa fossero le rigettavano in mare.
    Il paleontologo dilettante Dick Mol convinse i pescatori a portargli quei resti strani così capitò che fu pescta una mandibola umana ben conservata. Col radiocarbonio datò il rilevamento a 9.500 anni fa, aveva trovato un individuo vissuto durante il periodo Mesolitico.


    Durante la glaciazione più recente, circa 12.000 anni fa, il Mare del Nord e quasi tutte le isole britanniche erano coperte di ghiaccio e il livello del mare era di circa 120 metri inferiore a quello che è oggi. Il fiume Reno scorreva verso nord attraversando Doggerland. Si pensa che un deposito di limo del Cenozoico in East Anglia sia l’antico letto del Reno. Nel 12.000 a.C. gran parte del Mare del Nord e nel canale della Manica era una distesa di bassa tundra. Nell’8000 a.C. la parte settentrionale di Doggerland presentava lagune, coste e spiagge, mentre la parte interna era una vasta pianura ondulata ricca di corsi d’acqua, fiumi, paludi e laghi. Nella parte settentrionale vi era un imponente cratere meteoritico, Silver Pit, risalente a 65 milioni di anni fa. L'innalzamento del livello del mare, dovuto allo scioglimento dei ghiacci, causò la graduale sommersione di Doggerland, che divenne un’isola nella sua zona più elevata, l'attuale secca detta Dogger Bank. La Gran Bretagna si staccò dal continente intorno al 5000 a.C.

    Doggerland era probabilmente un habitat ricco di insediamenti umani nel periodo Mesolitico. Particolar-
    mente rilevante è il ritrova-
    mento nel Middeldiep, una regione del Mare del Nord a circa 16 km al largo della costa della Zelanda, di un cranio di Neanderthal, datato oltre 40.000 anni fa. Doggerland era abitata dall'uomo, una presenza supportata dai ritrovamenti, in nel fondo del mare, dei pescatori che spesso trovano ossa e strumenti che risalgono a circa 9.000 anni fa. Le ricostruzioni archeologiche fanno pensare che nel Mesolitico Doggerland potrebbe essere stata la zona europea in assoluto più ricca di fauna e flora, habitat ideale per la caccia e la pesca dei cacciatori-raccoglitori, forse discendenti della cultura magdaleniana.

    Nel 6200 a.C. una frana di un'enorme massa di ghiaccio sulle coste della Norvegia, conosciuta come Storegga Slide, causata forse dall’esplosione degli idrati di metano sottomarini, provocò un catastrofico tsunami che devastò l'isola che emergeva in quel periodo lì dove si trova oggi il Dogger Bank. Ebbe un impatto enorme sulle popolazioni mesolitiche. Secondo alcuni studiosi l'isola, di circa 17.000 km², era estremamente bassa, priva di montagne e fu rapidamente sommersa, sia per l'effetto dello tsunami, sia per il concomitante e rapido aumento del livello del mare dovuto alla fusione dell'enorme ghiacciaio Agassiz in Canada.

    Molti ritengono che non sia ipotizzabile identificare Doggerland con Atlantide, perché non sono state rinvenute tracce di tecnologia del bronzo e perché non vi sono tracce di attività vulcanica secondaria, ma la scoperta degli effetti prodotti dallo tsunami di Storegga nel Nord Atlantico si che avvenne in un’epoca molto vicina a quella indicata da Platone nei suoi scritti.

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  11. gheagabry
     
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    Città leggendarie...

    IRAM DEI PILASTRI



    Iram dei Pilastri è una leggendaria città, che secondo alcune fonti dovrebbe trovarsi nella penisola Arabica, nell’attuale Oman. In molti libri si parla di una città mercantile situata nel deserto di Rub’ al-Khali, a sud est della penisola, edificata più di 5mila anni fa, importante via per lo scambio tra Medio Oriente ed Europa.Alla fine del diciannovesimo secolo il famoso tenente colonnello T.E. Lawrence, conosciuto come Lawrence d’Arabia, gli coniò il nome “Atlantide del deserto”.
    Negli anni ’90 un team di ricercatori ha portato alla luce alcune rovine nel deserto dell’Oman, grazie a dei sensori satellitari della NASA, esattamente il punto in cui convergevano le antiche vie carovaniere. Le vie erano usate per il commercio dell'incenso tra il 2800 a.C. e il 100 a.C.Hanno trovato un avamposto di una civiltà perduta, quella di Ubar, "la Città d'Ottone". La città scomparve non a causa di un’epidemia, né della furia divina e neanche di una catastrofe naturale, ma semplicemente il tempo la seppellì, La sabbia del deserto l’aveva piano piano ricoperta. Il più antico avamposto era costruito sopra una caverna di calcare che poteva contenere una fonte d'acqua, rendendolo un'importante oasi lungo la via commerciale per Iram. Ma il livello dell'acqua si abbassò e la struttura si indebolì, la caverna crollò tra il 300 e il 500 d.C. distruggendo l'oasi. Non è ancora stato accertato se la città di Ubar corrisponde all’antica Iram.


    ...storia, miti e leggende...


    Negli antichi scritti arabi viene citata Iram, si stima che sia esistita dal 3000 a.C. al I secolo d.C. Secondo le leggende divenne favolosamente ricca attraverso il commercio tra le regioni costiere e i centri del Medio Oriente e dell'Europa.
    Nel Corano (89, 6-8) è scritto che Iram fu punita assieme alla tribù di 'Ad. Nella tradizione araba la tribù di 'Ad erano i pro-pronipoti di Nuh (Noè), suoi successori (Corano, 7, 69). Saddad sfidò gli avvertimenti del profeta Hud e Allah scatenò una tempesta di sabbia che cancellò la città. E' presente nel libro de “Le mille e una notte“, la celebre raccolta di novelle composta nel X secolo. In uno dei racconti si narra della bella Zobeide che durante il suo viaggio verso Bassora si perde e arriva casualmente in una città dove gli essere viventi sono tutti stati tramutati in pietra.

    Cinquecento chilometri ad est, in pieno deserto del Rub al-Khali, si apre una profonda voragine costituita dal wadi di Hadramawt. Dal color ocra si passa al verde intenso degli orti e dei palmeti, dalla solitudine assoluta alla vita festosa di caratteristici paesini costruiti con mattoni di fango crudo, dipinti di calce bianca. Questo luogo ricco di acqua e riparato dai forti venti che periodicamente spazzano il deserto, ha visto nascere in tempi antichissimi una favolosa civiltà stanziale. Si racconta che i primi abitanti, gli Aditi, fossero una razza di giganti che non aveva rivali in fatto di ricchezza. Invece di essere grati a Dio per la loro fortuna, vivevano in dissolutezza e adoravano dei profani come viene descritto nella sura coranica dedicata al profeta Hud. La punizione divina arrivò con tempeste di sabbia che spazzarono via tutto e formiche grandi come cani che fecero a pezzi i giganti. La loro città sarebbe stata Iram che il romanziere dell’occulto H.P.Lovecraft descrive così: “… una città antichissima, abbandonata, "remota nel deserto d'Arabia", "le basse mura quasi sepolte dalle sabbie di età infinite", senza nome perché "nessuna leggenda è così antica da risalire fino ad essa per darle un nome, o per ricordare che fu mai viva un giorno… V'erano grandi locali e ciclopiche mura e lastre spaccate e statue scolpite di esseri ignoti vissuti in ere perdute, di molto più antichi del mondo ove l'uomo dimora” e la cui storia, nell’immaginifico universo lovecraftiano, si intreccia con quella dell’autore del Necronomicon Abdul Al-Alhazred il quale non segue la religione islamica, ma adora strani dèi dai nomi inquietanti, come Yog e Cthulhu.
    Durante queste peregrinazioni Alhazred afferma d'aver visitato Irem (Iram dhāt al-ʿImād, la città "dalle Mille Colonne") e di aver scoperto fra le rovine di un villaggio innominabile le prove dell'esistenza di una razza pre-umana, di cui apprende i segreti e le cronache.

    Si narra che la città sopravvisse dal 3000 a.C. fino al I secolo d.C., arricchendosi anno dopo anno grazie a un florido commercio.Le rovine della Città delle Mille Colonne si troverebbero ancora sotto le sabbie del deserto, dimenticate anche dal tempo. Durante il II secolo d.C., Claudio Tolomeo, astronomo e geografo greco, disegnò la mappa di una misteriosa regione che, a suo dire, era abitata da un altrettanto enigmatico popolo, gli Ubariti, ovvero gli antichi abitanti di Ubar.
     
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  12. gheagabry
     
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    “È una scoperta archeologica travolgente.
    Reperti distesi sul fondo del mare, ricoperti e protetti dalla sabbia,
    sono stati stupendamente conservati per secoli”.
    (Prof. Barry Cunliffe, archeologo dell’Università di Oxford)


    HERACLEION


    Heracleion, nota anche come Thonis, era una città dell'antico Egitto situata nel Delta del Nilo, le cui rovine si trovano sommerse nella baia di Abukir, a 6,5 km al largo della costa, in un’area di ricerca di 11 per 15 km, a 20 km da Alessandria. Era un importante città portuale dell’antico Egitto costruita probabilmente tra il VII e VI sec. a.C.

    La città si trovava in origine su una delle isole del Delta del Nilo, ed era attraversata da una rete di canali. Possedeva diversi ancoraggi ed un grande tempio dedicato a Khonsu, che i greci identificarono con Eracle. Era anche il luogo della celebrazione dei Misteri di Osiride, che si compiva ogni anno durante il mese di khoiak. Il dio nella sua barca cerimoniale veniva portato in processione dal tempio di Amon cittadino fino al suo santuario a Canopo.
    Heracleion prosperò particolarmente tra il VI ed il IV secolo a.C. come dimostrano numerosi ritrovamenti archeologici: in questo periodo fu probabilmente il principale porto d'Egitto. Il faraone Nectanebo I, che regnò dal 380 al 362 a.C., ordinò molte aggiunte al tempio.
    La città affondò nel VI o VII secolo d.C., probabilmente a causa di grandi terremoti e/o inondazioni. Le rovine della antica Heracleion furono trovate sui fondali della Baia di Abukiralle foci del Nilo.

    …miti e leggende…



    Fino a tempi recenti, la città di Heracleion era nota solamente da poche fonti letterarie ed epigrafiche. Nel periodo greco le origini leggendarie di Heracleion venivano fatte risalire al XII secolo a.C.. Secondo la tradizione, Paride ed Elena vi rimasero bloccati durante la loro fuga da Menelao, prima che iniziasse la guerra di Troia.
    Tra le testimonianze storiche antiche, la città viene citata da Diodoro Siculo (1.9.4) e Strabone (17. 1.16), oltre che da Erodoto (2.113). Questa città misteriosa, secondo Diodoro Siculo fu chiamata così in onore di Ercole, salvatore della città da un’alluvione del fiume Nilo, ma non esistevano prove che dimostrassero la sua reale esistenza sua eccezionale scoperta.
    Una fonte riferisce che la città fosse un emporion, allo stesso modo della più famosa Naucratis. Tra i reperti che la menzionano c'è la Stele di Naucratis, realizzata sotto Nectanebo I: nella stele si specifica che un decimo delle tasse d'importazione delle merci giunte a Thonis/Heracleion spettava al santuario di Neith a Sais. Una copia identica di tale stele è stata ritrovata proprio nel sito subacqueo dove sorgeva Heracleion.Viene citata anche nel Decreto di Canopo, onorante Tolomeo III.
    Sprofondò quasi sicuramente a causa di un maremoto provocato da un forte terremoto, circa 1.200 anni fa. A conferma vi è il fatto che le mura e le colonne caddero tutte dalla stessa parte.

    Heracleion per gli antichi Greci, Thonis per gli Egizi, prima della fondazione di Alessandria nel 331 a.C., conobbe momenti gloriosi. Nel XII secolo A.C., la città già fiorente conobbe un periodo di straordinaria ricchezza. Fu una tappa obbligatoria per chiunque volesse entrare in Egitto, come tutte le navi provenienti dal mondo greco. Ebbe anche grande importanza religiosa, probabilmente a causa del tempio dedicato ad Amon, con il suo ruolo importante nei riti connessi con la continuità dinastica.
    Aveva grandi bacini ed era il cuore pulsante degli scambi commerciali tra Mediterraneo e Nilo. Tra le strade sommerse della città sono stati trovati numerosi reperti preziosi fra cui monete e gioielli, che testimoniano che la popolazione residente doveva avere un elevato tenore di vita, oltre ai preziosi riaffiorarono resti di case, templi, strade, infrastrutture portuali, una statua di Isis di un metro e mezzo, la testa della statua di una sfinge, un colosso di granito rosso di sette metri, una stele in granito nero con inciso il nome di Heracleion, una muraglia lunga 50 metri con delle travi in legno. Fu una città misteriosa, al confine tra leggenda e realtà, fino al 2000, anno in cui fu ritrovata. Ad effettuare la straordinaria scoperta, è stato il famoso archeologo francese Franck Goddio presidente e fondatore dell’Institut Européen d’Archéologie Sous Marine di Parigi. Goddio si imbatte accidentalmente nelle navi da guerra impiegate da Napoleone nella battaglia del Nilo del 1798, quando venne sconfitto dall’ammiraglio britannico Nelson.

    Tra gli altri ritrovamenti ci sono: amuleti dell’epoca tolemaica raffiguranti le divinità egizie di Iside, Osiride e Horus, monete d’oro, stele giganti, scritte egiziane e in greco antico; la stele del faraone Nactanebo I, che ricorda nell’aspetto quella di Naucrati, custodita presso il Museo Egizio del Cairo; santuari ben conservati nel cuore della zona del tempio, oggetti votivi, gioielli, cimiteri di navi a circa un miglio dalla foce del Nilo; almeno 10 relitti, forse uno stratagemma per bloccare le navi nemiche all’ingresso della città portuale; inoltre, più di 700 ancoraggi, pesi commerciali per attribuire valore alle monete, e pesi in piombo, alcuni di provenienza ateniese (è la prima volta che pesi come quelli vengono rinvenuti in terra d’Egitto). Il grande tempio di Amon e di suo figlio Khonsou. Ed ancorae 60 navi sepolte nella sabbia da uno spesso strato di argilla sul fondo del mare,Monete d’oro e pesi realizzati in bronzo e pietra; grandi statue di 16 metri e centinaia di piccole statue di divinità minori; lastre di pietra con incisioni in greco e egiziano antico; diversi piccoli sarcofagi di calcare che si crede potessero contenere animali mummificati.
     
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  13. gheagabry
     
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    Scoperta la leggendaria El Dorado



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    La mitica città d’oro è finalmente venuta alla luce nel Brasile occidentale vicino al confine con la Bolivia

    La leggendaria El Dorado esiste davvero. La mitica città d’oro alla cui ricerca partirono prima i conquistadores e poi diversi esploratori trovando la morte nella foresta amazzonica, è finalmente venuta alla luce nel Brasile occidentale vicino al confine con la Bolivia, grazie a nuove immagini satellitari e a fotografie aeree di zone disboscate per far posto ai pascoli. Secondo quanto riporta oggi la rivista britannica Antiquity, si tratta di oltre 200 strutture circolari e poligonali, disposte in una precisa rete geometrica che si estende per una lunghezza di oltre 250 chilometri.

    Secondo gli scienziati che hanno mappato la rete di muri e trincee che collegano gli edifici, quanto scoperto finora potrebbe essere soltanto un decimo di quanto fu costruito da una complessa e finora sconosciuta civiltà precolombiana esistita per almeno un migliaio di anni. Alcune delle strutture risalgono infatti al 200 d.C., altre al 1283 e gli studiosi credono che potrebbero esserci ancora circa 2.000 edifici nascosti sotto la fitta giungla. Secondo alcuni antropologi, la costruzione di una rete così estesa, sofisticata dal punto di vista ingegneristico e ricca di canali e di strade, sarebbe paragonabile in quanto a scala e difficoltà a quella delle piramidi in Egitto. Molte delle strutture rinvenute sono simmetriche e inclinate verso il nord, facendo presupporre che avessero un significato astronomico. A stupire i ricercatori è stato soprattutto il fatto che le strutture delle pianure sono identche a quelle delle aree collinari, indicando quindi che si trattava della medesima civiltà. “Nell’archeologia dell’Amazzonia si ha questa convinzione che diverse civiltà abbiano abitato in diversi ecosistemi.

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    E’ stato quindi strano scoprire una civiltà in grado di trarre vantaggio da ecosistemi diversi e di espandersi su una regione così grande”, ha dichiarato Denise Schaan, una delle autrici dello studio. La scoperta della città perduta contraddice quanto sostenuto fino ad ora, ovvero che i suoli di questa parte dell’Amazzonia sarebbero stati troppo poveri per sostenere una civiltà agricola e che ad abitarli siano stati soltanto tribù primitive. I conquistadores che raccontarono di aver trovato “città risplendenti di bianco” nascoste nella giungla forse quindi avevano detto la verità. Ma furono forse proprio loro a introdurre le malattie e a mettere in moto la serie di catastrofici eventi che consegnarono all’oblio una complessa civiltà e le sua città perduta.

    Fonte:ansa.it
     
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    ATLANTIDE

    Platone aveva ragione?



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    Il grande filosofo Platone, una delle menti più grandi della storia umana, sul finire della sua carriera venne deriso dai suoi contemporanei a causa di uno scritto che stava componendo. La delusione fu così grande che egli decise di non completare il secondo dei tre racconti sull’argomento, e di non iniziare nemmeno a scrivere il terzo (doveva essere, infatti, una trilogia). Perché i Greci, un popolo abituato ad ascoltare storie di ogni genere, e spesso a crederci, derisero nientemeno che il grande Platone?

    Ebbene, nel dialogo “Timeo” e nel dialogo parziale “Crizia” (rimasto incompiuto), Platone racconta che alcuni “misteriosi sacerdoti egiziani” della città di Sais, raccontarono al celebre statista ateniese Solone (638 a.C. – 558 a.C.) una storia. Platone (428 a.C. – 348 a.C.), circa 200 anni dopo, ricevette per vie traverse questa storia, e l’ha usata come una delle fonti da cui ricavare il suo racconto. E fin qui nulla di strano.

    In questo racconto Platone dice molte cose. Tra l’altro, racconta l’esistenza di una “Grande Isola” vicino alle “Colonne D’Ercole”. Lui la chiama “Atlantide” o “Terra di Atlante”. I greci del suo tempo sapevano che oltre 40 anni prima di Platone, il celebre storico Erodoto (484 a.C. – 430 a.C.), nelle sue “Storie” chiamò con il nome “Atlante” la catena montuosa dell’odierno Marocco. Tra l’altro, ancora oggi conserva quel nome: Monti dell’Atlante. Per un greco di quel tempo, il nome “Atlantide” o “Terra di Atlante” indicava una terra che si trovava evidentemente ai piedi del monte Atlante. Ma tutti sapevano che non c’era nessuna “grande isola” ai piedi dell’Atlante.

    Nel suo racconto, citando i “misteriosi sacerdoti egizi”, Platone affermava che quell’isola esisteva 9.000 anni prima di Solone, quindi 11.500 anni fa. E qui scoppiarono le risate. Per la gente di quel tempo, 9.000 anni prima di Solone il mondo non esisteva nemmeno (per esempio, la tradizione ebraico-cristiana pone la nascita del mondo al 4.000 a.C. circa). Per circa 2.000 anni la gente ha riso di questa affermazione di Platone. Non trovando nessuna “Grande Isola” vicino al monte Atlante, diversi scrittori la hanno “piazzata” un po' ovunque: chi in Sardegna, chi in Irlanda, chi a Cuba, chi in Indonesia. Onesti tentativi di risolvere il “rebus”.

    Ma “la Terra di Atlante” è sempre rimasta lì, dove aveva detto Platone. Infatti, pochi anni fa, un piccolo, minuscolo oggetto di metallo, il satellite giapponese PALSAR, ha reso giustizia al celebre filosofo greco. Chiunque siano stati i “misteriosi sacerdoti egiziani” che avevano raccontato a Solone (e tramite lui a Platone) che vicino ai monti di Atlante, nella Terra di Atlante (o Atlantide) esisteva una grandissima isola, avevano ragione. L’articolo della rivista “Nature”, del 10 Novembre 2015, intitolato “African humid periods triggered the reactivation of a large river system in Western Sahara”, a prima firma di C. Skonieczny, parla “di un grande sistema fluviale nel Sahara occidentale, che trae le sue sorgenti dagli altopiani dell'Hoggar e dalle montagne dell'Atlante meridionale in Algeria. Questa cosiddetta valle del fiume Tamanrasett è stata descritta come un possibile vasto e antico sistema idrografico”. L’articolo continua scendendo nei dettagli dal punto di vista geologico. Per farla breve, il PALSAR ha scoperto un mega-fiume gigantesco, oggi inaridito, che partiva proprio dai monti di Atlante e tagliava tutto l’angolo a Nord-Ovest dell’Africa, sfociando nella odierna Mauritania.


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    La “valle del fiume” del Tamanrasett ha una ampiezza di 90 km circa. La foce di questo mega-fiume, oggi situata sotto il mare, era larga 400 km. Era un “mostro” paragonabile al Rio delle Amazzoni, un fiume così grande che in diversi punti è indistinguibile dal mare. Questo vuol dire che questo fiume poteva raggiungere una ampiezza simile da costa a costa. Immaginate un osservatore a livello del terreno. Come avrebbe fatto a capire che si trattava di un fiume, oppure di un mare, se la costa opposta era a 90 km di distanza? Ad eccezione della salinità delle acque (ma non sappiamo se questo aspetto fosse compreso), nulla avrebbe permesso a quell’osservatore di capire se si trattasse di un fiume o di un mare. Tanto per dire, è una distanza superiore allo stretto di Messina e allo Stretto di Gibilterra messi insieme.

    Guardando la regione dall’alto, si comprende che quando scorreva il mega-fiume Tamanrasett, durante “l´Ultimo Periodo Umido Africano”, (tra 14.500 e 7.000 anni fa circa, con strascichi fino a 5.500 anni fa), tranne che per un piccolissimo pezzettino a Nord-Est, la “Terra di Atlante”, o “Atlantide”, o territori a Sud del Monte Atlante, era davvero un´isola. A Nord era circondata dal Mar Mediterraneo. Ad Ovest era circondata dall’Oceano Atlantico. A Sud era circondata dal mega-fiume Tamanrasett. Ad Est era quasi completamente circondata dallo stesso fiume, tranne un pezzetto costituito dalla catena montuosa di Atlante. Si può davvero chiamarla “isola”? Nel senso greco “Sì”.

    Tutti conosciamo cosa è il Peloponneso, una delle zone più importanti della Grecia. Ebbene, il Peloponneso ha esattamente la stessa conformazione geografica della “Terra di Atlante”. È una “quasi isola”, attaccata alla terraferma da un piccolo istmo. Cosa vuol dire il termine Peloponneso? Questa parola deriva dal greco Πέλοπος νῆσος (Pelopos Nesos), vale a dire “Isola di Pelope”. Questa è una prova non confutabile che per i greci dei tempi antichi, una “quasi isola” come il Peloponneso poteva essere considerata un νῆσος, o “isola”. Nulla di strano quindi se Solone, e dopo di lui Platone, chiamarono la “quasi isola” del Monte Atlante, o Atlantide, con νῆσος, o “Nesos”, il termine che noi traduciamo con isola nel senso moderno del termine.

    Quella era davvero l’Isola di Atlantide? Quella “quasi isola” non può essere considerata “Atlantide” se non supera “l’esame dei cerchi”. Cosa vogliamo dire? Nel suo racconto Platone dice che nelle vicinanze dell’Isola di Atlantide si trovavano 2 strutture uniche nel loro genere. Secondo il racconto, una di queste strutture geologiche naturali era stata creata direttamente da Poseidone, e quindi la chiamiamo “Isola di Poseidone”. Si trattava di una montagnetta centrale, attorno alla quale c’erano 3 anelli di mare e 2 di terra, perfettamente concentrici. Non viene detto nulla riguardo alla sua grandezza. Viene detto che era “sacra”, inaccessibile e disabitata.

    La seconda struttura, su cui gli umani edificarono una città, la possiamo chiamare “Isola della Metropoli”. Era una struttura geologica naturale che ricalcava molto da vicino la precedente, ma in questo caso vengono date le sue misure. C’era un’isola centrale pianeggiante ampia circa 900 metri, seguita da 3 cerchi di mare e 2 di terra, perfettamente concentrici. Il totale dell’ampiezza era circa 5 chilometri. Attorno a questa struttura geologica naturale (in cui risiedeva il re e la nobiltà) si estendeva la città vera e propria di Atlantide.

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    Quante possibilità ci sono di trovare vicino al percorso dell’antico fiume Tamanrasett non una, ma due strutture geologiche naturali formate da cerchi concentrici, una delle quali deve essere ampia 5 chilometri, e avere una specie di isola centrale ampia 900 metri? Direte: “Nessuna!”. Ebbene, come viene detto nel libro “Atlantide 2021 – Il continente ritrovato”, ancora una volta grazie ai satelliti, queste due strutture sono state scoperte proprio lungo il percorso del fiume Tamanrasett.

    La prima struttura geologica naturale viene chiamata “Cupola di Semsiyat”. Si trova sull'altopiano di Chinguetti, nel deserto della Mauritania, a 21° 0' Nord di latitudine e 11° 05' Ovest di longitudine. Le sue misure sono esattamente quelle indicate da Platone per l’Isola della Metropoli. La sua ampiezza massima è esattamente di 5 chilometri. Al centro si trova una formazione ampia esattamente 900 – 100 metri, quanto era “l’isola centrale” della Metropoli di Atlantide. Si intravede anche un secondo cerchio interno, esattamente della misura descritta da Platone. La seconda struttura si chiama “Struttura di Richat”, e si trova a circa 20 chilometri di distanza. È ampia circa 40 km, ed è composta da una zona centrale dalla quale partono una serie di “cerchi di roccia”. Ci sono i chiari resti che indicano che una volta quello era un lago da cui affioravano dei “cerchi di terra”. È la rappresentazione perfetta “dell’Isola di Poseidone” descritta da Platone.

    Oggi i satelliti hanno mappato tutta la superficie terrestre. Non esistono altre strutture simili sulla Terra che abbiano quelle misure o quelle caratteristiche. Sono “uniche”. Quindi, finché non verrà scoperto nulla di simile in giro per il mondo, in base a tutte le prove fornite dalla più moderna tecnologia, possiamo dire di aver davvero trovato la terra di cui parlava Platone: Atlantide.

    Quindi i “misteriosi sacerdoti egiziani” non avevano mentito a Solone, e di conseguenza a Platone, quando gli dissero che ai piedi del monte Atlante, circa 11.500 anni fa, si trovava “una Grande Isola”. Ma questo fa sorgere altre importantissime domande: come lo sapevano? Quale civiltà era a conoscenza di fatti accaduti tra 14.500 e 7.000 anni fa? Questa zona dell’Africa è mai affondata? E che relazione ha “Atlantide” con Nan Madol e il “Continente sommerso” di Sundaland e Sahuland, recentemente scoperto dai ricercatori? Dove sono andati a finire tutti quanti? Il libro “Atlantide 2021 – Il continente ritrovato” risponde a queste domande, basandosi sempre ed esclusivamente su lavori di celebri scienziati, pubblicati su autorevoli riviste come “Science” e simili.

    tratto dal libro:
    ATLANTIDE 2021 – IL CONTINENTE RITROVATO
     
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    «Abbiamo appena iniziato a scoprire i segreti di Zealandia,
    rimasto nascosto fino a poco tempo fa e tutt’ora difficile da studiare»
    (Dr. Derya Gürer)


    ZEALANDIA, l'ottavo continente


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    La Zealandia è una massa quasi interamente sommersa della crosta continentale. È stata variamente descritta come un "frammento continentale", un microcontinente, un continente sommerso o un continente. Affondò, dopo essersi staccata dal supercontinente Gondwana, 85-130 milioni di anni fa dall'Antartide e 60-85 milioni di anni fa dall'Australia

    Il nome e il concetto di Zealandia furono proposti da Bruce Luyendyk nel 1995. Lo status della Zealandia come continente non è universalmente accettato.

    Si tratterebbe di un singolo, intatto e uniforme pezzo di crosta continentale di 5 milioni di km quadrati (la metà circa dell'Europa) che affiora solo per il 6%: le sue uniche terre emerse sono la Nuova Zelanda e la Nuova Caledonia.

    Da più di un secolo i rilievi batimetrici avevano evidenziato l’esistenza in questa zona di mare di fondali meno profondi rispetto alle piane abissali adiacenti, 500-1000m contro 4000 e più. In anni recenti la mappatura di dati gravimetrici da satellite ha permesso di riunire e integrare i dati precedenti, individuando una estesa regione sottomarina attorno alla Nuova Zelanda topograficamente più elevata e fisicamente ben definita.

     
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