TOSCANA

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    IL PONTE del DIAVOLO
    Mozzano, Lucca


     
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    BUCINE



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    Posto nella fascia dove gli estremi monti del Chianti vanno a toccare la valle superiore dell´Arno, lungo il percorso del torrente Ambra, il territorio del Comune di Bucine ha avuto insediamenti ed è stato zona di transito fino dal periodo romano (come testimonia l´antico ponte di Pogi).
    Collocate a poche decine di chilometri da centri importanti come Firenze, Arezzo e Siena, Bucine e la Valdambra hanno ricoperto dall´Età Romanica in poi un importante ruolo di territorio di confine. Nel Medio Evo le sorti dell´attuale Comune furono infatti determinate dalle potenti famiglie che avevano i loro possedimenti lungo le meravigliose colline che accompagnano l´Ambra verso l´Arno.


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    Il ponte di Pogi, Bucine

    A partire dal XIII secolo i Conti Guidi di Modigliana possedevano la parte riguardante Bucine, Pogi, Torre S. Reparata, Galatrona, oltre che Caposelvi e Rendola, tutti castelli che nel 1225 gli stessi Guidi misero sotto la protezione del Comune di Arezzo e del suo Visconte, Orlando degli Albergotti. Nello stesso periodo gli Ubertini di Chitignano possedevano invece l´Alta Valle che comprendeva Ambra, Rapale, Sogna, Badia a Ruoti e Pietraviva. L´Abbazia di S. Maria d´Agnano aveva giurisdizione oltre che sul Comune omonimo anche su Capannole, Castiglion Alberti e S. Pancrazio. Anche i Tarlati di Arezzo avevano possessi in queste terre, e intorno al 1325 si impadronirono con le armi del castello di Bucine, strappandolo ai Guidi.
    Gli interessi di tanti feudatari però si scontrarono inevitabilmente con la politica espansionistica della Repubblica Fiorentina e a partire dal 1335 i territori di Bucine, Cennina, Galatrona, Torri, Rendola, S. Reparata e quelli della Valdambra Fiorentina entrarono a far parte del dominio di Firenze e vennero organizzati in Podesteria (l´annessione fu sancita dal trattato di Sarzana nel 1353).
    La Repubblica Fiorentina continuò nei decenni successivi il suo progressivo inserimento nella zona, formando nel 1360 una "Lega" che prese appunto il nome di "Valdambra" e conquistando negli anni a cavallo fra il XIV e XV secolo anche l´alta Valdambra che era rimasta dominio degli Ubertini.
    Nel 1645 Fernando II dei Medici eresse in feudo il Comune di Bucine e ne investì con titolo di Marchesato Giulio Vitelli, investitura che fu poi rinnovata nel 1738 a vantaggio di Niccolò Vitelli.
    Il resto della Valdambra rimase invece una Podesteria formata solo dal territorio dei Cinque Comuni Distrettuali.
    Nel periodo della dominazione francese, la Comunità di Bucine assunse l´organizzazione amministrativa delle "mairies" e fu compresa fino al 1811 nel Dipartimento della Prefettura dell´Arno e nel Circondario di Arezzo. Successivamente venne ricostruita la Podesteria del Bucine Valdambra nella sua circoscrizione originaria comprendendo un territorio di ben ventiquattro comuni, motivo per cui anche l´attuale Comune è rimasto molto esteso.
    Nacquero e vissero in questa terra Gregorio Stendardi, detto Goro da Montebenichi, capitano di ventura che militò per la Repubblica Fiorentina all´ordine di Francesco Ferrucci nel 1529; Niccolò Angeli, detto Angelo Buccinese, insigne latinista (XVI secolo); Sanleolini da San Leolino, letterato e poeta vissuto nel XVIII secolo.



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    ponte ferroviario

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    Torre di Galatrona
    Situata su una collina in posizione dominante, a 500 mt di altezza, sovrasta i centri abitati di Torre, di Mercatale Valdarno e di San Leonino, ed è raggiungibile in auto e con sentieri pedonali segnalati sul luogo.
    Costruita in pietra arenaria e murata a calcina, si innalza dal suolo per circa 27 mt e il panorama che si gode dalla sua terrazza è meraviglioso.
    Visibile da buona parte del Valdarno e della Valdambra, è ciò che resta di uno dei più importanti castelli del territorio valdarnese.
    Per la sua posizione strategica, si suppone che la collina sia stata sede di insediamenti molto antichi.
    L'entrata è ad offerta libera. Il Torrione è visitabile fino a ottobre


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    Sagra della lumaca a Bucine - Arezzo


    Ogni anno all'inizio di settembre si tiene la Sagra della lumaca ad Ambra, frazione di Bucine - Arezzo.

    Le lumache in umido saranno, come di consueto, il piatto principale della sagra, le cui serate saranno accompagnate da musica e ballo liscio.

    Gran finale la domenica con il Palio della Palla Tonchiata: una sfida tra i cinque rioni del paese spingendo grosse palle di ferro ricoperte da gomma piuma.






     
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    Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi


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    Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Campigna e Monte Falterona è stato istituito nel 1993 e si trova a cavallo dell'Appennino tosco-emiliano; due le regioni interessate: la Toscana (province di Arezzo e Firenze) e l’Emilia Romagna (provincia Forlì/Cesena). Si estende su un'area di circa 36.400 ettari, di cui l'85% è occupata da boschi.
    Si estende lungo la dorsale appenninica tosco-romagnola, scendendo ripidamente verso le vallate del versante romagnolo e decisamente in modo più graduale nel versante toscano che si presenta con pendii più dolci, fino all'ampio fondovalle formato dall'Arno.




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    Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Campigna e Monte Falterona


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    camaldoli



    Descrizione


    Il Parco spicca, dal punto di vista naturalistico, come una delle aree forestali più pregiate d'Europa, il cui cuore è costituito dalle Foreste Demaniali Casentinesi, al cui interno si trova la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, istituita nel 1959 (prima in Italia, più di 750 ettari di bosco preclusi al libero accesso e a ogni forma di intervento umano).
    Fanno parte del Parco la porzione montana delle valli romagnole del Montone, del Rabbi e del Bidente. I torrenti romagnoli sono caratterizzati da vallate strette e incassate, con versanti a tratti rocciosi e a tratti fittamente boscati. Il settore toscano comprende, oltre a una piccola porzione del Mugello, parte del Casentino, cioè il territorio che abbraccia l'alta valle dell'Arno, le cui sorgenti sono situate sulle pendici meridionali del Monte Falterona. Il versante toscano, molto più dolce, è solcato dalle valli dei torrenti Staggia, Fiumicello e Archiano, affluenti di sinistra dell'Arno. Il cuore del Parco è rappresentato dalle Foreste Demaniali Casentinesi.
    L’uomo su questo ambiente ha avuto sempre una notevole influenza fin dal tardo Medioevo; si sono susseguiti tagli di boschi sia per fornire il legname necessario all’opera del Duomo ed ai cantieri navali di Pisa e Livorno, ma anche tagli abusivi dei querceti per la legna da ardere.
    Le utilizzazioni sono state talmente intense che Pietro Leopoldo dovette chiamare un esperto austriaco (Karl Siemon, che italianizzerà il proprio nome in Carlo Siemoni) per cercare di prevenire il dissesto idrogeologico. Fu Siemoni che introdusse l’abete bianco ed il castagno.


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    Flora e fauna

    Alle altitudini più elevate si possono trovare maestosi boschi coetanei di faggio che lasciano ben poco spazio ad altri tipi di vegetazione, solo nelle zone più difficili si vede il maggiociondolo, l’acero di monte e il sorbo degli uccellatori.
    La vegetazione erbacea è molto varia, nelle brughiere del monte Falco vi si può torvare mirtillo nero e mirtillo rosso, a cui si alternano praterie che ospitano la sassifraga alpina e l’anemone a fiori di narciso.
    In Casentino, ai lati dei ruscelli, si trova unico sito appenninico, la Tozzia, una piccola pianta dai fiori gialli molto diffusa sulle montagne europee.
    Scendendo il faggio lascia un po’ del proprio spazio all’abete bianco concorrendo così alla formazione di boschi misti tipici dell’ambiente. L’uomo però ha quasi eliminato o l’abete o il faggio favorendo il bosco puro!
    Alle due specie si aggiungono aceri, frassini, olmo montano e arbusti di agrifoglio e tasso.
    Alle quote minori le latifoglie prendono il sopravvento boschi di querce caducifoglie (cerro, roverella, raramente anche della rovere) misti a ornielli, carpini, aceri e sorbi. Molti di questi boschi sono stati convertiti in passato in castagneti da frutto che davano alimento alle popolazioni locali.
    Tra le specie animali più rare possiamo ricordare il lupo che in passato ha anche rischiato l’estinzione, più comuni sono invece il tasso, la puzzola, la donnola e la faina.
    Molti problemi alla rinnovazione arborea nel parco sono causati dagli ungulati di cui sono presenti tre specie autoctone quali capriolo, cervo e cinghiale e due introdotte come il muflone ed il daino.
    Importante è anche l’avifauna che conta più di 80 specie tra cui lo sparviero, l’astore, il falco pecchiaiolo e l’aquila reale. Trovano cibo nei boschi d’alto fusto i picchi (verde, rosso maggiore e rosso minore) e il poco comune rampichino alpestre che nelle abetine più antiche vanta la principale popolazione toscana.


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    Santuario della Verna



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    Arroccato sulla ripida parete meridionale del Monte Penna, sorge il celebre santuario francescano, meta costante di pellegrinaggi; è immerso in una silenziosa e cupa selva che fu compagna del santo nella sua vita eremitica. La natura calcarea del monte ha determinato morfologie aspre, con numerosi anfratti e cavità naturali che si aprono all'ombra di maestosi aceri di monte, frassini maggiori, olmi e faggi; alcuni ambienti particolarmente suggestivi vennero scelti dal santo e dai frati come luoghi di preghiera.
    Il monte fu donato a S. Francesco nel 1213 dal conte casentinese Orlando Cattani, oggi sepolto nella chiesetta di S. Maria degli Angeli, alla cui costruzione aveva partecipato. Alla Verna, nel settembre del 1224, avvenne il miracolo delle stimmate, ricordato da Dante nel Paradiso e ancora commemorato con una festa solenne.



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    Cappella del Beato Giovanni


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    Santuario della Verna - Chiostro e precipizio


    Monastero di Camaldoli


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    Sorto nell'XI secolo come ospizio in luogo del castello di Fontebuona, di proprietà del conte Maldolo, divenne in seguito monastero dei Camaldolesi. Nel '500 era attiva una tipografia dalla quale uscirono le Costituzioni Camaldolesi, contenenti norme per la conduzione delle foreste. Pregevoli sono i chiostri e la chiesa dei santi Donnino e Ilariano, con bei dipinti del Vasari; su un lato del monastero l'antica farmacia conserva alambicchi, mortai, fornelli e preziosi testi provenienti dal laboratorio galenico dei monaci.

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    Informazioni per la visita

    L’accesso al parco è libero e gratuito, eccetto la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino (alla quale si accede solo per motivi di studio e sotto previa autorizzazione del Corpo Forestale dello Stato); sono stati creati undici centri visita per informazioni riguardanti il parco, la sentieristica e altre utili informazioni. Nei Centri Visita è possibile trovare le pubblicazioni del Parco, acquistare gadget o prenotare servizi di accompagnamento per le escursioni.
    Molti sono i sentieri (segnati) e le strade forestali che percorrono in tutta la sua estensione il parco attraverso estesi boschi sia di latifoglie (castagneti e più in quota faggio) ma anche, alle altitudini maggiori, boschi puri di abete.
    Una suggestiva possibilità è il pernottamento all’interno del parco sia al monastero di Camaldoli che al santuario della Verna.



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    Come raggiungere l'area protetta

    Il Parco delle Foreste Casentnesi è facilmente raggiungibile i automobile; vi si può arrivare uscendo dall’autostrada A1 a Firenze sud entrando nell’Alto Mugello, oppure con le uscite di Incisa Valdarno e Arezzo per il Casentino. Dall’autostrada E45 si esce a Pieve Santo Stefano, oppure dalla A14 si può uscire a Faenza, Forlì o Cesena per entrare rapidamente nel cuore della foresta.






    da:agraria.org.
    foto web
     
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    L’affascinante Grotta del Vento




    Circa 200 milioni di anni fa, sul fondo di un mare che potremmo far corrispondere all’attuale Tirreno, iniziarono a depositarsi enormi quantità di gusci di conchiglie, di formazioni coralline, di scheletri di pesci, di sabbie, di fanghiglie e di carbonato di calcio precipitato chimicamente per evaporazione dell’acqua. Questi detriti, sebbene in quantità e composizioni diverse, continuarono ad accumularsi, strato su strato, per almeno 170 milioni di anni, formando una massa di migliaia di metri di spessore. L’enorme peso di tale accumulo provocò la compressione e la cementazione dei vari elementi, trasformandolo lentamente in roccia calcarea.

    Attorno ai venti milioni di anni fa, forti spinte (movimenti orogenetici), legate alla deriva dei continenti, provocarono il sollevamento di questa massa rocciosa che, fratturandosi intensamente a causa delle potenti sollecitazioni ricevute, emerse dal mare, e formò lentamente le attuali montagne.

    L’acqua piovana, precipitando sulla superficie della montagna, venne inghiottita immediatamente nel sottosuolo, dove vari rivoli d’acqua si unirono per formare quei ruscelli, quei torrenti e quei fiumi sotterranei che, percorrendo per milioni di anni le fessure, le hanno progressivamente ampliate, trasformandole in quella fitta rete di cunicoli, gallerie, pozzi e sale che costituiscono il complesso sotterraneo della “Grotta del Vento”.
    Nella località di Fornovolasco in provincia di Lucca, si distende questa meravigliosa, affascinante . Grotta formata dalla natura. A 104km da Firenze si percorre l’autostrada “A11″ fino al casello di Altopascio (Km. 50), dove la si abbandona per proseguire verso Porcari, Marlia, Ponte a Moriano (Km. 66) e ci si innesta nel percorso “1″.

    Gli itinerari per visitarla sono molteplici adatti a tutte le età e caratteristiche dei visitatori, per apprezzare e conoscere le meraviglie che solo la natura sa fare. Particolarissimo è l’itinerario avventura. Il percorso GLI ABISSI DELLA LUCE (durata circa tre ore) ha inizio dalla Galleria Intermedia, dove due scale a pioli permettono l’accesso ad un vano situato alla base di un pozzo immenso (Pozzo Principale). Dopo un tratto in parete, nel quale si procede assicurati a una corda fissa, si salgono in verticale altri otto metri, si passa sotto un piccolo arco e ci si arrampica fino a giungere su un sottile ponte naturale. Si procede quindi lungo un emozionante traverso in parete, si supera un secondo ponte, un altro traverso, e si entra in un ampio corridoio serpeggiante, in parte rivestito da belle colate concrezionali, dal quale si arriva su una piccola piattaforma trasparente sospesa sul Pozzo Principale. Da questo punto è possibile effettuate un’emozionante calata nel vuoto su corda (facoltativa), passando accanto a magnifiche concrezioni, ed atterrando sul secondo ponte naturale percorso all’andata. Il percorso è interamente illuminato.

    Per chi vuol provare sensazioni più “speleologiche” c’è il percorso I CORRIDOI DELLE TENEBRE nel quale si procede alla luce delle lampade frontali risalendo lungo un canyon stretto e tortuoso il corso di un torrente sotterraneo, normalmente asciutto, fino alla sua sorgente. Continuando a salire si evita un pozzo franoso mediante un traverso su corda, e si raggiunge la Sala dei Fusi, suggestiva e maestosa, la cui particolare morfologia è evidenziata dall’unico faro di questo tratto. Di nuovo nel buio si scende fino all’orlo del Pozzo del Rosone, dove una calata nel vuoto su corda (facoltativa) verso la zona illuminata conduce nei pressi della piattaforma trasparente. Ancora una scala e si procede in spaccata lungo un tortuoso meandro che al posto del pavimento ha il vuoto allucinante del Pozzo Principale, interamente illuminato dai riflettori. La salita in spaccata termina su una grande piattaforma trasparente posta al vertice del pozzo, a 50 metri di altezza. La durata di questo percorso, comprendente anche l’altro, è di circa quattro ore.

    Casco con lampada frontale, imbracature ed autobloccante (Kroll) vengono forniti dalla Direzione della Grotta del Vento. Riservate a gruppi di un massimo di 5 persone per volta, le visite dei percorsi avventura vengono effettuate solo su prenotazione.

    La Grotta del Vento è aperta tutti i giorni dell’anno (Natale escluso).


    fonte: viaggitoscana.net

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    foto:web







    LAVERNA


    Il santuario della Verna




    Il santuario della Verna si trova sull’Appennino Toscano in provincia di Arezzo a 1100 metri.
    Il monte ricoperto da una monumentale foresta di faggi e abeti, è visibile da tutto il Casentino e dall’alta Val Tiberina ed ha una forma inconfondibile con la sua vetta (m 1283) tagliata a picco da tre parti. Sopra la roccia ed avvolto dalla foresta si trova il grande complesso del Santuario che dentro la sua massiccia ed articolata architettura custodisce numerosi tesori di spiritualità, arte, cultura e storia. La Verna entra nella storia dei grandi luoghi santi del mondo grazie a un incontro carico di umanità, di cortesia e di comunione spirituale. Nella primavera del 1213 Francesco d’Assisi insieme a frate Leone stava attraversando la regione del Montefeltro quando sentì di una festa presso il castello di S. Leo: si trattava dell’investitura di qualche cavaliere. Era l’occasione di incontrare gente, di parlare loro del Vangelo, dell’Amore. Salì al castello mentre, forse, sulla piazza si svolgeva una gara di menestrelli e si mise a cantare e parlare le lodi del Signore. Tra gli ascoltatori c’era il Conte di Chiusi in Casentino, Orlando Catani che ne rimase affascinato e volle regalargli il Monte della Verna. Così divenne uno dei romitori nei quali ogni anno San Francesco amava passare prolungati periodi di ritiro e nel settembre del 1224, ricevette le Stimmate.
    Da allora, nel corso dei secoli, la Verna è divenuta un luogo di spiritualità immerso in un contesto mistico ed affascinante, contesto creato in parte dai frati francescani attraverso l’architettura a l’arte del convento, ma per lo più donato dall’ambiente naturale preesistente, ossia la particolare conformazione rocciosa del monte e la stupenda natura che lo circonda. La forma del Sacro Sasso de La Verna, una sorta di grande “dente” sul crinale appenninico, ci appare inconfondibile da tutta l’intera valle del Casentino. Una volta che gli arriviamo vicino ancora più affascinante ci apparirà la scogliera all’apice della quale fu edificato il Santuario Francescano. E’ la così detta Scogliera delle Stimmate.Questo “dente” roccioso fuoriesce da meravigliosi boschi di faggio ed abete, boschi che fanno da cornice all’intero Santuario e che ci accompagnano in belle passeggiate. La più bella e la più praticata è sicuramente la salita alla Penna, l’apice del monte. Da qui si apre un panorama spettacolare sull’intera Romagna.
    Alla Verna si possono osservare particolarissime opere d’arte naturalistiche: le scultoree radici dei maestosi faggi che si aggrappano al terreno, ma in particolar modo agli scogli che diventa difficile descrivere la sua misticità, il suo fascino, la complessità e la bellezza della sua struttura architettonica, la raffinatezza delle sue opere d’arte, gli incredibili panorami che può offrire: la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, prima chiesa del luogo eretta in forma rudimentale da San Francesco e dai suoi primi seguaci; la Basilica Maggiore realizzata a cavallo tra XV e XVI secolo; il Corridoio delle Stimmate dove 22 affreschi di Baccio Maria Bacci raccontano la vita di San Francesco e dove ogni giorno alle 15 si svolge la coinvolgente Processione dell’Ora IX; la grotta chiamata “il letto di San Francesco”; la Cappella delle Stimmate fatta edificare attorno al 1260 dai Conti Guidi di Poppi sul punto esatto dove San Francesco aveva ricevuto le Stimmate; il breve ma spettacolare passaggio sul precipizio della scogliera; il suggestivo Sasso Spicco. La Verna, come già detto, è luogo d’arte. In particolare è ricca di raffinatissime terrecotte robbiane. Nella basilica è conservato uno dei capolavori di Andrea Della Robbia: l’Annunciazione. Tutte le ceramiche robbiane della Verna, con molti suggestivi particolari, sono visibili nella sezione “Arte in Casentino” / “Della Robbia in Casentino” di questo sito.

    Nel 2002 è stato riaperto Il Museo della Verna. In sette splendide sale è conservato tantissimo materiale di carattere sacro, culturale, scientifico e moltissimi oggetti d’uso quotidiano nella vita del convento francescano.
    Se volete soggiornare in toscana questa è un ottima escursione da fare e godere in questa splendita terra



    fonte:viaggitoscana.net
    foto web
     
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    « [...] però che, come in su la cerchia tonda
    Monteriggion di torri si corona,
    così la proda che 'l pozzo circonda
    torregiavan di mezza la persona
    li orribili giganti, cui minaccia
    Giove del cielo ancora quando tona »

    (Dante Alighieri, Inferno canto XXXI, vv. 40-45)


    MONTERIGGIONI


    L'attuale Comune di Montariggioni è quello che risulta dall'atto del Granduca di Toscana del 1777 che il 2 giugno accorpava 3 comunità, Monteriggioni, Santa Colomba e Strove, e 13 comunelli, La sede del Municipio fino agli anni '50 era collocata a Fontebecci, nei locali attualmente sede della Banca del Chianti, ex Banca Monteriggioni, all'estremo confine a ridosso del Comune di Siena. Solo dopo la costruzione dell'attuale sede fu traslocato alla Colonna di Monteriggioni, ai piedi della collina sotto il Castello.
    Il borgo fu costruito dai Senesi negli anni 1213-1219 su una collinetta a dominio e sorveglianza della via Cassia/Francigena.
    La collina dove fu eretta la fortificazione è naturale; il tracciato quasi perfettamente circolare delle mura fu ottenuto semplicemente seguendo il disegno delle curve di livello del terreno. Nella progettazione si cercò di limitare al massimo i punti deboli per eccellenza, le porte, affidando i collegamenti con l'esterno ad un solo asse stradale di attraversamento da est a ovest. A Monteriggioni l'opera edilizia militare appare fisicamente distinta dall'abitato rinchiuso al suo interno ma ben separato dalle mura da una fascia di rispetto, sebbene in epoche passate le case siano state più fitte di quanto appaia oggi e di conseguenza detta fascia più stretta. Il borgo di oggi è essenzialmente autentico non essendo stato oggetto di speculazioni edilizie e turistiche. Le uniche modifiche al suo aspetto avvennero nei primi anni del XVI secolo quando, per cercare di adeguarsi allo sviluppo delle nuove armi da fuoco, furono abbassate le torri e accumulata terra alla base delle mura al fine di ottenere un effetto 'bastionato', atto a concedere il minor fronte possibile al tiro nemico. Alcune torri sono state poi in seguito rialzate di nuovo.

    La Cerchia Muraria è di forma ellittica. Il borgo che ha sede all'interno è modeste dimensioni e non ha mai potuto avere un'espansione maggiore a causa delle ridotte dimensioni delle sue mura che misurano perimetralmente solo 570 metri: il diametro maggiore del castello è di 172 metri, lo spessore delle mura è di 2 metri. Le mura hanno subito un importante intervento a cavallo fra gli anni 20 e 30 del XX secolo con la ricostruzione delle torri che erano state abbattute nei secoli precedenti. Le torri si elevano al di sopra delle mura per 6,5 metri ed hanno uno spessore di 4x6 metri, nel medioevo l'altezza raggiungeva i 15 metri. In origine il numero delle torri era di 15 ora sono visibili soltanto 11, quelle che si elevano ancora al di sopra delle mura; le altre 4 sono a livello delle mura. Al di sopra delle mura vi era un camminamento di ronda che percorre l'intera cinta muraria.

    Dopo aver attraversato la porta principale del castello ed avere percorso la strada per un breve tratto, si apre all'occhio una grande piazza, Piazza Roma. Si tratta della piazza principale del Castello che mantiene le caratteristiche dei borghi della Toscana, ma da un senso di "campagna" grazie alla vegetazione dei giardini ed orti circostanti, ma soprattutto grazie al prato verde che è presente nel selciato della Chiesa e negli spazi fra i quadrati lastricati. La piazza come del resto tutto il castello, in passato era "a sterro" cioè privo di pavimentazione, fu lastricato negli anni 60 con un materiale locale detto "Pietra di Torre" proveniente dalle cave di Rosia.
    La Chiesa: La pieve di Monteriggioni fu costruita nel 1219 ed intitolata a S. Maria Assunta. E’ in un'unica navata, molto ampia, coperta con volte a vela aderenti alle travature del tetto. La navata termina con un abside quadrata con volte a crociera in stile gotico. La facciata policroma è costituita da calci in travertino e pietra serena sulla quale si apre un grande portale sormontato da un archivolto. Il campanile fu eretto nel XVIII sec dal pievano Mecacci utilizzando secondo la tradizione il materiale dell’antica chiesa di S.Giovanni a Stecchi.


    Lo stemma del Comune rappresentato, su fondo rosso, da tre torri merlate alla guelfa, la centrale aperta di nero, unite da mura racchiudenti due altre torri, la destra torricellata di un pezzo e finestrata di nero, laltra sormontata da una guardiola merlata, nel centro una chiesa, il tutto al naturale e fondato su una campagna di verde. (Decreto [di concessione] del Capo del Governo del 16 dicembre 1936)
    Il Guanfalone è un drappo di rosso, riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma del comune, con l'iscrizione centrata in argento: «Comune di Monteriggioni» (Decreto del presidente della Repubblica del 14 gennaio 1970).

    "È una storia silenziosa fatta nel Seicento e nel Settecento di quadri statistici, di carestie e di pestilenze, di numeri dietro cui, in questa zona come in tutto il senese, si nasconde il lavoro continuo delle masse senza voce dei contadini."


    ...storia...


    La pianura ai piedi di Monteriggioni era occupata da una palude, ai margini della quale si fronteggiavano Monteriggioni e l'antica Abbadia a Isola, che dipendeva dal Vescovo di Volterra. Quando i monaci dell'Abbazia cominciarono la bonifica idraulica della palude scavando una galleria per far defluire le acque, i senesi la riempivano nottetempo perché la palude era una protezione naturale contro gli eserciti nemici. La questione andò avanti per molto tempo, finché nel 1246 si giunse a un compromesso: i monaci ultimarono la galleria, ed i Senesi conservarono una consistente area a ridosso del castello. Ancora oggi, nella pianura bonificata, emerge una vecchia torre, situata proprio sopra la galleria sotterranea: serviva da sfiatatoio e da ingresso per la manutenzione, oggi non è più percorribile.

    Dopo l'edificazione del castello i fiorentini e i senesi si batterono per il suo possesso nel 1244 e nel 1254 ma le mura del Castello resistettero sempre agli assalti guelfi. Nel 1269, dopo la battaglia di Colle, i senesi sconfitti si rifugiarono a Monteriggioni, assediato, ma invano, dai fiorentini.
    Nel 1380, dagli statuti "del comune et uomini di Monteriggioni", gli abitanti di Monteriggioni erano considerati "Cittadini di Siena". Nel 1383 un gruppo di esuli senesi si impadronirono del Castello con l'inganno, ma si arresero poco dopo.
    Tra il 1400 e il 1500 furono interrate le mura per resistere meglio ai colpi dell'artiglieria. Si rese quindi inutile anche l'utilizzo delle carbonaie.
    Nel 1526 i fiorentini assediarono Monteriggioni con 2000 fanti e 500 cavalieri, bombardando le mura con l'artiglieria. Il Castello di Monteriggioni però resistette e, il 25 luglio di quello stesso anno, nella battaglia di Camollia, i senesi sconfissero l'esercito pontificio, alleato dei fiorentini, che interruppero immediatamente l'assedio.
    A metà del 1500, all'interno dello scontro che in Europa contrappone Carlo V d'Asburgo, Re di Spagna ed Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico ad Enrico II di Valois Re di Francia, si ha l'episodio della guerra di Siena dove i senesi alleati della Francia si contrappone ai fiorentini alleati di Carlo V. Il 27 aprile del 1554 Monteriggioni venne ceduto a tradimento, senza alcun combattimento, dal capitano Giovacchino Zeti, fuoriuscito fiorentino, al Marchese di Marignano comandante delle truppe imperiali. Dopo la caduta di Monteriggioni nella primavera del 1555 cadde anche la città di Siena. Questo episodio è considerato dagli storici come l'evento che segna il termine dell'epoca comunale in Italia. Il 2 e 3 aprile 1559, dopo la morte di Carlo V (1558), con il trattato di pace di Cateau-Cambrésis si conclude tra le due potenze egemoni il lungo conflitto franco-spagnolo. In esecuzione di quel trattato, anche l'ultimo baluardo senese costituito dal presidio di Montalcino venne rilasciato da Filippo II di Spagna al ducato fiorentino. Così Cosimo I de' Medici impose la sua signoria sul territorio e gli abitanti di Monteriggioni.
    Monteriggioni fu poi ceduta dai Medici alla famiglia Golia e attraverso vari altri passaggi fra famiglie nobili alla famiglia Griccioli, che tuttora mantiene possedimenti nel castello e nelle campagne circostanti.

    …il castello…


    L’immagine del castello è molto suggestiva, appare sulla sommità del suo colle spavaldo e dominante, come sentinella a difesa dell’antica Repubblica Senese
    Vederlo da lontano, con i suoi emozionanti resti testimoni di un’epoca lontana, dà l’impressione che il tempo sia rimasto immobile fuori e dentro la cerchia delle sue mura. Il popolo e la sua realtà sono cambiati ma ancor oggi chi ha scelto di vivere nel Castello, ha conservato il ritmo lento e ricco della vita a dimensione d’uomo e di natura, con i valori propri della cultura contadina ed a continuo contatto con la storia. Ancora più imponente e maestoso dovette apparire a Dante Alighieri che lo vide in piena battaglia durante uno dei suoi viaggi. Il Castello nel pieno del suo splendore, a poche decine d’anni dalla sua fondazione per la sua forma circolare e le sue torri che come una corona si elevano sulle mura , doveva apparire veramente grandioso e incutere un senso di maestà ciclopica se Dante se ne valse per per definire l’aspetto di Nembrotto , Fialte , Anteo gli smisurati giganti infissi nella voragine di Malebolge (cit. Dante Alighieri Inferno Canto XXXI)

    Il Castello di Monteriggioni fu costruito dai senesi, per ordinanza del podestà Guelfo da Porcari, in un periodo compreso tra il 1214 e il 1219, la costruzione durò 6 anni. Venne costruito a spese della Repubblica di Siena, allo scopo di sbarrare la strada ai fiorentini, nelle lunghe guerre fra le due città. I senesi probabilmente vennero nella determinazione di costruire il Castello di Monteriggioni ricordando un fatto d’armi avvenuto nel 1145, quando presso Monte Ala, i Senesi sconfissero i Fiorentini. Il terreno, acquistato dalla famiglia nobile Da Staggia, era la sede di un'antica fattoria Longobarda (la denominazione di Montis Regis probabilmente indicava un fondo di proprietà regale o che godeva di esenzioni fiscali da parte della corona). La costruzione del castello ebbe principalmente scopo difensivo, in quanto il borgo sorse sul monte Ala in posizione di dominio e sorveglianza della Francigena, per controllare le valli dell'Elsa e dello Staggia in direzione di Firenze, storica rivale di Siena. La costruzione di un castello Ex Novo rappresentava una novità nella politica espansionistica della città di Siena, infatti in precedenza, la Repubblica aveva comprato castelli già esistenti come quello di Quercegrossa. Le mura erano fornite sia di merlature quadrate sia delle “bertesche“ cioè strutture in legno che sporgevano dal filo delle mura nei punti di maggiore impegno difensivo. Il Castello di Monteriggioni era circondato dalle “ Carbonaie “ cioè un fossato riempito di carbone che veniva incendiato durante gli assalti degli assedianti.
    Al castello si accedeva da due porte , una a levante che guarda verso Siena, detta “porta romea o franca“; l’altra che guarda a ponente verso Firenze, diametralmente opposta alla prima è detta “porta S. Giovanni o Fiorentina“. Gli storici hanno pareri contrastanti sulla presenza del “ponte elevatoio“. Documentate è invece la presenza delle “saracinesce“ che venivano sollevate con delle catene e sistemi di carrucole. Le due porte presentano anche oggi i segni dei cardini e di buche usate per per le stanghe di chiusura. In corrispondenza della porta San Giovanni, sono evidenti i resti di un’altra struttura difensiva, il cosiddetto “rivellino“,una struttura addizionale a forma rettangolare anteposta alla porta principale e dotata a sua volta o di un ponte elevatoio o di una seconda porta.
    Dopo la peste del 1349 i Senesi vollero a Monteriggioni, un capitano con più fanti allo scopo di ripulire la zona dai malfattori che taglieggiavano la povera gente, si racconta che gli abitanti dopo aver sorpreso in fragranza di reato quattro delinquenti, forzando la mano del capitano che era di guarnigione al castello, fecero dei 4 giustizia sommaria impiccandoli.
    www.monteriggionicastle.com/

    ...miti, storie e leggende....


    Si racconta di cunicoli sotterranei, di passaggi segreti, che dal Castello permettevano di raggiungere i vicini fortilizi e Siena. Calandosi all’interno del pozzo in piazza Roma si oltrepassava un cancello e di li si accedeva a uno dei cunicoli sotterranei. I vecchi raccontano anche di un accesso posto dietro il cimitero fuori delle mura, che fu fatto saltare in aria con la dinamite perché vi entravano i cani. Forse è soltanto una leggenda… ma quando i ragazzi buttano i petardi nel pozzo si sente “il rimbombo“ che si allontana dalla piazza verso le mura in direzione ovest.

    La leggenda del Tesoro. Gli anziani narrano di una famiglia di contadini molto povera che viveva nella casa dove adesso c’è il ristorante “il Pozzo“. Una notte, si dice, si sentirono rumori di picconi per molte ore e come per magia da quel giorno fecero fortuna comprando all’improvviso 3 negozi a Siena.

    Il fantasma di Zeti. Durante il secolo scorso nelle fredde notti di luna piena d’inverno… alcuni riferirono più volte di aver sentito nel cuore della notte uno scalpitio di cavalli e dei lamenti provenienti chissà da dove…. Alcuni credono che si trati del fantasma del capitano Zeti che dopo la morte non trovava pace per il suo tradimento grazie al quale i Fiorentini conquistarono il castello.
     
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