MINERALI....e il loro mondo

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  1. gheagabry
     
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    La storia dei MINERALI


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    È piuttosto difficile dare un ordine cronologico di apparizione delle pietre e dell’uso che di esse si è fatto nella storia dell’umanità; ma ancora più difficile è sapere che cosa le pietre, in quanto tali, rappresentassero per gli uomini del passato....Fra i corpi naturali verso cui i nostri lontani antenati volsero l' attenzione nel loro anelito verso costumi di vita più progrediti i minerali trovarono una posizione di primaria importanza.
    L’uomo del Paleolitico imparò ben presto a distinguere le proprietà delle diverse pietre e preferì, naturalmente, quelle che, con la loro solidità permettevano di fabbricare strumenti indispensabili alla loro vita quotidiana. Queste erano soprattutto selce, nefrite, ossidiana, diaspro, quarzo. All'alba del Neolitico gli uomini distinguevano alcune pietre vivacemente colorate alle quali attribuivano grandi poteri che credevano di accrescere incidendovi dei segni magici. Queste pietre speciali divennero la prima moneta di scambio tra i nomadi del deserto e gli abitanti delle comunità agricole che le ricercavano prevalentemente per le loro supposte virtù magiche. L'ambra, nel Neolitico, era molto richiesta e veniva venduta in regioni anche lontane dopo lunghi viaggi via terra (le vie dell'ambra). Oro e argento erano noti fin dai tempi più lontani. L'oro era usato per fare attrezzi con cui raccogliere erbe medicinali particolarmente preziose per conservarne intatta la loro forza.
    Molto apprezzata e usata nell’antichità è la turchese. Il reperto più antico, un bracciale in oro e turchese, risale a circa 8000 anni fa e fu ritrovato in Egitto dove questa pietra era considerata il simbolo dell’infinito e dell’aldilà.
    Nell’antico Messico era considerata una fra le più importanti pietre preziose ed era detta Xihuitl e il dio del fuoco era chiamato Xiuhtecutli che significa appunto "signore delle turchesi". Per il suo splendido colore era molto apprezzato anche dagli Aztechi i quali, con questa gemma, rappresentavano "il serpente azzurro".

    La pietra, per la sua stabilità e incorruttibilità, in molte culture, ha simboleggiato la potenza di Dio e in molti miti si nota la presenza di esseri soprannaturali e anche di uomini che nascono dalle pietre.
    Secondo una leggenda greca, Deucalione e Pirra, la coppia sopravvissuta al Diluvio Universale, diede vita ad una nuova razza umana, gettandosi dietro le spalle delle pietre.
    Sempre secondo un antico mito greco, il dio Crono, temendo di essere spodestato, come egli aveva fatto con il padre Urano da lui reso sterile, decise di divorare tutti i suoi figli. Solo il piccolo Zeus si salvò per un inganno dalla madre che diede a Crono una pietra avvolta in un panno. La pietra, vomitata da Crono, fu portata a Delfi e venerata come "omphalòs" ombelico del mondo. Questa pietra, in quanto ombelico, è il simbolo della nuova nascita e della coscienza reintegrata.




    All’inizio del Neolitico gli uomini distinguevano alcune pietre vivacemente colorate attribuendo loro poteri magici. Le prime pietre talismaniche furono i betili, pietre situate presso un bosco o una fonte e in cui si credeva che abitasse la divinità; la parola betilo significa appunto "casa di Dio"e l'uso di queste pietre, come talismani ,si ritrova frequentemente nella cultura ebraica. Nel Vecchio Testamento si legge infatti che Giacobbe, utilizzando un betilo come capezzale, ebbe in sogno la rivelazione del destino che Dio riservava alla sua discendenza. Anche Giosuè eresse una pietra a testimonianza del patto concluso fra Jahvè e il suo popolo.
    Venerate e adorate sono state le pietre cadute dal cielo. Queste pietre, probabili aeroliti, sono state considerate "pietre parlanti", strumenti di oracoli come la pietra nera della Mecca e la pietra di Pessinunte (Asia Minore).
    La pietra è anche simbolo della Terra-madre e la pietra di Pessinunte era la manifestazione concreta di Cibele, la Grande Dea Madre. Adorata dal popolo frigio, fu trasportata a Roma all’inizio del III° secolo a.C. e posta sul Palatino.

    Un’antica cerimonia celtica si svolgeva all’interno di un cerchio di pietre. Per i Celti le pietre, incarnazione della Madre Terra, possedevano un grande potere.

    La maggior parte delle selci preistoriche, dette "pietre del fulmine" erano ritenute la punta della saetta. Queste pietre, associate al culto degli dei, sono ancora oggi presso alcune popolazioni africane oggetto di adorazione.
    "Per i Dravidi la pietra, come l’albero o l’acqua, è un trattenitore di spiriti buoni o cattivi. Da qui l’utilizzazione terapeutica delle pietre che poste sulla testa del malato, estirpano dal suo corpo lo spirito della febbre ed è costume dravidico gettare una pietra sulla strada, dietro di sé, ritornando da una cerimonia funebre, per arrestare lo spirito della morte, nel caso che volesse ritornare"(Dal Dizionario dei Simboli- Rizzoli)
    Certamente l’uomo primitivo fu colpito dai colori delle pietre e dallo scintillio dei cristalli e, in particolare dai cristalli di quarzo che, nascosti nelle grotte umide e oscure, dovevano ricordargli il bagliore delle stelle e, successivamente, cominciò a riconoscere non solamente questi cristalli ma anche altre pietre pregiate intorno alle quali sono nate tradizioni magiche che si sono conservate nel tempo.


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    Pietre ornamentali, come i lapislazzuli, erano già sfruttate seimila anni fa. Nel IV° millennio a.C. presso i Sumeri le pietre incise divennero i primi sigilli che avevano prevalentemente la forma di un bottone o di un cilindro perforato per essere infilato in una collana. Esempi di questi sigilli sono rappresentati nella fotografia sulla sinistra.
    Alla fine del II millennio a.C, in Messico la giada e la turchese erano dai Maya più apprezzate dell'oro. La corniola conobbe un favore unanime presso tutti i popoli antichi: è stata, infatti, ritrovata sotto forma di ovoidi perforati perfino in Siberia dove venivano lavorati anche calcedonio e diaspro per ottenere lame di grande finezza. Nella fotografia a destra è rappresentata una scultura lavorata da artigiani Aztechi lunga più di 2 metri, tratta da un blocco enorme di corniola rossa, che rappresenta il nome di una località: Chapultepec, ossia "Montagna della Cavalletta".

    In Egitto si diffuse l'uso degli amuleti ottenuti lavorando agata, corniola, turchese, lapislazzuli. Nella fotografia sulla destra è rappresentato un esempio di bracciale in oro e turchese con scarabeo inciso.
    Gli antichi Egizi usavano scrivere le loro formule magiche su pietre di ogni genere. Anche presso gli Egiziani era molto diffuso l’uso dell’amuleto e le mummie portavano sul petto lo "scarabeo del cuore" come testimonia il grande numero di scarabei incisi su gemme e portati alla luce dagli scavi. Alcuni degli amuleti più belli sono fatti di lapislazzuli (o"zaffiro degli antichi") una delle pietre preferite dagli Egiziani che la usavano negli ornamenti dei faraoni o per modellare statuette degli dei.

    Nella cultura precolombiana le giade furono considerate di origine divina e apprezzate più dell’oro.
    Gli Aztechi fabbricavano con la giada le pietre che simboleggiavano il cuore e che venivano messe in urne insieme alle ceneri dei principi. Anche presso i Cinesi la giada, che veniva chiamata semplicemente YU, ossia "cosa sacra", era considerata simbolo di immortalità e si usava porla sul viso, sulla bocca e sul petto dei defunti.
    Al riguardo è famoso il ritrovamento archeologico presso Manch’eng di due uomini sepolti con vesti di giada; queste vesti, fatte di innumerevoli lamelle di questa pietra e cucite insieme con fili d’oro, avvolgevano come armature le salme.


    Anche nel simbolismo religioso non mancano riferimenti alle virtù delle pietre.
    Gli antichi Romani portavano le gemme soprattutto per il valore talismanico che veniva loro attribuito: si racconta che Nerone avesse fatto ornare, per questo motivo, il suo letto e le pareti dell’alcova di pietre preziose.
    In epoca meno antica in Grecia la lavorazione dei cammei raggiunse un altissimo livello di perfezione, mentre veniva ignorata l'incomparabile bellezza del diamante tagliato. I Greci, come poi i Romani, utilizzavano questa pietra, allora rarissima, solamente per la sua grande durezza, al fine di incidere le altre pietre preziose.

    Ma ben poco gli antichi sapevano della struttura dei minerali dei quali pur facevano grande uso. I primi trattati sui minerali apparvero intorno al 300a.C ad opera di Teofrasto, discepolo di Aristotele. Successivamente Plinio con la sua "Storia naturale" diede un contributo alla conoscenza dei minerali allora noti che però venivano spesso indicati con nomi che non corrispondono a quelli degli attuali minerali. Intorno al 1270 il frate domenicano Alberto Magno scrisse un trattato di mineralogia di una certa importanza e nel 1546 Giorgio Agricola gettò le basi della moderna mineralogia classificando i minerali in base alle loro proprietà fisiche. Ma, solo attraverso la chimica, la vera natura e struttura dei minerali e dei cristalli è stata compresa.
    (mineralicristalli.it)


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    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 14:46
     
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  2. gheagabry
     
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    'Sun drop', maxi brillante 110 carati venduto a 8 mln.
    GINEVRA - 'Venduto': uno dei più grandi diamanti del mondo, l'ormai famoso 'Sun drop' - 'goccia di sole', che prende il nome dal suo rarissimo colore giallo intenso - è stato battuto dalla famosa casa d'aste Sotheby's per una cifra pari a oltre 10 milioni di franchi svizzeri (oltre 8 milioni di euro) al netto delle commissioni. Con i suoi oltre 110 carati, grande quasi come una noce, la pietra considerata uno dei più grandi diamanti del mondo, è stata 'battuta' dal banditore, David Bennett, in un hotel di lusso di Ginevra, davanti ad una platea di circa 150 persone. Nonostante la cifra esorbitante, l'acquirente - di cui non si conosce l'identità - ha fatto comunque un 'affaruccio': il prezzo di aggiudicazione si è attestato infatti leggermente al di sotto delle stime degli esperti che lo avevano quotato tra gli 8 ed gli 11 milioni di euro Il diamante è stato certificato 'Fancy Vivid Yellow' (giallo intenso) dal Gemological Institute of America (GIA), del colore cioé tra i più rari e più ambiti per un diamante giallo, secondo quanto spiegato da Sotheby. Con una purezza eccezionale, considerate le dimensioni (VVS1 Clarity, che corrisponde ad una classificazione con 'piccole inclusioni difficili da vedere con il microscopio ingrandimento di 10 volte') il 'sun drop' è conosciuto come il più grande diamante del mondo 'Fancy Vivid Yellow', a forma di pera tagliata. La pietra grezza è stata scoperta in Sud Africa nel 2010, prima di essere tagliata e lavorata a New York da Cora International, uno delle maggiori case di brillanti del pianeta. Il diamante è stato esposto al Museo di Storia Naturale di Londra e Hong Kong.



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    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 14:49
     
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  3. gheagabry
     
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    L'ACQUAMARINA

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    Dal celeste più chiaro al blu intenso del mare, l'acquamarina mostra tutte le sfumature di una gamma straordinariamente bella di consueti azzurri. E' una pietra davvero affascinante. Le donne di tutto il mondo la prediligono per il suo splendido colore blu, che si adatta quasi alla perfezione a qualsiasi carnagione o colore d'occhi, e gli artisti creatori di gemme traggono ispirazione per nuovi tagli più spesso dall'acquamarina che dalle altre pietre.
    Il suo azzurro suscita sentimenti di simpatia, fiducia, armonia o amicizia. Quati sono buoni sentimenti, che coinvolgono un partenr o un compagno, e dimostrano il loro valore in relazioni durature. Il blu acquamarina è un colore divino ed eterno poiche esso è il colore dei cieli. Il blu acquamarina, comunque, è anche il colore dell'acqua con le sue proprietà vitali. Ed infatti l'acquamarina sembra aver incorporato l'azzurro dei mari. Ciò non sorprende, poichè secondo la leggenda essa trae la sua origine dal tesoro delle leggendarie sirene, e per anni è stata considerata la pietra portafortuna dei marinai. Il suo nome deriva dal termine latino "aqua" che significa acqua, e " mare". Secondo quanto si dice, la sua forza si sviluppa al meglio quando la pietra viene immersa nell'acqua irradiata dal sole. Comunque, la via più saggia sembra essere quella di indossarla, poichè, secondo le tradizioni antiche, si ritiene che indossare un
    Una gemma con molte caratteristiche eccellenti
    L'acquamarina è una delle nostre gemme più popolari e famose ed è caratterizzata da molti elementi eccellenti. Essa è popolare quasi quanto le pietre classiche: Rubino, Zaffiro e Smeraldo. E' collegata allo Smeraldo,proprio per il fatto che l'Acquamarina appartiene allafamiglia dei Berilli. Comunque, rispetto allo smeraldo, nell'acquamarina il colore è distribuito più uniformemente all'interno della pietra. Ritrovata più spesso ripstto al suo famoso fratello verde, l'Acquamarina è solitamente quasi priva di inclusioni. Essa possiede una buona durezza ( 7_ su 7_ della scala Mohs), ed una brillantezza mozzafiato. La sua buona durezza la rende abbastanza robusta e generalmente la protegge dallo scheggiarsi. Il ferro è l'elemento responsabile del colore dell'Acquamarina, e le sfumature di blu mostrate variano da un blu pallido, quasi incolore fino al blu luminoso del amre. Più intenso è il colore dell'acquamarina, più alto è il suo valore. Alcune Avquemarine, mostrano una leggera sfumatura verdina che è considerata anche tipica. Ma un blu davvero puro e chiaro viene apprezzato come tipico colore dell'acquamarina, poichè evidenzia al meglio la trasparenza immacolata e la grande brillantezza di questa gemma.
    Santa Maria accelera i battiti cardiaci
    L'azzurro di questo Berillo pregiato trova sempre più amici. Le differenti sfumature di Acquamarina vengono distinte per mezzo dei loro nomi promettenti: "Santa Maria" è il nome delle rare pietre d'acquamarina di un blu intensamente profondo, ritrovate nella miniera di Santa Maria de Itabira in Brasile, e provocano eccitazione tra gli amatori di gemme in genere. Colori simini, si trovano in alcune rare miniere di gemme di acquamarina in Africa, specialmente nel Mozambico. Per distinguerle meglio, queste pietre vengono denominate "Santa Maria Africana”. Non proprio dello stesso blu profondo sono le pietre d'acquamarina"Espirito Santo" dello stato Brasilaino di Santo Spirito. Un altro splendido colore è stato denominato dal 1954 in onore di una bellissima regina brasiliana ed è divenuto famoso come "Martha Rocha”

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    I nomi dei colori già evidenziano l'importanza del Brasile quale principale paese in cui si trovano le pietre d'Acquamarina. La maggior parte dei cristalli grezzi sul mercato mondiale provrngono dalle miniere di gemme di questo enorme paese Sudamericano. Di tanto in tanto dunque, grandi cristalli di Acquamarina di una trasparenza immacolata e di uno splendido colore si trovano qui, in verità, un raro ritrovamento per quanto riguarda queste gemme. Ogni tanto vengono trovati cristalli incredibilmente grandi, come ad esempio nel 1910 a Maraimba/ Minas Gerais, dove fu estratto un cristallo di 110.5 Kg. Oppure c'è il "Dom Pedro" che pesa 26 Kg. il quale fu tagliato nel 1992 dal maestro Bernd Munsteiner in Idar-Oberstein, ottenendo cosi il titolo della più grande acquamarina mai tagliata. Comunque, le pietre d'acquamarina si trovano anche in altri paesi come ad esempio Nigeria, Madagascar, Mozambique, Afghanistan o Pakistan.
    La pietra preferita dai moderni disegnatori.
    Difficilmente si trova un'altra gemma che sia tanto spesso usata nel design della gioielleria moderna in una varietà cosi versatile. Chiara e trasparente tagliata nei modelli classici, o in fantasie moderne: L'acquamarina è sempre bella e affascinante. Persino non tagliata e con molte inclusioni, che i designer spesso scelgono di includere di proposito quando sviluppano i loro tagli, la pietra è ideale per realizzare creazioni fantasiose. I designer l'hanno eletta loro pietra preferita. Di volta in volta, essi sorprendono tutti con tagli nuovi e moderni, che sembrano prediligere per potenziare l'acquamarina. Questi tagli dal design creativo, senza dubbio hanno contribuito alla sua grande popolarità. Il colore chiaro dell'acquamarina fa distinguere chiaramente le inclusioni al suo interno. Quindi l'acquamarina dovrebbe essere il più trasparente possibile. Ma qualche volta il design dei tagli aggiunge una speciale attrattiva ad una pietra includendo queste imperfezioni per creare effetti speciali. Il colore chiaro dell' acquamarina consente ai designer una particolare libertà creativa nell'evidenziare la caratteristica e la brillantezza di una pietra, integrando sottili fessure e tracce, sfumature tonde e appuntite.
    (SwissGemShop - Loose Precious & Semi Precious Gemstones )


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    L’acquamarina grezza si trova spesso in limpidi cristalli prismatici esagonali, ad elevata trasparenza, con colore solitamente uniforme.
    Nei primi del ‘900, nello stato brasiliano di Minas Gerais, ed asattamente nella miniera di Papamel, venne trovato il più grande e famoso cristallo di acquamarina dello straordinario peso di 110 Kg. Aveva dimensioni di circa 50 cm li lunghezza e 38 cm di diametro; era trasparente, con pochissime inclusioni e la maggior parte del cristallo presentava un bellissimo colore azzurro verde. Questo cristallo venne acquistato al prezzo di 25.000 US $, da due commercianti tedeschi di Idar Oberstein, i quali stimarono di poter ottenere da questo grezzo ben 200.000 ct. di gemme tagliate!
    Attualmente è il Museo Americano di Storia Naturale a New York City che possiede una rimanenza di circa 6 Kg. di questo enorme grezzo, presumibilmente si tratta dell’unica parte non tagliata della splendida acquamarina detta Papamel. Il corrente valore di mercato di questo grezzo è stato stimato di circa 25milioni di dollari! Certo si trattava di un cristallo eccezionale, ma non è infrequente trovare acquemarine grezze di grandi dimensioni, soprattutto se provenienti dal Brasile.
    L’acquamarina più grande che si conosca appartiene ad un collezionista tedesco ed ha un peso di 2594 ct., ovvero ben 12970 g.
    Ma, gemmologicamente parlando, cos’è l’acquamarina? Si tratta di una varietà del berillo, che chimicamente è di un silicato di berillo e il suo colore azzurro è dovuto ad impurità di ferro presenti nel reticolo cristallino.
    Va considerato che poche acquemarine presentano all’origine una colorazione azzurra intensa. Molto spesso questo colore è derivato da un trattamento termico effettuato su pietre che presentano una forte componente gialla , tonalità che viene rimossa riscaldando queste gemme tra i 250° e i 720°, fino ad ottenere il piacevole colore azzurro che tutti conosciamo.
    Come tutti i berilli, ha la tendenza ad essere una gemma fragile e quindi può fratturarsi anche se presenta una rispettabile durezza di 7,.5 - 8 nella scala di Mohs. Come inclusioni, le acquemarine possono spesso presentare inclusioni liquide con aspetto a velo ovvero fessure in cui sono rimasti intrappolati dei fluidi durante le fasi di crescita del cristallo; frequenti sono anche le bifasi, cioè piccole fessure che contengono assieme due stati della materia: una fase liquida ad una fase gassosa, sottoforma di bolla.


    E parlando di inclusioni, non si può non accennare all’acquamarina milky, gemma presentata al mercato ormai da qualche anno. Il termine milky identifica delle acquemarine staslucide, dove la non perfetta trasparenza è derivata dalla presenza di numerose inclusioni che privano questa gemma della sua tipica limpidezza.
    Va precisato comunque che “milky” è una definizione tipicamente commerciale e non gemmologica in senso stretto. Frequentemente ritrovabili nelle acquemarine sono anche inclusioni canaliformi disposte in modo parallelo tra loro, a volte in quantità totalmente elevata da generare il particolare fenomeno ottico del”gatteggiamento”.
    Queste gemme solitamente con taglio cabocon mostrano sulla parte più arcuata della pietra una sottile linea luminosa, …simile alla pupilla dell’occhio gi un gatto”… che si muove al muovere della luce incidente.
    Dove troviamo acquemarine nel mondo?
    Oltre al Brasile, dove quattro principali distretti nello stato di Minas Gerais sono i produttori del maggior quantitativo di gemme di questo paese, altra fonte di splendide e grandi acquemarine sono i monti Urali, che dividono la Russia europea da quella asiatica. Altro paese è il Madagascar, che fornisce limpidi e splendidi cristalli azzurri, anche se quest’isola è particolarmente famosa per l’estrazione della morganite varietà rosa del berillo. Vanno ricordati anche il Mymnar ex (Birmania) e gli Stati Uniti (Maine, Connecticut, California).
    Cristalli di acquamarina di solo valore da collezione, sono stati ritrovati in Italia all’isola d’Elba. Una problematica di vecchia data che riguarda l’acquamarina è la distinzione tra questa gemma e il topazio azzurro. Entrambi spesso possono presentare la stessa tonalità e situazione di colore, ed entrambi si presentano frequentemente con lo stesso tipo di taglio e questo aumenta le difficoltà visive di riconoscimento tra le due gemme. A volte possiamo notare, a vista, tonalità di colore azzurro-verde tipica dell’acquamarina, sfumatura che il topazio non presenta; inoltre l’acquamarina presenta una brillantezza superiore a quella del topazio azzurro.
    Queste differenze di colore e luminosità sono sicuramente meglio rilevabili avendo le due gemme a confronto ed è certo che, se questo non fosse possibile, la distinzione ad occhio può diventare complicate.
    Solo la strumentazione gemmologica può darci una risposta. Entrambe le due gemme sono birifrangenti, ovvero il raggio di luce che penetra all’interno di esse viene rifratto due volte, ma i valori dei loro indici di rifrazione risultano diversi e questi sono rilevabili con un rifrattometro.
    L’acquamarina presenterà indice di rifrazione pari a circa 1.575 per l’indice minore e 1.581 per l’indice maggiore, mentre il topazio avrà indici, rispettivamente minore e maggiore, pari a circa 1.609 e 1.617.

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    .....storia, miti e leggende.....

    L’acquamarina è la pietra della dea del mare dell’antichità. Vecchie leggende narrano che questa pietra insegnerebbe a distinguere il vero dal falso, l’amico dal nemico.
    Simboleggia anche l'amore felice; in Italia si diceva che il miglior regalo da fare a una sposa nel giorno delle nozze fosse l'acquamarina, che assicurava l'amore e la felicità nel matrimonio.
    La leggenda vuole che sia stata donata all'uomo da una magnifica sirena, che ne abbandonò un cofanetto colmo su una spiaggia per fare in modo che l'uomo potesse portare un po' di mare sempre con sè. Per questo l'acquamarina è diventata l'amuleto dei marinai come protezione contro la burrasca.

    La varietà azzurra del berillo, il suo magnifico colore, dovuto a tracce di ferro, può assumere diverse tonalità che vanno dall'azzurro chiaro al verde azzurro e al blu cupo. Come dice lo stesso nome é la gemma del mare e, secondo la leggenda, costituivano il tesoro delle sirene , si credeva avesse il potere di portare salvi in porto i marinai e proteggere durante i viaggi in barca o in nave, attenuando i sintomi del mal di mare, i suoi poteri erano intensificati dall'immersione in acqua.
    Certe correnti mistico-magiche Cristiane associano l'Acquamarina all' Angelo Guardiano Umiele e al discepolo Tommaso.
    Ma l' Acquamarina è un potente talismano anche sulla terra, in particolare sulle coppie sposate, aiuta a consolidare l'armonia tra coniugi e a superare ogni difficoltà, è consigliata come regalo di anniversario. Potente talismano d' Amore ottimo per rendere durature le unioni: assicura la Fedeltà. Fà apparire bello tutto ciò che riflette o tocca. L' Acquamarina protegge anche dalle forze demoniache. Un'antica tradizione sostiene inoltre che vinca il dolore e lo sconforto. Le tradizioni popolari le conferiscono il potere di discernere il vero dal falso, e di saper donare buona memoria e benessere a chi la indossa.
    Nella tradizione occulta viene variamente assegnata al segno del Cancro ma anche allo Scorpione. Da sempre è ritenuta simbolo di gioia di vivere, di vitalità e d'intraprendenza. Portarne una nella stessa tasca in cui si porta il denaro pare allontani l'avarizia, rende inclini alla semplicità d'animo, rafforza l'ottimismo e la fiducia nel prossimo, evita di trovarsi isolato, da protezione durante i viaggi e fa vincere le contese legali, inoltre pare che avesse il potere di aiutare a debellare i nemici segreti. In ogni tempo e in ogni luogo maghi, astrologi, occultisti hanno concordato che il possesso di un' acquamarina possa evitare ogni tipo di problema : con gli altri, con la giustizia, ma soprattutto problemi d'amore poiché protegge da qualsiasi problema di infedeltà, anche perchè aiuta a sviluppare l'energia sessuale.


    In questa nuova epoca è ritenuta la gemma del benessere e della tranquillità Può influenzare il 4° Chakra e come tutte le pietre blu-azzurre lavora sul 5° chakra. In particolare stimola l’espressione creativa, la capacità dialettica e aiuta a esprimere apertamente i propri pensieri. Porta dolcemente equilibrio nelle emozioni. Posizionata sul chakra della gola controlla la respirazione, vince la timidezza, aiuta a superare la paura immotivata della malattia, libera le emozioni. Abbinata allo smeraldo e alla morganite è utile in caso di allergia. Collocata fra le sopracciglia induce chiarezza mentale e tranquillità. Messa sul plesso solare riduce rabbia e depressione.
    Può dare tranquillità, aiuta a risolvere crisi di ansia e aiuta a vincere la timidezza. Ha un effetto benefico sull' apparato respiratorio indicata per asma e in genere problemi respiratori. Eccellente per la meditazione. Questa gemma, agendo sul 6°chakra, produce un effetto calmante sulla mente, portando tranquillità e pace dissolvendo ansie e pensieri negativi. Favorisce la crescita interiore, dona chiarezza di idee e fiducia per portare a termine tutto ciò che si intraprende. Secondo la tradizione, Cristalloterapica purificherebbe il sistema nervoso e avrebbe effetti benefici per gli occhi.
    (dal web)



    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 14:56
     
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  4. gheagabry
     
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    AMETISTA

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    L'ametista è una varietà violacea di quarzo, tipica delle rocce basaltiche, che è stata sin dal 3000 a.C., in Egitto e in Mesopotamia, una delle gemme più utilizzate per la creazione di gioielli, sigilli e intagli. Il termine ametista deriva dal greco améthystos che significa "non ebbro".
    L'ametista un ossido di silicio, sistema con prismi esagonali... il colore tipico è un viola intenso e vivace insieme, con colorazione spesso disposta a bande o chiazze; può essere anche piuttosto tenue, ma in genere conserva lo stesso tono, senza sfumature estranee.
    I colori dell'Ametista variano dal lilla pallido al viola intenso. I colori pallidi vengono spesso chiamati "Rosa di Francia" e si vedono tra i gioielli Vittoriani. I colori più intensi sono i più pregiati, particolarmente il porpora arricchito con raggi rosa.

    I cristalli di ametista si rinvengono essenzialmente all'interno di geodi sviluppatisi nelle rocce basaltiche. I geodi sono formazioni geologiche costituite da cavità chiuse sulle cui pareti interne sono impiantati raggruppamenti di cristalli "cresciuti" grazie a fluidi percolati attraverso la roccia.
    I giacimenti principali di questo minerale si trovano in Brasile, Uruguay, Bolivia, India, Russia, Messico, USA e Madagascar. In Italia piccole formazioni sono state rinvenute in provincia di Trento, Bolzano, Sassari, Grosseto e Torino.

    Il principale nemico del delicato colore di questa pietra è il calore: una esposizione prolungata alla luce e al calore del sole, infatti, ha il potere di farla impallidire mentre temperature elevate, intorno ai 400°C o ai 500°C, sono in grado di cambiare radicalmente il colore portandolo verso tinte gialle, arancioni e brunastre. Questa caratteristica ha portato l’ametista a meritarsi un altro nome, ossia quarzo citrino.

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    ...la storia...

    “L’ametista era il talismano preferito dagli antichi Sumeri. Infatti se ne sono trovate diverse negli scavi, soprattutto nelle tombe di regine o dame altolocate. Secondo la Kabbalah ebraica questa pietra rappresentava la base, l’unica, sulla quale si poteva scrivere uno dei nomi di Dio, Iaho. Sempre nella tradizione ebraica antica, era la pietra associata alla tribù di Gad e al nono figlio di Giacobbe, Achelamah. In tempi più recenti, Plinio afferma che l’ametista è pietra che allontana i veleni, le tempeste e le invasioni di cavallette. Il nome ha origine greca e (come ho già scritto) significa “rimedio contro l’ubriachezza”.
    In Egitto e in Asia Minore, fin dal 3000 a C. è stata una delle gemme più utilizzate per la creazione di gioielli e sigilli, successivamente fu molto valorizzata dai Greci e dai Romani.
    Secondo una leggenda, il dio del vino Bacco si innamorò della ninfa Ametista che, non gradendo il suo corteggiamento, chiese l’aiuto di Diana e venne trasformata in un cristallo trasparente.
    Arrabbiato per il rifiuto, Bacco rovesciò sul cristallo una coppa di vino conferendo in questo modo alla gemma il suo tipico colore viola e il potere di creare uno scudo contro gli effetti del vino. Secondo gli antichi greci e successivamente i romani, infatti, l’ametista poteva essere considerata un ottimo rimedio contro gli effetti negativi dell’alcol: secondo il bon ton del tempo, infatti, i commensali erano tenuti a bere un sorso di vino da una coppa di cristallo tutte le volte che l’ospite faceva un sorso dalla sua, nonostante questi stesse bevendo semplice acqua da una coppa di ametista, traendo in inganno i commensali con il riflesso viola dato dalla pietra. In questo modo l’ospite riusciva a mantenere la sua sobrietà mentre i commensali si ubriacavano.

    Il viola è stato considerato a lungo un colore regale cosi non sorprende il fatto che l'ametista sia stata cosi fortemente richiesta nel corso della storia. Le ametiste pregiate, si trovano nei gioielli della Corona Reale
    Britannica ed erano anche le favorite di Caterina la Grande e dei reali Egiziani. L'Ametista, trasparente quarzo viola, è la più importante varietà di quarzo usata in gioielleria...Leonardo da Vinci scrisse che l'ametista era in grado di dissipare i cattivi pensieri e di accelerare l'intelligenza.
    Poichè si pensava che l'ametista incoraggiasse il celibato e simboleggiasse la pietà, essa, nel medioevo, era molto importante nell'ornamento delle chiese cattoliche e non. In particolare era considerata la pietra dei vescovi, e ancora oggi questi indossano anelli di ametista.

    Nel medioevo Konrad von Megenberg affermava che l’ametista “è un minerale in grado di rendere desto e vigile l’uomo, scacciando i pensieri negativi ed astrusi e conferendo equilibrio e buon senso”.
    Sempre nel Medioevo si credeva che l'Ametista portasse felicità coniugale; per questo motivo durante i matrimoni tra due persone di alto ceto sociale, gli sposi usavano baciare l'anello di Ametista del vescovo che officiava la cerimonia. Le madri donavano queste pietre ai figli che partivano per la guerra come protezione. Quando nasceva un bambino gli si donava un’ametista per dare forza al suo Angelo Custode e proteggerlo dalle malattie e dal ‘malocchio. Sui bicchieri dei ricchi era incastonata un’ametista, perché si pensava che si sarebbe rotta se vi fosse messo del veleno.


    Da sempre si pensa che, portata al dito medio destro faccia dimenticare passioni ed ira, come diceva nel XIV secolo Conrad von Megerberg. Gian Battista della Porta affermava, nel suo trattato di magia, “tale pietra ferma ogni operazione dei maghi” e forse per questo è la gemma che fa parte degli anelli episcopali. Secondo altre leggende l’ametista rende la pelle luminosa, dona allegria ed è efficace contro i pensieri tristi. Una recente superstizione tende a relegare l’ametista nel ruolo della pietra che porta sfortuna. Superstizione nata negli ambienti teatrali e dello spettacolo, per i quali il viola è sinonimo di fiasco sul palcoscenico.”

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    ....simbologia.....

    Il principale significato simbolico dell’ametista è quello sacrale religioso: viene infatti citata nelle pagine della Bibbia come una delle dodici pietre del pettorale che conserva i nomi delle dodici tribù di Israele.

    L'ametista e' un quarzo di colore viola ed e' una pietra usata in magia fin dai tempi antichi. Oggi e' forse tanto popolare quanto duemila anni fa. Posta sotto il cuscino o indossata a letto, l'ametista scaccia l'insonnia e gli incubi, procura un sonno calmo e piacevole, ristoratore, e perfino sogni profetici, senza peraltro far dormire troppo. E' una pietra spirituale, assolutamente senza effetti negativi o associazioni con violenza, rancore o passioni: l'ametista e' una pietra di pace.
    L'ametista fa cessare le paure, fa nascere le speranze, solleva gli spiriti e fa pensare alla realta' spirituale che sta dietro alle nostre vite. L'ametista calma le tempeste emozionali e, anche in situazioni di potenziale pericolo, puo' esservi d'aiuto. Infonde coraggio a chi la porta ed e' un potente amuleto per i viaggiatori, proteggendoli dai ladri, dai danni, malattie e pericoli.
    Nella magia del Rinascimento, la figura di un orso intagliata nell'ametista veniva portata come amuleto protettivo. Ai tempi dei Greci e dei Romani anelli di bronzo con un'ametista venivano portati come antidoti contro il male e coppe magiche di ametista scolpita scacciavano il dolore e il male da tutti coloro che vi bevevano....


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    La Grande Madre, così viene chiamato l’Ametista, è la manifestazione divina femminile dell’Universo. Secondo la Tradizione la Madre divina è ‘l’occhio aperto sull’abisso’, osserva tutto ciò che accade nel mondo della manifestazione e agisce per trasformare l’ignoranza in coscienza piena. Questa coscienza materna dell’Universo ci accompagna lungo il cammino del ‘risveglio’ del Terzo Occhio. La presenza della Madre Divina è universale e si riscontra in tutte le culture: Isis nell’Egitto Antico, Maria nel Cristianesimo, Maya nel Buddhismo, Shakti in India. Il suo simbolo è l’Ametista. Ecco perchè questa magica Pietra si trova in accordo con il VI° Chakra – è il nostro amico terzo Occhio - e viene chiamata la “Pietra dell’Anima” perché favorisce la concentrazione, la lucidità di pensiero, combatte lo stress, l’emicrania, le manie e le reazioni incontrollate.
    Aiuta a dimenticare le delusioni d’amore ed è un calmante negli stati ansiosi.



    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 15:03
     
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    La magia dei minerali

    Ocean Jasper", la serie di immagini vincitrice della categoria micro non professionisti all'International Photography Award 2012

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    Sembrano fiori e ciuffi d'erba, in realtà sono i cristalli delle rocce fotografate da Bernardo Cesare, professore ordinario di Petrologia all''Università di Padova con il pallino della microfotografia. Quest'anno, Bernardo Cesare si è aggiudicato il primo premio nella categoria "Micro" non professionisti all'International Photography Award (IPA).


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    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 14:29
     
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    LA MALACHITE - Cu2(OH)2CO3



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    Scheda

    CLASSE MINERALOGICA: carbonato
    GRUPPO: trimetrico
    SISTEMA: monoclino (2/m)
    ABITO: è quasi sempre microcristallina (strato d'alterazione dei minerali di rame), ma si trova anche sotto forma di strati fibrosi, in ammassi reniformi o efflorescenti. In alcune cavità può essere raramente rinvenuta malachite in piccoli cristalli aghiformi
    DUREZZA: 4
    PESO SPECIFICO: 4,0
    INDICE DI RIFRAZIONE: n=1,85 (indice medio) (birifrangente)
    COLORE: dal verde al verde scuro
    LUCENTEZZA: da vitrea a sericea
    TRASPARENZA: opaca
    SFALDATURA: distinta in una direzione ma raramente visibile
    STRISCIO: polvere verde
    FRATTURA: da concoide a scheggiosa
    GENESI: l'ambiente genetico della malachite è quello dei solfuri primari di rame, dove si rinviene superficialmente come prodotto d'alterazione
    PLEOCROISMO: assente


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    La malachite è un carbonato di rame di colore verde, con caratteristiche righe più chiare e più scure di colore verde o nero. Il nome deriva dal Greco "mahle", termine che indica la pianta malva, con un colore simile; forse l'etimologia corretta è sempre dal Greco "malakos", che significa "tenero", in relazione alla debolezza di questa pietra ed alla facilità con cui la si può scalfire.
    La malachite è un minerale di origine secondaria e si trova, spesso in associazione a limonite e cuprite, nella zona di ossidazione dei giacimenti di solfuri di rame; principali giacimenti sono quelli della Siberia, dell'Arizona, dello Zimbabwe, del Cile e soprattutto del Congo. E' effervescente in acido cloridrico. Si origina per alterazione di minerali presenti di rame, quindi i giacimenti sono tutti quelli secondari di rame.
    Per il suo bel colore che va dal verde chiaro al verde scuro, ed il caratteristico accrescimento che la fa caratterizzare con zonature date da sfumature di tonalità, la malachite viene utilizzata in gioielleria soprattutto come cabochon e in oggettistica semipreziosa. Tuttavia essendo un minerale con scarsa durezza, i manufatti in malachite possono rigarsi e rovinarsi facilmente, se usati e toccati senza attenzione. Veniva anche usato come pigmento pittorico, il pigmento era conosciuto con i nomi: verde azzurro di Spagna, verde azzurro, verde tedesco, verde minerale, verde azzurro di Magna Grecia e verde d'Alemagna.


    ...storia, miti e leggende....



    La malachite è uno dei minerali citato più spesso in miti e leggende. Era considerata la pietra del paradiso e rappresentava la sensualità, la bellezza, la curiosità, il senso estetico e le arti musicali. Da sempre è un simbolo della figura femminile e in tutte le culture è stata dedicata a qualche dea: in Egitto, Hathor; in Grecia, Afrodite; presso i Celti, in Europa, Freya.
    In Egitto veniva usata solo dalle caste nobili, la utilizzavano per ornare i propri copricapi e conferire loro la saggezza nel governare; con la sua polvere realizzavano composti per curare disturbi agli occhi e, come insegnava Cleopatra, il suo uso era anche di tipo cosmetico. La malachite verde era un simbolo di gioia e la terra dei morti fu descritta come il "campo di malachite". Nel libro dei morti si legge che il defunto diventerà un falco "le cui ali sono di pietra verde". E' il colore della vita nuova e ri-nascita. L'occhio di Horus era un amuleto di pietra verde.
    Era usata dagli antichi greci e dai romani per prevenire gli infortuni: infatti, secondo la tradizione, si rompe per avvertire chi la porta di un pericolo imminente.
    In Cina veniva usata per dare origine al verde; i pigmenti di colore di origine vegetale e minerale venivano mescolati con l'acqua ed una colla finissima e per temperare il colore si usava gomma, cera, miele e appretto l'amido, una sostanza naturale che serviva per conferire al dipinto consistenza, lucidità e impermeabilità.
    Negli Urali, era consacrata alla "Signora della montagna del rame", una figura analoga alla Venere greca, la cui contraddittoria influenza era fonte di fortuna o sventura per i minatori che estraevano la malachite. Nessuno poteva sapere con sicurezza se accettare o meno i doni della dea, poiche` in alcuni casi essi rendevano felici ed in altri erano fonte di dolore (probabilmente, in riferimento alla funzione riequilibratrice della divinita`.
    Nel Medioevo, si credeva potesse alleviare i dolori e facilitare il parto ed era perciò nota come “pietra delle ostetriche”.
    Sin dall’antichità fu impiegata come pietra di cura e di trasformazione. Nel corso della storia tutti i regnanti e i guerrieri scelsero questa pietra come simbolo di forza e al contempo di intelligenza.

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    Pietra considerata sacra ad Afrodite, la dea della bellezza, in tutte le culture è stata il simbolo della divinità femminile, rappresentando la seduzione, la sensualità, il senso estetico e l’amore per il bello e per le arti. La sua azione assorbente le permette di assimilare le disarmonie, le dissonanze e le energie negative indesiderate presenti nei corpi più sottili e di deviarle. Si narra che veniva fatta indossare dai bambini per preservarli dalle cadute e che la pietra andasse in frantumi nei casi di pericolo incombente. I vecchi minatori la chiamavano a causa del suo colore "verdura delle rocce"

    Secondo la tradizione, la malachite (dall'ebraico malach, che significa "messaggero divino", equivalente al greco "angelous" ossia "angelo") è una pietra protettrice contro le cattiverie, le invidie, e in generale le vibrazioni negative, che essa assorbirebbe. Secondo alcune leggende, questa si rompe in pezzi per avvertire chi la porta di un pericolo incombente. Secondo la cristalloterapia, assorbe il dolore e se tenuta a contatto con una parte contratta del corpo.

    Dai Monti Urali, la più antica catena montuosa della Russia, proviene gran parte della malachite, splendida pietra verde dalle venature molto accentuate. Da sempre utilizzata per la creazione di elementi d’arredo e gioielli, è di difficile e complessa lavorazione tanto che la padronanza e la capacità di mettere in risalto tutta la bellezza del disegno naturale, sono considerate una sorta di magia; fra le favole dei minatori russi, raccontate all’inizio del secolo scorso, è “Il Fiore di Pietra” che spiega quanto valga la maestria di un artista intagliatore.


    Narra la fiaba che vivessero in un villaggio ai piedi della Montagna di Rame, un artigiano abilissimo di nome Prokopjich e Danilo, un orfano ambizioso e molto amante della natura. Accadde un giorno che, dopo un lungo apprendistato col buon maestro, il giovane divenisse tanto abile nell’arte di lavorare la malachite, da meritare la fiducia del capovillaggio che, consegnando al ragazzo una tavola disegnata, gli chiese di realizzare un vaso per la sua casa. Danilo iniziò a studiare il disegno e a recarsi fra le montagne alla ricerca di una roccia da cui poter ricavare il vaso; fece diversi tentativi e diverse prove ma mai nessuna lo soddisfaceva sino in fondo; dalla verde malachite voleva ricavare il più bel vaso che si fosse mai visto e, fino al termine dell’opera decise che avrebbe rimandato le sue nozze con la bella Katya.
    Quello che Danilo voleva padroneggiare era la maestria che solo la Signora della Montagna poteva donare, il cui prezzo, come le antiche storie ammonivano, sarebbe stato altissimo. Recatosi nuovamente fra le montagne egli infine la incontrò, splendida e fredda come la roccia di cui era padrona: la Signora della Montagna di Rame che, come il giovane aveva segretamente bramato, gli offrì il suo dono. “Ti porterò alla collina del Serpente, là dove cresce il Fiore di Pietra della Montagna di Malachite; chi gode della vista del più bel fiore al mondo imparerà a scoprirne l’anima nella verde pietra ma perderà la capacità di gioire delle cose del mondo”. Ammaliato dallo Spirito della Montagna e avido di conoscenza, Danilo seguì la via che gli veniva indicata e vide il Fiore ed Imparò l’arte della Malachite; la sua destrezza ed abilità non avevano pari ma egli perse la cognizione del tempo e trascurò l’amore per la dolce Katya e l’amicizia per gli abitanti del villaggio; solo, fra le montagne, trascorse tre anni lavorando la roccia, ignaro di quanto soffrisse chi aveva lasciato.
    Katya invece, mai rassegnatasi alla scomparsa dello sposo, ne imparò l’arte e la passione divenendo un’abile intagliatrice grazie alla guida di Prokopjich e, come tutti gli altri artigiani, iniziò a recarsi fra le montagne alla ricerca del materiale per i suoi gioielli, esplorando ogni giorno una nuova radura con la speranza di trovare l’amato. Durante una delle sue ricerche giunse infine alla Collina del Serpente e capì subito di trovarsi in un luogo incanatato. “Perché sei entrata nel mio giardino? Se hai bisogno delle pietre prenditi quelle che ti servono e vattene!”. Era la Signora della Montagna che parlava ma le rispose la fanciulla: “Non ho bisogno delle vostre pietre, cerco solo il mio amore perduto”. “Hai idea di chi sono io?” Katya gridò: “So chi siete ma non ho paura! So che Danilo vuole ritornare da me”. “Bene”, ribattè la Signora, “chiediamoglielo allora”.
    Fu allora che Katya vide Danilo e potè guardarlo in volto dopo tanto tempo. La Signora di Malachite gli disse: “Devi scegliere, artigiano Danilo. Se sceglierai di andare con lei, dimenticherai tutto quello che hai visto e appreso nella montagna, se sceglierai di restare, dovrai dimenticare tutto il resto del mondo.” Danilo sospirò: “Mi dispiace, non posso vivere più a lungo senza le persone che amo. Penso a Katya ogni minuto della mia vita, sebbene il fascino del Vostro cuore di Pietra e la luce verde della Malachite mi leghino col loro oblio a questo Giardino”. La Signora sorrise: “Ritorna pure a casa; la tua onestà e il tuo amore puro ti varranno il mio regalo: non dimenticherai quello che hai imparato qui e potrai continuare a vedere l’anima più segreta della mia Malachite per mostrarla agli uomini con la tua arte”.
    (Tratto da “il Cofanetto di Malachite”, Pavel Bazhòv)


    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 15:10
     
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    LA FLUORITE

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    Classificazione Strunz III/A.08-10
    Formula chimica CaF2
    Proprietà cristallografiche
    Gruppo cristallino
    Sistema cristallino cubico
    Classe di simmetria cubica esacisottedrica
    Parametri di cella a= 5,463 Å, Z=4, V=163,04 ų
    Gruppo puntuale 4/m 3 2/m
    Gruppo spaziale F m3m
    Proprietà fisiche
    Densità 3,1-3,3 g/cm³
    Densità calcolata 3,18 g/cm³
    Durezza (Mohs) 4
    Sfaldatura ottaedrica
    Frattura scabra
    Colore incolore (pura), violetto, blu, giallo, verde, rosa
    Lucentezza vitrea
    Opacità da trasparente a traslucida
    Striscio bianco
    Diffusione comune


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    La fluorite, chiamata anche fluorina o spatofluore, è un minerale piuttosto comune composto da fluoruro di calcio.
    Il nome deriva dal latino fluere = fondere (per il suo utilizzo come fondente in metallurgia), ma anche da minatori inglesi del Medio Evo che la chiamarono "fiore (flower) di minerale" per la sua bellezza; dalla fluorite deriva poi il nome del fluoro e del fenomeno della fluorescenza.
    La struttura è descrivibile come un reticolo cubico a facce centrate di ioni Ca2+, con tutte le cavità tetraedriche occupate da ioni F-. Il fluoro viene così ad avere una coordinazione 4 tetraedrica, il calcio con una coordinazione 8 cubica.
    In natura, spesso come matrice di giacimenti metalliferi, la fluorite si trova solitamente nei filoni idrotermali, dove è associata a solfuri di piombo, argento e zinco, e in cavità di rocce metamorfiche e magmatiche ricche di silice.
    Importanti giacimenti si trovano negli Stati Uniti, Canada, Messico, Germania, Francia, Spagna, Russia, Svizzera, Inghilterra, Madagascar, Namibia, Bulgaria. In Italia esistono giacimenti in Val Trompia (Brescia), Trentino, Veneto e Sardegna.
    Quasi sempre trasparente e traslucida, o con una lucentezza vitrea, raramente si presenta limpida e incolore; esibisce di solito bellissime colorazioni violette, blu, gialle, verdi, rosa. Alcuni tipi, se esposti ai raggi ultravioletti, presentano un vistoso fenomeno di fluorescenza, fenomeno che proprio dal minerale prende il nome. Ha un basso indice di rifrazione (1,4338) e isotropia, fonde a 1330 °C, è insolubile in acqua ed è attaccabile dagli acidi minerali. Come molti minerali la fluorite non viene estratta allo stato puro.

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    Fin dalle epoche più remote viene utilizzata per modellare oggetti ornamentali per la casa, mentre in gioielleria, a causa della sua bassa durezza, e quindi la tendenza a scalfirsi facilmente, viene usata con maggior cautela: in genere si fanno collane e orecchini. Gli antichi greci la tagliavano come pietre preziosa, i romani la usavano per la costruzione di stupendi vasi multicolori.
    Detta anche pietra del genio, perchè agisce sulle cellule cerebrali e sulla memoria, agendo sul potenziale elettrico del cervello. Plinio chiamava la fluorite "murra" e la suggeriva come materiale per fabbricare i vasi murrini destinati agli Dei.
    Dal XVIII secolo è conosciuta come ‘spato – fluido’: ‘spato’ poiché veniva classificata nella famiglia degli ‘spati’, cioè i minerali che si sfaldano facilmente, termine al quale si aggiunge l’aggettivo ‘fluido’, poiché ricorda l’aspetto del vetro fuso. La Fluorite veniva, infatti, spesso utilizzata per sostituire le pietre preziose.
    Nel 1824 Mohs scoprì la proprietà della fluorite di diventare luminosa se riscaldata e chiamò tale fenomeno fluorescenza (anche se poi si scoprì che si trattava di fosforescenza)

    Nell'antichità e soprattutto nel medioevo, le pietre avevano un ruolo rilevante nella vita di tutti i giorni. I viaggiatori si affidavano a loro per avere protezione, i medici le utilizzavano come strumenti di purificazione e la gente comune li portava come portafortuna. Ogni pietra ha il suo significato.


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    PIETRE PREZIOSE ....L'OPALE


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    Composizione: SiO2 nH2O biossido di silicio (silice) idrato.
    Contenuto d’acqua: 3-10% (fino al 20%).
    Colore: virtualmente di ogni colore. Il colore di fondo è dovuto a tracce di Ni, Cr, Fe, Mn e inclusioni di altri minerali.
    Il colore del gioco di colore è dovuto alle dimensioni delle sfere submicroscopiche.
    Trasparenza: da trasparente ad opaco.
    Lucentezza: da vitrea a resinosa.
    Si presenta in aggregati reniformi e a grappolo (botroidali), in venule, globuletti, croste e chiazze di riempimento incolori, lattee, spesso azzurrognole o nere con opalescenza molto variabile; masse compatte e terrose, spesso concrezionarie e stalattitiche (diatomiti, geyseriti).
    Fenomeni: gioco di colore (opalescenza), asterismo (raro), gatteggiamento (raro).
    Stato cristallino: amorfo.
    Durezza: 5,5 – 6,5.
    Tenacità: da molto scarsa a sufficiente.
    Densità: 1,9 – 2,3; poroso 1,26.
    Peso specifico: 2,15 (+0,08; - 0,90).
    Frattura: da concoide a non uniforme; scheggiosa.
    Sfaldatura: nessuna.
    Indice di rifrazione: 1,44 - 1,46; porosa 1,37. L’opale messicano può dare lettura 1,37. Di solito 1,42-1,43.
    Fluorescenza:
    Opale bianco: da inerte a bianco a moderato blu, verde o giallo.
    Opale nero: generalmente inerte.
    Opale di fuoco: da inerte a moderato marrone verdastro
    Opale comune: da inerte a forte verde o verde giallastro.
    Possono tutti presentare fosforescenza.



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    L’opale è una sostanza amorfa, che non presenta cioè una struttura cristallina. Infatti è composto da sfere submicroscopiche disposte in modo ordinato, come delle palline di ping pong in una scatola, piccole sfere di silicio che causavano interferenze e rifrazioni. Chimicamente è un biossido di silicio idrato, cioè contenente una percentuale variabile d’acqua, che gli dà la caratteristica luminosità.
    Ha un colore variabile dal trasparente al bianco latte, con una infinità di differenti intermedi (verde, rosso, giallo, marrone, nero). Il contenuto in acqua può arrivare fino al 20%. La formazione dell'opale avviene mediante lento deposito geologico di un gel colloidale di silice a bassa temperatura. L'opalescenza, il gioco di colori e di luce presentato dai campioni di opale, è dovuta ad effetti di interferenza ed alla diffrazione della luce causata a sua volta dalla regolare disposizione delle sferette di silice le quali si dispongono in una forma impaccata, regolare e tridimensionale; è simile quindi alla disposizione dei cristalli.
    Vi sono molte varietà fra cui l'opale comune, l'opale nobile, l'opale nera, l'opale d'acqua, l'opale di fuoco, l'opale xiloide e la ialite. Quasi il 95% di tutti gli Opali viene dalle miniere Australiane. Il rimanente cinque per cento si trova in Messico e nel Brasile del nord, e anche negli stati USA dell Idaho e Nevada, recentemente le pietre sono state ritrovate anche in Etiopia e nel Mali. Giacimenti residuali sono situati anche in Messico e nel Galles.

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    L’origine del suo nome deriva da tre lingue: dal sanscrito “Upala” che significa “pietra preziosa”, dal greco “Opallios” e dal latino “Opalus” che significano “vedere un gioco di colore”.

    ..storia..


    L'opale è stato custodito nel corso della storia in tutto il mondo. L'archeologo Louis Leaky trovò in una caverna del Kenia manufatti d'opali vecchi di 6000 anni.
    La storia degli opali australiani cominciò milioni di anni fa, quando parte dell'Australia era coperta dal mare ed il sedimento pietroso era depositato lungo la battigia. Quando la massa d'acqua reflui, emersero pietre grezze bellissime contenenti silicio Le pietre di silicio si trasformarono lentamente in Opale. Gli antichi, non ebbero mai la possibilità di vedere l'Opale dell'Australia, dove nasce l'Opale di oggi, che supera di molto la bellezza dell'Opale ungherese per vigore e brillantezza.
    Ai tempi dell'antica Roma esisteva il cosiddetto "opalus", o una " pietra di svariati elementi". Perciò gli antichi romani avevano già conoscenza dei mille colori mostrati dagli opali. Lo storico romano Plinio, descrisse la bellezza dell'opale come la combinazione della bellezza di tutte le altre gemme, c'è in loro un fuoco più calmo di quello del rubino. C'è il viola brillante dell'ametista, il giallo dorato del topazio, il blu profondo dello zaffiro che brillano tutti insieme in un incredibile unione
    Durante il Regno della regina Elisabetta, a metà del 1500, sappiamo da un’antica descrizione in lingua inglese che l’opale era molto apprezzato. Shakespeare trovava che l'opale fosse un simbolo dell'incostanza oscillante. Egli paragonava il gioco di colore al gioco mentale in uno dei piu calzanti esempi del simbolismo delle gemme in letteratura. Nella "Dodicesima notte" egli scrive: " adesso che il Dio melanconico ti protegga, e che il sarto faccia i tuoi indumenti di mutevole taffetà" poichè la tua mente è un opale.
    Il Re Luigi XVII possedeva un magnifico opale conservato oggi nel Museo di Storia Naturale di Parigi.
    Si narra che l’imperatrice Giuseppina, moglie di Napoleone, possedesse il più celebre esemplare di opale prezioso, chiamato Incendio di Troia (a motivo dei suoi bagliori rosso fuoco).
    La regina Vittoria (1819-1901) amava gli opali, in quel periodo provenienti dalla Slovacchia e dall’ Australia e li scelse spesso come dono di nozze.Lei e le sue figlie, diedero il via ad indossarli.
    Nei primi scritti conosciuti di classificazione delle gemme, l’opale non viene citato né dalla benedettina Ildegarda di Bingen, nel suo “Liber De Lapidus” del XII secolo, né da Ahmad al Tifasi nel suo famoso “Libro delle Pietre Preziose” del 1800. Lo scrittore Edgar Allan Poe lo cita nel suo racconto “Lo scarabeo d’oro”(1842-1843) insieme ad altre pietre preziose di valore. Nel 1912 la Trading House Lydia di Mainz (Germania) iniziò ad estrarre, dalle miniere turche, opale di colore giallo-rossastro e ocra con scarso gioco di colori. Gemme che vendeva per cifre considerevoli.
    Lo zar Nicola I regalò alla figlia, la gran duchessa Olga Nikolajewna, Regina del Wurtemberg, una fibbia in oro con diamanti, smeraldi, turchesi, zaffiri, granati e opali.

    L’opale si afferma come gemma ricercata dai gioiellieri all’inizio del XX secolo, durante la Belle Epoque, anche se, grazie alla regina Vittoria, venne adoperato per una parure indossata durante l’incoronazione nel 1837 e per un diadema indossato durante le cerimonie di rappresentanza. E’ in questo periodo che gli intellettuali e gli artisti della corrente decadentista, rigettando tutto ciò che aveva a che fare con la formalità e la tradizione, alla ricerca di nuovi stimoli, soprattutto nelle arti applicate come l’oreficeria, elessero l’opale, a gemma rappresentativa di un momento creativo. Nacquero le creazioni di altissimo livello come Tiffany, Vever, Falize, Lalique, Fouquet, Mucha e Cartier, ma anche creazioni di piccola oreficeria commerciale.


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    ...miti e leggende...


    Il termine opale è associato anche alla parola sanscrita “upala”, che significa pietra preziosa e mette in evidenza l’importanza e la sacralità che la gemma assunse in India e in alcuni paesi arabi. Queste popolazioni ritenevano che l’opale fosse la pietra della creazione e che fosse piovuta dal cielo nel momento in cui il mondo era stato forgiato, donando a chiunque la toccasse l’abilità di volare.
    Sono sempre stati l'antico sogno degli aborigeni australiani. la leggenda dice che il loro creatore venne sulla terra trasportato dall'arcobaleno, per portare un messaggio di pace all'umanità. E quando alla fine toccò terra, la pietra prese vita e comincio ad emettere tutti i colori dell'arcobaleno. Questa fu la nascita dell'opale.
    Gli Indiani raccontano che le divinità Indù Brahama, Shiva e Visnu si innamorarono della stessa bellissima donna e se la contesero per lungo tempo. Un giorno, da gelosi amanti quali erano, durante un litigio, trasformarono l’oggetto del loro desiderio in una nuvola. Poi, ognuno di essi, all’insaputa dell’altro, le diede un colore per poterla riconoscere dalle altre.
    La nuvola, però, variopinta di blu, rosso e giallo, venne portata via dal vento. Fu allora che i tre contendenti, per non perdere definitivamente l’amata, decisero di tramutare la nuvola in una gemma, conferendole il potere di infondere speranza e coraggio. Secondo il folklore arabo, invece, gli opali cadevano dal paradiso attraverso lampi di luce.
    Per centinaia di anni, l'opale ebbe una cattiva reputazione.
    Fu, anche considerato un simbolo di passioni segrete, di speranze illusorie e di illusioni. La storia racconta che il Re d’Inghilterra Edoardo VII per timore, aveva sostituito nella sua corona le opali con i rubini.
    Queste superstizioni vennero fomentate da leggende e storie misteriose. Si ritiene che lo stesso Napoleone avesse donato alla consorte Josephine un bellissimo opale denominato “Fuoco di Troia”, ma secondo la leggenda la gemma scomparve misteriosamente nel momento in cui Bonaparte fu mandato in esilio. Non si fece mai riferimento alla possibilità di un furto, ma si vociferò che l’opale si fosse dissolto nell’aria, come per magia, annunciando la disgrazia che avrebbe colpito il condottiero francese. Nel secolo XVII, una serie di opali di grandi dimensioni in oro erano nel tesoro dei re spagnoli. La famiglia regnante cadde in disgrazia: l'erede morì, una flotta di navi cariche di oro affondò, ecc. Per evitare ulteriori problemi donarono ilmeraviglioso opale al clero del monastero di Almeida, che fu appeso davanti alla Madonna.

    Tutte le società che hanno utilizzato l’opale gli hanno conferito dei poteri magici che hanno sempre riguardato la vista, sia quella interiore che quella esteriore: dalla possibilità di vedere chiaramente i propri sentimenti, emozioni nascoste e desideri a quella di vedere nel futuro. Nel Medioevo si pensava che chi la indossasse diventasse invisibile e che fosse vitale per una buona vista.


    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 15:56
     
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    I DIAMANTI PIU’ FAMOSI

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    Gli smeraldi, le perle e i diamanti
    Abbaglian gli occhi col vivo splendore;
    Ma le dolci parole e i dolci pianti
    Hanno spesso più forza e più valore.
    (Carlo Collodi)


    CULLIGAN (stella d’ Africa)

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    Il più grande diamante grezzo (3.106,75 carati, circa 621 gr) mai ritrovato al mondo. Scoperto nel 1905 a Cullinan, in Sudafrica, sono state ricavate ben 105 gemme. Quattro fanno parte dei gioielli della Corona britannica: la più grande è il Cullinan I (Grande stella d’Africa) , 530,20 carati.

    Era l’inizio del XX secolo e un imprenditore, Thomas Cullinan decise di comprare un terreno dagli eredi di Willem Prinsloo, l’anziano proprietario che in vita non aveva mai voluto cedere le sue terre ai cercatori di diamanti. Per la modica cifre di 52000 sterline, Mr. Cullinan divenne il proprietario della Elandsfontein farm, e registrò il 1 Dicembre 1902, la Premier Diamond Mining Company, una società per la ricerca e l’estrazione dei diamanti. Il 26 gennaio 1905, nel primo pomeriggio, avvenne il ritrovamento più sensazionale nel mondo delle pietre preziose. Il sovrintendente Frederick Wells fu colpito da un qualcosa che rifletteva particolarmente i raggi del sole; quel “qualcosa” che brillava era solamente a nove metri dalla superficie, così vicino che Mr. Wells andò di persona, con il suo coltelletto tascabile, a staccare dalla matrice quel probabile “pezzo di vetro” messo da qualche minatore per fargli uno scherzo. Il cristallo pesava più di mezzo chilo e il sovrintendente Wells era sicuro che fosse privo di valore...almeno quasi sicuro! E lo mandò ad analizzare da Sir William Crookes. Con grande stupore Frederick Wells apprese che aveva estratto un diamante grezzo, trasparente e incolore, di 3106 carati una pietra che doppiava per dimensioni il più grande diamante mai rinvenuto fino ad allora.
    Data l’eccezionalità del ritrovamento, alla pietra fu dato un nome: Cullinan, in onore del proprietario della miniera, che era occasionalmente sul posto nel giorno della sensazionale scoperta. Il Cullinan fu venduto al governo del Transvaal (Sud Africa) per la cifra di 150.000 sterline, lo scopritore, Mr. Wells, ne ricevette 3500 come ricompensa per la onestà.
    Il primo ministro del Transvaal, Louis Botha, propose di donare il Cullinan al re d’Inghilterra Edward VII. A causa di precedenti rancori fra i due governi, il parlamento inglese si riunì per decidere se accettare o no il dono. Grazie alle parole di Winston Churcill, la votazione diede esito favorevole e il Cullinan fu consegnato al re il 9 Novembre 1907, in occasione del suo sessantaseiesimo compleanno. Prima del suo viaggio verso l’Inghilterra, il Cullinan fu assicurato per un valore di 1.250.000 sterline. Nelle mani di re Edward VII arrivò il più grande diamante grezzo di qualità, gemma mai rinvenuta. L’incarico per le operazioni di taglio fu assegnato alla Asscher's Diamond Co., una compagnia di Amsterdam, già famosa per essersi occupata del taglio di gemme con elevate carature, tra le quali anche il famoso Excelsior (uno splendido diamante di 995 carati). Joseph Asscher, il tagliatore incaricato, passò alcuni mesi solo per decidere in quali punti segare il grezzo; il 10 Febbraio del 1908, alle 14:45, Mr. Archer si assunse la più grossa responsabilità della sua carriera: piazzò la lama sul piano di sfaldatura da lui prescelto e diede una martellata...ma la lama si spezzò! Il Cullinan rimase illeso, non si era neppure mosso! Fu allora montata un’altra lama, Mr. Asscher diede di nuovo un colpo con il suo martello e finalmente il Cullinan si ruppe; la divisione avvenne esattamente nel modo in cui il tagliatore aveva ipotizzato e sperato. Un impiegato, presente sul posto, narrò che dopo aver ricevuto i complimenti della sua equipe, Mr. Asscher cascò a terra svenuto. Il Cullinan era adesso diviso in due pietre dal peso di 1977,50 e 1040 carati.
    Dopo le successive operazioni di taglio e sfaccettatura si ottennero 9 pietre principali, 96 pietre minori e 9,50 carati di grezzi; il peso totale conclusivo fu di 1063 carati, con una perdita del 65% in peso durante le fasi di taglio.
    Le 9 pietre più grandi mantennero il nome Cullinan seguito da un numero romano progressivo: il Cullinan I è anche conosciuto con il nome inglese “Star of Africa” ; re Edward VII collocò questa gemma, di forma a goccia e peso di 530,20 ct, nello scettro reale tra i gioielli della corona.
    Il Cullinan II, un diamante a cuscino dal peso di 317,40 ct, è stato collocato al centro della corona imperiale della Gran Bretagna e usato per la prima volta durante l’incoronazione di re George V il 22 Giugno del 1911. I diamanti Cullinan III e IV finirono in un gioiello creato nel 1910 per la regina Mary; le due pietre pesano rispettivamente 94,40 e 63,60 ct; in molti ritratti Mary è raffigurata con un pendente contenente i Cullinan III e IV. La regina Mary fece montare in platino anche il Cullinan V, un diamante triangolare di 18,80 ct indossato molto spesso dalla regina Elizabeth II.
    Il Cullinan VI, una navette di 11,50 ct, fu donato da Edward a sua moglie, la regina Alexandra; in seguito fu montato su richiesta di Elizabeth II come pietra principale in una collana di diamanti e smeraldi (il gioiello preferito dalla giovane regina).
    Un unico gioiello racchiude i Cullinan VII e il Cullinan VIII, due pietre dal peso di 8,80 e 6,80 ct. Infine il Cullinan IX, tagliato a goccia e montato su anello che fu fatto per la regina Mary e che appartiene oggi a Elizabeth II, rappresenta la pietra più piccola tra le maggiori ottenute dal Cullinan, il suo peso è infatti di “soli” 4,39 ct.
    Un diamante grezzo documentato, di qualità gemma delle dimensioni del Cullinan deve ancora essere scoperto; e pensare che gli esperti che ne studiarono la forma dissero che un lato del cristallo era liscio, che quindi probabilmente il grezzo fosse in origine molto più grande ma che avesse perso un pezzo lungo un piano di sfaldatura per cause naturali!
    Esiste una leggenda che narra che Frederick Wells vendette diamante grezzo di 300-400 grammi; se ciò fosse vero e se tale pietra fosse realmente una parte del Cullinan, il peso originario di questo diamante record sarebbe stato intorno ai 5000 carati! (www.minerali.it/)

    GOLDEN JUBILEE

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    E’ il più grande diamante tagliato (545,67 carati) fu scoperto nel 1985, sempre a Cullinan e donato al re della Thailandia.
    Il grezzo da cui è stato tagliato il Golden Jubilee fu rinvenuto nel 1985 nella Premier Diamond Mine (Transvaal, Sud Africa), un anno prima della scoperta del diamante Centenary. Al momento della scoperta, questo diamante grezzo di 755 carati (ottavo di tutti i tempi) fu chiamato “Unnamed Brown” e non fu preso in grossa considerazione in quanto non ritenuto particolarmente attraente.
    La pietra fu data a Gabriel Arellano dalla De Beers, con lo scopo di usarla per testare attrezzi e tecniche specifici per il taglio di grosse pietre, per gli “allenamenti” indispensabili prima di iniziare a sfaccettare il Centenary. L’ ”Unnamed Brown” fu quindi trattato più o meno come un topo di laboratorio per esperimenti scientifici.
    Il taglio di questo grezzo di 755 carati fu affidato a Gabi Tolkowsky, colui che avrebbe tagliato anche il Centenary. Con la grande sorpresa di tutti il brutto anatroccolo divenne uno splendido cigno: Tolkowsky realizzò un diamante IF, Fancy giallo-bruno (con la componente gialla compresa tra il 25% e il 50%), forma a cuscino, dal peso di 545,67 carati.

    DIAMANTE ORLOV



    Coi suoi 190 carati (circa 38 gr) e la forma a mezzo uovo, fa oggi parte della collezione conservata al Cremlino, a Mosca. La sua origine non è nota, ma è stato scritto che il diamante grezzo (di 195 carati) fu scoperto nei primi anni dell'Ottocento in India. Si dice che fosse incastonato in uno dei due occhi della statua del dio Hindu Brahma nella città di Pondicherry, fino a quando fu rubato da un monaco. La leggenda vuole che a causa di questo furto sacrilego i suoi possessori fossero colpiti da una maledizione.
    Si dice che nel 1932 il gioielliere J. W. Paris lo portò negli Stati Uniti e poco dopo si suicidò gettandosi da un grattacielo a New York.. In seguito appartenne a due principesse russe, Leonila Galitsine-Bariatinskij e Nadia Vygin-Orlov. Pare che entrambe si suicidarono gettandosi da una finestra negli anni '40. Tuttavia diversi autori ritengono che questi episodi siano del tutto inventati per dare più popolarità al diamante. Non si è trovato alcun dato che confermi persino che le suddette persone siano realmente esistite.
    Il primo proprietario accertato fu il gioielliere di New York Charles F. Winson, che lo acquistò nel 1947 e lo tagliò in tre diamanti più piccoli allo scopo di interrompere la presunta maledizione. Il diamante più grande, di 67,50 carati con taglio a cuscino, fu poi acquistato dalla gioielleria Cartier, che lo inserì in un pendant comprendente 108 gemme, sospeso a una collana costituita da altre 124 gemme. Nel 2004 il gioiello comprendente l'Orlov nero fu acquistato dal gioielliere di Johnstown (Pennsylvania) J. Dennis Petimezas, che dichiarò di essere "sufficientemente sicuro che la maledizione sia stata interrotta".

    DARYA-YE NOOR

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    Il nome in persiano significa “Mare di luce”. Di 182 carati (circa 36 gr) è di raro rosa pallido, proviene dall’India.
    Nel 1794 Agha Mohammad Khan, fondatore della dinastia Qajar, sconfisse gli Zand, impossessandosi di tutti i loro tesori. Il suo successore Fath Ali Shah fece inscrivere il suo nome su una delle faccette del diamante (iscrizione ancora presente). Molti Shah di Persia ritenevano che il diamante fosse stato in possesso di Ciro il Grande, e per evitare il suo furto lo tenevano separato dagli altri gioielli della corona, nascondendolo in un palazzo della città di Golestan.
    Nel 1902 lo shah Mozaffar ad-Din lo fece montare sul copricapo militare che indossò durante la sua visita in Europa. Lo shah Mohammad Reza Pahlavi volle che il Darya-ye Noor venisse esposto durante la cerimonia della sua incoronazione (26 ottobre 1967). Il diamante rimase in suo possesso fino al 1979, quando fu deposto dalla Rivoluzione Islamica. Dapprima mantenuto in un luogo segreto, il diamante fu poi esposto a Teheran nella sede della Banca Centrale della Repubblica islamica dell'Iran.

    KOR-I-NOOR

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    L’indiano “Montagna di luce” da 105 carati è stato il diamante più grande, scalzato nel 1862 dalla Sella del Sud (128,48 carati).

    Secondo una leggenda il diamante apparteneva originariamente a Dhruvin Chavda. Il Koh-i-Noor è stato probabilmente estratto attorno al 1300 dalla miniera di Kollur, una delle celebri miniere diamantifere dell'antica Golconda, nello stato di Andhra Pradesh in India. Un altro celebre diamante, il Darya-ye Noor, è ritenuto provenire dalla stessa miniera.
    La prima citazione scritta di un diamante la cui descrizione corrisponda al Koh-i-Noor la si trova nelle memorie di Babur, primo sovrano della Mogul India, nel 1526. La pietra faceva parte di un bottino di gioielli sequestrati da Babur a seguito di una vittoria. Appartenne a diversi sovrani indiani e persiani, che combatterono accanitamente per esso in vari momenti della storia; divenuto successivamente bottino di guerra, venne infine a fare parte dei gioielli della corona britannica quando il primo ministro inglese Benjamin Disraeli proclamò la regina Vittoria imperatrice d'India nel 1877. Il diamante pesava ancora circa 186 carati, ma, come aveva già riferito il marchese di Dalhousie, governatore generale dell'India:"Il Koh-i- Noor è tagliato male, non è brillante". Aveva infatti un taglio a rosa che poco ne risaltava la bellezza. Fu per questo che il principe consorte Albert prese la decisione di farlo ritagliare. Con il nuovo taglio ovale, il Koh-i-Noor divenne assai più brillante, a discapito però del suo peso: ne perse quasi il 42%, portandosi ai 105 carati odierni.
    Come tutti i gioielli importanti, il Koh-i-Noor porta con sé molte leggende; si ritiene infatti che porti molta sfortuna o addirittura la morte a qualunque maschio osi indossarlo o solo lo possieda. Viceversa si ritiene che porti fortuna alle donne che lo possiedono. Nel rispetto di questa leggenda il diamante è ora montato sulla corona della regina madre - unica corona realizzata in platino - perciò l'ultima persona ad averlo indossato è stata Elizabeth Bowes-Lyon, moglie di Giorgio VI e madre della regina Elisabetta II.


    DIAMANTE DELLO SCIA

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    Nel 1829 lo scià di Persia lo donò a Nicola I come compensazione per l’uccisione a Teheran dell’ambasciatore russo, lo scrittore Aleksandr Griboedov, autore della nota commedia in versi “Che disgrazia l’ingegno!”. Il grande diamante trasparente, dall’insolita forma allungata, ha un peso di 88,7 carati. La levigazione e l’intaglio indicano che era usato come talismano.
    La sua storia inizia in una miniera indiana verso la metà del XV secolo. Su tre lati di esso sono incisi i nomi dei sovrani che lo possedettero in tempi diversi: il Sultano Burhan II, che lo chiamò “il dito di Allah”, il sovrano del grande impero moghul Shah Jahan I e il persiano Feth Ali Shah. Per una strana coincidenza, dopo ciascuna iscrizione, si sono verificate guerre o rivolte e il diamante ha cambiato proprietario. L’ultimo passaggio di mano avvenne nel 1824, dopo di che l’esercito dello Shah fu sconfitto nella guerra russo-persiana. Secondo il trattato di pace, il territorio dell’Armenia orientale passò all’Impero russo, inoltre lo scià doveva pagare all’Imperatore 20 milioni di rubli in argento. E sebbene il diamante fosse ufficialmente fatto passare per ricompensa del sangue del console russo a Teheran, gli storici credono che l’imperatore l’abbia ricevuto come pagamento delle riparazioni di guerra.


    DIAMANTE HOPE

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    Di colore blu intenso e di 44,5 carati, ha una triste fama: quasi tutti i suoi possessori sono morti per omicidio o suicidio.

    Il primo possessore fu Jean-Baptiste Tavernier. Si narra, che egli stesso durante una spedizione distaccò il diamante dall’occhio di un idolo indiano,scatenandone l’ira. Lui e tutti i futuri possessori furono maledetti. Dopo il furto,Tavernier cadde in bancarotta,in seguito decise di cercare fortuna in India, ma non vi fece mai arrivo.
    La pietra fu donata al Re Sole, il quale cadde anche lui in disgrazia! Venne colpito da una forma di vaiolo. Ne venne in possesso Maria Antonietta ,che lo fece incastonare su una collana….Lei e suo marito, durante la rivoluzione francese vennero decapitati. Ne venne in possesso un gioielliere, al quale venne rubato, e a causa dello spavento mori di infarto.
    L’autore del furto, era il figlio che appena seppe della morte del padre, a sua volta si tolse la vita.
    Non si hanno più notizie fino al 1830, quando venne acquistato da un banchiere di Londra Mr.Hope che gli diede il proprio nome. Dopo poco tempo, divorzio dalla moglie e cadde in miseria. Fu acquistato da Jacques Colot,in seguito, impazzi e si suicidò. Fu acquistato da un certo Kanitowskij ,ne fece dono a una ballerina russa, che venne ammazzata dallo stesso per gelosia. A sua volta anche Kanitowskij mori, fu ammazzato dai rivoluzionari russi. Il gioielliere greco Simon Matharides,l’ho acquisto ma non fece in tempo a vederlo; morì cadendo in un burrone.
    Fu acquistato dal sultano Abdul Hamid, che dopo poco tempo fu deposto e impazzi. Edward Beale McLean (proprietario del Washington Post) lo regalo alla moglie. Da quel momento in avanti succedettero una serie di disgrazie:
    mori la madre di Mclean,l’autista,2 cameriere e il figlio di 10 anni. In seguito divorziarono e Mclean cedette all’alcolismo.
    La ex signora Mclean continòo a essere proprietaria della gemma fino al suicidio della figlia.
    L’utimo possessore fu Henry Winston, che donò il diamante allo smithsonian in Washington.(www.vendraminetto-gioielli.com/)

    DIAMANTE VERDE DI DRESDA

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    Con i suoi 41 carati, è il diamante verde (per la presenza di elementi radioattivi) più grande del mondo. Le prime notizie della sua esistenza risalgono al 1722, riportate in un articolo di una rivista inglese. Un mercante olandese lo vendette alla fiera di Dresda del 1742 al re Augusto III di Polonia.
    Nel 1768 il diamante fu inserito in un ornamento estremamente prezioso, comprendente altri due diamanti di grande caratura e 411 pietre preziose di dimensioni medie o piccole.

    ZIO SAM


    Lo Zio Sam Diamond è probabilmente il più grande la scoperta di diamanti al Cratere dei Diamanti State Park . W.O. Basham ha scoperto questo diamante bianco nel 1924, quando pesava un originale 40,23 carati grezzi , non tagliati . Da Basham era conosciuto con il soprannome di " Zio Sam ", la gente ha iniziato chiamarlo Zio Sam Diamante dopo di lui . Questo diamante bianco ha ricevuto due tagli nel corso degli anni . E 'stato il secondo taglio che ha prodotto un diamante 12,42 carati .

    LUNA DI BARODA

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    Gemma si circa 24 carati a forma di pera scoperto in India. Ci sono voluti cinque secoli perché la Luna di Baroda compisse il viaggio nello spazio e nel tempo dal cuore dell'India al collo di Marilyn Monroe. I suoi 24,04 carati ne fanno un gioiello che i profani direbbero «grosso come una noce»: un diamante perfetto, giallo paglierino, trovato alla fine del XV secolo e da allora sempre desiderato. Si racconta che Maria Teresa d'Austria lo abbia ricevuto in regalo nel 1767 dal principe che lo possedeva e lo abbia rispedito al mittente, forse per la maledizione che pare lo accompagni: porta male se attraversa un corso d'acqua. Meyer Rosenbaum, il gioielliere di Detroit che lo acquistò nel 1944 per 100 mila dollari, non credeva a queste cose. Nemmeno Norma Jean che nove anni più tardi lo indossò sul set di «Gli uomini preferiscono le bionde», sigillando una volta per tutte la sua leggenda.

    FIORENTINO

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    Rappresenta uno dei diamanti più celebri la cui storia è un continuo alternarsi di leggende e fatti documentati. Dalle informazioni acquisite si tratta di una gemma di origine indiana tagliata a doppia rosetta a nove lati con 126 sfaccettature e con un peso di 137,27 carati. La pietra, anche conosciuta con il nome di TOSCANO, GRAN DUCA DI TOSCANA o ancora come GIALLO AUSTRIACO, è di colore giallo pallido, con un leggero tono verdognolo.
    Secondo alcune narrazioni questo diamante venne tagliato per l’ultimo Duca di Borgogna, Carlo il Temerario, il quale lo indossò nel corso della battaglia di Morat in cui venne ferito a morte. Un paesano ritrovò la pietra sul campo di battaglia e la vendette per pochi fiorini ad un acquirente di Berna, il quale a sua volta la rivendette a dei mercanti genovesi. Sempre secondo le leggende, inizialmente ne vennero in possesso Ludovico il Moro e di Papa Giulio II. Successivamente, attraverso i banchieri Fugger, pervenne nel tesoro dei Medici a Firenze. Un altro racconto sulle origini del FIORENTINO narra che il diamante fu venduto da un re indiano di Vijayanagar a Ludovico Castro, Conte di Montesano, governatore portoghese di Goa. La gemma, successivamente depositata a Roma presso i gesuiti, fu acquistata dal Granduca di Toscana, Ferdinando I de Medici e da suo figlio Cosimo II, il quale ne affidò la lavorazione al tagliatore Pompeo Studentoli. Un inventario redatto alla morte di Cosimo I attesta l’acquisizione di una grande pietra grezza da parte di Ferdinando I. La storia documentata, invece, inizia quando il famoso viaggiatore e gioielliere Jean Baptiste Tavernier vide il diamante nel tesoro mediceo e lo descrisse minuziosamente in un suo resoconto del 1657. Nel 1737, dopo l’estinzione dei Medici, la gemma fu ereditata dall’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo e dal marito Francesco Stefano di Lorena insieme all’intero Granducato di Toscana. Il FIORENTINO entrò quindi a far parte dei gioielli della corona imperiale nella Hofburg di Vienna. In seguito al crollo dell’impero Austro-Ungarico, la gemma seguì la famiglia degli Asburgo nel loro esilio in Svizzera, dove venne rubata e secondo alcuni ritagliata nel diamante conosciuto come TIFFANY GIALLO.(www.laboratoriogemmologico.it/)


    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 16:57
     
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    "Le pietre preziose provengono dall’oriente e dalle regioni
    particolarmente calde.
    Ivi le montagne traggono dal Sole il calore e il fuoco e i fiumi sono sempre in ebollizione.
    Dove l’acqua lambisce le montagne che si innalzano infuocate,
    queste espellono una sorte di schiuma che poi si solidifica e si stacca.
    A seconda della temperatura raggiunta durante l’essiccazione
    esse acquistano i loro colori e le loro proprietà […].
    Le pietre preziose derivano quindi dall’acqua e dal fuoco […]
    e sono adatte in vario modo al bene, all’onestà e all’utilità."
    (Ildegarda,"Liber subtilitatum")

    L'AMBRA

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    L'ambra è una resina fossile prodotta delle conifere dell'era terziaria, nel periodo Oligocene e Eocene, 30-55 milioni di anni fa che, in seguito agli sconvolgimenti terrestri, si è pietrificata. Rinvenuta perlopiù sulle coste e sulle rive dei fiumi, l’ambra proviene soprattutto da foreste conifere che prosperarono sulle coste del Mar Baltico.
    Conosciuta in gemmologia come “succino” e definita come “minerale organico amorfo”, l’ambra è uno dei pochi minerali organici usati come gemma.
    L’ambra in natura è opaca, per renderla trasparente, viene cotta in olio di rapa colorato artificialmente, l’assorbimento di quest’ultimo, occupa il posto delle bollicine d’aria. A Palmnicken e a Schwarzort in Germania, sono stati rinvenuti i resti di imponenti industrie per la lavorazione dell’ambra che risalgono al neolitico; già nel paleolitico superiore questo materiale aveva un ampio mercato di diffusione in tutta Europa e sulle rive orientali del Mediterraneo.
    Le resine che hanno subito lo stesso processo ma in un periodo molto più breve, meno di 20 milioni di anni, sono dette copale che è considerato una resina semifossile. Il nome deriva dalla parola copalli che nella lingua nahuatl degli Atzechi significava fumigazione o incenso. Il copale è diffuso soprattutto nell'Africa orientale, in Zaire, in Brasile, nell'Asia del sud e in Nuova Zelanda, dove i Maori la usavano per accendere il fuoco e per fumigazioni.
    La parola ambra deriva dall'arabo anbar che identifica la secrezione dell'intestino del capodoglio, usata in profumeria e per unguenti. In italiano è detta ambra grigia per distinguerla dall'ambra gialla, conosciuta semplicemente come ambra.
    In comune hanno il fatto di sprigionare un odore fortemente aromatico quando riscaldate. In danese ambra indica l'ambra grigia, mentre l'ambra gialla è chiamata rav, una parola di origini remote, probabilmente da un'antica radice indoeuropea rob- o robo- o erb-, col significato di rosso-bruno. Gli antichi Greci la chiamavano "electron", che significa risplendente e infatti il sole era comunemente detto elector "il brillante". Da electron deriva anche elettricità e in effetti l'ambra ha proprietà elettrostatiche con lo strofinamento su un panno di lana.
    Nell'antica Roma era detta succinum, si intuiva già allora che l'ambra fosse il "succo" (sucus) degli alberi.
    Il nome dell'ambra in tedesco (bernstein), svedese e polacco (burstyn) vuol dire pietra che brucia. L'ambra, nella preistoria era usata come incenso per il suo denso e aromatico profumo di pino. Lo studioso classicista Arthur Woollgar Verrall negò che il termine greco ambrosios dovesse necessariamente significare immortale, e preferì tradurlo con il significato di "fragrante". Se così fosse, la parola deriverebbe dal termine semitico MBR ("ambra", che quando viene bruciata produce una resina profumata) ed alla quale le popolazioni d'Oriente attribuivano poteri miracolosi.

    Non di rado dentro ad una pietra d'ambra si ritrovano piccoli o grandi insetti perfettamente conservati; la resina delle conifere, colando, inglobava dentro di sé tutto ciò che trovava sul proprio cammino: insetti, ragni, zanzare, piccoli vegetali e quant'altro. Queste inclusioni sono rimaste imprigionate dentro alla resina e rimangono perfettamente visibili all'interno delle pietre.Nel XV secolo era consuetudine scavare nei pezzi di ambra delle cavità per inserire piccoli animali quali pesci, rettili, anfibi ecc.., riempiendo poi gli spazi rimasti con olio e richiudendo il buco con resina recente. Tale pratica è rimasta invariata fino ai giorni nostri, ponendo seri dubbi sull’autenticità di alcuni esemplari esposti nei Musei o presenti sul mercato. Il fatto che insetti siano rimasti prigionieri della resina morbida e si siano conservati per così lungo tempo ha affascinato gli antichi come i contemporanei, tanto che Marziale suggeriva che gli insetti conservati nell'ambra avevano raggiunto l'eternità come gioielli.

    "Sotto l'ombra di un pioppo una formica
    peregrinava, ma tenace un grumo
    d'ambra entro sé l'avvolse. Nella vita
    rimase trascurata, ma in sepolcro,
    divenne una reliquia assai pregiata! (Epigrammi 6,15)"



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    Circa undicimila anni fa l’ambra era impiegata non soltanto per gioielli e oggetti ornamentali, ma anche come cura per diverse malattie quali l’asma e i reumatismi. l’ambra, così come moltissime altre pietre, venne ufficialmente promossa a farmaco e, nel medioevo, ridotta in polvere o trasformata in olio veniva somministrata per curare una grande quantità di malesseri persino la peste. Nel XVIII secolo, l’uso delle collane in ambra era usate per sedare le l'isteria; nel XIX
    secolo in Polonia si credeva che l’ambra proteggesse i bambini dal dolore causato dalla crescita dei denti. La farmacologia ufficiale dell’800 e dei primi ‘900 ha usato per molto tempo il denitril succinato, derivato dall’acido succinico di cui l’ambra del Baltico è ricca, come neurostimolante; inoltre recentemente, terapie a base di acido succinico e dei suoi derivati, sono state tentate per contrastare alcune gravi e rare patologie manifestatesi in seguito all’incidente nucleare di Chernobyl.

    ..la via dell'ambra..



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    Nel secondo millennio a.C., dal momento che nell’ area baltica non vi erano miniere di rame o di oro, i popoli baltici potevano ottenere i metalli preziosi ed in particolare il bronzo, barattandoli con l’unico materiale del loro territorio: l’ambra. L’ambra fu considerata un “metallo” magico fondamentale per arrivare alla prosperità. Nel II e III sec. a.C., la “cultura baltica” mantenne vive le vie commerciali tra il mar Baltico e l’Adriatico, favorita dall’espansione dell’Impero Romano. Nel I sec. d.C. il traffico dell’ambra attraverso l’Europa centrale era controllato prevalentemente dalle popolazioni locali e seguiva le stesse vie dell’epoca micenea. Le vie seguite dai commercianti d’ambra erano
    abbastanza numerose e spesso si avvantaggiavano della presenza di grandi fiumi navigabili.Ad esempio i Fenici, grandi
    navigatori, circumnavigavano l’Europa per dirigersi in Danimarca e qui si procuravano il prezioso materiale. I Massalioti, dalla loro capitale Massilia (l’odierna Marsiglia), raggiungevano le coste del mar Baltico in corrispondenza della Danimarca, attraversando la Francia. I Liguri e gli Etruschi dalle loro regioni seguivano la via dell’Europa centrale attraversando la catena alpina e le pianure germaniche. I Greci seguivano una via posizionata molto più ad est delle precedenti. Ai Romani era riservata la via dell’Europa centro-orientale. Il viaggio iniziava dalla foce della Vistola, nella penisola di Samland, da dove, risalendo il corsod’acqua si arrivava al fiume Warta, poi s’imboccava l’affluente Prosna fino al corso superiore dell’Oder in Slesia, quindi lungo la Morava fino al Danubio. All’imbocco della Morava con il Danubio si trovava Carnutum (l’attuale Petronell nell’Austria orientale meridionale), importantissimo centro commerciale centro-europeo e crocevia di quasi tutte le vie commerciali europee. Da Carnutum l’ambra veniva distribuita e mandata in Pannonia (l’attuale Ungheria), nella Jugoslavia settentrionale e, in Italia, ad Aquileia dove vi erano dei centri manifatturieri molto importanti.
    L’”isola dell’ambra” chiamata Glaesaria dai romani, Abalo da Pitea di Marsiglia, Basilia da Timeo, Balcia da Senofonte di Lampraco e Austeravia dai barbari, non è altro che l’attuale penisola di Samland, da cui ancora oggi si estrae quasi il 90% dell’ambra in commercio. Era ritenuta un’isola in quanto gli antichi viaggiatori la raggiungevano da occidente via mare.

    ..storia, miti e leggende..

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    “Dicono i Greci che le sorelle di Fetonte, piangendo lui morto di saetta nel cielo, si convertirono in alberi chiamati oppi, i quali per le loro lagrime gettano ogni anno elettro, cioè ambra, appresso il fiume Eridano, che noi chiamiamo Po; e dicono assai poeti, ch’è chiamato elettro perché il sole si domanda Elettore; e i primi, come io stimo, che dissero questa favola, furono Eschilo, Filosseno, Nicandro, Euripide e Satiro”.... “… ed è manifesta la cagione della favola, la quale vuole ch’è nasca in Po; perché ancora oggi le donne contadine oltre il Po usano portare l’ambra in collane per ornamento, e ne fanno ancora medicina, perché credono che essa guarisca le senici e gli stranguglioni (laringiti e tonsilliti - Nda), i quali per rispetto di varie sorti d’acqua, che sono in quel paese, offendono la gola e la carne vicina”.(Plinio il Vecchio)
    Fetonte chiese a suo padre il diritto di guidare i suoi cavalli alati per un giorno. Il dio del sole, considerando che guidare il suo carro era troppo pericoloso, fece di tutto per convincere il figlio a chiedere un altro desiderio. Ma i tentativi del dio non ebbero successo e Fetonte iniziò il suo viaggio; come previsto dal padre, perse il controllo del cocchio e precipitò. Il carro bruciò parte del cielo, creando al Via Lattea. Ben presto la "più grande montagna" della terra prese fuoco ed i fiumi furono prosciugati. La terra bruciava e gli oceani si ridussero al punto che, non potendo sostenere più quella fornace, la Madre Terra, lanciando un forte grido, si rivolse agli dei. Zeus non ebbe altra scelta se non di abbattere Fetonte per fermare questo caos. Fetonte cadde nell'Eridano (il Po) che lo ha ricevuto, ha spento le fiamme ed ne ha lavato il corpo.
    Qui le sue sorelle che lo piangevano vennero tramutate in pioppi e le loro lacrime trasformate in ambra. Gli antichi Greci non sapevano che la resina aveva già fatto un lungo viaggio attraverso l’Europa centrale prima di arrivare al Mediterraneo attraverso la via dell’ambra, percorsa fin dalla preistoria, che parte dalla costa del Baltico e raggiunge la foce del Po. E a Zeus, Dio del cielo della mitologia greca, veniva consacrata l’ambra gialla. Nei templi olimpici, Zeus veniva incensato con i fumi di questa resina e i popoli veneravano amuleti intagliati dall’ambra considerandoli portafortuna. In Oriente ancora oggi e in particolar modo in Cina e in Giappone l’ambra è apprezzata come incenso e viene bruciata in onore degli Dei e degli avi.
    In Europa l'ambra color miele era un dono tombale nell'era del Neolitico ed era ancora indossata nel VII secolo a.C. come talismano da sacerdoti della Frisia. I primi cristiani cedettero al mito, secondo antiche credenze, a lungo conservatesi, l’ambra era considerata il succo solidificato dell’albero della vita citato nella Genesi (Genesi 2,6). Sant'Eligio mise in guardia la popolazione, dicendo che "Nessuna donna dovrebbe avere la presunzione di far ciondolare ambra dal proprio collo".

    Plinio, distanziandosi dagli altri studiosi, affermò che l’ambra è di origine vegetale che si forma dall’indurimento della resina degli alberi di conifere. Giunse a questa conclusione basandosi sul fatto che, bruciando, l’ambra emette un caratteristico odore di resina e la fiamma è simile a quella che si sviluppa dalla resina di pino. “[...] E’ certo che l’ambra si genera nelle isole dell’Oceano settentrionale e che dai Germani è chiamata gleso [...]. Si forma, l’ambra, dal midollo che stilla da un tipo di pino, come la gomma nei ciliegi o la resina nei pini [...]. Si solidifica per il gelo o per le condizioni atmosferiche o per effetto del mare, quando le onde la strappano dalle isole. Allora è rigettata sulle rive, ed è trasportata così facilmente che sembra restar sospesa e non calare a fondo. [...] che l’albero sia un tipo di pino lo indica l’odore di pino che l’ambra produce se la si strofina ed il fatto che, ad accenderla, brucia allo stesso modo e con le esalazioni di una torcia resinosa. “ (Storia Naturale, XXXVII, cap. )
    Nel 600 a.C. Talete di Mileto scoprì le proprietà elettriche dell’ambra; strofinando un pezzo di ambra si accorse che il materiale attirava a sé piccoli frammenti di stoffa e di carta, non sapendo che tale caratteristica è dovuta all’ accumulo di elettricità statica causata dall’attrito sulla superficie del materiale.
    La prima citazione sull’ambra, nella letteratura, si deve ad Omero, circa nel 1000 a.C.; nell’Odissea descrive la collana che Eurimaco regala a Penelope scrivendo: “A Eurimaco, subito dopo, [l’araldo] portò un’artistico vezzo d’oro alternato con grani d’ambra, che un sole pareva.” (Odissea, XVIII, par.295-296)
    Tra i primi a ricercare le cause che portarono alla formazione dell’ambra vi è Sofocle (497-406 a.C.) che, secondo Plinio (“Storia Naturale”, XXXVII, cap.ll par.40-41), per spiegare l’origine dell’ambra ricorre al mito di Meleagro, anche se non rimane alcuna traccia nei frammenti dell’omonima tragedia sofoclea. Meleagro, figlio di Eneo (re di Calidone) e di Altèa, fratello di Deianira moglie di Ercole, organizzò unitamente agli zii materni, la caccia al feroce cinghiale inviato per punizione sulla terra di Calidone dalla dea Diana, trascurata. Meleagro uccise l’animale e, nel corso di una lite per il possesso del vello, anche gli zii materni. Altèa, la madre, vendicò il delitto bruciando il tizzone a cui le tre Parche (o Moire, dee che filano il filo della vita di ogni uomo, spezzandolo all’ora della morte) avevano legato la vita del figlio e questi muore consumato da un fuoco interno. Pare che Sofocle ritenesse che l’ambra fosse prodotta dalle lacrime versate per Meleagro dalle sue sorelle, le quali vennero trasformate dalla dea Diana in uccelli chiamati meleagridi, nome greco delle galline faraone. Secondo la leggenda una volta all’anno, dall’India, le meleagridi arrivavano in Grecia piangendo lacrime che a contatto con il terreno si trasformavano in ambra.

    Considerata l’autorità e la serietà di Sofocle sembra strano che ritenesse fondata la spiegazione mitologica, cosa che peraltro meravigliò anche Plinio: “[...] Che egli [Sofocle - n.d.A.] abbia creduto ciò, o che abbia sperato di farlo credere ad altri, chi potrebbe non stupirsene? Quale mente infantile così ingenua si può mai trovare, da credere che degli uccelli piangano annualmente, o che le lacrime siano così grandi, o che questi uccelli dalla Grecia, dove Meleagro morì, siano andati a piangere in India? Non raccontano i poeti tante storie ugualmente favolose? Certo; ma che uno dica seriamente una cosa simile a proposito di una sostanza come questa, che si importa tutti i giorni ed è così diffusa e smaschera quindi la menzogna, è il massimo insulto per l’umanità e un’intollerabile mancanza di ritegno nel mentire. “ (Storia Naturale, XXXVII, cap.ll par.40-41).
    Erodoto nelle “Storie” accenna “[...] per le regioni estreme dell’Europa non posso dire nulla con sicurezza poiché io non credo che da Barbari sia chiamato Eridanio un fiume che sbocca nel mare Settentrionale e dal quale verrebbe l’ambra. [...] non sono mai riuscito a sentire da alcun testimonio oculare che vi sia del mare al di là dell’Europa: certo è che lo stagno e l’ambra vengono a noi dagli estremi confini dell’Europa “ (Storie, III, par. 115) Probabilmente il fiume a cui accenna Erodoto è la Vistola e non l’Eridanio.
    Durante i secoli, si accavallarono svariate teorie e alcune molto fantasiose, come quella che individuava nell'ambra l'urina pietrificata della lince. Un'altra teoria vi vedeva una forma concentrata della schiuma di mare. Nel 600 e fino al 700' si pensava che fosse una sostanza minerale o olio solidificato.

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    Nel 1546 George Bauer, più noto come Georgius Agricola, autorità indiscussa in campo minerario, nel “De natura fossilium” scrive: “[...] Come può l’ambra provenire dagli alberi, quando noi vediamo che essa è rigettata dal mare? Nessun albero cresce nel mare. “ Per spiegare l’origine dell’ambra elabora la teoria del petrolio. Riteneva infatti che il petrolio fosse nient’altro che ambra liquida. Come prova indicava le numerose bolle piene di liquido che spesso si trovano incluse nei campioni di ambra. Finalmente nel 1758 il grande naturalista francese George Luois Leclerc de Buffon pubblica “Le Epoche della Natura” in cui, con coraggio, rivoluziona il sapere scientifico riguardo
    all’origine dell’ambra. Nega le teorie preesistenti ed afferma che l’ambra è di origine organica, così come il petrolio. Infatti, similmente a Plinio e basandosi sulle stesse semplici prove, sostiene che l’ambra non può essere altro che una resina proveniente dagli alberi di conifere che costituivano le ormai scomparse foreste preistoriche.“[...] I carboni fossili, l’ambra nera, l’ambra gialla, la terra alluminosa sono stati prodotti da vegetali e soprattutto da piante resinose, che sono state seppellite in seno alla terra e che hanno subito una maggiore o minore decomposizione [...]. L’ambra gialla, che deve essere considerata una resina vegetale, racchiude spesso insetti che, attentamente osservati, rivelano di non appartenere alla regione nella quale si trovano ora. “ (Le Epoche della Natura - note all’Epoca Seconda)

    Jurate, la Dea delle Sirene viveva in un bellissimo castello fatto di ambra nelle profondità del Mar Baltico. Viveva in armonia con l’ambiente e governava in maniera rispettosa. Un giorno, un giovane pescatore di nome Kastytis giunse a turbare questa pace, gettando pericolosamente le reti in prossimità del suo regno. Quindi Jurate invió le sirene sue serve ad ammonire il giovane pescatore. Imperterrito il pescatore continuó nella sua abbondante pesca . La Dea decise, quindi, di recarsi personalmente per esaminare la questione, ma si innamoró del bello, forte e coraggioso Kastytis e lo prese senza tante cerimonie nel suo palazzo ambrato sul fondo dell’oceano.
    Quando Perkunas, il Dio del Tuono e nella mitologia lituana padre di tutti gli dei, apprese di questa liaison non conforme alle usanze di una dea con un mortale, ne divenne furioso. Scatenó, cosí, un violento temporale distruggendo in mille pezzi il castello di Ambra con un fulmine. Secondo la leggenda, si tratta ancora oggi dei pezzi del castello, che vengono a galla sulle spiagge del Mar Baltico dopo una tempest, sotto forma di ambra. Secondo altre versioni Kastytis fu ucciso da un Perkunas furioso e che Jurate piange la morte del suo amante ancora oggi. L´ambra in riva al mare non é altro che le lacrime indurite della dea.



    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 17:36
     
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  11. gheagabry
     
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    Ciò che molto vale, costa molto,
    giacché anche fra i metalli il più prezioso
    è il più pesante e quel che più tarda a fondere.
    (Baltasar Gracián y Morales)

    L'ORO

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    L'oro è un elemento chimico, il cui numero atomico è 79. Il suo simbolo è Au (dal latino "aurum"). È un metallo di transizione tenero, pesante, duttile, malleabile di colore giallo, che può assumere anche una colorazione diversa a seconda delle sue leghe: rossa, violetta e nera quando è finemente suddiviso o in soluzione colloidale, mentre appare verde se ridotto a una lamina finissima. L'oro non viene intaccato né dall'aria né dalla maggior parte dei reagenti chimici. E’ inattaccabile dalla maggior parte dei composti chimici, reagisce in pratica solo con l'acqua regia e con lo ione cianuro in presenza di ossigeno o perossido di idrogeno. Con il mercurio forma un amalgama, ma non forma un composto chimico. Da sempre la sua elevata inerzia chimica ne ha fatto un materiale ideale per il conio di monete e per la produzione di ornamenti e gioielli.Si trova allo stato nativo sotto forma di pepite, grani e pagliuzze nelle rocce e nei depositi alluvionali, spesso accompagnato da una frazione di argento (compresa tra l'8% e il 10%), sotto forma di electron (oro e argento naturale). Al crescere del tenore di argento, il colore del metallo diviene più bianco e la sua densità diminuisce. È un eccellente conduttore di elettricità, il migliore tra i metalli dopo l'argento e il rame ma, a differenza di questi ultimi, è poco suscettibile ai fenomeni di ossidazione, perciò viene utilizzato per contatti o conduttori di dimensioni microscopiche (in ragione della sua malleabilità).L'oro si lega con molti altri metalli: le leghe col rame sono rossastre, con il ferro verdi, con l'alluminio violacee, col platino bianche, col bismuto e l'argento nerastre.

    ...storia, miti e leggende...

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    L'oro è noto e molto apprezzato dagli umani fin dalla preistoria. Molto probabilmente è stato il primo metallo usato dalla specie umana ancora prima del rame, per la manifattura di ornamenti, gioielli e rituali. L uomo iniziò a estrarre l’oro circa 6000 anni fa, nelle regioni in cui sorsero le prime civiltà, nell’ Africa settentrionale, in Mesopotamia, nella valle dell Indo e nel Mediterraneo orientale. Le proprietà fisiche, la lucentezza, la facilità di lavorazione, la virtuale indistruttibilità, hanno conferito all’oro un ruolo speciale nella storia dell’umanità. I più antichi oggetti d’oro conosciuti sono egiziani risalenti circa al 5.000 a.C. L'oro è citato nei testi egizi (geroglifico nwb/nbw) a partire dal faraone Den, I dinastia egizia, intorno al 3000 a.C. In epoca più tarda (XIV secolo a.C.) nel cuneiforme accadico tipico delle lettere di Tell el-Amarna, il re assiro Ashur-uballit I e il re Tushratta di Mitanni sostenevano che in Egitto l'oro fosse "comune come la polvere". L'Egitto e la Nubia avevano risorse tali da collocarli tra i produttori d'oro più importanti delle civiltà della storia antica. Nel culto degli Egizi il corpo di Ra, il dio del sole, era formato d’oro fuso, ovvero ciò che sulla terra rappresenta più da vicino il disco del sole infuocato nel cielo. Si calcola che negli anni che vanno dal 4000 a.C. al 500 d.C. in Egitto, Etiopia e Nubia (significa oro nell’antico idioma egizio) furono estratte circa 3.500 tonnellate d’oro. L'oro, specialmente nel periodo di formazione dello stato egizio, ebbe sia un ruolo politico sia economico: fu uno degli elementi all'origine della divinizzazione del faraone e della nascita delle città. Le civiltà che raggiunsero un alta maestria nella lavorazione, furono quella etrusca e quella romana.

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    L'oro viene spesso citato nell'Antico Testamento. Nella Bibbia, l’Eden è un giardino bagnato da un fiume che si divide in quattro rami: “Il primo...bagna il paese di Avila, dove c’è l’oro; l’oro di questo paese è puro.”
    Sulla montagna Yahwé dona all’oro un ruolo importante. Quando ordina a Mosé di costruire l’Arca, gli dice: “Tu la ricoprirai d’oro puro, e decorerai il suo bordo con una modanatura d’oro. Fonderai per l’arca quattro anelli d’oro…farai anche dei listelli di legno d’acacia, che rivestirai d’oro…creerai anche una tavola propiziatoria d’oro puro, di due cubiti e mezzo di lunghezza e di un cubito e mezzo di larghezza. Modellerai col martello due angeli d’oro alle estremità della tavola…” Viene spontaneo chiedersi dove gli Ebrei avrebbero trovato tanto metallo. Ma Yahwé lo suggerisce a Mosé: “Dici ai figli d’Israele di donare per me un contributo…in oro…Tutti coloro dai venti anni in su dovranno versare il contributo per Yahwé…”. In seguito gli Ebrei adoreranno il vitello d’oro.
    Davide porta a Gerusalemme le rotelle d’oro che ha conquistato al re di Coba, e consacra a Yahwé l’oro di tutte le nazioni che ha soggiogato. Salomone riveste d’oro fino l’interno e l’esterno del Tempio.
    Nel Cantico dei Cantici il nome del metallo diviene quasi un motivo musicale. “Amico mio, noi ti doneremo collane d’oro…il mio amato si distingue fra mille: il suo capo è d’oro puro…le sue gambe sono colonne di marmo su basi d’oro…”.
    Secondo il Vangelo secondo Matteo, l'oro fu uno dei doni portati dai Magi al Bambino Gesù. Per i cristiani l'oro simboleggia la regalità di Gesù. Nel Buddhismo è uno dei sette tesori e viene equiparato alla fede o alla retta convinzione.
    La parte sudorientale del Mar Nero è famosa per le miniere d'oro, sfruttate fin dai tempi di Mida. Le prime monete d'oro vennero coniate dal re Creso, sovrano della Lidia, nell'Asia Minore occidentale, dal 560 a.C. al 546 a.C.; in particolare l'oro della Lidia proveniva dalle miniere e dalla sabbia del fiume Pattolo (Pactolus).

    Nel Medioevo, lo scopo principale degli alchimisti era di produrre l'oro da altre sostanze, come il ferro o il piombo. Il simbolo alchemico dell'oro era un cerchio con un punto nel centro, che è anche il simbolo astrologico, il simbolo geroglifico e il pittogramma cinese del sole (日). In particolare con il termine sole obrizzo gli alchemici indicavano l'oro puro ridotto in polvere.

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    Nell'Antico Egitto o nella Roma imperiale, l'oro veniva estratto con mezzi non molto diversi tra loro: picconi di pietra o di bronzo, e sempre da schiavi di stato, in quanto le miniere o i giacimenti alluvionali erano generalmente monopolio statale. In alcuni casi, come in Sudan, l'oro poteva essere estratto da cercatori liberi, che dovevano allo Stato Egizio una certa quota delle quantità ricavate. Anche lo Stato romano affittò a privati appezzamenti sul fiume Po, dove si trovava oro alluvionale, ma le quantità erano talmente scarse che nessun imprenditore riuscì mai ad arricchirsi. Il "vero" oro, lo Stato romano lo estraeva nelle miniere spagnole. Quando i Romani trovarono oro nella Transpadana, il governo disattivò le miniere in virtù di un antico decreto del senato inteso a risparmiare tutte le miniere d'Italia, sfruttando quelle straniere. Al tempo di Polibio (II sec. a.C.) presso Aquileia, l'oro era così abbondante che folle di gens libera provenivano da tutta Italia, ma furono cacciate dalle popolazioni locali (i taurisci). Questo permise a Roma d'intervenire, anche perché in due mesi il metallo perse un buon terzo del suo valore in tutta la penisola italiana.
    Generalmente l'oro veniva estratto in tre modi: col lavaggio della sabbia; scavando dei pozzi; con la frantumazione di costoni montuosi. La condizione dei minatori era spaventosa: gli schiavi dovevano lavorare nelle miniere fino a morirne. Qui infatti venivano mandati i ribelli, i detenuti, i condannati ai lavori forzati, i cristiani o le eccedenze di manodopera rispetto ai lavori agricoli, artigianali, domestici. Plinio il Vecchio racconta che chi lavorava nelle miniere spagnole non vedeva la luce del sole per mesi interi.
    La coniazione della famosa moneta chiamata "aureo" inizia solo con Cesare, nel 49 a.C.: prima di allor,a lo si usava esclusivamente come ornamento, sia femminile che maschile. Con l'oro i romani tramavano anche tessuti e tappeti, decoravano mobili, pareti interne, soffitti, vasellame. Sotto Tiberio il vasellame d'oro massiccio da tavola venne vietato a tutti tranne che all'imperatore, ma con Aureliano (III sec. d.C.) se ne restituì quest'uso sfarzoso ai ricchi.


    Vi furono un gran numero di miti dell’oro divulgatosi nel corso della storia.

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    Il Vello d'oro. Il Mar Nero è racchiuso tra l’Europa sud-orientale e l’Asia. Il collegamento con l’Egeo ed il Mediterraneo avviene a sud-ovest attraverso il Bosforo, il Mar di Marmara (l’antica Propontide) e lo stretto dei Dardanelli (l’Ellesponto) che segna il confine naturale fra Europa ed Asia. A quel tempo il Mar Nero 5 era chiamato PòntosAxèinos, “mare inospitale” a causa della sua difficile navigabilità; furono i colonizzatori greci intorno al VII secolo a.C. a cambiarne il nome in Pòntos Euxèinos, quindi “ospitale”, forse quando si resero conto che le temibili Simplegadi – le leggendarie rocce vaganti che schiacciavano le navi avventuratesi nel Bosforo – erano semplicemente due scogli affioranti da evitare accuratamente. Giasone era figlio del re di Iolcos (oggi Volos nel golfo di Pegase in Tessaglia). Poiché il trono paterno era stato usurpato dallo zio Pelia, il giovane ne chiese la restituzione. Questa gli fu accordata a condizione che si impossessasse del vello di un ariete sacro che si trovava nella Colchide (l’attuale Georgia nel Caucaso) sull’estrema costa orientale del Mar Nero. Arrivato finalmente nella Colchide dopo mille peripezie, Giasone supera anche le prove finali con l’aiuto delle arti magiche di Medea, la figlia del re di quelle terre lontane.
    Allora come oggi in Georgia 18 l’oro si trova nello Svaneti – la desolata regione le cui montagne ne fanno l’area abitata più alta d’Europa – dove viene raccolto stendendo delle pelli di pecora lungo le acque più basse del fiume Inguri, come per secoli prima avevano fatto gli invasori tatari, iraniani, turchi e russi.

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    L'Eldorado. secondo antichissime leggende tribali, in questo Eden situato al di là del mondo conosciuto, gli esseri umani vivevano in pace godendosi la vita senza necessità materiali, in una sorta di età dell’oro molto prima che gli avidi conquistadores spagnoli lo facessero diventare l’Eldorado, la città mai scoperta, simbolo di abbondanza e ricchezza. La verità è che un’antica tradizione locale aveva tramandato il ricordo di un enorme meteorite che, precipitando dal cielo, aveva aperto un gran cratere nel terreno dove le acque si erano andate raccogliendo, formando così un lago. Quando il meteorite era caduto facendo tremare il suolo nell’impatto, gli indigeni credettero che un dio fosse sceso dall’alto e avesse stabilito la propria dimora sul fondo del lago. Forse era per emulare quella discesa infuocata che ogni nuovo capotribù si ricopriva il corpo di una sostanza vischiosa, si cospargeva di polvere d’oro e poi faceva le abluzioni rituali nelle acque sacre in maniera da acquisire una parte del potere divino, mentre tutti i partecipanti alla cerimonia lanciavano nel lago grandi quantità di monili e preziosi di ogni tipo. I Muisca erano abilissimi artigiani della lavorazione dell’oro. Essi cucivano nei loro poncho – i tipici mantelli andini senza maniche indossati dalla testa ed ottenuti intessendo il soffice vello dei lama – più di diecimila pezzi d’oro. Durante le cerimonie i sacerdoti vestivano tuniche fatte con strisce di lamina intrecciate come un tessuto.

    Il Toson d’Oro. Verso la metà del XV secolo Il mito del vello d’oro si trasferisce in centro Europa e continua ad infiammare la fantasia dell’umanità anche se perde la sua connotazione con il metallo e gli dei dell’Olimpo per trasformarsi in autorità suprema amministrata dagli uomini più potenti nella storia. Tutto cominciò con un matrimonio principesco celebrato a Bruges nel 1430, all’epoca del suo massimo splendore. Il duca di Borgogna Filippo III il Buono (1396-1467), il 7 gennaio 1430 si unì in matrimonio con l’Infanta Isabella del Portogallo. 29 A novembre di quello stesso anno, il duca, per celebrare sia il fausto matrimonio sia la lieta circostanza che la sposa – ormai più che trentenne – di lì a poco avrebbe dato alla luce l’agognato successore. istituì l’Ordine cavalleresco del Toson d’Oro. 30 I cavalieri insigniti avevano parecchie incombenze, tutte nell’ambito della diffusione e difesa della fede cattolica, impegnandosi solennemente ad essere paladini della chiesa di Roma. Il Toson d’Oro presto divenne il più alto Ordine cavalleresco cui un ristretto numero di principi e regnanti potesse aspirare.


    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 18:16
     
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  12. gheagabry
     
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    “Ha un nome bellissimo. Senza suffissi in “ite”, e con quella “i” finale che lo fa sembrare sempre al plurale, già dal nome disorienta un poco. E quelle pagliuzze dorate, che sembrano stelle di un planetario, ma di un planetario che possiamo tenere in mano, su quel colore blu così intenso, sembrano ammiccare; sembrano volerci raccontare qualche storia.”


    IL LAPISLAZZULO

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    Il Lapislazzulo detto, meno comunemente, Lapislazzuli o Lapis Lazuli, è una pietra tra le più preziose e antiche della storia. E' un minerale del gruppo della Sodalite, meno noto con il nome di “lazurite“. E' un silicato complesso formato da alluminio e da sodio. La formula chimica base, è: 3NaAlSiO4.NaS3. La durezza varia fra 5 e 5.5; il peso specifico teorico è circa 2.40; dato che però non lo si trova mai “puro”, ma sempre frammisto ad altri minerali, il suo peso specifico può variare fra 2.38 e 2.95. Indice di rifrazione: 1,500 (monorifrangente). La cristallizzazione è nel sistema monometrico; però si parla di microcristallizzazione. Cristalli visibili di lapislazzuli sono più unici che rari.
    E’ fra le gemme più antiche; gli egizi, i caldei, gli assiro-babilonesi dei primordi della storia la andavano a cercare dove tuttora la si va a cercare; nelle impervie montagne dell’Hindukusch, nella zona del Badakschan. Le miniere conosciute si trovano in Afghanistan, Cina e Cile. Il suo valore è elevato. Il lapislazzulo non è un minerale singolo, bensì un insieme di minerali intimamente mescolati fra di loro. Negli esemplari migliori i minerali blù (l’azzurrite, sodalite, hauynite) predominano conferendo alla pietra un aspetto quasi omogeneo; le pagliuzze di pirite che brillano al suo interno, sembrano minuscole schegge d’oro. Generalmente le pietre preziose derivano da cristalli trasparenti; il lapislazzuli appartiene invece alla categoria dei minerali massivi, delle rocce, dei marmi, dei conglomerati.

    Il nome deriva dal latino e compone le parole lapis (piestra) e lazuli, genitivo del latino medioevale lazalum, derivato dall’ arabo (al-)lazward che a sua volta deriva dal persiano lāzhward (لاژورد) e che significa “azzurro” e risale al V millennio a.C.

    Da sempre è stato apprezzato per il suo bel colore, e ha accompagnato la ricchezza, il potere, il magico e la sacralità, come succede per tutte le pietre preziose. Il fatto di non essere trasparente e di avere dei noduli e delle zonature di bel colore frammiste a zone di colore insignificante, lo rende particolarmente indicato per piccole sculture, monili istoriati, bottigliette talmente arzigogolate che proprio non sembrano delle bottiglie. La cultura del lapislazzuli è parallela a quella della giada, molto legata alla storia del suo territorio, e ricca di significati per noi difficili da partecipare. E’ utilizzato nella fabbricazione di gioielleria, nell’ intaglio e nella scultura, il suo colore e la sua storia rendono a creare nel’ immaginario collettivo una pietra preziosa legata alla poetica. Il colore “giusto” è un blu molto intenso, che sembri quasi bagnato, con una tendenza al viola scuro. Le pagliuzze di pirite è bene che ci siano, ma non debbono essere troppo abbondanti; le zonature bianche lo deprezzano.

    “…somigliante al cielo sereno costellato di stelle”
    (Plinio)

    ..storia, miti e leggende..

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    La storia del Lapislazzulo risale al V millennio a.C. Egizi e cinesi per procurare il prezioso minerale organizzavano lunghe carovane e raggiungevano le ricche miniere dell’Afghanistan che ancora oggi, dopo più di seimila anni di sfruttamento, forniscono il materiale del mondo.Veniva usato dagli Egizi per adornare le sepolture e dalle culture orientali a cui vi attribuivano grandi poteri metafisici. Era considerato un pezzo di cielo donato dagli dei agli uomini e per molto tempo è stato, per questa caratteristica, usato da Re e Regine che ne facevano talismani per attestare la loro superiorità, allontanare la malasorte e curare le ulcere. Secondo i Sumeri, il lapislazzuli conteneva la vera anima delle divinità, non a caso era associata alla Dea del cielo, Inanna. Credevano anche che fossero suoi i poteri di scacciare la paura ed i peccati dall'animo umano. In Egitto si riteneva che il suo blu profondo che la sua luce cosparsa di punti dorati mettesse in connessione con il divino. La polvere di Lapislazzuli veniva impiegata per tingere le stoffe destinate al Faraone.Gli antichi Romani credevano che avesse proprietà afrodisiache, mentre nel Medioevo si pensava che allontanasse la paura e l’invidia.
    La citazione di Plinio non sembra dettata da un fantasioso slancio poetico se si osserva lo stupendo masso di lapislazzulo, rappresentante il globo terrestre, che adorna la cappella di S. Ignazio di Lojola nella famosa chiesa del Gesù a Roma.
    Si tratta di un cristallo blu intenso composto da diversi minerali quali lazurite, pirite (le pagliuzze dorate) e calcite (le ombrature grigiastre).In Mesopotamia e nell’America precolombiana i lapislazzuli erano il simbolo della notte stellata. Il colore blu di questa pietra favoriva l’idea di sacralità, presso molti popoli antichi. In Oriente era ed è considerata un potente talismano contro il malocchio: spesso è possibile vederla al collo di molti bambini e far parte dei paramenti ornamentali di elefanti e cavalli.

    lapislazzulo


    Esiste la credenza che le Tavole bibliche della legge fossero incise su questa pietra e non sullo zaffiro. Era la pietra amata e ritenuta sacra da Iside e poi da Venere; i primi Cristiani la dedicarono alla Madonna. Era usanza credere che potesse proteggere dai colpi apoplettici, curare l’anemia e donare forza vitale. Il lapis era considerato la pietra dell’amicizia e si riteneva che i suoi influssi potessero garantire la fedeltà.
    Nel Buddhismo viene considerato uno dei sette tesori e equiparato alla coscienza di sé.
    Un utilizzo importante del Lapislazzulo si ebbe dal Medioevo, quando i pittori lo usarono per le loro opere. La ricchezza del materiale aveva anche un significato devozionale: nell'arte sacra ritrarre la divinità con materiali preziosi era una sorta di offerta che si faceva nei loro confronti. La polvere veniva usata per fare il colore blu oltremare. I pigmenti azzurri sono sempre stai rari e costosi. Il cui costo era paragonabile a quello dell’oro, esso veniva impiegato a tempera, ovvero in emulsione con rosso d’uovo, acqua e aceto e nella tecnica dell’affresco. Stabilissimo in ambiente alcalino, è però instabile in ambiente acido nel quale perde il colore e diventa bianco-grigio. Fu Impiegato da Giotto e Michelangelo negli affreschi della cappella Sistina a Roma e della Basilica di S. Francesco ad Assisi. Michelangelo ne usò abbondantemente sia per affrescare la Cappella Sistina ,in particolare nel Giudizio universale, che nella Cappella Paolina. In gioielleria, famosi sono le coppe e i vasi in lapislazzuli che appartennero ai Medici, famiglia regnante a Firenze nel XIV - XVIII secolo.

    I musei di tutto il mondo hanno sigilli, specialmente cilindrici, in lapislazzuli. Inoltre la polvere di lapislazzuli mantiene il bel colore blu, contrariamente alla generalità delle altre pietre che, in polvere, sono per lo più grigiastre. Per secoli i pittori hanno utilizzato la sua polvere per dipingere i cieli. I sigilli sono molto di più di un semplice ritratto; i sigilli sono un ritratto dell’anima; per questa ragione i potenti in declino dell’antica Roma, prima di suicidarsi, spezzavano i sigilli dei loro anelli. E in pittura il colore blu non serve per raffigurare volti, tranne quelli di certe divinità indiane, che scendono fra di noi solo per interferire e dirigere grandi avvenimenti storici. Si direbbe che questa pietra sia legata alla storia e alle emozioni dei popoli.


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    Edited by gheagabry1 - 5/2/2022, 19:20
     
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  13. gheagabry
     
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    È molto meglio possedere la sapienza che l'oro,
    il possesso dell'intelligenza è preferibile all'argento.
    (Re Salomone)


    L'ARGENTO


    Scheda scientifica AG
    CLASSE MINERALOGICA: elemento nativo
    GRUPPO: monometrico
    SISTEMA: cubico (gruppo spaziale: Fm3m)
    ABITO: i cristalli singoli sono molto rari ma quando si presentano hanno abito cubico, ottaedrico o dodecaedrico;
    spesso l'argento si presenta in masse, fili intrecciati, incrostazioni, lamelle, rivestimenti e pepite
    DUREZZA: 2,5-3
    PESO SPECIFICO: 9,6-12
    INDICE DI RIFRAZIONE: n=0,18 (monorifrangente) COLORE: bianco argentato,
    tendente a diventare dal giallastro al nero in superficie
    LUCENTEZZA: metallica
    TRASPARENZA: opaco
    SFALDATURA: assente
    STRISCIO: polvere bianco argento
    FRATTURA: frastagliata
    PLEOCROISMO: assente
    GIACIMENTI: Usa (Michigan e Arizona), Canada, Cile, Perù, Messico, Norvegia (giacimenti europei più famosi),
    Russia e Germania. L'argento è presente in Italia, in quantità interessanti



    L'argento è un metallo molto duttile e malleabile, appena più duro dell'oro, con una lucentezza metallica bianca che viene accentuata dalla lucidatura. Ha la maggiore conducibilità elettrica tra tutti i metalli, superiore persino a quella del rame che però ha maggiore diffusione per via del minore costo. Raramente si presenta in cristalli cubici, ottaedrici o rombododecaedrici generalmente piccoli e deformati. L'aspetto più comune è quello di lamine, nastri e filamenti tipicamente arricciati. Può anche presentarsi in masse di dimensioni variabili. E' facilmente lavorabile in fili sottili; si annerisce all'aria poiché si ricopre di uno strato di solfuro d'argento; l'argento nativo è piuttosto raro, per l'industria si utilizza essenzialmente quindi l'argento estratto da solfuri quali prousite, argentite, galena, etc. L'argento viene impiegato in leghe con altri metalli, per il conio di monete, in medicina, nell'industria fotografica ed ovviamente in gioielleria
    Il termine deriva dal latino argentum e dal greco αργύριον, legati ad αργός "splendente, candido, bianco". L'etimologia proviene dalla lingua anglosassone siolfor, il cui significato, purtroppo, si è perso nel tempo.

    ...storia...



    L'argento è noto fin dall'antichità. È menzionato già in testi cuneiformi del III millennio, nel libro della Genesi, e l'analisi di resti nei siti archeologici dell'Asia minore, delle isole dell'Egeo e del Vicino Oriente, indica che l'argento già nel IV millennio a.C. veniva separato dal piombo, e che erano note le tecniche di cesello, sbalzo e agemina rimaste sino all'età moderna. Per millenni l'argento è stato usato come ornamento e come materiale per utensili, fin dai tempi dei greci e dei romani, le corti reali usavano banchettare con posate d’argento e in recipienti dello stesso metallo, si diceva che il termine “sangue blu” derivasse dalle minute tracce del metallo che assimilavano regolarmente. Nel periodo degli Incas nell'antico Perù, veniva usato come merce di scambio e come base per molti sistemi monetari. È stato a lungo considerato il secondo metallo più prezioso, dopo l'oro. Nel Buddhismo è il secondo dei sette tesori e simboleggia la virtù.
    Per marchiature degli oggetti, in ogni paese esiste una disciplina legale sui marchi che devono essere riportati sugli oggetti d'argento a garanzia degli acquirenti. Ad esempio in Inghilterra, già dal 1544 il simbolo dell'argento non è un numero come 800 o 925, ma una figura di leone passante verso sinistra. In Italia vigevano diversi simboli e sistemi a seconda dei periodi e delle dominazioni e solo a seguito dell'unità d'Italia furono soppressi i vari punzoni degli stati preunitari.

    Insieme all'oro, fu coniato per la prima volta in Lidia intorno al 600 a.C.; seguirono le città greche dell'Asia minore e, dalla metà del VI secolo, Atene che ebbe il primato nella coniazione di monete d'argento grazie al controllo delle miniere del Laurio, in Attica. A Roma la monetazione argentea cominciò intorno al 270 a.C., alimentata dai ragguardevoli bacini argentieri delle terre di Sardegna e più ancora di Spagna, conquistate nel III e II secolo a.C. Il progressivo svilimento delle monete d'argento nel III secolo d.C., il disfacimento dell'autorità statale nel V secolo e la drastica semplificazione della vita economica nel VI e VII secolo condussero da un lato all'abbandono della monetazione argentea e dall'altro alla smonetizzazione dell'argento, impiegato per la fabbricazione di arredi sacri o di oggetti d'arte per le case dei ricchi. Il ritorno alla coniazione del metallo bianco si ebbe nella seconda metà dell'VIII secolo (denaro carolingio) in coincidenza con l'attivazione delle miniere della Sassonia, ma anche con la rimessa in circolazione di tesori d'argento frutto in parte di razzie e di taglieggiamenti imposti dai vichinghi su Chiese e monasteri. Nell'XI e XII secolo le miniere di altre regioni, quali Tirolo, Carinzia e Boemia, fornirono alle città italiane la materia prima per la coniazione del grosso. Nel XV secolo il crescente inserimento della Germania e dell'Europa centrale nel mercato controllato dalle città italiane, soprattutto da Venezia, fece sì che al flusso delle merci di lusso provenienti dal Mediterraneo corrispondesse, nelle regioni minerarie, un forte stimolo ad accrescere la produzione e a dar luogo a un controflusso di argento. Una svolta cruciale nella storia dell'argento si ebbe con la conquista spagnola degli imperi americani, dove dal saccheggio degli oggetti in metalli preziosi accumulati nei secoli dagli indios si passò (1546-1560) allo sfruttamento delle miniere del Messico settentrionale e del Potosí.
    Gli arrivi d'argento in Spagna triplicarono fra il 1531-1540 e il 1551-1560 e triplicarono ancora nel corso del decennio successivo. Nel XVI secolo una nuova tecnica sostituì il metodo tradizionale di produzione, basato sulla diversità dei punti di fusione delle varie componenti del minerale estratto, che richiedeva fusioni successive e grandi quantità di combustibile. Il grande sviluppo cominciato dopo il 1560 (circa 95 t d'argento l'anno) dipese infatti dall'adozione della tecnica dell'amalgama al mercurio (già in uso in Germania): immesso nel minerale grezzo frantumato, il mercurio dava luogo a un amalgama con l'argento facilmente separabile e riconducibile poi ad argento puro eliminando il mercurio per volatilizzazione. La produzione poté così continuare a crescere fino alle 270 t annue di fine secolo, contribuendo alla rivoluzione dei prezzi in tutta Europa. Il crescente contrabbando, col quale si evitava di pagare al re di Spagna un quinto del metallo prezioso importato, fece sì che le cifre delle importazioni ufficialmente registrate a Siviglia fossero sempre più lontane da quelle reali. La disponibilità di argento in Europa comunque diminuì dopo il 1620-1630, sia perché una parte del metallo estratto restava in America sia perché, attraverso la rotta del Capo controllata prima dai portoghesi e poi dagli olandesi, aumentava l'argento diretto ad acquistare merci di lusso in Asia, dove, soprattutto in Cina, aveva un potere d'acquisto più alto che in Europa. Mentre la produzione del Potosí declinò rapidamente nel XVII secolo, quella del Messico (che è ancora oggi il maggior produttore del mondo, seguito da Stati Uniti e Perù) riprese a crescere dalla seconda metà del Settecento. Dal XIX secolo si affermarono gli impieghi dell'argento nell'industria elettrica e chimica, e la moneta cartacea, che inizialmente affiancò la moneta metallica, ben presto la soppiantò.(S. Guarracino, www.pbmstoria.it) Dal 1900, il valore dell'argento subì un brusco calo quando la scoperta di giacimenti in America Latina (tranne il Perù che aveva già una cultura avanzata dei metalli preziosi) come le miniere di Zacatecas e Potosí, portò ad un'inflazione del metallo. L'argento dà il nome ad una nazione, l'Argentina, ed al suo principale fiume, il Río de la Plata – dal suo nome spagnolo, plata. Nel corso del XIX secolo l'argento iniziò ad essere demonetizzato mentre l'oro seguirà il medesimo destino nel secolo successivo. Mentre l'oro resta però in parte nei forzieri delle banche centrali l'argento fu man mano completamente liquidato. Questa immensa quantità d'argento "liberata" dalle funzioni monetarie ha causato fino a tempi recentissimi una grande disponibilità di metallo, nonostante la produzione mineraria fosse di gran lunga inferiore ai consumi. La quantità di argento disponibile sulla crosta terrestre è di circa 547 milioni di once troy all'anno, contro 82 milioni di once troy dell'oro e 5 milioni di once troy del platino. Per questi motivi e anche per i costi di estrazione enormemente superiori per l'oro, l'argento ha e avrà sempre un valore nettamente inferiore rispetto ad altri metalli preziosi.

    ..miti e leggende..



    In molte teologie e cosmogonie, l'argento è associato alla Luna e a divinità lunari e femminili. Benché chimica-
    mente i due elementi non siano correlati, nell' antichità il mercurio veniva considerato come una specie particolare di argento – da cui il nome tradizionale di argento vivo ed il suo nome latino hydrargyrium (argento liquido). In araldica il colore argento ricorre in molti stemmi e blasoni; a volte viene rappresentato con il colore bianco.
    L’argento, secondo Agrippa sarebbe sacro anche a Giove, Mercurio e Venere; nel suo libro “Filosofia Occulta”, narra di come gli Assiri praticassero una particolare forma di divinazione detta lecanomanzia, in cui si faceva uso d’un recipiente colmo d’acqua e si adoperavano lamine d’oro o d’argento tempestate di pietre preziose, sulle quali s’incidevano dati nomi e caratteri. Incidendo particolari tavole numeriche su un disco d’argento e le immagini delle divinità, si potevano ottenere una gran quantità di benefici: dall’intelligenza, all’amore e alla ricchezza.
    Nella Bibbia l’argento può essere associato a due qualità opposte: nel Vangelo di Luca, vi è la parabola della moneta d’argento a rappresentare la redenzione, mentre simboleggia il tradimento quando Cristo viene venduto da Giuda per 30 pezzi d’argento. Questo metallo è associato al segno del Cancro, dove la Luna pone il suo domicilio.

    Allorché il mondo passò sotto il dominio di Zeús, subentrò l'età dell'argento: più scadente di quella aurea, ma di pregio assai maggiore del fulvo bronzo. Nell'età argentea, gli uomini costruirono per la prima volta ripari e abitazioni, per proteggersi dai rigori del clima. La terra venne coltivata, i buoi vennero costretti agli aratri. La stirpe argentea non somigliava per nulla a quella aurea, né nell'aspetto né nella mente. Gli uomini di questa età rimanevano fanciulli per cento anni, giocando in casa, accanto alle madri venerande. Ma quando giungevano alle soglie della giovinezza e diventavano uomini, la loro vita si svolgeva per un tempo brevissimo, l'animo angosciato dalla gelosia e dalla follia. Deboli e litigiosi, trascuravano di onorare gli dèi immortali e di tributare loro sacrifici. Zeús, sdegnato, li scagliò tutti sottoterra.
    Trasformati in daímones argyroí, essi divennero i beati degli inferi. Seppure di ordine inferiore, anche ad essi spetta di essere onorati dagli uomini.


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  14. gheagabry
     
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    “La Corniola è un talismano, ti fa star felice e sano.
    Ti protegge dai malanni. La tua casa non ha danni”
    (Goethe)

    LA CORNIOLA


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    La corniola è un calcedonio che si forma nelle rocce vulcaniche a partire da magmi acidi contenenti ferro e appartiene alla famiglia dei Quarzi criptocristallini. E’ una pietra semipreziosa. E' la più popolare delle agate. Pietra semitrasparente, da traslucida a opaca, con riflessi vitrei di colore rosso-arancio, marrone scuro, salmone, ocra o ruggine.
    La sua colorazione più pregiata è quella di un rosso-arancio, dovuto alla presenza di ossidi di ferro, mentre le tonalità più chiare sono da attribuirsi all'idrossido di ferro. Curiosamente la corniola si distingue in corniola maschio, dal colore rosso cupo e Corniola femmina dal colore più pallido, con tutte le sfumature dell’arancio-marrone dorato. La durezza è 7 della scala di Mohs, come per tutti i quarzi, che la rende molto adatta ai lavori di incisione.I giacimenti più noti, attualmente sono situati nello stato brasiliano di Rio Grande do Sul e in Uruguay.
    Il nome Corniola deriva dal latino “carneus”, che significa “fatto di carne” e che richiama il suo colore.

    ...storia, miti e leggende...


    La corniola conobbe un favore unanime presso tutti i popoli antichi: è stata ritrovata sotto forma di ovoidi perforati perfino in Siberia dove venivano lavorati anche calcedonio e diaspro per ottenere lame di grande finezza.
    Conosciuta presso gli antichi Egizi, venne anche ricercata e sfruttata dai Romani, ma anche in Medio Oriente ed in Asia.I re mesopotamici usavano adornarsi di gioielli di Corniole. In Egitto, era identificata come la pietra della forma pura e del disegno perfetto, ed era quindi indossata dagli architetti come simbolo della loro professione. I Greci la consideravano un talismano contro i reumatismi e le nevralgie. Gli antichi guerrieri la portavano al collo perchè infondesse loro coraggio e forza fisica per vincere i nemici. I giacimenti più noti, anticamente sfruttati già dai Romani, erano quelli situati in Arabia, India e Persia. I Romani usavano la corniola per fare i timbri per imprimere il sigillo di cera nella corrispondenza o altri documenti importanti, difatti la cera calda non si attacca alla corniola.
    Nella cultura storica dell'Egitto, questo minerale era il simbolo per eccellenza della vita, veniva utilizzata durante le pratiche religiose legate alla morte, il defunto di fatti veniva sempre accompagnato da queste gemme durante il suo viaggio verso l'aldilà. Numerosi i celebri personaggi egizi vennero adornati con preziosi gioielli realizzati con la corniola, uno tra questi è il faraone Tutankhamon. La corniola è stata tradizionalmente associata a Iside. Vennero realizzati integralmente con questa pietra due degli animali sacri al popolo egizio, il falco Horus e l'ariete Amon.
    Nell'antica Roma era la pietra consacrata a Venere.
    Nella Bibbia la Corniola viene menzionata come pietra decorativa sul pettorale di Aronne (Esodo 28:15-30) e come una delle dodici pietre preziose che ornano le fondamenta della città di Gerusalemme (Apocalisse 21:19).Nella tradizione Ebraica è la gemma della Tribù di Ruben. Certe correnti mistico-magiche Cristiane associano la Corniola al discepolo Filippo.
    Nella religione buddista, la corniola rappresenta la saggezza e quindi uno dei sette tesori, ossia i valori spirituali fondamentali nella vita dell'individuo, ognuno simboleggiato da una pietra preziosa differente.
    Nell'Islam si ritiene che all'inizio della creazione, corniola rossa era la prima pietra a testimoniare per l'Unità di Allah. Gemma venerata dai musulmani, la Corniola è nota come la “Pietra della Mecca”, per via dell'anello con sigillo di Corniola indossato da Maometto.
    Gli alchimisti del Medio Evo la usavano come pietra rovente per sprigionare l' energia delle altre agate; veniva considerata una forma energetica metafisica necessaria al raggiungimento della materia. Era anche considerata l’antidoto più potente contro le stregonerie, le fatture e ogni sorta di malocchio.

    E' la gemma della Terra, un simbolo della bellezza e del vigore del nostro pianeta. E' cresciuta e si è sviluppata di pari passo col genere umano nel corso di migliaia di anni. La Corniola infonde vitalità, ottimismo e allegria, nonché stabilità, concretezza e razionalità.


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  15. gheagabry
     
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    "L'Agata Dendritica affascina per i disegni che lo pervadono,
    che come licheni arcaici e linee arborescenti, a
    ttraversano la sua natura quasi trasparente,
    stimolando i sogni e la fantasia."


    L'AGATA DENDRITICA



    L’Agata Dendritica, detta anche pietra di Mocha, è un Calcedonio bianco traslucido o trasparente con Dendrite.
    Ogni pietra è unica e irripetibile e il valore è dato dalla perfezione e completezza della dendrite, nonché dalla dimensione che variano da 10 mm. fino a 60 mm; pezzi più grandi e perfetti sono considerati rari. Vi sono quelle bicolore o tricolore: una base nera, che diventa rossa e gialla sulle punte come fossero alberi fioriti.
    L'Agata Dendritica è nota per essere considerata la “Pietra dell'Abbondanza”. I cabochon di agata dendritica sono molto utilizzati nella gioielleria indiana e le viene attribuito un forte potere sui chakra. Sono conosciute con il nome di Shazar dall’arabo sazar che significa albero. Si dice che fu proprio un arabo che per primo scoprì queste pietre. Lo strano che ancora oggi, mentre la maggior parte dei minatori è indù, la maggior parte degli artigiani lapidari è musulmana. In urdu vengono dette haqiq e in indiano sphatic, ma è ancora la parola araba ad essere maggiormente usata.
    I giacimenti di agate si trovano nei pressi di Banda nel sud dell’Uttar Pradesh, una cittadina di circa 130.000 abitanti che si adagia sulle rive del fiume Ken, un affluente meridionale del fiume Yamuna. Ce ne sono di due tipi di giacimenti, nel greto del fiume Ken e nelle colline circostanti Il giacimento collinare presenta uno strato, ad alcuni metri di profondita’, molto ricco di quarzo sia in forma cristallina compatta che in forma di calcedonio dove il manganese e il ferro hanno depositato in milioni di anni i suoi ossidi. I colori vanno dal nero al bruno e rosso, più raramente verde,giallo e bianco. Il villaggio Banda è il più vicino al giacimento e tutti nel paese si dedicano alla ricerca, al taglio e alla lucidatura di queste pietre. Ancor oggi questi tagliatori usano dei sistemi molto primitivi,ma che danno buoni risultati; per segare la roccia usano un arco di legno appesantito da un sasso su un estremità,teso con un cavo d’acciaio che viene cosparso di polvere di carborundum e olio. Lo scavo di agate nel letto del fiume ha luogo due volte all’anno. La prima in gennaiofebbraio, quando il letto del fiume è in secca. La seconda e più importante, ha luogo dopo le piene del monsone tra la fine di giugno e settembre-ottobre quando le acque si ritirano, dopo aver disgregato i blocchi di roccia, lasciando allo scoperto i noduli di agata. Le agate delle colline si scavano tutto l’anno. Gli scavi si sviluppano in piccoli pozzi che raggiungono una profondità di 10-25 m. Gli scavi sono difficili data l'ubicazione della dentrite che spesso è perpendicolare alla stratificazione e quindi inutilizzabile.

    ...storia, miti e leggende...


    Estratte al bordo settentrionale del plateau basaltico del Deccan, queste pietre si sono formate per un affascinante insieme di coincidenze geologiche; cominciando dalla roccia madre. Quando l’India era ancora un’isola, staccatasi dalla costa orientale dell’Africa, prima di entrare in collisione col continente asiatico circa 65 milioni di anni fa, venne interessata da una sequenza di eruzioni vulcaniche che formarono il Plateau del Deccan. Si tratta di un enorme volume di roccia, di 3 milioni di km cubi, composto completamente di basalto, con un diametro di oltre mille km e uno spessore esposto di quasi 2 km. In questi basalti si formarono le agate, che riempirono le grosse vescicole lasciate vuote dal magma. La formazione della dendrite è un fenomeno successivo alla formazione dell’agata. Gli ossidi neri di manganese e di ferro sono estremamente solubili in acqua e formano le dendriti. Le dendriti sono un fenomeno comune a molti altri minerali e a molti tipi di agate, ma quello che rende uniche al mondo le agate indiane, è che sono le uniche che si sono formate in agate di tipo Uruguay.
    Una leggenda narra che circa 300 anni fa in una regione dell’India, nell’Uttar Pradesh, nel greto di un torrente fu rinvenuto un sasso strano che presentava delle figure interessanti. L’autore del ritrovamento era un appassionato di scienze naturali e geologia. Con mezzi rudimentali, tutt’ora in uso, riuscì a segare e lucidare questa pietra rivelando una figura simile ad un albero. Volle farne dono al Raja’ della regione ed egli, compiaciuto ed esaltato dalla bellezza di questa rara pietra, gli regalo’ un grande appezzamento di terra dove iniziarono degli scavi lungo le sponde di questo fiume.
    La prima citazione documentata può essere fatta risalire al regno del re Chhatrasal (1649-1731 durante la dinastia Chandela), che fu famoso per aver stimolato lo sviluppo delle arti.

    Le Agate dendritiche erano già conosciute nell'antichità, sembra che già ne parlasse Plinio il Vecchio nella sua Storia Naturale col nome di dendragate, dal greco dendros che significa albero. Nel XVIII secolo facevano parte della gioielleria inglese con il nome di Mocha Stones che deriva dal porto di Mocha (in arabo Al-Mukha), un porto dello Yemen che si affaccia sul Mar Rosso e che ebbe il suo splendore grazie al commercio del caffè fino al secolo XIX, edanche le agate presero il nome di moca. Per molti secoli non si seppe la provenienza reale, gli arabi mantennero segreto il luogo d'origine. Le agate dendritiche erano così popolari in Inghilterra tra il ‘700 e l’800 che venne elaborata una tecnica per riprodurre dendriti sulla ceramica, detta Mochaware, cioè ceramica di Mocha. La tecnica, che risale al 1780, fu inventata nello Staffordshire.

    Negli anni ’90 del secolo scorso queste pietre cominciarono ad arrivare a Tucson portati da una coppia di importatori indiani di Mumbai. Mauro Pantò, commerciante di pietre italiano, ottenne l’esclusiva e cominciò a diffonderle in Italia; nel 2006, si reca a Tucson Tarun Adlakha, di Nuova Dehli, e specializzandosi nel commercio esclusivo delle dendriti, cominciò a farle conoscere alle maggiori fiere del settore in tutto il mondo.
     
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14 replies since 6/9/2011, 14:04   10629 views
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