ARBUSTI e CESPUGLI FIORITI

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  1. gheagabry
     
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    Una delle cose più affascinanti nei fiori è il loro meraviglioso riserbo.
    (Henry David Thoreau)


    La BUDDLEJA

    l'albero delle farfalle


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    Splendido arbusto, coi suoi rami graziosamente piegati ad arco, fiorisce nei mesi di agosto e settembre ed è una vera ed irresistibile attrazione per tutte le farfalle che vagano in cerca di nettare, conferendo una nota di estrema naturalezza ai giardini nei quali viene messo a dimora. Anche le api sono fortemente attratte dal nettare dei suoi fiori, profumati di miele.

    Questa pianta appartiene ad un genere davvero numeroso, più di quanto non si creda; esistono infatti circa un centinaio di specie, tra arbustive e arboree, alcune di queste arrivano a misurare anche più di 30 metri. Esistono anche specie sempreverdi e caduche originarie prevalentemente dai territori dell’Asia Orientale, dal Sud Africa e da alcuni luoghi del continente americano.
    Il nome del genere di questa pianta è da attribuirsi al medico e naturalista scozzese William Houston, che nel 1730 scopri il primo esemplare di Buddleja nelle terre del Sud America.
    Questo nome è un tributo al pastore inglese Adam Buddle, medico ma soprattutto appassionato di botanica. Egli fu infatti l’inventore degli erbari: compendi che illustrano il mondo vegetale raccogliendo esemplari specifici e facendoli essiccare.
    Il nome comune delle Buddleja venne poi consolidato, entrando nell’uso comune, quando il naturalista svedese Karl Von Linnè lo inserì all’interno dei suoi cataloghi.
    La Buddleia allo stato spontaneo ha fiori color lavanda o purpurei, ma le varietà e gli ibridi possono essere anche bianchi, malva, rosa o giallo-arancio.


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    La Buddleia davidii è anche comunemente chiamata 'lillà estivo', perchè la forma ed il colore delle sue pannocchie fiorite rimandano alla mente proprio quelle del lillà, ma lo si può facilmente distinguere da quest'ultimo per il fogliame tendente al grigio, per le spighe che col loro peso tendono ad incurvare le branche su cui sono portate e per la diversa epoca di fioritura: il lillà (Syringa vulgaris) fiorisce a tarda primavera (aprile-maggio) mentre la buddleia fiorisce a tarda estate (metà agosto-settembre).
    Il nome specifico davidii le è stato attribuito in onore del padre gesuita Armand David, francese, che per primo la scoprì in uno dei suoi molti viaggi in Cina centro-occidentale, dove la buddleia vive sulle montagne intorno ai 3000 m, e che ne portò i semi in Inghilterra nell'epoca Vittoriana, nella seconda metà del XIX° secolo (1896). Buddleia davidii è un arbusto estremamente vigoroso, di facilissima coltivazione, che sopporta agevolmente il trapianto e sopravvive a molti stress,
    Preferisce vivere in posizioni soleggiate ed in terreni fertili e ben drenati, ma si adatta a qualsiasi terreno, anche detriti di costruzione, purchè vi sia sufficiente disponibilità idrica.
    Nelle aree incolte tende a comportarsi come pianta infestante e colonizzatrice, tanto che negli Stati Uniti, vista la sua natura non autoctona, è stata inclusa nella lista delle piante invadenti, essendosi disseminata naturalmente fuori dai giardini in vaste zone della costa occidentale.

    Buddleia globosa è originaria del Cile e del Perù ed è un arbusto sempreverde o semi-sempreverde, rustico. Le foglie sono rugose, lanceolate, mentre i fiori, profumati, giallo-aranciati, sono riuniti in capolini globosi raggruppati a loro volta in pannocchie terminali, che compaiono in maggio giugno.

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    Buddleia crispa (o Buddleia paniculata) proviene dall'India ed è alta fino a 3 m; è un arbusto caducifoglio, semirustico, con foglie ovate, dentate e ricoperte di una peluria biancastra, che conferiscono alla pianta un aspetto argenteo. Anche i rami sono pelosi. I fiori, in racemi di 7-10 cm, sbocciano in luglio ed hanno color rosa lilla con centro arancio.

    Buddleia colvilei è originaria dell'Himalaya ed è un arbusto od un alberello alto fino a 6 m, semirustico. I fiori sono color rosa-cremisi (rossi nella cultivar 'Kewensis') e sbocciano in agosto-settembre.


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    Edited by gheagabry1 - 10/1/2022, 21:55
     
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  2. gheagabry
     
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    La LANTANA


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    La Lantana camara appartiene ad un genere che comprende circa 150 specie ma solo due si coltivano a scopo ornamentale. Proviene dalle zone a clima tropicale e subtropicale dell'America e quindi, nel nostro paese, vive splendidamente solo nelle zone a clima caldo e accetta benevolmente anche il clima mite.

    La lantana è una pianta perenne e sempreverde. I fiori vanno dalla primavera all’autunno. Ve ne sono di tantissime varietà : i boccioli sono gialli e diventano piano piano arancioni e poi rossi. Le foglie sono rugose, di verde scuro. E’ una pianta graziosa ma ha bisogno di attenzione.
    Ha la caratteristica di cambiare colore e varia a seconda della varietà coltivata, ma anche in base all’età della pianta e al momento della fioritura, così che è possibile incontrare tonalità sempre più nuove del colore di base e sorprendersi per i cambiamenti.

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    “... sull’antica rotta dei fenici, tra la variopinta macchia mediterranea e il blu intenso del mare fiorisce nei caldi colori del sole la Lantana, che nel rigoglio della natura si ripara”.
    Rosse, gialle, viola, arancio sono alcune tonalità del fiore della lantana.
    Di origine sudamericana, la lantana cresce spontanea in Australia e ritrova il suo clima ideale nella Costa Sud della Sardegna. "


    Non mi chiedere il perché Piccolo Fiore non saprei risponderti.
    Non è facile spiegare l'odore dell'erba tagliata
    il profumo della primavera
    e nemmeno il tuo Piccolo Fiore.
    Sarebbe come definire la forma dell'acqua
    o quella delle nuvole
    raccontare una favola ancora da scrivere
    il volo di un uccello nella notte senza luna
    un sorriso che deve ancora nascere.
    Lascia solamente che il vento soffi
    il sole splenda
    e la nostra musica riempia l'aria di note
    mio Piccolo Fiore.
    (paolo carbonaio)


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    La VIOLACCIOCCA


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    La violacciocca il cui nome botanico è Matthiola,in onore del medico botanico, senese P.A.Mattioli... è una pianta erbacea perenne sempreverde appartenente alla famiglia delle Crucifere, originaria dell’Europa del Sud e dell’Africa. È una pianta rustica, cespugliosa e coltivata per lo più come annuale e biennale, perché non sopporta bene il freddo; la violacciocca presenta fusti ramificati con foglie verdi, e in primavera produce delle spighe rivestite di fiori a quattro petali, molto profumati di colore bianco, rosa, giallo o porpora. Questa pianta può raggiungere un’altezza di 60 centimetri per una larghezza di 30...La violacciocca è comunemente chiamata "fiore delle api", in quanto tradizionalmente piantata nei pressi degli alveari al fine di attirare e nutrire le api.

    "Il bello di questa qualità è che i fiori, non sono sempre uguali e spesso le diversescreziature si trovano sulla stessa pianta, a volte le screziature fanno prevalere il giallo, a volte il fiore è quasi marrone, a volte cremisi. L’anno passato per esempio erano quasi rosse , mentre quest’anno virano al marrone quasi, ma orlato di giallo; una cosa non cambia mai, il profumo delicatissimo e persistente. Dai fiorai trovate le belle spighe delle mattiole a fiore doppio che in genere hanno un profumo un poco più prepotente...Nella mia famiglia era tradizione raccoglierle la mattina di Pasqua e adornarne la tavola della colazione, ho mantenuto l’abitudine, e vi assicuro che il profumo delicato e dolce non disturba affatto , ma si sposa benissimo con l’aroma del caffè e dei dolci pasquali."
    (Marista Urru)


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    .......storia, miti e leggende.......


    La storia tramanda che la violacciocca come fiore preferito da Carlo Magno. E' un fiore molto apprezzato nel Regno Unito, dove la pianta è utilizzata per ornare le pareti dei cottage. Una leggenda scozzese narra che una fanciulla fu rinchiusa dal padre nella torre del castello di famiglia perché si rifiutava di sposare l'uomo sceltole come sposo dal padre. Durante la fuga, organizzata con l'aiuto dell'uomo che la ragazza amava veramente, la ragazza cadde lungo il muro della torre ricoperto di violacciocca e morì. Il ragazzo non dimenticò mai l'amata e in suo ricordo portò sul cappello un rametto di violacciocca per tutta la vita. Il significato attribuito alla violacciocca è quello della fedeltà assoluta e completa.


    L'oscurità nasce dalla terra
    Nel pallore dell'occidente si immergono le rondini;
    Dal fieno arriva l'allegro clamore dei bambini;
    Svanisce il vecchio palinsesto.
    Stilla profumo la violacciocca
    E in giro svolazza azzurro-luna una falena:
    Tutto quel che significò il giorno terreno
    Rovina come una menzogna.
    I bambini hanno abbandonato il loro gioco.
    Brilla un'unica stella in un velo di luce:
    Il disordine del giorno
    E' sparito alla vista.
    (David Herbert Lawrence)


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    OLEANDRO

    Nerium Oleander fam: Apocynaceae

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    E' un piccolo albero o un grande arbusto che i numerosi polloni rendono folto e cespuglioso. Ha rami lunghi, sottili ed eretti, foglie strette e coriacee, opposte o "a tre per tre" e fiori grandi, dal tenue profumo, raccolti alla sommità degli steli, di colore bianco, rosa o rosso. Di crescita rapida, e resistente come poche altre piante alla siccità e al salino, l'oleandro ha un solo grosso inconveniente: l'essere velenoso in ogni sua parte, al punto che, pare, bruciando rami e foglie bisognerà fare attenzione a non inalarne il fumo. Sono numerosissime le varietà create dall'uomo, a fiori semplici, semidoppi e stradoppi, con colori che vanno dal bianco al rosso cupo, passando attraverso sfumature avorio, rosate o arancio.
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    ESPOSIZIONE. Copiate la Natura, scegliendo per i vostri oleandri posizioni calde e luminose, in pieno sole per il maggior numero di ore al giorno.
    TERRENO. Andrà bene qualunque tipo di terreno, addirittura meglio se povero e sciolto, visto che nell'ambiente naturale gli oleandri prosperano spesso lungo il letto asciutto di fiumi e corsi d'acqua, dove non mancano sabbia, ghiaia e sassi.
    IMPIANTO. Il periodo migliore è l'inizio della primavera, in febbraio-marzo, sia in vaso sia in piena terra.
    INNAFFIATURE. Saranno abbondanti dalla primavera a metà estate, da quando cioè gli oleandri andranno innaffiati soltanto occasionalmente. Da maggio e a settembre, ogni 15 giorni circa, si potrà somministrare alle piante adulte un buon fertilizzante liquido.
    POTATURA. Ogni anno, a fine inverno, si sfoltisce l'arbusto, eliminando i rami vecchi, morti o gracili. Volendo invece rinnovare completamente la pianta la si rade a 10 centimetri dal suolo, disinfettando con cura i monconi.
    MOLTIPLICAZIONE. Può avvenire per talea e margotta, oppure per mezzo del trapianto di polloni, che l'oleandro produce in abbondanza. Prelevati in autunno, dopo la fioritura, andranno interrati subito dopo in terreno fertile e leggero, scegliendo esposizioni a sud, soleggiate e riparate. Il nuovo esemplare fiorirà dopo due o tre anni.

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    FORSIZIA FORSYTHIA.


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    Nel linguaggio dei fiori la forsizia significa "bellezza fugace", simbologia pienamente giustificata dalla fioritura brevissima ma appariscente di questi arbusti molto decorativi.



    Storia.

    Il nome ricorda l'orticoltore inglese William Forsyth, vissuto nel Settecento, che fu uno dei sette fondatori della Royal Horticultural Society di Londra, la più importante associazione botanica del mondo.
    Descrizione.

    La famiglia: Oleacee.

    Il genere comprende poche specie: 6 o 7 spontanee in Asia Orientale e 1 specie europea.
    L'origine: Cina, Europa.
    L'aspetto: arbusti a foglia caduca.
    Le foglie sono oblunghe o lanceolate, dentate, caduche, di colore verde vivo
    I fiori compaiono sui rami nudi, in piccoli gruppi; le corolle sono a quattro petali e hanno la forma di stelline; il colore è giallo oro, più meno o intenso.
    La fioritura: da febbraio a maggio, secondo le specie
    L'utilizzazione: per gruppi isolati, siepi, macchie di fondo, oppure per la decorazione del balcone in grandi vasi (profondità 60 cm e larghezza 40 cm).


    Esigenze e cure.

    L'esposizione in pieno sole o a mezz'ora Il terreno normale da giardino, anche se calcareo.


    Piantagione.


    La piantagione si esegue in autunno.
    La coltivazione della forsizia è molto semplice.
    Basta annaffiare abbondantemente in estate (un secchio d'acqua ogni due giorni) per garantire una splendida fioritura per la primavera successiva. In autunno è bene concimare con prodotto organico in polvere e, da giugno a ottobre, completare la nutrizione con somministrazioni mensili di fertilizzante minerale completo, diluito in acqua.
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    Moltiplicazione.

    La moltiplicazione avviene facilmente per talea, in luglio, facendo radicare sotto una campana di plastica; oppure per propaggine tra giugno e luglio.
    Potatura.

    Subito dopo la fioritura occorre provvedere alla potatura degli arbusti; in genere questa operazioni avviene automaticamente quando si raccolgono i rami fioriti; comunque il "taglio" deve essere tale da eliminare i rami più vecchi, spuntando appena la vegetazione nuova.

    Le forsizie più belle.

    F. suspensa: a rami pendenti, sottili e lunghi; fiorisce in aprile, prima dell'apparizione delle foglie; molto interessanti le varietà Fortunei, coi rami più eretti; atrocaulis, dai germogli rossi e dai fiori giallo intenso; pallida, con corolle giallo chiarissimo; Sieboldii, dai rami quasi striscianti e dai fiori giallo scuro striati di rosso e gialli all'interno; variegata, dalle foglie variegate di giallo oro
    F. Giraldiana: fiorisce già in febbraio-marzo e può raggiungere l'altezza di 5 m, i fiori sono giallo chiaro e la corteccia della parte superiore dei rami è color porpora-nero
    F. viridissima: fiorisce tardivamente, e alla fine di aprile; ha rami eretti, verdi, e foglie che assumono una tinta rosso-viola, molto decorativa, verso il tardo autunno; i fiori sono gialli, lucenti, con qualche tonalità verdastra
    F. intermedia: è un ibrido tra la F. suspensa e la F. viridissima; fiorisce in aprile, in giallo oro Oltre a queste specie, da alcuni anni sono in commercio diversi ibridi di provenienza americana, caratterizzati da fiori molto grandi (fino a 5 cm di diametro) ottenuti con speciali trattamenti a base di sostanze stimolanti.

    Fra questi, è assai interessante l'Arnold Dwarf, che non supera i 50 cm di altezza, con portamento quasi strisciante.
    Questo ibrido, dia fiori giallo verdi, si presta alla decorazione di roccaglie, alla copertura di scarpate e anche alla coltura in vaso.




    Sono tra i primi arbusti che fioriscono alla fine dell'inverno, e la loro pioggia di fiori gialli ci preannuncia l'allungarsi delle giornate e l'aumentare delle temperature, avvicinandoci alla primavera; ma come si coltiva questa pianta che sta scomparendo dai giardini?
    Purtroppo è una di quelle piante che un tempo trovavano sempre spazio in un giardino, mentre negli ultimi tempi sembra che alla forsizia vengano preferiti arbusti più esotici; in effetti questa pianta offre molti vantaggi, in quanto ha una fioritura bellissima ed allegra, e si sviluppa senza problemi in qualsiasi terreno, senza necessità di essere riparata in inverno o di venire annaffiata.



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    La coltivazione della forsizia

    Come detto prima la forsizia è un arbusto rustico e di facile coltivazione; predilige posizioni soleggiate, in quanto se posizionata in luogo eccessivamente ombreggiato tende a fiorire in modo scarso o nullo. Non presenta altre esigenze, poichè sopporta le gelate invernali ed il caldo estivo; non necessita di un terreno particolare, anche se teme i ristagni idrici ed è quindi opportuno coltivarla in un substrato ben drenato e ricco.
    I fiori sbocciano a fine inverno, prima del fogliame; l'arbusto fiorisce sui rami giovani, prodotti durante l'estate, per ottenere fioriture ricche è quindi fondamentale evitare le potature invernali. La potatura si effettua invece subito dopo la fioritura, accorciando i rami che hanno fiorito ed eliminando invece quelli eccessivamente legnosi o privi di gemme e boccioli.
    Ogni 2-3 anni è consigliabile arricchire il terreno ai piedi della forsizia con del concime organico, o con del concime granulare a lenta cessione.
    Le forsizie possono essere coltivate anche in vaso, ma è opportuno fornirle di un contenitore capiente, e sostituire il terreno ogni anno, in autunno. Ricordiamo anche che le piante coltivate in vaso tendono a necessitare di maggiori cure rispetto alle stesse coltivate in piena terra, questo perchè in vaso l'apparato radicale rimane di dimensioni minori e non ha la possibilità di cercare acqua e sali minerali al di fuori del vaso stesso. Quindi le forsizie coltivate in vaso andranno annaffiate durante i periodi di siccità estivi.

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    Una siepe fiorita

    Le forsizie vengono spesso coltivate come esemplari singoli, assumendo un portamento globoso, in questo caso è bene, periodicamente, rimuovere i germogli radicali che spuntano alla base dell'arbusto; è anche possibile utilizzarle per formare siepi fiorite; infatti lo sviluppo della pianta è abbastanza rapido ed ogni anno producono germogli vigorosi, che crescono anche di un metro o più in una stagione vegetativa. Le siepi di forsizia andranno potate subito dopo la fioritura, accorciando tutti i rami, e una seconda potatura verrà effettuata a fine estate.



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    Pieris japonica
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    Pieris japonica, chiamata anche andromeda giapponese, è un arbusto grande sempreverde originario dei paesi orientali, diffuso come pianta ornamentale.



    Questo arbusto necessita di irragizioni moderate.Predilige posizioni con poco sole Assume una colorazione bianca,
    Questa pianta fiorisce in primavera,
    Questa essenza sopporta il freddo e può sopravvivere anche a -15 gradi.


    Esposizione Asebo Pieris japonica
    Posizionare questa pianta in luogo semiombreggiato, dove possa ricevere alcune ore di luce solare diretta.


    Annaffiature Asebo Pieris japonica
    Si annaffia soltanto durante periodi di prolungata siccità o quando il terriccio è ben asciutto; in questo periodo dell'anno in genere può essere sufficiente intervenire una volta ogni 20-25 giorni.


    Concimazione Asebo Pieris japonica
    Durante i mesi invernali in genere le concimazioni vengono sospese, o comunque ridotte, per evitare di stimolare lo sviluppo di nuovi germogli, che potrebbero venire danneggiati dal freddo.


    Trattamenti Asebo Pieris japonica
    Verso la fine dell'inverno è consiglaibile praticare un trattamento fungicida utilizzando prodotti a base di zolfo e rame, per scoraggiare lo sviluppo dei più comuni parassiti fungini.



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    Edited by gheagabry1 - 3/5/2020, 17:17
     
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  3. gheagabry
     
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    "....per la porta aperta entrava la pesante fragranza dei lillà
    o il profumo più sottile dei rovi in fiore...."
    (dal "Il ritratto di Dorian Gray")


    Il LILLA'


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    Pochi arbusti raggiungono l'intensità inebriante del lillà nel pieno della fioritura. Le vaporose infiorescenze che d'improvviso traboccano dai rami celebrano con gioioso abbandono il tripudio floreale della primavera e per due brevi ma gloriose settimane riempiono il giardino con il loro inconfondibile profumo. Le connotazioni romantiche attribuite al lillà si ritrovano nel linguaggio dei fiori, che eleva quello bianco a simbolo della purezza e dell'innocenza di gioventù (viene infatti tradizionalmente utilizzato per gli addobbi delle cerimonie nuziali o dei battesimi), e quello porpora a rappresentante delle prime emozioni d'amore, riflettendo l'intrinseca promessa e il fermento vegetativo di questa stagione.

    Contrariamente a quanto si pensi, non tutti i lillà possiedono la stessa fragranza e tradizionalmente solo i fiori delle specie e varietà più odorose venivano utilizzati per ottenere le preparazioni necessarie per profumi e cosmetici, tra cui “l'olio di lillà” ricavato per macerazione delle corolle in grassi vegetali e “l'essenza di lillà”', estratta tramite solventi volatili.



    ...storia, miti e leggende...


    Botanicamente legato all'ulivo e al ligustro, con cui condivide la famiglia delle Oleaceae, il genere Syringa comprende circa una trentina di specie, tra cui la più diffusa è indubbiamente S. vulgaris, capostipite del lillà tradizionale. Originariamente importato dalla Turchia, questo arbusto adattabile e di semplice coltivazione era già presente nei giardini degli amatori inglesi verso la metà del 1500 e si naturalizzò ben presto in varie parti d'Europa, compresa l'Italia dove fu introdotto verso la fine del secolo. Il vero luogo di provenienza rimase però sconosciuto fino al 1828, quando fu identificato allo stato selvatico prima in Romania e successivamente nella regione dei Balcani.
    La maggior parte delle sue varietà più note furono sviluppate da Victor Lemoine e suo figlio Emile nel loro vivaio di Nancy. I primi esperimenti miravano alla produzione di fiori doppi o spighe più voluminose e profumate attraverso incroci tra specie cinesi (tra cui S. oblata, di grande fragranza) e forme orticole selezionate.
    Gli esemplari così ottenuti resero meritatamente famosa la ditta francese che tra il 1827 e il 1930 ne brevettò più di 150 varietà (compreso un particolare gruppo di ibridi riuniti sotto il nome S. hyacinthiflora) di cui molte ancora valide ai nostri giorni. Tra le migliori a fiore doppio e di squisita fragranza, tuttora comunemente reperibili, si distinguono S. 'Madame Lemoine', bianco, che fiorisce a metà primavera, seguito da S. 'Charles Joly', porpora, con portamento marcatamente eretto (tarda primavera) e S. 'Katherine Havemeyer' che offre infiorescenze azzurro lavanda e fogliame arrotondato verde brillante. A fiori semplici ma altrettanto profumati, sono S. 'Souvenir de Louis Spaeth' uno dei più diffusi, che si avvicina alle tonalità rubino (metà stagione) e S. 'Maréchal Foch', con massicce pannocchie rosa carminio. Per prolungare il periodo delle fioriture dei lillà i giardini ampi usavano usufruire di varietà precoci, medie e tardive che associate possono estendere il periodo di produzione fino a sei settimane.
    I nuovi arbusti profumati introdotti da Lemoine divennero subito di moda, non solo in giardino ma anche come fiori recisi che fino agli inizi del '900 erano abitualmente in vendita nelle maggiori città europee, rifornite da serre parigine specializzate nella forzatura. Il primato per la produzione dei rami da taglio si spostò in un secondo tempo a paesi come la Danimarca, la Germania e soprattutto l'Olanda, dove la coltivazione su scala industriale aveva dato origine alle cosiddette 'isole dei lillà' nel mare di Aalsmeer. La fase di declino nell'impianto di nuovi esemplari comincia verso la fine degli anni Trenta senza una ragione apparente se non la diminuita produzione durante il conflitto mondiale e in un secondo tempo la disponibilità sempre maggiore di piante nuove provenienti da tutto il mondo. La storia del lillà continua però oltreoceano grazie alla sua natura robusta e completamente rustica che lo rese particolarmente apprezzato in Canada, dove si era diffuso sin dalle prime decadi del 1800.
    (trafioriepiante.it)


    Un' antica leggenda greca narra che il giovane Pan, il dio dei boschi e dei campi, una bella mattina incontrò la bellissima ninfa Siringa. Affascinato dalla sua grazia e dalla sua bellezza, volle parlare con lei. Ma lei ebbe paura e scappò via. Pan tentò di raggiungerla ma incontrò un fragrante cespuglio di lillà, che gli aveva bloccato la strada ... Pan si mise a piangere di aver perso la ninfa e d’allora iniziò a vagare per le foreste e fare opere di carità, e il nome di Siringa diventò il nome latino di lillà.
    Un'altra leggenda racconta che i lillà apparvero quando la primavera aveva fatto scomparire la neve dal campo e aveva sollevato il sole nel cielo. Il sole poi aveva incontrato l’arcobaleno ed insieme avevano attraversato il cielo. La primavera aveva raccolto un pò di raggi di sole e li aveva mescolati con i colori dell' arcobaleno e poi aveva iniziato a metterli sul terreno. Quando la primavera arrivò al nord le rimasero solo due colori il bianco ed il viola, colori che indicavano la primavera dei paesi scandinavi. Poi la primavera gettò i colori di lillà su un cespuglietto fiorito rimanendole ancora solo il colore bianco e li sparse per terra. Nei luoghi in cui cadde il colore bianco sui cespugli crebbero lillà bianchi. Il lillà prende il nome dalla parola greca "Syrinx" che significa flauto dal momento che i pastori costruivano il piccolo flauto dall’albero di lillà. In Russia invece, era chiamato anche "Sinel", che deriva dalla parola blu perché il blu era il colore principale della pianta.



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    lilla

    Il profumo più autentico...
    Tutte le specie sono dotate di grande fragranza, con profumazioni tuttavia diverse da quella classica. Tra queste, di particolare interesse è Syringa persica, coltivata nei giardini persiani, cinesi e indiani sin dai tempi remoti. La sua introduzione in Europa risale circa agli inizi del 1600 ed è legata alla storia della Repubblica di Venezia perché fu proprio l'ambasciatore della Serenissima a portarla in patria dopo un viaggio a Costantinopoli.
    E' una specie di grande bellezza che si sviluppa bene in Italia, a chioma compatta e arrotondata (circa 2 x 2m) completamente ricoperta tra aprile e maggio di piccole pannocchie ramificate nella tipica tonalità lilla. Originaria della Cina e introdotta intorno al 1894, S. sweginzowii meriterebbe maggiore diffusione nel nostro paese, dove cresce senza problemi. Forma col tempo un alberello di medie dimensioni (4 x 2,5 m) carico in tarda primavera di fiori rosa o bianco rosati riuniti in grandi spighe che emanano un profumo dolce e insolito. Risale inoltre al 1827 l'arrivo in Italia di una bella specie nativa dell'Ungheria, denominata S. josikaea dal nome della baronessa ungherese che per prima la segnalò ai botanici per il suo valore ornamentale. E' stata utilizzata nel programma canadese di ibridazione per il fogliame lucido e le vistose infiorescenze erette lilla scuro, dando origine (tramite incrocio con S. reflexa) a S. x josiflexa 'Bellicent', un grande arbusto con enormi spighe fiorifere rosa chiaro prodotte in tarda primavera.

    Da non dimenticare infine S. pubescens microphylla 'Superba' (1,8 x 1,5 m), che ripete a settembre la fioritura rosa di inizio estate e S. meyeri 'Palibin' (sinonimo S. palibiniana), perfetta nei giardini piccoli e medi per le dimensioni contenute (1,5x1,5 cm) e l'intensità della profumazione.

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    Edited by gheagabry1 - 10/1/2022, 22:06
     
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  4. gheagabry
     
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    Abutilon megapotanicum....la lanterna cinese


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    Il genere Abutilon annovera circa 150 specie di arbusti o piccoli alberi decidui o sempreverdi, annuali o perenni, della famiglia delle Malvaceae. Allo stato spontaneo possono raggiungere e superare i due metri di altezza. Originari delle zone tropicali e subtropicali di America, Australia, Asia ed Africa sono coltivati per i loro vistosi fiori, composti da cinque petali, che vanno dal bianco al viola passando per tutte le gradazioni di giallo, arancio e rosso. Sono campanulati o a coppa e compaiono dalla primavera all’autunno, singoli alle ascelle oppure riuniti in racemi o pannocchie. Gli stami sono fusi allo stilo e nei fiori campanulati, il più delle volte, fuoriescono dalla corolla.



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    Edited by gheagabry1 - 10/1/2022, 22:10
     
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  5. gheagabry
     
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    Escallonia rubra

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    nome botanico:Escallonia rubra
    famiglia:Grossulariaceae
    breve descrizione:Arbusto sempreverde, molto apprezzato per il suo aspeto decorativo, le foglie sono piccole, lucide, dentate e lanceolate, di colore verde più o meno scure. Le infiorescenze sono riunite in pannocchie, i singoli fiori sono di diversi colori, possiedono 5 sepali ed una corolla tubulosa, i petali hanno una forma piuttosto arrotondata. La coltivazione di questo genere è piuttosto semplice e la crescita è rapida. Sono state classificate 60 specie con un'altezza che può raggiungere i 4,5 m. L'E.rubra possiede fogliame lucido ed aromatico; la E.virgata possiede foglie ovate e dentate, i fiori sono bianchi, l'altezza massima raggiunta è di 2 m. Vi sono poi molti ibridi con fiori di varie colorazioni.
    durata:Perenne
    periodo di fioritura:i fiori sono di colore rosso-rosa e compaiono a fine estate
    area di origine:Area Mediterranea
    clima:Temperato
    uso:Vengono coltivate soprattutto in piena terra in giardini o parchi, anche per formare delle siepi. Esistono alcune varietà nane che si possono tenere in vaso.


    Generalità

    Arbusto sempreverde. Forma un cespuglio arrotondato molto decorativo. Sono state introdotte una quindicina di specie per usi ornamentali, quasi tutte a fogliame duraturo; vi sono anche diversi ibridi con diverse forme e colori.
    Le Escallonia sono coltivate nei giardini in zone di mare perché sopportano i venti salmastri inoltre per i fiori rosso-rosa, che appaiono a fine estate, quando non vi sono altre piante fiorite. Le cultivar nane possono essere colti-vate in vaso.
    escallonia-rubra-macrantha-le-conteneur
    Clima e temperature
    Predilige climi temperati e non sopporta freddi intensi o gelate precoci o tardive. E' consigliabile coltivarla rasente un muro e in luogo soleggiato e protetto dai venti freddi.Le foglie
    solitamente sempreverdi, piccole, lucide, dentate, generalmente lanceolate, di colore verde più o meno scure, sono alterne e lucenti sulla pagina superiore e si uniscono al rametto senza picciolo.I fiori
    piuttosto piccoli e numerosi, di color bianco, rosa o rosso, sono disposti in corti racemi.Terreno
    Crescono bene in qualsiasi terreno da giardino ben drenato, anche se calcareo, e alcune specie vivono bene anche in suoli argillosi, vegetano meglio nei terreni ben drenati e fertili che trattengano l'umidità.Moltiplicazione
    Si propagano abbastanza bene per seme ma, per mantenere le caratteristiche delle varietà selezionate acquisite con l'ibridazione, spesso si ricorre alla propagazione per talea semilegnosa.

    Irrigazione
    Le annaffiature devono essere piuttosto moderate per tutto l'anno, l'importante è che il terreno non sia mai completamente asciutto.Malattie
    La malattia peggiore è il mal del piombo che causa la morte dei rami; le foglie delle piante attaccate presentano delle sfumature argentate per poi accartocciarsi e cadere.Impianto e messa a dimora
    Si piantano in ottobre o in marzo-aprile. Per formare siepi, in ottobre - novembre (o in primavera se si irrigano), si scelgono piante alte 30 cm. e si mettono a dimora alla distanza di 45 cm. l'una dall'altra.Potature
    Non richiedono potature se non per allevarle come siepi. Si possono potare le siepi a fondo dopo la fioritura, ma fioriscono più abbondantemente se vengono solo cimate. La varietà nana di Escallonia rubra produce polloni vigorosi che devono essere recisi alla base.

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    DIPLADENIA sundaville

    26.DIPLA

    La sundeville è una pianta perenne di origine Brasiliana,appartenente alla famiglia delle Asclepiadaceae, che produce molti fiori dalla primavera fino all’autunno e può raggiungere anche i 4 metri di altrezza.
    Necessita di essere annaffiata 2/3 volte a settimana e, nella stagione più calda, di qualche nebulizzazione con acqua a temperatura ambiente a giorni alterni ( quando non si trova posta in pieno sole).
    Tollera un’ombreggiatura parziale riuscendo ugualmente a fiorire, ma predilige una posizione soleggiata .
    E' una pianta che patisce tantissimo il freddo
    In inverno infatti occorre proteggere la parte interrata, che sia posta in vaso o in piena terra, perchè se riescono a resistere i rizomi, la parte aerea si ripiglierà senza problemi

    Concimazione: in primavera ed estate concimare ogni 2/3 giorni; aggiungere all’acqua di irrigazione 10/20 grammi di concime complesso (fertilizzante liquido per piante da fiore).
    Si pota per mantenere la forma raggiunta: al termine della fioritura (a fine estate), si accorciano i rami dell’anno ad una lunghezza di circa 5 centimetri, a meno che non si preferisca farla crescere.







    ERBARIO-2-2725
    La Dipladenia , della Famiglia delle Apocynaceae, è un genere di 30 specie di arbusti rampicanti da serra, sempreverdi.
    Scientificamente viene inserita nel genere MANDEVILLA ed è spesso chiamata SUNDAVILLE (tipo Sundaville Red) in luogo di Dipladenia.
    E' una pianta adatta per al coltivazione in serra ed anche in appartamento. Originaria del Brasile e delle aree tropicali del Sud America
    Quella nella fotografia, la mia , è una Dipladenia Splendens , originaria del Brasile ed arriva ad una altezza di 4,5 metri.Può crescere attorcigliata ad una canna di sostegno, oppurre lungo tralici e grate se appoggiata al muro. io , la alscio ricadere nel vuoto!
    Dipladenia%20Sundaville
    Fiorisce con i primi caldi estivi , ma la fioritura continua fino ad autunno inoltrato. I fiori sono imbutiformi, dal rosa al rosso intenso ma oggi si trova anche nella versione BIANCA. I fiori sono riuniti in racemi terminali lunghi 15-.20 cm.
    Le foglie ellittiche, lucide e contengono , come vedete nell'yultima foto, una sostanza lattiginosa bianca


    Si coltiva in terreno ricco e drenato . Di facile manutenzione perchè non richiede una continua innaffiatura ( 1 volta a settimana) e quindi può rimanere anche per 2-3 settimane senza acqua perfettamente . Per questo adatta a balconi soleggiati ma resiste anche a mezz'ombra .

    In inverno, specie al Nord, deve essere messa al riparo e , come la mia in foto, coperat da un piccolo telo di plastica è rimasta sotto la neve e a più di -10°C ... ma in primavera le prime foglioline verdi sono spuntate.
    Tuttavia, dato il costo molto ridotto (pochi euro) , se non sopravvive malpgrado i vostri sforzi , potete permettervene un'altra !
    Mi raccomando di darle, specie nella stagione estiva, una concimazione regolare , mentre buttate un occhio in caso di arrivo di afidim, ragnetti rossi e cocciniglie ... sempr in agguato ed utilizzate uno dei tanti anti-parassitari oppure anche dell'olio minerale diluito in soluzione come da istruzioni.
    E' una pianta molto decorativa per terrazzi e balconie vale la pena di averne qualche esemplare!



    La Dipladenia est un genre comprenant plus de 30 espèces d'arbustes grimpants de la Famille des Apocynacéae.
    Scientifiquement insérée dans les MANDEVILLA , elle souvent appellée SUNDAVILLE (type: Sundaville Red) .
    au bien DIPLADENIA . C'est une plante propre à la cultivation dans les serres et dans l'appartment. Originaire du Brésil et des règions tropicales de l'Amérique du Sud , elle aime la chaleur beaucoup.
    La Dipladenia dans la photo, la mienne, est une Dipladenia Splendens originaire du Brésil et elle pourrait arriver à 4,5 mt d'hauteur en se devellopant à un support (canne torsadée ) ou le long de treillages et treillis si appuyés contre un mur.
    Ma Sundaville , je la laisse tomber dans le vide! La plante fluerit de Mars à Novembre , donc sa floraison peut se prolonger jusq'à la fin de l'automne : Les fleurs sont à coer et ont une corolle en tube terminée par 5 lobes étalés .
    Les feuilles sont elliptiques, vert foncé , coraices et contiennnet une substance laiteuse blanche (comme en photo) .
    Normalement elle vient cultivé dans un sol riche et drainé. Facile à garder , elle ne nécessite pas un arrosage constant (1 fois par semaine) mais elle peut rester sans eau pour 2-3 semaine (je peux le temoigner!!) . elle vit bien sulr les balcons et terrasses ensoleillés.
    En hiver, surtou au nord, il vaut bien la réparer avec un chiffon , meme en plastique. Ma Sundaville est restée à l'abri, couverte, à la temperature de -13-15 degrés et en printemps, voilà les premières feuilles .
    Elle coute vraiment très peu(6-8 euro) donc , dans le cas vous ne reussissez pas à la sauver, il sera facile l'acheter de nouveau.
    Il faudrait se rappeler de la fertilizer régulièrementen été et jeter un oeil dans les cas des araignes rouges, cochenilles meme s'elle une plante très robuste!

    1254144786_dipladenia4



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    Caprifoglio


    caprifoglio_mediterraneo

    Il Caprifoglio che usiamo nei nostri giardini, appartiene con altre specie alla famiglia delle Lonicere (Lonicera Caprifolium) e spesso è conosciuto con il nome di Madreselva.

    E' un rampicante rustico, che butta liane lunghe parecchi metri.

    Coltivato per coprire recinzioni e muri,o per creare pergolati, il caprifoglio produce originali fiori bianchi che diventano giallini, molto profumati, che si aprono da fine aprile a tutta l' estate.

    In Italia il caprifoglio è spontaneo su terreni calcarei nel sottobosco di castagni, dove forma una fitta ragnatela che può anche soffocare le giovani piante.

    Esistono diverse varietà coltivate a scopo ornamentale con foglie persistenti o semipersistenti. e con colori più accesi.

    Anche il caprifoglio è usato come medicamento, ricordare che il frutto, una piccola bacca rossa, è velenoso.

    Coltivazione e cura del caprifoglio
    Esposizione
    Il Caprifoglio è molto rustico e si adatta a tutte le esposizione, perfino all'ombra più fitta.
    Coltivazione
    Sempre grazie alla sua notevole rusticità, il caprifoglio può sopportare anche diversi gradi sotto lo zero e le estate più torride
    Acqua
    Il caprifoglio si accontenta della pioggia. Per una fioritura prolungata nell'estate gradisce qualche irrigazione
    Potatura
    Considerando che il caprifoglio in primavera butta tanti germogli dalla radice ed altrettanti lungo tutti i rami, la potatura potrà essere fatta secondo le nostre esigenze durante l'inverno.
    Terreno
    Al Caprifoglio va bene anche il terreno calcareo purchè sia ricco di elementi organici
    Malattie
    Pianta resistente anche ai parassiti, ma in caso di attacco di muffe o acari trattarla come una rosa.


    caprifoglio_2

    Caprifoglio "Lonicera Mandarin"


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    Caprifoglio "Lonicera Japonica"



    caprifoglio_4
    Caprifoglio "Lonicera Implexa"



    caprifoglio_5
    Caprifoglio "Lonicera periclymenum belgica"


    caprifoglio_6
    Caprifoglio sempreverde "'Sulphurea"



    caprifoglio_7

    Caprifoglio sempreverde 'Blanche Sandman'


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  6. gheagabry
     
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    AGRIFOGLIO



    Il nome scientifico è Ilex Aquifolium. Appartiene alla famiglia delle Aquifoliaceae.
    In Francia lo chiamano houx. In Spagna assume il nome di acebo. In terra tedesca viene nominato Steckpalme. Nei paesi anglosassoni ha un significato tipico, holly. È un arbusto sempreverde, con foglie coriacee, con contorno spinoso nelle piante giovani. Sono lucide e cerose sulla pagina superiore, opache e verde più chiaro su quella inferiore. I fiori sono di un grigio perlaceo, profumati; crescono nel periodo aprile-maggio. Il suo frutto è una drupa carnosa di colore rosso marcato.
    Anche l'usanza di decorare la casa con ramoscelli di pungitopo e di agrifoglio è una delle più antiche e gioiose tradizioni natalizie. Si credeva che le foglie acuminate e pungenti come armi di difesa avessero il potere di scacciare gli spiriti maligni. Oggi si tiene volentieri in casa un ramo di agrifoglio; il fatto che sia una pianta sempreverde, é promessa di vita perenne e le sue bacche rosse esprimono gioia ed esultanza. Perciò l'agrifoglio si accompagna bene alla letizia che circonda la nascita di Gesù, alle campane festose, alle risa dei bambini, alle melodie. I rami di agrifoglio hanno una loro storia. I romani usavano regalarlo agli sposi novelli in segno di augurio e di simpatia. Quando invasero la Britannia, essi stupirono di notare che l'agrifoglio era considerato pianta sacra. I Druidi, sacerdoti di quel paese, credevano che l'agrifoglio proteggesse dai disagi dell'inverno e che un grosso ramo di questa pianta, scagliato contro una belva in procinto di assalire l'uomo, avesse il potere di ammansirla, così come aveva il potere di rendere docile un cane rabbioso.
    Quando Colombo scoprì l'America, trovò che gli indiani tenevano in gran conto le piante di agrifoglio; se ne fregiavano come di un distintivo di coraggio durante le battaglie; ne piantavano arbusti davanti alle capanne per tenere lontano gli spiriti maligni, bevevano decotti di foglie e di bacche per acquistare forza. Alcune tribù adoperavano il legno bianco e duro dell'agrifoglio per foggiare le impugnature delle loro armi...anche oggi il maté, la più diffusa bevanda dell'America meridionale, é preparata con foglie di agrifoglio; ha proprietà stimolanti perché contiene caffeina in quantità superiore a quella del caffé. Quanto alle bacche rosse, esse sono uno dei cibi preferiti dal pettirosso.
    (ilpaesedeibambinichesorridono)

    ... una favola ...


    Il pastorello si sveglia all'improvviso. In cielo v'è una luce nuova: una luce mai vista a quell'ora. Il giovane pastore si spaventa, lascia l'ovile, attraversa il bosco: è nel campo aperto, sotto una bellissima volta celeste. Dall'alto giunge il canto soave degli Angeli. - Tanta pace non può venire che di lassù - pensa il pastorello, e sorride tranquillizzato. Le pecorine, a sua insaputa, l'hanno seguito e lo guardano stupite. Ecco sopraggiungere molta gente e tutti, a passi affrettati, si dirigono verso una grotta. - Dove andate? - chiede il pastorello. - Non lo sai? - risponde, per tutti, una giovane donna. - È nato il figlio di Dio: è sceso quaggiù per aprirci le porte del Paradiso. Il pastorello si unisce alla comitiva: anch'egli vuole vedere il Figlio di Dio. A un tratto, si sente turbato: tutti recano un dono, soltanto lui non ha nulla da portare a Gesù. Triste e sconvolto, ritorna alle sue pecore. Non ha nulla; nemmeno un fiore; che cosa si può donare quando si è così poveri? Il ragazzo non sa che il dono più gradito a Gesù è il suo piccolo cuore buono. Ahi! Tanti spini gli pungono i piedi nudi. Allora il pastorello si ferma, guarda in terra ed esclama meravigliato: - Oh, un arbusto ancor verde! È una pianta di agrifoglio, dalle foglie lucide e spinose. Il coro di Angeli sembra avvicinarsi alla terra; c'è tanta festa attorno. Come si può resistere al desiderio di correre dal Santo Bambino anche se non si ha nulla da offrire? Ebbene, il pastorello andrà alla divina capanna; un ramo d'agrifoglio sarà il suo omaggio.Eccolo alla grotta. Si avvicina felice e confuso al bambino sorridente che sembra aspettarlo. Ma che cosa avviene? Le gocce di sangue delle sue mani, ferite dalle spine, si trasformano in rosse palline, che si posano sui verdi rami dell'arbusto che egli ha colto per Gesù. Al ritorno, un'altra sorpresa attende il pastorello: nel bosco, tra le lucenti foglie dell'agrifoglio, è tutto un rosseggiare di bacche vermiglie. Da quella notte di mistero, l'agrifoglio viene offerto, in segno di augurio, alle persone care. Un’altra leggenda.....Un piccolo orfanello viveva presso alcuni pastori quando gli angeli araldi apparvero annunciando la lieta novella della nascita di Cristo. Sulla via di Betlemme, il bimbo intrecciò una corona di rami d'alloro per il neonato re. Ma quando la pose davanti a Gesù, la corona gli sembrò così indegna che il pastorello si vergognò del suo dono e cominciò a piangere. Allora Gesù Bambino toccò la corona, fece in modo che le sue foglie brillassero di un verde intenso e cambiò le lacrime dell'orfanello in bacche rosse.
    (dal web)
     
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  7. gheagabry
     
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    Il profumo del giardino, è troppo intenso, per seguire il vento,
    sale su nuvole dolcissime sonnolento e soave allo stordito
    come un tenero sogno nella testa.
    (H.Hesse)


    Il CALICANTO


    I rami fioriti di calicanto annunciano l’avvento dell’inverno. Ove tutto riposa, i calicanti inebriano i terrazzi ed i giardini con il loro sensuale profumo. Come per alcune magnolie, così i calicanti rivestono i propri rami senza foglie di una miriade di piccoli fiori dal profumo prepotente. Fiori gialli dal cuore bianco, traslucidi, sembrano piccole gelatine attaccate a lunghi i fusti grigi degli arbusti invernali. Tanto piccoli quanto delicati, i fiori si staccano facilmente dai rami con una semplice pressione. Questi cespugli possono raggiungere anche i 4 metri d’altezza sebbene la loro crescita non sia tanto veloce.

    CALICANTO è la traduzione in italiano dal greco CHIMONANTHUS,che vuol dire "Fiore d'Inverno", perchè questa è la sua caratteristica, perlomeno della specie più conosciuta delle appartenenti alla famiglia delle Calycanthaceae.
    La sua fioritura avviene alla fine dell'inverno, e questa specie invernale (Chimonantus Praecox) è originaria della CINA.
    Fu Lord Coventry, il primo in Europa a possedere una pianta di Calicanto, scrive di questa pianta:
    "La sua bellezza in Inverno, (siamo nel 1799) supera ogni descrizione,vestito di fiori dorati dalla cima sino ai rami più bassi, il suo profumo si sente a quaranta metri di distanza."
    La leggenda narra anche che un pettirosso, intirizzito dal freddo, cercasse riparo tra i rami delgi alberi.Molte piante gelide e indifferenti, lo ignorarono.
    Solo il Calicanto offrì un rifugio all'uccellino, fra i suoi rametti, e fu miracolosamente ricompensato per la sua generosità con una pioggia di stelle profumate.
     
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  8. gheagabry
     
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    Il BIANCOSPINO



    Il biancospino comune appartiene alla famiglia delle Rosacee, al genere Crataegus ed alla specie monogyna. È un arbusto, o un albero di ridotte dimensioni, alto al massimo 6-7 m, caratterizzato da un rapido sviluppo, da una longevità notevole, infatti può sopravvivere per 500 anni, e da una chioma piuttosto compatta. Generalmente assume un portamento arbustivo, con numerosi fusti che si dipartono dalla base della pianta, ognuno dei quali ha una corteccia grigia-marrone con delle screpolature verticali arancioni; i giovani rami alla base sono dotati di spine lunghe anche 1,5 cm.
    Le foglie sono caduche, alterne, romboidali, provviste di picciolo, lunghe 3-4 cm, lobate nella parte superiore, con il lobo apicale seghettato al bordo, di color verde scuro superiormente, più chiaro sulla pagina inferiore. I fiori sono ermafroditi, con cinque petali bianchi o rosati e riuniti in infiorescenze a corimbo in gruppi di 5-20. La fioritura si verifica in primavera, l’impollinazione è entomofila, operata dai moscerini. Una specie molto simile è il biancospino selvatico, Crataegus oxycantha, che rispetto a quello comune presenta i lobi fogliari più superficiali ed i frutti contengono 2-3 semi.

    ....miti e leggende....

    “Tu sei il cespuglio di biancospino:
    in primavera ti vesti di bianco,
    al tempo della raccolta sei vestito di rosso sangue.
    Tu raccogli la lana della pecora che passa sotto di te,
    allo stesso modo, porta via da questo iniziato,
    che cammina attraverso il cancello [della tua siepe],
    ogni male, impurità e collera degli dèi.”
    (Preghiera ittita risalente al 1500 a.C.)


    Il biancospino è considerato il messaggero della stagione calda, dell’estate, dei mesi in cui si iniziano a raccogliere i primi frutti di ciò che è stato seminato. Viene associato alla crescita della vegetazione, ai riti di primavera, come quelli che si svolgevano durante la festa di Beltane, alla fertilità, al matrimonio, o più semplicemente all’Amore puro che sboccia nell’unione degli opposti.
    Secondo gli antichi, il biancospino era sacro alla Grande Madre nel suo aspetto di Vergine Cacciatrice, libera, sensuale eppure spietata guerriera; una Dea che mantiene e difende l’equilibrio superiore delle cose naturali, l’Armonia non solamente fatta di luce ed ordine, ma anche di oscurità e mutamento. Presso i Celti il biancospino veniva chiamato Huath, che significa “terribile”. Questo nome richiamava lo spavento, il timore reverenziale verso ciò che è sconosciuto e che possiede un’energia magica molto potente.
    Non a caso l’albero era considerato la dimora segreta delle fate, degli spiriti del bosco e delle entità che abitano i mondi incantati, che potevano mostrarsi giocose e benevole verso coloro che le trattavano con rispetto, e terribilmente ostili e dispettose verso coloro che non si curavano di loro, o peggio, le offendevano. Per questo il biancospino era considerato un albero estremamente sacro ed era assolutamente vietato abbatterlo. Coloro che volevano coglierne i rami avrebbero potuto farlo solamente la mattina di Beltane, perché solo in quel momento le fate avrebbero concesso di prenderne la quantità desiderata senza arrabbiarsi. La presenza del biancospino sulla cima di una collina, inoltre, indicava anche la presenza delle fate, e forse un accesso segreto all’Altromondo, alle dimensioni magiche ove è possibile ottenere la Conoscenza trascendente.
    Una delle proprietà magiche del biancospino è quella di proteggere dai fulmini. Si dice, infatti, che questo albero non venga mai colpito da essi e che quindi ci si possa riparare sotto ai suoi rami durante i temporali. Sempre per proteggere dai lampi, ma anche dagli spiriti cattivi, si usava appendere i suoi rametti alle porte delle case, delle stalle e dei fienili. Ma il compito forse più importante del biancospino è quello di Guardiano delle fonti e delle sorgenti. In Irlanda, le fonti sacre sono sempre protette dal biancospino e molte sono adorne di offerte. A Roma il biancospino era consacrato a diverse divinità femminili, come Flora, Dea della primavera e della vegetazione rigogliosa e lussureggiante; Cardea, Dea del parto e protettrice dei neonati; e Maia, che regnava nel mese di maggio, considerato il mese delle purificazioni, e quindi, della castità. In questo caso l’albero rappresentava la purezza. La ninfa Carna, inoltre, veniva raffigurata con in mano un ramo di biancospino, ed era la protettrice dei cardini delle porte. Con il ramo spinoso ella scacciava gli spiriti maligni e le influenze negative che volevano penetrare nelle case attraverso gli usci.
    Il Cristianesimo consacrò questo albero alla Madonna, per sostituire gli antichi culti rivolti alle divinità femminili, e nel Medioevo i suoi rami venivano usati come amuleti per allontanare il malocchio, le streghe e i vampiri. Appartiene sempre al Cristianesimo la storia del Biancospino di Giuseppe di Arimatea. Questa leggenda racconta che Giuseppe, dopo aver raccolto il sangue di Gesù nella coppa che era stata usata nell’Ultima Cena, si recò in Britannia e dopo essere sbarcato sulle sue sponde giunse a Glastonbury, dove piantò il proprio bastone nella terra. Da esso nacque un grande e bellissimo biancospino che per secoli continuò a fiorire ogni Natale.
    Il suo nome in islandese significa "spina dormiente" e secondo i miti nordici Odino usò una spina di biancospino per far cadere Brunilde in un sonno magico. Ma non solo, anche nelle leggende celtiche legate ad Avalon si dice che Viviana, con un incantesimo, fece addormentare Merlino sotto ad un albero di biancospino, finché non si fosse risvegliato in tempi propizi. Nella fiaba della Bella Addormentata nel Bosco, la principessa Rosaspina cade in un sonno incantato che dura cento anni, dopo essersi punta con un fuso, che nei tempi antichi veniva costruito proprio con il legno del biancospino. Infine, in un’altra storia, un giovane scozzese, Thomas the Rhymer, si addormenta sotto ad un biancospino, e durante questo sonno profondo visita l'Al di là. Dalle fiabe e le leggende, il biancospino, inducendo un sonno magico, conduce nelle dimensioni fatate sconosciute alla mente umana, vigile e affollata di pensieri. Ma il biancospino non è solamente la dimora dei reami fatati, ma è anche Colui che Protegge i Dormienti, perché nulla di male accade loro mentre dormono serenamente sotto le sue fronde, ed essi sono liberi di lasciarsi trasportare dall’estasi, di viaggiare nell’Incanto senza temere pericoli, perchè è il Guardiano dei luoghi.
    (dal web)


    Edited by gheagabry - 26/3/2012, 19:31
     
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  9. gheagabry
     
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    La SPIREA



    La Spirea è un genere che comprende alcuni arbusti di medie dimensioni, a foglia caduca, originari dell'Asia e dell'Europa; le specie, e le numerose varietà che ne derivano, vengono divise in due grandi gruppi: le spiree bianche, a crescita rapida, e di dimensioni che possono raggiungere i 2-3 metri di altezza, fioriscono in primavera; le specie rosa, più compatte ed a crescita più lenta delle precedenti, producono fiori di colore rosa intenso in estate ed in autunno. Sono arbusti di facile coltivazione, che vengono utilizzati sia come esemplari singoli sia per formare siepi colorate. Perdono le foglie in inverno, ed alcune hanno una vivace colorazione autunnale. S. vanhouttei è un arbusto arcuato, che produce infiorescenze a forma di piccolo ombrello, di colore bianco candido, in primavera inoltrata; S. japonica ha fiori rosa, la crescita è lenta e le foglie divengono di colore aranciato in autunno, fiorisce in estate; S. cantoniensis ha fiori bianchi, doppi, sbocciano portati da corti piccioli, lungo i sottili rami scuri; S. thumbergii ha fiori bianchi. L'etimologia del nome deriva da "spira" che allude alla forma a spirale dei suoi minuscoli fiori bianchi e profumati.

    Tradizionalmente era conosciuta con il nome di "Regina dei Prati", in quanto tra le favorite dalla Regina d'Inghilterra Elisabetta I per il suo aspetto soffice e delicato.
    La Spirea compare spesso nella tradizionen celtica ed anglosassone come erba sacra o simbolica. Insieme alla Menta d'acqua e alla Verbena, la Spirea entra nella terna delle erbe sacre dei druidi. I cavalieri delle saghe sassoni bevono una bevanda ottenuta da cinquanta piante tra cui vi è anche la Spirea. Per altro, l'usanza di aromatizzare vino e birra con i fiori vagamente vanigliati di questa pianta, sembra essere ancora diffusa nelle campagne inglesi. Come erba medicinale veniva usata per stimolare la sudorazione ed abbassare la febbre. Tali proprietà sono oggi correlabili al contenuto di salicilati che abbondano nei fiori e nelle foglie. Lo studio dei salicilati nel Salice e nella Spirea hanno portato alla sintesi dell'acido acetilsalicilico.


     
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  10. gheagabry
     
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    TAMARIX GALLICA



    Il nome generico pare provenire da quello del fiume pirenaico spagnolo Tàmaris (o Tambro) o dai Tamarici, popolo dei Pirenei. Questi termini sembrano però essere assonanti anche con l'arabo tamár (palma) e con l'ebraico tamaris (scopa), in quanto un tempo i ramoscelli di questa pianta venivano impiegati come ramazza. L'attributo specifico latino gallica (delle Gallie) è riferito alla presunta zona d'origine della specie.
    La tamerice comune è un grande arbusto od un piccolo alberello spogliante alto fino a 5-6 metri (talvolta in condizioni favorevoli può toccare i 10 m), con chioma disordinata, grigio-azzurrognola, molto leggera, originario di Francia, Spagna ed Italia, dove vegeta allo stato spontaneo prevalentemente nelle zone costiere, vicino alle foci dei fiumi. In Italia è diffusa quasi in tutto il territorio, isole comprese, ad esclusione di Trentino Alto Adige, Piemonte e Valle d’Aosta, Umbria e Abruzzo. Il suo areale di distribuzione va da 0 a 800 metri sul livello del mare, soprattutto in zone costiere, litoranee sabbiose e sub salse ma anche lungo corsi d’acqua sui greti o terreni ghiaiosi e addirittura fangosi. È una pianta molto rustica e frugale, estremamente resistente alla salsedine ed ai venti forti, anche salmastri.. i lunghi rami flessibili, eretti e sottili, che tendono ad espandersi ed allargarsi, incurvandosi poi verso il basso a volte con un andamento decisamente pendulo, dando vita a una chioma ampia e irregolare. Sui rami più vecchi si inseriscono piccoli ramuli erbacei coperti di minuscole foglioline squamiformi, segno del suo adattamento a condizioni di estrema siccità. Questi rametti erbacei, chiamati 'brachiblasti', in autunno si staccano e cadono, lasciando cicatrici piuttosto evidenti. Le foglie, acuminate, di colore verde glauco, un po' carnose.

    Si ritiene che la manna, di cui si nutrirono gli Ebrei nel deserto, fosse esclusivamente composta da una mucillagine zuccherina, chiamata "manna tamarisco", prodotta dalla pianta Tamarix mannifera, che cresce in Persia, in Turchia, in Arabia e in Egitto. In passato la corteccia veniva usata, nella medicina popolare, per la sua azione stomachica, astringente, diuretica e sudorifera.




     
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  11. gheagabry
     
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    La SKIMMIA JAPONICA


    La skimmia japonica, appartenente alla famiglia delle Rutacee è un arbusto sempreverde, originario del Giappone e dell'Himalaya. "Skimmi" in giapponese significa "frutto nocivo" e, di conseguenza, Skimmia è un genere caratterizzato dalla produzione di frutti non eduli. La Skimmia è una pianta di provenienza orientale (Giappone - Cina) la cui introduzione in Europa avvenne intorno alla metà dell'Ottocento. Al genere appartengono quattro specie proprie della flora himalayana e giapponese e di queste specie, tutte usate in giardino, due, la Skimmia japonica e la Skimmia fortunei, sono le più comunemente coltivate. Questa pianta non raggiunge grandi dimensioni, arrivando fino ad un metro e mezzo di altezza e allargandosi fino alla misura di due metri di diametro. Le foglie della skimmia japonica rappresentano uno dei suoi caratteri più esteticamente rilevanti: sono lucide e brillanti, con un deciso colore verde scuro e presentano in forma ovale o lanceolata. Sono sempreverdi e per questo sono amate per il loro valore ornamentale. I fiori crescono nella stagione primaverile, momento in cui espandono il loro profumo gradevole. Sono bianchi, vicino al crema, e nel loro insieme formano delle belle pannocchie profumate. La skimmia japonica dà vita anche a delle piccole bacche che crescono in buon numero con una forma ovoidale o più tonda. Hanno colore rosso acceso,hanno la particolarità di conservarsi su di essa per diverso tempo.
     
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    La BERRETTA del PRETE

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    La berretta del prete è un arbusto che raggiunge i 5 metri di altezza, con fiori rossi dalla particolare forma che ricorda il tipico cappello da prelato. Si tratta di una pianta dalla ramificazione leggera ma fitta di fiori. Le foglie sono picciolate, alterne ellittiche o lanceolate con apice acuto e margine finemente dentato; la pagina superiore verde scuro, quella inferiore più chiara. I fiori in cime ascellari multifiori 2÷9 elementi , sono ermafroditi, raramente anche unisessuali, tetrameri, si sviluppano contemporaneamente alle foglie; hanno breve peduncolo, calice gamosepalo verde, persistente, sepali verdi, petali di forma allungata-lineare, di colore bianco-giallastro o bianco-verdastro, lunghi ± il doppio del calice. Gli stami sono più corti della corolla.
    I frutti sono capsule pendule, carnose, con 4 lobi marcati, prima verdi, poi in autunno di colore rosso o rosa, lucide, Ø 10÷15 mm, i lobi aprendosi evidenziano uno pseudoarillo di colore arancione che riveste i semi, che sono tossici.

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    Il nome del genere deriva dal greco "ev/eu" = buono, bene e "ònoma"= nome, quindi "buon nome", in questo caso ha un significato beneaugurante e scaramantico, una sorta di captatio benevolentiae, considerando la velenosità dei frutti; l'epiteto specifico indica il continente in cui è spontaneo. I singolari nomi volgari attribuiti a questa specie, Fusaria e Berretto del prete, si riferiscono il primo, all'antico uso del legno dei fusti, con il quale si realizzavano i fusi per filare la lana; il secondo alla forma e al colore dei frutti simili al “tricorno”: il berretto a spicchi con pompon centrale, tipico dei sacerdoti di campagna di un tempo.

    Il legname, utilizzato per realizzare i fusi in legno degli arcolai, emana un piacevole aroma di mela. La compattezza, l'elasticità e la durezza del legno ne hanno permesso l'utilizzo anche nella fabbricazione degli archi fino al Medioevo. Molto duttile, era impiegato nella fabbricazione di stuzzicadenti, per lavori di intarsio e per fare archetti per viole.
    I giovani rami, carbonizzati, erano utilizzati dai pittori come carboncino, mentre il carbone ricavato da questa pianta era impiegato nella fabbricazione di polvere da sparo. L' olio estratto dalla pianta può essere impiegato per la produzione di saponi. I fiori sono impollinati soprattutto mosche; la disseminazione avviene ad opera di merli, pettirossi, tordi e altri uccelli, che sono attratti dai frutti vistosi.
    Wahoo è il nome indigeno assegnato a questa pianta sia dai creek che dai sioux. Diverse erano le specie utilizzate dai nativi nordamericani, la più importante era E. atropurpureus, usato per curare varie malattie, dai disturbi dell'utero alle infiammazioni degli occhi.
    Verso la fine del XIX secolo, in Inghilterra si sviluppo una vera e propria mania per le piante di questo genere.
    (actaplantarum.org)



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    Edited by gheagabry1 - 14/5/2020, 01:23
     
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  13. gheagabry
     
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    L'ELIOTROPIO, fior di vaniglia


    Introdotto in Europa nel 1735, con il nome fior di vaniglia, si intende una pianta, l'Heliotropium arborescens, piccolo arbusto originario del Perù, i cui piccoli fiori di colore viola profondo emanano un intenso aroma, che ricorda la vaniglia, le ciliegie, le crostate alla marmellata, insomma un profumo goloso emanato da dei fiori bellissimi. Questa piccola pianta viene coltivata come una perenne nelle zone più calde della penisola, e spesso come una annuale nelle zone con inverni più freddi. In genere produce un piccolo arbusto, alto al massimo 35-55 cm, con grandi foglie rugose e ruvide, di colore verde scuro, speso con la pagina inferiore violacea, quasi nera; per tutta la bella stagione produce all'apice dei rametti grandi corimbi di fiorellini viola scuro, molto profumati; esistono varietà ibride e cultivar, anche con fiori bianchi, con lo stesso identico profumo. Al genere heliotropium appartengono circa duecentocinquanta specie di piante, diffuse in gran parte delle zone temperate del pianeta; Questa pianta viene spesso coltivata in panieri appesi, per meglio godere del profumo dei fiori.
    Molte specie di eliotropio sono particolarmente amate dalle farfalle, sono quindi decisamente adatte nei giardini fioriti dove si intende favorire la presenza di tali insetti. La maggior parte degli eliotropi sono fortemente tossici, e sembra che alcune specie di farfalle prelevino il profumo dei fiori di eliotropio per profumare anch'esse e minacciare i nemici naturali come se fossero esse stesse degli eliotropi, quindi tossici, e quindi immangiabili.

    Il nome eliotropio deriva dal latino, e significa in pratica girasole: le spighe floreali di eliotropio nel corso della giornata si spostano per seguire l'andamento del sole, proprio come accade al girasole (helianthus annuus). Il nome comune inglese è turnsole, ad indicare ancora una volta questo particolare comportamento della pianta. Anticamente le specie di eliotropio presenti in Europa venivano utilizzate per estrarne l'olio profumato, ed anche come tinture ed anche una specie di colorante alimentare, tipo lo zafferano. In alcuni posti, alcune varietà di Eliotropio sono utilizzate nell'industria profumiera, grazie al sentore piacevolissimo

    Eliotropo, secondo il linguaggio dei maghi fa scoprire la verità. Nel linguaggio dei fiori significa devozione. Coltivato in giardino si dice che stimoli l'ambizione, spingendo al successo e all'affermazione in campo professionale.
     
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  14. gheagabry
     
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    Filadelfo



    Il Filadelfo appartiene alla famiglia delle Saxifragaceae ed è un arbusto deciduo che può superare i tre metri di altezza. Il genere comprende arbusti caduchi dal portamento eretto, ma in parte ricadente. Le foglie sono ovali, verde scuro. I Philadelphus sono facilmente riconoscibili in fioritura per il gran numero di fiori bianchi, semplici, semi doppi, o doppi dall’aspetto delicato e molto profumati d’arancio (in quasi tutte le varietà ).

    L’altezza varia da 1 mt della varietà Philadelphus ´Manteau d’Hermine´ ai 2,50 mt di Philadelphus virginal.

    L'etimologia del nome: il termine generico deriva dal greco 'phileo', io amo e 'adelphos', fratello, in riferimento ai molti stami, secondo altri ai numerosi rami che si intrecciano tra di loro.



    ....una festa dei sensi....

    Dire Philadelphus ed essere trasportati quasi per magia nel giardino della nonna è tutt'uno. A quel tempo, il loro intenso profumo d'arancio entrava dolcemente nella testa di noi ragazzi impazienti di partire per le avventure estive. Intrecciandosi con quello dei ligustri, segnava il termine delle lezioni scolastiche.

    Molto spesso si trattava del comune "fior d'angelo", quel Philadelphus coronarius che cresce spontaneo, sebbene raro, in alcune regioni italiane. Infatti, fatta eccezione per una ristretta cerchia di appassionati, i proprietari di giardini si accontentavano di ciò che il mercato offriva: Philadelphus coronarius, appunto, Philadelphus pubescens, e poco altro. Solo i vivaisti di nicchia - i Burdin e i Rovelli nell'Ottocento, i Contini & Nava o gli Ingegnoli il secolo dopo - disponevano di piante meno note, come gli ibridi ottenuti a Nancy dal celebre Victor Lemoine: 'Dame Bianche', 'Avalanche', 'Manteau d'Hermine' e molti altri, che non tardarono a conquistare cuori e mercati.



    Le creazioni di Lemoine erano e rimangono arbusti preziosi, perché il vivaista francese, operando su Philadelphus microphyllus (alto in natura non più di un metro), creò ibridi dotati di rami arcuati e fioriti, lunghi anche più di 150 centimetri. Oggi, l'architetto paesaggista milanese Patrizia Pozzi assicura «di aver utilizzato in numerosi progetti questi ibridi, capaci con il loro portamento ricadente di suggerire un senso di tranquillità, oltre che di richiamare l'eleganza del periodo Liberty in cui furono creati».

    Ma Lemoine, il padre dei Philadelphus moderni, non si accontentò degli eccellenti risultati del proprio lavoro e volle superare l'unica critica rivolta a questo genere botanico, quella di avere fiori esclusivamente bianchi.
    Partendo dalla varietà di Philadelphus mexicanus 'Rose Syringa', con tracce di colore violetto alla base dei petali, ottenne tutta una serie di ibridi i quali, sotto il nome di Philadelphus x purpureomaculatus, hanno portato una ventata di novità tra questi arbusti, sia per quanto riguarda i colori dei petali sia le dimensioni delle corolle.

    Philadelphus 'Belle Etoile', 'Etoile Rose', 'Sybille' sono soltanto alcuni di loro e, come conferma Patrizia Pozzi, «si tratta di piante interessanti anche per le dimensioni contenute, che le rendono perfette sia usate individualmente nei piccoli giardini sia in masse nel primo piano delle bordure arbustive più imponenti».

    Dopo Lemoine, gli ibridatori si sono dedicati al miglioramento di caratteri diversi, ma con risultati non meno importanti. Si pensi in primo luogo alle varietà con fiori doppi, che pure il vivaista francese non aveva trascurato, come per esempio 'Dame Bianche' e 'Manteau d'Hermine'.
    (Paolo Cottini, Gardenia, maggio 2008)


     
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  15. gheagabry
     
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    Iochroma australe(acnistus australis)





    australis Acnistus / australe Iochroma

    Arbusto di grandi dimensioni, a foglie caduche, originario dell’America meridionale; gli esemplari adulti possono raggiungere i 2-3 metri di altezza. Produce fusti legnosi, ramificati in modo disordinato, raramente presenza un fusto singolo; il fogliame è di grandi dimensioni, coriaceo, ricoperto da una sottile peluria che lo rende quasi vellutato, di colore verde scuro. Dalla primavera fino all’autunno, all’ascella fogliare, produce grandi infiorescenze ad ombrello, generalmente rivolte verso il basso, costituite da lunghi fiori tubolari, di colore viola scuro, molto decorativi. Esistono altre specie di iochroma, che producono fiori di colore rosso, giallo, bianco o rosato. Si tratta di una pianta originaria di zone tropicali, quindi spesso in Italia viene coltivata in vaso, dove mantiene dimensioni abbastanza contenute , inferiori ai 150-180 cm. Tende a produrre molti succhioni basali, quindi nel complesso difficilmente si sviluppa come un piccolo albero, ma tende a divenire un largo arbusto tondeggiante. La fioritura è molto prolungata e nelle zone con clima favorevole può non perdere le foglie e continuare a fiorire anche durante l’inverno; per mantenere un arbusto abbastanza compatto e denso si consiglia di potarlo in autunno, accorciando tutti i rami di circa un terzo.
    Esposizione
    predilige posizioni molto luminose, al sole o alla mezzombra; può sopportare senza problemi brevi gelate di lieve entità, ma nelle zone con inverni molto rigidi va coltivata in contenitore, in modo da poter spostare il vaso in luogo riparato durante l’inverno.







    DAL WEB
     
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37 replies since 1/9/2011, 10:49   146124 views
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