LIALA

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    Liala











    Amalia Liana Cambiasi Negretti Odescalchi nasce a Carate Lario il 4 marzo 1897 da una famiglia colta e benestante,che vanta tra i suoi antenati Felice Romani, librettista di Vincenzo Bellini.

    La giovane Amalia compie gli studi che all’epoca si addicono a una giovane donna del suo rango, studiando al liceo classico, poi giovanissima sposa il marchese Pompeo Cambiasi, più anziano di lei di molti anni e Ufficiale della Marina.

    Grazie a questo matrimonio viene introdotta negli ambienti della Marina, che faranno da sfondo a quasi tutti i suoi romanzi. La futura scrittrice si fa conoscere anche per le sue stravaganze ( per l’epoca ovviamente), infatti guida da sola l’auto rifiutando l’autista, indossa spesso pantaloni…insomma tutte cose insolite per le donne dell’epoca, anche se grazie ad alcune pioniere questi comportamenti stanno iniziando a vedersi in giro.

    Ma il suo anticonformismo diventa evidentissimo quando si innamora, ricambiata, del pilota d’idrovolanti Vittorio Centurione Scotto, e prende seriamente in considerazione l’ipotesi di divorziare dal marito!

    I due innamorati sono davvero decisi a compiere il grande passo nonostante l’ostracismo delle famiglie (Vittorio è anche marchese, e la famiglia Negretti rifiuta Amalia per timore dello scandalo), della società (siamo negli anni ’20: un divorzio è una tragedia!) e della stessa Marina, che all’epoca controlla che le vite private dei suoi uomini siano ineccepibili; paradossalmente solo il marito tradito e abbandonato di Amalia dimostra comprensione per lei e la lascia libera di decidere.

    Purtroppo però nel 1926 il sogno si spezza: Vittorio precipita con l’idrovolante e muore durante un allenamento. E’ probabilmente il dolore più grande della vita di Amalia, che difatti si ammala al punto che i famigliari addirittura temono per la sua vita. Pian piano però ne esce, anche grazie all’aiuto del marito che non l’ha mai abbandonata; per superare il dolore comincia a scrivere la sua storia d’amore, trasferendo sulla carta personaggi e ambienti veri, ma soprattutto i sentimenti e le emozioni provati. Da questo esperimento di scrittura catartica nasce il suo primo romanzo SIGNORSI', che viene pubblicato dalla casa editrice Mondadori nel 1931. Il romanzo in breve ottiene un discreto successo, tant’è vero che la neo scrittrice si conquista subito un ammiratore d’eccezione, Gabriele D’Annunzio, che vuole conoscerla, incuriosito dal fatto che una donna parli nei suoi romanzi con tanta competenza del mondo dell’aviazione e della Marina. E' proprio lui a coniare lo pseudonimo con cui da allora in poi Amalia pubblica i suoi romanzi, Liala: ”perché nel tuo nome ci sia sempre un’ala” così le augura il Vate.











    E forse prendendo come di buon auspicio l’ammirazione di un così grande personaggio per la sua opera, da allora la giovane scrittrice pubblica come Liala, divenendo nel tempo la più importante autrice di romanzi rosa in Italia, conosciuta e apprezzata per i valori semplici e tradizionali molto in voga in Italia fino alla fine degli anni ’60 circa, oltre che per uno stile descrittivo elegante e accurato ma che allo stesso tempo si rivolge a un pubblico di donne molto vasto, che comprende anche casalinghe, popolane e in genere quindi facilmente comprensibile, nonostante a volte cada nella verbosità e incappi in facili pregiudizi. Per esempio la donna "libertina" - che spesso è semplicemente la ragazza vivace a cui piace flirtare coi giovanotti, vestire con pantaloni, fumare o nei casi audacissimi andare a vivere da sola, oppure che fa un mestiere scandaloso tipo la soubrette o la ballerina - è quasi sempre destinata a una fine se non brutta (come in LA MERAVIGLIOSA INFEDELE) comunque non lieta o tutt'al più di comodo, mentre l’amore vero e il lieto fine arridono all’eroina dolce e pura; oppure in alcuni romanzi si può notare come i tradimenti da parte dell’uomo vengano considerati solo tradimenti del corpo, che non mettono in pericolo quindi la vita di coppia, mentre quelli della donna sono peccati difficili da perdonare, e l’uomo che lo fa è solo grazie alla sua nobiltà d’animo (caso estremo di questa ultima teoria è IL PECCATO DI GUENDA).











    Nonostante ciò Liala è un’autrice che vuol bene ai suoi personaggi,non li giudica e si cura in modo approfondito della loro personalità,mostrandoli al lettore per come sono.

    Altra caratteristica per cui va famosa sono gli improbabili e spesso stranissimi nomi dei suoi personaggi, soprattutto donne: Antinisca, Morello, Fulgenzia, Pervinca ecc…

    Dopo la tragica fine del suo grande amore e il superamento della conseguente depressione, Liala si riappacificò col marito Pompeo e ricostruì il suo matrimonio, dal quale nacquero le sue figlie Primavera e Serenella, e visse sempre in maniera discreta e normale nonostante la sua fama.

    Nel 1968 si stabilì nella villa chiamata LA CUCCIOLA a Varese, dove continuò la sua attività di scrittrice fino al 1985, quando pubblicò il suo ultimo romanzo FRANTUMI DI ARCOBALENO.

    E’ morta nel 1995.

    Come dimostrazione del suo valore di scrittrice,tra i suoi fan annoverò personaggi illustri come il D’annunzio(di cui abbiamo già detto),il poeta Trilussa e l’ultimo re d’Italia Umberto II, oltre a essere considerata una specie di madrina dell’Aereonautica, che mandò una rappresentanza al suo funerale per renderle omaggio.











    Ecco un articolo "preso" da La Stampa.it






    4/6/2010 - LIALA

    L'ideale Lei: meglio
    se non è un'aquila


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    La dama rosa della letteratura battezzata da D'Annunzio: una guida, non solo per i sentimenti, nella formazione delle italiane


    MIA PELUSO

    «L’uomo è cacciatore, se è maschio per davvero. Non come successe a me una volta. Mi notò per strada un pittore di una certa fama, come ebbe a rivelarmi poi mia madre. Mi si avvicinò e, dopo essersi presentato, mi chiese di recarmi in studio da lui per posare. Rimasi lusingata come qualsiasi donna al mio posto. Ci andai con il cuore in gola, tirata a lucido come una diva del cinematografo e non ero da meno, davvero. E quando fui là, pensi che onta per un maschio, mi fece posare le mani su un cuscino e le ritrasse. Solo quelle: cose dell'altro mondo». Così Liala ormai nonagenaria parla ad Aldo Busi, un «bell'omone» che ancora stuzzica la sua malizia di donna, elettrizzata davanti a un intellettuale che come Trilussa e Ojetti, e D'Annunzio prima, non nasconde la sua ammirazione per lei. Il Poeta Vate aggiunse un'ala al suo nome mutando Liana in Liala e le dedicò una fotografia «A Liala compagna d'ali e d'insolenze». Perché Amalia Liana Cambiasi Negretti Odiscalchi di nobili lombi, in arte Liala, era ribelle e libera di spirito, con conoscenze «da maschio».

    Per la sua erudizione in campo aeronautico un critico del Corriere della Sera scrisse che i suoi romanzi erano sicuramente opera di un uomo. A lei gli uomini piacevano soltanto «alti almeno un metro e ottanta, con spalle larghe, intelligenti e con fegato da vendere». Non era tenera con i meno aitanti. Liquidò le voce di una sua relazione con Angelo Mondadori chiamandolo «poverello» con aria di noncurante superiorità. Aveva spirito. A Busi che argutamente accennava al fascista Italo Balbo come a «quello così bravo a fare le marce» replicò che era bassettino e tracagnotto e che doveva aver fatto la marcia su Roma «a passettini così corti perché era basso di cavallo».

    Aviatore pure lui però, come il suo ideale di uomo, nato per solcare i cieli sul suo apparecchio splendente nel sole scrutando dalla carlinga l'orizzonte. Per questo dopo essere convolata a nozze di fiaba con il marchese Pompeo Cambiasi, ufficiale di marina a lei eternamente devoto e da cui ebbe due figlie, Serenella e Primavera, non esitò a lasciarlo per l'eroe Vittorio Centurione Scotto, ufficiale d'aviazione di cui «la marina è ancella» che, dopo il romanzesco divorzio in Ungheria, romanticamente e tragicamente s'inabissò in mare.

    Del dolore di quella perdita Liala si fece un manto di lutto regale. Qualcuno ebbe l'ardire di definirlo un'invenzione quando lei si rifugiò nella scrittura per non morirne, e fu Roberto Cappuccio, zio di Piero Sordi «l'aviatore dagli occhi d'oro» di cui parla in Ombre di fiori sul mio cammino. Un romanzo che Cappuccio definì una vera e propria autobiografia, esibendo a supporto foto della coppia con dedica autografa «La tua mogliettina Liana».

    Ma chiunque sia stato il suo amore, è certo che Liala fece della sua vita il suo romanzo più riuscito, dall'adolescenza a Carate sul Lago di Como dove «la bella ragazza da i oci e i cavei culur birra Poretti» mieteva cuori, fino alla «lunga castità» che incastonò i suoi focosi amori. Una vita che contrasta con quella delle sue eroine dall'orizzonte così ristretto da indurre Camilla Cederna a definirla «scrittrice per manicure». Perché la donna di Liala «ha da essere piacevole, educata, e che non chiacchieri troppo. Poi, se non è un'aquila, pazienza». E anche «se è ochetta ciò non guasta. Gli uomini cercano in lei un po' di riposo». Così passa metà della vita ad attrarre il maschio a mo' di lampada con le falene e l'altra metà a servirlo ed essergli fedele.

    Dopo l'ondata di scrittrici come Annie Vivanti, Neera, la contessa Lara, Grazia Deledda, Liala a ben ragione appare più passi indietro. E sono verginali i suoi romanzi à côté di quelli di Guido da Verona, Mario Mariani, Luciano Zuccoli, lo stesso Pitigrilli. Eppure nessuno ha mai venduto tanto e raggiunto così vari e vasti strati sociali. I suoi romanzi sono per definizione bestseller e insieme longseller. Agendo su un così grande numero di appassionate lettrici, a prescindere dal suo valore letterario, Liala ha offerto un contributo non indifferente alla formazione delle italiane. Su Confidenze e Novella le si rivolgevano per avere consigli non solo sentimentali ma anche pratici, di vita vissuta, così grande era la fiducia in lei, amica e guida.

    Il suo periodo d'oro è quello del Ventennio, ma i suoi ideali sono solo in parte conformi al fascismo. Esalta la forza e l'arditezza ma avendo a mente la romantica nobiltà delle divise, che ben si adattano al suo maschio ideale e alimentano romantici sogni. E insiste sul fascino delle buone maniere che, antesignana di donna Letizia, insieme all'igiene insegna alle sue lettrici. Su questo, è tassativa: «Liala viene prima del deodorante - dice -, ho insegnato alle italiane a lavarsi». Solo per questo si considera una maestra («e gli altri, i miei paludati colleghi, che cosa hanno lasciato?»).

    Ma il suo influsso è più ampio e sotterraneo: al di sotto di quella che venne considerata la sua melensaggine inculca il gusto estetico, il garbo e la proprietà linguistica quali modi per omologare i meno fortunati ai comportamenti che la classe borghese ha, a propria volta, tratto dall'amato mondo nobiliare. Fino a tarda età, quando necessita della preziosa collaborazione della figlia Primavera e dell'erudita domestica, conserverà intatti i suoi ideali aristocratici. Ha però saputo cambiare, come ebbe a dire, dando il voto alla Democrazia Cristiana anziché al Partito Monarchico, pur volendo sulla propria bara la bandiera con lo stemma dei Savoia. Ma soprattutto ha insegnato alle italiane ad amare l'amore a tal punto che, come dice Eco, in epoca postmoderna ormai non si può dire «ti amo disperatamente» senza premettere «come direbbe Liala».

    I TITOLI
    Liala (1897 - 1995) pubblicò il suo primo romanzo «Signorsì» nel 1931 da Mondadori. I suoi titoli nel corso degli anni hanno superato i dieci milioni di copie. Continuano a vendersi nella collana che le ha dedicato Sonzogno. Tra le riproposte più recenti «Il profumo dell’assente», «L’addormentato cuore» e l’ inconcluso e postumo «Con Beryl, perdutamente», uscito nel 2007.












    fonte RomanceHistoryLiala
     
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