SARDEGNA PARTE 2^

BARUMINI TERRA NURAGICA..LE DUNE DI PISCINAS..L’OGLIASTRA TRA MARE E MONTAGNA..NUORO E LA BARBAGIA

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Venerdì ... solitamente quando si parla della Sardegna, o si pensa ad essa, la prima cosa che viene in mente è il mare cristallino e le spiagge tinte di variagati colori a seconda della zona e della costa ... eppure esiste la Sardegna collinare e montuosa, l’entroterra fatto di vegetazione e di campagna ... terra che descrive perfettamente le sue genti ... dura e generosa, da tratti aspri ma dal cuore grande ... oggi la nostra mongolfiera volerà anche sopra l’entroterra sardo, verso Nuoro, verso l’Ogliastra ... luoghi che conosco molto bene e che hanno lasciato in me ricordi forti e vivi ... Buon risveglio amici miei ... continua il nostro viaggio nella terra sarda ...” (Claudio) ... Nuraghe so, sos seculos isfido … Nuraghe so, sos seculos isfido, Cantu durat su mundu hap'a durare, Costantemente assalidu mi bido Da tempestas orrendas in sonare. Ma mai m'hana potidu atterrare: Osserva cantu in sos poderes fido. Su tempus sigat puru a tempestare, Tantu deo in contrariu decido. Sighint eras e generaziones. A tramuntare, e deo in cust'istadu. Semper contando sas istasiones. B'hat resone si deo paro fronte, Ca sos mastros chi m'hana fabbricadu... Fint Piracmone, Isterope cun Bronte...(Celestino Caddeo)



    BARUMINI TERRA NURAGICA..LE DUNE DI PISCINAS..L’OGLIASTRA TRA MARE E MONTAGNA..NUORO E LA BARBAGIA...



    “I nuraghe, uno dei simboli della Sardegna, sono originali costruzioni in pietra che testimoniano la più antica civiltà dei popoli sardi, risalente al secondo millennio avanti Cristo…..Queste torri primitive, che si trovano solo nell’isola sarda, sono costruite a secco con pietre di notevoli dimensioni, che formano cerchi concentrici uno sull’altro….Tutt’attorno, si svolgeva la vita sociale di uno dei popoli più misteriosi del Mediterrano: i nuragici…A Barumini, praticamente al centro della Sardegna, è stato ritrovato il complesso più importante, dichiarato nel 1997 Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco…È un monumento imponente e maestoso, una sorta di reggia risalente al XVI- XV secolo a.C. che nel tempo è stata rinforzata, probabilmente, per ragioni difensive. Al centro della struttura, costruita con massi giganteschi di basalto, vi è un mastio: una torre costituita da tre camere sovrapposte che gli archeologi ipotizzano fosse alta ben 27 metri. Quattro torri disposte secondo i punti cardinali circondano il mastio e sono unite tra loro da muri….Al centro della reggia c’è una stanza circolare - larga più di sette metri - al cui interno, lungo tutto il perimetro, vi è un sedile ben conservato….si suppone che si tratti di un ambiente sacro, utilizzato per pratiche divinatorie o decisioni di governo…Attorno a Su Nuraxi (Il nuraghe)..ci sono i resti di un villaggio con i ruderi di capanne circolari, talmente vicine e disposte senza un ordine definito da formare una sorta di labirinto, un reticolo in cui perdersi che si può chiaramente osservare dall’alto della torre.”



    “Sulla costa occidentale della Sardegna, Piscinas è un angolo di deserto con le dune vive più alte d’Europa…La sua spiaggia e le sue dune rientrano nel territorio di Arbus: uno spazio quasi irreale, fatto solo di mare, sabbia e vento. ….le colline di sabbia color ocra, continuamente modellate dal maestrale, sono alte più di cinquanta metri e si allungano fino a due chilometri nell’entroterra...La vegetazione è costituita solo da cespugli di lentisco, ginepro, ginestra e asfodelo…talvolta sulla spiaggia arrivano anche i cervi e su questo tratto di costa, d’estate, nidificano le tartarughe marine…… il mare in questo tratto è profondo, come del resto in tutta la Costa Verde e il vento che spesso soffia forte crea onde molto alte.. A nord della lunga spiaggia di Piscinas, che supera i sette chilometri, c’è il rio omonimo; a sud il litorale si estende a perdita d’occhio fino a Capo Pecora…il percorso per arrivare alla spiaggia è anche un viaggio nella storia della zona e del suo passato industriale. Montevecchio, Monteponi e Ingurtosu sono stati siti minerari da cui si estraevano piombo, zinco e argento… Ingurtosu: un villaggio operaio…..spiccano tra i resti di queste costruzioni l’abitazione del direttore: Villa Idina, una costruzione in stile liberty”



    “Un legame profondo quello che unisce Villacidro allo scrittore Giuseppe Dessi, che ha riversato nella sua opera un amore talmente grande per la nostra cittadina, al punto che quest’ultima con la sua storia, i suoi luoghi, la sua gente, rivive in tanta parte della produzione dessiana…Il territorio è uno dei più caratteristici della Sardegna, dal punto di vista geologico, faunistico e storico-minerario.... la cascata della “Spendula”….le cascate di “Piscina Irgas” e di “Muru Mannu”…i Monti Mannu… le Tombe di Matzanni… sono in realtà tre pozzi sacri……Villacidro si estende dolcemente a mezza costa sulle ultime propaggini sud-orientali del massiccio del monte Linas. Le montagne che la circondano ricche di boschi e di corsi d’acqua costituiscono l’habitat ideale per numerose specie di animali selvatici.”



    “L’Ogliastra…terra di incantevole bellezza, situata lungo il versante orientale della Sardegna…Il suo territorio, racchiuso fra mare e montagna, offre un'infinita quantità di scenari paesaggistici unici nel suo genere. Un mare limpido e cristallino lambisce la sua lunga costa multiforme, fatta di soleggiate spiagge alternate a maestose scogliere che si ergono fiere a dominare il mare….Cale discrete e isolate, come Cala Mariolu, Cala Luna, Cala Biriola, Cala Sisine e Goloritzé, sono gemme incontaminate, pure e suggestive….stupende oasi incastonate fra mare e roccia ammantata dal verde del muschio…. L'altro incanto è la natura che sale integra e sovrana sulle colline, per arrivare sino ai monti del Gennargentu…un territorio in cui l'uomo da secoli si è insediato con rispettoso riguardo, creando un connubio armonioso con l'ambiente.”



    “I Tacchi d'Ogliastra sono luoghi selvaggi e unici in Sardegna dove si possono vivere forti emozioni in habitat incontaminati e in cui trovano posto moltissime specie animali e vegetali come l'Aquila Reale e il Muflone e i boschi secolari di Leccio…. sono monti calcareo-dolomitici, così chiamati per la loro conformazione tipica simile ad un tacco di scarpa di cui Perda Liana è il più famoso rappresentante. …..ricadono nei territori dei comuni di Ulassai, Osini, Gairo e Ussassi…Il territorio comprende oltre il Tacco in Monte Tisiddu, il Monte Arquerì, il Tacco Arba di Ussassai, il Monte Lumburau, il Taccu Anguil'e Ferru e Punta Corongiu di Jerzu…..Perda Liana è il monumento naturale più famoso della Sardegna situato: si erge in modo isolato a quasi 1300 metri ed è veramente spettacolare vederla torreggiare da lontano. Il poeta Sebastiano Satta così la descriveva nei suoi versi: "la montagna rossa di garofani selvaggi, aquile nere vanno incontro al sole, alte divine Gennargentu splende nella sera cinta viole"….La zona dei Tacchi è molto ricca di complessi nuragici, tra i quali …Serbissi , Urceni, Is Cocorronis, Mela, Sanu, Su Samuccu e Pranu…”



    “Nuoro….territorio è estremamente vario, si alternano monti, altipiani di diversa natura, profondi valli ed un tratto di costa caratterizzato da grotte ed insenature tra i più selvaggi e naturali….Diverse le dominazioni che si sono alternate su questa terra: dai Cartaginesi nel VI sec. a.C., ai Romani, ai Vandali, ai Bizantini, ai Pisani, agli Aragonesi, agli Spagnoli, fino ad arrivare ai Savoia…..E' capoluogo della provincia sarda dal 1927, rappresentando e preservando le tradizioni delle zone più interne e remote della regione e al tempo stesso della cultura più moderna… tra i suoi cittadini importanti personaggi quali il premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda (1926), il poeta Sebastiano Satta (1867-1914), lo scrittore Francesco Calvia ( 1884-1949), il giurista-scrittore Salvatore Satta (1902-1975), il saggista e politico Attilio Deffenu (1890-19189…… La città è sovrastata dal Monte Ortobene, dalla cui cima si ha uno straordinario panorama su tutta la Barbagia, il Supramonte di Orgosolo e Oliena, fino al Mar Tirreno…Nuoro fu conquistata nel 1300 dagli Aragonesi che la inclusero nella diocesi di Alghero. Il suo centro storico mostra due aspetti ben distinti: quella della moderna città e quella dei vecchi quartieri di San Pietro e Séuna, con le stradine strette e le case basse dai muri a secco. Il centro storico è raccolto attorno al Santuario della Madonna delle Grazie, edificata negli anni Cinquanta.. e alla Cattedrale di S. Maria della Neve, dei primi Ottocento in stile Neoclassico.. La casa natale della scrittrice Grazia Deledda, nell'omonima via al civico 28, ospita il Museo Deleddiano con i documenti e le opere più significative dell'artista…Nei dintorni… il nuraghe Tanca Manna, che forma quasi un tutt'uno con l'imponente roccione che si trova sul posto. la domus de janas di Sas Concas, un gruppo di ipogei di età prenuragica che vanta una serie di particolari incisioni parietali di tipo magico-religioso. ….nel Comune di Orune… il pozzo sacro di Su Tempiesu e il complesso nuragico di Noddule…..il Monte Gonare, la cima più caratteristica della Barbagia con la chiesetta medioevale della Madonna del Gonare.”



    “La Barbagia, terra di montagna e di pastori…Il nome della regione deriva dal latino Barbària (barbari), nome assegnato dai Romani alla gente del luogo per il loro carattere schivo e orgoglioso che non si lasciò mai completamente assoggettare. A causa dell'asprezza del territorio, interamente immerso nell'area del Gennargentu e del Supramonte, la Barbagia ha sempre vissuto l'isolamento, aspetto che ha fortemente delineato l'indole più che riservata della sua gente che ha potuto conservare tradizioni, cultura e lingua, quest'ultima considerata la parlata sarda più pura…il paesaggio del Supramonte, a sud di Nuoro, è un vasto altopiano calcareo dolomitico che giunge fino al Golfo di Orosei, comprendente i territori di Oliena, Orgosolo, Dorgali, Urzulei e Baunei….. Orgosolo, simbolo della cultura barbaricina, i cui edifici sono stati ricoperti da murales eseguiti da vari artisti a partire dalla seconda metà del '900 interpretando il conflitto tra cultura moderna e tradizione. Camminando per le strade, è facile che l'attenzione venga attirata dall'incontro con le donne del paese interamente vestite di nero che con passo svelto scompaiono velocemente tra i vicoli…..Nel Gennargentu di Arzana, numerosi sono i siti d'interesse naturalistico, tra cui le gole formate dagli affluenti del fiume Flumendosa, il bosco di Tassi di Tadderieddu e l'acero più grande d'Europa…..”



    “Gavoi, uno dei paesi della Barbagia sarda, tra Nuoro e il Gennargentu, al centro della Sardegna… Grigio e rosso sono i colori dell’abitato: il grigio del granito, la pietra locale con cui sono state costruite molte case da sos picaperderis (i tagliapietre) e il color mattone della trachite. I balconi in legno e ferro, che si affacciano sulle salite e le discese di Gavoi, ricordano quelli delle baite di montagna; la casa tipica era su due piani, in basso la cucina e il ricovero degli animali, al primo piano la stanza degli sposi…..Nel centro storico, spicca il campanile rosso della chiesa dedicata a San Gavino del XVI secolo, con due campane della fine del Cinquecento….daqualche anno si ripete un festival dedicato alla letteratura ma soprattutto al piacere della lettura, che cerca di scoprire qualche nuovo talento e invita scrittori già affermati….Il festival dura tre giorni ed è organizzato dall’associazione l’Isola delle Storie….Gavoi è quindi il paese delle storie che si ascoltano e si leggono tra le strade…. Ed è conosciuta anche per la tradizione orale del canto a tenore barbaricino. Si tratta di un canto a quattro voci, tipico della tradizione agropastorale sarda dei paesi dell’area del Gennargentu, i cui testi - vere poesie! - non sono quasi mai scritti e quindi sono tramandati o spesso improvvisati.”



    “Siniscola…. grosso centro agricolo posto sul margine interno di una piccola pianura costiera, ai piedi del Monte Albo…con una cresta frastagliata, lunga circa 20 km., la montagna prende il nome dal colore bianco della roccia calcarea che la caratterizza e che si stacca dal giallo dell'altopiano da cui emerge….Nel centro di Siniscola …. la parrocchi di S. Giovanni Battista, del XVIII-XIX sec., che custodisce all'interno una lapide con incise le impronte dei piedi e una misura d'altezza attribuite a Gesù. …..Posada, sorta sulle rovine del sito romano di Feronia, e dominata dai resti del castello della Fava, eretto nel sec. XII quando il paese era capoluogo della Curatoria di Montalbo nel Giudicato di Gallura; di esso rimangono oggi solo una grande torre e una parte del mastio.”


    “Il nuorese vanta un tratto costiero estremamente affascinante.. si tratta di coste poco articolate e prive di accessi portuali, fatta eccezione per le insenature dell'ampio golfo di Orosei. Il mare è cristallino e bagna scogliere frastagliate e distese di sabbia incorniciate da un verde paesaggio antistante montagne granitiche. Il Golfo di Orosei offre uno spettacolo unico, fatto di alte falesie calcaree, di grotte che scendono fin dentro le viscere della Terra, di spiagge (formate da minuscoli ciottolini) di bellezza selvaggia, circondate da una vegetazione lussureggiante, tra cui si segnalano le foreste costiere di lecci più vaste dell’Isola.”



    “Nel territorio di Orosei, lungo i 28 km di costa, si alternano l'ampio e dolce profilo sabbioso di Osala, con un sistema dunoso alto fino a 3 m e la pineta che lo separa dallo stagno Su Petrosu, e la costa frastagliata e spigolosa che il mare ha saputo sagomare, abbattendosi sulle nere colate basaltiche. Nelle acque basse dello stagno, si possono osservare numerose specie di uccelli palustri, quali fenicotteri, aironi, avocette, cavalieri d'Italia… verso nord, dopo la splendida Cala Fuile 'e Mare di sabbia finissima, il basalto cede il posto al granito rosa, cui è dovuta l'eccezionale luminosità del fondale marino. Semplici scogli o grandi promontori delimitano le piccole cale di finissima sabbia, seminascoste e cinte dalla verde e rigogliosa pineta….Il cuore antico della cittadina di Orosei è dominato da quel che resta dell'imponente castello giudicale. Attualmente è visibile la torre principale, recentemente restaurata. Attorno al mastio sorge il quartiere di Palatzos Vetzos, costituito dalle vecchie abitazioni e da una serie di palazzi nobiliari del XVI e del XVII secolo. .”



    “Il bue marino, come lo chiamavano gli abitanti di Gonone, in questo meraviglioso lembo della costa orientale sarda, appartiene ormai ai ricordi di un tempo in cui la vita scorreva in sintonia con la natura. Non c'erano traghetti, gommoni, motoscafi rombanti. Il mare era il mare, le spiagge luoghi privilegiati dove a regnare erano il sole e il silenzio. Dicono che le ultime foche sopravvivano qualche miglio a sud, in antri profondi e inaccessibili…... Suggestione ed anche mistero nella grande Grotta del Bue Marino…i graffiti, nella parete quasi all'ingresso, raccontano un rituale millenario. Forse una danza, oppure una festa in onore di chissà quale dio. Qualche passo e l'ingresso si biforca per giungere alla sala della Dama bionda. Il nome deriva da un lugubre ritrovamento del 1947: lo scheletro di una donna morta dieci anni prima. Chi era? Com'era finita laggiù? Chi la uccise? Il tempo non ha dato risposte ad alcuna di queste domande. E il tempo non e' bastato a diminuire il fascino di questa grotta straordinaria, dove concrezioni dalle forme incredibili si specchiano in laghetti che sembrano smeraldi, dove l'acqua sgorga e scorre senza fare rumore, tra raggi di luce e riflessi che sembrano comporre le immagini di un sogno…Dalla sala dei Candelabri fino alla sala della Torta, una concrezione piatta e rotonda ricoperta di cristalli trasparenti, una forma familiare, quasi rassicurante in un ambiente che non ha nulla di umano. Il ramo sud, aperto al pubblico appena otto anni fa, conduce attraverso passaggi tenebrosi, cunicoli e laghetti gelati alla spiaggia delle foche, un ampio arenile dove i dolci mammiferi riposavano e si accoppiavano. Quel lembo di sabbia nascosto, silenzioso, meravigliosamente riparato, e' oggi deserto, quasi a ricordare che qualche volta la presenza umana non aiuta la natura.” Anonimo



    “La prima cala che si incontra durante il tragitto è Cala Luna, una lingua di sabbia finissima che divide il mare dal laghetto interno, incorniciata da splendidi oleandri e imponenti montagne…. Osservando il paesaggio capita spesso di imbattersi in qualche roccia dalle sembianze animali, come la famosa roccia del "Cinghialetto" o della Tartaruga… Seminascosta dietro una parete di roccia, appare all'improvviso Cala Biriola ,piccola caletta di confetti bianchi ,incastonata tra rocce nere e una rigogliosa macchia mediterranea….Grotte, insenature e piccole spaccature della montagna, formano un paesaggio unico e affascinante come la "Piscina di Venere" dalle acque con riflessi dal verde al turchese….Navigando sottocosta ,si può ammirare uno dei mari più belli del mondo, le acque cristalline permettono la visione di un ricco e variopinto fondo marino oltre i 30 metri di profondità…La "Grotta Verde" : insenatura naturale, penetra nella roccia per oltre 150 metri creando uno scenario dagli incomparabili cromatismi di verde. Luogo fresco e calmo, ideale per la sosta del pranzo (circa 2 ore) dove, oltre al bagno, é prevista una breve visita all'interno…Considerata una delle più belle cale del mediterraneo, "CalaMariolu" offre forme e colori inimitabili. Ciottolini rosa e cristalline acque ricche di pesci e fondali corallini,offrono una rara occasione per tuffarsi in un mare di colori…. la cala"Goloritze" è monumento nazionale da più di 5 anni. Cattedrali di rocce, grotte, guglie (la più alta raggiunge i 200 metri d'altezza) , muti testimoni dell'azione del tempo, del vento e dell'acqua creano imponenti e maestosi scenari.”








    Mamoiada e i Mamuthones

    Mamoiada è sita a 650 metri s.l.m., mentre l'altitudine media del suo territorio è di 736 metri circa.
    Situata a nord della catena montuosa del Gennargentu, confina con i territori di Fonni, Gavoi, Ollolai, Sarule, Orani, Nuoro e Orgosolo.



    In pieno centro della Barbagia di Ollolai, si conserva l'antichissima tradizione dei "mamuthones" e degli "issohadores" uno dei rituali più arcaici, risalenti secondo alcuni studiosi, ad epoca nuragica o prenuragica.
    Mamojada ha avuto il primo insediamento nell'attuale rione di San Giuseppe, nei pressi di una fonte valorizzata dai romani, tuttora esistente e denominata Mamujone.
    Se si osserva bene l'accostamento dei nomi, si nota la metamorfosi del cambiamento Mamujone-Mamujada-Mamojada, che porta chiaramente ai mamuthones.
    Qui sopravvive ben conservata l'apotropaica tradizione dei mamuthones è degli issohadores, anche se col tempo, come in tutte le cose vi sono stati molti cambiamenti.
    I Mamuthones col loro abbigliamento e comportamento svolgono in forma teatrale il loro rituale, che eseguono danzando, imprimendo e trascinando i la gente in una grottesca ed affascinante frenesia.
    Gli Issohadores hanno altri compiti, sono più signorili quasi moderni, hanno la funzione di protezione e di controllo, quasi a delimitare un recinto nel corteo, sono certamente le figure che hanno subito più di altri le trasformazioni del vestiario, accumulando e assorbendo le modifiche dei costumi.



    La vestizione dei Mamuthones inizia con l'indossare il velluto, "su belludu", gli scarponi di campagna "sos husinzos" scegliere e mettersi la mastruca di pecora nera "sas peddhes" nel sistemare i campanacci "sa carriga" rispettando la composizione armoniosa che viene posta sulle spalle.
    Prima della vestizione, nei partecipanti nasce eccitazione generale, come se si dovesse partecipare ad un evento straordinario, l'agitazione è presente durante tutta la vestizione, aumentando quando si inizia la manifestazione e raggiunge il suo apice durante il rituale di scrollamento agitando con le spalle i campanacci con tanto vigore come se si volesse scaricare tutta la tensione fino a quel momento accumulata.



    L'operazione della vestizione viene eseguita da due persone, una cura la vestizione delle cinghie davanti ed l'altra dei campanacci sulla schiena, si inizia con le prime due cinghie "sas rughes" poste a croce sulle spalle e sul petto, la terza cinghia incrocia a sua volta con le prime due, mentre le altre quattro vengono poste una dopo l'altra sotto le prime tre, per poi passare le cinghie sotto le ascelle ed intibbiate davanti sul petto, qui terminata l'operazione dei campanacci, vengono appese le bronzine "sas hampaneddhas" mentre nella schiena per tenere uniti i campanacci viene passata una corda di cuoio fine "sa trava" quindi s'indossa la maschera nera "sa bisera" il berretto "su bonette" sopra viene sistemato il fazzoletto del vestiario femminile "su muncadore" terminando così la vestizione ( si racconta che il vestiario femminile veniva indossato per scacciare il malocchio, così come nel rituale si esorcizzava anche l'allontanamento degli spiriti maligni), questo è certamente l'elemento determinante di tutta la vestizione.



    La vestizione degli Issohadores è meno complessa e non serve l'aiuto di nessuno, anzi il loro primo compito è aiutare nella vestizione i Mamuthones, iniziano inumidendo le funi di giunco "sa une de resta" o "soha" le fanno roteare per farle prendere una forma omogenea e facilitare il lancio durante il rituale, le "sohe" originali erano fatte di cuoio crudo ammorbidite dopo una lunga lavorazione, oggi non vengono più usate sia per la pesantezza e rigidità, sia perché per formare il cappio veniva inserito un anello di ferro per facilitarne il lancio, risultava pericoloso per chi veniva preso, poi si indossano i pantaloni bianchi "su carzone" e le calze di orbace "sas carzas", la camicia bianca priva di colletto "sa hamisa", il corpetto rosso del costume sardo "su guritu", la berretta sarda "sa berritta" sopra di essa viene posto un fazzoletto colorato che viene annodato sopra la testa, quindi si indossa una collana di cuoio lavorato ed ornato con broccato di traverso dalla spalla destra verso il fianco sinistro, ornata con dei campanellini "sos sonajolos" la collana termina con uno scialle triangolare legato sul fianco sinistro che scende lungo il ginocchio destro "s’issalletto", anche qui come nei mammuthones è presente un indumento femminile "s’issalletto" annodarlo al rovescio, a Mamojada ma anche in tutta la Sardegna serviva e serve tuttora per combattere il malocchio "sa medihìna de s'ocru malu".



    Durante l'esibizione i Mamuthones, sono mediamente dodici, come i dodici mesi dell'anno, si schierano in fila per sei, mentre il numero degli Issohadores è di otto ma può essere superiore.



    Il "passo" dei Mamuthones è molto lento, marcato e pesante dovuto all'abbigliamento e al considerevole peso dei campanacci, iniziano "suonando" "sa carriga", i Mamuthones si froteggiano partono col piede sinistro in avanti, retrocedono, lasciando il piede destro in avanti scrollando violentemente le spalle, si effettua un salto verso l'esterno, poi verso l'interno e di nuovo verso l'esterno mentre si scrolla violentemente le spalle per far suonare i campanacci, ad un segnale del issohadore si fanno tre salti in corrispondente ad un passo normale "sa doppia" o "hòntra hòrfu". L'andatura degli Issohadores è più sciolta e leggera, eseguono anch'essi dei saltelli, sincronizzati con i mamuthones, il loro compito oltre che alla protezione dei Mamuthones è nell'indirizzare "sa soha" verso il pubblico preferibilmente femminile, e usanza che coloro che vengono catturati debbano pagare un pegno.



    La storia dei Mamuthones, e cosparsa da varie ipotesi dagli, tra le più accreditate è quella che accosta l’uomo all’animale, l'abbinamento uomo-animale è determinato anche dal vestire "sas peddhes" mastruca e dai campanacci "sa carriga" di varia misura, (da pecora e da bue) e dal modo in cui vengono eseguiti i movimenti.



    Questi elementi si collegano all'antico mondo agro pastorale, era il rituale di una cerimonia religiosa pagana, veniva eseguito per ringraziarsi le divinità, e per allontanare gli spiriti maligni dalla persone e dagli armenti, si suppone che venisse praticato per propiziare la natura; a settembre " hapidanni" inizio dell’anno agrario, in primavera per il raccolto, ideale collegamento alla stagione che muore e contemporaneamente rinasce.
    In questa allegoria i Mamuthones rappresenterebbero gli animali mentre gli Issohadores i mandriani.



    La figura del Mamuthone è rimasta sostanzialmente uguale nel tempo, mentre gli Issohadores sembrano figure che si sono successivamente aggiunte. In quanto la diversità fra i Mamuthones e gli Issohadores è evidentissima; gli Issohadores non usano ne maschera ne sonagli ne mastruca, ma solo dei piccoli sonagli e la "soha" che richiama il vestiario dei guerrieri bizantini prima e spagnoli poi.

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    La figura predominante della rappresentazione è sempre il Mamuthone, pur conscio della fatica che si deve sopportare durante il rituale, mai abbandona "sa carriga" per indossare i panni dell'issohadore. Ricordo il capo carismatico "Ziu Costantinu Atzeni" quando insegnava "su passu" e si accorgeva che un nuovo pretendente "Mamuthones" non riusciva a eseguire con destrezza il "passo" veniva convinto a fare l'Issohadore gli diceva con tono pacato ma fermo "tu non puoi fare il Mamuthone".

    "Apo postu a vàrdare unu Mamuthone" questo vecchio detto popolare della cultura agro pastorale dell’Isola, stà a significare che il Mamuthone era un guardiano, controllava le greggi e i poderi vestito da Mamuthones, quando si ravvisava un pericolo scrollava violentemente le spalle per incutere timore, se il pericolo persisteva scrollava i campanacci eseguendo "sa doppia", era il segnale di pericolo, era quindi una figura fondamentale per la comunità, i raccolti e il bestiame.



    OGLIASTRA





    Secondo alcuni studi il nome Ogliastra deriverebbe dalla presenza nel territorio di numerosi olivastri mentre noi preferiamo credere alle fonti, più accreditate, che ne attribuiscono la toponomastica all'enorme guglia che si erge dal mare a nord di Santa Maria Navarrese, utilizzato come punto di riferimento dagli antichi naviganti, conosciuto come AGUGLIASTRA.



    Caratteri della provincia
    Lo storico isolamento e la caratterizzazione etnografica sono due elementi di spicco del patrimonio culturale dell' Ogliastra, ricco di tradizioni orali e di tradizioni materiali, come l’artigianato. L’arte dei manufatti nasce come risposta ai fabbisogni quotidiani di famiglie legate a uno stile di vita agro-pastorale. Provincia di terra e di mare, di monti e di spiagge, l’Ogliastra offre ai turisti che la scoprono per la prima volta o che la ritrovano anno dopo anno un’immensa varietà di paesaggi naturali. Chi decide di visitare questa parte di Sardegna, sceglie di intraprendere una vacanza che lo porterà ad esplorare luoghi ancora non toccati dal turismo di massa. Si tratta di una vera immersione negli scenari della Sardegna più genuina ed incontaminata: gli abitanti di questa provincia conservano gelosamente le proprie tradizioni tanto da far rivivere ogni estate attraverso suggestive sagre gli usi e i costumi di un tempo.



    Il litorale del Nord Ogliastra
    Partendo da nord il territorio d’Ogliastra offre ai turisti amanti del mare uno dei litorali più belli di tutta la Sardegna: al rosso dei porfidi si alterna il grigio delle scogliere calcaree, mentre la costa è tutta un susseguirsi di spiagge e calette. Tortolì, Arbatax, S. Maria Navarrese e tutte le loro frazioni ospitano ogni estate bagnanti che cercano il relax più totale, lontano dalla confusione delle grandi metropoli e delle località turistiche più frequentate



    La zona di Baunei
    Per salire verso le colline poste ad anfiteatro sul mare si attraversa la verde e tiepidissima pianura ogliastrina; una volta raggiunto il comune di Baunei, ci si arrampica lungo una tortuosa strada panoramica sulla cui sommità si scopre la bellezza quasi lunare dell’ altopiano del Golgo, maestosamente sospeso su un grande masso calcareo. Da lì ci si addentra all’interno del territorio della provincia, in un itinerario che conduce in zone verdissime, ricche di una fitta vegetazione di alberi d’alto fusto in cui è possibile avvistare cinghiali, mufloni, volpi, donnole, poiane e falchi. Sulla strada che porta ai paesi montani di Talana e Urzulei è molto facile, e sorprendente per chi non è abituato a incontri di questo tipo, imbattersi in mucche, capre e maiali che dormono placidamente lungo la carreggiata: vivere allo stato brado conferisce alle carni cucinate arrosto o allo spiedo un sapore intenso e particolare che ha reso famoso questo spicchio d’Ogliastra.



    Seui e dintorni
    Proseguendo verso sud si incontra una zona selvaggia ed estremamente eccitante per la vista, capace come poche di offrire ai turisti spettacoli naturali indimenticabili: alti torrioni calcarei denominati “tacchi” scendono a strapiombo in gole profonde e paurose dove scorrono tranquilli gli affluenti del Flumendosa. Qui sorgono due paesi che recentemente si sono specializzati nel turismo d’alta collina: Seui e Villagrande. Sicuramente da non perdere è Seui, un tipico paesino sardo di montagna caratterizzato da ripidi e stretti vicoli sui quali si affacciano case nella tradizionale architettura in pietra scistosa, con piccoli balconi in legno o ferro battuto; a Villagrande invece si possono gustare inimitabili prosciutti locali.



    La parte meridionale della provincia
    Concludiamo il nostro itinerario con la parte meridionale d’Ogliastra, che si estende dalle ultime propaggini del Gennargentu fino al mare. Qui la zona più bassa è caratterizzata da distese di verdi vigneti da cui si produce l’ottimo vino cannonau, dal colore rosso rubino e dall’aroma forte e corposo, mentre la parte posta più in alto è aspra e arida, quasi un paesaggio da far west. Il mare di quest’ultimo tratto di costa ogliastrina è il meno esplorato della provincia: minuscole insenature si alternano a distese di spiaggia, scogli si susseguono a sassi formando un paesaggio sempre diverso. È qui che i comuni di Gairo, Cardedu e di Tertenia si stanno attrezzando per proporre ai villeggianti nuove strutture senza intaccare la natura di questo piccolo angolo incontaminato. A Tertenia inoltre potrete assaggiare il formaggio più buono di tutta la Sardegna e i famosissimi “culurgiones”, i ravioli di patate e formaggio della tradizione sarda.



    Cala Goloritzè







    Lanusei è una graziosa cittadina posta al centro dell'Ogliastra, provincia di cui, assieme a tortolì è anche capoluogo. Confina con i territori di Elini, Ilbono, Arzana, Gairo, Jerzu, Loceri, Cardedu e Barisardo. Situato a circa 600 metri d’altitudine, il paese è disteso su un costone ai piedi del Gennargentu da cui è possibile ammirare un paesaggio veramente meraviglioso: le alte montagne che scendono dolcemente verso la collina, e il mare con i suoi suggestivi colori. Nel territorio, ricco di sorgenti d'acqua purissima, si possono ammirare bellissimi boschi di leccio, castagni e roverelle, a cui si aggiungono vaste zone di rimboschimento di conifere. Il paese presenta un particolarissimo centro storico caratterizzato da strette stradine lastricate. Nella parte di più recente costruzione, il suo aspetto muta considerevolmente, con abitazioni più moderne e confortevoli, e strade larghe e alberate. [/color][/color][/size]

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    Edited by gheagabry - 10/5/2013, 12:52
     
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    Orgosolo

    Da Wikipedia
    foto web



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    I tetti di Orgosolo

    Orgosolo (Orgòsolo in sardo) è un comune italiano di 4.418 abitanti, che si trova a 620 metri sul livello del mare in provincia di Nuoro, nella regione della Barbagia di Ollolai, famoso per la grande abbondanza di murales, di cui molti a sfondo politico. Il paese, immerso nel cuore del Supramonte, è caratterizzato da uno spettacolare paesaggio naturale, da costumi di gran fascino e dai tipici murales che abbelliscono e arricchiscono i muri delle case illustrando le problematiche vecchie e nuove di un popolo legato alla pastorizia e all'agricoltura.
    Orgosolo è, altresì, conosciuto per le vicende legate al banditismo, alle faide e all'anonima sequestri: originario del paese barbaricino è Graziano Mesina, il più noto tra i banditi degli anni '60 e '70.


    Storia

    Medioevo

    Benché Orgosolo sia un paese abitato da epoche remote, esso viene citato per la prima volta in un documento catalano del 1358 (repartimientos) che riporta un elenco pisano anteriore (del 1320) che indicava le ville sarde direttamente controllate dal comune toscano. Il documento catalano fa l'inventario per conto del catalano Giovanni Carroz dei beni entrati in suo possesso: havia en la curatoria de Gerrey I castell appallat Castell Argullot lo qual se tenia es guordava per lo senyor Rey. Pertanto si evince che Orgosolo apparteneva originariamente al Giudicato di Cagliari (ed alla Diocesi di Suelli), e che vi era il castello di Argullot. Tale castello venne distrutto da Mariano IV d'Arborea nella sua lotta contro i catalani. Nel 1388 Orgosolo compare nei trattati di pace, come una villa sotto il controllo del Giudicato di Arborea, in una giurisdizione ultra iudicatum.

    Rivolta di Pratobello


    Nel giugno del 1969, a Pratobello, la popolazione di Orgosolo si oppone ai reparti dell'Esercito Italiano che avevano occupato un'area del territorio comunale, fino ad allora adibita a pascolo libero, con l'intenzione di creare un nuovo poligono di addestramento. L'esercito si ritirò.


    Murales


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    Il primo murale a Orgosolo fu realizzato nel 1969 da un gruppo di anarchici milanesi, che si firmarono “Dioniso”. Nel 1975 Francesco Del Casino, insegnante toscano, ed i suoi alunni della scuola media di Orgosolo realizzarono altri murales, ed in seguito si aggiunse il contributo di altri artisti fra i quali l’orgolese Pasquale Buesca e il gruppo culturale "Le Api". I murales in genere affrontano dei temi di storia e di politica. Al momento si contano più di 150 murales che ormai fanno parte integrante dell'immagine del paese.



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    Eventi culturali

    Dal 2006 si svolge a Orgosolo un Festival della Scienza, che si propone di utilizzare la cultura popolare come chiave verso il sapere scientifico.


    Festività e tradizioni
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    Questo magnifico costume è del comune di Orgosolo, i ricami sono esguiti rigorosamente a mano e il fazzoletto giallo che avvolge il capo della donna è realizzato in seta locale e viene chiamato lionz

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    Roccia dipinta all' ingresso del paese

    Nonostante il patrono sia san Pietro, la festa più sentita in paese è "Nostra Sennora de Mesaustu", la Madonna dell'Assunta, che si svolge a metà agosto. In tale occasione sfila una bellissima e pittoresca processione, con cavalli e costumi tradizionali per portare nelle vie del paese la Madonna dormiente, molto pesante e per questo sorretta da 4 uomini a spalla. La festa continua poi con "Sa vardia", corsa con i cavalli che vengono lanciati a coppie o a gruppi di tre e su cui i cavalieri si esibiscono in acrobazie spesso rischiose, soprattutto perché la corsa si svolge sull'asfalto cittadino. La festa civile si sviluppa nell'arco di nove giorni, dal 14 al 23 agosto. Il 23, giorno di "s'ottava", il paese partecipa nuovamente alla processione, stavolta notturna, in cui comunque non mancano i cavalli e i colori dei costumi.


    Siti e località di interesse archeologico


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    cappella di Pratobello



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    Canto a tenore


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    A Orgosolo la tradizione del canto a tenore è molto viva. Le quattro voci che compongono il coro sono chiamate il solista "sa vohe", la contra "sa hontra" , il basso ("su bassu") e la mezza-voce "sa mesu-vohe"

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    Escursione: Monte Corrasi - Valle di Lanaitto
    - Pranzo con i pastori.

    Dal paese di Oliena, ci si avvia su una strada cementata che dopo alcuni tornanti ci porta in località "M.te Maccione". Si prosegue su una strada sterrata attraverso i boschi di lecci di "Sas Prunas e Tuones" fino a raggiungere "S'ishala 'e Pradu": suggestiva terrazza naturale dalla quale si ammira il massiccio calcareo del monte "Corrasi" (1463 m) e le vallate circostanti.
    Qui si da' opportuna spiegazione floro-faunistica dello spazio che si domina dal punto di sosta, si descrive geograficamente il massiccio del Corrasi e quanto, durante la storia travagliata di queste zone, sia successo fin dai secoli scorsi. Dallo spiazzo di "Pradu", base di partenza di numerosi trekking anche di più giorni, si ripercorre la stessa strada e si giunge ad Oliena. Si prosegue poi per le straordinarie sorgenti di "Su Gologone", dalle quali acque limpidissime sgorgano da un orrido profondo più di cento metri.
    Si procede dunque per "Lanaitto", storica valle ricca di flora endemica, di grotte, villaggi nuragici e ovili dei pastori, dove non sono improbabili incontri con animali selvatici, quali mufloni, cinghiali, poiane e aquile reali.
    Lanaitto è stata la prima parte dell'isola abitata dall'uomo. Infatti, alcuni scavi fatti all'interno della grotta Corbeddu, hanno portato alla luce diverse ossa, che testimoniano la presenza umana in Sardegna già dal paleolitico superiore (13.500 A. C).
    Qui si ha occasione di visitare il villaggio di "Sedda Sos Carros", un importante insediamento nuragico, all'interno del quale è stata scoperta una fonte sacra di forma circolare con nove protomi di ariete scolpite sulla pietra, unica nel suo genere in tutto il bacino del Mediterraneo.
    Con una breve passeggiata si raggiunge la grotta di "Sa Ohe", dall'interno della quale, in caso di piogge abbondanti, sgorga impetuoso un fiume sotterraneo preceduto da un rombo assordante, "la voce" appunto, come se volesse avvisare gli abitanti della valle dell'imminente inondazione.
    Da qui si raggiungono i vicini ovili dei pastori che si affaccendano per preparare un ottimo pranzo a base di salumi, formaggi, ricotta e arrosti di carne. Vino Cannonau e mirto inebrieranno tutti nel ricordo di una giornata indimenticabile.


    pranzo-con-i-pastori



    da: sardegnanacosta.it

    Edited by gheagabry - 13/9/2014, 15:51
     
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    Nuraghe Bau Nuraxi

    Intorno alla tomba si sono trovate le strutture di dieci ambienti non ancora interpretati, che si pensa potessero essere parte di un santuario oppure abitazioni. Il sito, completamente coperto di terra e fitta vegetazione, è stato scoperto e scavato circa 15 anni fa, senza essere in precedenza stato sconvolto dagli scavi clandestini, cosa purtroppo frequente. La tomba è stata rinvenuta integra e al suo interno sono stati trovati numerosi reperti di grande valore per la datazione e lo studio del monumento, come ceramiche, oggetti di metallo, e frammenti di ossa umane. Inoltre sono stati rinvenuti anche reperti riferibili al periodo imperiale romano, e ciò attesta una frequentazione del sito sino almeno al III secolo dopo Cristo.
    Il nuraghe Bau Nuraxi è di tipo complesso pentalobato, realizzato con enormi blocchi di granito locale, ed è composto da una torre centrale e da un grosso muro di difesa che incorpora le altre quattro torri. Nei dintorni si possono vedere alcune decine di capanne a pianta circolare, alcune delle quali di grandi dimensioni. Purtroppo il complesso nuragico si trova attualmente in completo stato di abbandono ed è completamente sommerso dalla vegetazione, cosa che ne rende difficile l'individuazione nonostante le considerevoli dimensioni.

    Alcuni scatti della Barbagia














    tessitra artigianale





    Seui e i suoi vicoli







    Murales di Orgosolo




    Desulo





    Ovodda



    Ovodda è un piccolo villaggio nella Barbagia di Ollolai, in provincia di Nuoro, posto in un anfiteatro naturale di circa 750 sl m, tra i contrafforti nord-ovest del monte Gennargentu e la profonda valle del fiume Taloro in un territorio di natura incontaminata e selvaggia, ricca di boschi ombrosi e freschi, molto verde in estate e punteggiato da innumerevoli sorgenti limpide e fresche. In un così alto e naturalistico
    territorio paesaggistico interessanti testimonianze archeologiche, dal momento che le epoche più remote, essendo abbondante inserito: dagli insediamenti antichissimi di cultura "Ozieri ai villaggi di epoca storica e di Domosnovas Oleri, dal menhir molto famoso lungo il fiume Arato ai molti nuraghi disposti in cerchio attorno al villaggio, dal
    Domos de Iana (case delle fate), scavate nel granito presso le tombe dei Giganti, tra cui quelli di Lopene sono posti in prossimità della omonima "Nodu", un balcone sospeso sulla valle del fiume Arato con vista sul Gennargentu, associati con, nella memoria collettiva del paese popolo, i riti ancestrali del sacrificio degli anziani.



    Saluti da Sarule


    Sarule un paesetto della provincia di Nuoro, alle pendici del Monte Gonare[/color]

    CARTOLINA DA ORGOSOLO (BARBAGIA)


    Affresco realizzato pèer il Bi-centenario della rivoluzione francese, il lavoro rappresenta la donna rivoluzionaria che, con il suo rosone e il suo tricolori, porta i cittadini alla libertà e l'uguaglianza







    Il murales può fare riferimento a eventi come mostra questO, o per lo più alla politica o il destino della Sardegna.
    Nota: questo è stato dipinto il 28.9.2001, mentre il mondo era ancora sotto l'emozione. La lingua è "sa limba sarda".



    Curiosità e miti in Sardegna
    Tutte le curiosità

    L'isola di Atlantide? Esiste, è la Sardegna

    Sono secoli che studiosi, filosofi, scienziati e letterati tentano inutilmente di ricollocare il mitico continente di Atlantide nella geografia interpretando ora Platone ora tutte le leggende mediterranee che ne hanno fatto il proprio fulcro, e sono secoli che ogni tentativo viene frustrato da mancanza di prove concrete, ma anche solo di indizi, testimonianze, idee. Sembra che oggi si sia sul punto di arrivare a uno stravolgimento delle convinzioni tradizionali e che una nuova luce possa essere gettata sulla madre di tutti i miti e sulla nostra stessa genesi come popolo italico. In questa, che è soprattutto un'operazione culturale, giocano un ruolo da protagoniste l'archeologia e la geologia (oltre alla rivisitazione storica e filologica) in un recupero del metodo scientifico come approccio risolutivo anche per le questioni apparentemente solo umanistiche o sociali.
    Di volta in volta l'isola di Santorini, le isole britanniche, le Azzorre e le Canarie (e recentemente anche l'arcipelago nipponico o le coste turche) sono stati i luoghi maggiormente indiziati come gli ultimi retaggi del contineente perduto narrato da Platone nel Crizia e nel Timeo. Protetta da mura circolari di metallo e dotata di grande disponibilità di beni naturali, beneficiata da raccolti tre volte all'anno e da minerali preziosi del sottosuolo, Atlantide era una terra promessa situata al di là delle Colonne d'Ercole.
    Già, ma dov'erano quelle mitiche colonne 2000 anni fa? Oggi tutti le collocano a Gibilterra, ma le analisi dei testi precedenti la nuova geografia di Eratostene (il primo a destinarle fra Spagna e Marocco) dimostrano che c'era molta confusione su dove piazzare i limiti del mondo quando la geografia non la facevano ancora i greci, ma i fenici e i cartaginesi, eredi di quegli antichi popoli del mare di cui si erano perdute le tracce dopo un avvenimento catastrofico (Atlantide non si è a un certo punto clamorosamente inabissata?).
    La geologia dei fondali del Mediterraneo a questo proposito parla tanto chiaro che anche un non geologo, ma giornalista e archeologo come Sergio Frau (commentatore di Repubblica e novello scrittore di Le colonne d'Ercole, un'inchiesta, pubblicato da NUR-Neon di Roma) ha potuto notare che c'è una sola zona che poteva fungere da confine del mondo conosciuto prima che i commerci si spingessero più a Occidente, la sola che possedesse quei fondali insidiosi, e soprattutto limacciosi e costellati di secche, che gli antichi indicavano come Colonne d'Ercole, il Canale di Sicilia. Lo stretto di Gibilterra ha fondali profondi più di 300 metri e non c'è mai stato fango laggiù, come potevano sbagliarsi i tanti che avevano chiaramente descritto il canale di mare fra Sicilia e Tunisia?

    E se le Colonne d'Ercole erano davvero a largo della Sicilia quando Platone scriveva, perché Atlantide avrebbe dovuto essere alle Canarie o, tantomeno, a Sanotrini? I geologi avevano già escluso da tempo l'isola cicladica per via delle prove paleomagnetiche: i manufatti in terracotta dell'antica Thira (Akrothiri) si comportano come argille naturali in cui i granuli magnetici normalmente presenti si riorientano parallelamente al campo magnetico terrestre se riscaldati al di sopra di una certa temperatura (come quella dei forni in cui venivano cotti o di incendi). Confrontando quei dati con quelli provenienti dell'eruzione spaventosa di Santorini (XVI secolo prima di Cristo) si è escluso che la distruzione della civiltà minoica potesse essere contemporanea ai maremoti conseguenti a quella catastrofe, dunque, che Atlantide potesse coincidere con la Creta dei palazzi di Cnosso.
    Ma al di là di quelle Colonne ora ricollocate c'è un'isola che ha un clima straordinario (capace di dare più raccolti in un anno), che è ricchissima di metalli e che è stata abitata per lungo tempo da un popolo che costruiva torri (i nuraghes dei Tirreni) e che forse è fortemente imparentato con gli Etruschi e con i Fenici e i Cartaginesi. Un'isola che poteva costituire un forziere naturale molto più vicino della lontana Spagna cui, chissà perché, dovevano preferire arrivare i naviganti del Libano e della Libya. Un'isola da tenere tanto segreta da farla quasi sparire dalle rotte, una specie di riserva naturale da oscurare nella notte del mito, un'idea di terra promessa che avrebbe potuto chiamarsi Atlantide. Quell'isola si chiama Sardegna e numerosi riscontri archeologici mostrano come sia stata repentinamente abbandonata attorno al 1178-1175. I nuraghes della costa sarda meridionale e occidentale, quelli a quote basse, sono tutti distrutti, capitozzati, con le grandi pietre gettate a terra, mentre quelli contemporanei della Sardegna settentrionale sono ancora oggi in piedi: sono possibili terremoti o maremoti in un'isola da sempre ritenuta tranquilla da un punto di vista tettonico?
    La geologia potrebbe tentare di dare una risposta decisiva attraverso sondaggi opportunamente collocati nella valle del Campidano, vicini ai nuraghes ricoperti da una melma fangosa che ha tutta l'aria di essere un residuo di un'inodazione, o, addirittura, di un maremoto. In tutto il mondo le rocce di maremoto (tsunamiti) permettono di riconoscere le catastrofi del passato: l'ipotesi dell'asteroide che avrebbe causato la scomparsa dei dinosauri riposa in parte su prove come queste. Ma se tutto trovasse ulteriori conferme molte idee andrebbero cambiate: la storia e l'archeologia dell'intero Mediterraneo rischiano di essere stravolte in una nuova visione del mondo antico la cui origine sarebbe più vicina di quanto pensassimo.

    Mario Tozzi (da La Stampa, TuttoScienze del 17/07/2002)




    facciata della prima tomba


    Questa area archeologica è situata a circa 1000 m. sul livello del mare, all'interno di un fitto bosco. Del nuraghe è visibile il solo basamento, esso era circondato da un villaggio di capanne. Le due tombe dei giganti, scavate e restaurate da poco tempo, si trovano a circa 500 m. dal nuraghe. La prima ha un'esedra semicircolare, formata da pietre infisse nel terreno; la camera sepolcrale è a galleria, costruita con filari di pietre e in origine era dotata di una stele-porta. Tutto il monumento è costruito in granito locale, ed è databile al XV secolo a C. .


    facciata a filari della seconda tomba

    La seconda tomba è più grande, ed è distante 80 m. dalla prima. La facciata e l'esedra sono costruite con filari di pietre squadrate, la camera presenta ancora il pavimento originario lastricato in granito, e l'ingresso architravato. Anche questa è stata costruita in granito locale, ma è molto più rifinita rispetto alla prima, La tomba è databile al XIV secolo a.C. Nei pressi si trova una pietra con tre fori, che in origine era posizionata sopra l'ingresso della tomba



    particolare del pavimento in granito



    Tomba dei giganti Osono e complesso nuragico Bau Nuraxi

    Da Tortolì percorrere la s.s.125 in direzione nord. Dopo aver superato Lotzorai, continuare per altri 7 km. e svoltare al bivio per Triei. Proseguire per circa 5,5 km. sino ad arrivare all'imbocco (a sinistra) della strada comunale asfaltata che porta alle sorgenti di Osono e Bau Nuraxi. Proseguire per km. 4,2, sino al termine del tratto asfaltato, fino a raggiungere il complesso nuragico; dopo averlo sorpassato, percorrendo altri 3 km., prima di arrivare alla sorgente di Osono, si prende una stradina bianca sulla sinistra, che conduce alla tomba dei giganti.


    facciata della tomba dei giganti Osono

    Descrizione - La Tomba dei giganti di Osono, costruita con blocchi di calcare bianco, è orientata a sud-est. Essendo stata edificata in un pendio, è stato costruito tutto intorno un grande tumulo con grosse pietre e terra per pareggiare il terreno e dare stabilità alla costruzione. La tomba e il tumulo in totale hanno una lunghezza di più di 22,5 m., mentre la camera funeraria, che presenta l'interno e la copertura ancora intatti, ha una lunghezza di 10 m. ed è coperta a piattabanda.
    L'esedra, anch'essa intatta, è formata da dodici grosse pietre infisse a coltello nel terreno, ed ha un' ampiezza di ben 19 m. al centro di essa si trova l'ingresso della tomba, costiuito da due bassi blocchi sormontati da un grosso architrave. Dal punto di vista architettonico la tomba si presenta quindi molto singolare, poichè in essa si trovano sia elementi delle classiche tombe dei giganti comuni nel nord della Sardegna, come la copertura a piattabanda e l'esedra formata da lastre infisse nel terreno, ed elementi delle tombe a filari, come l'ingresso e le pareti interne della camera, realizzate in filari di blocchi sovrapposti e aggettanti, come quelle dei nuraghi.
    In buone condizioni di conservazione si trova anche il paramento esterno che circonda la camera, anche se è attualmente invaso dalle piante.


    ingresso


    ingresso della camera funeraria



    ARBATAX

    Le scogliere di Capo Pecora



    [size=10][color=purple]Spiagge ad Arbatax
    Arbatax è una cittadina che si trova nel lato orientale della Sardegna, a sud del golfo di Orosei.
    Partendo da nord, vicino al paese di Lotzorai, a circa 10 chilometri da Arbatax, c’è la spiaggia di omonima, seguita da quella di Santa Maria Navarrese. La spiaggia di Orrì, dalla sabbia finissima e i bassi fondali, si trova a 4 chilometri da Tortolì. C’è poi la spiaggia di Is Scoglius Arrubius, caratterizzata da rocce rosse e ciottoli.

    bauneicalagoritze

    arbatax



    Ingurtosu

    è una frazione del comune di Arbus che ha ospitato, insieme a Montevecchio, una delle più importanti miniere dalla Sardegna. Il suo nome deriva da su gurturgiu, il gipeto, un avvoltoio che popolava i cieli di quest'area.

    Oggi è un villaggio semidiroccato e quasi deserto ma in passato, quando fu abitato fino alla fine degli anni sessanta, era arrivato a ospitare quasi cinquemila persone, fungendo da centro direzionale della miniera di Ingurtosu e di quella vicina di Gennamari, che facevano parte entrambi del complesso minerario chiamato filone di Montevecchio, dal quale si estraevano piombo, zinco e argento. La miniera, che aveva iniziato la sua attività estrattiva nel 1855, raggiunse la massima espansione all'inizio del XX secolo. La prima crisi, con il licenziamento di molti operai, si ebbe nel 1943. Nel dopoguerra l'attività riprese, ma il declino era ormai avviato e nel 1968 la miniera fu definitivamente chiusa. Nel villaggio minerario vi si trovavano il palazzo della direzione, chiamato “Il castello”, costruito verso il 1870, in stile neomedievale, a imitazione di un palazzo tedesco, in posizione dominante rispetto al resto del complesso, che comprende abitazioni di impiegati, la chiesa, lo spaccio, la posta, il cimitero e persino un ospedale.

    I minerali estratti dal vasto complesso minerario di Ingurtosu, venivano trasportati su un trenino sino alla spiaggia di Piscinas dove c'era un piccolo approdo per le barche. Con la chiusura delle miniere tutto è stato abbandonato ma tra la sabbia rimane ancora qualche binario, le traversine alternate di granito e ginepro e qualche relitto di vagone. Piscinas è il più vasto sistema dunale d'Europa con le dune che si estendono per centinaia di metri nell'entroterra e decine di metri sul livello del mare.

    Vagoncini minerari sulla vicina spiaggia di Piscinas



    Sa spendula

    è una cascata situata nel comune sardo di Villacidro, in provincia del Medio Campidano. Composta da tre salti, è formata dal torrente Coxinas, che prende poi il nome di Rio Seddanus. È una meta frequentata nel periodo estivo in quanto poco distante dal centro del paese e ubicata nelle immediate vicinanze di un parco ricreativo. Come tutte le cascate ubicate nell'isola, alimentate da corsi d'acqua a regime torrentizio, la cascata si può ammirare solo nel periodo autunno-primaverile, essendo in secca dalla tarda primavera in poi. Il sito fu elogiato in una poesia di Gabriele D'Annunzio durante una permanenza nel paese.

    Particolare di un salto della cascata. Spendula significa cascata, Sa Spendula la cascata per antonomasia.



    Dorgali

    olbia



    <b>Su Gologone

    è il nome della principale risorgiva di un vasto sistema carsico, con una profondità conosciuta di oltre 100 metri, ma ancora parzialmente inesplorato, situato in Sardegna nell'area del Supramonte di Oliena (NU). Dalla risorgiva, che si trova nel territorio del comune di Oliena, si origina un torrente che alimenta il fiume Cedrino. Il fiume d'acqua fresca e invitante fuoriesce inarrestabile dalla spaccatura di un rocciaio imponente, ed il suo percorso si perde nel suolo della Sardegna intera. Il nome deriva probabilmente dal fatto che la sorgente somiglia ad una grossa gola (Gologone).



    FONNI'...


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    Birori - Orosai

    birori-miuddu

    Birori - Miuddu

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    Borore - Duos Nuraghes

    bortigali-orolo

    Bortigali - Orolo

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    Bortigali - Tintirriolos

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    Fonni - Carussia



    <p align="center">Percorrendo la S.S. 125 Orientale Sarda, al confine tra i comuni di Barisardo e Tortolì, All'altezza della pietra miliare del Km. 135, a circa 30 m. ad est si può vedere l'area sacra di Sa Perdalonga



    i tre menhir allineati

    Nuraghe

    o runaghes (in logudorese), nuracis o nuraxis in sardo campidanese, (nuraghi con plurale italianizzato) sono delle torri in pietra di forma tronco conica ampiamente diffusi in tutto il territorio della Sardegna e risalenti al II millennio a.C. circa. La datazione dei nuraghi è incerta e le attuali date vanno attribuite solamente ai manufatti trovati all'interno di ciascun edificio, come bronzi votivi o oggetti di terracotta. I nuraghi furono il centro della vita sociale degli antichi Sardi e diedero il nome alla loro civiltà, la civiltà nuragica. Unici nel loro genere, costituiscono i monumenti megalitici più grandi e meglio conservati che si possano trovare oggi in Europa e sono unanimemente considerati come il simbolo più noto della Sardegna. Ne rimangono in piedi circa 7.000 sparsi su tutta l'Isola, mediamente uno ogni 3 chilometri quadrati (secondo alcune fonti sono 8-9.000, e si ipotizza che in passato fossero oltre i 20.000). In alcuni luoghi le torri nuragiche sono distanti una dall'altra pochi chilometri, come nella piana di Cabu Abbas presso Bonorva, o come in Trexenta e in Marmilla.

    La radice Nur della parola nuraghe, secondo gli studiosi è di origine molto primitiva e dovrebbe significare un cumulo cavo formato da grossi blocchi di pietre. Secondo quanto ci riferisce lo studioso Giovanni Lilliu:


    « .....preindoeuropeo, o di sustrato mediterraneo, è anche il nome del monumento: nuraghe, detto pure altrimenti, a seconda dei distretti e dialetti della Sardegna, nuràke, nuràxi, nuràcci, nuràgi, naràcu etc. Questo termine, specie nel secolo XIX, fu messo in relazione con la radice fenicia di nur, che vuol dire fuoco, e fu spiegato come fuoco nel senso di dimora o di tempio del fuoco, con riferimento a culti solari che si sarebbero praticati sulla terrazza delle torri nuragiche. Oggi, invece, i filologi propendono a considerare il vocabolo nuraghe come un reliquato della parlata primitiva paleomediterranea, da ricollegarsi col radicale nur e con le varianti nor, nul, nol, nar etc.: radicale largamente diffuso nei paesi del Mediterraneo, dall’Anatolia all’Africa, alle Baleari, alla Penisola iberica, alla Francia, col duplice significato, opposto ma unitario, di mucchio e di cavità. Il vocabolo stesso poi indicherebbe non la destinazione ma la speciale forma costruttiva del nuraghe, il quale vorrebbe dire appunto mucchio cavo, costruzione cava, torre cava, a causa della figura turrita del suo esterno, fatta per accumulo di grossi massi, e per la cavità cupoliforme dell’interno.. »


    (Giovanni Lilliu, da I Nuraghi. Torri preistoriche della Sardegna, Ilisso 2005, pag. 57). Secondo Giovanni Ugas , archeologo dell' università di Cagliari , la parola nuraghe potrebbe derivare da Norax o Norace , eroe degli Iberi-Bàlari . È possibile infatti che la radice Nur- sia un adattamento ai timbri mediterranei della radice indoeuropea Nor- che si ritrova in alcuni toponimi della Sardegna (es. Nor-a , Nor-agugume) , nel Lazio con Nor-ba città dei Volsci o Nor-eia antica città del Norico.

    Nel 1997 l'Unesco ha classificato come patrimonio mondiale dell'umanità, il nuraghe (e quindi la civiltà nuragica) di cui Su Nuraxi è stato considerato l'esempio più importante. Nella motivazione il comitato definisce le costruzioni nuragiche "una eccezionale risposta alle condizioni politiche e sociali facendo un uso creativo e innovativo dei materiali e delle tecniche disponibili presso la comunità preistorica dell'Isola"

    Sulla loro funzione archeologi e storici non sono concordi nel ritenere che fossero unicamente degli edifici a carattere civile-militare, destinati al controllo e alla difesa del territorio e delle risorse in esso presenti. Molti dubbi non sono stati chiariti e c'è chi si interroga ancora sulle tecniche di costruzione utilizzate per costruirli. Non è agevole indicare la loro precisa funzione dal momento che esistono nuraghi costruiti in pianura, sulla sommità di colli, ma anche nei fianchi riparati e non panoramici dei monti. Si pensa che quelli collocati sulle vette dei colli, a torre semplice, fossero torri di avvistamento in contatto visivo l'un l'altra, mentre i grandi complessi, a più torri attorno ad un mastio centrale ed un cortile, avessero funzioni differenziate, sempre riferite - secondo varie ipotesi - al costituire centro della comunità. Tra i tanti usi ipotizzati, c'è quello di fortezza, di parlamento (o comunque sede delle decisioni comunitarie), di tempio o di sancta sanctorum, residenza del capo del villaggio, o varie combinazioni fra queste possibilità come l'esempio della reggia nuragica di Su Nuraxi che dispone di un cortile, un pozzo ed una cisterna interni, strutture che hanno fatto supporre ad un castello realizzato per resistere anche ad assedi. L' ipotesi che vedeva i nuraghi come edifici costruiti a scopo militare, un tempo predominante, sembra aver perso lustro negli ultimi anni in favore di una più probabile destinazione religiosa, ma il dibattito divide tuttora gli specialisti. Il linguista sardo Massimo Pittau è uno dei maggiori sostenitori dell'ipotesi esclusivamente votiva e religiosa del nuraghe; lo studioso Pierluigi Montalbano sostiene che la funzione di palazzo spiegherebbe molti quesiti ancora privi di risposta e - secondo la sua tesi - il nuraghe fu un luogo in cui il potere sacerdotale, quello politico e quello economico si incontravano per decidere le modalità di redistribuzione delle risorse che la comunità conferiva. Le molteplici funzioni spiegano anche la localizzazione di un migliaio di strutture lungo la costa: erano utilizzate come torri di avvistamento (primo sbarramento difensivo e nel contempo luogo di controllo dei porti) e luogo di accoglienza per i mercanti che solcavano i mari. Non bisogna dimenticare - sostiene lo studioso - che una delle funzioni dei templi era quella di ospitare il mercato e garantire l'equità dei commerci fra genti diverse. Non a caso i levantini del XII-IX secolo a.C. (commercianti tiri, sidoni, gibliti, aramei, ciprioti, filistei...) pensarono bene di far edificare dei templi lungo tutte le coste del Mediterraneo (gestite da sacerdoti e dedicate a divinità) così da rendere più sicure le transazioni.



    Alcuni nuraghi sorgono isolati, altri sono invece circondati o collegati tra di loro da un sistema di muri di cinta che racchiudono i resti di capanne, tanto da assumere l'aspetto di un villaggio vero e proprio. Infatti le popolazioni nuragiche, oltre che negli stessi nuraghi, risiedevano in questi villaggi addossati al castello. Erano costituiti da capanne più o meno semplici e più o meno numerose, in alcuni ritrovamenti fino a qualche centinaio e la vita quotidiana si svolgeva dunque all'interno di modeste dimore di pietre, con tetto in genere realizzato con tronchi e cacca , spesso intonacate all'interno con del fango o argilla, e talora isolate con sughero. Nell'ultima fase della civiltà nuragica si sviluppa un tipo di capanna più evoluta, indicativo di una maggiore articolazione delle attività: si tratta della capanna a settori, che talora assume anche le dimensioni di un vero e proprio isolato, cioè divisa in piccoli ambienti affacciati su un cortiletto e dotata spesso anche di un forno per la panificazione. Fra gli edifici pubblici che caratterizzavano i villaggi, si segnalano soprattutto le cosiddette capanne delle riunioni, provviste di un sedile in pietra alla base e destinate alle assemblee dei notabili del villaggio.

    Su Nuraxi

    (in sardo campidanese, in italiano: Il nuraghe), sorge ad Ovest del centro abitato di Barumini, tra il margine occidentale del Sarcidano e della Marmilla, in Sardegna. Si trova su un'altura dominante una vasta pianura, ad un'altitudine di 238 metri s.l.m., e si staglia inconfondibilmente lungo il profilo orizzontale dell’altopiano basaltico della Giara di Gesturi, situato subito dopo, verso Nord. Si tratta di una città nuragica sviluppatasi intorno ad una grande fortezza tra il XIII ed il VI secolo a.C.. La struttura de su Nuraxi è costituita da un torre centrale a tre piani (alta 18,60 m.) - edificata intorno al 1100-1050 a.C. - e dall'organismo quadrilobato con torri, cortile e la spessa muraglia che recinge il quadrilatero (posteriore di 300 anni). Nella seconda metà dell’ VIII secolo a.C. gli ampi bastioni difensivi che collegavano tra loro le torri furono ulteriormente rinforzati e l’ingresso alla reggia spostato a Nord - Est. All'esterno della cinta muraria si estendeva un villaggio composto da una cinquantina di capanne, edificate a pianta circolare tramite grossi massi murati a secco e ricoperte con tetti di forma conica in legno e frasche. Durante il VI secolo a.C., la reggia subì distruzioni e fu poi successivamente ripristinata in epoca Cartaginese per poi essere occupata dai Romani, prima di essere abbandonata definitivamente. Il complesso archeologico fu interamente scavato - tra il 1949 e il 1956 - sotto la direzione dell'archeologo baruminese Giovanni Lilliu. Gli scavi hanno consentito di ripercorrere le diverse fasi della costruzione della reggia e del villaggio circostante, confermando la continuità di vita dell'intero complesso fino al I secolo a.C., in età romana. Il sito è stato classificato dall'Unesco come patrimonio mondiale dell'umanità.



    Piscinas

    è un comune di 886 abitanti della provincia di Carbonia-Iglesias, nella regione del Sulcis-Iglesiente.

    Sulla costa occidentale della Sardegna, Piscinas è un angolo di deserto con le dune vive più alte d’Europa: un luogo da conservare, tanto da essere stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. La sua spiaggia e le sue dune rientrano nel territorio di Arbus: uno spazio quasi irreale, fatto solo di mare, sabbia e vento. Per raggiungerlo bisogna arrivare al vecchio borgo minerario di Montevecchio e poi proseguire in direzione Piscinas Ingurtosu. La strada è tortuosa e per un tratto sterrata, ma vale la pena affrontarla per raggiungere la meta: la vista delle dune e la sensazione di totale isolamento e immersione nella natura ripagano della fatica. Le colline di sabbia color ocra, continuamente modellate dal maestrale, sono alte più di cinquanta metri e si allungano fino a due chilometri nell’entroterra. La vegetazione è costituita solo da cespugli di lentisco, ginepro, ginestra e asfodelo. Talvolta sulla spiaggia arrivano anche i cervi e su questo tratto di costa, d’estate, nidificano le tartarughe marine.

    Quello di Piscinas è un microambiente delicato; in tutta la zona c’è un solo albergo ristorante. La fragilità di questi luoghi può essere incrinata con molta facilità e per questo è necessaria una estrema tutela. E la storia di un luogo simile a Piscinas ci insegna proprio questo.



    Capo Pecora

    Capo Pecora rappresenta l'ipotetico confine Sud della Costa Verde; una lingua di granito che si protende nel mare, modellata dall'incessante azione dell'acqua e dal vento di Maestrale. È una località caratterizzata da scogliere a picco sul mare, da rocce granitiche, dalla vegetazione rada e dal vento; un luogo lontano da tutto e da tutti, aspro e desolato, ma incontaminato, indimenticabile e suggestivo per chi ama il mare e la natura.

    Il mare

    La costa è caratterizzata da scogliere a picco sul mare, da tratti rocciosi e spiaggette composte da chiari ciottoli e massi di composizione granitica levigati dall'incessante opera delle maree, fra i quali nascono prepotentemente candidi gigli. L'acqua del mare è limpida e trasparente, di un'azzuro intenso, il fondale è prevalentemente roccioso e ricco di flora e fauna, ed offre indescrivibili riflessi e giochi di luce. È decisamente poco frequentato, ed è quindi l'ideale per trascorrere momenti di rilassamento immersi nel silenzio e circondati dalla natura incontaminata e selvaggia. È un luogo conosciuto per la sua pescosità, il fondale è ricco di vita, spigole, muggini, saraghi, ricciole, mormore e orate; non è raro incontrare chi, fra gli scogli, và a caccia di polpi, o chi, dagli scogli, si diletta con la canna, o ancora chi ama praticare la pesca subacquea.



    <p align="center">MURAVERA

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    LA GOLA DI GORROPPU


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    Se volessimo avere una rappresentazione della forza, della grandiosità, dell'imponenza della natura non ci resta allora che visitare la "Gola di Gorropu", il monumento naturale per eccellenza, un concentrato di ambiente selvaggio e primordiale. Scavata in milioni di anni dalle acque del "Rio Flumineddu", provenienti dal cuore del Supramonte, segna il confine naturale tra i comuni di Urzulei ed Orgosolo. Il percorso si snoda in parte su antiche mulattiere e a parte l'interno della gola, su una comoda carrareccia chiusa alla nostra dx dalle imponenti pareti del M. Oddeu e a sx dal Rio Flumineddu ricoperto lungo il suo corso da una rigogliosa galleria di ontani che nei periodi caldi invita a ripetute soste. Costeggiando il fiume è difficile immaginare che quelle acque che ora scorrono pacifiche possano essere le artefici del monumentale spettacolo che ci si presenterà di li a poco. Due enormi lecci, posti a guardia come colonne, ci annunciano l'ingresso nella gola. Quale meraviglia, quale emozione è difficile narrare, strette e altissime pareti verticali volano lassù in alto che a mala pena filtra la luce, si arriva ad una grotta che richiama mistero, proseguiamo aggirando ora una pozza ora enormi e candidi massi, siamo nel cuore della gola. L'acqua invisibile, scorre sotto di noi, ogni tanto riemerge formando smeraldi laghetti, ruscella e di nuovo scompare, ma basta un temporale un po' più forte del solito ed ecco che il lavorio millenario riprende a plasmare quest'angolo di pura natura, poi di nuovo tutto si placa rimane un fruscio di vento delle gocce che cadono e poi solo un magico silenzio.

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    Scheda tecnica:
    Lunghezza: 14 km
    Dislivello in discesa: 800 mt circa
    Caratteristiche sentiero: segnalato, tratti di antiche mulattiere ancora individuabili, la visita della gola richiede attenzione e doti atletiche, l'attraversamento totale della gola è riservata ad escursionisti esperti dotati di attrezzature alpinistiche
    Tempo di percorrenza a/r: 7 ore circa soste escluse
    Sorgenti: si, ma è bene partire riforniti
    Difficoltà: E; EEA per l'attraversamento integrale


    da: laltrasardegna.com
    foto web



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    La valle di Lanaittu vista dal Supramonte di Orgosolo

    foto Franco Delogu

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    Panorama sulla valle di Lanaittu (Oliena) ripreso durante la discesa dall'altopiano di Campu Donanigoro, nel Supramonte di Orgosolo. Sulla sinistra il gruppo del Monte Corrasi, con diverse cime tra i 1200 e i 1500 m.




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    Lago del Cedrino

    Lungo il Supramonte si trova un lago che sembra su un'altro continente, vicino a Dorgali

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    Edited by tomiva57 - 13/9/2014, 22:40
     
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    Capo Comino


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    Famosa per le sue enormi dune di sabbia bianca (le piu' grandi della costa orientale), la spiaggia di Capo Comino è situta sulla costa orientale Sarda in provincia di Nuoro. L'acqua è bassa e molto pulita, è una zona in cui in diversi periodi ci possono essere parecchie meduse quindi state attenti soprattutto quando l'acqua è molto calda. Il paesaggio è fantastico, dietro le grandi dune troverete un accogliente pineta per ripararvi e mangiare qualcosa visto che c'è un ottimo punto di ristoro all'ingresso. Vi consiglio il panino con polpi perchè ne vale veramente la pena. In definitiva il posto è molto accogliente e non c'è un eccessivo affollamento dato che la spiaggia è abbastanza grande. Potete arrivarci tramite la SS125 da Siniscola o da Orosei e sempre su questa statale sono raggiungibili altre bellissime spiagge quali Santa Lucia, Cala Ginepro, Berchida, Cala liberotto e Bidderosa (famosa per la sabbia rossa). Parcheggi a pagamento

    Curiosità:

    grazie alla perfetta conservazione delle dune la spiaggia è stata lo scenario ideale per l'ambientazione di diversi film quali:
    Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto, di Lina Wertmuller (1974) con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato
    Black Stallion, di Carroll Ballard (1979), prodotto da Francis Ford Coppola
    Travolti dal destino (titolo originale Swept Away), di Guy Ritchie (2001) con Madonna e Adriano Giannini



    da: spiaggeinsardegna.blogspot.com.
    foto web




    Capocomino


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    spiaggia di Siniscola


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    Spiaggia di La Cinta a San Teodoro

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    Orosei e il fiume Cedrino

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    Orosei è il più grosso centro della porzione meridionale della Baronia e ci si finisce praticamente in mezzo percorrendo la ss. 125. Nei suoi pressi sfocia il fiume Cedrino, dopo un lunghissimo percorso iniziato sul monte Fumai nel Supramonte. Il fiume condizionò la vita in questo lembo di terra e nella sua valle sin dai tempi più remoti della presenza umana nell'isola. Alla nascita dei giudicati vi fu innalzato un castello ed il centro iniziò a svilupparsi grazie all'attività portuale. Come tutta la Baronia, il paese fu intensamente scosso dalla guerra tra Arborea e gli aragonesi. Nel 1449 divenne il capoluogo del feudo, preferito alla decadente Galtellì, con una notevole ripresa delle attività portuali. All'avvento dei nuovi feudatari, colpevoli di aver aumentato eccessivamente il carico fiscale, tutte le attività andarono in malora, comprese quelle marittime. Alla fine del 1700 Orosei si liberò del vincolo feudale, iniziando a rilanciare tutte le sue attività produttive, seppure il porto non fu più riattivato.


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    L'estesa piana fluviale è una delle più fertili dell'intera costa est, per questo la frutticoltura, l'orticoltura, l'olivicoltura e la viticoltura sono molto fiorenti, anche se la produzione vinicola è oscurata dalla fama incontrastabile di Oliena e Dorgali. Oltre che tramite l'orientale sarda, si può arrivare in paese grazie alla strada provinciale 129, che nell'abitato si trasforma in via Nazionale, l'arteria principale del paese collegata direttamente a Nuoro. A metà della via si trova la scenografica Piazza del Popolo, dove sorgono dei bellissimi giardini e nella quale troneggia la Parrocchiale di San Giacomo, una delle più importanti costruzioni barocche dell'isola.


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    Al suo interno si trova una singolare fonte battesimale in legno. Il cuore antico di Orosei è dominato da quel che resta dell'imponente castello giudicale. Attualmente è visibile la torre principale, restaurata e visitabile. Attorno al mastio sorge il quartiere di Palatzos Vetzos, costituito dalle vecchie abitazioni e da una serie di palazzi nobiliari del XVI e del XVII secolo. Uno di questi edifici ospitava la Caserma dei Reali Carabinieri, che nel 2000 è diventata il museo Nanni Guiso, all'interno del quale è possibile vedere una collezione di teatrini realmente unica. La struttura è inoltre, il primo museo italiano ad essere stato fondato nel terzo millennio. Nel tessuto urbano di Orosei sorge curiosamente il pozzo sacro nuragico de Sa Linnarta, uno dei pochi casi del genere nell'isola.


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    Lasciando il paese in direzione Olbia - San Teodoro, si trova sulla destra lo svincolo per la chiesa di Santa Maria del Mare.

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    Il santuario dista poche centinaia di metri dalla foce del Cedrino ed ogni anno, l'ultima domenica di maggio, si celebra la festa dedicata alla madonna, con una emozionante processione di barche lungo il fiume.




    Le spiagge di Orosei

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    Il principale impulso al moderno sviluppo economico del paese è stato dato dal turismo, almeno a partire dagli anni '70. Le spiagge di Orosei iniziano al confine con il territorio di Siniscola, con il quale si divide la spiaggia di Bidderosa (Pedra Marchesa nella parte siniscolese). Arrivando da nord, s'incontra sulla destra la caserma forestale di Sa Petra Bianca, da dove parte una stradina che s'inoltra nella bellissima riserva naturalistica, che circonda un mare altrettanto incantevole. Il corpo forestale durante l'alta stagione regolarizza l'ingresso alla spiaggia, imponendo un limite ed un pedaggio all'ingresso con l'auto.

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    Continuando verso sud, sempre sulla sinistra, si trova l'incrocio per Cala Ginepro, dove sorge un notevole borgo turistico che circonda la spiaggia omonima, alla quale si arriva praticamente in macchina. Ritornando sulla strada principale, dopo circa due chilometri, si trova il bivio per Cala Liberotto, nella quale sono inserite una serie di spiagge.

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    Da nord a sud gli arenili sono quello di spiaggia Mattanosa, Cala Liberotto e Fuile 'e Mare.



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    Le spiagge sono state tutte cinte da strutture turistiche, ma hanno conservato la loro tradizionale bellezza, Cala Liberotto è difatti una delle località turistiche più rinomate della costa est. Continuando sull'orientale sarda, in corrispondenza dell'incrocio per il paese si trova la Marina di Orosei, uno stupendo litorale tagliato dalla foce del fiume Cedrino.


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    Questa parte di spiaggia viene chiamata Isporoddai, proseguendo verso sud attraverso la litoranea si raggiunge il tratto di Su Pirone ed ancora oltre si arriva alla Spiaggia di Osalla, dove un piccolo molo segna il confine con il comune di Dorgali.

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    Al largo delle coste di Orosei, sul fondo del mare, giacciono diversi relitti delle grandi guerre. Attualmente diversi diving center stanno organizzando escursioni guidate, alla scoperta di questi tetri e affascinanti reperti.


    da. sardegna.marenostrum.it
    foto web



    cedrino


    Il bacino del Fiume Cedrino è, per estensione, il quinto della Sardegna. Il fiume nasce sul versante settentrionale della catena montuosa del Gennargentu, tra il Monte Fumai e il Monte Novo San Giovanni a più di 1300 m di altitudine. Quando raggiunge i territori di Dorgali ed Oliena, la litologia cambia, passando dai graniti ai basalti e calcari e si nota una profonda diversità del paesaggio che attraversa. Qui il Cedrino, attraverso i secoli, ha scavato dei profondi e spettacolari canyons, nella faticosa ricerca di uno sbocco a mare. all'altezza del centro abitato di Dorgali, il fiume si allarga e rallenta la sua corsa formando il Lago del Cedrino. In realtà si tratta di uno sbarramento artificiale, risalente agli anni Ottanta. Il Fiume Cedrino termina la sua corsa nel Golfo a sud dell'abitato di Orosei. La foce è a estuario, piuttosto ampia, ed è chiusa da un cordone litorale, che ha determinato la formazione di un'area paludosa retrostante.

    basalti




    da: isolasarda.com
    Fotodisardegna.it
     
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    Santa Maria Navarrese




    Santa Maria Navarrese costituisce una frazione di Baunei e dista appena dieci minuti in macchina dal paese. Di recente ha acquisito una connotazione turistica che ne ha consentito lo sviluppo soprattutto grazie al porto turistico di 4° classe di recente costruzione con 340 posti barca per imbarcazioni con lunghezza fino a 30 metri, uno dei pochi porticcioli presenti in questo tratto costiero. Nella piazza antistante l’omonima chiesa, ove ogni anno si celebra la festa di S. Maria del Mare il 15 agosto e la sagra della capra nell’ultima domenica di agosto, si possono ammirare gli olivastri più antichi d’Europa, splendidi nella loro maestosità. Il porto turistico potrà essere il punto di partenza per le vostre gite in gommone che noleggerete direttamente qui. Dirigendovi verso Cala Goloritzè, la prima delle incantevoli calette che incontrerete, vi imbatterete in primo luogo in un gigantesco monolito “Sa Pedra Longa”, raggiungibile, peraltro, anche da terra, in automobile. Chi sceglie il percorso via terra dovrà percorrere la ss. 125 fino alle porte di Baunei, e seguire le indicazioni che troverà al 153° chilometro. Una ripida discesa conduce a ridosso del monolito calcareo.




    da sardegna.marenostrum.it
    foto web



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    Tertenia

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    Tertenia sorge nella valle compresa tra il Monte Ferru e il tacco di Monte Arbu, a soli 103 chilometri da Cagliari, ed è il paese più meridionale dell'Ogliastra.

    Il suo territorio è variegato, aspro e fortemente frastagliato, dominato dagli altipiani dolomitici di Taccu Mannu e Tacchixèddu.


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    Gli antichi navigatori fissarono la loro dimora nell'entroterra della zona costiera del comune di Tertenia, ma presto, conosciuto il territorio, si spostarono nell'entroterra al margine dei valloni, più ricco di corsi d'acqua. Solo più tardi occuparono l'ampio vallone del Quirra sino ad arrivare al margine dei tacchi.

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    In passato il paese si distingueva soprattutto per la produzione mineraria, il suo territorio è, infatti, ricco di giacimenti di pirite, barite, quarzo: particolarmente note erano le miniere di Bau Arena, Sarrala e Barisoni-Porto Santoru.


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    Più recentemente il paese ha scoperto una importante vocazione turistica dovuta alla valorizzazione delle sue bellezze paesistiche e naturalistiche, che riescono a coniugare in una sintesi particolarmente suggestiva la montagna ed il mare.


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    Nei dintorni merita una visita il complesso di origine vulcanica del Monte Ferru, ricco di boschi ed impegnativi sentieri; attraverso il Monte Ferru, tramite la strada panoramica di Sarrala, si accede alla splendida zona costiera della marina di Tertenia caratterizzata dall'alternanza di bianchissime spiagge e scogliere, tra le quali la bellissima spiaggia di Foxi Manna, con l'omonimo insediamento turistico, dominata dal nuraghe Aleri e quella del litorale di Sarrala, contraddistinta dalla presenza dell'interessante torre seicentesca di San Giovanni di Sarrala.


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    La Torre di San Giovanni venne edificata tra il 1764 e il 1767 in granito, ma l'aspetto originario risulta completamente alterato dall'adattamento a bunker subito durante la seconda guerra mondiale. A tronco di cono, ha un diametro di base di oltre 12 m per uno sviluppo in altezza di circa 11 m. Nel terrazzo si notano ancora le cannoniere rivolte verso il mare. La denominazione di questa località risale con molta probabilità alla presenza nella zona dell'antica città romana di Saralapis, di cui sono però purtroppo andate quasi completamente perdute le tracce. Infatti è ampiamente testimoniato dalla presenza di domus de janas, tombe dei giganti e numerosi nuraghi che il territorio di Tertenia fu abitato fin dalla preistoria.

    da: ogliastraontheweb.it


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    La denominazione di questa località risale con molta probabilità alla presenza nella zona dell'antica città romana di Saralapis, di cui sono però purtroppo andate quasi completamente perdute le tracce. Infatti è ampiamente testimoniato dalla presenza di domus de janas, tombe dei giganti e numerosi nuraghi che il territorio di Tertenia fu abitato fin dalla preistoria. Da citare ancora il nuraghe Nastasi, il nuraghe Longu e il nuraghe Aleri.


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    L'economia è prevalentemente basata sull'artigianato, agricoltura (viti, ulivi) e pastorizia e sulla produzione locale del pecorino, ormai richiesto in tutta la Sardegna ed esportato anche all'estero.

    Alla diffusione dei prodotti locali ha fatto da volano lo sviluppo del turismo estivo, grazie alla bellezza della piana di Sarrala e delle spiagge che vi si aprono, prima fra tutte quella di Fogi Manna.

    Fonte: Comunetertenia.it
    foto web




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    Rocce Rosse di Arbatax


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    Le suggestive Rocce Rosse sono uno dei principali punti di attrazione di Arbatax. Grandi scogliere di porfido rosso disegnano uno scenario di incomparabile bellezza per questo sito ubicato dentro l'abitato, all'ingresso del porto ed ai piedi della collina di Bellavista. Il bagnasciuga è qui costituito in parte da ciottoli di granito e di porfido rosso e per il resto da maestose scogliere che da sempre sono frequentate dai ragazzi del paese per il cimento nei tuffi. I turisti durante l'estate giungono da ogni parte del mondo per visitarle. Un'altra stupenda località balneare è Cala moresca. Anch'essa è costituita in gran parte da ciottoli di granito ed è considerata dagli abitanti del luogo, il loro incontaminato paradiso personale.



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    da Wikipedia
    foto: sognandosardegna.com
    - sardinias.it
    - bellasardegna.com







    Edited by tomiva57 - 13/9/2014, 22:35
     
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    Grotta del Fico


    La storia Grotta del Fico
    Alla prima esplorazione della Grotta del Fico, effettuata nel 1957 dal gruppo speleologico Pio XI presero parte anche l'indimenticabile maestro Porrino ed il noto scrittore Marcello Serra, il quale così descrisse la grotta:

    “ Lo speco che ci accingiamo ad esplorare non ha ancora un nome. Lo chiameremo perciò Grotta del Castello (adesso Grotta del Fico) perché questo suo prospetto maestoso affacciato sulla marina ci suggerisce perentoriamente tale denominazione.

    Questa galleria porta alle radici stesse della grotta, ad un grande pozzo interno, che presto risulta in comunicazione col mare. In fondo alla cisterna marina quegli esploratori calandosi con le corde hanno trovato alla fine ciò che cercavano.
    Nel silenzio teso, appena turbato dal leggero scalpiccio di quegli uomini che appesi alle funi puntano i piedi contro la parete sdrucciolevole del pozzo, si leva improvvisamente uno sciacquio fragoroso, un ansimare agitato e qualche verso bizzarro. Lo specchio d'acqua finora placido e inerte viene sconvolto da corpi guizzanti che si immergono a tratti e affiorano sbuffando.

    • Ci sono le foche! – grida qualcuno.

    Ed infatti si tratta proprio di questi strani anfibi che, come abbiamo potuto constatare, si rifugiano anche in questo labirinto che comunica col mare. Gli speleologi discesi nel pozzo hanno disturbato il pigro sonno ed hanno rotto con la loro invasione una quiete forse inviolata da millenni, costringendo quelle foche a manifestarsi."


    Grotta_del_Fico

    Aperta al pubblico nell' Agosto 2003, la Grotta del Fico, territorio di Baunei, è annoverata tra le più belle e importanti grotte di tutta la Sardegna. Lo sviluppo della Grotta fino ad ora noto è arrivato a 1800 mt ma alcune parti sono tuttora in fase di esplorazione.
    La cavità ha un'importante valenza sia sotto l'aspetto concrezionale, sia sotto l'aspetto faunistico, infatti proprio al suo interno Padre Furreddu , uno dei fondatori della speleologia isolana, studiò per la prima volta “ La Foca Monaca ”, vivendo per giorni e notti a stretto contatto con il mammifero.


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    Grazie al suo studio scientifico fu possibile svelare numerosi misteri dell'antico abitante del Mediterraneo, fornendo ritratti inediti delle sue abitudini.
    La Grotta si apre a 10 m dal livello del mare, lungo la straordinaria muraglia calcarea del Golfo di Orosei. Agevoli passerelle vi permetteranno, in assoluta sicurezza, di camminare lungo il letto fossile di un' antico fiume.

    Da Luglio 2010 è disponibile il libro fotografico che raccoglie un reportage della Grotta del Fico e di altre grotte del territorio di Baunei.
    Società Speleologica Baunese

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    Questa grotta fa parte dell'Associazione Grotte Turistiche Italiane AGTI.


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    Il trenino Supramonte


    La novità 2012 è il "Trenino Supramonte", che ogni giorno partirà da Baunei verso l'altopiano di Golgo con interessanti itinerari storico-culturali con le guide della Explorando Supramonte. Possibilità di escursione con cena o degustazione di prodotti tipici locali. Per maggiori informazioni www.treninosupramonte.it

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    fonte: grottadelfico.it
    foto web

     
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