SARDEGNA PARTE 1

CAPO CARBONARA..VILLAPUTZU..I NURAGHI..CAGLIARI.. BEN'ARRIBBAUSU...

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Giovedì ... quando una terra regala emozioni forti è sempre difficile il momento di lasciarla... la Sicilia ha lasciato in noi forti tracce, segni indelebili della sua bellezza variegata dai colori della storia ... l’aria salmastra solletica i miei sensi, la Sicilia è piccola all’orizzonte mentre affrontiamo il mare che da Palermo, volando per circa 270 chilometri verso nord ovest, ci porterà verso la Sardegna, verso Cagliari ... un gabbiano all’orizzonte, dopo ore di tranquillo volo sulla mongolfiera, vola veloce segnando il cielo; è il segnale, la terra è vicina, mentre l’aroma di mirto si diffonde intorno a noi e realizziamo che la Sardegna è oramai vicina... Buon risveglio amici miei ... BONU DIE BEN'ARRIBBAUSU!!! Come faccio ogni tanto, vi lascio una poesia in LINGUA (è una lingua non un dialetto) sarda ...Au türista: U l'è bellu delungu u mé pàize, ti û se. Ma de stè ti ghe ti e u me pioxe de ciü. Me pioxe u tó sguordu cuiùzu, incantàu davanti ai paesaggi da mé bella uiza. Te pioxe u só aspettu, i só carugétti, e gente curdioli, dai baróffu i vêgétti. Te pioxe u só mò, i só scöggi, u só sé de 'na lüxe ciü intensa,te dumandi u perchè. Te pioxe i culuri,e só sciùe e só chè, a só poxe, i silensi, te dumandi u perchè. U perchè ghe l'ho mi. U perchè u l'è tüttu inta semplicitè.

    (Claudio)



    SIAMO ARRIVATI IN SARDEGNA..CAPO CARBONARA..VILLAPUTZU..I NURAGHI..CAGLIARI.. BEN'ARRIBBAUSU...


    “Secondo una leggenda e i racconti del paese, la proprietaria del castello di Sassai era una contessa che tesseva con il suo telaio d’oro. Si dice che quando il castello fu assaltato dai nemici la donna morì sotto il crollo delle mura e da allora, pare, che ogni notte tra i ruderi del castello si sentano ancora risuonare i suoi lamenti……il castello medievale di Sassai è un tassello importante della storia sarda. Si trova nel Gerrei, una zona poco abitata del sud-est della Sardegna e rientra nel territorio di Silius, un piccolo paese minerario. La storia più recente del territorio è infatti legata alla miniera di fluorite, una delle più grandi d’Europa….Il castello era noto come Orgugliosu, per la sua posizione dominante e solo successivamente fu chiamato Sassai. Era stato costruito dai pisani del XIII secolo e aveva principalmente la funzione di presidio di controllo…. Del castello originale sono rimaste in piedi le imponenti mura di pietra, spesse un metro, e un torrione alto circa sei metri. Nelle mura esterne che si affacciano sui dirupi sono ancora visibili le feritoie per gli arcieri. Gli scavi archeologici hanno poi riportato alla luce una cisterna per l’acqua e un forno per il pane. Inoltre ci sono altre stanze sotterranee che sono state probabilmente prigioni ….Quest’area e il castello sono stati protagonisti di una delle battaglie più cruente della storia isolana tra aragonesi e sardi ..Nel 1353 il castello di Sassai, in mano agli aragonesi, fu assediato dalla truppe sarde del Giudice Mariano d’Arborea che vinsero. …A Silius oltre al castello…ci sono tracce dell’antica civiltà nuragica…Pala Nuraxi e Sa domu de s’Orcu.”



    “Per via del fiume Flumendosa che scorre nella vallata vicina, Ballao è noto nel circondario come il paese della nebbia….Il centro si trova all’interno, in una conca circondata dai monti, tra la provincia di Cagliari e quella di Nuoro….Tutto il paesaggio è modellato dal Flumendosa, il corso d’acqua più importante delle Sardegna che parte dal massiccio del Gennargentu e arriva fino alla costa orientale dell’isola, attraversando vari centri tra cui Ballao…Lungo il fiume nidificano germani, fagiani e aironi cinerini, ma se ci si allontana dagli argini la vegetazione fluviale lascia il posto ai boschi di lecci e alle sugherete nelle colline. L’acqua è un elemento fondamentale del territorio cittadino di Ballao, abitato fin dal periodo nuragico, tra il 1500 a.C. e il II secolo d.C., come testimonia anche il tempio a pozzo di Funtana Coberta è uno dei pozzi sacri più conosciuti e antichi dell’isola. Si tratta di una delle tipiche costruzioni nuragiche poste vicino a fonti naturali dove si praticava il culto dell’acqua…… nelle campagne di Ballao ci sono delle chiesette campestri costruite nel VII secolo d.C. dai Monaci bizantini: la chiesa di Santa Croce, San Rocco e San Pietro e Santa Maria Cleofe….Nel Novecento la città è diventata un centro minerario nella miniera di Corti Rosas, si estraeva l’antimonio, elemento che serve anche per realizzare la polvere da sparo.”



    “…c’è un piccolo comune molto interessante dal punto di vista storico e culturale per l’intera isola: Villaspeciosa. Nelle sue campagne si trova il mosaico pavimentale meglio conservato della Sardegna…..vicino al sito archeologico di San Cromazio, un centro di età tardo-romana e alto-medioevale…Nell’annesso impianto termale, durante i primi anni del Cristianesimo, attorno al IV secolo d. C., fu costruita una chiesetta che aveva come pavimento proprio il mosaico, ancora in buone condizioni…sulla sua superficie vi sono raffigurati motivi geometrici che si intrecciano a quelli vegetali in cui spiccano i disegni di alcuni vasi realizzati con tessere bianche, verdi, nere e ocra.”


    “Capo Carbonara, la punta estrema a sud est. Tutta la costa, compresa l‘isola dei Cavoli che si trova proprio davanti al capo, rientra nel territorio di Villasimius…Il mare trasparente e le spiagge bianche sono oggi la risorsa più preziosa del centro diventato dagli anni ‘50 una delle più note località turistiche sarde. Prima la sua economia si basava soprattutto sull’agricoltura e sul commercio di carbone, tanto che era noto come il paese dei carbonari…Superato capo Carbonara, si delinea un’altra isola, più grande e allungata, quella di Serpentara….Tra le più belle e note, separate da scogliere di granito, vi è la Spiaggia del Riso con la sabbia bianca e di grana grossa tanto che i granelli sembrano chicchi di riso…. Poi Cala Giunco, Campulongu … Punta Procceddus, una distesa di sassi tondeggianti, e Punta Molentis (degli asini), una piccola penisola che separa il mare aperto da una caletta piccola e riparata…. all’Isola dei Cavoli svetta un faro alto 40 metri…. nelle sue acque vivono gorgonie giganti, cernie, murene e qualche tartaruga marina. Nei fondali dell’isola poi ci sono numerose testimonianze archeologiche: per esempio i resti di un nave aragonese che, secondo gli studiosi, era diretta dalla Spagna a Palermo che trasportava mattonelle smaltate d’azzurro, prodotte nella zona di Valencia (azulejos)………. lo stagno di Notteri, un’area umida dove nidificano e vivono specie protette come i fenicotteri rosa……Villasimius era abitata già in epoca nuragica (XIX –VI secolo a.C.), ci sono poi resti archeologici di epoca fenicio, punica e romana, segno della popolarità dei luoghi, successivamente abbandonati per le frequenti incursioni barbariche….restano ancora oggi testimoni del periodo spagnolo le torri di avvistamento e una fortezza costiera nota come Fortezza Vecchia, che risale al XVI- XVII.”


    “Villaputzu..la cittadina è situata a due passi dal capoluogo sardo ma nonostante le dimensione conserva ancora intatte virtù e tradizioni di una grande terra….. nell’antico borgo della città ritroviamo le tracce dell’antica dominazione araba dell’alto medioevo….. Le sue strade sono ancora selvagge e pastori con gregge al seguito sono immagini consuete e lasciano nella memoria quel sapore antico di un tempo, quando il mondo si nutriva ancora dei sui frutti e gli uomini erano ancora disposti a sacrificarsi per la loro terra. Nei campi, dove si ferma il sole con la sua potenza, crescono colorati e rigogliosi alberi di fichi d’India…. culla natia dei famosi e ricercati funghi Pleurotus eringi. Boschi e alberi sono anche la casa di tanti animali. Le tante specie di uccelli che dispiegano in questo limpido cielo le loro bellissime e colorate ali, proprio qui possono sentirsi a casa…...”


    “I nuraghi - dice Giovanni Lilliu, l’archeologo che più ha studiato la civiltà nuragica - significano fascino di Sardegna, oltre la natura vergine e sconfinata, oltre il mare»….Tutto il paesaggio dell’isola sarda è caratterizzato proprio dalla presenza dei nuraghe: torri preistoriche a forma tronco conica ottenute dalla sovrapposizione di enormi massi che si reggono uno sull’altro senza malta o alcun tipo di cemento…..”


    “Costruito con enormi blocchi di basalto, di color rosso, il Nuraghe Arrubiu, si staglia sull’altopiano di Su Pranu, nel comune di Orroli….Un luogo silenzioso da cui si gode un panorama quasi lunare, tra cespugli radi di macchia mediterranea e qualche albero d’ulivo; dall’altura si domina l’intera vallata sul fiume Flumendosa….Il Nuraghe è uno dei più importanti monumenti preistorici della Sardegna, dopo quello di Barumini, e di sicuro è il più imponente dell’intera zona del Sarcidano, nella parte sud occidentale dell’isola….Grazie al ritrovamento di un alabastron, una ceramica micenea, al centro della struttura è stato possibile far risalire la costruzione di tutto l’impianto difensivo al 1500 a.C. … la Stanza delle donne, identificata così dagli archeologi perché qui si sono stati rinvenuti numerosi utensili come fusaiole, macine e vasetti ….Tutto il territorio è disseminato di costruzioni e reperti archeologici: in particolare nel Parco su Motti dove si trovano numerose Domus de janas (termine che in sardo significa casa delle fate), vi sono resti di necropoli neolitiche. Questa era un’area sacra per i popoli primitivi dediti al culto dell’oltretomba e che abitarono anche nelle grotte naturali de “Sa Corona Arrubia”.”


    “Il nome della città di Cagliari ha origini antichissime e si pensa che furono addirittura le civiltà nuragiche a chiamare la città Karal o Karallai …Il nome mutò nei secoli a seconda delle dominazioni e giunse all'odierna denominazione, appunto Cagliari, ad opera degli Aragonesi nel XIV secolo…. fu abitata sin dal Neolitico come centro nuragico e nel 48 a.C. divenne municipium romano con tanto di templi, ville e terme…… Dopo la dominazione bizantina del 534, con il secolo IX, la città organizzò un governo indipendente diventando Giudicato di Cagliari…In seguito venne espugnata dai Pisani e poi, dagli Aragonesi che la governarono dal 1326 sino al 1708 quando venne ceduta all'Austria in cambio della Sicilia…..Cagliari, capoluogo della Sardegna, è adagiata in una felice posizione su alcuni colli a specchio del mare, nel magnifico golfo… il gentile e leggendario nome di “Golfo degli Angeli”…..Nel cuore dell’antica città alta c’è il popoloso e pittoresco Rione Castello, formato da un dèdalo di strette e tortuose viuzze in salita, qua e là ricoperte da archi, le cui case - di tipo spagnolo - conservano un caratteristico aspetto medioevale…..Qui si erge la Cattedrale, risalente al secolo XIV, con la sua maestosa facciata più volte rifatta e conciliante gli stili romanico e pisano… Il quartiere Castello di Cagliari…il Bastione St Remy, dalle antiche “porte” che erano gli unici accessi alla roccaforte… edificato nel XIV secolo in calcare bianco e giallo, oggi è un simbolo della città …..quest’angolo di Cagliari ha conservato intatto il fascino medievale e nasconde suggestivi scorci e numerosi monumenti. la Cattedrale, in Piazza Palazzo: fatta erigere dai pisani nel 1200, porta in sé le testimonianze anche delle seguenti dominazioni, che ne fanno un monumento ricco di storia e arte…il Castello con le due torri pisane che si ergevano a proteggere la cittadina pisana: la torre di San Pancrazio e la Torre dell’Elefante, entrambe costruite nel XIV secolo, sono di calcare bianco per tre lati mentre il quarto, rivolto verso il quartiere, è lasciato scoperto e mostra i vari piani costruiti da soppalchi in legno…..La necropoli di Tuvixeddu, che sorge nell’omonimo colle fra il quartiere Sant’Avendrace e quello di Is Maglias, è la più grande necropoli punica di tutto il Mediterraneo, sia per estensione che per numero di sepolture. Dalla fine del VI sino agli inizi del III secolo a.C., i cartaginesi scelsero questo colle per seppellirvi i loro morti e anche i romani in seguito continuarono a seppellire qui i propri defunti. Tra le sepolture se ne distinguono alcune di particolare bellezza, per esempio la tomba dell'Ureo e la tomba del Combattente, entrambe dipinte con simboli affascinanti…l’Anfiteatro romano …suggestiva grande costruzione romana: risalente ai due decenni a cavallo tra I secolo a.C. e I secolo d. C….. scavato nella roccia viva calcarea del colle di Buon Cammino, nella parte alta del quartiere storico di Stampace…altre, importanti testimonianze romane …la Villa di Tigellio e il sepolcro di Aptilia Pomptilla, comunemente conosciuta come “grotta della vipera”…Castello di S. Michele di Cagliari….risale al XIV secolo e sorge sulla sommità del colle San Michele, dominando tutta …La basilica di San Saturnino, dedicata al patrono della città è la chiesa più antica di Cagliari: venne edificata nel V secolo d.C. e sorge nel quartiere Villanova, dove, secondo la tradizione, il santo cagliaritano sarebbe stato decapitato, nel 304 d.C….Il Santuario di Bonaria è un complesso religioso che sorge in cima all’omonimo colle e comprende l’originario santuario trecentesco, di architettura gotico- catalana e la sontuosa Basilica settecentesca. Nel santuario è custodito il leggendario simulacro di Nostra Signora di Bonaria, a cui è legata la leggenda secondo cui nel 1370 un veliero spagnolo, fu sorpreso da una violenta tempesta e costretto a buttare in mare l'intero carico, tra cui una pesante cassa. La leggenda narra che la cassa approdò ai piedi del colle di Bonaria e, recuperata dai frati Mercenari, si scopri che al suo interno c’era la statua della Madonna con il Bambino, che teneva nella mano destra un cero ancora acceso. La notizia, sparsa nell’isola, ha fatto diventare il Santuario meta obbligata per moltissimi fedeli e la Madonna di Bonaria è diventata la protettrice dei marinai dell’isola…l’Orto botanico di Cagliari….incastonato fra l’anfiteatro romano e la villa di Tigellio, è un piccolo gioiello, che ospita duemila specie di piante provenienti da tutto il mondo, fra cui piante ultracentenarie e diverse collezioni di rarità botaniche…..La spiaggia della città di Cagliari è il Poetto, una distesa di sabbia di 8 km che parte dalla “sella del diavolo”, il promontorio che per la sua forma si è conquistato questo suggestivo nome, fino ad arrivare al litorale di Quartu Sant’Elena. …Mari Pintau, chiamata così “mare dipinto” per lo straordinario colore dell’acqua… Solanas, Geremeas e Torre delle Stelle.”



    “Nella Sardegna sud Orientale, su un altipiano tra boschi di macchia mediterranea, il piccolo paese di Armungia il centro, caso quasi unico nell’isola, è stato costruito attorno a un nuraghe che risale all’età del bronzo medio e risale al XV e XVI secolo a.C…...Tra le case semplici del paese, ci sono dei luoghi e degli spazi che raccolgono le testimonianze della vita agropastorale di un tempo. I circa seicento oggetti conservati nel museo etnografico “Sa domu de ainas” raccontano il fare quotidiano e custodiscono l’identità antropologica del paese e della zona del Gerrei…Nella “Bottega del fabbro”, invece, si possono ammirare gli arnesi di un mestiere quasi scomparso: quello del forgiatore ferraio. …Ad Armungia è nato Emilio Lussu, intellettuale, politico, comandante della Brigata Sassari…... Tra i suoi scritti “Il cinghiale del diavolo”, un racconto del 1938 ambientato proprio nell’altipiano tra Armungia e Villasalto….«Questo mondo arcaico di cui io parlo, patriarcale e barbarico, aveva una sua civiltà e una sua cultura … Esso è scomparso e non è stato ancora sostituito da una nuova civiltà».”



    “Masua e Nebida sono due borghi minerari di Iglesias …..il Sulcis, questo il nome della zona, è una terra di miniere bagnata da un mare selvaggio che offre panorami unici…Molti dei vecchi insediamenti minerari e le altre strutture che testimoniano la fervente attività estrattiva sono sulla costa….Dalle locali miniere si estraeva soprattutto zinco e piombo …Ora la zona fa parte del Parco Geominerario della Sardegna che tutela il patrimonio tecnico, culturale e ambientale collegato alle zone minerarie…L’area del Sulcis-Inglesiente è la più vasta e importante del parco….Gli edifici che narrano questa suggestiva storia industriale hanno come cornice un contesto ambientale unico. La costa tra Masua e Nebida, infatti, colpisce per le sue falesie a strapiombo sul mare, per il contrasto cromatico tra le rocce scistose color vinaccia e il bianco candido delle pietre che si stagliano a poca distanza dalla scogliera…Davanti alla piccola spiaggia di Masua sono ben visibili i tre isolotti: S’Augusteri, il Morto e soprattutto il Pan di Zucchero, il faraglione più imponente con i suoi 132 metri d’altezza, inserito come tutta la zona nella riserva naturale…..Sulla parete rocciosa, quasi dirimpetto a questo suggestivo scenario, c’è un altro gioiello dell’archeologia industriale: il sito Porto Flavia…grazie alla sua ingegnosa struttura si poteva imbarcare il minerale direttamente dalla montagna. Dai depositi sotterranei arrivava il carico sul nastro trasportatore posto alla base di due gallerie sovrapposte, da qui un braccio mobile poi trasportava i minerali nelle stive delle navi che sostavano davanti al Porto…..Un altro monumento minerario da non perdere, anche questo a pochi metri dal mare, è la Laveria Lamarmora immersa nella macchia mediterranea. La laveria con le sue arcate a cielo aperto è stata restaurata dalla Soprintendenza ai Monumenti di Cagliari e collegata al mare da una scalinata di circa 500 gradini…..Tra Nebida e Masua si susseguono calette e spiagge chiuse da rocce, raggiungibili spesso a piedi tramite ripidi sentieri o talvolta solo in barca: tra queste Portu Banda, Bega sa Canna, Portu Cauli, Portu Rafia….. la falesia del Castello dell’Iride”
    “Iglesias è un comune della provincia di Carbonia-Iglesias, …la città è posta nel più ricco bacino minerario d’Italia, l’Iglesiente, nella parte sud-occidentale dell’isola, le cui attrezzature e opere costellano il paesaggio delle alture (come quella del monte Paone dove è situata la miniera di Monteponi, una delle più importanti d’Europa)….Il nome di Iglesias deriva dall’antica Villa Clesia Argentaria, sorta quando le popolazioni rivierasche arretrarono per evitare le scorrerie mussulmane…. si estende dalle pendici collinari del monte San Pietro alla piana del fiume Cixerri, affluente del Flumendosa; intorno verdeggiano le colture di olivi, cereali, viti, legumi e frutta…. ha diversi antichi edifici che documentano il periodo di occupazione pisano e alcune belle chiese, fra le quali la cattedrale del secolo XIV-XV, in stile romanico-gotico, la chiesa di San Francesco e quella del cimitero…..Fu comune podestarile dominato dai conti Donoratico della Gherardesca che la fortificarono (ne resta il castello di Salvaterra)…..Da Monteponi, alle soglie di Iglesias, situata in pittoresca posizione, si abbraccia il panorama delle principali miniere dell’Iglesiente. Le sue colline, tormentate e sconvolte, appaiono striate dalle scorie rossicce, variegate dagli enormi cumuli delle discariche dei residui delle lavorazioni minerarie antiche e recenti. Sfruttata sin dai tempi dei Fenici, la miniera di Monteponi - oggi una delle più progredite per la modernità delle sue installazioni - continua a dare ancora una notevole quantità di minerali piombiferi.”








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    Capo carbonara......

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    La Costa

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    E' una zona bellissima..!!!



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    Riserva Marina di Capo Carbonara





    La Riserva Naturale Marina di Capo Carbonara è stata istituita con Decreto Ministeriale del 3 agosto 1999. Ha una superficie di circa 8.860 ettari ed è complessivamente suddivisa in tre zone, sottoposte a differenti normative e gradi di tutela: la zona, la zona b, la zona c.





    Il territorio presenta un notevole sviluppo costiero di circa 32 km, caratterizzato dalla presenza di un imponente promontorio, il Capo Carbonara, e da due isole, quella dei Cavoli e quella di Serpentara. Il Capo Carbonara spartisce un ampio golfo, che ad est prende il nome di Porto Giunco, ad ovest quello di Golfo di Carbonara. Dal punto di vista idrografico, è attualmente presente un unico corso d'acqua di una certa importanza. Si tratta del Rio Foxi, un tempo navigabile, che dopo aver attraversato la valle in cui sorge il centro abitato, sfocia nel Golfo di Carbonara in località Campus. Il paesaggio era un tempo ricoperto da fitte foreste, ricche di selvaggina. Attualmente il territorio è caratterizzato dalla presenza della macchia mediterranea e del sottobosco: il cisto, il lentisco, il mirto, il corbezzolo, la ginestra, l'olivastro, il ginepro, il carrubo, il leccio. Dal punto di vista faunistico gli animali più importanti sono la tartaruga terrestre, la lepre e il coniglio selvatico, il cinghiale, il cervo sardo, la donnola e la volpe.
    L'avifauna è rappresentata dalla poiana, dal falco pellegrino, l'upupa, la pernice e la gallinella d'acqua.
    Sul territorio sono presenti alcuni endemismi: il cavolo selvatico (brassica insularis), presente sull'Isola dei Cavoli, Capo Spartivento e sull'Isola antistante Capo Caccia, e l'acchiappamosche (dracunculus muscivorus).



     
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    I NURAGHI





    I numerosi nuraghi disseminati nell’isola di Sardegna occupano certamente un posto di rilievo fra i monumenti lasciati nel bacino del Mediterraneo Occidentale dalle varie culture che nell’antichità vi si sono succedute.
    Questi maestosi edifici hanno un ruolo fondamentale nel paesaggio sardo, tanto da imprimersi nella mente del visitatore come elemento caratteristico di una terra misteriosa e straordinaria e da assurgere a simbolo ed emblema di un intero popolo.



    "I nuraghi" dice bene Giovanni Lilliu, insigne studioso dell’archeologia sarda, "significano fascino di Sardegna, oltre la natura vergine e sconfinata, oltre il mare".
    Sono circa settemila quelli che, conservati più o meno bene, sono giunti fino a noi, ma all’origine e prima delle molte distruzioni cui sono andati incontro, il loro numero doveva essere certamente maggiore.
    Il nome di questo caratteristico monumento deriva dal vocabolo nurra, che significa "mucchio", "accumulo", ma anche "cavità". Ed è forse proprio per questo doppio significato che il termine è stato applicato alla forma originaria del nuraghe, una costruzione venuta su per "accumulo" di grosse pietre con interno occupato da una camera coperta a cupola e pertanto "cava".



    Nella sua espressione più semplice il nuraghe presenta la figura di una torre rotonda, dal profilo verticale a tronco di cono, sormontata da un terrazzo sporgente, costruita con muratura molto spessa, composta a secco con grosse pietre, talora grezze, talora lavorate, disposte in filari orizzontali sovrapposti a cerchi sempre più stretti dal basso verso l’alto.


    Le pietre si reggono senza l’aiuto di alcun cemento, solo con il peso ed il contrasto dei massi, che sono ben legati in struttura grazie ad una tecnica costruttiva affinata dall’esperienza in base alla quale, al momento della collocazione, alcuni blocchi venivano sbozzati, eliminando eventuali asperità che potessero impedirne l’aderenza a quelli già in opera.



    L’interno di queste torri è cavo, essendo occupato da una camera coperta a tholos ossia a sezione ogivale, con le pareti che si elevano ad anelli concentrici sporgenti l’uno sull’altro, con diametri decrescenti dal basso verso l’alto, dove una o più lastre chiudono il foro della falsa cupola.
    L’ingresso, il cui orientamento va da est a ovest, ma che di preferenza è volto a sud, prevede l’impiego di un architrave poggiante su due piedritti, sormontato da finestrello di scarico.
    Alla camera del piano terreno, illuminata debolmente dalla luce che filtra dall’esterno, introduce un corridoio, dove trova posto sul lato destro una nicchia di guardia, la cosiddetta "garetta", e, su quello sinistro, una scala ricavata entro la muratura ed a tratti schiarita da finestrini, che sale a chiocciola alle eventuali camere superiori e al terrazzo.



    Nelle pareti delle camere sono ricavate nicchie e stipetti.
    Al nuraghe monotorre venivano spesso aggiunte altre torri, disposte variamente e collegate l’una all’altra da poderose murature, sovrastate da camminamenti: si hanno così i nuraghi complessi, bilobati (con aggiunta di due torri), trilobati (con aggiunta di tre torri), quadrilobati (con aggiunta di quattro torri), pentalobati (con aggiunta di cinque torri).



    Fra la torre centrale e i corpi aggiunti erano ricavati dei cortili che consentivano la comunicazione fra gli ambienti.
    Nei nuraghi a pianta complessa veniva poi aggiunta una ulteriore cinta esterna di torri collegate l’una all’altra da murature: quello che viene detto antemurale .



    Il numero delle torri e la disposizione delle stesse e dei cortili è tanto varia e dipendente dal tipo di pietra e dalla natura e dalla morfologia del terreno da rendere ogni nuraghe un monumento unico, che può essere tipologicamente simile ad un altro ma mai identico.
    Non sappiamo esattamente come venisse eretto un nuraghe e soprattutto in che modo venissero sollevati i blocchi, talora di dimensioni ciclopiche. Si è parlato di terrapieni, di rulli di legno, di rudimentali "capre" e di altri vari sistemi, ma in realtà nessuno è scientificamente provato.



    E non conosciamo neppure, finora, i motivi per cui un nuraghe venisse ingrandito con l’aggiunta di varie strutture, né perché si aggiungessero una o più torri, né perché venisse scelto un tipo di soluzione rispetto ad altre possibili, e così via.



    Sarà il proseguimento delle indagini e degli scavi archeologici, ormai attuati con tecniche sofisticate ed estremo rigore scientifico, a gettare luce su questi interrogativi ed a svelarci completamente il mistero della civiltà nuragica.
    Appare, invece, sempre più plausibile l’ipotesi che i nuraghi fossero inseriti in un sistema territoriale che prevedeva varie unità di tipo diverso, dalla semplice torre di avvistamento, al monumento piccolo e poco articolato, al colossale edificio che probabilmente costituiva un punto di riferimento per l’intera area.



    A questo punto è ovvio chiedersi che destinazione avessero queste torri.
    L’ipotesi più accreditata è che avessero una funzione civile: ci si viveva e si vigilava sul territorio circostante. In situazioni di emergenza, di lotta tra clan, coloro che non partecipavano al combattimento, gli inermi, potevano trovare provvisorio rifugio entro le poderose murature.

    Per quel che attiene il periodo di costruzione delle torri nuragiche, la data iniziale è da porsi nell’età del Bronzo Medio (XVI - XV sec. a.C.) e quella terminale nell’età del Bronzo Finale (fine X sec. a.C.) anche se non si esclude che episodi di restauro e di ristrutturazione dei monumenti possano essersi verificati nella successiva età del Ferro.




    Il castello di Sassai





    Il Castello di Sassai (anche noto come Castello Orguglioso) è sito nella parte meridionale dell'altopiano del Gerrei a Nord-Est di Silius ed è raggiungibile percorrendo la strada che da Ballao conduce a San Nicolò Gerrei.



    Putroppo a causa della mancanza di fonti scritte non si conoscono molte informazioni relativamente la sua storia; si pensa sia stato edificato nel XIII secolo dai Pisani. Sucessivamente la costuzione ed il cambio di proprietà (dai Pisani agli Aragonesi) si sà che fu attaccato nel 1353 dai partigiani di Mariano d'Arborea; in questa occasione il castello fu conquistato dagli assedianti e distrutto.



    Il Fara afferma che i Sardi che assediarono e presero il maniero erano paritigiani del Giudice d'arborea provenienti da Cagliari. Lo stesso Fara scrive che il castello disponeva di settecento cavalieri e di numerosa fanteria; la cavalleria non ebbe sicuramente vita facile in quel territorio a causa della morfologia del terreno, ricco di rocce e sassi, e la montagna aspra e selvosa. L'assedio è da inquadrare nel contesto della guerra tra gli Aragonesi e le truppe di Arborea, conclusasi con la pace nel 1355. Tra i castelli che furono nuovamente presidiati non figura l'Orgoglioso (forse a causa dei gravi danni arrecati durante l'assedio ??, ipotesi confermata da un rilievo eseguito dagli Aragonesi alcuni anni dopo da cui risulta semi-diroccato).



    Arrivando ai giorni nostri il castello fino pochi anni fà era costituito da un cumulo di rovine; attualmente gran parte di esso è stata riportata alla luce da numerosi scavi. E' posto sul cucuzzolo di una collina alta 430 metri sul livello del mare, ha la forma di un rettangolo. I lati più lunghi esposti al Nord e al Sud si estendono per m. 25,60; i lati più corti ad Est e ad Ovest sono lunghi m.17.83; si conserva la parte inferiore di una torre nell'angolo orientale del Castello attualmente alta sei metri. Dalla sommità del tronco di torre si gode un vasto orizzonte da ogni parte.



    Si vede Silius e le strade, si scorge il paese di Ballao e un buon tratto del Flumendosa, si distinguono le valli e i corsi d'acqua. Un osservatore, situato sul castello poteva controllare qualunque movimento di truppe nemiche e preparare tempestivamente tutto l'occorrente alla difesa. La leggenda popolare narra che molti secoli fa la castellana di Sassai tesseva col telaio d'oro tele finissime, e che, quando i nemici penetrarono nel Castello, le fecero cadere le volte sulla testa sicchè ella rimase seppellita col suo prezioso telaio, e spesso durante la notte si odono fievoli lamenti.




    sardegna













    BALLAO







    Il comune di Ballao sorge su un'ampia ansa del Flumendosa, uno dei principali fiumi della Sardegna, ai limiti della subregione del Gerrei, al confine tra la provincia di Cagliari e quella di Nuoro. Esso si dispone entro una conca circondata da monti che guarda verso il fiume e si apre su un paesaggio di grande fascino.



    Sull'etimologia del toponimo esistono diverse teorie. Secondo una di queste sarebbe di origine paleosarda; secondo un'altra deriverebbe dallo spagnolo "balay", col significato di "cesta" o di "conca", in riferimento alla localizzazione geografica del paese.



    Elemento caratterizzante il paesaggio di Ballao è indubbiamente il Flumendosa, insieme al suo affluente Stanali, intorno ai quali si dispone un territorio collinoso, ricoperto di boschi di sughere e lecci e di macchia mediterranea.



    Il territorio è abitato almeno dall'epoca nuragica, alla quale risalgono i templi a pozzo di Villa Clara e di Funtana Cuberta, circondati da resti di insediamenti di età nuragica e poi romana e bizantina.



    In epoca medievale il paese fece parte del giudicato di Calari e dopo il 1258 di quello di Arborea. Dal 1300 entrò a far parte della Repubblica Comunale di Pisa, ma dopo il 1324 fu incorporato nel Regno catalano-aragonese.



    Nel territorio di Ballao si possono ancora oggi vistare alcune chiese campestri di origine bizantina: S. Croce, S. Rocco, S. Maria Nuraxi e S. Pietro.



    Non lontano dal paese è oggi visitabile la Miniera di Cortirosas, un tempo destinata all'estrazione di antimonio. Rimangono i resti della laveria, dell'impianto di flottazione e dell'edificio per il generatore elettrico. Si conservano inoltre alcuni fabbricati destinati a foresteria. Tutti gli edifici sono costruiti in maniera assai semplice, in pietra da taglio con tetto a doppio spiovente. Presso l'ingresso ai cantieri si legge ancora, con difficoltà, la scritta "AUTARCHIA", risalente ad epoca fascista. La miniera fa oggi parte del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna, riconosciuto dall'UNESCO.



    Ma le attrattive principali di Ballao risiedono indubbiamente nei valori paesaggistici legati al Flumendosa. In questo territorio, infatti, tra rocce di forma inusitata e incantevoli piscine naturali d'acqua dolce, immerse in una ricca vegetazione fluviale, si possono di frequente osservare uccelli di rara bellezza, come aironi cinerini e germani, ma anche nutrie, fagiani, gruccioni e, nelle acque del fiume, le tartarughe.Assai caratteristici, infine, sono i "nessargius", primitive ma ingegnose trappole per pescare le anguille alle prime piogge autunnali.




    pozzo sacro



    Villaspeciosa





    Il paese di Villaspeciosa è situato a 20 chilometri da Cagliari, nella piana del Campidano, attraversata in questo punto dal fiume Cixerri. A sud il territorio del comune è inoltre delimitato da zone collinose che si estendono fino alle pendici del Monte Arcosu.



    Il territorio del comune di Villaspeciosa fu popolato fin dall'epoca nuragica; testimonianze della presenza dell'uomo sono state rinvenute nel sito di Mitza Cuccureddus, dove sorge il nuraghe di Cilixianu. Durante l'epoca romana la zona conobbe una fase di sviluppo, come testimoniano i ritrovamenti nel sito di San Cromazio, risalente al III secolo d.C., presto pienamente fruibile ai cittadini e ai turisti.




    Di notevole interesse le forme della chiesa romanica di San Platano. È infatti una delle poche chiese sarde a due navate, entrambe concluse da abside e provviste di ingresso indipendente. È databile al secondo quarto del XII secolo sulla base delle caratteristiche architettoniche e per la tendenza al reimpiego, in senso "antiquario", di manufatti marmorei romani.






    CAGLIARI





    Cagliari, città di mare e di gente, di sole e di gabbiani: questo è ciò che si scopre camminando tra le salite e le discese, in una mattina soleggiata e respirando l'aria profumata di salsedine. Nei suoi abitanti s'intravede la storia, specchio della sua cultura e di tutta l'isola.



    Arroccata su sette colli calcarei, si distende lungo il Golfo degli Angeli per poi svilupparsi, soprattutto negli ultimi decenni, verso il Campidano, confinando con paesi e città limitrofe come Quartu S. Elena, Selargius, Monserrato e Quartucciu. La fisionomia della città, legata indissolubilmente al mare da cui ha tratto la sua ricchezza principale, non è mai cambiata radicalmente lungo il corso dei secoli, anche se oggi conosciamo una realtà urbanistica fatta di nuovi quartieri e di zone di periferia. Cagliari, metropoli della Sardegna, si conosce percorrendo il nuovo asse mediano o il lungomare del Poetto, attraversando lo stagno di Molentargius per poi arrivare a Quartu.



    Nata in epoca neolitica, assurge al ruolo di città durante il periodo di dominazione fenicio-punica, elevandosi al rango d'importante crocevia di traffici mercantili per la sua felice posizione al centro del Mediterraneo. Le zone abitate si estendevano dal promontorio di Sant'Elia, in cui sorgeva un piccolo villaggio di salinieri e pescatori, fino agli insediamenti più ricchi presso lo Stagno di Santa Gilla e la zona limitrofa di Sant'Avendrace.



    Nei pressi sorgeva la necropoli di Tuvixeddu, interamente scavata nella roccia calcarea, ed in cui sono stati ritrovati numerosi reperti, per lo più ceramici, ora conservati all'interno del Museo Archeologico presso la Cittadella dei Musei. Al centro dei due poli, nell'odierna Via Roma, era situato il porto e un fiorente mercato dal quale si sviluppava un villaggio di mercanti e pescatori, che delineava la zona in cui sarebbe sorto il Quartiere della Marina, anticamente chiamato La Pola.




    Dalla dominazione romana
    Dal 238 a.C., anno della I Guerra Punica, la Città passò sotto la dominazione romana, divenendo fulcro d'irradiazione della cultura latina in Sardegna. La Marina, secondo quanto è testimoniato dai reperti rinvenuti nello scavo di Sant'Eulalia, continuò a rappresentare la zona più vitale, in cui avvenivano scambi commerciali di grande importanza per lo sviluppo socio-economico della Sardegna.



    Cagliari, vera e propria città romana, conteneva un complesso d'abitazioni di prestigio come la Villa di Tigellio, e aveva vita autonoma e attiva, come dimostra il grande anfiteatro, datato tra il I e II sec., che ancora oggi è sede della Stagione Estiva, promossa dalla Fondazione del Teatro Lirico, e d'altri eventi culturali e di spettacolo dell'estate cagliaritana.



    Con l'avvento del Cristianesimo, la città si conferma come porta d'accesso del nuovo Vangelo, divulgato dai vescovi africani. È testimoniata a Cagliari la presenza di grandi personalità come Sant'Agostino, di cui erano conservate le spoglie nell'omonima chiesa in Largo Carlo Felice, restaurata recentemente.



    Dopo un periodo di dominazione Vandala e varie vicissitudini, la città tornò a far parte dell'Impero Bizantino, che lasciò ampia autonomia all'isola, permettendo l'instaurarsi dei Giudicati locali, a partire dal IX-X secolo d.C. La sede del potere Giudicale si spostò a Sant'Igia, nella zona dello stagno di Santa Gilla, perché le coste erano meno sicure per la decadenza delle fortificazioni del quartiere della Marina e per le frequenti incursioni musulmane.



    Con la decadenza del Giudicato Cagliaritano, a partire dal 1250 circa, Pisa riuscì ad instaurare il suo predominio sulla città, acquistando il promontorio di Castello e modellando l'assetto amministrativo e giudiziario sulla base del Comune Toscano. Castello fu interamente cinto di mura, isolandolo dal resto della città e divenendo sede degli uffici pubblici e dimora dei cittadini pisani. Successivamente furono circondati da mura anche gli altri quartieri storici: Marina, Stampace e Villanova.



    Bonifacio VIII creò i presupposti per la fine del predominio pisano con l'Atto d'infeudazione del 1287, che donava il Regno di Sardegna e Corsica a Giacomo II, re Aragonese. La conquista Aragonese iniziò dal 1323, anno in cui gli Spagnoli posero la loro roccaforte sul colle di Bonaria. Sebbene i Pisani avessero provveduto a un' ulteriore fortificazione delle mura di Castello con la costruzione delle torri di San Pancrazio e dell'Elefante, ancora oggi visitabili, e delle due torri, oggi perse, del Leone e dell'Aquila, gli Aragonesi ebbero la meglio nel 1326.



    Durante la dominazione Catalano-Aragonese, Cagliari continuò ad avere una certa autonomia che le permise la formazione di gremi. Si instaurò a Cagliari anche una comunità israelitica, nei pressi del Bastione di Santa Croce, dalla quale deriva il nome del Ghetto degli Ebrei, in cui oggi si allestiscono interessanti eventi culturali. Con l'unificazione delle due corone, Castigliana e Aragonese, si entrò in una fase più autoritaria del Governo Spagnolo lasciando meno spazio alle autonomie e locali e creando malcontento nella popolazione.



    La situazione della Sardegna, e di conseguenza di Cagliari si mantenne pressoché inalterata fino alle guerre di successione spagnole che si conclusero con il trattato di Utrecht del 1717.



    Dai Savoia a oggi
    Dopo un breve periodo di dominazione austriaca, la Sardegna venne ceduta ai Savoia, tramite il trattato di Londra del 1718. Vittorio Amedeo II di Savoia divenne re di Sardegna, prendendo una terra cristallizzata da secoli di dominazione spagnola. Durante la dominazione piemontese vennero attuate opere urbanistiche che interessarono l'intervento di architetti militari, dato che Cagliari era considerata città fortificata. Si diede comunque ampio spazio anche alle opere architettoniche civili: fu ampliato il Collegio di Santa Croce e ristrutturato Palazzo Viceregio, si intervenne in un nuovo progetto per il colle di Bonaria e furono ristrutturate e rese attive le Saline.



    Dopo l'unità d'Italia, Cagliari venne definitivamente tolta dal novero delle Città Fortificate, e questo permise, tramite due piani regolatori redatti da Gaetano Cima, di adattare l'ordito urbano alle esigenze di uno sviluppo che andasse al di là delle antiche cinte murarie dei quartieri storici. A partire dalla legge del 1881, vennero smantellate le cinta murarie di Marina, Villanova e Stampace, e si posero le basi per il nuovo Palazzo Comunale costruito, a partire dal 1899 a ridosso del Porto, in pietra calcarea, seguendo lo stile new-gotic e liberty.



    Nel 1886 venne costruito il Mercato Civico di Largo Carlo Felice, demolito nel 1957, al centro del quale troneggia la Statua di Carlo Felice. Via Roma venne trasformata in un salotto con vista a mare per la costruzione dei portici e dei bei palazzi, frequentati dai Cagliaritani per trovare ristoro nelle serate. Nacque anche il Bastione di Sant Remy, che con la sua passeggiata coperta e il terrapieno fu a lungo luogo di ritrovo per la società cittadina. Prima della seconda guerra la città era sede anche di una vita culturale molto attiva grazie anche a due teatri all'avanguardia: il Civico, distrutto dai bombardamenti, e il Politeama Margherita, che sorgeva dove odiernamente si trova l'omonimo Hotel.



    La risurrezione di Cagliari dopo la seconda guerra, e soprattutto dopo i bombardamenti del 1943, ha il sapore di riscatto e d'orgoglio. Non solo rinacque la vecchia Cagliari ma si espanse, ospitando tanta gente che dai paesi, non solo vicini, si trasferiva nella città per trovare lavoro e instaurare nuove attività economiche: è questo il caso di tante trattorie e ristoranti sorti nelle strade dietro via Roma.



    La città in cui tutti si conoscevano è divenuta metropoli, basti pensare che il 50% delle case sono state edificate tra 1951 e il 1971. Sono sorti nuovi quartieri lungo le direttrici di Via Dante, viale Diaz e via Is Mirrionis. La forte espansione residenziale e commerciale hanno dato una fisionomia nuova ma ancora non comprensibile totalmente perché non si è giunti a una attuazione chiara del progetto urbanistico.



    Osservando Cagliari dal mare, rimane tuttavia la suggestione di entrare all'interno di una città scenografica, facile da vedere per l'immediatezza dei panorami, e molteplice nel continuo variare dei punti di vista.




    Il sapore africano delle palme e del giallo calcareo viene stemperato da un architettura marcatamente occidentale, proprio il connubio di caratteri così distanti, rende la città unica nella sua molteplicità.


     
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    Villasimius



    chiesa di S. Raffaele Arcangelo




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    Edited by gheagabry - 13/9/2014, 15:46
     
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    Isola dei Cavoli


    L'Isola dei Cavoli è una piccola isola che si trova nel Mar Tirreno a meno di un chilometro a sud-est di Capo Carbonara nella Sardegna meridionale. Dipende amministrativamente dal Comune di Villasimius (CA).


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    È una piccola isola granitica, della superficie di circa 0,432 km². Sul punto più alto dell’isola, circa 40 metri, grava la mole imponente di un faro, costituito da una base a forma di parallelepipedo, su due piani, comprendente gli alloggi degli addetti all’accensione giornaliera, e dalla torre cilindrica, che porta a quota 37 metri d’altezza l’intero edificio. Il faro fu realizzato attorno al 1856, inglobando una torre difensiva spagnola, costruita nel 1591. È catalogato al n. 1262 nell’elenco dei fari italiani.
    L'origine del nome ha due versioni correnti: secondo la più antica il suo nome, che in sardo è isula de is càvurus che significa "isola dei granchi", è semplicemente un grossolano travisamento, un errore di traduzione da parte dei cartografi italiani. La versione più moderna è che il nome derivi dall'abbondante presenza sull'isola di numerose piante di Cavolo Selvatico o Cavolo di Sardegna (Brassica Insularis), che vi crescono in forma endemica.

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    Le cale

    Le coste, molto frastagliate, presentano alcune piccole insenature attorniate da massi granitici, spesso di notevoli proporzioni. I nomi vennero loro attribuiti, intorno agli anni venti del ventesimo secolo, dai fanalisti che vi abitarono con le loro famiglie.


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    “Cala di Ponente”, per la posizione geografica rivolta verso la costa; un’insenatura lunga e stretta che presenta una piccola banchina accessibile alle piccole imbarcazioni.


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    “Cala del Morto”,
    rivolta più a sud, verso Cagliari, così chiamata perché nella prima metà del secolo vi era approdato, trasportato dalle correnti marine, il cadavere di un uomo.



    “Cala del Ceppo”, dove stazionava un grosso ceppo, residuo di un vecchio albero reciso.

    “Cala di Scasciu”, attribuitogli da un fanalista proveniente dall’isola di La Maddalena, che nel dialetto di quell’isola significa “Cala del Divertimento”, in quanto, essendo la più grande e protetta dai venti, era quella che più si adattava per scampagnate.
    A tre di queste piccole località, la tardiva toponomastica ufficiale, attribuisce nomi assonanti, che meglio si adattano al dialetto locale:

    “Cala Murta”, dal nome del cespuglio che produce le omonime bacche, il mirto. “Cala Cipro”, dalla etimologia non accertata. “Cala Is Cascias” che significa “Cala delle casse”.



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    L’isola è stata abitata fino a tempi recentissimi dagli addetti del faro, con alterne testimonianze. È stata per taluni rifugio sicuro dagli orrori della guerra, per altri, teatro di tragici avvenimenti. Nel periodo della seconda guerra mondiale non è mai stata oggetto di bombardamento dalle parti contendenti, e costituiva un sicuro rifugio per gli operatori che vi erano destinati e le loro famiglie. Intorno agli anni '70, alcuni fanalisti che vi operavano manifestarono il loro disagio incidendo su un grosso masso di granito la seguente frase, in lingua latina: "Cavoli insula, carcer sine claustris" (Isola dei Cavoli, carcere senza sbarre).

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    Essendo oramai automatizzato il funzionamento del faro, l’isola è disabitata ed ospita il centro ricerche della Facoltà di Biologia di Cagliari che la utilizza per attività di ricerche botaniche e zoologiche.
    Fa parte dell'Area naturale marina protetta Capo Carbonara che comprende anche la zona di mare che va da Capo Boi fino all'isola Serpentara.

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    Madonna del Naufrago

    Nel 1979, nella parte sud, è stata deposta sul fondo marino, alla profondità di circa dieci metri, una statua di granito alta 3,2 metri dedicata alla Vergine del Mare, patrona del naufrago e protettrice dei naviganti, opera dello scultore Pinuccio Sciola.
    Da allora ogni anno, la terza domenica di luglio, si svolge un’importante sagra, con la spettacolare processione a mare di barche provenienti dalla vicina costa di Villasimius, culminante con una benedizione e una preghiera subacquea, e il getto in mare di corone di fiori. Seguono festeggiamenti, canti tradizionali e balli in costume da parte di gruppi folkloristici e musicali, e nella notte spettacoli di fuochi d'artificio.

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    da: Wikipedia
    foto web

     
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    La Spiaggia di Cala Pira si trova nella frazione omonima a circa 10 chilometri da Castiadas. Si tratta di una bellissima spiaggia di soffice sabbia bianca bagnata da un mare turchese, cristallino e trasparente, con fondali che digradano dolcemente verso il largo. A rendere ancora più suggestivo il paesaggio, la presenza dell'isola di Serpentara sullo sfondo e della torre spagnola di Cala Pira sul promontorio ad una estremità del litorale. Per raggiungere Cala Pira è sufficiente, una volta usciti da Villasimius, seguire la Provinciale 18 in direzione Costa Rei ed al km.10.7 svoltare a destra.

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    Spiaggia di Punta Molentis


    ....Posizionata su una stretta lingua di terra che congiunge la costa ad una sorta di isolotto formato da bellissimi graniti, ha il mare trasparente su entrambi i lati; dietro l’arenile si vedono un paio di capanne di pescatori, ma costruite dai cavatori di granito. Una serie di massi e scogli erosi in mille forme le fanno corona anche verso nord, aumentando il fascino di questa costa; certamente, però, è da visitare tra settembre e giugno, per evitare l’affollamento di luglio-agosto. Natura di aspetto solitario e selvaggio; di piccole dimensioni; sabbia bianca, fine; mare verde-azzurro, poco profondo; affollata in alta stagione; pulita, con scarsa presenza di posidonie spiaggiate.

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    da: unionesarda.it

     
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    parco

    Castiadas: Il Parco dei Monti dei Sette Fratelli



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    L'oasi dei Sette Fratelli nel suo complesso occupa un'area di circa 6.190 ettari ( 62 kmq ), tale denominazione è giustificata dal fatto che il nucleo principale nonché centrale della foresta è costituito dal Massiccio dei Sette Fratelli, piccola catena montuosa con altezza media intorno agli 800 metri, nella quale svetta Punta Ceraxia (1.016 m.) Questo Massiccio è un grande blocco granitico che per la sua tonalità grigia, i suoi volumi levigati ed arrotondati caratterizza l'ambiente.
    Le vette dei Sette Fratelli sono separate da incisioni e piccole valli quasi ortogonali fra loro, l'emergenza granitica di cui fanno parte appartiene a sua volta ad un più vasto affioramento che si protrae in modo più o meno continuo in Sardegna e Corsica con direzione N-S per oltre 400 km e in direzione E-W per 100 km.
    Il Sarrabus, per la sua posizione marginale, non è interessato in modo vistoso dall'evento geologico dell'affioramento granitico, ed infatti affianco al granito troviamo altre rocce, quali scisti, risalenti al silurico.
    In un quadro di estrema aridità quale è quello offerto dalle montagne Sarde, la presenza dell'acqua è uno degli elementi di maggior fascino della foresta dei Sette Fratelli.

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    Nella stagione delle piogge i corsi d'acqua della zona si presentano con una portata non eccessiva, salvo precipitazioni assai intense ma di breve durata; i dislivelli improvvisi, i salti, le cascatelle, le piscine naturali ed il terreno granitico su cui scorrono, fanno si che il loro percorso sia spesso movimentato.
    L'antica foresta è stata quasi ovunque abbattuta per ottenere carbone, per creare nuovi spazi per il pascolo e l'agricoltura o per le ricerche minerarie, ma nelle zone più favorevoli dal punto di vista orografico e climatico, ed assoggettate da tempo al vincolo di tutela ambientale, alle antiche fustaie è sopravvissuta qualche lembo di foresta primaria, affiancata da una macchia foresta, che sotto il controllo dell'uomo è destinata a tornare al suo aspetto originario.
    Qua ci si può immergere nella tipico bosco mediterraneo, costituito da lecci, querce da sughero, corbezzoli, eriche e mirto, ogni specie con la sua tonalità di verde; in primavera le brezze sollevano i mille profumi del ricco sottobosco, rappresentato oltre che dalle classiche piante della macchia mediterranea da numerosi endemismi quali la ginestra di Corsica, la digitale rosa, la pratolina spatolata, il verbasco di Sardegna, lo zafferano minore.


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    Dove l'ambiente si fa più umido per la presenza di sorgenti, ecco spuntare le felci, tra le quali l'osmunda regale, il capelvenere e, tra gli strati di muschi e licheni che ricoprono le rocce, i ciclamini col caratteristico fiore rivolto verso il basso.
    Nonostante la presenza dei bracconieri anche la mammofauna è ricca di specie sia come quantità che come varietà di specie, oltre ai cinghiali che scorrazzano nel sottobosco dissodando il terreno con il loro forte muso, troviamo martore, gatti selvatici, ghiri ed una delle poche colonie di cervi sardi.
    Inoltre tra l'avifauna è possibile udire il tipico tambureggiare del picchio rosso o il rumoroso volo del colombaccio, mentre dove la vegetazione si fa più rada è presente la pernice sarda.
    Non potevano mancare i rappresentanti dei rapaci, presenti con la temibile aquila reale, la poiana, l'astore ed il velocissimo falco pellegrino.
    Parte di questa foresta, nel periodo in cui la colonia era attiva, veniva sfruttata con l'ausilio dei detenuti forzati per la produzione di carbone da legna. Di questa attività rimangono solo dei distaccamenti e una rette di sentieri che penetrano nel fitto della foresta.

    Il Parco dei settefratelli può essere visitato con:

    Escursioni in Fuoristrada Castiadas
    Trekking in Foresta Castiadas


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    fonte: montesettefratelli.com
    foto web
     
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    Capo Ferrato


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    Foto Andrea Utzeri


    Il promontorio roccioso di Capo Ferrato è costituto dal prolungamento costiero del massiccio di origine vulcanica di Monte Ferru. Situato a metà strada tra Muravera e Costa Rei,
    segna il confine tra le spiagge che si trovano a nord di origine basaltica, che formano un litorale di tonalità intensa, e quelle a sud di origine granitica che da origine a spiagge di color oro.
    Apprezzato sin dall’antichità come riparo naturale dalle tempeste, è ancora oggi meta di escursionisti, merito di paesaggi montani e costieri di grande fascino, infatti grazie alla biodiversità ed endemismi dei suoi anfratti è possibile compiere escursioni di grande pregio naturalistico.
    E’ facilmente raggiungibile attraverso via terra partendo da Costa Rei e attraversando la borgata di Capo Ferrato, si procede sino alla pineta dove è possibile parcheggiare l’auto e proseguire a piedi per la strada che conduce all’omonimo faro, mentre da Muravera si procede in direzione Feraxi- Capo Ferrato; via mare è possibile partire dalla spiaggia di Colostrai, dai punti di escursione di Costa Rei, e dai porti turistici di Porto Corallo e Villasimius.
    Capo Ferrato è oggi protagonista di un progetto di salvaguardia e promozione della fascia costiera sabbiosa, che porterà alla creazione di un’area marina protetta e l’istituzione dell’”Oasi Naturalistica Capo Ferrato”, che prevede anche la nascita di una zona di ripopolamento e la realizzazione di percorsi e aree di sosta, che permetteranno l’accesso per Monte Ferru e l’omonima torre costiera, da cui è possibile ammirare il panorama costiero.


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    foto di Francesco Gallarini



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    Il complesso megalitico di Cuili Piras

    Nel comune di Muravera, più precisamente a Costa Rei, si trova il complesso megalitico di Cuili Piras: un famoso sito archeologico che potrebbe farvi credere di essere capitati in Inghilterra. La somiglianza con Stonehenge è impressionante! Si tratta di un complesso di 53 menhir, pietre scolpite infisse verticalmente sul terreno disposte in allineamenti di 3 o 5 elementi attorno ad un raggruppamento centrale che, pare, venissero utilizzate come calendario astronomico. A breve distanza dal complesso megalitico si può osservare il Nuraghe Scalas di cui sono ancora visitabili l’ingresso, parte della torre centrale e le rovine delle strutture murarie.


    fonte:villasimius.org


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    PULA - NORA Città Fenicia,Punica e Romana



    L'antica città di Nora è collocata su un promontorio, il capo di Pula, separato dalla terraferma da un istmo che si estende in due punte: a O Sa Punta 'e Su Coloru, a E la Punta del Coltellazzo, di fronte all'isoletta omonima. L'area è dominata dalla torre spagnola del Coltellazzo, in una posizione di grande valore paesaggistico. Le testimonianze della città fenicio-punica sono state in parte coperte o cancellate dalla sistemazione della città avvenuta in età romana. Le strutture oggi visibili sono, infatti, pertinenti in prevalenza proprio alla fase romana del sito.

    fonte:sardegnacultura.it


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    Descrizione
    - Le prime frequentazioni del luogo dove sorge Nora risalgono probabilmente all'epoca nuragica, anche se su questo periodo le informazioni sono molto scarse. Secondo la tradizione letteraria Nora è la città più antica fondata in Sardegna, e ciò parrebbe confermato anche dalle stele fenicie ritrovate in loco. La colonizzazione fenicia a partire dall'VIII secolo circa, fa di Nora un importante centro commerciale dotato di tre porti, oggi non più visibili. Relativamente a questo periodo importanti informazioni provengono dalle indagini archeologiche ancora in corso, con la scoperta di un complesso sacro nella zona del Coltellazzo (sotto la torre spagnola), e di un quartiere abitativo di età punica al di sotto del foro romano.

    Successivamente, in età punica, Nora accresce ulteriormente la sua importanza raggiungendo un alto grado di prosperità e divenendo sicuramente una delle più importanti città della costa meridionale sarda; di questo periodo sono visibili scarsi resti architettonici, quali il tempio di Tanit e alcuni resti nella zona a mare.
    La dominazione romana comincia nel 238 a.C. ; gli scavi effettuati negli anni 50' hanno portato alla luce vaste aree della città del periodo romano e la maggior parte delle strutture visibili risalgono al periodo imperiale.

    Si possono ammirare terme, mosaici pavimentali, e un piccolo bellissimo teatro ben conservato del II secolo d.C. La città fu abitata fino al primo medioevo (VIII sec. d.C.), abbandonata dopo un lungo periodo di decadenza iniziato nel V sec.d.C., quando i traffici marittimi diventarono impraticabili per la presenza dei pirati e il luogo dove sorge la città pericoloso perchè eccessivamente esposto a scorrerie.

    fonte: ilportalesardo.it
    foto web


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    Chia

    Chia , una frazione del Comune di Domus de Maria in provincia di Cagliari a sud-ovest della Sardegna, è una piccola località balneare adagiata lungo la costa. Contrariamente a tante località balneari del Mediterraneo caratterizzate da centri storici ove si svolgono le attività di interesse turistico-ricreativo, a Chia è il mare l'attrattiva più consueta e affascinante che con la sua atmosfera selvaggia e i suoi profumi avvolgenti cattura l'animo e lo sguardo di chi per la prima volta la sceglie come meta turistica. Con i suoi 6 km di coste, bagnate da un mare limpido con colori che vanno da un azzurro intenso ad un verde smeraldo, Chia è una delle località turistiche più rinomate della Sardegna. Qui, dove la natura è ancora incontaminata, le coste si alternano fra promontori alti e rocciosi e litorali bassi e sabbiosi.

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    Ed è in queste coste, poco distanti dal noto insediamento punico di Nora, che tra il VI e VII secolo a.C. sorgeva l'antica città cartaginese di Bithia della quale oggi purtroppo sono rimaste solo poche tracce visibili sul sito archeologico. Tutti i reperti rinvenuti nel corso degli scavi effettuati sono conservati presso il Museo Archeologico di Cagliari ed il Museo di Domus de Maria.


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    Museo di Domus de Maria

    Gli stagni costieri di Chia e Spartivento, immediatamente a ridosso delle dune,sono abituali aree di sosta e nidificazione di varie specie di uccelli acquatici che contribuiscono ad impreziosire ulteriormente uno scenario naturale con pochi riscontri nell'intero Mediterraneo. I fenicotteri rosa sono ormai diventati familiari per i turisti che transitano lungo le rive degli stagni per raggiungere le spiagge.

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    La torre, di origine spagnola risalente al XVII secolo, è il simbolo di Chia. Visibile da tutte le spiagge, anche la notte quando la luce dei riflettori la illuminano rendendo la sua immagine ancora più suggestiva, sorge sul promontorio che custodiva l'acropoli dell'antica città punica di Bithia. La si può raggiungere a piedi in 5 minuti partendo dal porticciolo presi dallo stupore di fronte ad un panorama splendido che avvolge nello sfondo blu del mare e del cielo la costa fino al faro di Capo Spartivento.

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    faro Spartivento


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    La torre


    Le dune modulate dai venti su tutto il litorale di Chia sono un altro elemento naturale che arricchiscono ancor più questa bellissima località che si estende fino a Capo Spartivento, il lembo più a sud della Sardegna dopo Capo Teulada.Qui si trova il Faro di Capo Spartivento, una visuale spalancata sul blu di Capo Malfatano e Capo Teulada da una parte, sulle spiagge dorate di Chia dall'altra. Provare per credere... nel silenzio il vento, il mare e voi....


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    capo Teulada


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    fonte: chia.it
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    L’isola di San Pietro in Sardegna: dove il Mediterraneo è più intenso


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    scritto da nicoletta
    da: solotravel.it
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    Si sa che la Sardegna è mare assoluto, paesaggi duri e selvaggi. E sull’isola di San Pietro il Mediterraneo dà forse il suo meglio, anche perché essa è rimasta nel corso degli anni relativamente spartana e molto poco turistica.

    Si tratta di un’isola nell’isola, l’ultimo lembo d’Italia proteso a occidente, nell’arcipelago del Sulcis. Qui le scogliere si tuffano in acque cristalline. I colori delle rocce, del mare e del cielo si confondono tra loro nella luce del sole.


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    La leggenda vuole che quest’isola sia stata tappa del viaggio di San Pietro verso Roma. In realtà l’isola fu probabilmente disabitata fino al 1738, quando divenne una colonia genovese.



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    Tuttora l’unico centro abitato dell’isola è Carloforte: una paese che pare dipinto ad acquerello, il cui centro richiama fortemente alla memoria i carruggi di Genova. Nelle uscite serali sarà immancabile la sosta in una pescheria per comprare bottarga e tonno sott’olio, quello pescato proprio in queste acque e cucinato con maestria in ogni ristorante. Tutto intorno a Carloforte si trovano le antiche saline, dove gli immancabili fenicotteri rosa tratteggiano cartoline d’autore.


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    Ancora meglio scoprire l’isola di San Pietro dal mare, navigando in barca a vela tra le falesie e le grotte. Per esempio verso Punta delle Oche, una gola scavata nell’acqua, con una splendida grotta: qui è tutto un luccicare di riflessi di acque limpidissime, speroni di roccia che sovrastano il mare.

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    A poche miglia di navigazione, il fiordo di Cala Vinagra: in quest’angolo di costa si specchiano graniti rosa e l’acqua si fa verde smeraldo. Intorno, una pace surreale, per la quasi totale assenza di imbarcazioni in quest’angolo di paradiso. Da qui si può anche raggiungere l’Isola Piana, dove si trova una ex tonnara riconvertita in piccolo villaggio.


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    A Capo Sandalo si trova invece il faro più a ovest d’Italia, quasi adagiato su un manto di rosmarino selvatico e di una pianta succulenta chiamata ‘unghie di strega’. Siamo nel cuore di un’oasi LIPU, questo è il regno di gabbiani e cormorani, ma soprattutto del ‘falco della regina’, una specie rarissima che solo pochi fortunati riescono ad ammirare, anche da queste parti.

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    La Caletta
    è una delle poche spiagge dell’isola, una lingua di sabbia bianca finissima. Magnifico anche il Golfo di Mezzaluna, con le sue falesie che raggiungono i 150 metri di altezza, tempestate da un’infinità di grotte.

    Anche se le classiche folle estive di luglio e agosto a San Pietro non sono ancora arrivate, maggio e giugno restano comunque i mesi più adatti per visitare l’isola. Ribadiamo che sarà comunque una vacanza adatta a chi cerca fascino naturale ma poco clamore, anche quando va in spiaggia o esce la sera. Un periodo di supremo relax per coloro che, invece della movida, preferirebbero abbandonarsi davanti a un tramonto da sogno di fronte all’isolotto del Corno, che guarda dritto alla Spagna.

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    Impossibile non notare Le Colonne, due faraglioni di roccia trachitica emergenti dal mare, situati in prossimità della Bobba, una piccola cala posta di fronte alla costa dell'Isola di Sant'Antioco

     
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    Vista dell'isola dal monte Sirai.


    Isola di Sant'Antioco




    L'Isola di Sant'Antioco (in sardo Isula 'e Sàntu Antiògu, in tabarchino Uiza de Sant'Antióccu) è situata all'estremo sud ovest della Sardegna e ad essa legata da un ponte e un istmo artificiale.

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    Geografia

    Sant'Antioco è per estensione la quarta isola del territorio della Repubblica Italiana (km² 108,9), subito dopo l'Elba, (Sant'Antioco ha pressoché la metà della superficie di Elba), e prima di Pantelleria (km² 83); al sesto posto troviamo l'isola "sorella" di Sant'Antioco, l'isola di San Pietro.
    L'isola è in gran parte di origine vulcanica; si tratta di vulcanesimo antico e ormai inattivo da almeno 15-20 milioni di anni. La costa dell'isola è prevalentemente rocciosa.
    Nella parte occidentale (verso il mare aperto), la costa è caratterizzata da pareti verticali o molto scoscese a falesia, con intervallate grotte ed alcune insenature, con poche ma grandi spiagge.
    La costa orientale. che si affaccia sulla prospiciente Sardegna ha invece costa bassa e sabbiosa che nel, punto di istmo che la collega alla Sardegna stessa, viene progressivamente ad assumere un aspetto lagunare. Il golfo meridionale, a Sud dell'istmo, racchiude grandissime spiagge sabbiose, delimitate da tomboli e dune.
    L'isola è territorialmente suddivisa in due comuni, la parte meridionale è amministrata dal comune di Sant'Antioco, la parte settentrionale dal comune di Calasetta.
    L'interno dell'isola è collinoso con altitudini limitate, è priva di corsi d'acqua di rilievo. Al largo, verso sud, esistono alcuni isolotti rocciosi disabitati e di difficile accesso, il più grande dei quali è l'Isola del Toro.


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    La formazione vegetale principale è la tipica macchia mediterranea bassa a costituita da cisto (Cistus), lentisco (Pistacia lentiscus), corbezzolo (Arbutus unedo) e ginepro (Juniperus). Tra le forme di vita vegetale è presente sull'isola anche la palma nana (Chamaerops humilis), unica specie spontanea europea, ed il dattero di Creta (Phoenix theophrasti).
    L'isola è punteggiata nelle zone riparate da piccoli orti e vigne a conduzione familiare, soprattutto nella parte più protetta (orientale); i fruttiferi più estesamente coltivati sono la vite (Vitis vinifera) con diverse varietà, il fico ed il fico d'india.
    Sono presenti puntualmente alcuni rari endemismi botanici.

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    Il clima è definito come mediterraneo caldo.
    Gli inverni sono freschi, umidi e a volte ventosi, il vento dominante è il Maestrale, in secondo ordine un vento importante è lo Scirocco. L'estate è calda ed arida, le temperature massime sono comunque fortemente moderate dal clima marino, ventilato e fresco. Mentre in inverno la vegetazione erbacea ricopre tutta l'isola, è ricca, rigogliosa e fiorita, in estate è pressoché inesistente, ed è limitata ad una onnipresente macchia mediterranea a sempreverdi che nelle parti più riparate assume portamento arboreo, soprattutto a Leccio e Ginepro. La piovosità estiva è trascurabile.

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    Storia

    Abitata in epoca preistorica da popolazioni native dell'età nuragica. Nella parte nordorientale fu fondato dai fenici, attorno al IX secolo a.C., un insediamento urbano denominato Sulki. In seguito fu conquistata dai cartaginesi attorno al VI secolo a.C., e poi sottomessa all'impero romano dopo le guerre puniche con il nome di Sulcis, che diede anche il nome attuale alla regione circostante.
    Dopo la caduta dell'impero romano fu annessa all'impero romano d'oriente e godette di relativa autonomia sotto il Giudicato di Cagliari. Subì invasioni barbariche, dominio pisano ed aragonese sino al trattato di Utrecht (1713) quando fu annessa con tutta la Sardegna al Regno di Sardegna dei Savoia.
    Nel 1796 fu ceduta alla Francia con il Trattato di Parigi. Tornò al Regno di Sardegna nel 1815.
    Per lungo tempo fu costantemente base di pirati, soprattutto nelle cale disabitate, il presidio si interruppe con la soppressione del fenomeno in tutto il Mediterraneo, attorno al 1830.

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    Il ponte che dal 1981 collega l'isola di Sant'Antioco alla Sardegna (anche tramite un istmo artificiale).



    Sant'Antioco costituisce l'unico caso in Europa di isola minore sulla quale siano presenti popolazioni storicamente diverse per lingua, tradizioni e costumi. La parte settentrionale, appartenente al comune di Calasetta è abitata infatti da una popolazione di origine, cultura, e parlata liguri; tale popolazione è detta "tabarchina". L'insediamento di tale popolazione proveniente dalla Tunisia avvenne nel 1770; il termine "tabarchino" deriva dalla colonia ligure, proveniente da Pegli e dintorni, presso Genova, insediatasi attorno al 1540 in Tunisia avendo in concessione l'isolotto di Tabarca e poi trasferitasi nel 1738 sull'isola di San Pietro, dove fu fondato il centro di Carloforte, successivamente su Sant'Antioco. Nel centro di Sant'Antioco si parla invece una varietà della lingua sarda.


    Arcipelago

    Dotata di grandi spiagge relativamente poco affollate anche nei periodi di altissima stagione, presenta fondali di interesse per le attività subacquee, è adatta a pesca d'altura nei periodi primavera - autunno.
    Nel periodo 15 maggio - 15 giugno, al passaggio dei tonni lungo le coste esterne delle isole di Sant'Antioco e di San Pietro, viene effettuata la "calata della tonnara" ossia la tradizionale impresa collettiva di pesca del tonno rosso (Bluefin). Gli stagni e le lagune racchiuse tra l'isola e la Sardegna rappresentano una zona umida di estremo interesse faunistico: fenicottero rosa, cormorani, garzette, gabbiani ed altre specie di uccelli acquatici.
    Sulle alte falesie della costa esterna occidentale (verso il mare aperto) nidifica il "falco della Regina" che in autunno migra in Madagascar, in Africa.
    È interessante l'enogastronomia locale, con piatti, di terra e di mare, caratteristici; nella parte meridionale strettamente sardi, nella parte settentrionale strettamente liguri.
    Di rilievo è la produzione di vini di qualità, ottenuti da vitigni di origine particolare, come il "Carignano", di origine catalana.
    Il nome di "Sant'Antioco" deriva dal fatto che, nel primo secolo dopo Cristo, la religione cristiana fu portata da questo Santo, proveniente dal Medio Oriente. Esiste oggi, restaurata, una delle prime chiese cristiane del Mediterraneo, assunta al ruolo di "Basilica Minore", con le catacombe di Sant'Antioco.
    È uno dei pochi luoghi al mondo dove viene effettuata la filatura e tessitura del bisso, fibra ricavata dal mollusco denominato "pinna nobilis" presente nelle lagune locali a fondo sabbioso.

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    da: Wikipedia
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    Il Mistero di Grugua


    Lungo la strada che da Iglesias ci porta a Fluminimaggiore incontriamo un cartello arrugginito che segnala la deviazione per la località di Grugua. Questa località oltre a celare il mistero di Metalla è famosa per essere appartenuta alla famiglia Modigliani tra la fine dell'800 e gli inizi del secolo successivo.

    Ma cosa si sa su Grugua?

    Poco, rispetto all'importanza che potrebbe avere, visto che alcuni vi vedono la famosa Metalla.

    Questa fantomatica città romana era il centro direzionale di tutta l'attività estrattiva dell'iglesiente, ma il problema della sua ubicazione rimane irrisolto; a tal proposito vengono avanzate due ipotesi: la prima colloca Metalla nella valle di Antas presso il famoso tempio, in un'area ricca di affioramenti metalliferi; la seconda identifica la città con le rovine di Gessa, presso Grugua appunto, in una valle un tempo ricca di fitti boschi.

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    In tempi moderni Grugua legò la sua storia ai Modigliani, grande famiglia di imprenditori e artisti; Sappiamo che in questa località la famiglia Modigliani si dedicò allo sfruttamento dei boschi di leccio per produrre carbone vegetale e tentò anche la coltivazione dei giacimenti piombo-zinciferi. È inutile dirlo: venne compiuta una devastazione selvaggia della vegetazione come purtroppo avvenne per molti altri boschi sardi.

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    Ma cosa avvenne a Grugua prima dell'arrivo dei Modigliani?

    Nel 1421 Alfonso, re d'Aragona, occupata ormai la Sardegna diede in Feudo al Nobile Gessa di Iglesias una grande estensione di terreno che comprendeva il Fluminese e quindi anche Grugua; qui alla fine del 1660, quando Eleonora, l'ultima dei Gessa, sposò il Visconte Ignazio Asquer, vennero impiantati grandi vigne e si operò un rimboschimento di gelsi per tentare l'allevamento del baco da seta.

    Conclusosi anche per la Sardegna il periodo medievale, attorno alla metà del secolo XIX il fluminese attirò gli speculatori continentali e stranieri che compravano dallo stato italiano, ancora preunitario, terreni, boschi per la produzione del carbone vegetale e concessioni per lo sfruttamento minerario.


    I Ciarella, i Modigliani, i Boldetti trasformarono le grandi leccete del territorio in carbonella per alimentare le industrie marsigliesi, mentre i giacimenti minerari, appena scalfiti da Punici, Romani e Pisani, furono riscoperti dai francesi della Malfidano che li sfruttarono con metodi moderni. Gli appunti di viaggio dello scrittore Bennet che venne a visitare il territorio di Fluminimaggiore nella seconda metà dell'800,percorrendo il tratto che dalla miniera di Acquaresi porta a Fluminimaggiore, ci restituiscono una descrizione dello scempio compiuto in quei boschi tanto magnifici da essere paragonati ai boschi di Fontanainbleau; tutta la montagna venne disboscata e sul terreno rimasero solo alberi tagliati.

    Come riporta Paolo Fadda nel suo articolo "Una presenza nell'isola da ricordare per la devastazione vandalica dei boschi" comparso in "Passato e presente", Bennet si meravigliò per la distruzione di quel bosco e chiese come fosse stata possibile una simile distruzione. L'accompagnatore gli spiegò che quel bosco era stato sfruttato da un commerciante di Livorno, di nome Modigliani, per produrre il carbone da vendere alla Spagna (Emanuel Abram Modigliani, banchiere del Papa, da Roma si era trasferito in Toscana. Nel 1866 in Sardegna acquistò 12.000 ettari di terreno del Salto di Gessa ed ebbe la concessione mineraria per coltivarvi alcuni giacimenti di piombo).


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    La storia dei Modigliani e della loro presenza nell'iglesiente risulta fondamentale per la conoscenza della presunta Metalla.

    Nel maggio del 1856 il ricco mercante livornese Emanuel Modigliani otteneva per trattativa privata dal conte di Cavour e nonostante l'opposizione dei deputati sardi Pasquale Tola e Francesco Sulis, la perfetta proprietà delle foreste del Salto di Gessa (12 mila ettari che da nord di Iglesias giungevano quasi a Buggerru), oltre ai diritti di sfruttamento dei venticinque punti mineralogici di piombo argentifero già individuati nell'area; il tutto si disse per una cifra assai prossima alle settecentomila lire in monete d'argento. I Modigliani facevano parte della più potente e prestigiosa finanza ebraica del tempo a cui era legata gran parte della circolazione monetaria di molti stati preunitari. La loro fortuna (che forse sarebbe giusto chiamare ricchezza) era dovuta ad un intraprendente avo, Abram Vita, abile e spregiudicato finanziatore delle imprese di Napoleone Bonaparte. Un suo figliolo, Emanuel (di A.V. figlio di Abram Vita, come amava firmarsi) diverrà banchiere del Papa, avendo ricevuto l'incarico di rifornire di rame, argento ed oro le due zecche dello Stato pontificio; nonostante tutto quest'ultimo si allontanò da Roma quando il governo papalino vietò agli ebrei gli arricchimenti patrimoniali e fondiari; (si racconta infatti che allorché gli fu intimato di disfarsi di una vigna acquistata nei pressi di Roma, prese cappello e senza neppure salutare il Pontefice trasferì affari e famiglia a Livorno).

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    È proprio all'interno di questo impegno di fiancheggiatore risorgimentale che il conte di Cavour riterrà di premiare Emanuel Modigliani concedendogli la proprietà ex feudale (era il feudo del visconte Nicolò Gessa, fedelissimo della Corona d'Aragona) del Salto di Gessa di cui si è detto in precedenza. Sarebbe stata quindi la politica degli affari (o, se preferite, gli affari della politica) a portare nell'isola una delle più potenti e prestigiose case mercantili della penisola, allorquando, vale bene ricordarlo ancora non si era compiuta l'Unità nazionale.

    Cosa è rimasto di tutto queste vicende di uomini? Purtroppo pochissimo. Soltanto la casa dei Modigliani resiste ancora alla forza del tempo e con le sue forme aggiunge mistero a questo luogo ormai ritornato al dominio della natura.

    A conclusione citiamo un bel libro, intitolato "Cercando Metalla", che dopo uno studio attento dei documenti storici e cartografici, ubica la fantomatica Metalla, non lontano dalla nostra Grugua, a Fluminimaggiore, la Flumini Major romana.


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    fonte:minieredisardegna.it
     
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