IL TEATRO

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  1. gheagabry
     
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    Il teatro è un modo di vivere, il cinema un modo di lavorare.
    (Philippe Caubère)



    IL TREATRO





    Il teatro è un insieme di differenti discipline, che si uniscono e concretizzano nella esecuzione di un evento spettacolare dal vivo.
    Proveniente dal greco θέατρον (théatron, che significa "spettacolo"), dal verbo θεαομαι (théaomai, ossia "vedo"[1]), comprende le arti tramite cui viene rappresentata, sotto forma di testo recitato o drammatizzazione scenica, una storia (un dramma, parola derivante dal verbo greco δραω drao = agisco). Una rappresentazione teatrale si svolge davanti ad un pubblico utilizzando una combinazione variabile di parola, gestualità, musica, danza, vocalità, suono e, potenzialmente, ogni altro elemento proveniente dalle altre arti performative. Più strettamente, non c'è necessità dell'esistenza del testo: il movimento del corpo in uno spazio con fini artistici ed illustrativi, eseguito di fronte ad un singolo spettatore, è definito di per sé teatro. È definito di per sé teatro non solo comico ma anche libero. Oltre al teatro di prosa in cui la parola (scritta o improvvisata) è l'elemento più importante, il teatro può avere forme diverse, come l'opera lirica, il teatro-danza, il kabuki, la danza katakali, l'opera cinese, il teatro dei burattini, la pantomima, che differiscono non solo per area di nascita, ma per il differente utilizzo sia delle componenti che compongono la rappresentazione, sia per i fini artistici che esse definiscono.
    La particolare arte del rappresentare una storia tramite un testo o azioni sceniche è la recitazione, o arte drammatica. In molte lingue come il francese (jouer), l'inglese (to play), il russo (играть - pron. igra't), il tedesco (spielen), l'ungherese (játszik) e nelle lingue nordiche il verbo "recitare" coincide col verbo "giocare". Il termine italiano, invece, pone l'accento sulla finzione, sulla ripetizione del gesto o della parola ("citare due volte").
    Da Aristotele ai giorni nostri, il termine ha subito diverse interpretazioni e sviluppi, ed è certo che il dibattito intorno ad una definizione esaustiva dell'evento teatrale continuerà in futuro.
    Sintetizzando i punti di convergenza dei diversi insegnamenti che hanno attraversato il teatro contemporaneo negli ultimi decenni, da Jerzy Grotowski a Peter Brook, da Giorgio Strehler a Eugenio Barba, possiamo trovare elementi comuni per una definizione: il teatro è quell'evento che si verifica ogni qual volta ci sia una relazione tra almeno un attore che agisca dal vivo in uno spazio scenico e uno spettatore che dal vivo ne segua le azioni.
    Silvio D'Amico ha definito appunto il teatro come «la comunione d'un pubblico con uno spettacolo vivente».

    « Non gl'immobili fantocci del Presepio; e nemmeno ombre in movimento. Non sono teatro le pellicole fotografiche che, elaborate una volta per sempre fuor dalla vista del pubblico, e definitivamente affidate a una macchina come quella del Cinema, potranno esser proiettate sopra uno schermo, tutte le volte che si vorrà, sempre identiche, inalterabili e insensibili alla presenza di chi le vedrà. Il Teatro vuole l'attore vivo, e che parla e che agisce scaldandosi al fiato del pubblico; vuole lo spettacolo senza la quarta parete, che ogni volta rinasce, rivive o rimuore fortificato dal consenso, o combattuto dalla ostilità, degli uditori partecipi, e in qualche modo collaboratori. »
    (Silvio D'Amico, Storia del teatro.)





    Il teatro nacque tra il Vll° e il Vl°a.C. secolo nell'antica Grecia.
    In occasioni particolari i cittadini si spostavano dalla città e si recavano a teatro, che era molto diverso da come lo conosciamo noi oggi.
    All'interno del teatro si svolgevano riti religiosi simili a quelli attuali, durante i quali si proponevano riflessioni sulla vita e sul fato. C'era anche un coro che, attraverso il canto, sintetizzava e spiegava tutto ciò che succedeva sulla scena.
    Inizialmente non c'era un vero e proprio dialogo tra i personaggi, ma con il passare del tempo incomincia ad esserci tra il coro e il protagonista: così nasce la recita teatrale dialogata, o meglio la tragedia.
    Qust' ultima è una riflessione sulla vita e l'esistenza, è strettamente collegata all' aspetto religioso. Alcuni esempi di opere giunte fino a noi sono quelle di Eschilo, Sofocle e Euripide.
    Con il passare del tempo questi spettacoli iniziarono a diffondersi anche nelle fiere, nelle feste e nei mercati che si tenevano nelle città; così si arriva alla nascita della commedia.

    In età classica dal punto di vista architettonico i greci costruivano il teatro sulle pendenze dei colli. Questo era un semicerchio appoggiato su una collina con al centro il palcoscenico; era caratterizzato da un'acustica perfetta: infatti pur trovandosi all'aperto il pubblico era disposto sulle gradinate in modo semicircolare. A Roma invece i teatri erano edifici spesso costruiti in legno e proprio per questo non sono arrivati a noi. I romani inventarono maschere molto particolari in modo che la voce venisse amplificata permettendo al pubblico di sentire meglio.
    Il teatro muore nell'età tardo-antica e rinasce nel medioevo dove ritorna alle sue origini, quindi strettamente legato al senso religioso.





    I TEMPI TEATRALI



    L'elemento temporale, in una rappresentazione teatrale, è ciò che ne determina più di ogni altra cosa le caratteristiche di alterità rispetto all'esperienza quotidiana. Dalla ideazione, attraverso il tempo dedicato alle prove, fino alla rappresentazione, i tempi teatrali prendono il sopravvento sul tempo individuale, coinvolgendo alla fine all'interno di coordinate extra-quotidiane anche il pubblico, che tornerà al proprio tempo abituale al calare del sipario.
    Lo studio del tempo è parte integrante e fondamentale dello studio dell'attore teatrale: evidente nel caso di una battuta comica, la precisione di tempo e ritmo nella parola e nell'azione determina la riuscita di una scena, e spesso dell'intera rappresentazione. Questo è particolarmente determinante in ogni azione performativa che si svolga dal vivo, in cui il riscontro del pubblico è immediato: lo spettatore stesso concorre a determinare il tempo comune dell'evento teatrale, di per sé irripetibile, anche durante le repliche di uno stesso spettacolo.
    Si può quindi parlare di tempo teatrale come di un'esperienza transitoria e unica, in cui si incontrano il tempo dell'esecuzione con quello della fruizione. (cfr. Insulti al pubblico di Peter Handke)[3]
    La durata della rappresentazione come evento, nella storia del teatro, fu definita in ogni epoca con modalità differenti. Nel teatro greco, il tempo della rappresentazione coincideva con la durata di una intera giornata, spesso coincidente con il tempo rappresentato nel testo (vedi l'esempio della tetralogia dell'Orestea di Eschilo, che si apre all'alba concludendosi con il calare del giorno). Nel teatro medioevale, si estese fino a comprendere, in alcuni misteri, anche 25 giorni consecutivi. Nel teatro colto del Cinquecento si arrivò alla divisione in tre atti, fino ad arrivare ai giorni nostri ai tradizionali due tempi con intervallo, rispettati nella maggior parte delle produzioni teatrali. Sperimentazioni, nel senso della sintesi estrema o al contrario della dilatazione, sono state eseguite da molti artisti e registi del Novecento. Un esempio di sperimentazione delle possibili variazioni temporali nell'evento teatrale sono gli spettacoli itineranti, che spesso hanno struttura ciclica, nei quali lo spettatore ha la possibilità di fruire della rappresentazione da un punto non necessariamente coincidente con l'inizio, e ripetere la visione per il tempo desiderato. Un esempio recente è lo spettacolo Infinities, allestito da Luca Ronconi nel 2001.
    Il tempo narrato sulla scena, necessariamente 'al presente' anche quando si riferisca ad eventi passati, è il frutto di una convenzione che intuitivamente si stabilisce tra i due protagonisti dell'evento: l'artista e lo spettatore. Entrambi, sospendendo le regole che governano le rispettive esistenze, si prestano ad una sorta di gioco, spendendo le proprie energie nel costruire il rapporto che si genera. Durante una serata particolarmente riuscita, entrambi escono dall'edificio teatrale con una diversa percezione. Per molti attori questo si accompagna ad una sorta di 'felice spossatezza' fisica ed emotiva, fatto che ha portato molti maestri del teatro ad utilizzare, per l'esperienza performativa la similitudine con l'atto sessuale. Come in quest'ultimo, è stato detto non senza ironia, la riuscita è determinata dal rispetto di un climax, che porti l'attore e lo spettatore a raggiungere gradualmente il culmine dello spettacolo attraverso un sapiente aumento del ritmo dell'azione.
    Nella convenzione teatrale, spesso allo spettatore è affidato il compito di ricomporre cronologicamente i fatti che gli vengono presentati in una successione non sempre consequenziale. Nell'Edipo re di Sofocle, ad esempio, la storia inizia quasi dalla fine, nel giorno in cui Edipo, al termine della sua avventura, vedrà palesarsi il suo destino tragico. In questo caso, l'intervento dei messaggeri e del coro fornisce gli elementi necessari alla ricostruzione degli eventi. Aristotele, nella Poetica, definì il tempo di una rappresentazione come unitario, ossia un corso temporale che si svolga compiutamente dall'inizio alla fine. Il filosofo aveva anche asserito che l'azione dell'epopea e quella della tragedia differiscono nella lunghezza "perché la tragedia fa tutto il possibile per svolgersi in un giro di sole o poco più, mentre l'epopea è illimitata nel tempo". Nella tragedia greca il coro, tra l'altro, era essenziale, per evitare incongruenze e spiegare gli antefatti. Orazio, come Aristotele, insistette sul concetto di unità. In epoca rinascimentale, ad Aristotele vennero attribuite le cosiddette tre unità, di azione, luogo e tempo, in cui quest'ultima sancirebbe la regola sopra descritta (peraltro presente come convenzione in molti testi del teatro greco antico, come nell'esempio citato).
    Il teatro elisabettiano e spagnolo prima, e più radicalmente il teatro contemporaneo hanno mescolato e rivoluzionato non solo i generi, ma anche le convenzioni relative al tempo rappresentato. Brecht, Samuel Beckett, Tadeusz Kantor, Thomas Eliot, hanno proposto nuovi schemi narrativi, in cui l'elemento temporale entra a far parte delle scelte stilistiche. Con Brecht, l'uso epico del tempo teatrale (definito nella modalità di un racconto distaccato di avvenimenti lontani, anche quando il personaggio parla in prima persona) concorre all'effetto di straniamento perseguito dall'autore, in Beckett la durata è determinata dal tempo del pensiero non-logico, un tempo interiore contraddittorio, che rappresenta il dramma dei personaggi con l'utilizzo di un linguaggio e di azioni apparentemente innocenti. In Ionesco la definizione di tempi e silenzi è una precisa indicazione narrativa:
    « Altro silenzio. La pendola suona sette volte. Silenzio. La pendola suona tre volte. Silenzio. La pendola non suona affatto. »
    (La cantatrice calva di Eugène Ionesco)
    Più recentemente sono stati mutuati nel linguaggio teatrale stili e modi provenienti dal cinema e dalle arti visive. L'utilizzo di flash-back e flash-forward, di video proiettati sul fondale o in schermi, moltiplicando le possibilità di raccontare tempi diversi, anche contemporaneamente.





    STILI DI TEATRO



    Ci sono innumerevoli stili e generi che possono essere impiegati dai commediografi, dai registi e dagli impresari per venire incontro ai diversi gusti del pubblico, nei diversi contesti e culture. Possiamo elencarne alcuni, anche se la lista sarà sempre incompleta, considerando il fatto che i generi elencati non si escludono a vicenda. La ricchezza del teatro è tale che i praticanti di questa disciplina possono prendere in prestito elementi di ognuno di questi stili e presentare lavori multi-disciplinari in una combinazione virtualmente infinita.

    Tragedia: è un dramma di intento serio e di significato in genere elevato, generalmente di tema mitologico o storico e perciò spesso ambientata fra gli dei od alla corte di un re, (vedi tragedia greca) in cui un personaggio eroico affronta gli eventi o le conseguenze delle sue azioni, e generalmente si conclude con la morte dei protagonisti o con la descrizione della loro pena. In epoca classica, raccontava un fatto perlopiù noto a tutti.
    Commedia: perlopiù a lieto fine, la commedia ha temi leggeri, si occupa di problemi quotidiani e mette a nudo le debolezze dei suoi personaggi. Generalmente i personaggi sono persone comuni che si trovano negli ambienti del ceto medio-alto urbano (servi compresi). La risata è il segno più forte di complicità tra spettatore e attore, e la maestria nel delineare personaggi comici ha portato al successo numerosi attori teatrali.
    Musical: (abbreviazione di musical comedy) è un genere di rappresentazione teatrale in cui l'azione viene portata avanti sulla scena non solo dalla recitazione, ma anche dalla musica, dal canto e dalla danza.
    Commedia dell'arte: è una rappresentazione in cui gli attori, basandosi su un canovaccio, rappresentano vicende ispirate alla realtà quotidiana, arricchite con numeri acrobatici, danze e canti, e con l'ausilio di maschere.
    Teatro dell'assurdo: è in genere riferito ad un particolare stile teatrale di scrittori di teatro europei ed americani sviluppatosi tra gli anni quaranta e sessanta del Novecento; si caratterizza per dialoghi apparentemente senza significato, ripetitivi e senza connessioni logiche.
    Grand Guignol: è un dramma contenente scene macabre di pronunciata e spesso esagerata efferatezza, con l'ausilio di effetti speciali più o meno rudimentali.
    Mimo: è una rappresentazione di azioni, caratteri e personaggi che si serva solamente della gestualità piuttosto che della parola.
    Kabuki: è una forma di teatro, sorta in Giappone all'inizio del '600. Le vicende sono espresse attraverso l'emotività dei singoli personaggi, il particolare prevale sempre su considerazioni morali o politiche di carattere generale. Al testo, che spesso non ha una unitarietà narrativa, si aggiungono movimenti stilizzati e un uso della voce vicino al canto.
    : è una forma di teatro sorta in Giappone nel XIV secolo che presuppone una cultura elevata per essere compreso, a differenza del Kabuki che ne rappresenta la sua volgarizzazione. È caratterizzato dalla lentezza, da una grazia spartana e dall'uso di maschere caratteristiche.

    Alcuni eventi teatrali sono considerati dei generi a sé stanti, pur entrando nel novero delle rappresentazioni di carattere teatrale.
    Opera lirica: è un genere teatrale e musicale in cui l'azione scenica è sottolineata ed espressa prevalentemente attraverso la musica ed il canto. I cantanti sono accompagnati da un complesso strumentale che può allargarsi fino a formare una grande orchestra sinfonica. In genere non sono presenti attori, e il testo letterario, chiamato libretto, è perlopiù cantato nella virtuosa modalità della voce lirica.
    Teatro-danza: è una forma di danza allegorica, spesso simbolista, fortemente animata dalla fusione tra teatro e arti figurative, e dove l'elemento narrativo è connotato in modo astratto e antinaturalistico. In genere anche in questo caso non ci sono attori in scena, ma danzatori, escludendo quei casi di attori poliedrici in grado di eseguire complesse coreografie.
    Teatro dell'oppresso: è un metodo teatrale elaborato da Augusto Boal a partire dagli anni ’60, prima in Brasile e poi in Europa, che usa il teatro come mezzo di conoscenza e come linguaggio, come mezzo di conoscenza e trasformazione della realtà interiore, relazionale e sociale. È un teatro che rende attivo il pubblico e serve ai gruppi di "spett-attori" per esplorare, mettere in scena, analizzare e trasformare la realtà che essi stessi vivono. Ha tra le finalità quella di far riscoprire alla gente la propria teatralità, vista come mezzo di conoscenza del reale, e di rendere gli spettatori protagonisti dell’azione scenica, affinché lo siano anche nella vita.
    Teatro canzone : genere teatrale e musicale, nato su ispirazione e derivazione del musical, ma più espressamente figlio del teatro di Bertold Brecht e degli spettacoli francesi di cantanti come Edith Piaf, Jacques Brel, Juliette Greco. Il massimo esponente di questo genere è stato Giorgio Gaber che, con Sandro Luporini ha creato un vero e proprio filone di musica e teatro di narrazione, legato principalmente a tematiche sociali e politiche, fin dalla fine degli anni '60. Attualmente molti cantautori e gruppi operano con stili e realizzazioni sceniche vicine al teatro canzone. Qui possiamo citare Flavio Oreglio, Marco Paolini coi Mercanti di Liquore, Yo-Yo Mundi, Banda Putiferio.
    Teatro ludico: è un genere teatrale in cui l'azione scenica introduce gli elementi per un gioco che implica la partecipazione del pubblico






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