SICILIA PARTE 3^

SIRACUSA..AUGUSTA..NOTO..PACHINO..FINO A PORTOPALO DI CAPO PASSERO..,

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Venerdì ... suoni lontani si alzano all’orizzonte ... una nenia dapprima disarticolata, man mano che ci avviciniamo diventa prima suono e poi parole cariche d’amore ... voliamo verso sud lambendo le coste della Sicilia ... alla nostra sinista il suono ritmato e dolce delle onde del mare ... alla nostra destra la terra rigogliosa dalla quale provengono suoni e parole nel dialetto più stretto che in esso contiene la dolcezza e la forza dirompente delle genti Siciliane e della loro terra ... mi sporgo dalla mongolfiera e mi lascio cullare dal suono di quella nenia ... stiamo raggiungendo Siracusa ... ascolto quella dolcissima nenia e mi commuovo ...Buon risveglio amici miei ...ascoltate con me questa bellissima poesia in dialetto...

    ‘N populu aspetta a sciuta o chianu priannu cu firi u Signuruzzu Quagghi svulazzanu libiri nto celu nta ‘sta ruci maiulina primavera Fistanti cori ri angili celesti antunu pi firi e pi spiranzi ‘Nciurati baccuneddi ri luminari sunu apparati Battagghiunu campani a stormu richiamannu genti e so peri Mattirizzata vita resi ‘nta strata ro Risortu Cristu A vigginedda a so genti ‘ncontra scintillanti ‘nta mmantu riali Vuci ri ‘n populu iauti fino o celu prisentunu a pattruna a l’univessu Silenziu e lacrimi o passaggiu portunu a Diu richesti Ognunu a so cruci affira a Idda ranni missaggera ro Signuri Sarausana ié santuzza nostra Isata ‘nta ‘st’altari r'ideali vistuta r’argentu ie luci pe nostri chiusi occhi brilla Pi sempri rinnuvamu u nostru ‘mpegnu gridannu fotti a tuttu u munnu Sarausana ié Santa Lucia’...

    (Claudio)



    SCENDIAMO ANCORA PIU’ A SUD.. SIRACUSA..AUGUSTA..NOTO..PACHINO..FINO A PORTOPALO DI CAPO PASSERO..


    “Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte. La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte, e inoltre bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra che per mare, e possiede due porti quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici della città. Questi porti hanno ingressi diversi, ma che si congiungono e confluiscono all'altra estremità. Nel punto di contatto, la parte della città chiamata l' isola , separata da un braccio di mare, è però riunita e collegata al resto da uno stretto ponte. La città è così grande da essere considerata come l'unione di quattro città, e grandissime: una di queste è la già ricordata "isola ", che, cinta dai due porti, si spinge fino all'apertura che da accesso ad entrambi. Nell ' isola è la reggia che appartenne a lerone II, ora utilizzata dai pretori, e vi sono molti templi, tra i quali però i più importanti sono di gran lunga quello di Diana e quello di Minerva, ricco di opere d'arte prima dell'arrivo di Verre…. All'estremità dell'isola è una sorgente di acqua dolce, chiamata Aretusa, di straordinaria abbondanza, ricolma di pesci, che sarebbe completamente ricoperta dal mare, se non lo impedisse una diga di pietra….L'altra città è chiamata Acradina, dove è un grandissimo Foro, bellissimi portici, un pritaneo ricco di opere d'arte, un'amplissima curia e un notevole tempio di Giove Olimpio; il resto della città, che è occupato da edifici privati, è diviso per tutta la sua lunghezza da una larga via, tagliata da molte vie trasversali… La terza città, chiamata Tycha perché in essa era un antico tempio della Fortuna, contiene un amplissimo ginnasio e molti templi: si tratta di un quartiere molto ricercato e con molte abitazioni..La quarta viene chiamata Neapolis ( città nuova), perché costruita per ultima: nella parte più alta dì essa è un grandissimo teatro, e inoltre due importanti templi, di Cerere e di Libera, e la statua di Apollo chiamata Temenite, molto bella e grande, che Verre, se avesse potuto, non avrebbe esitato a portar via.”

    Cicerone (Verrine,II 4,117-119)



    “Nel 1847, la fonte ha assunto l'aspetto che ha oggi, centro di un invaso ricco di papiri, anatre e ancora pieno di pesci, circondata da alte mura sormontate da ringhiere…Questa mitica fonte fu cantata da molti poeti, tra cui Virgilio, Pindaro, Ovidio, Milton, André Gide, D'Annunzio, affascinati dal luogo incantevole ma anche dalla leggenda di Aretusa, che testimonia il profondo legame fra le colonie greche e i loro fondatori…..La ninfa Aretusa, ancella della dea della caccia Artemide, fu vista dal dio fluviale Alfeo (figlio di Oceano) che se ne innamorò e tentò di sedurla contro la sua volontà…Per salvarsi Aretusa fuggì in Sicilia, dove Artemide la tramutò in una fonte nei pressi del porto di Siracusa, ad Ortigia (sacra ad Artemide)…Zeus, commosso, mutò Alfeo in un fiume della Grecia, vicino ad Olimpia, permettendogli così di raggiungere Aretusa scorrendo sottoterra…..Non capita spesso di bere un bicchiere in compagnia di una dea, ma anche questo può capitare in una serata di mezza estate a Siracusa….è una città di medie dimensioni che, qualche secolo fa, ha lucidamente deciso di fermarsi così com’era, pienamente soddisfatta della bellezza raggiunta. Proprio questa era la curiosa sensazione che provavo mentre mi imbattevo nei primi vicoletti di Ortigia…E’ questa “”l’isoletta”" che custodisce l’antica storia di Siracusa….”



    “Il Teatro greco di Siracusa…Costruito direttamente nella roccia del Colle Temenite, dedicato al dio Apollo …. La cavea è costituita oggi da 46 gradoni ….quelli più alti non erano scavati nella roccia ma formati da massi squadrati….. sul parapetto di questo pianerottolo sono incisi i nomi di alcune divinità, di Gerone II (a cui si deve questa costruzione o, secondo altre ipotesi, l’ingrandimento, dal 238 al 215 a.C.), di sua moglie Filistide e di sua nuora Nereide…. Le altre antiche strutture del teatro, come il palcoscenico, l’edificio scenico (che riproduceva il fronte di un lussuoso edificio ed era ricco di statue) e il loggiato che sovrastava la cavea, sono andate perdute a parte alcune statue di cariatidi …Oltre alle frequenti spoliazioni avvenute nel Medio Evo, i gradoni sommitali della cavea furono smontati e utilizzati per la costruzione delle fortificazioni di Siracusa…. In alto, al centro della cavea, scende ancora l’acqua dell’antico acquedotto "Galermi" che attraversava il teatro già in età greca….la sua acqua esce oggi in un mitreo e supera il teatro in canali sotterranei, ma nel ’500, quando l’acquedotto (lungo decine di chilometri) fu riattivato, servì per lunghi anni al funzionamento di mulini che erano stati costruiti proprio sulla cavea…Questi ultimi furono rimossi solo a metà del 1800……. L’Anfiteatro Romano di Siracusa.... meno solenne del Teatro greco ma incorniciato da verdissimi cipressi.... Nell’anfiteatro si svolgevano per lo più spettacoli di combattimenti, tra uomini e tra uomini e belve, e di battaglie navali…. Una gran vasca, ancora visibile al centro dell’arena, provvedeva alle esigenze idrauliche dei giochi in questa struttura… La vasca era collegata tramite un canale sotterraneo con un serbatoio d’acqua……..La Piazza del Duomo e il Duomo di Ortigia..Da più di 2700 anni questa piazza è destinata all’edilizia religiosa: la storia di questi luoghi traspare ancora dalle strutture della Chiesa, dove gli stili dei differenti conquistatori si sono soprapposti gli uni sugli altri senza cancellare le antiche vestigia. Un primo tempio ionico fu eretto già nell’VIII secolo a.C., successivamente, intorno al 530 a.C., fu innalzato il secondo grandioso ….il tiranno Gelone, per festeggiare la vittoria dei siracusani sui cartaginesi, fece abbattere le precedenti strutture e ordinò di costruire uno dei templi più ricchi e famosi dell’antichità classica, di cui ancora oggi se ne possono ammirare le colonne. La maestosa opera dedicata alla dea Atena, si presentava con 14 colonne doriche, lungo le pareti laterali vi erano affrescate scene raffiguranti le guerre di Agatocle e i volti di tutti i tiranni siracusani. Le porte d’ingresso erano famose in tutto il mondo, fino allora conosciuto, ed erano caratterizzate da una finissima lavorazione d’oro e d’argento. Il tetto era adornato da un’imponente statua di Atena che con il suo scudo dorato fungeva da faro per le navi in transito… Da tempio greco, in epoca bizantina , fu trasformato in chiesa ed accolse la cattedrale per opera del vescovo Zosimo. Sotto la dominazione araba fu riadattata a moschea islamica. Con l’avvento dei normanni, l’edificio fu nuovamente adibito al culto cristiano, e fu ripristinato l’arcivescovado di Siracusa. Dopo il terremoto del 1169, i normanni ne ricostruirono il prospetto munendolo di un portale gotico, di un rosone e di un campanile; inoltre rivestirono l’abside di preziosi mosaici. Il controllo della regione e di quest’area passò in seguito ai Pisani e poi ai Genovesi che crearono qui basi commerciali….nel 1221, tutta la regione passa nelle mani di Federico II di Svevia fino al 1266 quando subentrano gli Angioini ….. Con le guerre del Vespro, la città passò agli spagnoli sotto due dinastie: l’aragonese e la castigliana che controllarono la città e la plasmarono fino al 1600. Vari terremoti contribuirono a danneggiare le strutture del Duomo, ma quello del 1693 fece crollare la facciata principale normanna, così nel 1728 iniziarono i lavori dell’attuale prospetto barocco.”



    “Immaginiamo per un attimo di essere a Siracusa nel V secolo a. C. e di sentire lamenti lontani echeggiare nelle cave, come se qualcuno volesse comunicarci di trovarsi là intrappolato: un tuffo indietro nel passato, in una delle aree più interessanti, dal punto di vista storico, della Sicilia antica…..Queste cave, tristemente famose, sono davvero esistite e possiamo trovarne imponenti resti a Siracusa, dove esse sono ancora visibili, con le volte quasi crollate. Sono denominate Latomie, dal greco latomía, ossia taglio di pietre, un termine che sta ad indicare appunto i sassi, tagliati con scalpello e piccone, usati per le fabbriche della città…Si suppone che alcune di queste cave, chiamate dai latini “lapicidinae” siano state effettivamente utilizzate per tali funzioni, come ci testimonia Cicerone nella V orazione delle “Verrine”…. Narra Tucidide nel VII libro delle sue Storie che gli Ateniesi, sconfitti dai Siracusani, furono rinchiusi in cave profonde ed anguste. Qui i prigionieri, stremati dalla fame, dalla sete e dalla calura, erano sottoposti a qualsiasi sforzo fisico ed erano costretti a patire tutto ciò per non meno di settanta giorni…All’interno delle Latomie, le più famose delle quali sono quelle dei padri Cappuccini e di Dionisio, si possono notare, lungo le pareti, alcuni fori cui, secondo antiche testimonianze, erano attaccate le catene dei prigionieri….Nella Latomia di Dionisio o “Latomia del Paradiso”, nome idilliaco per i suoi ospiti, si trova l’«Orecchio di Dionisio», un’ altissima, profonda e tortuosa grotta artificiale destinata a diventare prigione e che, per la sua caratteristica risonanza, permetteva secondo la leggenda al tiranno Dionisio di ascoltare i lamenti….”.



    “La provincia di Siracusa racchiude nella sua varia superficie un vasto patrimonio culturale… rappresenta una via d'accesso privilegiata alla conoscenza della Sicilia e al percorso compiuto dall'uomo occidentale dalla preistoria ad oggi…Nate come colonie agricole tra il Seicento e il Settecento, Floridia, Canicattini Bagni e Solarino presentano la struttura regolare delle città feudali di quel periodo. Cresciute rapidamente, nel Novecento si sono arricchite di un liberty minore clettico….Floridia…dove è ancora visibile, la prima casa del vecchio borgo rurale costruita nel 1627…..Solarino che vide la predicazione dell'Apostolo Paolo. Il cuore del paese é la piazza con il Palazzo Requesens, dimora di campagna dei feudatari che alla metà del 700 fondarono il borgo…Canicattini Bagni, decoroso centro agricolo, é circondato da una campagna fertile e piena di testimonianze del mondo rurale legato alla vita nei feudi dell'entroterra siracusano e del Val di Noto….Nel territorio dei tre comuni, la settecentesca Villa del barone Del Grado, le grotte Chiusazza, Conzo, Monello, Perciata, Spinagallo…. la cava Spampinato e una Villa-Museo privato che raccoglie materiali d'interesse enologico.”



    “Le Latomie, nell’altopiano ibleo, molto diffuse in città e nei suoi dintorni, erano cave di pietra dalle quali si estraeva il calcare di colore bianco-grigio per la costruzione di monumenti sacri e di ville padronali, sin dai tempi greci. Le Latomie ospitarono non solo minatori-schiavi ma anche prigionieri, catturati durante i combattimenti ….Col passare dei secoli, le volte e i pilastri che sostenevano queste grandi cave coperte, sono crollati a seguito di scosse telluriche ed enormi blocchi in pietra degli antichi tetti ora occupano la zona centrale delle cave. Entrando il sole in queste grotte, l’intensa umidità fece prosperare una vegetazione lussureggiante, formata da limoni, cedri, aranci, palme, capperi, fichi d’India, bossi, oleandri, nespoli, ecc.. Le pareti che racchiudono questa zona sono verticali, alte ben oltre i venti metri e mostrano ancora i colpi di scalpello che le hanno incise.”



    “I greci la chiamarono Akrai, i romani Acre, gli Arabi Balansùl, i normanni Placeolum o Palatioli ed infine Palazzolo a cui nel 1862 fu aggiunto il patronimico di Acreide….Nel 664 a.C. sulla sommità piana del colle, che separa le valli dell'Anapo e del Tellaro, i corinzi di Siracusa fondarono Akrai. Le citazioni degli scrittori antichi fanno riferimento al ruolo di Akrai in importanti avvenimenti della storia siciliana….Akrai non sfuggì di certo alle varie dominazioni che si avvicendarono nel corso dei secoli. Nell'827 d.C. ad Acre si concentrarono le forze bizantine dell'isola per cercare di impedire l'avanzata araba e dar tempo a Siracusa di disporre le proprie difese. In questa circostanza Acre fu messa a ferro e fuoco e distrutta per sempre. Dalle ceneri di Acre, in uno sperone roccioso sovrastante la valle dell'Anapo, risorse la Palazzolo medievale…Quì nei primi anni del regno normanno venne edificato il castello, di cui ancora oggi rimangono alcune vestigia. Dal 1104 si avvicendarono a Palazzolo diverse baronie: da Guifredo, figlio del Conte Ruggero ad Artale d'Alagona, ai Principici Ruffo di Calabria nel 1812.”


    “Raro esempio di paese-museo, Buscemi si sviluppa attraverso i luoghi autentici del lavoro contadino, é come una finestra sul mondo rurale ibleo….Buccheri é il comune più alto della provincia di Siracusa...collocato lungo le pendici del monte Lauro, il paese, che mantiene tracce medioevali, é abbellito da chiese ed edifici settecentesci. I boschi, le cave (la "stritta" in particolare), un panorama che spazia fino all'Etna… la presenza di strane costruzioni (le neviere e i rifugi dei pastori)…. Casmene…sito archeologico greco… prende il suo nome da "qasr" (in arabo, castello). Il sito dell'antico fortilizio arabo, situato nel punto di confluenza dei fiumi Anapo e Calcinara, si trova ai piedi del borgo attuale…. Feria, borgo medivolale….Castel di Lega (costruzione rupestre preistorica), Villa Braida (antica residenza nobiliare), Grotta di S. Anna (parte di un complesso di sepolcri bizantini). …alla sommità della Necropoli di Pantalica dove é situato l'Anaktoron, "il castello del principe" dell' insediamento protostorico.”



    “Augusta...fondata da Federico II, il quale colse il valore strategico del luogo e vi edificò un castello… é oggi una città industriale e commerciale ..dai primi del Novecento uno dei maggiori porti militari e civili del Mediterraneo…. ha il suo centro storico su un'isola dove si trova..la mole del Castello Svevo…..Il centro storico presenta chiese ed edifici barocchi di rilievo…e vi si accede da una Porta Spagnola del 1681…città "spagnola" , Augusta mantiene questa radice culturale in alcune feste religiose: la festa di S. Domenico (patrono della città) per ricordare la cacciata dei turchi, avvenuta negli stessi giorni del 1594. Nelle immediate vicinanze, Brucoli….in una bella insenatura, con un castello cinquecentesco…l'Eremo di S. Maria dell 'Adonai.. la Baia di Agnone con ampio panorama e la federiciana Basilica del Murgo.”



    "Noto....è una delle città più belle della Sicilia ed offre un panorama architettonico unico al mondo per l'unità e l'armonia di uno stile barocco dal carattere solare e floreale, reso di naturale evidenza dal colore rosato della pietra utilizzata per costruire la città….Ogni suo angolo, ogni pietra, superato l'impatto emozionante con le scenografiche espressioni della sua architettura maggiore (la Cattedrale con la scalinata, S. Domenico, Palazzo Ducezio, Palazzo Nicolaci, per citare gli esempi più noti), riserva delle sorprese. Ogni cosa, anche la più minuta, conserva una sua grazia "barocca"….Nei dintorni immediati di Noto, nel silenzio di cave alberate, l'Eremo di S. Corrado fuori le mura e il Santuario di S. Maria della Scala. Vicino, numerose ville padronali.”


    “Pachino é da sempre, nella Sicilia sud orientale, la città delle vigne e del vino…..la vivacità e gli odori quasi orientali delle botteghe, le caratteristiche mediterranee e qualche richiamo maltese della sua architettura spontanea, i suoni "arabi" degli ambulanti, i caffè, rendono Pachino estremamente piacevole. Nei dintorni, siti archeologici di rilievo (le Grotte Corruggi e Calafatimi del mesolitico e neolitico, "i Cugni" di Calafarì-na, la Basilica di S. Lorenzo Lo Vecchio) e belle spiagge.”



    “L’Italia finisce in questa punta estrema della Sicilia dove il mar Ionio incontra il Mediterraneo...Proprio in questo punto sorge Portopalo di Capo Passero, un pezzo di terra sicula che dista una sessantina di chilometri da Siracusa…. è “autonomo” da poco più di trent’anni, in precedenza il suo territorio apparteneva alla vicina Pachino … e rappresenta la zona non solo più a sud della Sicilia, ma dell’intero stivale, trovandosi persino al di sotto del parallelo di Tunisi…rappresenta uno degli spettacoli più incantevoli offerti dalla natura, non solo per il mare limpidissimo, per le spiagge piccole ma pulite, per l’aria che sa di sale, ma soprattutto per lo scenario mitologico di cui ogni costone roccioso reca una traccia evidente….è in grado di offrire un tipo di turismo che non è solo “balneare” grazie alla sua area archeologica, alla tonnara, all’antico porto (snodo fondamentale per tutte le navi dirette verso l’Africa), al Castello Tafuri, al Faro…..Appartengono al territorio anche due piccole isole: quella di Capo Passero e l’Isola delle Correnti. Sulla prima si trova la citata tonnara, risalente niente meno che al duecento (è una delle più antiche della Sicilia), la trecentesca fortezza di Carlo V e la più recente statua bronzea di Maria SS Scala del Paradiso, “Guardiana del mare di Sicilia”, realizzata dall’artista fiorentino Mario Ferretti…Le coste dell’isolotto sono molto frastagliate e ricche di grotte marine; fra tutte spiccano quelle del gruppo denominato Grotte del polipo…….L’Isola delle Correnti ha una superficie piccola e tondeggiante ed è collegata alla terra ferma da un piccolo corridoio roccioso continuamente distrutto dalla violenza delle onde. Per questo motivo l’isola è meta privilegiata dei surfisti di tutto il mondo… oltre ad una serie di casette abbandonate, l’isola presenta anche un edificio più imponente dove un tempo viveva il guardiano del faro insieme alla sua famiglia… alzando gli occhi al cielo, è possibile osservare gli albatros e numerosi altri uccelli migratori provenienti dal Nord Africa.”








    RAGUSA





    Ragusa (Raùsa in siciliano) è una città italiana di 73.212 abitanti,[1] capoluogo dell'omonima provincia in Sicilia. È il settimo comune dell'isola per numero di abitanti ed è situato sui monti Iblei.

    Territorio
    Il territorio di Ragusa nella provinciaLa città si estende sulla parte meridionale dei monti Iblei, è il capoluogo di provincia più a sud d'Italia ed il più alto dopo Enna, Potenza, Campobasso, L'Aquila, e, in Sicilia, dopo Enna e Caltanissetta. Dista mediamente dal mare 20 km ed è la città italiana più popolata fra quelle poste (altitudine della casa comunale) ad un'altitudine superiore ai 500 metri sul livello del mare. L'estensione del territorio comunale è degna di nota ponendosi tra le più grandi per km², inoltre è la città italiana più popolata al di sotto dei 37° di latitudine e la terza d'Europa dopo Candia e Ceuta.

    La cima più elevata è rappresentata dal monte Arcibessi (906 metri s.l.m.), per questo è fra i comuni lambiti dal mare che presentano il più elevato dislivello. Il quartiere più antico della città, cioè Ragusa Ibla, sorge su una collina. Ad est la città è circondata dal colle San Cono, in mezzo vi scorre il fiume Irminio, il più importante della Sicilia sud-orientale. A nord la città è circondata dal monte Patro, nella valle in mezzo vi scorre il fiume San Leonardo. A sud si trova il monte Bollarito che è diviso da Ragusa tramite il torrente Fiumicello. Infine a ovest sorge Ragusa superiore sui colli Patro e Cucinello, la parte più recente della città invece sui colli Corrado, Pendente e Selvaggio, i primi due staccati dalle colline circostanti da due profonde gole, le tipiche "cave" del tavolato ibleo, la cava San Leonardo e la Cava Santa Domenica.

    Monti Iblei, Cava VolpeLa città si sviluppa verso ovest fino a raggiungere l'altopiano (680 s.l.m.). In passato l'intero territorio di Ragusa era ricoperto da una fitta vegetazione mediterranea composta principalmente da querce e allori. I disboscamenti perpetrati nei secoli, a partire da quelli massicci effettuati dai romani, al fine di destinare la terra alla coltura dei cereali e alla pastorizia, hanno contribuito in larga parte alla diminuzione delle risorse idriche, che comunque nell'intera provincia sono superiori rispetto a quelle di altre province siciliane. Il fiume Irminio, un tempo navigabile, come si evince da antichi documenti arabi, è sbarrato da una diga, ciò ha dato luogo a un lago artificiale: il lago Santa Rosalia, che si trova a metà tra il territorio di Ragusa e quello di Giarratana. Nel territorio ibleo la flora annovera oltre 1500 taxa, per la maggior parte appartenenti all'elemento circum-mediterraneo.

    Il territorio extracomunale, nella quasi totalità, insiste sugli ultimi lembi dei Monti Iblei che dolcemente, scivolano verso il mare, un altopiano caratterizzato da enormi distese coltivate, di un interrotto reticolo di muri a secco punteggiato da carrubi e olivi. I rilievi una volta degradati fino al livello del mare, lasciano il posto alla costa per lo più costituita da enormi distese di sabbia.

    Paesaggio ibleo e il lago S. RosaliaNegli ultimi due milioni di anni, terminata la regressione marina che nel miocene aveva lasciato emergere gli Iblei e tutto il fondale che va fino alle isole dell'arcipelago maltese, il movimento contrario, nel pliocene immerse le terre più basse e le vicende orogenetiche provocate dall'attività vulcanica sottomarina composero il tavolato ragusano. Il territorio è prevalentemente collinare, formato da grandi altipiani e vallate e lo scorrere dei fiumi ha eroso l'altopiano formando numerosi canyon profondi. Il plateau ibleo costituisce uno dei promontori della placca africana ed è costituito da una crosta di tipo continentale in massima parte da sedimenti carbonatici e carbonatico-marnosi di età cretaceo-quaternario in cui si intercalano vulcaniti basiche, inoltre è diffuso il carsismo. Nelle zone costiere, nei pressi del mare, si trova la pietra arenaria. Alcune aree dei Monti Iblei presentano anche rocce di origine vulcanica come nei pressi del Monte Lauro, facente parte di un complesso vulcanico sottomarino. Dalla pietra calcarea che abbonda nell'intero territorio, nascono i muri a secco, che delimitano le chiuse e che caratterizzano il paesaggio.



    La città è la più agiata del mezzogiorno d'Italia,[2] è chiamata la "Città dei ponti" per la presenza di tre strutture molto pittoresche, ma è stata definita anche da letterati, artisti ed economisti come "l'isola nell'isola" o "l'altra Sicilia",[3] grazie alla storia e ad un contesto socio-economico molto diverso dal resto dell'isola; nel 1693 un devastante terremoto causò la distruzione quasi totale dell'intera città, mietendo più di cinquemila vittime. La ricostruzione, avvenuta nel XVIII secolo la divise in due grandi quartieri; da una parte Ragusa superiore, situata sull'altopiano e dall'altra Ragusa Ibla; sorta dalle rovine dell'antica città e ricostruita secondo l'antico impianto medioevale.

    I capolavori architettonici costruiti dopo il terremoto, insieme a tutti quelli presenti nel Val di Noto, sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, Ragusa è uno luoghi più importanti in assoluto per la presenza di preziose testimonianze di arte barocca.





    Ragusa è stata catalogata nel 2002 patrimonio dell'umanità, è una delle città d'arte più importanti d'Italia, grazie a svariate ricchezze artistiche e archeologiche, eredità della sua storia plurimillenaria. La ricostruzione della città dopo il terremoto del 1693 ha avuto protagonisti famosi quali Vaccarini, Palma, Vermexio, Ittar, Sinatra e soprattutto il celebre Rosario Gagliardi. Questi, con l'aiuto di uno stuolo di scultori locali e capomastri, ha contribuito a creare un fenomeno unico e particolare: il Barocco del Val di Noto. Esso è adornato dalla pietra locale, di volute, di vuoti e di pieni, di colonne e capitelli, di statue e di composizioni architettoniche, di cui probabilmente il Duomo di San Giorgio è la massima espressione. Già dalla fine del 1500 a Ragusa circolavano libri importanti qualiI sette libri di architettura di Sebastiano Serlio, i Quattro libri dell'architettura di Andrea Palladio, le opere di Domenico Fontana ed altri testi di celebri architetti. In generale il barocco ragusano è una rielaborazione di opere o disegni, spunto in cui si inserisce il gusto raffinato ed eclettico dell'artista, infatti molti mastri-scultori costituirono la base sulla quale la fantasia, l'estro e l'abilità di questi, riprodusse e personalizzò modelli e schemi, ricavando con la pietra locale, calda e dorata, effetti riferibili solo al barocco ibleo. La maggior parte del patrimonio artistico, con la sola eccezione della cattedrale di San Giovanni Battista e di qualche palazzo settecentesco, si trova nel quartiere antico di Ibla. Il solo quartiere di Ragusa Ibla contiene oltre cinquanta chiese, la maggior parte sono in stile tardo barocco. Anche i palazzi storici sono numerosi. Di tutte le strutture edificate fra la tarda antichità e la fine del Seicento esistono solo frammenti: un breve tratto della cerchia di mura, nelle vicinanze della chiesa del S.S. Trovato, il portale di epoca sveva e la torre campanaria nella chiesa di San Francesco all'Immacolata, il portale della antica chiesa di San Giorgio, unico avanzo dell'antico tempio; la porta Walter, una delle porte che si aprivano nella cinta muraria di epoca bizantina; un piccolo portale gotico murato all'esterno della Chiesa di Sant'Antonino; le cappelle annesse a una delle navate della chiesa di Santa Maria delle Scale; le sculture all'interno della sagrestia del Duomo di San Giorgio, datate 1570 attribuite ad Antonio Gagini, figlio del grande Antonello Gagini, morto nel 1536; alcuni frammenti della lapide del conte Bernardo Cabrera. Innumerevoli furono le opere portate al termine negli anni trenta in brevissimo tempo, a coordinare i progetti fu chiamato l'architetto Ugo Tarchi della reale accademia di Brera, che in particolare curò lo studio urbanistico e la costruzione di piazza Impero, con il maestoso Palazzo del Fascio caratterizzato dall'alta torre centrale, su progetto dell'architetto Ernesto Lapadula. Sulla medesima piazza si avviò anche la costruzione del Palazzo del consiglio provinciale delle corporazioni, oggi sede della Camera di Commercio, su progetto dell'architetto Fichera. Al lato della Cattedrale si trova il Monumento ai Caduti, opera in bronzo dello scultore Sindoni, su basamento rivestito di marmo, inaugurato il 12 maggio del 1924 in occasione della prima visita a Ragusa di Benito Mussolini.










    Circolo di Coversazionr, interno




    Ragusa, Chiesa del Purgatorio



    Ragusa, Barocco in un balcone



    Uno scorcio di Ragusa



    Francesco Sozzi (Palermo, 26 maggio 1732 – Palermo, 1795) è stato un pittore italiano, attivo nella seconda metà del XVIII secolo in Sicilia.
    Figlio di Olivio Sozzi e Caterina Cappello, fu allievo del padre che lo introdusse negli ambienti palermitani. Seguì però lo stile del cognato Vito


    Gli affeschi di Sozzi
    D'Anna che, intorno al 1751, tornando dal suo viaggio a Roma, aveva importato in Sicilia i modi cromatici e compositivi rococò di Corrado Giaquinto.[
    Ebbe ruoli di compartecipe alle commissioni sia del padre che del cognato, le cui botteghe operavano in Sicilia

     
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    AUGUSTA LA PORTA SPAGNOLA



    La Porta Spagnola di Augusta è un monumento storico risalente al XVII secolo, testimonianza del trecentenario dominio spagnolo in Sicilia, avvenuto dal 1412 al 1713.

    Storia
    La sua costruzione cominciò nel 1681, su progetto dell'ingegnere Carlos de Grunembergh, per ordine del viceré Benavides, conte di Santo Stefano, che la fece costruire, con spese a carico degli Augustani, a difesa di tutta la cristianità dell'isola. Era, di fatto, l'ingresso principale alla città, a cui si arrivava tramite due ponti levatoi, installati dopo il taglio dell'istmo voluto per ragioni di sicurezza militare e per evitare gli attacchi da nord. Modificata più volte nel corso dei secoli, ha mantenuto intatta solamente la parte superiore.

    Descrizione
    La porta presenta alla sommità due grifoni rampanti, che sorreggono una cornice, sormontata dalla corona di Carlo II di Spagna. Nel riquadro delimitato dal Toson d'Oro è scolpito lo stemma del viceré D. Francesco Benavides. Sulla porta di trova una lapide che testimonia l'importanza strategica del porto di Augusta, lapide su cui si legge: «D.O.M. Carolo II Hispaniarum ac Siciliae rege imperante, Siciliae prorex D.Franciscus Benavides Comes S.Stephani, in tanti portus litore muniendo non solum Siciliae, sed totius Italiae et Cristiani nominis incolumitati consulere extimavit MDCXXCI».

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.




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    Valle dell'Alcantara



    La dizione valle dell'Alcantara si riferisce ad un territorio che, in ambito turistico o sociale, ha limiti maldefiniti; di contro in campo naturalistico essa indica un'area geografica ben precisa: il "bacino imbrifero" del fiume Alcantara; cioè a dire quella superficie della Sicilia orientale che raccoglie le acque piovane (e le precipitazioni nevose) che alimentano il deflusso del fiume appena citato. I confini fisici (spartiacque) di questo bacino scorrono: a nord, sulle creste dei Peloritani, ad ovest, sui crinali dei Nebrodi, a sud, sui terreni vulcanici dell'Etna e, ad est, sulla costa del mar Ionio.
    L'estensione della sua superficie è di circa 570 km² abbastanza ampia nel panorama dei bacini imbriferi siciliani. La sua massima altitudine coincide con la sommità dell'Etna, cioè 3.330 m, mentre quella media è sui 900 m. Altri punti elevati sono: il Monte Colla con 1.611 m e la Montagna Grande con 1.374 m; quest'ultima è la cima più alta dei Peloritani. I terreni del nostro bacino, da un punto di vista amministrativo, ricadono nelle province di Messina (12 comuni) e di Catania (3 comuni), in cui insistono i territori (non i capoluoghi) di quindici comuni.


    Gole dell'Alcantara



    Le Gole dell'Alcantara sono situate nella Valle dell'Alcantara in Sicilia. Sono delle gole alte fino a 25 metri e larghe nei punti più stretti 2 metri e nei punti più larghi 4-5 metri; il canyon naturale, a differenza di quanto comunemente si pensa, non è stato scavato nel corso di migliaia di anni dall'acqua. L'ipotesi più accreditata è legata ad un evento sismico che, con un movimento sussultorio fece letteralmente spaccare in due una vecchia colata lavica (attribuita all'Etna), consentendo all'acqua del fiume di insinuarsi al suo interno. Questo fatto è evidenziato dal fatto che la struttura delle pareti (simile in alcuni punti a "cataste di legna" ed in altri a "colonne d'organo") è intatta e spigolosa.



    Il fiume Alcantara scorre tra pietra lavica che forma il suo alveo caratteristico. Sul territorio di Motta Camastra in località Fondaco Motta si trova la gola più imponente e famosa dell'Alcantara, lunga per più di 6 km ma percorribile in modo agevole per i primi 3.



    La particolarità di questa gola consiste nella struttura delle pareti, create da una colata di lava basaltica (povera di silicio ma ricca di ferro, magnesio e calcio). La lava si è poi raffreddata lentamente, permettendo di creare forme prismatiche pentagonali ed esagonali, che richiamano la struttura molecolare dei materiali che la costituiscono.



    Da Messina percorrere la SS n.114 (che va fino a Catania), deviare presso Giardini Naxos verso la SS n.185, direzione Francavilla di Sicilia e dopo dodici chilometri si raggiungono le Gole dell'Alcàntara. Via Autostrada da Messina: imboccare l'Autostrada A18 in direzione Catania ed uscire a Giardini Naxos. Da Catania: imboccare l'Autostrada A18 in direzione Messina ed uscire a Giardini Naxos. Dall'uscita dell'autostrada proseguire per dodici chilometri in direzione di Francavilla di Sicilia.





    Pachino




    « ...Meglio è con lungo indugio e lunga volta
    girar Pachino e la Trinacria tutta,
    che, non ch'altro, veder quell'antro orrendo,
    serntir quegli urli spaventosi e fieri
    di quei cerulei suoi rabbiosi cani...
    ...Rademmo di Pachino i sassi alpestri,
    scoprimmo Camarina, e 'l fato udimmo,
    che mal per lei fôra il suo stagno asciutto... »
    (Virgilio, Eneide, III-1095)




    « ...E la bella Trinacria, che caliga
    tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo
    che riceve da Euro maggior briga... »
    (Dante Alighieri, Paradiso, VIII-1316)




    Pachino (Pachinu in siciliano) è un comune di 21.792 abitanti[1] della provincia di Siracusa.

    Il nome deriverebbe dal fenicio pachum, che significa "guardia". Secondo il Fazello, l'origine deriverebbe invece dal greco paxus, che significa "fertile". Esistono però altre teorie: secondo monsignor Sultano, il significato risale al nome greco Paxus Oinos, che significa "terra abbondante di vino"; il Figura, riferendosi all'isola di Capo Passero, lo fa derivare dal greco Paxeia Nesos, ovvero "isola dalla larga circonferenza".
    Pachino è la città che ospita la coltivazione IGP del pomodoro ciliegino detto, appunto, Pachino.
    Ha dato i natali, altresì, al grande scrittore novecentesco Vitaliano Brancati del quale si può trovare ancora la casa natale nei pressi della piazza.


    Ciesa del SS. Crocificco
    Chiesa Madre SS. Crocifisso: edificata nel 1790 dal marchese Vincenzo Starrabba per la comunità cristiana, si presenta con una semplice struttura comprendente una sola navata con una cappella a destra dell’abside; vi si conservano i resti di Gaetano e Vincenzo Starrabba


    Pachino è anche produttore dei famosi pomodori

    Pomodori pachino



    SIRACUSA..

    Siracusa


    L'antica città di Siracusa fu fondata nel 734 o 733 aC da coloni greci provenienti da Corinto e la città crebbe e prosperò Tenea.The, e per alcuni secoli, si ergeva come il potente città greca più in tutto il Mediterraneo. Siracusa cadde sotto il dominio romano nel 213 aC, rimanendo un importante scalo per il commercio.
    Dopo un periodo di dominazione dei Vandali, nei secoli seguenti Siracusa è stata dominata, a sua volta da un lato dai bizantini, poi nel 878 i musulmani, sempre nel 1038 dai Bizantini , i Normanni nel 1085 e dopo un breve periodo di dominazione genovese (1205-1220), i Normanni riconquistarono Siracusa in forma di Federico II, la cui morte portò un periodo di disordini e di anarchia feudale.
    Il terremoto del 1693 cambiò per sempre l'aspetto di Siracusa, così come tutta la Val di Noto, le cui città sono state ricostruite secondo le linee tipiche del barocco siciliano, considerata una delle espressioni più tipiche d'arte del Sud Italia.
    Siracusa oggi ha numerose attrazioni per i visitatori interessati a siti storici come l'importante Museo Archeologico e il Teatro. L'edificio, modificato dai romani, è oggi utilizzato per rappresentazioni teatrali.


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    I PUPI SICILIANI!!!

    L'Opera dei Pupi (Òpra dî Pupi in siciliano) è un tipo di teatro delle marionette, i cui protagonisti sono Carlo Magno e i suoi paladini. Le gesta di questi personaggi sono trattate attraverso la rielaborazione del materiale contenuto nei romanzi e nei poemi del ciclo carolingio. Le marionette sono appunto dette pupi (in siciliano "pupazzi"). L'opera è tipica della tradizione siciliana dei cuntastori ("cantastorie" in italiano).
    L'Opera dei Pupi si affermò nell'Italia meridionale e in particolare in Sicilia tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX.


    Il pupo e il puparo
    Riccamente decorati e cesellati, con una struttura in legno, i pupi avevano delle vere e proprie corazze e variavano nei movimenti a seconda della scuola di appartenenza in palermitani o catanese. La differenza più evidente stava nelle articolazioni: leggeri e snodabili i primi (comunque difficili da manovrare), più pesanti e con gli arti fissi i secondi (ma più semplici da manovrare).
    Il puparo, curava lo spettacolo, le sceneggiature, i pupi, e con un timbro di voce particolare riusciva a dare suggestioni, ardore e pathos alle scene epiche rappresentate. I pupari, pur essendo molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de Roland, la Gerusalemme liberata e l'Orlando furioso.
    Ogni pupo rappresentava tipicamente un preciso paladino, caratterizzato per la corazza ed il mantello e gli spettatori usavano parteggiare per uno.
    Generalmente si contrapponevano, fra tutti, i sostenitori delle due figure più amate:

    •Orlando
    •Rinaldo

    altre figure di rilievo:

    •Carlo Magno
    •Angelica
    •Gano di Maganza (il traditore)
    i saracini (saraceni):
    •Rodomonte
    •Mambrino
    •Ferraù
    •Agramante
    •Marsilio
    •Agricane

    Spesso la rappresentazione, si chiudeva con la farsa, uno spettacolo di marionette di tono licenzioso e buffo, con temi tratti dai personaggi delle tradizioni favolistiche siciliane.
    A volte i pupari, per trasmettere contenuti non graditi alle autorità si servivano di un gergo (comune ai malavitosi) detto baccagghiu (baccaglio).

    L'Opera oggi
    Nell’era della tecnologia e della multimedialità, parlare di pupi siciliani evoca immediatamente immagini d’altri tempi, di spettacoli di piazza, fra il vociare di piccoli e grandi ed il rumore delle armature, di minuscoli teatrini polverosi.
    Ancora oggi sopravvivono alcuni pupari che cercano di mantenere viva la tradizione, alcuni proponendo rappresentazioni per turisti e altri hanno una vera e propia rassegna teatrale. Tra le storiche famiglie di pupari troviamo: Cuticchio, Argento, Mancuso e Greco di Palermo, Canino di Cinisi, Crimi, Trombetta e Napoli di Catania, Pennisi, Macrì e Grasso di Acireale, Profeta di Licata, Vaccaro-Mauceri di Siracusa, e gli Immesi di Barletta.

    Recentemente l'UNESCO ha dichiarato il Teatro dell'Opera dei Pupi Capolavoro del patrimonio Orale e Immateriale dell'Umanità.


    Nelle città

    Palermo
    Oggi, la più ricca collezione di Pupi si può ammirare al Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino ed al Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitrè di Palermo. Fra i pupari palermitani in attività si ricordi Mimmo Cuticchio, impegnato anche nell'altra tradizione orale siciliana il cuntu (raccontastorie), apparso fra l'altro nel film Il padrino - Parte III di Francis Ford Coppola.

    Messina
    Di notevole rilievo storico è la Famiglia Gargano, ultima famiglia "oprante" rimasta a Messina (e Provincia). Con le sue cinque generazioni consecutive la Famiglia Gargano è tra le più antiche esistenti e oltre ad una ricca collezione di pupi possiede rari manoscritti di fine '800.

    Catania
    La compagnia più importante è quella dei fratelli Napoli[2], fondata a Catania nel 1921 da Gaetano Napoli e oggi, giunta alla sua quarta generazione, senza interruzioni, rappresenta la più significativa realtà del tradizionale teatro dei pupi di tipo catanese. La compagnia aveva sede in via Consolazione, nel quartiere del Borgo, ma si è poi trasferita nei pressi di piazza Federico II.
    Provincia di Catania

    Acireale
    Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo dell'Opera dei Pupi Turi Grasso sito in via nazionale nella frazione Capomulini di Acireale. Inoltre in centro città, nella via Alessi è presente un Teatro dell'Opera dei Pupi dedicato a Emanuele Macrì dove si tengono ancora spettacoli.

    Giarre
    A Giarre è presente un museo-teatro dell'Opera dei Pupi nella sede della Pro loco. Gli spettacoli vengono rappresentati su richiesta a cura della compagnia Zappalà.

    Caltagirone
    A Caltagirone ne è un illustre esempio il Teatro-Museo dei Pupi siciliani di via Verdumai. Il Teatro Stabile della Primaria compagnia dell’Opera dei Pupi di Caltagirone nasce in tempi difficili, alla fine del primo conflitto mondiale, per opera di Giovanni Russo. Dopo di lui l’Opra passa in eredità ad altri uomini, i quali superano le difficoltà che un’attività come questa comporta, grazie alla loro tenacia: Gesualdo e Salvatore Pepe, Eugenio Piazza e, oggi, la Società Eliotour. Nel 1978, il Comune di Caltagirone, prendendo spunto dal grande successo di pubblico che la Compagnia aveva riscosso nel corso di una rassegna di Pupi ad Acicastello, le affida il locale di via Verdumai. Restaurato ed adattato all’uopo, il teatro ospita oggi, oltre alla sala per gli spettacoli, una mostra dei pupi siciliani, appartenuti alla collezione di Gesualdo Pepe, ed un’esposizione di locandine e di libri storici.
    La collezione di pupi comprende settanta soggetti di dimensioni che variano da 1,20 a 1,45 metri, interamente costruiti in legno, e cinquanta teste di ricambio che consentono di avere a disposizione un gran numero di personaggi. I pupi sono vestiti da abiti in raso e velluto e dotati d’armature in rame e ferro lavorati a mano.
    Gli spettacoli, che ripropongono le gesta eroiche dell’epopea cavalleresca rinnovate di volta in volta dalla fantasia e dall’estro degli artisti, si svolgono sul palcoscenico dotato di numerosi fondali intercambiabili dipinti a mano. Manovratori ed oratori danno vita e voce ai pupi mentre gli aiutanti assicurano l’avvicendarsi dei vari personaggi. Affiatamento, bravura interpretativa, esperienza e capacità d’improvvisazione sono gli elementi che concorrono alla buona riuscita dello spettacolo, oltre ad una grande passione per quest’arte.

    Randazzo
    Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo Civico Vagliasindi di Randazzo.
    In una sala del Castello Carcere è collocata la collezione di Pupi Siciliani della famiglia Russo composta da 37 marionette che rappresentano i personaggi dell’epopea storica della chason de Roland. La collezione fu realizzata tra il 1912 e il 1915 dallo scultore Emilio Musumeci e utilizzata dal puparo messinese Ninì Calabrese. Collezione di grande valore che è servita per allestire una rappresentazione alla presenza del Re Umberto II.

    Siracusa
    A Siracusa la tradizione è stata recentemente rinnovata grazie a sovvenzioni Europee. Con questi contributi è stato riaperto nel centro storico di Ortigia, un piccolo teatro e una bottega dell'opera dei pupi gestita dagli eredi dell'antica famiglia Mauceri. Inoltre è stato aperto un museo dei pupi che espone la tradizione aretusea presenta già dalla metà dell'ottocento.

    In provincia di Siracusa sono presenti alcune compagnie tra le quali spicca la Compagnia della Famiglia Puglisi di Sortino di Sortino, guidata dall'ultimo discente dei Puglisi, Ignazio Manlio Puglisi, che effettua rappresentazioni riguardanti episodi tratte dalle più note edizioni cavalleresche popolari dell’Ottocento e del Novecento come:
    •La Storia Dei Paladini Di Francia di Giusto Lo Dico
    •Erminio della Stella d’Oro e Gemma della Fiamma di Patanè
    •Il Figlio di Bradamante di Emanuele Bruno
    •La Storia di Trabazio Imperatore di Grecia e Guido di Santacroce

    Seguiti da una brillante farsa dialettale recitata a soggetto imperniata sul personaggio buffo di Peppannino, sempre in atto unico, per una durata complessiva di due ore circa.
    Tutto il materiale storico della Famiglia Puglisi è conservato nel Museo Civico dell'opera dei Pupi di Sortino "Fondo Don Ignazio Puglisi". Recentemente la soprintendenza di Siracusa ha iniziato un restauro dei cartelloni e del materiale bibliografico, in particolare i manoscritti di scena di Don Ignazio Puglisi.









    Siracusa-Catacombe-S.-Giova

    . Siracusa possiede forse il più importante complesso di ipogei tardoantichi dopo Roma. Tra questi particolarmente importante il, gruppo delle catacombe, che si dispongono secondo un arco interno a quello formato dalle Latomie, da nord - ovest a sud-est. La localizzazione di queste aree cimiteriali è particolarmente interessante per quanto riguarda la storia urbanistica della città nel periodo tardoimperiale: esse, infatti, si inseriscono all'interno della Neapolis, lungo i margini di Acradina.

    SIRACUSA..PANORAMA SUL MARE...
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    Siracusa Ortigia - Palazzo Beneventano del Bosco (foto Jacquelinecsmith)
    Nella prima metà del Settecento, dopo le devastazioni causate dal terremoto del 1693, in tutta la Sicilia orientale iniziò un'imponente opera di ricostruzione. In questa occasione si sviluppano le capacità progettuali e architettoniche già espresse dal grande barocco secentesco, con alcune caratteristiche ricorrenti che ben si possono osservare per le vie di Noto. Le facciate, sia delle chiese che dei palazzi, assumono un'importanza fondamentale e fiorisce una attenzione al particolare, alla scultura e alla decorazione di prospetti e balconi. Il trionfo del barocco nel centro della città è unico, e una visita dei principali monumenti è fonte di continue sorprese anche se, a causa dell'incuria e per le caratteristiche della tenera pietra da costruzione utilizzata, molti sono i crolli e i fenomeni di degrado, come quello che ha interessato la cupola della Cattedrale nel 1996. La ricostruzione è stata eseguita con gli stessi materiali e con l'ausilio delle medesime tecniche del Settecento; utilizzando le pietre locali, assemblate però con moderni metodi antisismici. I lavori sono stati completati e la cattedrale è stata riaperta al pubblico nel 2007. Molti i palazzi e le chiese di Noto, tra cui il Palazzo Nicolaci Villadorata, il Palazzo Trigona, il Palazzo Landolina, la Chiesa di San Domenico, il Monastero del SS. Salvatore, il Palazzo Ducezio, la Chiesa di Santa Chiara, la Chiesa di San Francesco.



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    IL CARRETTO SICILIANO!!

    Il Carretto siciliano (in siciliano carrettu) è un mezzo a trazione equina adibito al trasporto merci, in uso in tutto il territorio siciliano dal XIX secolo fino alla seconda metà del XX secolo, quando divenne obsoleto a causa della crescente motorizzazione del lavoro nelle campagne. Costruito con diverse qualità di legno, spesso fregiato da intagli bucolici e sgargianti decorazioni pittoriche, al giorno d'oggi è divenuto oggetto d'arte artigianale, nonché uno dei simboli dell'iconografia folcloristica siciliana.


    Struttura
    carretto è composto dal fonnu di càscia, cioè il pianale di carico prolungato anteriormente e posteriormente da due tavulàzzi, sul quale sono montati parallelamente due masciddàri (dal siciliano mascidda, "mascella") ovvero le sponde fisse del carretto, e un puttèddu (portello posteriore) removibile per agevolare le operazioni di carico e scarico. Ogni masciddaru è suddiviso equamente in due scacchi (i riquadri in cui vengono dipinte le scene), nel putteddu invece vi è uno scacco centrale fra due scacchi più piccoli. Gli scacchi sono divisi da un segmento verticale che congiunge i pannelli al fonnu di cascia: 6 in legno chiamati barrùni equamente divisi fra masciddari e putteddu, due in metallo denominati centuni presenti solo sui masciddari.

    Questa sezione "contenitiva" sormonta il gruppo portante del carretto chiamato traìno, il quale comprende le aste e la cascia di fusu, a sua volta costituita da una sezione di legno intagliato sormontata da un arabesco di metallo. Nei carretti alla patrunàli meno pregiati, la preziosa cascia di fusu viene sostituita dalle balestre.

    Fra le aste sotto i tavulazzi vengono montate due parti in legno chiamate chiavi, una anteriore ed una posteriore. La prima altro non è che una semplice barra ricurva, la seconda invece consiste in un bassorilievo intagliato rappresentante una scena, solitamente cavalleresca, che può assumere diversi gradi di pregevolezza.

    Sponda alla palermitana Sponda alla catanese Sponda stile VittoriaCiascuna delle due ruote è composta da 12 raggi definiti in siciliano iammòzzi (iammi, "gambe") che congiungono il mozzo al cerchione, spesso arricchiti da intagli a fitte sezioni parallele (impòsti) o addirittura soggetti scolpiti quali fiori, aquile, sirene, o teste di paladino.


    Stili del carretto
    Il carretto assume caratteristiche diverse a seconda della zona in cui viene prodotto.

    Nel palermitano il carretto presenta sponde trapezoidali, una tinta di fondo gialla e decorazioni prevalentemente geometriche. I temi rappresentati sugli scacchi variano tra cavalleresco e religioso, realizzati nelle tonalità basilari del rosso, del verde, del giallo e del blu, le sfumature sono ridotte all'essenziale e la prospettiva bidimensionale. Spesso nel palermitano le balestre sono preferite alla cascia di fusu, intagli e pitture mantengono l'aspetto naif tipico del carretto siciliano.

    Nel catanese le sponde sono rettangolari, la tinta di fondo rossa come la lava dell'Etna e gli intagli e le decorazioni si presentano più ricercati e meglio rifiniti, allontanandosi dallo stile semplice del palermitano per ricercare una raffinatezza maggiore. nelle produzioni più moderne i quadri contemplano la tridimensionalità prospettica, la gamma di tonalità si arricchisce e le sfumature e i chiaroscuri si fanno più incisivi.


    Meno conosciuto è lo stile Vittoria, in cui il carretto presenta una struttura simile al catanese, riprende il rosso come colore di fondo, ma nelle tonalità si distingue per la sua caratteristica gradazione scura. Le pennellate, sia nei quadri che nelle decorazioni, sono caratterizzate da un tratto netto, "istintivo", in contrapposizione alla ricercata pennellata sfumata del catanese.

    Esiste anche uno stile trapanese, che però non ha raggiunto la stessa diffusione del palermitano e del catanese.


    Le maestranze del carretto
    Sono ormai rari i maestri (mastri) che mantengono vivo il carretto siciliano. Alla sua realizzazione partecipano diversi artigiani, ciascuno col proprio mestiere. La prima fase è competenza del carradore, colui che costruisce il carretto e ne intaglia i fregi. Altro compito importante del carradore è la ferratura della ruota, pratica particolarmente pittoresca. In provincia di Catania, a Belpasso, lavora "l'ultimo carradore", il maestro Alfio Pulvirenti, che applica ancora l'arte del legno tramandata dai suoi avi maestri.
    La seconda fase è affidata al fabbro, che forgia le parti metalliche quali i centuni, le estremità delle aste e il pregiato arabesco della cascia di fusu.
    Quando la costruzione del carretto è ultimata il lavoro passa al pittore, che veste il carretto di colore e vivacità. Egli esegue inoltre i quadri rappresentanti le gesta cavalleresche, mitologiche, storiche o romanzesche che caratterizzano il carretto siciliano. Patria indiscussa del carretto siciliano è la cittadina di Aci Sant'Antonio (CT), che vanta il nome di pittori di carretti quali Domenico di Mauro e Nerina Chiarenza. Sempre in provincia di Catania, a Riposto, opera un giovane mastro pittore, Damiano Rotella, che custodisce la pittura catanese. A Ragusa lavora il maestro Biagio Castilletti, che fra l'altro applica un altro mestiere relativo al carretto in via di estinzione: il bardatore, colui che produce le bardature dei cavalli.


    Il carretto siciliano, sebbene in via di estinzione, esiste ancora. A Canicattì in occasione della festa del Santissimo Crocifisso che si celebra il 3 maggio, si svolge una manifestazione: "La Rietina" dove sfilano per la città decine di carretti siciliani tradizionali. A Terrasini, in Provincia di Palermo, esiste un "Museo del Carretto Siciliano". A Vizzini e a Trecastagni annualmente si organizzano sfilate dedicate al carretto siciliano.
    Lo si può trovare ancora nei centri storici della Sicilia come attrattiva per turisti, durante eventi popolari quali sfilate, esposizioni e feste pubbliche, nelle cerimonie folcloristiche e, soprattutto, nelle botteghe degli ultimi artigiani del carretto.




    Sponda alla catanese



    Sponda alla Ragusana



    Sponda alla Palermitana



    Siracusa
    Orecchio di Dionisio e Grotta dei Cordari

    L'Orecchio di Dionigi è una grotta artificiale, imbutiforme, scavata nel calcare, alta circa 23 m. e larga dai 5 agli 11 m., con una singolare forma, vagamente simile ad un padiglione auricolare, che si sviluppa in profondità per 65 m., con un insolito andamento ad S e con sinuose pareti che convergono in alto, in un singolare sesto acuto. La grotta è, inoltre, dotata di eccezionali proprietà acustiche (i suoni vengono amplificati fino a 16 volte).



    Queste caratteristiche acustiche e la forma indussero Michelangelo di Caravaggio, che visitò Siracusa nel 1608 in compagnia dello storico siracusano Vincenzo Mirabella, a denominarla Orecchio di Dionigi, dando così forza alla leggenda cinquecentesca secondo la quale il famoso tiranno Dionisio avesse fatto costruire questa grotta come prigione e vi rinchiudesse i suoi prigionieri per ascoltere, da un'apertura dall'alto, le parole ingigantite dall'eco.



    In effetti, anche se a danno delle suggestioni e della leggenda, è opportuno sapere che la forma della grotta è semplicemente dovuta al fatto che lo scavo iniziò dall'alto, seguendo il piano di fondo di un acquedotto serpeggiante, e andò sempre più allargandosi in profondità, essendosi rinvenuta un'ottima qualità di roccia. A prova di ciò sulle pareti sono chiaramente osservabili le tracce degli strumenti di lavoro dei cavatori di pietra e, in senso orizontale, i piani di stacco dei blocchi estratti.



    Verso est, contigua all'Orecchio di Dionigi, troviamo la Grotta dei Cordari, così detta perchè qui, a partire dal XVII° secolo, alcuni artigiani lavoravano la canapa e producevano corde di ogni tipo, favoriti dalla naturale umidità (la tradizione si è estinta solo pochi decenni fa).



    Di amplissime proporzioni, con una successione di pareti e di spazi, dalla volta sorretta da alti pilastri rocciosi, questa grotta è sicuramente la più suggestiva della latomia del Paradiso. Questi effetti vengono maggiormente esaltati quando il fondo è coperto di acque meteoriche o di falda che provengono da infiltrazioni della volta. Notevoli e distintissimi sono i segni dell'estrazione della pietra, sulle pareti e sui soffitti si osserva la successione dei piani di stacco dei blocchi asportati dal banco roccioso.



    Segue verso est la grotta del Salnitro la cui imboccatura è in parte coperta da un gigantesco masso crollato dalla volta, sul quale sono visibili, in forma quasi di gradinate, i piani di stacco dei blochi calcarei.



    NOTO





    A meno di 9 Km da Avola, è una splendida città che si estende sul fianco di una collina dei Monti Iblei. Un tempo capitale di un vasto territorio detto Val di Noto, e dal 1837 al 1865 capoluogo di provincia al posto di Siracusa, è oggi la incontrastata regina del barocco siciliano.



    Completamente distrutta la Noto antica del terremoto del 1693, che rase al suolo gran parte della Sicilia orientale, la città risorse nel ‘700 in zona vicina, ed oggi appare come allora in tutta la sua scenografica architettura con monumenti, chiese, conventi, palazzi signorili, scalinate, balconi e balaustre in ferro battuto, finestre ornate, logge, terrazzi, e strade ancora in acciottolato.



    Si accede alla città dalla fastosa Porta Nazionale, già Ferninandea, ottocentesca e neoclassica. Il Duomo, il più spettacolare monumento cittadino, domina l’abitato dall’alto di una scalinata di tre piani, con la ricca facciata fiancheggiata da due piazzette alberate che ne accentuano l’aspetto scenografico dato dai due ordini di colonne corinzie, dalle statue che la ornano e dai due campanili gemelli; l’interno, insieme a numerose opere d’arte, custodisce la preziosa urna d’argento con le reliquie di S. Corrado che due volte l’anno viene portata in processione con rito solenne.



    Palazzo Ducenzio o Palazzo del Municipio, eretto su progetto di Vincenzo Sinatra nella prima metà del ‘700, è circondato da un porticato ed ha una bella balconata al primo piano; all’interno il salone di rappresentanza, adorno di ori e stucchi, ha un magnifico affresco di Antonino Mazza.



    Il Monastero del SS. Salvatore, fiancheggiato da una torre monumentale, ospita il Museo Civico dove, nelle tre sezioni archeologica, medioevale e moderna, sono esposti un interessantissimo materiale preistorico e greco, quest’ultimo per gran parte proveniente dalla città di Eloro, cimeli storici di Noto Antica e numerose testimonianze d’arte degli ultimi secoli.



    La Chiesa del SS. Crocifisso, eretta tra il XVII ed il XVIII secolo, mostra la facciata incompiuta sulla quale fanno spicco due leoni stilofori, ai lati del portale , provenienti dalla chiesa di Santa Maria del Castello di Noto Antica; nell’interno, a tre navate, è una delle opere pittoriche più belle di Francesco Laurana, la “Madonna col Bambino” o “Madonna della Neve”.



    La Chiesa di Santa Maria del Gesù, che è preceduta ad un ampia scalea, custodisce una Madonna del Gagini e la Chiesa dell’ex Monastero delle Benedettine, ricchi altari in marmo policromo.



    La visita di Noto sarà più completa se, passando per il frequentato centro di villeggiatura di S. Corrado di Fuori, vicino al quale è l’Eremo di S. Corrado che tra l’altro conserva le impronte delle ginocchia del Santo, si raggiungeranno a 16 Km, i resti di Noto Antica.





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    La tonnara di capo passero





    Di proprietà del Cavaliere Pietro Bruno di Belmonte, la Tonnara di Capo Passero è uno splendido monumento di archeologia industriale. La loggia e lo stabilimento per la lavorazione del tonno, la grande fornace, i magazzini delle botti (o del sale), la chiesa del XVII secolo: qui giungevano i tonni che, macellati e lavorati, hanno costituito nel corso dei secoli una fondamentale risorsa economica per tutta la popolazione del luogo. Quando la tonnara era ancora in attività, già ai primi di marzo iniziavano i lavori di manutenzione delle grandi imbarcazioni di quercia, di quasi venti metri, che, custodite in grandi magazzini durante il periodo invernale, venivano ora tirate fuori per "l'impeciatura" delle chiglie. Venivano inoltre controllate e, nel caso, riparate le pesanti reti. Le grandi ancore, piazzate opportunamente sul fondo, formavano una sorta di passaggio obbligatorio per condurre i tonni nella "camera della morte". Alla fine della mattanza si tornava a riva per scaricare il pescato: i tonni, trasportati con dei carrelli, venivano condotti in una grande sala per essere sventrati e puliti. Poi si passava alla bollitura, in forni adatti, e, infine, alla conservazione con olio d'oliva.



    PORTOPALO



    Portopalo di Capo Passero, in provincia di Siracusa, è il paese più a Sud della Sicilia (al di sotto del parallelo di Tunisi). La fascia costiera alterna lunghe spiagge, caratterizzate da dune sabbiose, ad alte scogliere a picco sul mare. Il centro abitato ha un'altitudine di 20 metri s.l.m. ed è tagliato in due dalla Via Vittorio Emanuele che tocca ad Est il mar Jonio e ad ovest il Mediterraneo. Portopalo di Capo Passero basa la sua economia soprattutto sulla pesca e sull'agicoltura. La flotta peschereccia del paese è una delle più importanti della Sicilia e i prodotti agricoli vengono esportati in tutta Italia.





    L' ISOLA di CAPO PASSERO



    L'Isola di Capo Passero è una tappa obbligatoria per chi ama il mare e le immersioni subacquee. Si tratta di una conformazione rocciosa di origine vulcanica che una volta era unita alla terraferma ma dalla quale in seguito si separò a causa di eventi sismici.



    Di fronte al paese l'Isola di Capo Passero mostra la sua stupenda spiaggia e gli antichi magazzini dei tonnaroti, pescatori che anticamente erano dediti alla cattura dei tonni che passavano da questo tratto di mare. Andando verso l'interno, sulla parte più alta dell'Isola si erge, maestoso ma ormai in decadenza, il castello fortezza di Carlo V, sul quale ultimamente si cerca di realizzare il progetto di un museo del mare.



    Il castello venne conquistato e distrutto dal pirata turco Dragutt, per poi essere riedificato. Davanti al castello sorge la statua della Madonna Guardiana. Dall'altra parte dell'Isola non ci sono spiagge, ma scogliere, alcune a picco sul mare, altre che degradano dolcemente verso l'acqua attraverso una sorta di scalini rocciosi naturali. Sia dalla parte delle spiagge che dalla parte della scogliera il mare è sempre limpido e pulito a causa del gioco delle correnti.



    Circumnavigando l'Isola si assiste ad un vero e proprio spettacolo naturale di variegazione morfologica: l'erosione del mare e degli agenti naturali, unita alle antiche attività sismiche, hanno infatti scavato e modellato, dalla parte della scogliera, grotte stupende ed anfratti suggestivi, dove il gioco delle luci riflesse sulle pareti dall'acqua del mare è uno degli spettacoli più belli che la natura possa offrire...


     
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