-
gheagabry.
User deleted
LUC BESSON
Luc Besson è uno dei più popolari cineasti d’oltralpe, sicuramente il più internazionale, artista a tutto tondo, in quanto scrittore, sceneggiatore e regista. Amato e odiato a fasi alterne dalla critica di settore, ha quasi sempre conquistato il pubblico, anche quando festival o critica hanno snobbato una sua opera, tanto da determinare analisi sociologiche sul perché di tanto affetto da parte degli spettatori, soprattutto quelli più giovani.
Besson nasce a Parigi il 18 marzo del 1959, ma lascia continuamente la città natale per seguire i genitori che si spostano spesso per lavoro, essendo entrambi istruttori subacquei. Luc s’innamora del mondo acquatico e studia per diventare biologo marino, specializzato nella vita dei delfini, ma a diciassette anni un incidente gli toglie per sempre la possibilità di fare immersioni, per cui, con profonda amarezza, è costretto a guardarsi attorno per trovare nuovi interessi. Inizia presto ad occuparsi di cinema e si reca ad Hollywood per studiare.
Torna ventenne a Parigi e, dopo aver lavorato come aiuto regista, debutta nel 1982 con “Le dernier combat”, pellicola fantascientifica particolarmente originale, finanziata dagli amici, soprattutto da uno che aveva appena ereditato una somma di denaro dalla nonna. Ambientata in una Parigi post nucleare, con una quasi assenza di dialoghi ed un girato incupito da tante immagini in bianco e nero, il film convince e viene premiato al Festival del Cinema di Avoriaz. Segue nel 1985 “Subway” con Christopher Lambert e Isabelle Adjani, storia di sentimenti e speranze ambientata nei sotterranei della metropolitana, che il regista riesce a svincolare dal reale contesto facendoli apparire quasi ambienti propri diuna pellicola di fantascienza. Nel 1988 realizza “Le grand bleu” dove mostra il suo grande amore per il mare. Il film ottiene un grande successo nonostante le critiche negative ricevute a Cannes. In Italia viene distribuito solo dopo quattordici anni, perché la causa intentata da Enzo Maiorca, che riteneva l’opera lesiva della sua persona rappresentata negativamente, ne blocca l’uscita nelle sale.
La creatività del Besson regista raggiunge il suo apice negli anni Novanta, quando realizza “Nikita” (1990), “Leon” (1994) e “Il quinto elemento” (1997), ottenendo il perfetto connubio tra le tecniche imparate in America, che gli permettono di realizzare scene d’azione sorprendenti ed entusiasmanti, ed una visione intima dei personaggi e delle loro vicende, più vicina ai canoni narrativi del migliore cinema europeo. In “Nikita” (pellicola tanto apprezzata da avere una versione statunitense e dare lo spunto per un serial di grande successo) l’allora moglie Anne Parillaud interpreta una giovane ergastolana che, per evitare il carcere, accetta di essere addestrata come sicario per iservizi segreti. L’eterna lotta tra bene e male, la fusione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, la difficoltà a trovare la pace emotiva, vengono rappresentati dal regista con un tocco veramente delicato dal punto di vista sentimentale ed umano, che riesce ad amalgamarsi completamente con la durezza delle vicende trattate e l’efferatezza dei delitti. Con “Leon” tutto ciò viene sublimato da una regia se è possibile ancora più puntuale ed uno straordinario Jean Reno (presente anche in “Nikita”) calato in un mondo privo di morale, dove solo la sua determinazione e il suo sacrificio salvanola piccola protagonista, una giovanissima Natalie Portman. Da non dimenticare l’eccellente prova di Gary Oldman, amico di Besson, e presente anche nel cast de “Il quinto elemento”, accanto a Bruce Willis e Milla Jovovich, che sposerà dopo il divorzio dalla Parillaud. Questa pellicola di fantascienza, molto intelligente e mai banale, che stimola lo spettatore ad andare oltre l’intreccio narrativo per indagare le debolezze umane, ha regalato a Besson un César per la regia, e risulta essere tuttora uno dei film più costosi del cinema francese, e anche uno dei maggiori incassi di tutti i tempi di un prodotto francese negli Stati Uniti.
Successivamente Besson, bramoso di nuove esperienze, lascia la macchina da presa per dedicarsi alla scrittura: ricordiamo la sceneggiatura dei tre episodi di “Taxxi” (1998 – 2000 – 2003), non amati dalla critica, ma campioni al botteghino. Contemporaneamente Besson si dedica alla narrativa per bambini, creando ilpersonaggio di Arthur, che porta anche sul grande schermo con enorme successo nel 2006 con “Arthur e il popolo dei Minimei” e nel 2009 con “Arthur e la vendetta di Maltazard”. Nel 2010 esce nelle sale il nuovo episodio "Arthur 3 - La guerra dei due Mondi"; dello stesso anno sono anche "Adèle e l'enigma del faraone" e "From Paris with Love". I film d’animazione risultano molto riusciti, non solo per il grande sforzo produttivo per quanto concerne gli effetti speciali, ma per un evolversi delle vicende sempre interessante, con dei protagonisti che superano i propri limiti per il prossimo. Sul fronte sentimentale Besson, dopo aver divorziato dalla Jovovich, si sposa nel 2004 con la produttrice Virginie Silla, dalla quale ha due bambini che si aggiungono alla figlia avuta con la prima moglie.
(Maria Grazia Bosu)
Filmografia
Regista
L'avant dernier (1981) - cortometraggio
Le dernier combat (1983)
Subway (1985)
Le Grand Bleu (1988)
Nikita (1990)
Atlantis (1991)
Léon (1994)
Il quinto elemento (Le cinquième élément) (1997)
Giovanna d'Arco (The Messenger: The Story of Joan of Arc) (1999)
Angel-A (2005)
Arthur e il popolo dei Minimei (Arthur et les Minimoys) (2006)
Arthur e la vendetta di Maltazard (Arthur et la vengeance de Maltazard) (2009)
Adèle e l'enigma del faraone (Les aventures extraordinaires d'Adèle Blanc-Sec) (2010)
Arthur 3 - La Guerra dei due mondi (2010)
Sceneggiatore
Le dernier combat (1983)
Subway (1985)
Kamikaze (1986)
Le Grand Bleu (1988)
Nikita (1990)
Atlantis (1991)
Léon (1994)
Il quinto elemento (Le cinquième élément) (1997)
Taxxi (Taxi) (1998)
Giovanna d'Arco (The Messenger: The Story of Joan of Arc) (1999)
Taxxi 2 (Taxi 2) (2000)
The Dancer (2000)
Yamakasi - I nuovi samurai (Yamakasi - Les samouraïs des temps modernes) (2001)
Kiss of the Dragon (2001)
Wasabi (2001)
The Transporter (2002)
Taxxi 3 (Taxi 3) (2003)
Il tulipano d'oro (Fanfan la Tulipe) (2003)
Adrenalina blu - La leggenda di Michel Vaillant (Michel Vaillant) (2003)
I fiumi di porpora 2 - Gli angeli dell'Apocalisse (Les Rivières pourpres II: Les anges de l'apocalypse) (2004)
Banlieue 13 (2004)
Danny the Dog (2005)
Transporter: Extreme (Transporter 2) (2005)
Revolver (2005)
Angel-A (2005)
Arthur e il popolo dei Minimei (Arthur et les Minimoys) (2006)
Bandidas (2006)
Taxxi 4 (Taxi 4) (2007)
Io vi troverò (Taken) (2008)
Transporter 3 (2008)
Arthur e la vendetta di Maltazard (Arthur et la vengeance de Maltazard) (2009)
From Paris with Love (2010)
Adèle e l'enigma del faraone (Les aventures extraordinaires d'Adèle Blanc-Sec) (2010)
Arthur 3 La Guerre des Deux Mondes (2010)
Produttore
Kamikaze (1986)
Lune froide (1991)
Les Mamies (1992)
L'Enfant lion (1993)
Chasse gardée (1993)
Les Truffes (1995)
Niente per bocca (Nil by Mouth) (1997)
Taxxi (Taxi) (1998)
Taxxi 2 (Taxi 2) (2000)
The Dancer (2000)
Exit (2000)
Yamakasi - I nuovi samurai (Yamakasi - Les samouraïs des temps modernes) (2001)
15 août (2001)
Kiss of the Dragon (Le Baiser mortel du dragon) (2001)
Wasabi (2001)
Blanche (2002)
Peau d'ange (2002)
The Transporter (2002)
La Turbulence des fluides (2002)
Rire et châtiment (2003)
Taxxi 3 (Taxi 3) (2003)
Moi César, 10 ans ½, 1m39 (2003)
Bon voyage (2003)
Tristan (2003)
Il tulipano d'oro (Fanfan la Tulipe) (2003)
Les Côtelettes (2003)
Alta tensione (Haute tension) (2003)
La Felicita, le bonheur ne coûte rien (La Felicità non costa niente) (2003)
Adrenalina blu - La leggenda di Michel Vaillant (Michel Vaillant) (2003)
I fiumi di porpora 2 - Gli angeli dell'Apocalisse (Les Rivières pourpres II: Les anges de l'apocalypse) (2004)
À ton image (2004)
Mensonges et trahisons et plus si affinités (2004)
New York Taxi (2004)
Banlieue 13 (2004)
Danny the Dog (2005)
Ze film (2005)
Le Souffleur (2005)
Les Yeux clairs (2005)
Imposture (2005)
Au suivant ! (2005)
Transporter: Extreme (Transporter 2 ) (2005)
Revolver (2005)
La Boîte noire (2005)
Le tre sepolture (The Three Burials of Melquiades Estrada) (2005)
Arthur e il popolo dei Minimei (Arthur et les Minimoys) (2006)
Bandidas (2006)
Appelez-moi Kubrick (Colour me Kubrick) (2006)
Quand j'étais chanteur (2006)
Les Filles du botaniste chinois (2006)
The Secret (2006)
Michou d'Auber (2006)
Dikkenek (2006)
Ne le dis à personne (2006)
Love and other disasters (2006)
Cheeky (2006)
Federal (2007)
Nam prix (2007)
Io vi troverò (Taken) (2008)
Transporter 3 (2008)
Arthur e la vendetta di Maltazard (Arthur et la vengeance de Maltazard) (2009)
Il missionario (2009)
From Paris with Love (2010)
Adèle e l'enigma del faraone (Les aventures extraordinaires d'Adèle Blanc-Sec) (2010)
Arthur 3 La Guerre des Deux Mondes (2010)
L'immortale (2010)
Videoclip
Isabelle Adjani - Pull Marine (1984)
Richard Berry - Visiteur (1984)
Serge Gainsbourg - Mon légionnaire (1988)
Mylène Farmer - Que mon cœur lâche (1993)
Madonna - Love Profusion (2003)
Spot pubblicitari
Dim Underwear (con Anne Parillaud) (1984)
L'Oréal Red Pulp (con Milla Jovovich) (1997)
Chanel N°5 Le Loup (con Estella Warren) (1999)
Club Internet Cops (2000)
Club Internet Girl (2000)
Clairefontaine Cendrillon (2002)
Estée Lauder Beyond Paradise (2003)
Orange Roméo & Juliette (2004)
Romanzi
Arthur e il popolo dei Minimei (2004)
Arthur e la città proibita (2005)
Arthur e la vendetta di Maltazard (2006)
Arthur e la guerra dei due mondi (2007)
Edited by gheagabry - 6/8/2011, 13:37. -
gheagabry.
User deleted
Acqua, terra, fuoco, vento... e il quinto?
Il QUINTO ELEMENTO
Titolo originale - Le cinquième élément
Paese - Francia
Anno - 1997
Durata - 126 min
Genere - fantascienza
Regia - Luc Besson
Soggetto - Luc Besson
Sceneggiatura - Luc Besson, Robert Mark Kamen
Fotografia - Thierry Arbogast
Montaggio - Sylvie Landra
Effetti speciali - Mark Stetson
Musiche - Eric Serra
Scenografia - Dan Weil
Costumi - Jean Paul Gaultier
Interpreti e personaggi
Bruce Willis: Korben Dallas
Gary Oldman: Jean-Baptiste Emanuel Zorg
Tricky: Right Arm
Ian Holm: Padre Vito Cornelius
Milla Jovovich: Leeloo
Chris Tucker: Ruby Rhod
Lee Evans: Fog
Luke Perry: Billy
Brion James: Generale Munro
Mathieu Kassovitz: Mugger
Tom Lister Jr.: Presidente Lindberg
John Neville: Generale Staedert
Maïwenn Le Besco: Lady Plavalaguna
Sibyl Buck: la segretaria di Zorg
Premi
BAFTA: migliori effetti speciali (1998)
Festival di Cannes 1997: Grand Prix tecnico
Bogey Award in Silver
3 Premi César 1998 (su 8 nomination): miglior regista, migliore fotografia e migliore scenografia
Premi Lumière 1998: miglior regista
Golden Screen (1998)TRAMA
1914: alla vigilia della prima guerra mondiale un archeologo e il suo assistente scoprono in uno scavo in Egitto testimonianza della visita di extraterrestri nel lontano passato della Terra. Mentre stanno decifrando i geroglifici che parlando di un "Grande Male" destinato a risvegliarsi ogni 5000 anni e di un "Essere Perfetto" designato a contrastarlo con il potere dei quattro elementi gli extraterrestri "Mondoshawan" ritornano sulla Terra per prelevare le quattro pietre che controllano gli elementi della profezia. Prima di ripartire essi assicurano al capo dell'ordine monastico che ha protetto fin dal remoto passato il loro segreto che gli artefatti verranno riportati sulla Terra in tempo per affrontare il Male, fra trecento anni.
Per secoli i sacerdoti egizi istruiti dagli alieni Mondoshawan hanno custodito il segreto dell'unica arma chiamata "il quinto elemento" in grado di opporsi alle minacce di distruzione del pianeta. Ora, nel 2259, il Male Supremo, sotto forma di un misterioso e oscuro pianeta magmatico, è diretto verso la Terra e ripropone il pericolo di annientamento. Il quinto elemento ritorna sulla Terra, incarnandosi in una ragazza di nome Leeloo ricreata dagli scienziati in laboratorio. Impaurita e disorientata, Leeloo fugge e precipita nell' aereo-taxi di Korben Dallas, ex membro delle forze speciali. A Korben i capi affidano il compito di recuperare le pietre sacre dei quattro elementi primari (terra, aria, fuoco, acqua) indispensabili a Leeloo per vincere la battaglia contro il Male. Durante la missione, funestata da imprevisti e pericoli, avviene la resa dei conti con il perfido Zorg e i facinorosi Mangalore. Tornato sulla Terra con le pietre, Korben si ritrova accanto ad una esausta Leeloo. Allora capisce di doverle dichiarare il suo amore sperando che proprio questa sia la chiave per sconfiggere ancora una volta il Male.........recensioni........
Una favola che potrebbe anche essere definita “ecologista”, in qualche modo, perché Il quinto elemento ha una morale ben precisa che tocca l’apice nel delizioso siparietto tra il cattivo Zorg e il prete Cornelius: è utile riempire il mondo di macchine che ci semplificano la vita.. ma se nel fare ciò ci dimenticassimo cosa sia veramente la vita, quella che conta? Besson ci mostra un mondo dove il progresso è palesemente un cane che si morde la coda, dove tutto viene creato per essere al servizio dell’uomo e nello stesso tempo lo aliena, inquina l’aria, lo indebolisce, e lo costringe a creare altre macchine per proteggere il corpo e svagare la mente. Una società ormai malata, allo sfascio, priva di valori, e la domanda che si pone Leeloo verso la fine del film, giustamente, è: ma perché devo salvare questo mondo? Cosa c’è di bello, ancora degno di essere preservato? La risposta è scontata, disneyana se vogliamo, ma in qualche modo sempre vera. L’amore...
Passando agli aspetti più tecnici, la pellicola è un trionfo per gli occhi e le orecchie. Nonostante dopo più di dieci anni la realizzazione degli alieni risulti forse un po’ bruttina, soprattutto quando parliamo dei Mondoshawan all’inizio del film, questo piccolo difetto si annulla davanti all’inventiva del regista e al bestiario che ci viene proposto, sicuramente non ai livelli del mondo di Guerre Stellari, ma comunque coloratissimo e incredibile. E le bestie più “assurde” sono sicuramente gli esseri umani.....I dialoghi sono molto ironici e assai vivaci, la bella colonna sonora tocca il suo apice con il concerto della Diva Plavalaguna, che mescola canto lirico a ritmi decisamente più ritmati e ci regala un personaggio di rara eleganza e particolarità, nonostante l’aspetto goffo. Gli attori, nonostante il film sia “leggero”, sono comunque in stato di grazia; oltre ai già citati Bruce Willis e Milla Jovovich, praticamente perfetti nei due ruoli cuciti apposta su di loro (l’attrice ha persino imparato a parlare il linguaggio alieno inventato dal regista ed allora marito Luc Besson), c’è un Gary Oldman che si mangia letteralmente gli altri interpreti con la sua interpretazione molto sopra le righe e divertentissima: se ci si pensa bene, alla fine Zorg è uno dei villain più inutili e sfigati della storia del cinema, eppure Oldman riesce a renderlo semplicemente geniale.
(Babol81, bollalmanacco.splinder.com)
A che scopo preservare la vita, visto l'uso che ne fate?
È questa la frase più carismatica del film, pronunciata nell’atto finale dalla meravigliosa Jovovich, una frase che esprime l’unico vero senso nascosto del film.
È la classica favola ambientata in un futuro immaginario ma non troppo distante da una verità probabile, dove abbiamo la perfetta contrapposizione tra il gruppo del male ed il gruppo del bene che lotta per salvare la Terra, il tutto condito da una serie di effetti psichedelici che ricordano molto i concerti dei Pink Floyd.
Il classico ruolo da macho interpretato da Bruce Willis è diretto in modo ironico e magistrale dal regista che non si prende mai sul serio, per nostra grande fortuna, permettendo così la riuscita di un film ben fatto dove Jean-Paul Gaultier, vestendo l’intero cast, rende ancora più eccentrico il mondo futuristico di Besson.
Non capita spesso di vedere un film divertente, mai noioso e sempre in movimento, certo non è un film da oscar, ma cos'è un film se non intrattenimento? E questo di certo intrattiene. La storia d'amore è ben raccontata e le scene romantiche accompagnate da una bella musica carica di passione la rendono ancora più intensa; la trama non è molto lavorata ma Besson, come nella maggior parte dei suoi film, tiene molto all'immagine della donna intesa come salvezza del genere umano e come unico strumento per evadere dal male.
(dal web)
.. -
gheagabry.
User deleted
SUBWAY
Titolo originale Subway
Paese Francia
Anno 1985
Durata 104 min
Genere Poliziesco
Regia Luc Besson
Sceneggiatura Luc Besson
Marc Perrier
Produttore François Ruggieri
Produttore esecutivo Louis Duchesne
Fotografia Carlo Varini
Montaggio Sophie Schmit
Musiche Éric Serra
Scenografia Alexandre Trauner
Costumi Martine Rapin
Trucco Suzanne Pisteur
Interpreti e personaggi
Christopher Lambert - Fred
Isabelle Adjani - Héléna
Richard Bohringer - Il fioraio
Michel Galabru - Commissario Gesbert
Jean-Hugues Anglade - Il pattinatore
Jean Bouise - Il capostazione
Jean-Pierre Bacri - Ispettore Batman
Jean-Claude Lecas - Robin
Pierre-Ange Le Pogam - Jean
Jean Reno - Il batterista
Éric Serra - Enrico il bassista
Premi
3 Premi César 1986 (su 13 nomination):
miglior attore (Christopher Lambert),
miglior scenografia,
miglior sonoro
TRAMA
Nei mille cunicoli della metropolitana parigina vive una frenetica moltitudine di personaggi curiosi e un po' folli. È qui che si rifugia un biondo e riccioluto Lambert, inseguito dagli sbirri della donna alla quale ha sottratto documenti compromettenti. Stravagante caccia all'uomo, storia d'amore e d'emarginazione, bellissime musiche. Besson graffia, commuove, diverte e impacchetta un prodotto di sicura classe.
Ladro di documenti compromettenti, cercato dalla polizia e braccato dai sicari di chi potrebbe esserne compromesso, innamorato di Helena (I. Adjani), bella e sposata, Fred (C. Lambert) si rinchiude nella metropolitana (subway) di Parigi, e le fa scoprire la pittoresca fauna che vi abita.Secondo lungometraggio del giovane regista Luc Besson, che oltre ad averlo diretto l’ha anche prodotto ed ha firmato con Marc Perrier la sceneggiatura, “Subway” è uno dei più fortunati titoli appartenenti a quel movimento cinematografico francese denominato Cinema du look, del quale Besson si sarebbe rivelato uno dei principali esponenti. Interpretato dalla diva Isabelle Adjani e dal semi-esordiente Christopher Lambert, “Subway” ha ottenuto un vasto successo di pubblico, con tre milioni di spettatori solo in Francia, e si è aggiudicato tre premi César (fra cui il trofeo come miglior attore per Lambert, che l’anno seguente sarebbe diventato una star internazionale grazie ad “Highlander”).
Ambientato quasi interamente nei sotterranei della metropolitana di Parigi, con l’ausilio delle scenografie di Alexandre Trauner, il film di Besson è basato su uno spunto narrativo non particolarmente originale: Fred (Lambert), un simpatico ladruncolo, si ritrova in possesso di preziosi documenti, deve sfuggire alla polizia e ai sicari inviati per ucciderlo, e nel frattempo si innamora di Héléna (Adjani), la bella moglie di un gangster. Quel che conta, però, non è tanto l’intreccio, abbastanza schematico e non privo di inverosimiglianze, quanto piuttosto il modo in cui Besson mescola i vari elementi della trama, amalgamando insieme thriller e commedia, poliziesco e storia d’amore.
Il risultato è un film deliziosamente postmoderno, ricco di vitalità e di energia, che procede a ritmo spedito accumulando citazioni e riferimenti alla cultura contemporanea (cinematografica e non solo). Christopher Lambert, con un’improbabile capigliatura bionda, e Isabelle Adjani, affascinante femme fatale, sono due efficaci protagonisti, ben spalleggiati da un’ottima squadra di comprimari che comprende Richard Bohringer, Michel Galabru, Jean-Hugues Anglade, Jean-Pierre Bacri e Jean Reno. Le musiche originali sono composte da Eric Serra, che interpreta il bassista del complesso rock messo in piedi da Fred.
(Stefano Lo Verme)
.. -
gheagabry.
User deleted
« Istruttore: Avevi già sparato?
Nikita: Mai ad un pezzo di cartone. »NIKITA
Titolo originale Nikita
Paese Francia, Italia
Anno 1990
Durata 115 min
Genere thriller, azione
Regia Luc Besson
Soggetto Luc Besson
Sceneggiatura Luc Besson
Fotografia Thierry Arbogast
Montaggio Olivier Mauffroy
Effetti speciali Jacques Martin
Musiche Éric Serra
Scenografia Dan Weil
Interpreti e personaggi
Anne Parillaud: Nikita
Tchéky Karyo: Bob
Marc Duret: Rico
Patrick Fontana: Coyote
Rolande Blanche: Agente di polizia
Alain Lathière: Zap
Jeanne Moreau: Amande
Philippe Leroy: Grossman
Jean-Hugues Anglade: Marco
Jean Reno: Victor l'eliminatore
Premi
Premi César 1991: miglior attrice (Anne Parillaud)
David di Donatello 1991: migliore attrice straniera (Anne Parillaud)TRAMA
Nikita, una giovane punk e drogata, per aver ucciso freddamente un poliziotto durante una rapina compiuta da alcuni suoi amici delinquenti, è condannata all'ergastolo. La donna viene però prelevata dai servizi segreti, che, dandola ufficialmente per morta, la costringono invece a diventare un killer spietato per missioni particolarmente difficili, durante le quali occorre un agente che sappia uccidere qualunque vittima, abilmente e a sangue freddo. Dopo un apprendistato durissimo durato tre anni, sotto la direzione di Bob, un intransigente maestro, Nikita, ormai ventitreenne, viene messa alla prova in una situazione difficilissima, nella quale si dimostra molto efficiente, uccidendo alcune persone in un ristorante, e riuscendo poi a fuggire e a salvarsi. Bob, che le dimostra un certo affetto, le dà un nuovo nome, dei documenti, delle pistole e la copertura di un falso posto di infermiera in un ospedale. Nikita continua così le sue missioni di morte, finchè incontra il cassiere di un supermercato, Marco, e i due, teneramente innamorati, vanno a vivere insieme in casa di lei, senza che lui sospetti qual è la vera attività della donna. Bob, conosciuto il giovane, approva la relazione di Nikita e, fingendosi zio della ragazza, offre ai due un viaggio d'amore a Venezia. Nikita è felice e vorrebbe smettere il suo lavoro di assassina, ma non può, perchè sia Bob, che il suo misterioso capo, non glielo permettono. Incaricata di una missione particolarmente pericolosa, perchè deve raccogliere le prove del tradimento di un diplomatico, Nikita si salva miracolosamente, mentre muoiono colleghi e nemici che sono coinvolti nell'impresa. Tornata a casa, la ragazza ha finalmente una spiegazione con Marco, il quale le rivela di aver capito da qualche tempo l'effettivo "lavoro" da lei svolto. La fedeltà di Marco in lacrime (piange un po' anche lei) non risolve la situazione e all'alba la ragazza sparisce di casa. Restano l'uno di fronte all'altro Marco e Bob: costui, recuperando i documenti prelevati da Nikita e consegnatigli da Marco; questi dichiarando che della vita e delle imprese della compagna sapeva tutto da tempo e che solo per il proprio amore l'ha protetta tacendo. Nikita ha duramente pagato e forse, fuggendo, troverà un po' di pace.
...recensione...
Coinvolta insieme a un gruppo di tossicodipendenti in una rapina a una farmacia finita in strage, Nikita, tossica in crisi d'astinenza e in apparente stato confusionale, ammazza a sangue freddo un poliziotto prima di essere arrestata. Di lei si sa solo questo: Nikita è una ragazza selvaggia, dagli improvvisi scatti brutali e animaleschi incontrollabili che la destano da stati quasi catatonici, senza un passato chiaramente identificabile che non sia quello della giungla urbana malavitosa in cui vive e nella quale l'unico segno di riconoscimento possibile è il nomignolo "Nikita" con cui la donna si autoidentifica.
Nikita è, insieme, un nome in codice, di battaglia, tanto semplice quanto simbolico ed efficace, un nome evocativamente fumettistico, quasi fosse, la ragazza, la personificazione di un anime, di un manga; è, ancora, una sorta di nickname da videogioco che sintetizza la virtualità individuale nella cultura informatica che va prendendo sempre più piede nella seconda metà degli anni '80, periodo nel quale si sviluppa la trama del film. È proprio il concetto d'identità uno dei principali fondamenti del film: Besson è abile nel non svelarla mai, pur lasciando intendere che Nikita abbia un passato anagrafico certo e certificato: prima di iniziare il programma di "recupero", Nikita, immobilizzata come una matta su una sedia nel bel mezzo di un grande camerone spoglio del carcere, prefigurando la propria fine, in un momento di straziante disperazione, invoca la madre, simbolo universalmente garante d'identità. E ancora, appena dopo il risveglio dalla "morte", l'agente dei servizi segreti, che diventerà di lì in seguito il suo ambiguo precettore, le mostrerà le foto del suo funerale, foto nelle quali Nikita riconosce una persona a cui è fortemente legata da tempo: esiste, cioè, una vita esterna della ragazza riconoscibile attraverso queste tracce e c'è, soprattutto, lo Stato che conosce la sua vera identità. Essa gli permette di processare e condannare la donna e, infine, di disporre della stessa identità a proprio piacimento tanto da privargliela, cancellandola e sostituendola con altre di proprio comodo e a proprio uso e consumo.
Besson situa queste tracce identitarie subito prima e subito dopo la cancellazione della Nikita ufficiale, di quella donna che aveva una riconoscibilità anagrafica documentata, anche se non rivelata. Sottolinea in tal modo la drammaticità di un momento di non ritorno e accentua i toni tragici di un passaggio esistenziale incontrovertibile nella vita della donna, conferendo alla sfera umana della protagonista un destino ineluttabile. Condotta in catene nell'aula del tribunale e scortata da un corposo cordone di sicurezza, Nikita diventa iconograficamente una novella Giovanna d'Arco, selvaggia e sanguinaria – la stessa che Besson racconterà di lì a un decennio –, al cui misticismo medievale si sovrappone un'animalità, tossica e sconvolta, devalorizzata, pre-urbana ma post-moderna e (cyber)punk(abbestia) di fine '900. In questa rappresentazione estetica il personaggio di Nikita ricorda per certi versi Pris e le replicanti di "Blade Runner". Lo Stato la condanna all'ergastolo e al carcere di massima sicurezza per trent'anni: Nikita è annientata, praticamente condannata a morte e sepolta. E la morte figurata diventa ufficiale ed esibita con la simulazione del suicidio in carcere della ragazza, messa in atto dallo Stato al fine di sottrarle l'identità e di inserirla in un piano di recupero che ne resetti radicalmente le attitudini criminali e la reimpieghi al proprio servizio, sporco e segreto.
Nikita negli interrogatori si definisce sempre con il suo nome "d'arte", che lascia intendere una volontà della ragazza di persistente clandestinità (militante), di non riconoscimento delle istituzioni statali – repressive –, e, idealmente, di estraneità al mondo urbano e borghese e alle sue regole codificate. Il nome Nikita è anche un anelito di libertà, tanto infantile quanto criminale, da ogni vincolo, anch'esso codificato e ufficialmente accettato nella comunità: quando l'agente segreto, nel suo primo interrogatorio nella cella del centro di rieducazione, le chiederà la provenienza di quel nome, Nikita risponderà solare e con sorriso fanciullesco: "Da una canzone" (di Elton John, nda), felice come una bambina che qualcuno finalmente le abbia posto la domanda giusta, quella che le permette di rivelare con gioia l'origine della cosa che le appartiene di più, il suo nome da lei personalmente scelto, che le si addice maggiormente e che, in uno slancio di estrema autodeterminazione libertaria, le modifica e le dona la propria identità preferita e definitiva.
Tutta la psicologia iniziale di Nikita è semplice, non strutturata: Nikita sembra conoscere solo le frivolezze infantili/adolescenziali delle canzoni urlate a squarciagola, magari inventate sul momento, delle patatine mangiate davanti alla tv, dei graffiti sui muri, delle gomme masticate all'infinito e riciclate, degli scherzi perversi. Nel centro di rieducazione, però, Nikita si rende conto ben presto che per lei non c'è più via di scampo e che se mai uscirà viva da quelle mura, non sarà più come "Nikita", o la Nikita di prima. Lo Stato si è impossessato di lei, della sua identità, del suo corpo e di tutta la sua vita, detiene indiscusso diritto e arbitrio sul suo destino e ne disporrà come e quando vorrà, senza scrupoli.
Nikita, quasi 20 anni, "ha un debito che non si estigue": le catene di ferro del tribunale che la legano allo Stato sono eternamente morali. La riprogrammazione statale coatta prevede l'educazione e la correzione della violenza, non per eliminarla definitivamente, ma per piegarla al proprio servizio. L'animalità anarcoide e individualista di Nikita viene rielaborata, smussata, ingentilita, civilizzata e femminilizzata in modo da essere governata e diretta. Se nella vita precedente Nikita, priva di qualsivoglia segno di femminilità (intesa in senso borghese), è l'unica donna in una banda di maschi, ma con la libertà di autodeterminarsi, ora, requisita e riprogrammata dallo Stato, continuerà a essere sola in un apparato esclusivamente maschile, rieducata e forgiata da uomini secondo i loro gusti e la loro idea del femminile.
Ad occuparsi della femminilizzazione coatta di Nikita è, non a caso, un'altra donna senza identità, interpretata da un'affascinante e intensa Jeanne Moreau, anch'ella privata della propria esistenza pignorata dallo Stato per un debito inestinguibile. È l'unica donna, oltre Nikita, in questo universo maschile e non può che riproporne le istanze ideali: il suo ruolo è quello di trasformare l'enfant sauvage Nikita, che reputa il fascino una "coglionata", nella femme (létale) Nikita, borghesemente civilizzata e addomesticata, farla diventare "l'essenziale dell'uomo: una donna". In questa definizione c'è la sintesi del pensiero maschile al quale la ex-killer ora truccatrice Jeanne Moreau, riprogrammata a sua volta tempo addietro, si è ormai del tutto piegata con rassegnazione.
La rieducazione di Nikita non decolla. Se essa prevede la decostruzione del personaggio originale e la riprogrammazione in una struttura psicologica, caratteriale, comportamentale e culturale più complessa e articolata, Nikita deve abbandonare definitivamente la propria identità/personalità ed essere altro da sé, conservando solo le caratteristiche fondamentali della violenza e della spietatezza. A guidare il processo di rieducazione vi è un agente segreto, chiamato in seguito Bob, interpretato da un glaciale e strepitoso Tcheky Karyo, che diventa il principale riferimento umano con il quale Nikita interagisce.nIl suo potere, la sua ambiguità destabilizzano Nikita, che all'uomo deve praticamente la vita: sta a lui decidere se continuare il programma di correzione o terminarlo, come vorrebbe il Capo (un impassibile Philippe Leroy), una sorta di rappresentazione sintetica ed efficace della burocrazia statale, fredda e cinica, che dietro una scrivania ingombra di timbri, in un banale e anonimo ufficio, dirige le operazioni di recupero, le missioni, la vita e la morte di altra gente. Un lavoro sporco senza sporcarsi le mani se non d'inchiostro. Nikita non ha scelta: se non si piega al volere statale, se continua a non rispondere alle sollecitazioni propostele, non avrà scampo. Non potrebbe più essere liberata, né reincarcerata, in quanto ufficialmente morta. In questa assenza di alternative si riverbera il senso tragico del destino di Nikita – rappresentata ora come fragile e al contempo brutale – che per il mondo esterno non esiste più e non potrà mai più esserci.
Con un salto temporale di tre anni si assiste alla metamorfosi più o meno compiuta di Nikita. Quella che si mostra inizialmente è proprio la metomorfosi estetica: Nikita è diventata una bellissima donna, che sa prendersi cura del proprio fascino e della propria femminilità. "Due cose non conoscono limiti: la femminilità e i modi di abusarne". I precetti della truccatrice-mentore si fanno linee guida affinché Nikita diventi una donna apparentemente normale, ma che alle armi da fuoco unisca sapientemente anche quelle della seduzione e del fascino in funzione della propria missione.
Il premio per l'impegno profuso, che l'agente vuole concedere a Nikita, è, in realtà, la prima prova necessaria a testare l'efficacia del lavoro di riprogrammazione. Invitata a cena dallo stesso agente in un lussuoso ristorante parigino per festeggiare il ventitreesimo compleanno della donna, Nikita appare per la prima volta in tutto il suo splendore, radiosa e sensuale come non è stata mai nel suo nero abitino elegante: esteticamente non c'è più nulla della rozza e selvaggia killer punkabbestia di tre anni prima. Anche la sua rabbia esistenziale sembra svanita nei ricordi e ora, al tavolo, per la prima volta con un uomo altrettanto distinto, si lascia sopraffare per un momento, seppur breve, dalla dolcezza e dalla spensierata felicità per un regalo in una serata apparentemente speciale, diversa, galante, borghese, come una qualsiasi fortunata donna della Parigi bene che lei non ha mai potuto (e mai immaginato di) essere.
Ma è gioia effimera, un'illusione di un momento, che fa i conti col destino segnato, quella gioia per un pacco regalo che si rivela essere l'arma per la prima missione-prova a cui Nikita è sottoposta.
Nikita compie la sua missione senza batter ciglio e, seguendo le istruzioni datele dall'agente, tenta la fuga attraverso le toilettes. Ma è una trappola. Costretta a un surplus di lavoro, Nikita si ritrova invischiata in un conflitto a fuoco nelle cucine del ristorante, conflitto tra i più significativi della storia del cinema: a fare da contrasto all'efferatezza della scena c'è tutta la bellezza e la femminilità di Nikita/Anne Parillaud che, a un passo dalla disperazione per il tradimento subito e per la consapevolezza dell'ineluttabilità della propria sorte, corre, spara, uccide e schiva colpi sensualmente avvolta in un tubino da sera, i collant e i tacchi a spillo. In questa immagine Nikita diventa una sorta di modello femminile ideale – almeno al cinema – dei decenni successivi; un'immagine che disegna una donna brutale e spietata assassina, al contempo fragile e delicata e sufficientemente dotata di quel bagaglio di sensualità e seduttività che la renda gradita all'universo maschile e in tal modo lo rassicuri sui ruoli e sulla perseveranza delle dinamiche ancestrali. Che la bellezza e la fragilità debbano a tutti i costi connotare l'essenza femminile? La prova è superata brillantemente, nonostante l'indecorosa salvezza nel cassonetto dei rifiuti a conclusione della speciale serata di compleanno. Nikita corre nella pioggia, che le lava di dosso lo sporco dei rifiuti e del lavoro di assassina di Stato. Lacera, umiliata, ferita più nell'animo che nel corpo, la donna rientra nelle segrete dei palazzi istituzionali, attesa dal fiducioso e soddisfatto agente.
Nikita è diventata una perfetta macchina da guerra, capace di ben figurare, con la sua presenza, anche nei salotti buoni che è chiamata a frequentare per le missioni. Il programma di conversione è riuscito perfettamente. Ora Nikita può e deve uscire dalla sua cella di detenzione/rieducazione e affrontare le missioni da cittadina apparentemente libera e normale.
Le vengono assegnati un nome fittizio, di copertura, e uno in codice per le missioni: da questo momento Nikita non esiste più definitivamente, la macchina cinica dello Stato l'ha cooptata del tutto, fornendole di sua iniziativa una nuova duplice identità a cui Nikita dovrà attenersi. In ogni caso per lei inizia una nuova vita, da donna borghese, che non ha mai conosciuto e praticato prima di allora. Del mondo urbano non sa nulla e, per imparare la prima basilare esperienza, cercare da mangiare civilmente, Marie/Nikita imita le altre donne al supermarket. E il supermarket diventa, simbolicamente, anche il luogo della socialità e della civilizzazione, di ritorno alla vita reale e vissuta, allorquando Nikita conosce e invita a cena il cassiere, una bravo e simpatico Jean-Hugues Anglade. Nikita, pur rieducata, è ancora preda di passioni ed emozioni senza controllo e non resiste nemmeno il tempo di una cena al desiderio fisico. Marco, il cassiere, diventa il suo fidanzato e l'unica persona del mondo reale, borghese, con cui relazionarsi stabilmente, un riferimento che le permette di affrancarsi, idealmente, dalla ambigua dipendenza esistenziale e affettiva del suo precettore dei servizi segreti.
In quel piccolo, condizionato spazio di libertà, Nikita sembra ritrovare una parvenza di serenità e di istintualità primigenia, priva però di brutalità, come prima della rieducazione. Serenità che svanisce al sopraggiungere delle improvvise chiamate per le missioni. È in quei momenti che Nikita capisce che non potrà mai avere una vita normale e che lo Stato torna a esigere il proprio dazio e i servigi dovuti. Al termine di una missione fallita nei piani, ma conclusa nella sostanza, Nikita esausta fugge via facendo perdere le proprie tracce. Clandestina per scelta libertaria nella prima parte della sua vita, coattamente clandestina per volontà altrui dopo la condanna, Nikita è destinata a inseguire altre identità non avendone più una veramente sua, per quel debito con lo Stato che non si estingue e che la segna per sempre. Ma la ribelle, semplice, primitiva Nikita ha ormai lasciato definitivamente il posto alla consapevole femme Nikita.
Con un cast francese di prim'ordine, composto da vecchie glorie del cinema transalpino come Philippe Leroy e Jeanne Moreau qui nelle vesti di lussuosi comprimari; con un allora emergente Jean–Hugues Anglade tagliato per la parte del tranquillo cassiere che attrae l'inquieta Nikita; con una straordinaria Anne Parillaud a dare corpo e anima al personaggio tormentato e vibrante di Nikita e, in tutto questo, capace di creare un immaginario estetico di eroina guerrigliera; e con il decisivo contributo di due dei migliori volti del cinema mondiale (non solo d'Oltralpe) come Tcheky Karyo e Jean Reno, "Nikita" è senza dubbio uno dei migliori film d'azione europei, tanto importante da aver ispirato un remake hollywoodiano con Bridget Fonda e una omonima serie televisiva canadese, oltre ad aver sdoganato definitivamente la figura cinematografica di donna guerriera sensuale e spietata, ripresa in tante altre pellicole successive e, più in generale, di averla elevata a protagonista assoluta, sottraendo alla dimensione maschile il monopolio dell'eroe combattente e della violenza stessa. In questo senso, poi, va aggiunto che Besson riesce a descrivere l'uso della violenza femminile, l'altro aspetto principale di "Nikita", insieme a quello dell'identità, come una coazione esercitata da un universo prettamente maschile – e, ripetiamo, persino maschilista – nei confronti di una donna, dosandola con una notevole caratterizzazione psicologica della protagonista.
Se la violenza primigenia di Nikita è anarchica, libertaria, autodeterminata, pur se risolta e definita in un ambito di ribellione alle regole e sostanzialmente priva di valori borghesemente condivisi(bili), anche qui sola donna tra uomini, la violenza a cui Nikita viene successivamente rieducata è una violenza concettualmente e ancestralmente tutta maschile, la violenza cioè dello Stato e del potere, dell'ordine costituito. Il pregio fondamentale di "Nikita", oltre alla oggettiva buona fattura tecnica e a quella interpretativa dei protagonisti, sta, appunto, nell'aver saputo fondere un genere cinematografico solitamente poco europeo come l'action movie con un'introspezione psicologica dei protagonisti più vicina alla sensibilità europea del cinema d'autore, che conferisce un maggiore realismo alla trama e ai caratteri del film. Pur essendo Nikita un personaggio molto più legato ai fumetti (la semplificazione delle identità dei personaggi è significativa in tal senso: Nikita, l'agente, l'eliminatore, il capo, ecc.) e ai videogames che alla realtà, il dramma e la tragedia della sua vicenda la umanizzano a dispetto delle situazioni in cui si viene a trovare. Questo film ha spalancato le porte verso il successo e la consacrazione definitiva per Luc Besson, che ha avuto poi la possibilità di accedere a progetti più ambiziosi, ma forse meno riusciti di "Nikita".
(gerardo, filmscoop)
.
Edited by gheagabry - 26/3/2012, 19:25. -
gheagabry.
User deleted
Adoro questi brevi momenti di quiete prima della tempesta. Mi riportano sempre a Beethoven. Riesci a sentirlo ?! È come... quando poggi l'orecchio sull'erba. Riesci a sentirla crescere, riesci a sentire l'interno che passsssa! Ti piace Beethoven?! Adesso te lo faccio sentire.... (Stansfield)
Léon
Titolo originale Léon
Lingua originale inglese
Paese Francia, USA
Anno 1994
Durata 110 min (versione cinematografica)
127 min (versione internazionale)
136 min (versione integrale)
Rapporto 2,35:1
Genere drammatico, thriller
Regia Luc Besson
Soggetto Luc Besson
Sceneggiatura Luc Besson
Produttore Bernard Grenet
Produttore esecutivo Claude Besson
Casa di produzione Gaumont
Distribuzione (Italia) Filmauro
Fotografia Thierry Arbogast
Montaggio Sylvie Landra
Effetti speciali Nick Allder
Musiche Éric Serra
Scenografia Dan Weil
Costumi Magali Guidasci
Interpreti e personaggi
Jean Reno: Léon
Natalie Portman: Mathilda
Gary Oldman: Stansfield
Danny Aiello: Tony
Peter Appel: Malky
Michael Badalucco: padre di Mathilda
Ellen Greene: madre di Mathilda
Elizabeth Regen: sorella di MathildaTRAMA
Léon è un killer spietato ed efficientismo usato dalla mafia italiana: analfabeta, beve solo latte e vive come una talpa con la sua pianta e la sua solitudine. Ma un giorno si imbatte in Matilde, una ragazza dodicenne, figlia di un coinquilino, che vive con la matrigna prostituta, la sorellastra ed il fratellino di quattro anni. Costoro vengono sterminati, per una partita di droga trafugata dal padre di Matilde, da una squadra di agenti antidroga comandata da Stanfield un poliziotto corrotto e tossicomane appassionato di Beethoven. Adottata la ragazza, Leon ne subisce il fascino, e lei, infatuata dalla grezza semplicità e terribile efficienza di lui decide di imitarne i metodi per vendicare il fratellino, e individuato dove lavora Stanfield, riesce a raggiungerlo ma, scoperta viene condotta nel suo ufficio. Léon avvertito da un messaggio, accorre e la salva, uccidendo due poliziotti. Stanfield si reca allora da Tony, factotum, cassiere e protettore mafioso di Léon: scoperto il nascondiglio del killer, fa arrestare Matilde uscita a far la spesa. Poi gli agenti assaltano l'appartamento dell'uomo ma vengono decimati. Léon, ferito, apre un varco nel muro facendo uscire nei condotti dell'aria la ragazza. Travestitosi da agente speciale, viene però sorpreso da Stanfield, e prima di morire esplode con lui grazie ad una bomba a mano. Tony promette alla ragazza di custodire il denaro lasciatole da Léon e la consiglia di tornare a scuola, dove, accolta dalla comprensiva preside, mette a dimora la pianta dell'amico morto....recensioni....
Dopo un inizio adrenalinico, il film si sviluppa secondo i canoni tipici bressoniani: un alto grado di epinefrina e citazioni lungo tutto il percorso. LEON: THE PROFESSIONAL è un film dal soggetto originale: una bimba abbandonata alla dura vita senza genitori viene cresciuta per un breve periodo da uno spietato assassino. La bravura di Bresson sta nell'alternare scene crude con scene di alto livello psicologico, emotivo e sessuale. Leon è un uomo rude, spietato, uccide per soldi e va in perfetto contrasto con Mathilda che è una bambina dolce, pura, gentile, ma esiste un elemento che li accomuna: la furbizia. Mathilda è sveglia e capisce ben presto che per guadagnarsi da vivere deve imparare prima a vivere: la vita di strada, illegale non è il mondo fantastico in cui viveva fino a qualche giorno prima e si impegna a diventare presto donna. Leon dall'altro versante ha come un senso di colpa, un sentimento che non capisce nei confronti della bambina, un senso affettivo, come se ora fosse suo dovere farle da padre, educarla e cercare di essere il più caro possibile. Ben presto i caratteri dei personaggi cambiano, come sono cambiate le loro vite per confluire in un totale cambiamento che a piccoli passi li porterà a provare sentimenti che iniziano da un amore filiale per poi finire in sentimenti propri dell'istinto umano, dell'istinto sessuale. Leon quando la bimba inizia a crescere e a diventar donna nasce in lui un nuovo modo di vederla, inizia a provare una certa attrattiva nei suoi confronti, ma sa che non la può toccare assolutamente. Dall'altro versante Mathilda che inizia a crescere, dall'infanzia passa alla preadolescenza, inizia a provare nuovi sentimenti, a sentire istinti che prima ignorava completamente. Inizia a sentire dentro di lei i primi sintomi della sessualità e prende un'infatuazione per Leon. Il loro è un rapporto che da perfetti sconosciuti si trasforma in una grande amicizia, per passare in un pericoloso momento d'amore profano che non si materializza, per poi tornare all'amicizia nel momento in cui i due capiscono che la fine potrebbe essere molto vicina. Un cast eccezionale: abbiamo Gary Oldman, Jean Reno, ma quella che stupisce veramente è la giovanissima Natalie Portman. Un grandissimo talento, vicino all'imponente figura di Reno, che insieme vanno a formare una delle più belle coppie del cinema mai esistite. A dir poco sublime!
La relazione tra i due è la cosa più meravigliosa di questo film, ma come scordare la colonna sonora con sottofondo graziosi campanelli che suonano in contrasto con le scene d'azione, piene di spari e di tensione. Oppure scene indimenticabili come quella in cui Leon insegna alla ragazzina a uccidere un uomo o quella della dichiarazione al ragazzo prima di sparargli o ancora le scene con le citazioni:
- la scena culmine delle citazioni, cioè quella in cui Leon e Mathilda si travestono a turno da miti e devono indovinare il mito che l'altro imita (e i miti sono Marilyn Monroo, Charlie Chaplin, Singin' in the rain, John Wayne,..)
- la scena con il noto riferimento a MacGuffin, nome usato da Mathilda in albergo ma anche il nome che Hitchcock utilizzò per la prima volta in PSYCO. Un nome che ha tutta una sua storia, un nome che doveva mostrare l'effetto che la sua pronuncia provocava sui personaggi, non aveva nessuna importanza in sè come oggetto, esso creava un effetto di movimento grazie a questo espediente nella trama ricollegato al ritmo e all'azione del film.
(filmscoop.it)
Un GRAN bel film questo Leon. Bellissimo sotto molti punti di vista: la trama, i protagonisti, le musiche, il finale e soprattutto per la storia tra il sicario e la piccola dodicenne. Una storia “tenera” e d’amore (platonico) senza età, lei piccola ma mentalmente cresciuta e lui adulto ma in realtà un “bambino” (anche analfabeta). Cresciuto senza aver provato i sentimenti più belli che la vita ci regala quasi ogni giorno, e sarà proprio Mathilde a farglieli scoprire giorno per giorno, e come sosterrà lo stesso Leon in alcune scene, lei gli insegnerà a vivere.. Triste e crudele è anche la storia della piccola Mathilde che si ritroverà privata di ogni affetto fondamentale.
Tutti gli attori hanno diversi caratteri distintivi ed approfonditi e la loro recitazione è perfetta (soprattutto quella della piccola Natalie): abbiamo il poliziotto cattivo, il sicario buono, il mafioso a convenienza e la bambina adulta. Le musiche poi sono un altro elemento essenziale che hanno contribuito a decretare il successo di questa pellicola (le più belle sono riportate in basso). Capolavoro indiscusso di Luc Besson.
(Marco Amoroso). -
gheagabry.
User deleted
.
Lucy
Un film di Luc Besson. Con Scarlett Johansson, Morgan Freeman, Amr Waked, Choi Min-sik, Pilou Asbæk.
Un film che si struttura come un puzzle narrativo e visivo di cui si può cogliere la reale sostanza solo guardando in profondità.
Giancarlo Zappoli
Lucy è una studentessa che vive a Taiwan. Si trova costretta a consegnare una valigetta dal contenuto misterioso a un criminale coreano, Mr. Jang. Costui, una volta verificato ciò che gli è stato portato, sequestra la ragazza. Le fa inserire nel corpo uno dei pacchetti ricevuti che contiene una sostanza di cui dovrebbe essere la passiva trasportatrice. Non sarà così perché il pacchetto si rompe e il prodotto chimico viene assorbito dal suo corpo il quale progressivamente sviluppa una capacità di conoscenza e di potere inimmaginabili per chi non sia, come il professor Norman, un neuro ricercatore.
Che Luc Besson ami mettere al centro di molte sue opere personaggi femminili coinvolti in esperienze che ne mutano profondamente la vita è testimoniato dalla sua filmografia. Sappiamo quanto sono lontane tra loro, nel tempo e nell'azione, Nikita e la Aung San Suu Kyi di The Lady ma al contempo vicine per capacità di resistenza, di forza d'animo, di sguardo verso possibili mutamenti che i maschi faticano a sostenere. Lucy si aggiunge a loro in un film che si struttura come un puzzle narrativo e visivo di cui si può cogliere la reale sostanza solo se se ne sanno pazientemente ricomporre i pezzi e si rinuncia a ricorrere agli stereotipi valutativi, che da sempre vengono applicati al cinema di Besson, per guardare più in profondità. Perché l'assunto iniziale è legato alle neuro scienze e ci ricorda che il nostro cervello ha sviluppato solo una piccolissima parte delle sue potenzialità rispetto all'homo sapiens (non dimentichiamo che Lucy è il nome che è stato dato alla prima donna di cui l'antropoarcheologia abbia conoscenza). Cosa accadrebbe se si passasse progressivamente dalla potenza all'atto, se i neuroni attivi aumentassero percentualmente? È questa la domanda iniziale su cui si innesta l'azione di una supereroina suo malgrado (come tanti personaggi Marvel) che combatte contro il Male impersonato da un cattivissimo Choi Min Sik (molti lo ricorderanno in Oldboy e in Lady Vendetta). Qui ci si possono attendere le già citate facili banalizzazioni su un Besson incapace di resistere alla tentazione fumettistico-adrenalinica (vedi la corsa in auto nel centro di Parigi e non solo). Se si guarda però più nel profondo ci si può accorgere che il più americano dei registi francesi mentre sembra servire al grande pubblico un mix di SuperQuark e di Science fiction in realtà sta esponendo una sorta di trattato sul Tao. Chiunque abbia confidenza con i principi di questa filosofia potrà ritrovarli utilizzati a marcare le tappe del percorso della protagonista. "Vuota la tua mente di tutti i pensieri; lascia che il tuo cuore trovi la pace. Studia la complessità del mondo, ma contemplane il ritorno. Il ritorno alla sorgente è la serenità. Se non realizzi la fonte finirai con il confonderti e il dispiacerti. Quando comprenderai da dove provieni, diventerai naturalmente tollerante, comprensivo, multiforme". Questo si legge nel Daodejing ed è quanto si scorge in controluce in Lucy. Besson, interpellato in materia, non conferma ma neanche smentisce.
Video.