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Musica africana
La musica africana, nel senso di musica originaria dell'Africa, è estremamente eterogenea, in quanto riflette la varietà etnica, culturale e linguistica del continente. L'espressione "musica africana" viene talvolta usata anche in modo più specifico per riferirsi alla musica dell'africa subsahariana, essendo la tradizione musicale del Nordafrica essenzialmente sovrapponibile a quella mediorientale. Elementi mediorientali si trovano anche nella musica dei popoli della costa est del continente, che risente anche di influenze indiane, persiane e in generale degli effetti degli scambi commerciali e culturali sull'Oceano Indiano. In ogni caso, anche all'interno di queste tre aree principali (Nordafrica, Africa subsahariana, Africa orientale) esiste una grandissima diversificazione degli stili sia della musica etnica tradizionale che della musica moderna. Quest'ultima risente praticamente ovunque (ma soprattutto nei paesi con una forte eredità coloniale) dell'influenza della musica leggera europea e statunitense. D'altra parte, la diaspora africana e il conseguente diffondersi in America ed Europa della tradizione musicale africana ha influito in modo determinante sullo sviluppo della musica leggera occidentale.
La musica nell'Africa subsahariana
Nell'Africa subsahariana la musica e la danza sono quasi sempre elementi centrali e fondamentali della cultura dei popoli, e sono dotati di grande valore sociale e religioso. Ogni etnia ha una propria tradizione musicale così come ha una propria tradizione letteraria e un proprio insieme di regole e credenze; ogni gruppo sociale possiede un repertorio musicale di riferimento e dei sottogeneri appropriati a determinate celebrazioni (per esempio nascita, passaggio all'età adulta, matrimonio, funerale) o anche semplicemente attività quotidiane come il raccolto nei campi e lo smistamento delle riserve alimentari.
Ciò che ritroveremo sempre in ogni variante musicale, a prescindere dallo scopo per cui viene prodotta, è la caratteristica poliritmia, la capacità cioè di sviluppare contemporaneamente diversi ritmi e di mantenerli in modo costante ed uniforme, senza che uno prevarichi su di un altro. Una particolare funzione sociale è rappresentata dalle percussioni e dalle campane che in molte zone vengono utilizzati come strumenti di comunicazione. La musica è, ad esempio, una delle pratiche più note e più impiegate per un griot ( o griotte) proprio perché in molti contesti le relazioni sono spesso basate sull’impatto emozionale. Anche il canto è molto diffuso e riveste una funzione sociale importantissima, durante i funerali, ad esempio, per ripercorrere le tappe dell’esistenza del defunto, dunque mantenerne viva la memoria e per narrare le imprese degli antenati cui spetta il compito di accogliere l’anima della persona mancata. Le epopee mitiche cantate dai griot, oltre a mettere in evidenza il potere costituito, trasmettono gli avvenimenti particolari che fanno parte della storia di una comunità e permettono una trasmissione facilitata proprio dal ritmo della melodia sottostante. Il canto, la musica e la danza diventano da un lato veicoli di tipo simbolico e dall’altro preziosi strumenti della memoria collettiva. La musica tradizionale si trasmette oralmente, dunque non esistono spartiti o forme scritte in cui è possibile rinvenire delle melodie. Tutto viene creato e comunicato direttamente ed è per questo che un aspetto importantissimo è dato dall’improvvisazione.
La complessità ritmica delle musiche africane si è di fatto trasferita a molte espressioni musicali dei paesi dell’ America Latina; l’aspetto più affascinante di questa poliritmia è costituito dalla possibilità di distinguere chiaramente i diversi ritmi pur percependoli unitariamente in modo coerente. Per quanto riguarda la voce, è interessante notare che generalmente si utilizzano timbri canori tendenti al rauco e al gutturale. Molte lingue locali, in Africa, sono di tipo tonale ed è per questo che esiste un collegamento molto stretto tra la musica e la lingua. Soprattutto nel canto, è il modello tonale del testo che condiziona la struttura melodica. Conoscendo molto approfonditamente queste lingue, è possibile riconoscere dei testi anche nelle melodie degli strumenti ed è quest’effetto che ha dato fama al cosiddetto “tamburo parlante”.la musica africana è piena di ritmi.
La complessità ritmica e la trasmissione del sapere musicale
La musica dell'Africa sub-sahariana ha come caratteristica che la distingue, una complessità ritmica che ha installato nelle musiche delle Americhe. La musica tradizionale si trasmette in genere oralmente, dunque non esistono molti spartiti o forme scritte in cui è possibile rinvenire delle melodie. Tutto viene creato e comunicato direttamente ed è per questo che un aspetto importantissimo è dato dall’improvvisazione. La complessità ritmica delle musiche africane si è di fatto trasferita a molte espressioni musicali dei paesi dell’America Latina; l’aspetto più affascinante di questa poliritmia è costituito dalla possibilità di distinguere chiaramente i diversi ritmi pur percependoli unitariamente in modo coerente.
Generi di musica africana e popolare comprendono:
Afrobeat
Apala
Benga di Benga
Bikutsi
Fuji
Highlife
Isicathamiya
Jùjú
Kwaito
Kwela
Makossa
Mbalax
Mbaqanga
Mbube
Morna
Raï
Sakara
Soukous/Congo/Lingala
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Musica fiamminga
La musica fiamminga
Con l'espressione scuola fiamminga si indica la civiltà musicale che, nata nel ducato di Borgogna agli inizi del XV secolo, domina il Quattrocento europeo ed esercita un'influenza decisiva sulla formazione lo sviluppo della musica rinascimentale in tutto il continente. La guerra dei Cent'anni tra Francia ed Inghilterra favorisce indirettamente il consolidamento politico ed economico del ducato di Borgogna; sotto la guida di Filippo Il Buono e di Carlo il Temerario le regioni che oggi corrispondono alla Francia centro- meridionale, al Belgio e all'Olanda conoscono una grande fioritura artistica che trova nelle arti figurative e nella musica il veicolo privilegiato di espressione. Le successive vicende politiche non attenuano per più di un secolo la vivacità creativa dei maestri oltremontani; in particolare le province dei Paesi Bassi sono il fulcro della produzione polifonica europea. Sia nei contesti laici delle corti che in quelli religiosi delle cattedrali e delle collegiate la vita musicale appare vivace e intensa. La formazione scolastica è molto rigorosa: l'istruzione avviene presso centri ecclesiastici che garantiscono, a spese del capitolo, lo studio del latino, del canto gregoriano, della polifonia sia sacra che profana e della composizione. I pueri cantores sono di norma seguiti dagli otto anni di età fino alla muta della voce; l'educazione prosegue spesso con lo studio universitario di discipline umanistiche. A questo punto i musicisti sono pronti per l'esercizio della professione: cantori, compositori, maestri di cappella fiamminghi "invadono" l'Europa diffondendo ovunque le prassi esecutive e gli stili compositivi oltremontani. Un numero davvero ampio di musicisti fiamminghi opera nel XV e XVI secolo in Italia, Spagna e nelle regioni austro-tedesche dell'impero. L'esempio dei duchi di Borgogna che inaugurano la grande stagione del mecenatismo rinascimentale favorendo e proteggendo lo sviluppo delle arti, è presto seguito dalla nobiltà e dall'alto clero di tutto il continente. La musica, emancipata dai rigidi vincoli medievali di carattere teologico e liturgico, deve comunque confrontarsi con le esigenze di una nuova committenza che esige opere funzionali ai propri desideri di consumo culturale e di esibizione di potere.
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Generi Musicali
Indie rock
L'Indie rock è un genere dell'alternative rock che domina principalmente nella scena musicale underground indipendente.
Il termine è a volte utilizzato in modo inappropriato con riferimento alla musica underground nel suo complesso, anche se più in particolare implica la musica che non riconosce tutti i criteri dell'essere rock, al contrario dell'indie pop o di altri generi. Tali canoni variano da una strumentazione rock più complessa (chitarra elettrica, basso, percussioni dal vivo e voce) ad una più astratta. È, tuttavia, non raro vedere una varietà di strumenti che sono raramente utilizzati in altri generi rock, come il violino e la armonica.
"Indie rock" è l'abbreviazione di "independent rock", perché molti dei suoi artisti sono o sono stati firmatari ad etichette discografiche indipendenti, piuttosto che grandi case discografiche. Esso non è strettamente un genere musicale (anche se il termine viene spesso utilizzato per far riferimento al suono delle band specifiche o quelle che lo hanno influenzato), ma è spesso utilizzato come un termine generico che costituisce una vasta gamma di gruppi e di stili, collegato da alcuni da un senso di fedeltà ai valori della cultura underground, controcultura, e (ogni tanto) descrivibile come appartenente alla musica rock. Tra i generi e i sottogeneri dell'indie rock vi sono il lo-fi, il post-rock, il sadcore, il C86, il math rock; ma un elenco di altre categorie comprende anche lo shoegaze e l'indie pop.
Gli artisti indie rock hanno scelto degli avamposti per mantenere il pieno controllo della loro musica e la carriera, rilasciando album su etichette discografiche indipendenti (talvolta anche autoproducendosi) e sfruttando il turismo, il passaparola, e la trasmissioni nei college universitari o le stazioni radio per la promozione. Alcuni finiscono per passare alle major, spesso dopo aver ricevuto un grandissimo successo negli anni precedenti.
Storia; Regno Unito negli anni 80
Nel Regno Unito, le charts della musica indie sono state ideate nei primi anni 80. Inizialmente, le charts prendevano band emergenti con un suono delle chitarre basato sul rock alternativo che aveva dominato le classifiche, in particolare artisti indie pop come Aztec Camera e Orange Juice, la corrente jangle-pop del C86 e il twee pop degli artisti della Sarah Records. Gli artisti definitivi dell'indie rock britannico sono stati The Smiths, The Stone Roses e Jesus & Mary Chain, la cui musica influenzò i movimenti degli anni 90 dello shoegaze e del Britpop.
Stati Uniti negli anni 80
Negli Stati Uniti, la musica comunemente considerata come indie rock era derivata dalla scena dell'alternative rock, era influenzata da quella degli anni 70 e si basava sull'etica del DIY. Nel 1980 il termine "indie rock" veniva associato al suond abrasivo e pesante degli Hüsker Dü, dei Dinosaur Jr (che nonostante siano sono spesso citati come influenti sul movimento dello shoegazing, erano un gruppo hardcore punk), dei Sonic Youth, dei Big Black, e di altri che aderivano ad etichette indipendenti americane, separandolo dalle band college rock come REM e 10000 Maniacs, che, verso la fine del decennio, sono stati aderenti alle major.
Stati uniti negli anni 90
Verso la prima metà degli anni 90, musica alternativa, guidata da gruppi grunge come gli Alice in Chains, i Nirvana, i Pearl Jam e i Soundgarden, sfondò nel "mainstream", e raggiunse il massimo successo commerciale. Subito dopo l'alternative rock divenne un genere commerciale e il successo commerciale attrasse gli investimenti da parte delle major. Con questo, il significato dell'etichetta alternative cambiò dall'originale, ed altre controculture affermarono che per musica alternativa si intendeva oramai una musica dal successo commerciale e il termine “Indie rock” venne utilizzato per riferirsi a generi musicali e band che rimanevano nell'underground. Il primo movimento definitivo dell'indie rock fu quello del lo-fi, corrente musicale portata avanti da gruppi come Guided by Voices, Pavement, The Grifters, Liz Phair, Sebadoh (nonché, individualmente, da Lou Barlow, membro e fondatore degli stessi), The Elephant 6 Recording Co. E tanti altri, che hanno messo su un genere basato sull'utilizzo di tecniche semplici di registrazione.
I generi principali dell'indie rock negli anni 90
* Lo-fi, già prima accennato
* Noise rock, (Uzeda, Unwound, Shellac, Blonde Redhead, Enon)
* Indie pop, (dEUS)
* Riot Grrl, (Bikini Kill, Bratmobile)
* Math rock, (Diane and the shell, Don Caballero, Chavez, Jesus Lizard, June of 44, Les Savy Fav)
* Post rock, (Slint, Mogwai, Tortoise)
* Twee pop, (Belle & Sebastian)
Dopo il 2000
Le band indie sono in maggior parte band composte da studenti di college. Molte band indie rock hanno iniziato la propria carriera grazie alle offerte di concerti gratuiti offerti dalle università e dai college. Band come Death Cab for Cutie e Tokyo Police Club hanno iniziato il loro cammino verso il successo secondo questi metodi.
I generi principali dell'indie rock nell'ultimo millennio
* Post-punk revival:The Killers, Maxïmo Park, Bloc Party, Editors, Interpol, The Wombats, The Bravery, The Young Knives, The Thermals, We Are Scientists, Hot Hot Heat, Blood Red Shoes.
* Garage rock revival: The Strokes, Arctic Monkeys, Babyshambles, Black Rebel Motorcycle Club, The Hives, Mando Diao, Sugarplum Fairy, The Libertines, The White Stripes, The Vines, Von Bondies, Yeah Yeah Yeahs, The Horrors, Fratellis, The Cribs, The Enemy, The View, Ikara Colt, Milburn, Mclusky.
* Noise rock: Melt-Banana, The Locust, Ghostchildren, Lightning Bolt, Neptune, Black Lips, Spoon, PRE, These Are Powers, No Age.
* Dance punk: !!!, The Faint, The Rapture, Cansei de Ser Sexy, Liars, Moving Units, New Young Pony Club, Death from Above 1979, Klaxons, Late of the Pier, Does It Offend You, Yeah?, Shitdisco, MGMT
In più, l'indie rock comprende anche generi non chiaramente definiti
* Baroque pop: The Shins, Arcade Fire, Danielson Famile, Enon, Sufjan Stevens, The Decemberists, Of Montreal, John Vanderslice, Broken Social Scene, Islands, Stars
* Neo-progressive: Marillion, Mew, Porcupine Tree, Mars Volta, Muse, Radiohead, Los Hermanos, Dressy Bessy
* New Weird America o Freak folk: Devendra Banhart, Joanna Newsom, Animal Collective, Six Organs of Admittance, Camper Van Beethoven, The Dodos, Liam Finn
* Psych folk: No-Neck Blues Band, Brightblack Morning Light, Wooden Wand and the Vanishing Voice, Entrance, Sick Dick and The Volkswagens
Alcune band quali gli HEALTH hanno inoltre contribuito in questi anni a mantenere viva la succitata tradizione post rock.
Wikipedia
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Generi Musicali
POP
La musica pop (o pop music o semplicemente pop) è un genere musicale.
Il termine era originariamente inteso come abbreviazione di musica popolare (popular music) e veniva usato in senso molto ampio per riferirsi all'intero corpus della musica "leggera" occidentale, in contrapposizione alla tradizione colta di generi come il jazz e la musica classica. Ai tempi dei Beatles, per esempio, pop era essenzialmente sinonimo di rock'n'roll. In seguito al frammentarsi della musica "pop" in numerosi sottogeneri, dal rock al funk all'hip hop e via dicendo, l'uso dell'espressione musica pop in questo senso ampio è andato via via perdendosi. Oggi, l'espressione musica pop viene quasi sistematicamente usata per indicare la musica spiccatamente "commerciale".
Inteso in quest'ultimo senso, il pop è caratterizzato da melodie semplici e facili da ricordare, ritornelli accattivanti, e altri "ganci" (hook) volti a catturare immediatamente l'attenzione dell'ascoltatore occasionale. L'obiettivo di un brano pop è quello di essere facilmente accessibile a tutti, a prescindere da qualsiasi tipo di cultura musicale; fatto di particolare importanza se si pensa che il pubblico tipico della musica pop sono gli adolescenti. Per analoghi motivi, gli esecutori di musica pop sono spesso persone carismatiche, di bell'aspetto, alla moda, e spesso bravi ballerini.
Poiché le musica pop intesa in questo modo è innanzitutto un'operazione commerciale, capita spesso che i produttori discografici ne siano i veri registi e abbiano un'ampia influenza sul prodotto dei loro artisti (molti dei quali appaiono nel firmamento delle classifiche di vendita per una sola stagione, rapidamente sostituiti da volti nuovi). Il produttore Frank Farian, per esempio, "creò" verso la fine degli anni '80 un gruppo di grande successo di nome Milli Vanilli, costituito in effetti da un gruppo di musicisti che lavorava nell'ombra, e un altro gruppo più fotogenico che appariva sul palco suonando e cantando in playback. Sebbene questo caso, una volta venuto alla luce, abbia creato un vero e proprio scandalo, è ancora vero che la maggior parte dei musicisti pop tendono a esibirsi in playback e che, in moltissimi casi, gli esecutori dei brani che appaiono nei concerti o nei videoclip non hanno scritto le canzoni che interpretano.
Alcuni artisti dichiaratamente "pop" si sono elevati al di sopra del puro marketing, riuscendo a imporre la propria personalità anche in senso musicale. Fra i più celebri artisti pop ancora in attività si possono citare Michael Jackson (Il Re del Pop), Madonna (La Regina del Pop) e Cher. Molti artisti pop sono stati "costruiti" a immagine e somiglianza di questi modelli. Janet Jackson rappresenta forse l'esempio più lampante, poiché intenzionalmente unisce lo stile di suo fratello Michael con quello di Madonna.
In generale, la musica pop è difficilmente caratterizzabile da un punto di vista strettamente musicale; nella maggior parte dei brani pop si possono riconoscere elementi di generi come lo hip hop, il rhythm'n'blues, il rock'n'roll e così via, opportunamente riadattati, semplificati, e suonati e registrati con le tecniche più di moda. Il tema principale dei versi delle canzoni pop è indubbiamente l'amore romantico.
Alcune delle pop star emergenti in questo settore nei primi anni del 2000 sono Britney Spears Avril Lavigne, Justin Timberlake, Robbie Williams, Anastacia, Shakira, Christina Aguilera e nell'ultimo periodo sta emergendo infine il cantante pop libanese Mika.
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Dal Rock al metal
Storia della musica dagli anni 50 ad oggi
La musica, elemento di globalizzazione, elemento di comunicazione mondiale; conosciuto da tutti: anziani e piccini, adulti ed adolescenti. La musica, una storia immensa quanto perfettamente intersecata con la storia personale di ogni singolo individuo e con la storia mondiale. La musica conosce i suoi primi anni nella preistoria, cresce nel medioevo e nell’età moderna, ma raggiunge il suo apice più perfetto ed ampio nel ventesimo secolo. Nelle piantagioni di cotone nel sud dell’America dove lavorano i neri d’Africa ovvero nelle Cotton Belt nasce il Blues; una forma musicale che ha influenzato, in seguito, molti altri generi della musica popolare moderna; il Blues prende il suo nome dal colore “blu” che indicava la tristezza, infatti, ancora oggi, nell’inglese contemporaneo, l’espressione “being blue” significa “essere triste”. Un perfetto incrocio tra il Blues e la musica europea è il Jazz; un genere musicale caratterizzato dalla finezza musicale euro-americana e dalla malinconia portata dai neri d’Africa. Anni 50, anni del divertimento e della ripresa economica dopo la seconda guerra mondiale... come musica di ribalta dalla repressione della guerra nasce il Rock And Roll, che letteralmente significa “ondeggia e ruota”. Il Rock, nato inizialmente come musica da ballare che prevedeva movimenti derivati dal Bolgie-Woogie, si espanse poi in tutto il mondo grazie al celeberrimo Elvis Presley che ha reso di questo genere, inizialmente destinato a rimanere unicamente sulle piste da ballo, uno stile unico e inconfondibile che ancora oggi, grazie ad altre diramazioni dello stesso, continua a vivere attraverso grandi come Vasco Rossi e Luciano Ligabue. Dopo pochi anni dalla nascita e dalla diffusione del rock nasce il Funk, termine indicante le più diverse caratteristiche musicali nei diversi ambiti che, mescolate e ben scecherate hanno saputo dare vita ad uno stile raffinato ma forte, casto ma sensuale e strettamente legato al Blues per via dei suoi stacchi vocali. Parallelamente al Funk, ma come musica da ballare, nasce l’Hip Hop che unisce lo stile del Rock And Roll con la svelta musicalità dell’Hip Hop che, in seguito, avrà grande peso sulla moda e sullo stile di vita dei giovani metropolitani che l’hanno creata. A metà degli anni 70 nasce una musica di protesta, una musica sociale che denuncia i soprusi e le umiliazioni subite dai giovani di Detroit e del Broncks... il Rap. Il Rap letteralmente significa “insulto” ; consiste in una sequenza di versi molto ritmati basati su rime e assonanze, chi pronuncia i versi è detto Rapper e lo fa su una sequenza di note detta “beat” realizzata da un Dj tramite il “beatmaking”. I testi di canzoni Rap affrontano, nella maggior parte dei casi, temi sociali. Il Rap, più che un fenomeno musicale sorto dall’insoddisfazione giovanile, è più una componente della cultura statunitense. Il maggior esponente del Rap è Eminem che è ritenuto l’artista di maggior successo del 2000 con oltre 70 milioni di dischi venduti in tutto il mondo. Al fianco del Rap, ma qualche anno dopo, arriva serpentino il Punk, termine inglese che indica “scarsa qualità”, nato per identificare una cultura giovanile emersa nella seconda metà degli anni 70 in Inghilterra e negli USA. La musica Punk è rozza, rumorosa e poco complessa, capeggiata da gruppi come le SexPistols, i Ramones e i DeadBoys. I punk possono essere uniti in un'unica ideologia: completo rifiuto verso ogni forma di controllo. A succedere il Punk ci pensa l’HeavyMetal o Metal che è un genere musicale derivato dall’HardRock caratterizzato da suoni potenti. Nel Metal non contano le parole, l’importante è il suono, che deve riuscire a far ballare e a far entrare lo spirito duro del Metal in ogni ascoltatore. A contrastare nettamente il Punk e il Metal arriva, a cavallo degli anni 80, il Dark-Gotic che è considerata il genere più romantico, introspettivo ed epico degli anni post-Punk. I testi sono introspettivi con sensibilità poetiche che conducono questo genere ad un gusto romantico ed ovattato. Come si può ben notare ne è passato di tempo dal Rock And Roll al Gotic... tanto è cambiato dagli anni 50 agli anni 80-90; la tecnologia è andata sempre più avanti, sono cambiati i gusti, gli stili e le persone... insomma, la società è cambiata, ma c’è sempre un'unica cosa che affascina tutti: la musica. Però pensandoci bene forse è troppo facile finire il tutto dicendo cose banali e risapute quali “La musica è una cosa bellissima” o “La musica è un ottimo elemento di comunicazione globale”... basta, stacchiamoci un minuto dalla vita reale e andiamo a guardarci dentro... cos’è la musica per noi? È svago? Sono suoni? Sono un’accozzaglia di note? Beh... difficile da dire, forse la definizione più esatta è questa: la musica è una “nicchia” ove ognuno di noi si è rifugiato almeno una volta nella vita, ove il NOI della massa lascia spazio all’IO dell’individualismo, la musica è come un mondo parallelo che ci aiuta a guardarci dentro e a sentire la vera essenza del nostro IO, del proprio ME STESSO che troppe volte teniamo imprigionato sul fondo dell’anima per la troppa paura di farci vedere per quello che siamo e non per quello che gli altri vogliano che noi siamo, per la troppa paura di essere veri. Nella musica nessuno può giudicarci, additarci e tanto meno può dirci che non andiamo bene perché, se ci fate caso, con le cuffie nelle orecchie il mondo ha tutta un’altra visuale. Ogni gesto, anche il minimo, ha un profondo significato che viene sempre più spesso schiacciato dalla frenetica e incasinata realtà ma che se visto con un auricolare assume un significato così enorme da travolgerci e allora, infine, ho da dire un’ultima cosa: complimenti perché chi arriva a quest’ultimo stadio ha davvero scoperto il mondo perché per primo ha scoperto se stesso.
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MARE NOSTRUM: UN’IDENTITÀ POSSIBILE?
VOCI E STRUMENTI DELLA TRADIZIONE MUSICALE
di Monica Sanfilippo
L’etnomusicologia è la disciplina che studia la musica popolare di tradizione orale e la musica colta delle società extraeuropee. Il termine nasce con successo intorno al 1950, quando un gruppo di studiosi americani, che intendeva riformare l’accezione poco felice di “musica primitiva”, fondò la Society for Ethnomusicology (SEM, 1955).
Questo campo di studi era già attivo da più di un cinquantennio come “musicologia comparata”, nata in area tedesca sotto l’impulso della scuola di Berlino e Vienna. Tra gli esponenti di spicco ricordiamo rispettivamente Carl Stump e Richard Wallaschek.
Il primo, nell’ambito delle sue ricerche di psicologia del suono, registra a Berlino un gruppo di amerindiani Bella Coola (1885), dando inizio ad un’ininterrotta attività di documentazione e analisi di musiche provenienti da tutto il mondo che, grazie anche all’aiuto di Erich von Hornbostel e Otto Abraham, sancisce la nascita del prestigioso Phonogramm-Archiv (1901). Wallaschek, invece, pubblica nel 1893 l'opera compilativa Primitive Music, basata sul metodo comparativo, ossia la necessità di mettere a confronto tipologie diverse di realtà sonore al fine di ricavarne degli universali.
È da notare che l’interesse per la musica di culture “altre” è presente fin dal Seicento, all'indomani delle scoperte e conquiste geografiche oltreoceano. La conoscenza di nuove realtà sonore aveva animato la curiosità di uomini di talento, come l'erudito Athanasius Kircher (1601-1680) che nella sua Musurgia universalis documenta strumenti musicali di culture diverse, reperti etnografici provenienti dalle missioni d’Asia, d’Africa e d’America.
Ma la prima prova d’interesse alla dimensione sonora piuttosto che all’organologia, viene dal filosofo Jean-Jacques Rousseau quando nel 1768 include nel suo Dictionnaire de musique alcune melodie non colte: amerindiana, cinese, persiana e popolare europea.
Segnali di interesse in tale direzione si intensificano in pionieristiche opere monografiche, sulla musica dei cinesi, per esempio, del missionario Joseph Amiot, o sulla musica indiana di William Jones, o ancora sulla musica araba di Guillaume-André Villoteau che fu in Egitto al seguito della campagna napoleonica.
Nell’epoca delle grandi invenzioni tecniche e della seconda rivoluzione industriale, avveniva la svolta decisiva che garantiva scientificità agli studi etnografici e antropologici: in ambito specificamente musicale questo è possibile grazie all’invenzione e applicazione del fonografo Edison (1877).
Il primo ad utilizzare l’apparecchio sul campo fu Jesse Walther Fewkes, effettuando registrazioni sonore di canti dei Passamaquoddy del Maine. La musicologia comparata raccoglie in breve numerosi cilindri di cera, documenti preziosi di registrazioni di canti e danze di popoli non europei con l’obiettivo di acquisire, classificare e studiare “a tavolino” il fenomeno sonoro nella sua ampiezza, ma separando metodologicamente il lavoro da campo, affidato spesso a non specialisti, e il lavoro di analisi e studio vero e proprio.
In questa fase elaborativa, spicca la figura di Curt Sachs (1881-1959) noto per l’assiduità delle sue ricerche e la monumentale opera Storia degli strumenti musicali: è considerato, difatti, insieme a Hornbostel, il padre fondatore della moderna organologia in quanto nel 1914 mette a punto un sistema di classificazione ancora valido, ossia la sistemazione degli strumenti musicali in base al meccanismo di produzione sonora (aerofoni, cordofoni, membranofoni, idiofoni).
L’importanza della Scuola di Berlino risiede nella capacità di affrontare in un’ottica comparativa ed evoluzionistica temi di grossa portata, come le origini della musica, la distribuzione degli stili musicali, le accordature, ecc. imprimendo a questo campo di studi un impulso senza precedenti. Ma la pecca maggiore fu di considerare la musica esclusivamente come sistema sonoro prescindendo dal contesto socioculturale che la produce.
Nel frattempo in Europa, sulla scia di un’ondata di entusiasmo, l’etnomusicologia si “affanna” a raccogliere quante più registrazioni sonore possibili, al fine di preservare la tradizione orale dall'incalzare del progresso che assoggetta modi e comportamenti della musica popolare.
Nelle città accademiche più importanti nascono musei, archivi e organismi scientifici a tutt’oggi fondamentali per la ricerca: nel 1929 André Schaeffner (1895-1980), autore di un contributo originale sull’Origine degli strumenti musicali (1936), fonda a Parigi il Musée d’Ethnografie du Tocadéro, oggi noto come Musée de l’Homme (dal 1937); Costantin Brāiloiou (1893-1958), insigne studioso del folklore musicale in Romania, fonda a Ginevra nel 1944 gli Archives Internationales de Musique Populaire; nel 1947 in Inghilterra nasce l’International Folk Music Council.
Anche l’Italia, seppure in ritardo, è sensibile a questo ambito di studi. Pionieri sono Ernesto De Martino (1908-1965), per i suoi contributi etnografici sul lamento funebre e il tarantismo pugliese; Diego Carpitella (1924- 1990) e Roberto Leydi (1928-2003), fondatori dell’etnomusicologia scientifica in Italia, operanti rispettivamente negli ambiti accademici di Roma e Bologna.
Le prime campagne di registrazioni nell’Italia contadina del secondo dopoguerra sono effettuate da Diego Carpitella e dallo statunitense Alan Lomax: i preziosi documenti raccolti confluirono nel primo Centro Nazionale di Studi di musica popolare di Roma, oggi Archivi di Etnomusicologia dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Un’altra cospicua sezione di canti, danze, motti, proverbi, fiabe e filastrocche della cultura popolare italiana è conservata presso la Discoteca di Stato di Roma, dal 2007 Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi.
Negli anni Sessanta l’approccio metodologico finora sperimentato viene superato dalla “rivoluzione antropologica” della musica, attuata da un gruppo di studiosi americani capeggiati da Alan P. Merriam che, dopo anni di ricerca sul campo, pubblica nel 1964 The Anthropology of Music.
Questo contributo sancisce la svolta irreversibile della disciplina: l’etnomusicologia è lo studio della musica “as culture”. «Il suono musicale – afferma Merriam nella sua opera – è il risultato di comportamenti umani la cui forma è determinata dai valori, dagli usi e dalle credenze di un popolo».
Da questo momento in poi le accezioni di “etnomusicologia” e “antropologia della musica” diventano interscambiabili. Il nuovo metodo si fonda sul fieldwork, passaggio nodale dal reperimento delle fonti all’analisi a tavolino: la “doppia natura” dell’etnomusicologia prevede che il ricercatore abbia sia competenze etnologiche che musicologiche, attraverso le quali condurre uno studio su tre livelli analitici, del suono in sé, del comportamento e dei concetti della produzione musicale.
Questo approccio, valido ancora oggi, ha il suo principale rappresentante nell’americano Steven Feld e nel fascino della sua ricerca presso i Kaluli di Papua in Nuova Guinea.
Riferimenti bibliografici & discografici:
ALAN P. MERRIAM, Antropologia della musica, Palermo, Sellerio, 1983 (ed. or. 1964)
TULLIA MAGRINI (a cura di), Uomini e Suoni. Prospettive antropologiche nella ricerca musicale, CLUEB, Bologna, 1995
TULLIA MAGRINI (a cura di), Universi sonori, Torino, Einaudi, 2002
STEVEN FELD, Sound and Sentiment: brids, Weeping, Poetics and Songs in Kaluli Expression, Philadelphia, University on Pennsylvania Press, 1982
Music and Song of Italy, cura di A. Lomax e D. Carpitella, 1 LP, Tradition TLP 1030, 1958
Italian Folk Music, a cura di A. Lomax e D. Carpitella, 2 LP, Folkways FE 4261-4265, 1972
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Funk metal
Il funk metal è un genere musicale che mescola le tecniche del funk e dell'heavy metal[1]. Si tratta di uno stile compreso nel crossover rock, insieme al crossover thrash e al rapcore.
Storia
Il funk metal si sviluppò attorno alla metà degli anni ottanta quando alcune band alternative rock come i Red Hot Chili Peppers, Fishbone e Primus iniziarono a suonare un ibrido con evidenti basi musicali di ispirazione funk. Il genere univa le chitarre rumorose ed i riff pesanti dell'heavy metal con le linee di basso ed i ritmi sincopati del funk. Questo stile era meno strutturato rispetto ad altre forme di heavy metal, ed il basso copriva un ruolo in primo piano. La band che seguirono i pionieri, si indirizzarono maggiormente sull'impronta heavy metal, nonostante mantenessero le linee di basso tipiche del funk. Come nel resto dell'heavy metal, anche questo genere ibrido risaltava l'abilità tecnica dei musicisti.
Assieme al rap metal, il funk metal pose le basi per le nuove forme di alternative metal che avrebbero preso piede negli anni novanta. Los Angeles fu la capitale del funk metal: da questa località negli anni 90 spiccarono gli Infectious Grooves, il gruppo parallelo del cantante dei Suicidal Tendencies Mike Muir, con The Plague That Makes Your Booty Move (1991); gli Eleven con l'album omonimo (1993); gli Sugar Ray con Lemonade and Brownies (1995), e molti altri.
Altre star del genere provenienti da diverse aree furono i newyorkesi Scatterbrain, fondati dagli ex membri dei Ludichrist Tommy Christ e Glen Cummings con l'album Here Comes Trouble (1990); gli olandesi Urban Dance Squad con Mental Floss for the Globe (1990), i 311 del Nebraska con 311 Music (1993), i britannici Senser con Stacked Up (1995), i The Presidents of the United States of America di Seattle con l'omonimo (1995), Orange 9mm di New York con Driver Not Included (1995).. -
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GENERI MUSICALI
Musica New Age
La musica New Age è uno stile musicale caratterizzato dall'assenza di ritmo e dal carattere meditativo, lineare e ciclico dei brani, con l'intento di offrire un ascolto rilassato dal punto di vista emotivo. La nascita di questo genere è spesso collocata negli Stati Uniti alla fine degli anni settanta, nonostante alcuni segnalano esempi precedenti riconducibili al genere, in particolare al primo album solistico di Jon Anderson (vocalista degli YES) intitolato "Olias Of Sunhillow" (1975), album che alcuni considerano il primo album New Age. Negli anni a seguire il genere ha subito varie evoluzioni e trasformazioni di pensiero date dal fatto che anche musicisti non definiti "alternativi" proponevano nel loro reportorio anche melodie inerenti appunto alla musica new age. Questo ne scaturiva modificazioni a volte anche ben rappresentative e trasformando il genere con definizioni allargate: sensitive New Age, soft New Age, pop New Age, alternative New Age ecc.
Storia
Il genere si afferma all'inizio degli anni ottanta dall'incontro della musica ambient di Brian Eno, Robert Fripp, Harold Budd, Jon Hassell, e della Kosmische Musik dei Tangerine Dream, Ash Ra Tempel, Holger Czukay e Cluster con musiche, stili e temi di carattere etnico a sfondo genericamente spirituale, incorporando elementi del jazz di avanguardia di alcuni artisti dell'etichetta discografica ECM. La produzione di musica New Age è comunque strettamente connessa con la diffusione delle filosofie orientaleggianti che avviene durante gli anni ottanta: la richiesta, da parte di maestri e terapeuti, di musica rilassante e suggestiva di facile ascolto ha caratterizzato questo genere dalla programmatica assenza di ogni forma di sperimentazione musicale, nonostante tra i "padri fondatori" della musica New Age vi siano importanti musicisti contemporanei. Il successo della musica New Age presso il grande pubblico, infatti, è dovuto all'intuizione da parte di alcuni produttori discografici (tra tutti William Ackerman dell'etichetta Windham Hill Records di Palo Alto) di offrire questa musica melodica e distensiva come "la musica classica degli yuppies".. -
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Electronic Dance Music
L'electronic dance music, spesso indicata con l'acronimo EDM, è una denominazione coniata per abbracciare tutti quei generi musicali di musica elettronica prodotti principalmente per la discoteca, o in generale comunque per essere ballati.
Spesso si tende a considerare tutta la musica da ballo contemporanea come musica elettronica e viceversa, ma è un'equazione che in molti casi risulta falsa: basta pensare per esempio all'ambient, che fa parte della musica elettronica ma è totalmente inadatto al ballo.
Storia
l concetto di EDM nasce quando al concetto di musica da ballo si fonde quello di elettronica, quindi soprattutto nella seconda metà del '900 quando lo sviluppo tecnologico permette un abbattimento dei costi di produzione di apparecchiature elettroniche in un momento in cui molti artisti (soprattutto in europa) iniziano a fondere l'elettronica con la musica popolare. La tendenza viene recepita anche negli USA dove la musica ballabile era prevalentemente quella di matrice afroamericana (quindi dsco music, funk, soul, ecc.). Ma quando questo tipo di musica è giunto alla saturazione la sperimentazione elettronica ha fatto nascere nuovi generi come la house music e la techno che hanno segnato i primordi della EDM insieme al prodotto della new wave europea.
Evoluzioni
Queste tre correnti si sono evolute nei tempi contaminando e contaminandosi e dando di volta in volta vita ad altri generi: dal synthpop nasce la EBM e da questa la trance, la trance contamina l'house facendo nascere la trance-progressive, mentre in Olanda si sperimentava su base techno generando l'hardcore, ripreso poi in Inghilterra e fuso con le melodie reggae per arrivare alla jungle. Questa è solo una minima parte (ed esposta in maniera tanto sintetica da diventare riduttiva) del percorso che ha avuto la EDM negli ultimi 30 anni. A questo si può aggiungere anche l'hip hop che ha avuto un suo sviluppo restando abbastanza isolato dal ceppo iniziale visto sopra. Tuttavia commistioni del funk con le sperimentazioni tipiche dei Kraftwerk hanno creato il cosiddetto electro funk che ha posto le basi per quello che è diventato il breakbeat, ma anche per l'hip hop stesso.
La discoteca
Naturalmente la maggiore incubatrice della musica dance elettronica è stato il luogo del ballo per eccellenza, ovvero la discoteca, con il DJ ad assumere il ruolo di manipolatore; è il dj il maggior creatore e fruitore di musica EDM. I primi esperimenti sono stati fatti proprio dal vivo nelle discoteche, con l'ausilio di apparecchi elettronici di riproduzione e processing, come rispettivamente piatti e lettori a nastro, e mixer, equalizzatori, vocoder. DJ Kool Herc usava due copie dello stesso disco sui due giradischi per ottenere un primordiale loop ponendo le basi a quello che sarà uno dei concetti fondamentali di tutto il mondo EDM: il groove e il campionamento. Una cosa simile la faceva il dj Tom Moulton ma in studio, manipolando i nastri di canzoni per aggiungere effetti, allungare particolari momento della canzone e unire suoni diversi, creando così i primi remix. qualcosa di simile la faceva Frankie Knuckles i cui lavori però, più che remix potevano considerarsi edit che poi venivano suonati al club Warehouse accompagnati dal suono di drum machines e di effetti creati con un disco che gira sul "terzo piatto". È così che nasce la musica house. In ogni caso, la musica EDM non va ricondotta ad un esclusivo uso "intrattenitivo".. -
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Dallo stereo escono note di jazz suadente che poi aleggiano nell’aria posandosi soavemente nel mio spirito. Il jazz, questa parola sexy, intrigante che fa sognare notte, mare e la luna che si specchia nel profondo e calmo blu di una notte primaverile di metà maggio. Che cos’è il jazz? E’ qualcosa che viene detta all’improvviso… …oh …quello è jazz! Qualcosa che quando viene sussurrata non riesci ad interpretarla subito, ti lasci avvolgere da questo suono chiudi gli occhi, poi riapri gli occhi e ti accorgi che… in realtà quello che sempre desideravi è lì con te, dentro di te; la pace che investe il tuo spirito quella voglia costante di immergersi nella beatitudine dell’Universo nel respiro di questa notte che verrà. A.Meloni
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La Musica Africana
Le fasi più importanti della vita di un individuo sono contrassegnate dalla musica. In Africa, fin dai tempi più remoti ha avuto molte funzioni: da quella di accompagnare cerimonie religiose a quella di festeggiare particolari avvenimenti ed è stata praticata anche nei villaggi più sperduti e nascosti delle immense foreste o degli altipiani.
J. H. Kwabena Nketia, etnomusicologo del Ghana, definisce lo studio della musica africana a sud del Sahara come “lo studio della diversità nell’unità”. Osservate complessivamente dall’esterno le musiche africane sub-sahariane mostrano un insieme di caratteristiche e di tendenze comuni, mentre a un’osservazione più attenta risulta evidente la presenza di una grande varietà tra le diverse tradizioni. È possibile identificare due grandi aree stilistiche: la prima comprende l’Africa settentrionale; la seconda la grande foresta equatoriale e tutta l’Africa australe. Mentre la prima zona ha subito notevoli influssi dalla cultura islamica, la seconda rappresenta la culla dell’autentica musica africana.
I caratteri fondamentali di quest'ultima si possono riassumere nella diffusione della pratica collettiva del canto, nell'uso di cori misti, della polifonia vocale, nel gusto per i grandi complessi strumentali, nell'adozione di scale pentatoniche su cui poggia il sistema musicale africano. Questo assume spesso un carattere dialogico: le voci, gli strumenti, perfino le mani del singolo esecutore, intervengono a turno come i diversi interlocutori in un dialogo. Uno degli stili più diffusi è quello detto “a chiamata e risposta”, in cui il coro ripete un ritornello fisso in risposta al solista che fa da guida, e che gode di una maggior libertà d’improvvisazione.
La musica africana non può in alcun modo dirsi primitiva, in quanto presenta complessità di strutture, varietà di procedimenti tecnici e costruzioni polifoniche. Sottilissima è anche la sensibilità ritmica. Spesso l’interesse per il ritmo prevale su altri aspetti quali la melodia o l'armonia. A questo proposito viene associato alla musica africana l'uso dei tamburi, ma anche l'utilizzo in funzione ritmica di una vasta gamma di strumenti idiofoni non melodifici (sonagli, gong, idiofoni a percussione reciproca, campane e simili). Più in funzione ritmica che in funzione melodica vengono spesso adoperati anche strumenti melodici quali xilofoni (balafon), liuti, flauti e arpe. I moduli ritmici tendono a essere brevi e ripetitivi. L'uso degli strumenti musicali, poi, può assumere valenze o significati differenti in relazione all'etnia oltre che, appunto, alla circostanza e al contesto. Vi è dunque una grande varietà di musiche: ninne-nanne, musiche da lavoro, per il raccolto, per il gioco, per danze, per matrimoni, nascite, per cerimonie rituali (come sepolture o riti di pubertà), musiche di accompagnamento a processioni e così via. Tutto ciò è caratteristico delle espressioni musicali di tutti i Paesi del continente africano.
Gli strumenti
In nessun continente come quello africano, esiste una quantità tanto importante di strumenti musicali.
Tra gli strumenti a percussione, i più legati a significati extramusicali, spiccano moltissime varietà di tamburi. Il corpo del tamburo è fatto di legno o creta, mentre le membrane sono di pelle di animali. Nei tamburi a frizione il suono viene prodotto sfregandone la membrana, mentre quelli a clessidra dell’Africa occidentale, chiamati anche tamburi parlanti, possono imitare l’andamento sonoro della voce umana. Altri strumenti a percussione sono xilofoni, nacchere e campane, in legno, ferro, rame e canna di bambù. Ma lo strumento tipicamente africano è il lamellofono (noto anche come mbira, kalimba, likembe, o sanza), costituito da una serie di strisce di metallo o di bambù fissate a una piccola cassa di risonanza, e che viene suonato per vibrazione.
Gli strumenti a corda comprendono quelli ad arco e quelli a pizzico. Vi sono arpe, cetre, lire e liuti. La kora è lo strumento principale dei cantastorie (griot): la sua cassa di risonanza è ricavata da una zucca su cui è tesa una pelle di vacca e sul suo manico di legno sono tese 21 corde, che vengono pizzicate. Popolare è lo xalam, un liuto a pizzico progenitore del banjo. L’arco sonoro (ekibulenge), derivato direttamente dall’arco con il quale comunemente si scagliano le frecce, è costituito da una corda tesa tra le due estremità di un’asta flessibile e svolge un ruolo particolarmente importante nella musica tradizionale delle popolazioni meridionali.
Fra gli strumenti a fiato sono molto diffusi fischietti, clarinetti, flauti traversi di bambù, legno, creta, osso, metallo e altri materiali e trombe ricavate dalle corna degli animali. Le note di altezza diversa possono essere ottenute grazie alla lunghezza degli strumenti e ai fori praticati nei tubi sonori.
La musica africana nella società
La musica ha ancora una funzione importante nella società africana. E’ usata per trasmettere conoscenze e valori e per celebrare eventi pubblici e privati, combinandosi a volte con la parola e la danza. Tra i mande dell’Africa occidentale, i cantori raccontano ancora oggi le vicende delle potenti dinastie.
La musica è un fondamentale elemento di vita per le popolazioni. In Ghana esistono speciali cantilene per canzonare chi bagna il letto e per festeggiare la caduta del primo dente da latte.
In molte religioni africane il suono è ritenuto uno dei mezzi principali con cui le divinità e gli esseri umani impongono ordine all’universo. In Africa occidentale i tamburi svolgono un ruolo fondamentale nelle cerimonie di trance, nelle quali le divinità si impossessano del corpo dei devoti. La musica viene inoltre utilizzata per organizzare le attività di lavoro. Ad esempio, tra le popolazioni pigmee canti e rituali servono a coordinare i movimenti dei cacciatori nella foresta.
La musica di consumo
La musica leggera che si produce in Africa è una miscela di tradizioni indigene, europee, americane, e mediorientali. Lo stile più influente in questo campo è il soukouss, una musica per orchestra di chitarre di origine congolese sviluppatasi sotto l’influsso della musica afrocubana. In Ghana si è sviluppato uno stile definito highlife, eseguito dall’orchestra da ballo e dall’orchestra di chitarre elettriche accompagnate dalle percussioni. In Nigeria lo stile afro-beat, derivato dall’highlife, ha subito l’influsso della musica pop afroamericana e del jazz, con i suoi negro spirituals (canti religiosi) e i plantation songs (canti profani).
La tradizione dei griot delle savane dell’Africa occidentale continua con musicisti che usano strumenti tradizionali quali lo xilofono e la kora, affiancati da chitarre elettriche e sintetizzatori. Il loro stile vocale amalgama la musica islamica con quella delle savane. In Sudafrica è nata una delle correnti più note della musica popolare africana: il mbaqanga, sviluppatosi nelle townships (periferie nere) all’epoca dell’ apartheid. I gruppi odierni di mbaqanga presentano una voce solista e un coro, chitarra e basso elettrico, batteria e varie combinazioni di sassofono, bandoneon o organo. Lo stile corale maschile zulu isicathamiya, si rifà a canti nuziali tradizionali, stili corali afroamericani e inni metodisti.
Le espressioni musicali nella danza
Nelle tradizioni popolari di tutti i paesi e le popolazioni del mondo la danza, così come il canto, rappresenta un momento importante di socializzazione e di celebrazione. Danza e canto, a loro volta, sono intimamente legati all’uso degli strumenti musicali.
La danza delle popolazioni che abitano la parte subsahariana del continente africano è praticata all'interno delle cerimonie religiose e sociali come intrattenimento o manifestazione artistica.
Infatti la danza è considerata un mezzo di comunicazione spirituale e il danzatore è quindi anche maestro, depositario della storia, celebrante, medium spirituale, guaritore e narratore.
I temi ai quali si ispirano le danze sono vari e vanno dagli antichi riti legati alla caccia, all'agricoltura o alla fertilità. Ne è un esempio la danza sudafricana detta "dello stivale di gomma", inventata dai minatori neri che, poiché il sistema dell'apartheid negava loro il diritto di suonare strumenti musicali, ritmavano i balli usando gli stivali come strumento a percussione.
Proprio per la sua funzione di rituale legato al mondo della spiritualità, la danza è considerata una forma simbolica di comunicazione con gli spiriti e le forze della natura, in cui i danzatori, indossando delle maschere, assumono l'identità di uno spirito o di un antenato; altre danze sottolineano e accompagnano momenti cruciali della vita sociale, come l'ingresso di un giovane nell'età adulta. Le danze, che vanno ormai codificandosi attraverso manifestazioni culturalizzate, costituiscono l’espressione più genuina dell’anima indigena: l’Africa è la patria della danza saltata, di sfrenata irruenza, di quella di imitazione animale, armata, ma vi sono anche danze in tondo sui trampoli, e alcune elaborate in cui le evoluzioni si fanno più lente e complesse.
Oggi sono molte le università del continente che hanno creato sezioni volte ad assicurare la conservazione dei balli tradizionali e a favorire lo sviluppo di nuove forme coreografiche da presentare anche all'estero.. -
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LA MUSICA
La musica nell'arte
La musica nell'arte Alla scoperta di quella disciplina che ha influenzato la cultura nel corso dei millenni Fine ˜800 “ Inizio ˜900 Mi sembrava che l'anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l'inflessibile volonta del pennello strappava loro una parte di vita La musica e'¨ sempre stata una delle discipline artistiche che ha maggiormente influenzato la cultura; dalla letteratura, all'arte, fino alla filosofia. Questa disciplina antichissima affonda le sue radici già nell'era preistorica, per svilupparsi via via nel corso dei secoli, culminare in eta' romantica con i grandi come il celebre Ludwig Van Beethoven ( anche se pre-romantico, inizia a comporre in chiave romantica già da fine ˜700 ) e Robert Schumann in Germania, e Vincenzo Bellini, Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi in Italia, fino ad arrivare ai giorni nostri. Prenderemo in esame lo sviluppo e l'influenza di quest'arte sublime tra fine 1800 e inizio 1900, analizzandone la sua importanza proprio nelle discipline sopra citate, quali arte, filosofia, storia e letteratura.
La musica tra arte, religione, scienza e vita quotidiana
Cos’è la musica?
“La musica è una cosa misteriosa. Quando l’ascoltiamo essa ci suggestiona, ci eleva, ci anima, ci culla, ci rattrista, ci turba. Rende più importanti noi e il mondo in cui risuona, sia esso il mondo di ogni giorno o quello fantastico di un film o di una pièce teatrale. Illumina particolari oggetti, avvenimenti, espressioni o gesti di per sé irrilevanti dando loro un nuovo significato” . In questa prospettiva la musica ha il potere di valorizzare anche gli aspetti più semplici e minuscoli della vita, di evidenziare i moti emotivi e affettivi più intimi, di rendere più familiare e umano il mondo esterno, così che niente vada disperso e tutto sia asservito all’essere umano.
La musica è trascendimento, seppur momentaneo e incompleto, della finitezza umana. Secondo Dahlhaus “la musica coglie [l’assoluto] senza mediazioni, ma allo stesso tempo esso si oscura, così come una luce troppo forte abbaglia e l’occhio non può vedere quel che è interamente visibile” . Pertanto la musica ci permette di oltrepassare almeno per un po’ il confine del nostro essere e cogliere l’Altro e l’Assoluto, conservando però il mistero e la consapevolezza dei nostri limiti.
La musica giunge là dove la parola non arriva, in quelle regioni dove il verbo tace e lascia il posto all’inesprimibile, all’indicibile. Debussy diceva che la musica “esprime l’inesprimibile all’infinito” .
La musica può portarci lontano, nell’immensità delle sensazioni, delle emozioni, degli affetti; con lei possiamo immergerci nei misteri che avvolgono e sono parte dell’essere umano, senza però poterli svelare completamente: dall’inesprimibile mistero di Dio, all’inesauribile mistero dell’amore, all’incanto del mistero della vita.
La musica porta al divino, perché ha in sé tracce della trascendenza come afferma Plutarco definendola “invenzione divina” o come scrive Addison nella composizione Una canzone per il giorno di Santa Cecilia: “Musica, il più grande bene che i mortali conoscano. E tutto ciò che del paradiso noi abbiamo quaggiù” (10).
La musica porta al principio della vita, l’amore. Col potere evocativo di melodie e ritmi ci ricorda che amiamo non solamente con il corpo e la mente, ma con tutto il nostro essere; è nell’interezza la profondità e l’autenticità dell’amore. Si nasce da un atto d’amore, si vive ricercando l’amore e si muore nella speranza di ricongiungerci all’Amore Assoluto.
Comunque sia, grazie alla musica possiamo viaggiare nell’infinito e nell’eterno e ritornando nella piccolezza del nostro essere ci sorprendiamo rinnovati, rinvigoriti e affinati, scopriamo che di qualche frammento di mistero siamo riusciti a cogliere la pienezza di senso.
La musica non esprime significati precisi, non spiega parola per parola, punto per punto, ma piuttosto suggerisce “cioè crea delle forze immaginative che provocano e orientano le associazioni verbali; o, se si vuole, delle direzioni semantiche, che sotto forma di impressioni vaghe e fluttuanti si manifestano alla coscienza del soggetto che le cristallizza con delle parole in significati precisi” .
La musica inoltre ha un forte potere evocativo e, anche indipendentemente dalla nostra volontà, fa riemergere ricordi, abbozza riflessioni, sussurra idee, bisbiglia nomi, tratteggia luoghi, grida la rabbia, urla il dolore, esalta la gioia e noi sussultiamo, ansimiamo, gioiamo, ricordiamo, creiamo, amiamo… viviamo!
È possibile anche il processo inverso, quindi idee, immagini o eventi extramusicali possono ispirare e influire sulla creazione di una musica, senza però che diventino oggetto di una vera e propria descrizione. È ciò che è successo a Schumann nella composizione di Kinderszenen (Scene infantili). In una lettera alla fidanzata, la giovane pianista Clara Wiech, a proposito della sua composizione così si esprime: “Era come un’eco delle tue parole, allorché mi scrivesti che a volte ti sembro come un bambino – in breve, mi sembrava di essere proprio un bambino e composi allora circa trenta brevi e graziosi pezzi, ne ho poi selezionato una dozzina e li ho chiamati Scene infantili ”. Schumann a seguito di una recensione di Rellstab, poco gradita, precisa: “Quello pensa di certo che io abbia preso a modello un bambino che strillava e che abbia poi cercato le note. È vero invece il contrario. Eppure non posso negare che durante la composizione mi son passate per la mente alcune figure infantili” .
Quindi l’essere cullato, sognare, addormentarsi, giocare, la delicatezza di un’effusione affettiva, l’esplosione di gioia lasciano in ogni essere umano una traccia ritrovabile o esprimibile in un brano musicale di qualsiasi genere.
La musica “classica, colta, leggera, commerciale” quando di qualità si muove in noi e spazia dalla mente al corpo e all’anima, permettendoci di sentire l’unità integrale del nostro essere e, indipendentemente dalla competenza musicali, di cogliere un pensiero non pensato prima, di commuoverci, di intensificare l’esperienza del dolore, della confusione, della gioia, dell’estasi.
La musica è specchio della cultura di un popolo, di un’epoca quando riesce ad accomunare chi l’ascolta nella condivisione di qualcosa: emozione, affetto, pensiero, ricordo… e nell’ascolto tutti si sentono uniti e diventano uno. È lo stesso incanto del coro: tante voci differenti che diventano una sola voce, quella appunto del coro, unificate proprio dalla musica.
La musica è l’impalpabile coincidenza degli opposti, in cui elementi antitetici perdono la loro inconciliabilità e divengono polarità che si compenetrano, cioè gli opposti trovano l’armonica sintesi. È simile a ciò che sente la persona innamorata a cui è donato vivere il possibile e l’impossibile; l’immaginabile e l’inimmaginabile, l’individuale e l’universale. Questo aspetto, peraltro comune ad altre espressioni artistiche e alla spiritualità, nell’esperienza musicale si concretizza attraverso l’intreccio tra: “sensibile e soprasensibile rigore e sogno, moralità e magia, ragione e sentimento, giorno e notte .
La musica è stata riconosciuta come valido strumento educativo; stimola ed affina ad esempio l’espressione, l’immaginazione, la rappresentazione e le abilità nello stabilire e mantenere le relazioni sociali. Lutero così si esprimeva in una lettera inviata al musicista Senfl nel 1530: “La musica è un po’ come una disciplina che rende gli uomini più pazienti e più docili, più modesti e più ragionevoli. Grazie alla musica si dimentica la collera e tutti gli altri vizi. Chiunque è portato per quest’arte non può non essere un uomo di buon carattere, pronto a tutto” .
La musica può inoltre liberare dai pesanti attacchi della quotidianità, accendere la creatività, placare il dolore, rafforzare il coraggio, raffinare il gusto, stimolare l’intelletto, proteggere gli affetti, rinvigorire la salute, ecc. Pertanto la musica per la sua presenza in tutte le culture di tutti i tempi e per la potente influenza nei diversi aspetti della persona, da quello fisico a quello sociale, ma in particolare nel funzionamento psichico, nell’elaborazione dell’identità individuale e di gruppo, può essere una risorsa elettiva per lo sviluppo dell’essere umano e la cura della salute in ogni fase della vita, dal concepimento alla morte. Ne era certo Mandel, per il quale “la musica è una forza potente per il benessere e per una buona salute.”. -
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Blues
Il blues è una forma musicale vocale e strumentale la cui forma originale è caratterizzata da una struttura ripetitiva di dodici battute e dall'uso, nella melodia, delle cosiddette blue note.
Le radici del blues sono da ricercare tra i canti delle comunità di schiavi afroamericani nelle piantagioni degli stati meridionali degli USA (la cosiddetta Cotton Belt). La struttura antifonale (di chiamata e risposta) e l'uso delle blue note (un intervallo di quinta diminuita che l'armonia classica considera dissonante e che in Italia valse al blues il nomignolo di musica stonata) apparentano il blues alle forme musicali dell'Africa occidentale.
Molti degli stili della musica popolare moderna derivano o sono stati fortemente influenzati dal blues.
Sebbene ragtime e spiritual non abbiano la stessa origine del blues, questi tre stili musicali afro americani si sono fortemente influenzati tra loro. Altri generi sono derivazioni o comunque sono stati fortemente influenzati da questi: jazz, bluegrass, rhythm and blues, talking blues, rock and roll, hip-hop, musica pop in genere.
La ricerca musicale di molti artisti ha portato il blues, e soprattutto il jazz, a contatto con molteplici realtà musicali, creando stili sempre nuovi e differenti.
Il significato del nome
Il colore blu viene comunemente associato alla sofferenza, alla tristezza e all'infelicità. Il blues è la parola con cui la cultura "bianca" ha caratterizzato lo status e la cultura delle popolazioni nere americane. Il significato dell'aggettivo inglese blue, è connesso all'associazione tra il colore blu e un senso di nostalgia e tristezza che si vuole far credere tipico della musica afro-americana, poiché così è ed era percepita dall'orecchio degli uditori "bianchi" non abituati a intervalli più piccoli dei semitoni. Blues deriva dall'espressione "to have the blue devils", avere i diavoli blu.
Le origini
Come per molte forme di musica popolare, le origini del blues sono oggetto di molte discussioni.
In particolare, non c'è una precisa data di nascita per questo genere musicale: la traccia più antica di una forma musicale simile al blues è il racconto che, nel 1901, fece un archeologo del Mississippi, descrivendo il canto di lavoratori neri che sembra avere affinità melodiche e liriche con il blues. Non è, dunque, possibile stabilire con esattezza una data che segni l'origine del genere, tuttavia un anno fondamentale fu il 1865, anno dell'abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d'America: ottenuta la libertà, numerosi ex schiavi-musicisti iniziarono a portare la loro musica fuori dalle piantagioni e, nel giro di qualche decennio, questo genere fu noto ai più fino a giungere alle prime attestazioni che ci sono pervenute.
Uno dei più importanti antenati del blues è senz'altro lo spiritual, una forma di canto devozionale nato dalle riunioni di devoti durante il Grande risveglio dei primi anni del XIX secolo. Di argomento malinconico e appassionato, rispetto al blues gli spiritual avevano accenti meno personali e rivolti alla persona del cantante, riferendosi spesso alla condizione dell'umanità in generale e al suo rapporto con Dio, e i testi erano corrispondentemente meno profani.
Altri antenati del blues vanno cercati fra le work song (canzone di lavoro) degli schiavi di colore (field hollers) e di altra provenienza (canti dei portuali o stevedore; canti dei manovali o roustabout), che risuonavano in America all'epoca della Guerra di secessione (e anche negli anni successivi, in cui la condizione di soggezione e povertà degli afroamericani persistette nonostante l'abolizione della schiavitù). Da questi il blues ereditò probabilmente la sua struttura di call and response ("chiamata e risposta"), di origine Africana, mutuando invece la sua struttura armonica e strumentale dalla tradizione europea.
Molte delle caratteristiche del blues, a cominciare dalla struttura antifonale e dall'uso delle blue notes, possono essere fatte risalire alla musica africana. Sylviane Diouf ha individuato molti tratti, tra cui l'uso di melismi e la pesante intonazione nasale, che fanno pensare a parentele con la musica dell'Africa centrale e occidentale. L'etnomusicologo Gerhard Kubik è stato forse il primo ad attribuire certi elementi del blues alla musica islamica dell'Africa Centrale e Occidentale:
"Gli strumenti a corda (i preferiti dagli schiavi provenienti dalle regioni islamiche) erano generalmente tollerati dai padroni che li consideravano simili agli strumenti europei come il violino. Per questo motivo gli schiavi che riuscivano a procurarsi un banjo avevano più possibilità di suonare in pubblico. Questa musica solista degli schiavi avevano alcune caratteristiche dello stile di canzone Arabo-Islamica che era stata presente per secoli nell'Africa centro-occidentale" dice Gerhard Kubik, un professore di etnomusicologia dell'Università di Mainz, in Germania, e l'autore di uno dei più completi trattati sulle origini africane del blues (Africa and the Blues).
Kubik fa inoltre notare che la tecnica, tipica del Mississippi e ricordata dal bluesman W. C. Handy nella sua autobiografia, di suonare la chitarra usando la lama di un coltello, ha corrispettivi in Africa. Anche il diddley bow,uno strumento casalingo fatto da una singola corda tesa su un asse di legno, che viene pizzicata modulando il suono tramite uno slide fatto di vetro, che si incontrava spesso nell'America meridionale agli inizi del 1900, era di derivazione africana.
Nel corso della sua evoluzione, il blues acquisì alcune delle sue caratteristiche dalle "Arie etiopi", gli spettacoli minstrel e dal ragtime. In questo periodo il blues, come testimoniato ad esempio dalle registrazioni di Leadbelly e di Henry Thomas, ha molte forme diverse, le più frequenti essendo le forme in dodici, otto o sedici battute basate sul giro tonica - sottodominante - dominante descritto nel seguito. La forma del blues standard in dodici battute fa la sua apparizione documentata nelle comunità afroamericane del tratto meridionale del Mississippi, sulla Beale Street di Memphis, e nelle orchestre bianche di New Orleans.
Struttura musicale e testi
Il blues ha una struttura relativamente semplice sia per la parte musicale che per quella del testo. Lo schema musicale fa uso prevalentemente della scala pentatonica minore (in Do: Do,Mib,Fa,Sol,Sib,Do) e della scala blues (in Do: Do,Mib,Fa,Fa#, Sol,Sib,Do) e si snoda lungo tre frasi da quattro battute ognuna, basate su tre accordi fondamentali.
La sua struttura metrica è generalmente di 12 misure (o battute), ma esistono anche blues di 16 o 24 misure, generalmente grazie all'introduzione di segmenti addizionali di 4 misure con varie funzioni e strutture tematiche. Armonicamente presenta la progressione tipica tonica-sottodominante-dominante, distribuita sulle dodici misure. La melodia o il canto hanno un impianto antifonale di domanda-risposta, solitamente divisa in tre parti: domanda nelle prime 4 misure, risposta nelle successive 4 e conclusione nelle ultime. Il blues produce un senso di indefinitezza tonale, dato dall'uso di scale pentatoniche e del loro adattamento alle varie scale europee. Il terzo grado e il settimo della scala diatonica vengono abbassati. Si noti che questo comporta una dissonanza caratteristica tra l'armonizzazione (che nel blues maggiore, usa terze maggiori) e la melodia (le cui scale tipiche usano terze minori): questo modo di cantare in minore su maggiore rappresenta una delle ambiguità tipiche del blues.
Nel caso del blues in 12 misure, il testo si articola in versi di tre strofe in cui le prime due si ripetono e, generalmente, è molto esplicito, con frequenti riferimenti al sesso.
Quantunque il blues abbia struttura, schemi musicali e sonorità affini al gospel si oppone a quest'ultimo proprio per la caratteristica di empietà dissacratoria che, spesso, lo accompagna che mal si adatta ai temi sacri trattati dai gospel cantati dai predicatori nelle comunità cristiane. Raramente in brani blues è possibile cogliere virtuosismi strumentali o tecniche raffinate poiché si tratta di un genere "povero" basato sulle emozioni, sull'anima dell'esecutore ma anche dell'ascoltatore. La semplicità stessa dei temi e della struttura permette a questo genere di essere eseguito con strumentazioni al limite dell'essenziale.
Strumenti
La tradizione musicale africana si basa su intervalli musicali differenti da quelli presenti nel sistema occidentale (temperamento equabile) e gli strumenti melodici sono intonati in maniera differente. Questo favorì l'utilizzo di voce, chitarra e armonica a bocca, tutti strumenti in grado di riprodurre le "stonature" (per mezzo della tecnica del bending) controllate di cui avevano bisogno i musicisti per avvicinare la loro musica a quella dei loro avi.
Queste "stonature", o meglio deviazioni dalla scala diatonica occidentale, ancora oggi sono il marchio indelebile del suono blues, e si possono classificare in diversi tipi a seconda dell'intervallo alle quali sono applicate. Di seguito verranno analizzate alcune di queste particolarità, per comprendere le quali sarà utile avere presente alcune nozioni di armonia di base.
III grado
Nel sistema tonale occidentale questo grado di una scala serve come discriminatore per stabilirne il carattere:
* se è maggiore (detto anche terza maggiore comprendente 4 semitoni), il pezzo in genere suona più allegro e spensierato;
* se è minore, contribuisce ad un'atmosfera struggente.
Nel blues invece la terza non è così ben definita:
* a livello "fisico" la frequenza in Hertz della nota non corrisponde quasi mai né ad una terza maggiore né ad una terza minore;
* a livello "musicale" viene utilizzata per enfatizzare i passaggi importanti di un brano, facendola avvicinare alternativamente ad una terza maggiore o minore a seconda del risultato che si vuole ottenere.
L'indeterminatezza del terzo grado (maggiore-minore) può essere vista in modo diverso: la terza minore, ad esempio, può essere interpretata come una nona aumentata. È invece sottolineata la settima minore, tipica e caratteristica del Blues
V grado
Questo grado è presente nella quasi totalità delle culture musicali per la sua particolarità: corrisponde a 1/3 della frequenza presa come tonica. I due sistemi (tonale e...resto del mondo) si assomigliano molto su questo intervallo, che viene sfruttato come "forza trainante" per tornare alla tonica, pur se con scopi e modalità leggermente diversi:
* nella musica classica il passaggio V-I viene utilizzato come sigillo conclusivo di un passaggio musicale anche molto complicato: il cosiddetto finale;
* nel blues tradizionale è raro avere un vero e proprio finale, costruzione musicale introdotta infatti dai bluesman bianchi e dai musicisti di città in genere per rendere più commerciale la loro musica. Il V grado viene utilizzato per lanciare un altro giro della canzone e ricominciare tutto da capo (turnaround).
Il blues è composto da diversi movimenti circolari presenti a tutte le scale di grandezza:
* a livello ritmico si presenta come una figura chiamata shuffle, movimento sincopato a metà strada tra le terzine e i sedicesimi, che produce una continua tensione verso il beat successivo;
* a livello di struttura si ha una ripetizione ossessiva della stessa serie di accordi e frasi musicali, con variazioni più o meno significative e/o regolari;
* alla fine di ogni strofa si assiste al cosiddetto turnaround, tradotto spesso in italiano come giro di boa, concluso quasi sempre con il V grado.
Di importanza particolare è poi il V grado diminuito (detto tritono, 6 semitoni), utilizzato come nota di passaggio e capace da solo di portare una scala verso sonorità decisamente bluesy.
Tipi di Blues
Il blues ha prodotto una gran varietà di sottogeneri, ognuno con le sue caratteristiche peculiari. Alcuni tra i più noti sono il Rock & Roll, il Boogie Woogie e il Rhythm and Blues.
Blues in Italia
La diffusione del blues in Italia inizia nella seconda metà del 1900, assieme a quella delle principali forme musicali derivate (rock e jazz), tutte colpite dall'embargo culturale imposto negli anni del fascismo.
Negli anni settanta, alcuni musicisti blues americani e inglesi, come Andy J. Forrest, Cooper Terry e Dave Baker, si trasferiscono in Italia, contribuendo alla diffusione del genere. Celebri artisti che hanno dato un grande contributo alla diffusione del blues negli ultimi anni sono l'armonicista Fabio Treves con la sua Treves Blues Band, Guido Toffoletti, Tolo Marton, Giancarlo Crea & Model T Boogie, Vince Vallicelli, Rudy Rotta, Pippo Guarnera, Nick Becattini, Max Lazzarin e soprattutto il grande Angelo "Leadbelly" Rossi. Qualche aiuto alla diffusione del genere è stato dato da Alex Britti, da Roberto Ciotti, da Pino Daniele, da Zucchero, da Eugenio Finardi e da Paolo Belli. Altrettanto importante è stato il contributo di festival quali il Pistoia Blues, il Delta Blues, il Rocce Rosse Blues, il Trasimeno Blues, l'Etna Blues e il Molinara Crossroads.
A partire dal 2000 alcuni studenti dell'Istituto "Costa" di Lecce hanno attivato un portale interamente dedicato al Blues italiano denominato "Blues & Blues" e ancora oggi risulta essere il più importante e prestigioso punto di riferimento per tutti gli artisti e gli appassionati del genere.
Video
wikipedia.