ISOLE nel mondo

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  1. gheagabry
     
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    Quale voce viene sul suono delle onde che non sia la voce del mare?
    È la voce di qualcuno che ci parla, ma che se ascoltiamo tace,
    proprio per esserci messi ad ascoltare.
    E solo se mezzo addormentati, udiamo senza sapere che udiamo,
    essa ci parla della speranza verso la quale, come un bambino
    che dorme, dormendo sorridiamo.
    Sono isole fortunate, sono terre che non hanno luogo, dove il Re vive aspettando.
    Ma, se vi andiamo destando
    tace la voce e solo c'è il mare.
    (Fernando Pessoa)


    l' ISOLA



    Qual’è l’essenza di un isola?....L’isola è racchiusa nella vastità delle acque, un’entità a parte, un minuscolo universo a sè stante: su un’isola anche le piccole cose sono importanti, uno squalo che guizza nella laguna, la quantità di pesce pescato nella giornata, l’essicazione delle noci di cocco....
    L’isola vive in stretto contatto con la natura: il mare è onnipresente; gli uccelli vanno e vengono; le stelle sono più vicine; il sole rovente del meriggio; e quando il vento incomincia ad ululare e le onde a crescere, c’è sempre la possibilità che l’uragano spinga le acque su tutta l’isola.......
    Ogni isola si evolve a modo suo: c’è forse una grande isola che sia più graziosa di Sri Lanka, già Ceylon, sviluppatasi in parte sotto l’influenza della vicina India, ma soprattutto per conto proprio, con le sue tradizioni ed il suo stile? Si può trovare altrove la cultura francese con quello stesso incanto di cui si riveste la Martinica, un’isola che era libera di adottarla o adattarla? Uno degli esempi più chiari in questo senso è dato dalle isole Hawaii, quello splendido amalgama di elementi polinesiani, nordamericani ed orientali.
    Un’isola è abbastanza piccola da poter essere compresa. Chi riesce a capire il Brasile, che ha almeno dieci gruppi etnici, o la Russia, che ne conta un centinaio? Ma quando ci si reca a Moorea, irridescente gioiello di montagne verdi ed azzurre lagune, si ha la possibilità di vedere tutto quello che c’è da vedere, e di conoscere davvero la gente che ci abita.
    In un epoca in cui sembra che tutti ci lasciamo dominare e tiraneggiare dall’idea di grandezza ed imponenza, è un conforto sapere che nel Mare delle Antille esiste un’isola come Saint Barthelemy – 2500 abitanti, 20 chilometri quadrati – con monti dalla vegetazione lussureggiante, invitanti spiagge e qualcosa di vagamente somigliante ad un aereoporto.
    Un’isola, specie se remota, richiama personaggi eccentrici, e conoscerli è molto divertente..Una volta a Tahiti arrivò dall’Austria un giovane di bell’aspetto che pretendeva di essere un barone fuggito dal castello di famiglia per dissidi.
    Sapevano benissimo che non era affatto un barone, ma i bravi isolani dicevano: Non abbiamo mai avuto un barone a Tahiti. Abbiamo avuto quel matto di un conte ed una copia di principi. Ed ora vada per questo barone.
    Dopo qualche anno quell’uomo poteva contare sul suo blasone più di qualunque autentico titolato d’Europa.

    Per finire, gli isolani anche quando dipendono da un altro stato – tendono a restare se stessi, e gli amministratori giunti d’oltremare rischiano di trovarsi impotenti di fronte al problema di dare una certa disciplina agli indigeni.
    (dal web)


    Non sono certa che si possa annoverarla tra i "misteri"... forse no.
    Eppure, a proposito di terre misteriose,
    quest'isola e la sua storia mi hanno sempre affascinato.



    FERDINANDEA


    La storia dell'isola, che non ha nulla di misterioso, è questa.
    il 5 luglio del 1831, al largo di Sciacca, tra tuoni, fulmini, saette, dal mare ribollente emerse un'isola nera, un piccolo vulcano in eruzione.
    In quello stesso periodo Ferdinando II di Borbone era in visita in Sicilia e, incuriosito dallo strano fenomeno, mandò subito sul luogo una nave reale.
    Ma anche gli inglesi erano molto interessati a un avamposto così strategico, tanto che inviarono due navi per esplorare il nuovo territorio e prenderne possesso.
    Così almeno racconta nelle cronache dell'epoca il capitano Shenouse, a sostegno del fatto che l'isola apparteneva agli inglesi, che la chiamarono "isola Graham".
    Neppure i francesi non si tirarono indietro: sbarcarono sull'isola e la fecero propria col nome di "Giulia".
    Nel frattempo i Borboni nell'agosto del 1831 decisero di annetterla al Regno delle Due Sicilie, come isola Ferdinandea.
    Dunque l'isola aveva tre nomi, ed era contesa tra tre grandi potenze: ma tanto interesse non fu sufficiente a contrastare le leggi naturali. Dopo soli cinque mesi, l'isola, così come era apparsa, scomparve di nuovo tra i flutti. Ancora oggi, a soli otto metri di profondità, si può raggiungere la vetta del vulcano.
    La scomparsa dell'isola non fece sopire le polemiche tra chi poteva vantare il fatto di aver messo piede sull'isola e chi non poteva dimostrare altrettanto.
    La gente del posto ricorda che furono i pescatori di Sciacca a sbarcarvi per primi, al comando di Michele Fiorini: l'isola dunque era dei siciliani. La leggenda dice che non vi piantarono una bandiera, bensì un remo: l'isola veniva dal mare e al mare sarebbe tornata.
    Per molto tempo ci si dimenticò di Ferdinandea, che giaceva ad una profondità variabile tra dieci e 25 metri sotto il livello del mare. Ma negli ultimi anni l’innalzamento del vulcano ha portato la cima ad una profondità di soli otto metri, facendo ipotizzare una nuova emersione. Da qui il problema: a chi appartiene?
    Non esistendo più il regno borbonico, inglobato nel Regno d’Italia, la Repubblica italiana se ne considera l’eventuale proprietaria per ragioni geografiche, anche perché Carlo di Borbone ha rinunciato a ogni diritto sull'isola, a favore dello stato italiano. Se Ferdinandea decidesse di riemergere, sarebbe dunque italiana.
    Ma qualche inglese non ha dimenticato l’Union Jack che, seppur per breve tempo, sventolò sulle sue rocce nude e, più per goliardia che per intima convinzione, ha suggerito che Sua Maestà Britannica potrebbe reclamarne la sovranità.
    Non resta che aspettare e vedere chi la spunterà... oppure, sperare che l'isola abbia più giudizio degli uomini e che non riemerga più in superficie.
    ([email protected] )




    Il canonico Arena scriveva che queste eruzioni "sono state sempre precedute da brevi scosse di terremoto che si sono susseguite con fortissimo fragore di boati". Secondo l’Arena "testimoni dell’evento furono i capitani Trafiletti e Corrao, naviganti in quel mare (latitudine 37,11 nord e longitudine 12,44 est) che osservarono un getto d’acqua a cui tennero dietro colonne di fiamme e di fumo che si elevavano ad un’altezza di 550 metri circa. Il 16 luglio si vide emergere la testa di un vulcano in piena eruzione e il 18 lo stesso capitano Corrao, di ritorno, osservò il cono del vulcano che sporgeva dal mare. Presto si vide emergere un’isoletta che crebbe sempre in eruzione e raggiunse, il 4 agosto, una base di tre miglia di circonferenza ed un’altezza di sessanta metri, con due preminenze, una da levante ed una da tramontana, a guisa di due montagne legate insieme; con due laghetti bollenti".



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    Edited by gheagabry - 6/7/2014, 17:11
     
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  2. gheagabry
     
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    Il Great Sea Reef
    delle Isole FIJI




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  4. gheagabry
     
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    .....forse esiste un paradiso sulla terra!!!!


    La MARTINICA



    La Martinica è un meraviglioso dono della natura. Per tutto l’anno. i paesaggi e la vegetazione incredibilmente generosa dell’isola danno spettacolo, per il piacere degli occhi, ma anche di altri sensi ..... Tutte le isole del sud dell’arco delle Antille hanno in comune un modo di sentire e di vivere e una natura rigogliosa e incontaminata: il mar dei Caraibi con le sue mille sfumature e il possente Oceano; la costante brezza dei venti, gli Alisei; le foreste e i vulcani; le spiagge di sabbia bianca da cartolina e quelle di sabbia nera che ha origine nelle profondità della terra...Sono isole che il mare separa e unisce. Il mare racconta la loro storia: dal mare sono giunti i primi abitanti di questi luoghi, gli Indiani Tainos e i Caribe, poi gli Europei, poi le navi negriere, le popolazioni africane rese schiave. Oggi questa storia è ancora drammaticamente presente nei contrasti di queste isole: c’è l’Europa e c’è l’Africa; c’è ricchezza e povertà; ci sono armonia e lotte sociali; c’è un passato doloroso da accettare e un futuro da costruire. Queste isole sono ancora in preda alle doglie del parto di una cultura nuova, comune, che non sia né Africa né Europa né Usa: si parla di cultura creola, di una cultura che tenga conto delle infinite influenze di questo crocevia del Nuovo Mondo e delle ferite profonde dalle quali è nato.

    Come tutte le isole delle Antille, la Martinica è legata alle condizione di un clima tropicale che determina una vegetazione floridissima. Le foreste tropicali si alternano a savane e colline verdi....Alla Martinica si addice alla perfezione il soprannome di « isola dei fiori» (« madinina » per gli Indigeni Caraibici) : dall’eliconio all’ anturio, passando per il red ginger, le buganvillee, i fiori della canna indaca dei grandi boschi, le alpinie, i « becchi di pappagallo », le rose di porcellana… un’infinita varietà di fiori coltivati o selvatici, dalle forme e dai colori molto vari, sboccia in Martinica, donando all’isola un’eleganza e uno splendore unici.
    La Martinica ha quattro anime una selvaggia sulla costa occidentale che da sull’Oceano Atlantico, una calma e paradisiaca sulla costa orientale sul Mar dei Caraibi, una avventurosa fatta di escursioni sul vulcano Mount Pelèe e nelle foreste del nord dell’isola e infine una storica fatta di musei e abitazioni coloniali.
    Le spiagge più famose e rinomate sono Anse Turin, Grande Rivière, Saint Pierre, Basse Piointe e Le Prècheur a nord tutte legate a pittoreschi villaggi collegati tra loro da strade panoramiche mentre a sud Pointe du Diamant, Le Marin, Sainte Anne, Grande Anse de Salines e Les Trois Ilets quest’ultima situata nella baia a sud della capitale.
    Dal punto di vista culturale ...le varie case coloniali, una su tutte L’Habitation Clément un’antica distilleria che sfrutta la storica coltivazione di canna da zucchero per produrre un rinomato rum invecchiato. L’Habitation Clèment è anche un museo storico, qui è inoltre possibile visitare i locali dove vengono invecchiati i rum, i depositi e un favoloso giardino botanico.

    «Il Nord » dal volto selvaggio e scosceso, presenta paesaggi di montagne e di foreste, una natura lussureggiante e inebriante. L’attrattiva principale del Nord dell’isola è rappresentata, dal monte Pelée, il vulcano diventa tristemente famoso l’ 8 Maggio 1902, giorno dell’eruzione che distrusse la città di Saint Pierre con i suoi 30 000 abitanti.
    La foresta della Martinica è un vero scrigno di verde, che racchiude cascate (Saut du Gendarme, Fond Saint Denis, canyon nei picchi di Carbet, nei contrafforti della Montagne Pelée e la stessa Montagne Pelée). Culminando a 1397 m, il monte Pelée è attraversato da decine di corsi d’acqua che scivolano lungo le sue pendici....La costa Sud presenta numerose baie e anse molto pittoresche. La Savane des Pétrifications, una foresta ricca di fossili, all'estremo Sud, costituisce una vera curiosità geologica.


    " E' un isola da visitare, da esplorare, da curiosare per capirla e poi rimanerne affascinati. L’abbiamo visitata, esplorata, abbiamo frugato la costa alla ricerca di spiagge sconosciute, abbiamo avuto la fortuna di fare amicizie che ci hanno permesso di cogliere e condividere la creolità. Sentivamo che forse avevamo trovato la spiaggia perfetta. Naturalmente, visto che siamo quelli che si chiedono sempre: ma come sarà di là?, abbiamo viaggiato alla scoperta di altre isole della regione, dalle Vergini Americane a Grenada e alla fine ci siamo convinti che la Martinica per noi era il posto ideale "
    (dal web)


    ......quando un isola racconta la storia........


    La Martinica fu scoperta da Cristoforo Colombo in occasione del suo 4° viaggio, nel 1502. L’isola era abitata dagli indiani caribi ed era chiamata Madinina, “L’isola dei fiori”. Nel corso del XVII secolo fu colonizzata dalla “Compagnie des Iles d’Amerique” che fondò un piccolo insediamento sulla costa nord-occidentale, che divenne poi l’antica capitale Saint-Pierre.
    Il 31 ottobre 1636 il re Luigi XIII firmò un decreto che autorizzava l’utilizzo degli schiavi nelle Antille Francesi.
    Cominciò così un’intensa opera di colonizzazione, che portò all’inevitabile conflitto con le popolazioni caraibiche; le opere di disboscamento intraprese dai coloni per l’inserimento delle piantagioni di canna da zucchero acuirono i conflitti con le popolazioni indigene, cacciate definitivamente dall’isola nel 1660. L’isola fu poi soggetta alle mire inglesi, che l’occuparono per quasi tutto il periodo compreso tra il 1794 e il 1815, sottraendola per altro ai bagni di sangue della Rivoluzione francese.
    Tra gli scontri tra Francesi e Inglesi ricordiamo la battaglia al Rocher Du Diamant.
    Il Rocher du Diamant o Diamond Rock è un pittoresco isolotto vulcanico alto 176 m al largo del capo sud-occidentale dell’isola, di fronte all’omonima spiaggia Le Diamant. Interessante habitat naturale di numerosi uccelli marini e luogo di attrattiva per i subacquei, questo sperone roccioso ha soprattutto una storia avvincente da raccontarci. Nel 1804 vi sbarcarono 120 marinai inglesi che ne fecero una piccola roccaforte, con caserme e magazzini, e lo chiamarono con lo stesso nome di un’inaffondabile nave da guerra della Marina reale Britannica, Diamond Rock. Per quasi un anno e mezzo gli inglesi attaccarono a cannonate le navi francesi che cercavano di attraversare il passaggio. Le battaglie si conclusero solo con la messa a punto da parte dei Francesi di un piano per ingannare il nemico: l’ammiraglio francese spedì sull’isolotto una scialuppa carica di rum, gli Inglesi ormai isolati da troppo tempo caddero nel tranello e i francesi si riappropriarono dell’isola.



    L’isola fu definitivamente restituita ai Francesi nel 1815, quando, dopo le guerre napoleoniche, l’impero francese stava entrando in una fase di stabilità. In tutto questo periodo un’intensa Tratta dei Neri modificò la popolazione della Martinica. Il persistere dello schiavismo in epoca rivoluzionaria (a differenza della Guadalupa) fu all’origine di numerose rivolte tra il 1816 e il 1848.
    Nel 1848 Victor Schoelcher, ministro francese per i possedimenti d’Oltremare, ottenne l’abolizione della schiavitù nelle Antille francesi, convincendo il governo provvisorio a siglare il Proclama d’Emancipazione.
    La storia dell’isola è segnata da un altro importante avvenimento, l’eruzione della Montagne Pelée l’8 marzo del 1902: la capitale Saint-Pierre, la città più evoluta delle Antille Francesi, venne interamente distrutta da una delle catastrofi naturali più devastanti nella storia dei Carabi e morirono tutti i suoi 30.000 abitanti. Il capoluogo venne definitivamente trasferito a Fort-de-France.
    Dal 1946 la Martinica è Dipartimento Francese D’oltremare e Regione francese dal 1982.




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    Capo Verde



    L'arcipelago era utilizzato come scalo nella rotta per le Americhe ed è per questo che ancora oggi vi si respira un'atmosfera multiculturale. Le isole di Capo Verde, situate al argo della costa occidentale dell'Africa, sono ricche di contrasti. E sono una meta ideale per chi vuole praticare surf e windsurf





    Spiagge bianchissime, onde da surfare e un’anima a metà tra Africa e Portogallo: sono questi gli elementi che hanno trasformato le isole di Capo Verde in un’ambita meta turistica. L’arcipelago, che si trova nell’Oceano Atlantico settentrionale, a 500 chilometri dalle coste del Senegal, è formato da dieci isole di origine vulcanica, all’interno delle quali si trovano valli verdissime e zone desertiche. Capo Verde è terra di contrasti e la sua natura, ancora in larga parte incontaminata, affascina i visitatori stranieri nello stesso modo in cui per secoli ha affascinato i navigatori diretti verso le Americhe. Navigatori di nazionalità portoghese, per la maggior parte, ma anche di altre potenze dell’epoca. La storia coloniale di Capo Verde parte dalla Liguria, poiché furono due fratelli al soldo del re portoghese, i navigatori Antonio e Bartolomeo da Noli, ad arrivarvi per primi nel 1456.


    Sal

    La principale meta turistica è l’isola di Sal, porta di accesso all’arcipelago grazie al suo aeroporto internazionale. Un tempo la maggiore risorsa dell’isola era costituita dalle numerosissime saline, ma le spiagge bianche, che si affacciano su un mare cristallino e sempre tiepido, hanno portato ad una rapida trasformazione dell’economia locale. La spiaggia più famosa è quella di Santa Maria, che si trova nella parte meridionale dell’isola, otto chilometri di sabbia su cui si affacciano una serie di resort a quattro e a cinque stelle. Santa Maria è un paradiso per gli amanti degli sport acquatici: il clima secco e ventilato invita ad affittare una tavola per praticare il windsurf, o a trascorrere intere giornate tra immersioni e pesca d’altura.



    All’imbrunire, dopo ore di relax trascorse in spiaggia, si può fare una passeggiata nel vivace ed ospitale villaggio che si trova alle spalle della spiaggia, per fare acquisti nei negozi di artigianato locale o per scegliere il ristorante dove gustare una cena a base di aragosta e di vino portoghese. Chi non è ancora stanco farà bene a cercare un locale in cui assistere ad uno spettacolo di batuko, la sensuale “danza proibita” di Capo Verde. Dall’altra parte dell’isola, vicino alla cittadina di Espargos, è d’obbligo una visita a Buracona, una piscina naturale formata dall’azione erosiva delle acque e dalla quale si può assistere alle onde che si infrangono sulla scogliera.




    Boavista e San Vincente

    Sono Boavista e S. Vincente le altre due isole dell’arcipelago di Capo Verde che hanno assistito recentemente allo sviluppo dell’industria turistica. Boavista è la più orientale delle isole di Capo Verde e dispone di 55 chilometri di spiagge con sabbia bianca e acqua verde smeraldo. Le principali attrazioni sono la spiaggia di Curralinho, che per molti è la più bella dell’intero arcipelago, e la chiesa di San Roque, costruita dai portoghesi nel 1801.



    San Vincente, invece, è il cuore culturale dell’arcipelago. Nella cittadina di Mindelo, una perla di epoca coloniale, ad agosto si svolge il Festival di Baia Das Gatas, che coinvolge gruppi musicali locali e stranieri. Coloro che decideranno di concedersi una vacanza invernale a Capo Verde, approfittando del clima mite dell’arcipelago, dovranno assolutamente partecipare al carnevale di Mindelo, che deriva dal Martedì Grasso portoghese e che con il tempo ha assorbito elementi del carnevale brasiliano. Ma San Vincente è una meta ideale anche per gli amanti del windsurf: la spiaggia di San Pedro è ritenuta una delle migliori dell’arcipelago per praticare questo sport e attira ogni anno appassionati e professionisti.



     
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    Isole Comore

    Sono le isole più selvagge tra quelle che si trovano nell'Oceano Indiano. Offrono spiagge stupende e poche comodità. Ma le Comore sono anche un luogo da visitare con cautela, a causa dei colpi di stato e delle rivolte che hanno tormanto la storia recente del paese



    Ci sono pochi posti al mondo che riescono ancora a trasmettere una sensazione di luogo remoto, isolato, lontano anni luce dalla modernità. L’arcipelago delle Comore è certamente tra questi posti e ve ne accorgerete ancor prima di arrivarci. Per raggiungere Grand Comore, l’isola dove si trova l’aeroporto internazionale, sarete costretti a cambiare aereo almeno 3 volte, o ad aspettare per ore ed ore nella sala d’attesa di qualche scalo dell’Africa Orientale. Abbiate pazienza, perché quando arriverete vi sembrerà di essere sbarcati in un mondo primitivo, dove la natura ha vinto la sua battaglia con l’uomo. Le Comore offrono spiagge selvagge che si affacciano sulle acque tiepide dell’Oceano Indiano, ma anche enormi crateri vulcanici e riserve di foresta pluviale. Culturalmente l’arcipelago è il punto di incontro della cultura araba con quella swahili.



    Sicurezza
    Le Comore sono uno dei paesi più poveri al mondo e la loro storia recente è un susseguirsi di colpi di stato, rivolte e tentativi di secessione. I movimenti indipendentisti sono radicati sia sull’isola di Anjouan che su quella di Mohéli, mentre Mayotte ha confermato attraverso diversi referendum di voler continuare ad essere amministrata come un territorio della Francia, la potenza coloniale che un tempo governava su tutto l’arcipelago. Questo breve excursus storico serve a farvi capire che le Comore non sono un posto facile da visitare. Farete bene, prima di comprare il biglietto, ad informarvi sull’evolversi della situazione.



    Grand Comore
    La capitale dell’arcipelago è Moroni, che si trova sull’isola di Grand Comore. Anche se la cittadina potrebbe sembrare sporca e decadente, farete bene a dedicarle una giornata del vostro tempo. La cittadella araba è molto pittoresca, con i suoi edifici dalle linee orientali e le donne che vestono abiti dai colori sgargianti. Le spiagge più belle dell’isola si trovano sulla punta settentrionale, intorno alla località di Mitsamiouli. E sono molto particolari: i lembi di sabbia bianca sono circondati dalle palme e dalla lava. Grand Comore è un’isola vulcanica ed ospita uno dei vulcani più attivi al mondo, il Karthala.



    Anjouan e Mohéli
    Se siete in cerca di spiagge da sogno dovete dirigervi verso la vicina isola di Anjouan. E’ qui che potrete assaporare il gusto di una vacanza in un luogo remoto, ma anche lontano da ogni comodità. Le spiagge di Anjouan sono tra le più belle di tutte le Comore e si affacciano su un mare limpidissimo e ricco di vita. Se poi avete voglia di avventura, salite su un traghetto diretto all’isola di Mohéli, l'isola più selvaggia ed arretrata delle Comore. Trascorrerete le vostre vacanze facendo snorkeling sulla barriera corallina o passeggiando tra la vegetazione del parco nazionale.

     
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    Isole Mauritius

    E' una delle destinazioni più belle dell'Oceano Indiano, ma è anche una delle meno care. L'isola di Mauritius ha un'atmosfera multiculturale, spiagge da sogno e punti in cui praticare il surf. E vanta una serie di riserve e di parchi nazionali



    Sognate da tempo una vacanza nell’Oceano Indiano ma pensate che le sue isole siano sinonimo di lusso e di prezzi folli? Allora non avete preso in considerazione l’isola di Mauritius, situata a 900 chilometri dalle coste del Madagascar. Le sue spiagge sono tra le più belle del mondo e l’acqua del mare è costantemente tiepida, ma questi tesori non sono destinati esclusivamente ad una clientela con un budget di spesa molto alto. L’unico costo notevole è quello del biglietto aereo, poiché, se lo vorrete, potrete soggiornare con poche decine di euro in una casa privata o in uno degli alberghi economici costruiti di recente. Ovviamente vi è anche la possibilità di pernottare nei resort di lusso, dove il turista viene coccolato da quando si sveglia a quando va a dormire, ma negli ultimi anni sono stati aperti hotel e strutture adatte a qualsiasi budget. L’altra faccia della medaglia è che, con la crescita del turismo, alcune località hanno perso quell’aspetto selvaggio che tanto affascina i viaggiatori.



    Spiagge
    Le spiagge di sabbia bianca, circondate dalle casuarine e dai banani giganti, sono la maggiore attrattiva di Mauritius. Attenzione a scegliere il luogo principale della vostra vacanza, perché alcune spiagge sono adatte ai bagnanti ed altre ai surfisti. La zona intorno alla Grand Baie è certamente la più popolare tra i turisti che cercano sole e relax. Vi si trovano strutture ricettive di ogni tipo e di ogni prezzo, oltre a pub e locali dove trascorrere una piacevole serata. La spiaggia è sufficientemente grande ed è protetta dai venti e dalle onde, poiché si trova all’interno di un’insenatura naturale. La Grand Baie è situata nella parte più settentrionale dell’isola, poco più a nord di un’altra spiaggia molto battuta, quella di Trou-aux-biches, che è una delle spiagge più belle di Mauritius. E’ particolarmente adatta a chi viaggia con i bambini, poiché l’acqua è bassa per diverse decine di metri. Con una nuotata di pochi minuti, armati di pinne e maschera, potrete raggiungere la barriera corallina e i suoi coloratissimi pesci tropicali.



    Surf
    Gli amanti del surf dovranno dirigersi verso la costa occidentale. E’ qui che si trova Tamarin Bay, un autentico paradiso per chi viaggia alla ricerca dell’onda perfetta. Tamarin è un villaggio di pescatori che si sta rapidamente trasformando in una località turistica, per via della barriera corallina situata davanti ad essa. E’ grazie ad essa che si creano le lunghe onde che arrivano fino alla spiaggia e che sono l’ideale per chi surfa. Anche le famiglie potrebbero avere un motivo per visitare Tamarin, visto che la zona è una delle migliori per avvistare i delfini. Se avete voglia di un incontro ravvicinato, rivolgetevi ai pescatori che all’alba accompagnano i turisti nella baia.



    Port Louis
    Siete fuori strada se pensate che Mauritius offra ai visitatori esclusivamente il suo mare. L’isola è abitata da un insieme di popolazioni diverse che si sono mescolate tra di loro durante i secoli e che hanno creato un’atmosfera unica. Disabitata fino agli ultimi anni del Cinquecento, Mauritius è stata scoperta dai portoghesi e successivamente colonizzata da olandesi, francesi ed inglesi. Oggi è un territorio principalmente francofono, ma è abitato in maggioranza da persone di origine indiana, un quarto della popolazione è creola ed ha anche una nutrita comunità cinese.



    Port Louis, la principale località dell’isola, è l’esempio perfetto dell’anima multiculturale di Mauritius. In città c’è un caotico quartiere musulmano e una china town ancora più caotica, mentre la zona coloniale potrebbe ricordare una località del sud della Francia. Se siete affascinati dagli edifici religiosi avrete l’imbarazzo della scelta: i luoghi di culto più battuti sono la moschea di Jummah e il santuario cattolico di Père Laval, ma concedetevi una visita anche ad un tempio hindù o a una pagoda buddista. Meritano di essere visti anche il Fort Adelaide, costruito dagli inglesi nella prima metà dell’Ottocento, e il moderno quartiere di Le Cauden, con il suo lungomare dove si trovano bar, ristoranti e casinò. La zona più caratteristica della città è il Port Louis Market, dove potrete trovare mercanzie di ogni tipo ed assaporare un’atmosfera tipicamente mauriziana.



    Parchi nazionali
    L’isola di Mauritius offre valide alternative anche a coloro che hanno voglia di immergersi nella natura. Il parco nazionale più famoso è quello delle Black River Gorges, situato nell’entroterra, nella parte meridionale dell’isola. Il parco vi sorprenderà, poiché, con i suoi boschi di conifere, non è certo ciò che vi aspettereste da una riserva situata ai tropici. Nella stessa parte dell’isola si trova anche il Crocodile & Giant Tortoises Park, dove potrete osservare le tartarughe giganti e i coccodrilli del Nilo. Sulla costa occidentale si trova invece lo Yemen Natural Reserve Park. Con un safari di un paio d’ore avrete la possibilità di vedere macachi, cervi e struzzi.

     
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  9. gheagabry
     
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    "Le Hawaii non sono uno stato mentale, ma uno stato di grazia"
    (Paul Theroux)


    Le HAWAII



    Le Isole Hawaii sono di origine vulcanica. Emersero dal mare per una serie ripetuta di eruzioni. Quando la lava solidificò sull'isola non esisteva alcune forma di vita. Furono il vento e gli uccelli a portare i primi semi da cui poi nacque una fitta foresta grazie alla fertilità del terreno vulcanico.
    Più tardi i Polinesiani arrivarono con le loro canoe portando nuove piante e i loro animali. La maggior parte della fauna e della flora che arrivò sull'isola sviluppo nuove caratteristiche per adattarsi ed si sviluppò in nuove specie. Ad oggi circa il 90% delle piante ed animali delle Hawaii sono endemiche cioè presenti solo in questo arcipelago.
    La capitale è Honolulu, che si trova sull'isola di Ohau ed è anche la città più grande. Altre isole principali sono l'isola di Hawaii (the Big Island), l'isola di Maui e l'isola di Kauai.
    L'isola di Hawaii, abitualmente chiamata La Grande Isola, misura quasi il doppio di tutte le altre isole dell'arcipelago messe insieme. Dal punto di vista geografico è la più eterogenea di tutte, caratterizzata da deserti, foreste pluviali, vulcani e, perlomeno d'inverno, vette imbiancate di neve. Cinque enormi vulcani (Mauna Kea, Mauna Loa, Kilauea, Hualalai e Kohala) hanno dato origine a quest'isola di 6500 chilometri quadrati. Tra le bellezze naturali presenti sull'isola, l'Hawaii Volcanoes National Park è senza ombra di dubbio il più originale tra tutti i parchi nazionali degli Stati Uniti. Occupa una superficie enorme su cui sorgono ben due vulcani attivi, una caldera ancora fumante e incredibili formazioni geologiche, come coni di cenere, colonne di pomice e fiumi di lava solidificata. La principale attrazione è la caldera del Kilauea, l'unico vulcano attualmente in attività delle Hawaii. In prossimità della bocca è possibile vedere la lava fuoriuscire e riversarsi in mare. Una vasta rete di sentieri consente di costeggiare il bordo della caldera, di raggiungere antichi crateri e di visitare il Thurston Lava Tube, una specie di galleria nella lava raggiungibile in pochi minuti attraverso un bosco di felci giganti.
    Il territorio del parco comprende spiagge tropicali e la cima innevata del Manua Loa, nonché incantevoli foreste pluviali e boschi di felci. Si tratta di una delle migliori zone delle Hawaii per il campeggio e le escursioni.
    La lussureggiante (e piovosa) Waipi'o Valley, lungo la costa orientale, è la più grande e la più spettacolare delle numerose vallate ad anfiteatro che si trovano sul lato sopravento dei monti Kohaloa. La valle è fiancheggiata da pareti di roccia alte centinaia di metri, ed è accessibile soltanto tramite una stretta pista per fuoristrada, così ripida da consigliare di proseguire a piedi. La valle, un fertile groviglio di alberi, piante da fiore, campi di colocasia e cascate, è un luogo magico, in cui rivive l'atmosfera della "vecchia Hawaii ".



    ....storia.....


    I primi polinesiani, forse provenienti dalle Isole Marchesi, si stabilirono nell'arcipelago tra il 500 e il 600 d.C. Essi trascorsero un'esistenza alquanto pacifica fino al 1000, quando i thaitiani giunsero e introdussero i propri usi, la religione e un severo ordine sociale. Il primo occidentale che ci ha dato notizia del suo arrivo fu l'esploratore britannico James Cook, che approdò sulle isole nel 1778 e chiamò l'arcipelago Sandwich Islands, in onore del conte di Sandwich. In un primo momento Cook fu salutato come il leggendario Lono, dio della fertilità e della pace, ma in seguito a una brusca svolta degli eventi, egli trovò la morte a Kealakekau Bay, sulla Grande Isola.

    Testimone dell'uccisione di Cook fu un prode guerriero, noto come re Kamehameha o Kamehameha il Grande che, in seguito, unificò le isole istituendo la monarchia hawaiana. Kamehameha stabilì remunerativi rapporti commerciali con le compagnie navali americane interessate alle foreste di legno di sandalo delle Hawaii. Le numerose navi che ben presto cominciarono ad attraccare a questo nuovo scalo commerciale imposero una presenza straniera sulle coste hawaiane. Intorno al 1820 le navi baleniere americane presero ad approdare nei porti dell'arcipelago in cerca di vino, donne e musica e, per i successivi 50 anni, le Hawaii costituirono il centro dell'industria baleniera del Pacifico, facendo così affluire una gran quantità di denaro. Gli eccessi dei marinai furono arginati dalla presenza dei missionari cristiani, che scesero in aiuto della monarchia hawaiana e introdussero costumi occidentali più "raffinati".
    Verso la metà del XIX secolo, i discendenti dei missionari crearono l'industria hawaiana dello zucchero. La diminuzione della popolazione nativa spinse presto i proprietari delle piantagioni a cercare altrove la manodopera necessaria. Furono quindi reclutati operai cinesi, poi giapponesi, portoghesi, portoricani, coreani e, infine, filippini. Il fiorire dell'industria dello zucchero attirò l'attenzione degli Stati Uniti. Per eliminare i dazi doganali i proprietari istituirono un governo provvisorio che, alla fine, avrebbe portato alla destituzione della monarchia e alla trasformazione delle Hawaii in territorio americano, avvenuta nel 1900. L'istituzione a Pearl Harbor di un'immensa base militare accrebbe l'importanza dell'arcipelago per gli Stati Uniti. L'attacco giapponese del 7 dicembre 1941 segnò l'ingresso degli Stati Uniti nel conflitto mondiale. Alcuni sondaggi d'opinione effettuati dopo la guerra mostrarono che il 90% degli abitanti delle Hawaii era favorevole a entrare a far parte degli Stati Uniti. Il 21 agosto 1959 le Hawaii divennero il cinquantesimo stato dell'Unione.
    (dal web)



    ......la Dea PELE......


    Pele governa ogni sorta di focolaio, in particolare la lava dei vulcani. Secondo la leggenda, essa vive nei silenziosi meandri del monte Kilauea, uno dei vulcani più attivi del mondo. Le minuscole formazioni laviche scoperte intorno al vulcano sono note con l'appellativo di «lacrime di Pele»; la leggenda locale vuole che la disgrazia si abbatterà sugli sciagurati che sottrarranno uno solo di questi ciottoli al suo regno.
    Celebre per i suoi idilli appassionati non meno che per il suo temperamento focoso, Pele si manifesta sovente ai suoi seguaci nelle sembianze di una donna seducente, bellissima come la Luna. Alcuni sostengono che somigli a una terribile megera, con la pelle brunita e raggrinzita come ruvida lava. Quale che sia l'aspetto che la dea scelga per palesarsi, nessuno dissente sul suo carattere fiero - oltre che sulla sua capacità di distruggere e di creare.
    Una bellissima storia della dea Pele è raccontata nel lunghissimo romanzo “Hawaii” di James A. Michener (Bompiani).
    Al tempo della storia ai tranquilli abitanti dell’arcipelago di Tahiti venne imposto dalla casta sacerdotale il sanguinoso culto del nuovo dio Oro. Non tutti riuscivano però ad accettare questa divinità crudele che richiedeva sempre più numerosi e cruenti sacrifici umani. Fu così che un manipolo di una sessantina tra uomini e donne fedeli alle antiche divinità, capeggiati da Tamatoa, re di Bora Bora e dal suo intrepido fratello minore Teroro, abbandonarono l’arcipelago su una grandissima canoa doppia per cercare una nuova terra dove vivere in pace, lontano da quella follia di sterminio.
    Un’avventura del tutto incerta: intorno solo migliaia di miglia di oceano sconfinato e tempestoso e, come guida, soltanto le parole di un antico canto marinaro trasmesso oralmente dagli antenati. Con loro gli esuli portarono gli antichi dèi Tane e Ta’aroa, (rispettivamente dio del vento e dio dell’oceano) rappresentati da due sacre antichissime pietre. Partirono con provviste, animali e piante da far crescere nella nuova terra che speravano di trovare al nord e dove avevano intenzione di vivere pacifici, senza più guerre di religione né sacrifici umani. Prima di partire interpretarono numerosi auspici, decifrarono sogni, controllarono e ricontrollarono il loro carico per essere sicuri di non aver dimenticato nulla. A lungo navigarono guidati dalla costellazione dei “Sette Piccoli Occhi”, ripetendosi le strofe della canzone per rincuorarsi quando pensavano di essere perduti fra le onde, patendo la fame e l’incertezza del viaggio, ma dopo cinquemila miglia di oceano, quasi al limite della disperazione, riuscirono a trovare la loro nuova terra, l’isola vulcanica deserta che battezzarono Havaiki (Hawai’i).
    L’isola era di una bellezza mozzafiato, con il suo mare cristallino e un alto monte che si specchiava nelle acque. Fu solo quando il monte si rivelò per quello che era, un vulcano, che questi eroici navigatori ed esploratori si resero conto di aver dimenticato una cosa importantissima a Bora Bora: la pietra rossa, effige della dea più antica, Pele, dea del fuoco, protettrice degli uomini appassionati.
    La dea già si stava facendo notare nell’isola deserta, apparendo in forma di donna, lanciando muti sguardi di allarme agli esterrefatti pionieri. Un giorno il vulcano iniziò ad eruttare lava e i polinesiani, avvertiti per tempo da un ciuffo di “capelli” della dea, proiettato dal cratere, riuscirono a salvarsi per un soffio, rifugiandosi in alto mare sulla canoa, con i loro animali e le loro preziose sementi.
    Fu così, che sfidando nuovamente l’oceano, Teroro decide di ripetere il viaggio (al confronto del quale le imprese di Colombo con le caravelle non sono che una gita fuori porta) e tornare a Bora Bora solo per prendere lo spirito di Pele (la pietra) e portarla ad Hawaiki, dove verrà venerata per secoli ed ancora ai giorni nostri.
    (cerchio della luna)



    La spiaggia verde di Papakolea Beach sull’isola di Hawaii, una delle due spiagge verdi conosciute al mondo,
    deve il suo colore ai cristalli di Olivina formatisi a seguito di intese attività vulcaniche.



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    Isole Salomone





    E' uno degli arcipelaghi più selvaggi di tutto il continente oceanico. La vegetazione tropicale è fittissima, i fondali sono incontaminati. Ma le isole Salomone non sono adatte a tutti, a causa della diffusa criminalità e delle precarie condizioni sanitarie



    Dopo anni di violenti scontri etnici, e il dispiegamento nel 2003 di una forza multinazionale di pace, le isole Salomone stanno finalmente attraversando un periodo di relativa tranquillità. L’arcipelago, tuttavia, continua ad essere uno dei più poveri dell’area, la criminalità è molto diffusa e il servizio sanitario è carente: per i problemi medici più seri potrebbe essere necessario un trasferimento aereo in Australia. Come se non bastasse, il piccolo stato oceanico è stato colpito dallo tsunami del 2009 e due anni prima da un terremoto di magnitudine 8.0. Ma se amate l’avventura, e se terrete gli occhi aperti, le isole Salomone sapranno offrirvi uno spettacolo naturalistico di rara bellezza. Senza spendere troppo. L’unico costo di una certa entità è quello del volo aereo, poiché è possibile soggiornare a prezzi molto bassi.



    Guadalcanal
    L’arcipelago delle Salomone, che si trova in Melanesia, ad est della Papua Nuova Guinea, è composto da alcune isole principali e da una serie di atolli. L’isola più importante è quella di Guadalcanal, se non altro perché ospita la capitale Honiara e il relativo aeroporto internazionale. Nonostante i suoi edifici siano per la maggior parte decadenti, la cittadina di Honiara è un luogo dove si possono trascorrere un paio di giornate piacevoli, soprattutto se il programma è quello di visitare il resto dell’isola. Lasciata la cittadina ci si ritrova immersi nella vegetazione tropicale e sembra davvero che la civiltà sia lontana anni luce. Recatevi nella parte orientale dell’isola se volete godere dello splendido mare delle Salomone. E’ qui che si trovano alcune delle spiagge più belle, come quella della laguna di Marau. Non vi aspettate però di trovare grandi alberghi e discoteche, perché i servizi offerti sono davvero minimi. Al centro dell’isola vi è un monte che è in buona parte coperto dalla giungla. E’ tuttavia sconsigliato visitare questa parte di Gudalcanal.



    Western Province
    La Western Province, che riunisce una trentina di isole sparse in vari atolli, è il cuore turistico delle Salomone. E’ qui, infatti, che si trovano la maggior parte delle strutture ricettive. I resort della Western Province sono certamente i migliori di tutto l’arcipelago e la maggior parte di essi offre servizi di standard medio-alto. I prezzi, di conseguenza, sono più cari che nel resto del paese. Le isole di New Georgia, di Uepi e di Gizo sono quelle che hanno i fondali marini più suggestivi e sono un paradiso per gli amanti delle immersioni. Se invece avete voglia di un’avventura in stile Cast Away, allora dovete recarvi presso le isole che fanno parte della Central Province. Vi basteranno un paio di ore di barca per entrare in un mondo selvaggio e incontaminato, ma ricordatevi che le sole isole ad offrire servizi ricettivi, seppur minimi, sono quelle di Savo e del gruppo delle Nggela.

     
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  11. gheagabry
     
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    SEYCHELLES




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  12. gheagabry
     
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    La Norvegia ti toglie il fiato. Ti toglie il fiato perchè sa essere dolce mentre guardi l'infinito oceano davanti a te, sa essere austera quando vedi i suoi pendii scoscesi finire dritti nell'acqua e quando osservi, anche da un finestrino di un'automobile, le vette acuminate che ti fanno sembrare di essere sulla Luna.
    (dal web)


    Le Isole Vesterålen



    Le Vesterålen sono un arcipelago norvegese situato sopra il Circolo polare artico. Costituiscono un distretto della contea di Nordland. L'arcipelago è costituito dalle isole di Langøya, Andøya, Hadseløya, Hinnøya, Austvågøya e molte altre isole minori e suddiviso tra i comuni di Andøy, Bø, Hadsel, Sortland e Øksnes.

    "Sulle prime non riesco a riconoscere la sagoma sugli scogli, grande e compatta come un bambino imbronciato che volti le spalle al mondo, le mani in tasca, la testa incassata; poi un movimento secco della testa rivela il profilo del becco massiccio. Il mio sguardo segue il suo lungo il profilo irregolare della costa, le rocce e le spiagge, sale poi sui pendii erbosi punteggiati di fiori gialli ed ancora su fino alle vette aguzze di basalto scuro, per poi perdersi nel cielo inquieto di nubi. L'aquila di mare non è una sorpresa. È il primo gioiello che mi offre lo scrigno di queste isole, ma il suo volo maestoso mi ha accompagnato lungo tutta la costa della Norvegia. Questo è tuttavia il suo santuario. Sono ad Andøya, l'isola più settentrionale dell'arcipelago, un vascello di terra con la prua protesa nell'oceano Atlantico; come una novella arca l'isola raccoglie nei suoi 90 chilometri un concentrato unico di ambienti e paesaggi, di piante e di fauna.
    Cosa mi ha spinto sin qui? La passione per queste terre, per l'aria diafana e la luce indescrivibile, al contempo emozionanti e frustranti per il fotografo che vive l'impossibilità di render loro piena giustizia attraverso le immagini. E non solo della luce si tratta, ma anche del vento carico di umidità che sferza il viso, dei suoni, dell'odore salmastro, di un mondo intero di sensazioni che spesso lega inscindibilmente a questi luoghi, una volta visitati. Per il fotografo naturalista, come per il semplice amante della natura, queste regioni rappresentano una sorta di paradiso terrestre, del quale manca solo il clima benevolo. La fauna è relativamente confidente, gli ambienti integri e ricchissimi; si ha la costante sensazione, comune visitando la Scandinavia, di un mondo ideale in cui l'uomo con le sue strutture sia in realtà un intruso benignamente tollerato, e non un tracotante padrone di casa.



    Non sono tutte uguali tra loro, le Vesterålen, anzi. Alla linearità essenziale di Andøya, poco più di un ellisse sulla cartina geografica, si contrappone Langøya, l'isola più grande. Il suo profilo è intricato, le coste frastagliate e ricche di fiordi profondamente incassati, al punto da rendere difficoltoso seguirne lo sviluppo con l'aiuto della carta stradale. È l'habitat ideale di animali altrove rari come la Lontra, divenuta più comune negli ultimi anni.
    Langøya offre il verde intenso dei boschi che ricoprono i monti, e che ospitano popolazioni di Alci , persino la Lince, predatore non certo usuale lungo le coste atlantiche.... Qui spicca Reka, la "vanga": mai nome fu più azzeccato per descrivere l'impressionante triangolo verticale che sale dal mare per centinaia di metri e caratterizza la skyline di Langøya. È la vetta più celebre delle isole, grembo materno dell'alpinismo nordico, gioiello di una catena montuosa del tutto simile a delle Alpi in miniatura, vero scheletro dell'arcipelago. Uno scheletro robusto quanto antico, se è vero che le rocce che ne disegnano il contorno sono state datate tra le più antiche in assoluto del nostro pianeta....Nykvåg, poche case colorate disseminate in modo lasso su una costa bassa fanno da corona ad un piccolo e suggestivo porto da pesca, alla base di grandi falesie. Sulle pareti che incombono verticalmente, migliaia di puntini bianchi in movimento: una vastissima colonia di Gabbiano tridattilo, una situazione non unica lungo le coste norvegesi, ma che qui raggiunge dimensioni numeriche spettacolari.



    La vera ricchezza delle isole è la variabilità degli ambienti in uno spazio relativamente ristretto. Andøya, in particolare, offre gruppi montuosi a volte aspri a volte dolcemente arrotondati che sorgono repentinamente dalla tundra piatta. Una lunga teoria di laghi e stagni fa loro da corona. La costa è alta e rocciosa, laddove la montagna precipita nell'oceano, oppure bassa e ricca di spiagge e lagune, quando sono la tundra o il prato umido ad affacciarsi verso il mare. Se le Vesterålen sono una collana di perle, questa è senz'altro quella più preziosa.....la riserva di Skogvoll è un tratto di mare basso e gremito da una miriade di isolotti rocciosi, l'habitat ideale per le Aquile di mare; sono visibili ad ogni ora del giorno (e della notte), a volte in gruppi di decine, quando trovano una carcassa di pesce spiaggiata dalle onde. Oche, Cigni selvatici e Smerghi maggiori nuotano lentamente nella luce serale, oltre l'orlo di un tappeto di bianchi piumini di Erioforo che si accendono nel controluce. Questa è anche la riserva della Foca comune.... In lontananza è percepibile la massa candida della colonia di Sule che si è stabilita su un isolotto piatto ed allungato; è una colonia piccola ma significativa, uno dei soli quattro siti in Norvegia per questo uccello. Probabilmente la meno numerosa, certamente la più comoda da visitare, essendo le altre arroccate su falesie strapiombanti; in questo caso invece è possibile soffermarsi con la barca a pochi metri dai nidi. Un sottile istmo di terra separa il mare da un grande lago interno, anch'esso facente parte della riserva. La strada lo percorre, passando all'interno del borgo omonimo, nulla più di qualche casa sparsa; in sostanza l'abitato è parte integrante della riserva e della sua duplice zona umida, al punto che è possibile sentire da qui il grido lamentoso della Strolaga mezzana, ed una coppia di Gufo di palude ha il suo territorio di caccia proprio tra le case, anno dopo anno. Curiosamente lo splendido strigiforme sembra preferire qui, nella parte più settentrionale del suo areale europeo, le situazioni antropizzate; sull'isola è visibile in ognuna delle installazioni militari presenti (l'arcipelago è una terra di frontiera e come tale di rilevanza strategica). Con tanto cielo a disposizione penso alle aurore boreali che potrei vedere; ad Andenes, la municipalità più importante dell'isola, un centro ricerche offre un contatto indiretto con le "luci del Nord", a testimonianza del fatto che le Vesterålen sono uno dei siti più indicati d'Europa per assistere a questo magico evento. Ma ora no, ora non è dato farlo, perché siamo in estate e la luce è presente per 24 ore al giorno. Questo è infatti anche il luogo ideale per osservare il fenomeno del sole di mezzanotte, tanto celebrato e alieno per il visitatore mediterraneo. Il fascino di questa luce è tale che anche gli abitanti del posto sentono l'esigenza di viverla a fondo; alla prima notte di cielo terso li vedi uscire dalle case e fermarsi con lo sguardo al mare, o sparpagliarsi sulle strade costiere e sulle spiagge, fermi ad attendere che il sole tocchi il punto più basso, ben sopra la linea dell'orizzonte. Un spettacolo singolare, sosto qua e là nel tentativo di fissare la magnificenza di questo sole notturno che impatta sulla costa, con tutto lo splendore e la carica emotiva e la nitidezza e la profondità delle tinte che può avere solo la luce di queste latitudini."

    (Vitantonio Dell'Orto © 3/2005, OASIS)




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    Samoa

    Sono tra le isole più belle di tutto il Pacifico ed offrono spiagge di sabbia bianca e fondali incontaminati. Le isole Samoa, situate in Polinesia, sono un paradiso tropicale che vi lascerà a bocca aperta. Dalle isole occidentali, che fanno parte dello stato di Samoa, a quelle orientali, che sono un possedimento statunitense



    La vegetazione è lussureggiante, le spiagge sono incantevoli e il mare è tra i più belli del pianeta. Le isole Samoa, situate nella regione dell’Oceano Pacifico che prende il nome di Polinesia, offrono tutto questo ai viaggiatori che decidono di visitarle. Un viaggio in questo angolo del mondo impone innanzitutto una scelta: se visitare le Samoa occidentali, che formano l’omonimo stato indipendente, o se visitare le isole orientali, che sono conosciute come Samoa Americane e che sono un territorio degli Stati Uniti. C’è anche una terza ipotesi, che è quella di visitare le une e le altre, ma avrete bisogno di una vacanza un po’ più lunga.



    Stato di Samoa
    Lo stato di Samoa è composto da due isole principali, Savaii e Upolu, e da altre isole minori. Questa parte dell’arcipelago è stata prima una colonia britannica e quindi un territorio della Nuova Zelanda, che le ha concesso l’indipendenza nel 1962. L’aeroporto internazionale collega il piccolo stato del Pacifico ai principali scali neozelandesi e australiani, oltre che alle Samoa Americane, mentre è possibile raggiungerlo via mare da altre isole della Polinesia. Se arrivate in aereo, atterrerete necessariamente all’aeroporto di Faleolo, sull’isola di Upolu. E’ proprio su quest’isola che si trova la capitale dello stato, Apia, che è l’unico agglomerato di Samoa ad avere le sembianze di una cittadina. Coloro che sono in cerca di una spiaggia in stile polinesiano dovranno recarsi all’estremità orientale dell’isola, presso Lalomanu. Rimarrete stupiti dai colori del mare e dalla bellezza della barriera corallina. A Lalomanu, che è stata una delle località maggiormente colpite dallo tsunami del 2009, è possibile trovare alloggi a prezzi relativamente contenuti.



    L’altra isola, Savaii, è la più grande di tutto l’arcipelago delle Samoa, ma è anche tra le meno sviluppate. Recatevi qui se volete un maggiore contatto con la natura. I servizi offerti sono certamente limitati, ma in compenso avrete a vostra disposizione una serie di spiagge poco frequentate. Sull’isola troverete sia spiagge di sabbia bianca, come ci si aspetta in Polinesia, sia spiagge di sabbia nera, il cui colore è dovuto alle attività vulcaniche della zona.



    Samoa Americane
    Le Samoa Americane si trovano a un centinaio di chilometri dallo stato di Samoa e sono collegate con frequenti voli alle isole Hawaii. Esattamente come nel resto dell’arcipelago, anche qui la maggiore attrazione sono il mare e le spiagge. Particolarmente interessante è il Fagatele Bay National Marine Sanctuary, una riserva marina che si estende su un lembo di mare ancora incontaminato. L’isola principale è quella di Tutulia, dove si trovano l’aeroporto e la capitale di fatto delle Samoa Americane, la cittadina di Pago Pago. Gli amanti del mare devono invece recarsi nella splendida Ofu-Olosega, a cui spesso ci si riferisce come a due differenti isole. Le due parti di questo singolare lembo di terra, Ofu e Olosega, sono collegate tra loro da un ponte naturale di origine corallina.



     
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  14. tomiva57
     
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    grazie Claudio ...Gabry...meravigliose
     
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  15. gheagabry
     
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    Quale voce viene sul suono delle onde che non sia la voce del mare?
    È la voce di qualcuno che ci parla, ma che se ascoltiamo tace,
    proprio per esserci messi ad ascoltare.
    E solo se mezzo addormentati, udiamo senza sapere che udiamo,
    essa ci parla della speranza verso la quale,
    come un bambino che dorme, dormendo sorridiamo.
    Sono isole fortunate, sono terre che non hanno luogo, dove il Re vive aspettando.
    Ma, se vi andiamo destando .... tace la voce e solo c'è il mare.
    (Fernando Pessoa)


    Le ISOLE CANARIE



    L'arcipelago delle Canarie comprende sette isole principali e sei isolette minori, che corrispondono alle vette di una grande catena montuosa vulcanica situata nell'Oceano Atlantico. La loro superficie totale è leggermente inferiore a quella della Corsica. Il paese più vicino è il Marocco, circa 95 km a est di Fuerteventura. Sulle isole compaiono una serie di paesaggi molto diversi fra loro in un'area limitata: si possono trovare strani altipiani vulcanici, foreste piovose avvolte nella nebbia, promontori battuti dal mare burrascoso e campi verdi coltivati a vigne e a ulivi...I vulcani che formano la spina dorsale delle isole emersero all'incirca nello stesso periodo in cui si formarono i Monti dell'Atlante in Nord Africa, milioni di anni fa. Il vulcano più alto, il Teide di Tenerife, misura 3718 m, ed è anche la cima più alta della Spagna e il terzo vulcano del mondo, dopo due delle Hawaii. Tutta l'attività vulcanica ha reso il suolo molto fertile, ma non ci sono fiumi e le isole sono state periodicamente afflitte dalla mancanza d'acqua.
    Circa la metà delle 2000 specie vegetali presenti sulle isole sono endemiche e comprendono la palma delle Isole Canarie, il pino canario e la Dracaena draco, che prosperava prima dell'ultima era glaciale ed è riuscita a sopravvivere. I diversi microclimi delle isole rendono la vegetazione molto varia e l'UNESCO ha dichiarato patrimonio dell' umanità luoghi come la laurisilva, in cui crescono piante di lauro, agrifoglio, tiglio ed erica ricoperti da licheni, e l'arida macchia e le aree semideserte in cui crescono piante alofite, palme e il raro cardón de Jandía, simile al cactus. L'animale indigeno più interessante è il lagarto del Salmor, una grande (fino a 1 m di lunghezza) e particolarmente brutta lucertola che è stata trovata solamente a El Hierro.



    ....storia, miti e leggende....


    Senza essere entrate nella storia, le Canarie sono presenti nella leggenda delle terre mitiche come quelle delle Colonne di Ercole, dello stretto di Gibilterra, del Mar Tenebroso, di Atlantide...Si stima che l'origine delle isole risalga a 30 milioni di anni fa, relativamente poco rispetto agli standard geologici. La loro esistenza nei tempi antichi era conosciuta, o almeno postulata, e Platone nei suoi dialoghi Timaeus e Critias parla di Atlantide, un continente affondato negli abissi dell'oceano su un grande cataclisma che ha lasciato fuori dalla superficie marina solo le cime delle montagne più alte. Non si sa se quella di Platone fosse solo un'allegoria, ma alle isole si attribuì una reputazione quasi mitica, che si tramandò da uno scrittore classico all'altro, allo stesso modo del Giardino dell'Eden, i campi Elisi o il giardino delle Esperidi. Una delle prime testimonianze sulle isole fatta in maniera fidata la dobbiamo a Plinio il Vecchio, che nel I secolo, descrive una spedizione del re mauritano Giuba II, come colui che é rimasto nella memoria per la sua avventura,
    i cani enormi da cui deriva il nome dell'arcipelago: Canarie, del cane o cani. Ci sono, ancor oggi, superbi esemplari di cani di razza autoctona sull'isola, dall'aspetto fiero, impressionanti predatori chiamati verdinos (o bardinos, secondo le isole di appartenenza ). Non deve risultare strano perció se nelle prime narrazioni leggendarie o storiche sulle Canarie ci si riferisce spesso a Tenerife, denominata anche Nivaria, poiché in queste latitudini l'enorme montagna innevata ( vulcano Teide 3.718 mslm.) visibile da molti chilometri a 360 gradi, emerge sempre sopra le nubi più alte.



    Fin dalla loro conquista da parte degli europei, che si prolungò per quasi tutto il secolo XV, le isole erano abitate da una popolazione, probabilmente di origine nord-africana, già nota nel paleolitico....I Guanci, abitanti pre-ispanici di Tenerife, si vestivano rudemente con pelli e ignoravano l'arte della navigazione. Molti autori antichi - ed anche alcuni moderni- hanno pensato che le Canarie fossero la parte visibile di un continente affondato: Atlantide. I Guanches sarebbero i discendenti degli abitanti di Atlantide. I bambini ed i nipoti degli abitanti delle montagne di quel mondo leggendario, improvvisamente, dopo l' ecatombe, si sarebbero visti trasformare con dolore in isolani. Questi popoli non praticavano attività marinara e non esisteva comunicazione fra le isole.
    Quando i conquistatori spagnoli arrivarono a Tenerife, l'isola era divisa in nove piccoli regni o Menceyatos; ognuno sotto il controllo di un monarca o di un Mencey, governati da una assemblea di anziani.
    La conquista dell'arcipelago cominciò formalmente nel 1402, con l'incursione di Jean de Bethencourt e Gadifier del Salle, per conto di Enrique III, nelle le isole di Lanzarote, Fuerteventura e di Hierro, terre che furono facilmente conquistate e divennero presto castigliane. Fernán Peraza assunse il controllo della Gomera.Tenerife fu l'ultima isola conquistata, per conto dei re cattolici di Castiglia. La lotta fu, qui, sanguinosa e gli spagnoli, comandati da Alonso Fernandez de Lugo subiscono un'altra sconfitta spettacolare, come quella de la Matanza nel 1494. Un anno più tardi, Fernandez de Lugo invia un nuovo esercito e cambia le sorti nel campo di battaglia. Alcuni Menceyes si alleano con gli invasori. Altri, preferiscono il suicidio prima della capitolazione.



    ........le isole ........


    Uno slancio di immaginazione porta a credere che le Canarie siano ciò che resta di Atlantide, il leggendario paradiso terreste dove gli uomini vivevano in pace e in tranquillità, ma nella realtà ci si rende conto che queste isole non solo altro che un pezzo di Africa che si è staccato dal continente. Tenerife, Lanzarote, Fuerteventura, El Hierro, La Gomera, Gran Canaria e La Palma, queste le 7 meravigliose isole delle Canarie, ognuna con il suo particolare carattere.

    Tenerife ...I Guanches, gli abitanti originari del posto, chiamavano l’isola Tene Ife, ovvero Montagna Innevata e si riferivano al monte Teide, la vetta più alta di tutta la Spagna che divide Tenerife a metà e che in qualsiasi periodo dell’anno ha la cima completamente ricoperta di neve. La forma triangolare di Tenerife determina cambiamenti climatici piuttosto notevoli da una parte all’altra dell’isola: al Sud ci sono più ore di luce, mentre al Nord ci sono più piogge ed umidità.
    Fuerteventura .....L’Isola Tranquilla, così chiamano Fuerteventura, per le sue bellissime distese di spiaggia, la natura incontaminata, il sole che splende quasi tutto l’anno. Fuerteventura è l’isola “africana” delle Canarie grazie alla sua vicinanza alle coste dell’Africa con cui ha in comune il clima torrido e il mare cristallino.
    Lanzarote ....Non si è sulla luna, ma si ha la sensazione di esserci: il terreno vulcanico di Lanzarote è davvero suggestivo e particolare e ricorda in qualche modo il paesaggio lunare. Terra scura e robusta, sabbia sottile, territorio semi – desertico. Le distruttive eruzioni che hanno segnato l’isola, hanno provocato molti cambiamenti territoriali e dato vita a paesaggi davvero mozzafiato come quello del Parque Nacional de Timanfaya o delle Montanas del Fuego o de Timanfaya, che comprendono 300 coni vulcanici.
    El Hierro .....Ritenuta per molto tempo il limite del mondo conosciuto e usata come meridiano zero, El Hierro, nonostante sia la più piccola delle Isole Canarie, domina l’Oceano Atlantico con la sua posizione centrale.



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