FRANCIS BACON

Pittore

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  1. tomiva57
     
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    Francis Bacon (pittore)
    Da Wikipedia


    Francis Bacon (Dublino, 28 ottobre 1909 – Madrid, 28 aprile 1992) è stato un pittore irlandese.





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    Ritratto di Francis Bacon eseguito dal vivo nel 1960 da Reginald Gray



    Biografia



    « Voglio che la mia vita sia il più libera possibile, voglio solo il migliore tipo di atmosfera in cui lavorare »
    « Ho sempre sognato di dipingere il sorriso, ma non ci sono mai riuscito. »


    1909-1926

    « Ricordo che quando c'era il Black out spruzzavano il parco di qualcosa di fosforescente, con l'idea che gli Zeppelin avrebbero scambiato quella luminescenza per le luci di Londra e avrebbero lanciato le bombe nel parco; ma non funzionò »



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    La casa natale di Francis Bacon, al 63 di Baggot Street, a Dublino.

    Francis Bacon è nato in una clinica di Dublino, al 63 di Lower Baggot Street, da genitori inglesi, mentre l'Irlanda stava conquistandosi l'indipendenza dall'Inghilterra. Secondogenito di Anthony Edward Mortimer Bacon (detto Eddie) e Christina Winifred Loxley Firth (detta Winnie). Francis aveva un fratello maggiore di quattro anni, Harley, e uno minore, Edward, entrambi scomparsi in giovane età, e due sorelle minori, Ianthe e Winifred.
    Il padre discendeva da una famiglia che vantava nobili origini, imparentata forse con il famoso filosofo omonimo del pittore. Eddie era un uomo iracondo e tirannico, capitano della fanteria leggera dell'esercito britannico in pensione nonché veterano della seconda guerra boera (1899-1902). Una volta tornato in Inghilterra, fu destinato al reggimento in deposito di Newcastle-on-Tyne, lì conobbe e poi sposò Winnie Firth, che proveniva invece da una facoltosa famiglia di Sheffield che aveva fatto fortuna commerciando acciaio e carbone. Francis Bacon racconta che il padre decise di sposare la diciannovenne Winnie (di 14 anni più giovane di lui), nonostante la ferma opposizione della famiglia della ragazza, solo dopo aver attentamente valutato i vantaggi economici che avrebbe potuto ottenere dagli affari dei Firth, e solo dopo essere stato rifiutato da un'altra giovane ancora più abbiente. I due si sposarono a Londra nel 1903, a quel tempo Eddie aveva 33 anni e si era da poco congedato dall'esercito con il grado onorario di Maggiore. Approfittando della dote ricevuta con il matrimonio intraprese l'attività di allenatore di cavalli da corsa (una passione, quella per la caccia e per gli sport all'aria aperta, che non l'avrebbe mai abbandonato), e ben conscio del fatto che in Irlanda l'impresa avrebbe avuto dei costi inferiori, si trasferì con la famiglia a Connycourt House, vicino al villaggio di Kilcullen, nella contea di Kildare, non lontano da Dublino. La grande casa con 18 stanze e provvista di ampie scuderie ospitava, oltre alla famiglia Bacon, cinque domestici e una ventina di altre persone fra stallieri e lavoratori vari, e veniva amministrata da Eddie con il rigore di un campo militare, vigevano orari molto rigidi per regolare qualsiasi attività quotidiana e i figli vedevano i genitori solo una mezz'ora al giorno, dopo il tè delle cinque, e talvolta durante la colazione domenicale. Il “Capitano Bacon”, come ancora si faceva chiamare, aveva frequenti scoppi d'ira, dovuti spesso a banalità come aver trovato i propri stivali non lucidati a dovere.
    La madre di Francis veniva da un ambiente molto diverso da quello della famiglia del marito. L'acciaieria di Sheffield messa in piedi a metà del XIX secolo dal nonno di Winnie, Thomas Firth, era diventata un'azienda d'importanza internazionale, e una parte sostanziosa delle fortune accumulate dalla famiglia era stata devoluta in beneficenza. Il padre di Winnie era morto abbastanza giovane a causa di una grave forma di asma cronica, disturbo ereditato da Francis e che lo avrebbe afflitto per tutta la vita, che per questo motivo era costretto ad assumere morfina e a stare alla larga da cani e cavalli, cosa che lo sminuiva agli occhi del padre. Francis instaurò un rapporto molto profondo con la nonna materna, una donna vitale che seguì la figlia in Irlanda, dove si risposò due volte. Con lei trascorse buona parte dell'infanzia a Farmleigh, vicino alla città settecentesca di Abbeyleix, nel sud-est dell'Irlanda. Anche il carattere della madre, di cui certamente Francis apprezzava la dolcezza rispetto ai modi paterni, appariva come una pallida imitazione della personalità di Granny Supple, come veniva chiamata la nonna in famiglia.
    I Bacon si trasferirono a Londra durante la prima guerra mondiale a causa degli obblighi militari del capofamiglia, in servizio al British War Office, quando tornarono trovarono un'Irlanda cambiata dalla sollevazione di Pasqua del 1916, e il paese si sarebbe ulteriormente diviso con la guerra d'indipendenza (1919-1921) e la guerra civile (1922-1923).
    A causa dei forti attacchi d'asma che lo costringevano a letto per giorni, Francis non frequentava la scuola regolarmente, e i genitori decisero di affidare la sua istruzione a un sacerdote, che però risultava essere interessato più ai cavalli che all'insegnamento, e che non lasciò tracce rilevanti sulla formazione del futuro pittore. Poco prima del quindicesimo compleanno, Francis fu mandato in collegio secondo la tradizione di famiglia, nella Dean Close School di Cheltenham, vicino alla proprietà che i Bacon avevano da poco preso in affitto a Gotherington, in Inghilterra, dove rimarrà confinato dal 1924 al 1926. Questo periodo non era ricordato dal pittore in modo molto positivo, ma sicuramente lo avviò alla propria educazione sentimentale: già dall'età di quindici anni Francis era consapevole della propria omosessualità. Quando tornò in famiglia dopo aver lasciato la scuola andò incontro a contrasti sempre maggiori con il padre, che vedeva la sua manifesta intenzione di dedicarsi all'arte come una pericolosa decadenza di costumi che lo avrebbe condotto alla povertà. Ancora peggio per il vecchio Eddie erano le voci che Francis era stato allontanato dalla scuola per i suoi rapporti ambigui con i coetanei, (in quel periodo l'omofilia, considerata un reato fino al 1968, veniva severamente punita), e così se era troppo scioccato per opporsi al figlio che discuteva di vestiti continuamente e si vestiva da donna alle feste di famiglia, con tanto di larghi cappelli a falde anni '20, rossetto, tacchi alti e sigaretta con bocchino, quando lo sorprese a provarsi la biancheria intima della madre davanti a uno specchio lo cacciò di casa.


    1926-1927

    « Mentre ero a Parigi ho visto una mostra di Picasso alla galleria Rosemberg, e in quel momento ho pensato: beh, cercherò anch'io di fare il pittore. »

    Nell'ottobre del 1926 Francis decise di trasferirsi a Londra, dove vivevano molti parenti della madre, che aiutavano il figlio a coprire almeno le spese di prima necessità inviandogli settimanalmente tre sterline. La grande città appariva come un mondo libero e ricco di stimoli ad un ragazzo cresciuto nella rigida Irlanda, e Francis si inserì presto nel circolo degli omosessuali londinesi, che venivano genericamente considerati degli effeminati all'avanguardia nelle questioni di stile e gusto. Gli eccentrici omosessuali che nei primi anni venti gravitavano attorno alle figure degli scrittori Harold Acton e Brian Howard avevano una forte influenza sugli atteggiamenti artistici e morali dell'epoca, ma bisogna sempre ricordare che l'omosessualità era ancora un crimine e non poteva essere manifestata liberamente.
    Durante il soggiorno nella capitale inglese Francis svolse una serie di lavori fra i più disparati, fu stenografo, commesso centralinista in un negozio di abiti femminili all'ingrosso a Soho (dal quale fu licenziato dopo aver scritto una lettera minatoria al suo datore di lavoro), e domestico-cuoco, ma abbandonò anche quest'ultimo impiego, mentre continuava la sua auto-formazione culturale leggendo Nietzsche.


    Londra, Berlino e Parigi

    Sua cugina Diane Watson suggerì che il diciassettenne Francis prendesse lezioni di disegno alla scuola d'arte San Martin. Francis scoprì che era attraente, e che era molto carino per alcune persone e pensò subito di trarne vantaggio, concedendosi a uomini ricchi. Uno di questi uomini era un ex compagno d'arme di suo padre, nonché un brigliatore di cavalli, di nome Harcourt-Smith. Più avanti Francis sostenne che suo padre avesse chiesto al suo amico di tenerlo in pugno e di farlo diventare un vero uomo. Senza dubbio, suo padre era a conoscenza della fama di uomo virile del suo amico ma non dei suoi gusti sessuali.

    All'inizio della Primavera del 1927 Francis fu portato da Harcourt-Smith a Berlino che allora faceva parte della Repubblica di Weimar. Fu qui che Francis vide il capolavoro di Fritz Lang "Metropolis". Francis trascorse due mesi a Berlino. Dopo più o meno un mese, Harcourt-Smith lo lasciò. "Si è stancato presto di me, e certamente ora sarà con una donna". Fu così che dopo poco tempo decise di trasferirsi a Parigi. Francis passò un anno e mezzo a Parigi. All'apertura di un'esibizione, incontrò Yvonne Bocquentin, pianista e cantante. Essendo a conoscenza del suo bisogno di imparare la lingua francese, Francis visse per tre mesi con Madame Bocquentin e la sua famiglia nella loro casa presso Chantilly. Al Château de Chantilly (al museo Condè), vide La strage degli innocenti di Nicolas Poussin. L'estate del 1927 Francis andò ad una mostra di 106 opere di Picasso nella Galleria Paul Rosenberg a Parigi, cosa che lo ispirò a disegnare e dipingere. Prese il treno circa cinque volte a settimana per visitare la mostra e spesso tornava con disegni ed aquerelli d'ispirazione cubista.


    17 Queensberry Mews West

    Francis tornò a Londra nel tardo 1928 e cominciò a lavorare come interior designer. Prese un garage e lo convertì in studio a South Kensington e condivise il piano superiore con Eric Alden, che fu il suo primo collezionista. Nel 1929 Jessie Lightfoot, la badante di Francis, si unì a loro. Nella prima edizione del Cahiers d'Art del 1929, Francis vide le figure biomorfiche di Picasso. Francis divenne amico di Geoffrey Gilbey, un corrispondente del Daily Express e per qualche tempo lavorò come suo segretario.
    Francis scrisse un suo annuncio sul Times come un "gentleman's companion". Fra le varie risposte, attentamente controllate da Jessie Lightfoot, vi era quella di un anziano signore cugino di Douglas Cooper (Cooper aveva la più bella collezione di arte moderna di tutta l'Inghilterra).
    Il signore, avendo pagato Francis per i suoi servizi, gli trovò un lavoro part-time come operatore telefonico in un club londinese, e lo aiutò a promuoverlo come designer d'interni a suo cugino Cooper (il quale gli commissionò una volta una scrivania in color grigio-navale).
    Nel 1929 Francis conobbe Eric Hall al Bath Club mentre stava cambiando un telefono. Hall (il quale era direttore generale della Peter Jones) fu il suo amante e protettore.


    The 1930 Look in British Decoration"

    La prima esposizione al Queensberry Mews, nell'inverno del 1929, era fatta di stracci e mobilia di Bacon (Eric Hall comprò uno straccio) ma pare che vi fossero anche Painted screen (c.1929 - 1930) e Watercolour (1929), entrambi comprati da Eric Alden. Watercolour ("Acquarello"), il suo dipinto più datato sopravvissuto, sembra sia evoluto dai suoi disegni di stracci, che a loro volta furono influenzati dai dipinti e gli arazzi di Jean Lurçat.

    Sydney Butler, figlia di Samuel Courtauld e moglie di Rab Butler, commissionò un tavolo di vetro e acciaio ed una serie di sgabelli per il salotto della sua casa di Smith Square.

    Lo studio di Bacon di Queensberry Mews, comparve nel numero dell'Agosto 1930 di The Studio, con un articolo di due pagine intitolato "The 1930 Look in British Decoration", che mostrava i suoi lavori, inclusi un grande specchio tondo, stracci e mobilia in acciaio tubolare e vetro influenzata dallo Stile Internazionale, Marcel Breuer, Le Corbusier / Charlotte Perriand e Eileen Gray.

    Bacon tornò in Germania nel 1930 e partecipò alla Oberammergau Passion Play.


    La casa-studio Millais, Cromwell Place 7: 1943 - 1951

    Bacon e Eric Hall affittano il piano terra di Cromwell Place 7, a South Kensington, Londra, che era stata la casa e lo studio di John Everett Millais. Bacon adattò la vecchia e grande sala da biliardo sul retro della casa e lo adibì a suo studio. Nanny Lightfoot, in attesa di una migliore collocazione dormì sul tavolo della cucina. Feste illecite per la presenza di gioco d'azzardo con una roulette vennero tenute nella casa, organizzate da Bacon con l'assistenza di Hall e da cui entrambi ricavarono un profitto. Ora sede dell'Art Fund, la casa Millais è a pochi passi del Victoria and Albert Museum, dove è esposta la collezione nazionale dei lavori di John Constable, i quali dipinti e schizzi ad olio vennero molto ammirati da Bacon. Sempre in questo museo Bacon scoprirà e studierà le fotografie di Eadweard Muybridge. La mostra Recent Paintings by Francis Bacon, Frances Hodgkins, Matthew Smith, Henry Moore and Graham Sutherland del 1945 alla galeria Lefevre espone due dipinti di Bacon - Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion (1944) e Figure in a landscape (1945).











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    di :Roberto Barzi

    Dalla fine degli anni 30 alla sua morte, avvenuta nel 1992, la visione di Bacon è stata quella di un mondo senza sensibilità. Non ha mai smesso di dipingere il corpo umano, o parte del corpo, in stato di sofferenza, di bisogno o in agonia. A volte il tormento che rappresenta sembra sia stato inflitto, ma il più delle volte dà l'impressione di provenire dall'interno, dalle viscere stesse del corpo, dalla infelicità tangibile dell'esistenza.

    Ho sempre sognato di dipingere un sorriso, ma non ci sono mai riuscito. Francis Bacon

    Bacon giunse in ritardo alla pittura, ma poi, una volta arrivatovi - direbbe Gertrude Stein - era come se fosse stato lì da sempre. Poiché Francis Bacon (Dublino 1909-Madrid 1992) può ormai essere considerato il pittore più classico che il '900 possa vantare. Ora la antologica che si è aperta al Palazzo Reale di Milano ne vuol esaltare la figura, con un'esposizione in cui ogni dettaglio è stato studiato per attrarre il visitatore in quel vero e proprio inferno privato che era il mondo di Bacon. Egli torna così a Palazzo Reale, dopo quindici anni di oblio nel circuito artistico italiano, benché sia considerato da sempre un indiscusso maestro del Novecento.

    La rassegna punta a rilevare l'importanza di uno dei maggiori esponenti della seconda metà del XX secolo, nelle cui opere trovano espressione il sentimento interiore e individuale dell'uomo moderno, con immagini violente e rabbiosamente tragiche. Dai piccoli ritratti ai monumentali trittici i suoi quadri sono contraddistinti da una profonda partecipazione emozionale, nonché da valenze simboliche del tutto personali, ricche di allusioni cinematografiche, letterarie e religiose. Un corpus senza eguali nella storia dell'arte degli ultimi cinquant'anni. La particolarità della mostra è data tuttavia da una sessantina di capolavori quasi tutti inediti per l'Italia. Tra gli altri, alcuni dipinti degli anni '30 che rivelano la ricerca sul linguaggio condotta da Bacon, avvinta dalla deformazione e dall'ambiguità delle figure riprodotte.

    L'esposizione ha inizio con una carrellata di importanti opere su carta, ritrovate soltanto dopo la morte dell'artista. Il percorso prosegue con i dipinti del primo dopoguerra, la serie delle Teste (1949), e i dipinti che affrontano la tematica dei papi. Seguono i ritratti degli anni Cinquanta e del decennio successivo. Degli anni '70 sono esposti i grandi trittici, che evidenziano l'esasperante attenzione rivolta al soggetto umano, seguono poi le produzioni degli ultimi anni con la loro predilezione per il racconto. L'allestimento della mostra è essenziale e minimalista, per meglio esaltare le opere di Bacon.

    La rassegna tende soprattutto a mettere in rilievo uno scompiglio esistenziale che rivela, attraverso i dipinti dell'artefice, la vera essenza dell'uomo. La stessa confusione era presente nello studio di Bacon, l'atelier che ora viene integralmente riproposto grazie ad una serie di diapositive proiettate sulle pareti della prima sala della mostra, fotografie che costituiscono l'entità del disordine che quotidianamente circondava il pittore, un caos da cui nascevano come per incanto i suoi capolavori.

    Sembra assurdo classificare l'artista britannico nell'Olimpo dei classici, eppure la sua pittura, pittura vera, intimamente e soffertamente vissuta, ha nelle proprie origini il seme dell'arte atemporale, come per ogni opera che si rispetti, classica appunto. Certo, per chi si accostasse per la prima volta alla visione delle tele di Bacon il termine classicista sembrerebbe l'unico cui l'artista non dovrebbe aver aspirato. Lui, infatti, si considerava solo per quel che era, un pittore maledetto dedito alle perversioni sia intellettuali che fisiche, un essere umano, insomma, che riteneva la propria esistenza come una semplice tappa in attesa della morte. Soprattutto per questo motivo Bacon è stato assimilato all'altro grande irlandese suo contemporaneo, Samuel Beckett. Stesse origini, stesse tematiche esistenziali, identico modo di porle tanto al lettore quanto all'appassionato di pittura: la vita e la morte, la sua attesa, la solitudine quotidiana. Stesso atteggiamento nel presentarle ai loro incauti spettatori: Signori, questa è la vita, un'eterna crocifissione. Proprio come il trittico intitolato, appunto, Tre studi alla base di una Crocifissione (1944).
    In esso Bacon aveva identificato l'espressione suprema della sofferenza umana e delle sue metamorfosi quotidiane e, infine, della morte. Questo fu il suo nutrimento giornaliero, condito di figure ingabbaiate, imprigionate in se stesse, smembrate, sature di ferite mal curate e sanguinanti, di corpi atrofizzati, frantumati, il tutto analizzato nelle sue opere così come lo farebbe un anatomopatologo sul proprio tavolo di lavoro. Medesimo discorso va fatto per la solitudine umana, tema centrale di Francis Bacon, lo stesso concetto riscontrabile nell'opera letteraria di Samuel Beckett.

    Il pittore fu inoltre un feroce ritrattista poiché sapeva trarre dall'espressione di un corpo e di un volto l'estremo senso di sofferenza fisica e mentale. Volti e corpi contorti, sconvolti, asfittici sotto una luce spietata: Talvolta passava uno strofinaccio sulla pittura fresca per sfigurarne i volti, descrisse in un suo saggio Argan.
    Anzi, sembra quasi che Bacon trasformasse i soggetti dei suoi ritratti in fantocci inanimati da poter collocare in qualche opera del teatro dell'assurdo, o meglio della crudeltà, come se volesse proseguire il discorso, iniziato negli anni '30, da Antonin Artaud. Ritratti creati grazie anche ad un continuo confronto con la letteratura, secondo la maggior parte dei critici, un raffronto che mai l'artista britannico si sarebbe sognato di vedersi affibbiare, dato che confessò: da bambino non leggevo nulla.

    Bacon rimane assimilabile agli eccelsi pittori da lui amati: Michelangelo e Velázquez.
    Come ci ricorda il suo quadro più noto: Studio del ritratto di Innocenzo X (1951), opera che compose e ricompose più volte, sulla base di fotografie del capolavoro dell'artista spagnolo, affascinato dalla sua inimitabile maestria. Lo si potrebbe comparare anche a Van Gogh, di cui riprese le suggestive immagini dai colori accecanti nelle elaborazioni dei campi arsi dal sole, contrastanti nei gialli del grano e nei neri dei corvi. Bacon amò il pittore olandese fino a ritrarlo più volte, come in Studio per un ritratto di Van Gogh III del 1957, in cui giunse al proprio culmine cromatico. Anche in quest'opera, così come in quella di Innocenzo X, Bacon non smentì il suo credo artistico fatto di convulsioni, storcimenti e struggimenti umani, gli stessi che lui viveva giorno per giorno, come confessò più volte, avendo continuamente il senso della morte.
    Queste le sue motivazioni artistico/esistenziali, quasi un atto di costrizione per tutti quei critici che mal digerirono la pittura di Bacon, o che la considerarono poca cosa. Strano destino il suo: tanto poco considerato inizialmente in Patria quanto elevato a sommo grado all'estero, specialmente in Italia. Qui fu scoperto da studiosi del calibro di Testori e Brandi, qui fu ospitato più volte in mostre ormai storiche, qui fu considerato degno di avere una personale già alla Biennale del 1960.

    Se classico può apparire un appellativo troppo impegnativo per un pittore come Bacon, ancor meno possibile sarebbe considerare amabile il suo modo di fare arte. Troppo per chi fece dell'orror panico il proprio motivo di studio pittorico. Eppure belle appaiono le sue opere, composte come solo un vero pittore sa fare grazie a studiate pennellate, a tocchi morbidi e vellutati o violenti e materici, per mezzo di sostanze ora grasse e opache, ora magre e traslucide, ma sempre elaboratissime.

    Delle immagini che nonostante tutto non danno quel senso di fastidio che ci si può attendere dai suoi soggetti fatti di lucida violenza, consapevole follia anzi, come quella che quotidianamente perseguita l'intero globo. Come rivela il suo dipinto, sempre attualissimo, intitolato Figura sdraiata con siringa ipodermica (1963). Un'opera crudele e assurda che fece scrivere a Giovanni Testori: Sarebbero queste creature, negate alla grazia estetica, avvicinate e abbracciate dalla terribile grazia dell'insurrezione religiosa? Verrebbe da rispondere di sì: se esse riescono a ottenere un grado di beltà di cui nessuna pittura, da sé, per magistrale che fosse, le avrebbe potute dotare.



    da: whipart.it

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