LA CAMPANIA 4^Parte

TEANO..SAN LEUCIO..CASALUCE,IL SUO CASTELLO..CAPUA..CASERTA,LA SUA REGGIA..

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “... Martedì ... percorrendo le rotte che attraversano la Campania ci spostiamo veso nord ... non c’è fine alle bellezze quando si ricerca la meraviglia e lo stupore anche in un singolo battito di ali di farfalla ... non c’è limite ai sogni quando si possiedono ali e una mongolfiera abitata da tanti amici felici che ti riempiono di attenzioni e affetto ... non c’è limite alle parole soavi quando a sospingerle c’è un cuore che batte forte e le accompagna dando loro splendore e dolcezza infinita ... corde tese lungo le ampie virate della nostra mongolfiera ... il loro stridere accompagna il lento planare verso terra ... davanti a noi Caserta ... la sua reggia e le bellezze di una terra che non finisce di stupirci ed emozionarci ... la Campania ... Buon risveglio amici miei ...”

    (Claudio)



    TEANO..SAN LEUCIO..CASALUCE,IL SUO CASTELLO..CAPUA..CASERTA,LA SUA REGGIA.. CAMPANIA TERRA FELIX..



    “Adagiata come un prezioso presepe tra il monte Cavuto e la cosidetta Costa Pizzuta, il piccolo centro di Pratella, con le sue torri ed imponenti cinte murarie, sembra non essere stato intaccato dall’usura del tempo e del progresso, conservando tutt’oggi un’immagine graziosa e, allo stesso tempo, austera di semplice borgo medievale. Un insieme di casette che si arrampicano una sull’altra lungo l’altura: mattoni grezzi che si alternano a vicoletti ciottolati, portoncini piccolissimi che danno accesso a stretti cortili …L’aria limpida, un odore misto di legna ed erba ovunque, un silenzio pieno, una quiete voluta, interrotta solo dal movimento degli animali e dalle voci discrete e rarefatte provenienti dalle abitazioni. Eppure, qui ci si sente a casa: come distanti nel tempo e nello spazio…. il calore di queste mura, della gente semplice che vi vive, i prati ed i boschi che circondano la zona, il fruscio delle acque dei fiumi..in tutta l’area vegetazione ricca ed incontaminata, caratterizzata dallo splendido pino nero. Nella zona di Mastrati, in particolare, sono stati rinvenuti i primi manufatti risalenti al Neolitico, mentre arroccati sulla cima del monte Cavuto – la montagna con il buco - sono, ancora oggi, ben visibili i resti di una città sannitica, considerata da alcuni come l’antica Callifae, scomparsa dopo l’avvento dei Romani. …. il cuore più antico del borgo sono frazioni di Mastrati e Roccavecchia (dove resiste ancora la torre del vecchio castello…. troviamo le sorgenti di acqua Lete, con poteri terapeutici ….nelle vicinanze vi sono innumerevoli sorgenti di acque sulfuree ferruginose e magnesiache, come Ravone e Limatele…di straordinaria bellezza:… l’immensa piana del Volturno, circondata dagli imponenti querceti e dai boschi lussureggianti dell’Alto Casertano.”


    “…Teano una città ricca di storia, con un prestigioso Museo Archeologico all’interno dell’edificio medioevale del Loggione Cavallerizza…una Teano teatro nel 1860 dell’incontro memorabile tra Vittorio Emanuele e Garibaldi…. con chiese e palazzi che conservano le tracce delle civiltà sidicina, romana, medievale e barocca che hanno reso questo uno dei più bei borghi d’Italia…”


    “All’arrivo a Mondragone saluta un’enorme statua a forma di drago verde!…. nel centro storico….ciottoli ed edifici dai balconcini in pietra... Una Rocca si erge in lontananza, fu costruita nel X secolo,…il Palazzo Ducale, in stile gotico, con una Torre di fianco tutta ornata da archi….Una distesa di sabbia placa l’impatto del mare sulla spiaggia, mentre la riva era piena di conchiglie vuote ma dai colori smaglianti….”



    “In provincia di Caserta si trova il comune di Riardo. Nonostante sia molto …ha una storia antichissima tanto che le tracce dei primi insediamenti risalgono all’epoca romana…. il Castello..del IX secolo dopo Cristo, quando nella zona di Caserta furono costruiti diversi castelli, che fungevano da dimora e difesa delle famiglie ricche e nobili …vi sono presenti diversi stili architettonici: la torre di forma quadrata è infatti rinascimentale, mentre altre, tonde, sono di epoca medievale. Il loggione invece è neoclassico……A Riardo si trova lo stabilimento delle acque Ferrarelle, di chiara origine vulcanica. Le fonti dalle quali sgorga l’acqua si trovano molto vicine al vulcano Roccamonfina…..”



    “Un tempo era chiamata Ferdinandopoli ed era una città nella città. Oggi invece San Leucio, a Caserta, è un borgo che conserva intatta la sua storia….Sorta nel 1789 per volere del re Ferdinando IV di Borbone che ne affidò la costruzione all’architetto Collecini, San Leucio costituiva un primordiale esempio di casa per le vacanze…Il re, infatti, annoiato dalla vita di corte che conduceva nella Reggia di Caserta, adorava ritirarsi su quella collina poco distante, dove allora sorgeva la chiesa di San Leucio, vescovo di Brindisi….fece costruire una riserva di caccia e diede ad alcuni coloni il compito di curarla…..Con il passare del tempo, l’impianto urbanistico di San Leucio crebbe…furono edificati la prima seteria e una fabbrica di tessuti. La cittadina divenne una sorta di moderna repubblica che si fondava su tre principi, scritti in un apposito codice di leggi, a cui gli abitanti dovevano attenersi: la buona fede come virtù sociale, il merito come spinta al lavoro e l’educazione alla base della collaborazione tra gli individui….noltre, tra quelle mura era abolito il lusso e tutti dovevano vestirsi allo stesso modo…..Nella successione non c’era più nessuna differenza tra maschi e femmine, tutti avevano gli stessi diritti ed ereditavano beni in eguale misura. Le mogli non erano tenute a portare la dote perché lo Stato provvedeva a fornire la casa arredata e quello che poteva servire agli sposi…Ogni manifatturiere poi, cioè ogni dipendente delle manifatture della seta, era tenuto a versare una parte dei guadagni alla Cassa della Carità, istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati…..l’antica seteria, di cui oggi è possibile ammirare i resti, rappresentava il cuore di San Leucio…Con un complicato sistema di torni e filatoi si passava dai semplici rocchetti alla creazione delle stoffe vere e proprie: parati di raso, broccati, velluti, destinati ai palazzi dei re o alle famiglie più nobili del paese…I nomi dei colori cercavano di distinguere le sfumature più sottili della seta: tra gli altri c’erano il verde salice, la noce peruviana, la tortorella, il fumo di Londra e il verde di Prussia….A questo si aggiunse nell’Ottocento l’invenzione del Jaquard: un tipo di tessitura particolare che si avvaleva di fogli bucherellati che davano vita a motivi floreali e disegni geometrici.”



    “Esistono luoghi che entrano nel cuore e che, come avviene per un colpo di fulmine, suscitano emozioni forti in virtù del fatto che dalle loro pietre trasuda la storia… il castello di Casaluce di epoca normanna e successivamente di età angioina … . Le sue mura possenti furono innalzate, circa mille anni fa, nel territorio di Casaluce, oggi piccolo comune a nord di Aversa….. gli affreschi ,conservati nella Cappella Palatina., furono staccati nel 1972 dalla loro sede originaria per opera della Soprintendenza per motivi conservativi e che ancora oggi attendono una ricollocazione in sito… la presunta origine normanna del castello era come avvolta da una cortina di nebbia, da un mélange di storia e leggenda che offuscava la verità dei fatti….il nome deriverebbe dal latino “casa luci”, vale a dire “casa del bosco”, mentre secondo altri il nome deriverebbe da “casaluccio” con l’accezione di “piccolo casale”, da cui poi Casaluce. Secondo la tradizione orale sarebbe stato costruito dai mercenari normanni guidati da Rainulfo I Drengot…Le prime certezze storiche sul castello si hanno soltanto in età angioina, a partire dal 1359, anno in cui il feudo venne acquistato da Raimondo del Balzo, conte di Soleto e Gran Camerario del Regno, il quale, ormai anziano, trascorse qui gli ultimi anni della sua lunga vita. L’affascinante biografia di questo signore lo ritrae quale discendente dall’antica famiglia dei signori di Balcius, feudatari di Les Baux, oggi bellissimo e suggestivo borgo della Provenza. La vicenda di questo casato confluì nella storia dell’Italia meridionale nel momento in cui alcuni tra i suoi membri più prestigiosi si posero al seguito del conte di Provenza, Carlo d’Angiò, nel 1265, nella campagna per la conquista del Regno di Sicilia. Annoverata tra le più illustri casate della nobiltà napoletana, la famiglia italianizzò il cognome in “Del Balzo” coprendo cariche pubbliche prestigiose e imparentandosi con le dinastie d’Angiò e d’Aragona…..Fu proprio grazie all’importanza delle cariche politiche conquistate che Raimondo, signore di Casaluce, è ancora oggi sepolto a Napoli nel pantheon dei re angioini, vale a dire nella chiesa di Santa Chiara…. Sotto il dominio dei Del Balzo, Casaluce conobbe la sua “età…essendo rimasti senza eredi, i conti decisero di donare, l’8 agosto del 1360, il loro castello all’ordine dei monaci Celestini, che si trasformò in …. preziosissimi affreschi trecenteschi sono venuti alla luce al di sotto degli stucchi barocchi che rivestono le cappelle, le crociere gotiche, le finestre e la controfacciata della chiesa”


    “Celebre per gli ozi di Annibale - anche se in realtà il condottiero punico si fermò nella vicina Santa Maria Capua Vetere -, Capua conserva numerose testimonianze medievali e rinascimentali. Nel centro storico s'innalza il Duomo, d'origine longobarda ma purtroppo pesantemente danneggiato nell'ultimo conflitto dai bombardamenti. Meglio conservati gli altri edifici storici cittadini: il duecentesco palazzo Fieramosca, il Castello delle Pietre, il quattrocentesco palazzo Antignano, uno dei più begli esempi d'arte catalana in Italia. Il complesso, assieme all'ex convento della Concezione, è attualmente sede del Museo Campano. La sezione archeologica vanta collezioni di notevole valore artistico mentre, nella sezione medievale, spiccano le belle statue duecentesche di Federico II, i busti di Pier delle Vigne e di Taddeo di Sessa”



    Santa Maria Capua Vetere…Qui sorgeva l'antica Capua etrusca e poi romana, nell'opinione di Cicerone la più grande e ricca città d'Italia. Del passato splendore restano le imponenti rovine dell'Anfiteatro Campano, secondo per dimensioni solo al Colosseo di Roma (misura 169 metri per 139). A poca distanza si trova il Mitreo, una sala sotterranea decorata da affreschi riguardanti le cerimonie d'iniziazione al culto persiano. Sempre nei pressi dell'Anfiteatro si innalzano i resti del grande Arco di Adriano che segnava l'ingresso della città romana."



    “Chi sceglie come meta la regione Campania, soprannominata dagli antichi Romani “Terra Felix”, non può non visitare la famosissima Reggia di Caserta un tempo casa reale della famiglia Borbone ed oggi una delle meraviglie del mondo e patrimonio dell’Unesco. …Il monumentale Palazzo Reale di Caserta, voluto dal re di Napoli Carlo di Borbone durante il XVIII secolo, fu costruito per essere una “nuova Versailles”, simbolo della grandezza del nuovo regno. L’architetto fu l’olandese Luigi Vanvitelli…… Carlo di Borbone decise di costruire il Palazzo Reale di Caserta in seguito alla minaccia della flotta inglese nel 1742 di bombardare Napoli per ottenere la neutralità del Regno delle due Sicilie durante la guerra di successione per il trono d’Austria…. Sarebbe stato piuttosto agevole colpire la città partenopea dal mare: da qui il motivo che spinse il re borbone a fondare una nuova capitale lontano dalla costa…. Caserta doveva divenire il centro nevralgico del Regno di Napoli…dopo una violenta eruzione, il giovane re Ferdinando di Borbone decise di spostare la Corte Reale da Portici a Caserta riprendendo così con più incisività i lavori a Caserta. L’opera però verrà ultimata solo durante il XIX secolo….. E’ notevole la continuità di sequenza: vialone esterno, galleria del Palazzo, viale centrale del parco ed infine cascata…In totale il Palazzo ha 1200 stanze, 1742 finestre e un giardino lungo 3 km…... lo “Scalone Reale” .. la “Cappella Palatina” a pianta rettangolare con volta a botte con colonne lungo tutto il perimetro…..è dedicata alla Vergine Maria…. la “Sala di Alessandro” dove, durante l’occupazione francese (1806-1815), era posto il trono del vicerè Murat…..Un’altra sala molto importante è quella del Tronoi con il piccolo trono di legno intagliato ed in cima alle pareti tutt’intorno 46 medaglioni raffiguranti i diversi re di Napoli susseguitisi nei secoli……le 4 “Sale delle Stagioni”, piccole e riccamente decorate: nella stanza della “Primavera”, il re e la regina amavano accogliere gli ospiti più intimi …Una volta attraversate le 3 sale neoclassiche della Libreria Palatina, si raggiunge la Sala Ellittica, completamente bianca e nuda di decorazioni, destinata agli svaghi della Corte…..I re Borboni incoraggiarono sempre l’antica tradizione presepiale napoletana ed ogni anno, prima del Natale era preparato un enorme presepe da abili artigiani ma anche dalle stesse principesse, che con devozione cucivano i vestiti dei pastori. Le mani, il capo ed i piedi delle piccole statue sono in terracotta, mentre il corpo è in filo di ferro e paglia…… il Teatro di Corte, costruito a forma di ferro di cavallo e decorato in alabastro….la Sala degli Alabardieri, la Sala delle Guardie, la Sala di Alessandro, la Sala di Marte, la Sala di Astrea, la Sala del Consiglio, la Camera di Francesco, la Camera di Murat, la Sala Ellittica, le Sale della Pinacoteca………Seguono la Sala delle Cacce Reali, la Sala degli Spolverini, la Sala dei Porti di Campania, la Sala dei Porti di Calabria e Sicilia, la Sala dei Porti di Puglia, la Sala delle Allegorie e le quattro Sale dei Ritratti del Re…… Nessuna descrizione potrà mai “offrire” l’emozione al cospetto di uno straordinario giardino, di incantevoli statue…. La prima parte del Parco si trova dietro il Palazzo e comprende a sinistra il preesistente Bosco vecchio, i cui viali portano quasi tutti alla Castelluccia, edificio cinquecentesco detto “Prenesta”, ricostruito nel 1769 in forma di una fortezza in miniatura per il divertimento e l’educazione alle armi dell’erede al trono. A nord i viali arrivano alla Peschiera, fra le più grandi mai realizzate… e impreziosita da un tempietto circolare….La seconda parte del Parco sale fino ai piedi della cascata dove si alza il colle di Briano coperto di boscaglie….. Elemento essenziale del parco sono i giochi d’acqua che scaturiscono dalle fontane…. La prima, proprio di fronte al palazzo, è la Fontana Margherita o del Canestro…da qui parte il lungo corso d’acqua movimentato da fontane barocche: la fontana detta del Canalone, la vasca dei tre delfini, la Fontana di Eolo, in marmo di Carrara e pietra di travertino realizzato da più scultori, che doveva ospitare un gruppo colossale mai completato (mancano le statue di Giunone ed Eolo), del quale però resta il modello in legno del Vanvitelli. I venti sono figurati in statue alate dalla cui bocca sgorga l’acqua…. Al centro c’è un velo d’acqua ad alimentare i due bacini successivi con una serie di piccole cascate…La fontana successiva, la Zampilliera, riproduce la Trinacria racchiusa in un medaglione mantenuto da Cerere circondata da Nereidi e preceduta da tritoni e delfini, con i fiumi Anapo e Simeto ai lati. …L’ultima fontana prima delle cascate, ha per soggetto Venere e Adone, circondati da amorini e ninfe….Segue la cascata di 82 metri che alimenta la vasca di Diana e Atteone: il tema è insieme mitologico e venatorio… intorno a una balaustra ci sono statue di cacciatori e cacciatrici…..Le acque delle fontane sono alimentate dall’acquedotto carolino, il cui progetto fu avviato non solo per il Parco, ma anche per il rifornimento idrico della zona. L’acqua proviene dalle falde del Taburno, superando dislivelli e ostacoli con imponenti ponti e gallerie…………..Il Giardino inglese nacque per volontà di Maria Carolina. Fu Lord Hamilton, inviato alla corte napoletana, che persuase la regina …fu chiamato dall’Inghilterra il botanico Andrew Graefer, famoso giardiniere del Regno….. furono disposte le piante, tracciati i vialetti, poste alcune statue, già ospitate nel cinquecentesco “giardino dei Caetani”, fondatori di Caserta: la Sfinge e il piccolo Pastore che suona il flauto…non mancano i richiami storici, come il Criptoportico, un finto ninfeo circolare in opus reticulatum romano con nicchioni che ospitano undici statue provenienti da Pompei e dalla collezione Farnese……Dalle radici di un tasso secolare sgorga l’acqua che sfocia in un laghetto, il Bagno di Venere…la statua è posta su un masso che divide il corso d’acqua che, dopo una piccola cascata, forma il laghetto delle ninfee, con al centro due isole, ricche di vegetazione: sulla maggiore è un tempietto in rovina, con colonne di granito e dolomite, provenienti dagli scavi di Pompei; la minore ha una padiglione riservato agli uccelli acquatici…..”


    “Caserta sorge al limite nord orientale della pianura campana ed è chiusa, in parte, dalla catena dei monti Tifatini…L’antica Galatia deve le proprie origini agli etruschi. Verso il 423 a.C., fu conquistata dai Sanniti e scelse di restare dalla parte di Annibale contro i Romani; per questo motivo fu punita, nel 211 a.C., con l’esproprio….Tutto il periodo della dominazione Longobarda fu interessato da violente lotte di successione: di questo periodo è il torrione quadrangolare attorno al quale sorse un centro urbano..Caserta, con le invasioni normanne, fu assoggettata ai nuovi signori sotto forma di contea, si costituì allora lo Stato casertano; si introdussero il feudalesimo e la cavalleria e nel 1113 si diede il via alla costruzione di una Cattedrale….La città visse un periodo di notevole sviluppo durante il regno del conte Roberto e, dopo la Cattedrale, furono costruiti il Palazzo Vescovile e la Casa Canonica che definirono l’impianto rettangolare della piazza...Successivamente il regno passò nelle mani degli Svevi, degli Angioini poi di Alfonso V d’Aragona. Caterina Della Ratta sposò Cesare d’Aragona, figlio naturale del re, che affrontò, prima, le truppe di Carlo VIII e, successivamente, quelle di Luigi XII. Sconfitto dai francesi fu costretto all’esilio sino alla morte nel 1504…Caterina Della Ratta si sposò di nuovo con Andrea Matteo Acquaviva , duca d’Atri e conte di Conversano, uno dei feudatari più ricchi del regno, col quale ebbe inizio la Signoria degli Acquaviva che continuò sino al 1634. Il periodo di maggiore sviluppo del villaggio presso la torre arrivò con Giulio Antonio e Andrea Matteo che divenne principe mentre l’antico borgo medievale continuò il suo lento declino. con l’arrivo di Carlo di Borbone, visse un periodo di splendore e vide la costruzione del Palazzo Reale e di una generale riedificazione della città. Caserta assunse così i tratti di una città di corte e ben presto anche la sede diocesana si trasferì dando vita a una nuova Cattedrale. Con Ferdinando II Caserta visse un nuovo sviluppo e divenne il centro della vita di corte e degli affari di stato…Dopo la sconfitta dell’esercito borbonico nella battaglia di Volturno, Garibaldi pose il suo quartier generale a Caserta. La vittoria di Garibaldi portò all’annessione del Regno delle due Sicilie al Regno di Sardegna. Dal 1860 al 1919 seguì il periodo legato alle vicende dei Savoia. Il Borgo di Caserta vecchia, piccolo e quasi estraneo al naturale sviluppo della città, custodisce le testimonianze della sua storia e della sua arte...Tra le tradizioni artigianali campane di particolare importanza risultano le sete di San Leucio, poco distante da Caserta. Dal 1991 è sede della seconda Università di Napoli."


    "Il Borgo di Caserta vecchia, piccolo e quasi estraneo al naturale sviluppo della città, custodisce le testimonianze della sua storia e della sua arte.. Il paese fu fondato dai longobardi nell'VIII secolo e conobbe un periodo di splendore tra l'XI e il XII secolo. Al centro dell'abitato s'innalza la bella Cattedrale del XII secolo, singolare sintesi di architetture romanico-gotiche, arabo-sicule e benedettine. Accanto al tempio sorge la gotica chiesa dell'Annunziata, risalente alla fine del Duecento."










    SANTA MARIA CAPUA

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    La distruzione della città e la Nuova Capua
    Dopo la caduta dell'impero romano Capua fu devastata dai Visigoti e dai vandali, diventando infine una contea del Ducato di Benevento. Nel corso di una lotta di successione nel ducato una banda di saraceni, saccheggiò e distrusse la città (841), costringendo la popolazione alla fuga. Dopo la distruzione, la popolazione (che da allora costituisce la prolungazione storica della Civitas Capuana) fuoriusciva dalla città in rovina e si rifugiava dapprima a Sicopoli, per poi collocarsi, dopo pochi anni (nell'856), su un'ansa del fiume Volturno, sul luogo dove aveva sede il porto fluviale romano di Casilinum. Veniva così costituita la "Nuova Capua" corrispondente oggi al comune della provincia di Caserta denominato appunto Capua.

    L'abitato moderno
    La città si è estesa nell'arco degli anni prima verso nord (direzione Sant’Angelo in Formis) e quindi verso sud (direzione Aversa) e relativamente meno nella direzione Est/Ovest contribuendo a rendere un unico centro abitato il percorso Capua-Caserta. Questo è attraversato dalla via Appia (SS 7), nonché dalla ferrovia Napoli-Caserta-Cassino-Roma. Nei pressi corre l'autostrada A1 Milano-Napoli (ex A2), accessibile tramite il casello di Santa Maria Capua Vetere. Recentemente è stata aperta l'immissione sulla bretella che collega Capua a Benevento accessibile dalla zona di uscita dell'A1.j


    TEATRO GARIBALDI

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    Palazzo Reale - Fronte Esterno

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    La Reggia di Caserta fu costruita dal re Carlo III di Borbone nel 1752-74 sotto la direzione dell'architetto Luigi Vanvitelli e suo figlio Carlo. La residenza è composta dal Palazzo Reale e da un parco immenso. L'intero progetto costò al re più di dieci volte l'ammontare che egli stesso aveva pagato per l'intero feudo di Caserta.



    REGGIA DI CASERTA

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    Scalone d'Onore

    Al centro del Palazzo Reale si trova lo scalone d'onore. La rampa centrale dello scalone viene dominata dalla statua di Carlo III sul dorso di un leone. Ai lati si vedono le statue del Merito e della Virtù.


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    Scalone d'Onore

    La volta ellittica sopra lo scalone d'onore ha una struttura doppia per poter nascondere i musicisti che accompagnavano l'arrivo degli ospiti nelle occasioni di festa.



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    QUESTA E' CASERTA VECCHIA E' BELLISSIMA

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    Casertavecchia1



    Casertavecchia (frazione di Caserta)
    è un borgo medievale che sorge alle pendici dei monti Tifatini a circa 401 metri di altezza e a 10 km di distanza in direzione nord-est da Caserta. In epoca medievale costituì il centro di Caserta. Dal 1960 è tra i monumenti nazionali italiani.

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    La torre del castello
    Le origini di Casertavecchia sono ancora incerte, ma secondo alcune informazioni estrapolate da uno scritto del monaco benedettino Erchemperto, Ystoriola Langobardorum Beneventi degentium già nell'anno 861 d.C. esisteva un nucleo urbano denominato Casam Irtam (dal latino: "villaggio posto in alto"). Il borgo ha subito nel corso della storia varie dominazioni. Originariamente appartenente ai Longobardi, Landolfo dei Longobardi di Capua alla morte del padre, il conte Landone, s'impossessa della città; ma lo zio, Pandone il Rapace riesce ad agguantarlo, dopo l’863 Casertavecchia fu occupata dal figlio del Rapace, Landolfo. Ma solo nell’879 con l’altro figlio del Rapace, Pandolfo, comincia la serie dei conti di Caserta. A seguito delle incursioni saracene e alle devastazioni delle città della pianura, gli abitanti e il clero delle zone circostanti, in particolare quelli della scomparsa città di Calatia, trovarono in Casertavecchia, protetta dalle montagne, un rifugio sicuro. In questo periodo la popolazione aumentò in modo così considerevole da determinare il trasferimento della sede vescovile dell'antica città di Calatia all'interno del borgo. Nel 1062 ebbe inizio la dominazione normanna che portò il paese al massimo livello di splendore con la costruzione dell'attuale cattedrale, consacrata al culto di San Michele Arcangelo. Con alterne vicende il borgo passò sotto la dominazione sveva con Riccardo di Lauro (1232-1266), il quale accrebbe l'importanza del borgo anche da punto di vista politico. Nel 1442 il borgo passò sotto la dominazione aragonese, iniziando così la sua lunga e progressiva decadenza: a Casertavecchia restarono solo il vescovo e il seminario. Con l'avvento dei Borboni e la costruzione della Reggia, Caserta diventa il nuovo centro di ogni attività a scapito di Casertavecchia, alla quale, nel 1842, viene tolto il vescovado, anch'esso trasferito a Caserta. Nel 1960 l'insediamento di Casertavecchia è stato inserito nella lista dei monumenti nazionali italiani[1]. Da allora il borgo ha conosciuto un progressivo ritorno di interesse, legato principalmente al turismo.

    Il borgo

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    Via di Casertavecchia
    Il borgo di Casertavecchia è meta di interesse turistico per via del Duomo, del campanile, dei resti del castello e delle strade dell'intero borgo che ricordano lo splendore di un tempo che fu.
    Il notevole panorama fruibile in molti punti del borgo, la frescura estiva e i numerosi locali e pizzerie fanno si che spesso gli abitanti dei dintorni vadano a trascorrere il sabato sera nelle vie del borgo.
    Manifestazioni folkoristiche come Il ritorno dei cavalieri nel Borgo e Settembre al Borgo, che si svolgono annualmente nel periodo estivo, hanno contribuito alla rivalutazione del territorio.

    Miti e Leggende
    Al periodo nel quale Casam Hirtam divenne Normanna risale l'ampliamento della cattedrale che viene costruita integrndo materiali di spoglio di monumenti romani di altri edifici.Allora nacque la leggenda che lega la cattedrale alle fate.Si racconta che le colonne in marmo dell cattedrale provengano dalla cattedrale dell’antica Calatia che era posta in pianura e che il loro peso non consentisse di trasportarle a Casertavecchia per l’allora impervia strada. Allora ci si risolse di rivolgersi alle fate che si trovavano sui monti Tifatini. Queste non si fecero pregare nell’esaudire la richiesta e ciascuna di loro trasportò una colonna con facilità per la difficile salita, volando direttamente dalla pianura alla cima del monte, tenendo ognuna di loro una colonna in bilico sulla testa. Così la costruzione della cattedrale poté finalmente essere ultimata.





    SEMPRE IMMAGINI DELLA REGGIA DI CASERTA!!!!

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  2. tomiva57
     
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    la Reggia vista dall'alto

    Le fontane

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    Caserta





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    IL PALAZZO REALE DI CASERTA
    Bella foto del parco con la Reggia borbonica in lontananza

    Il monumentale Palazzo Reale di Caserta, voluto dal re di Napoli Carlo di Borbone durante il XVIII secolo, fu costruito per essere una “nuova Versailles”, simbolo della grandezza del nuovo regno. L’architetto di questa incredibile opera fu l’olandese Luigi Vanvitelli. Carlo di Borbone decise di costruire il Palazzo Reale di Caserta in seguito alla minaccia della flotta inglese nel 1742 di bombardare Napoli per ottenere la neutralità del Regno delle due Sicilie durante la guerra di successione per il trono d’Austria. Sarebbe stato piuttosto agevole colpire la città partenopea dal mare: da qui il motivo che spinse il re borbone a fondare una nuova capitale lontano dalla costa. Caserta doveva divenire il centro nevralgico del Regno di Napoli. La cerimonia ufficiale della posa della prima pietra ebbe luogo il 20 Gennaio 1752, in occasione del 36° compleanno del re Carlo. Vanvitelli aveva presentato il suo progetto l’anno precedente, il 2 Maggio 1751. Fino alla sua partenza da Napoli, il re Carlo e la sua regina seguirono personalmente i lavori ed entrambi per certi aspetti “ispirarono” il grande architetto, senza mai modificarne il progetto originario. Fu un’eccellente “unione di spiriti”: si evince ripetutamente dalle numerose lettere che l’artista olandese inviò a suo fratello dove esprimeva il suo compiacimento per l’attenzione rivolta alla sua opera dai due Sovrani il cui appoggio favorì notevolmente l’accelerazione dei lavori. Difatti, dopo che il sovrano lasciò Napoli per salire sul trono di Spagna nel 1759, le cose cambiarono completamente e Vanvitelli spesso ricordò con amarezza quegli anni felici con il re Carlo. La situazione registrò persino dei peggioramenti quando il Tanucci prese il controllo del Regno destinando fondi sempre più esigui all’impresa dell’artista olandese: se negli anni ’50 del ‘700 gli operai impiegati nei cantieri erano circa 2000, dieci anni più tardi il numero fu dimezzato. Nel 1767 il Vesuvio diede una mano al Vanvitelli: dopo una violenta eruzione, il giovane re Ferdinando di Borbone decise di spostare la Corte Reale da Portici a Caserta riprendendo così con più incisività i lavori a Caserta. L’opera però verrà ultimata solo durante il XIX secolo.

    La Reggia è di forma rettangolare (m. 247 x 190) con l’area interna divisa in quattro cortili per mezzo di due corpi di fabbrica intersecantisi ad angolo retto. Le due facciate guardano il gran cortile da parata davanti e l’immenso giardino alle spalle. Ma il genio di Vanvitelli si rivela soprattutto nel concetto assiale dell’intero complesso. E’ notevole la continuità di un asse prospettico ottenuto attraverso la sequenza: vialone esterno, galleria del Palazzo, viale centrale del parco ed infine cascata. La cupola centrale e la statua del re Carlo nel timpano al centro della facciata faceva parte del disegno originario ma non fu mai realizzato. In totale il Palazzo ha 1200 stanze, 1742 finestre e un giardino lungo 3 km. Nel 1762 l’acqua da Maddaloni raggiunse il Palazzo per mezzo dell’acquedotto Carolino. Una descrizione del Palazzo e dei giardini è impossibile in poche parole. E’ una delle più note ed apprezzate opere architettoniche del mondo. Ci limiteremo a spendere qualche parola sulle stanze più significative. Innanzitutto va menzionato lo “Scalone Reale” e la “Cappella Palatina” (simile a quella di Versailles). La Cappella, in particolare, è a pianta rettangolare con volta a botte con colonne lungo tutto il perimetro. Fu inaugurata nel Natale 1784, in presenza del re e della Corte. La Cappella è dedicata alla Vergine Maria, la cui immagine del Bonito è sulla pala d’altare.

    Un altro ambiente di rilievo è la “Sala di Alessandro” dove, durante l’occupazione francese (1806-1815), era posto il trono del vicerè Murat. Di valore documentario oltreché artistico sono le due grosse tele raffiguranti “L’abdicazione di Carlo in favore di suo figlio Ferdinando” del Maldarelli e “Carlo alla battaglia di Velletri” di Camillo Guerra.

    Un’altra sala molto importante è naturalmente quella del Trono, disegnata dall’architetto Genovesi nel 1845, dove fanno bella mostra di sè il piccolo trono di legno intagliato ed in cima alle pareti tutt’intorno 46 medaglioni raffiguranti i diversi re di Napoli susseguitisi nei secoli.

    Molto belle sono anche le 4 “Sale delle Stagioni”, piccole e riccamente decorate: nella stanza della “Primavera”, il re e la regina amavano accogliere gli ospiti più intimi ed il pittore Hackert ne impreziosì l’ambiente arricchendolo con le sue tele di vedute dei porti del regno.

    Una volta attraversate le 3 sale neoclassiche della Libreria Palatina, si raggiunge la Sala Ellittica, completamente bianca e nuda di decorazioni, destinata agli svaghi della Corte: oggi accoglie l’incantevole presepe Borbonico. I re Borboni incoraggiarono sempre l’antica tradizione presepiale napoletana ed ogni anno, prima del Natale era preparato un enorme presepe da abili artigiani ma anche dalle stesse principesse, che con devozione cucivano i vestiti dei pastori. Le mani, il capo ed i piedi delle piccole statue sono in terracotta, mentre il corpo è in filo di ferro e paglia.

    In conclusione, nessuna descrizione potrà mai “offrire” l’emozione che prova un visitatore al cospetto di uno straordinario giardino, di incantevoli statue, di una Reggia straordinaria che pone i Borbone fra i grandi mecenati del passato.





    Da:tredy.com/it
     
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    STATUE AI PIEDI DELLE CASCATE

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  4. tomiva57
     
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    Scalone d'Onore

    La volta ellittica sopra lo scalone d'onore ha una struttura doppia per poter nascondere i musicisti che accompagnavano l'arrivo degli ospiti nelle occasioni di festa.

    reggiadicaserta_IT07CE037

    Vestibolo Superiore

    Al termine dello scalone d'onore si trova il vestibolo superiore

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    Cappella Palatina

    Di fronte al vestibolo superiore si trova la Cappella Palatina con pianta rettangolare e un'abside semicircolare.

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  6. tomiva57
     
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    ciaooooo Claudio..
     
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    CAPUA



    Capua è un comune italiano di 18.903 abitanti della provincia di Caserta in Campania.
    Situata in Terra di Lavoro, di cui un tempo fu capitale (Principato di Capua) e capoluogo (epoca napoleonica), l'abitato si adagia su di un'ansa del fiume Volturno, posizione storicamente strategica, ai piedi del Monte Tifata, dove sorge la frazione di Sant'Angelo in Formis, ed è attraversato dalla via Appia (SS 7), nonché dalla ferrovia Napoli-Caserta-Cassino; Capua è stata terminale della via Casilina (SS 6, antica via Latina), nei pressi corre l'Autostrada A1 Roma-Napoli (ex A2), accessibile tramite il casello di Capua, situato nel comune di Pastorano, che dista 8.5 km da Capua in direzione nord e tramite il casello di Santa Maria Capua Vetere, situato nell'omonimo comune, in direzione sud. È servita da un piccolo aeroporto turistico e militare dedicato a Oreste Salomone, sul quale in tempi recenti si è ventilata una proposta di ampliamento, per convertirlo anche al trasporto civile a servizio del polo aeronautico del CIRA e della Tecnam. Le principali frazioni e rioni del comune di Capua sono il centro storico fortificato e le sue frazioni sviluppatesi nei pressi di tre luoghi di culto extra moenia:
    Centro - Centro fortificato circondato da mura con fossati e da un'ansa del fiume volturno.
    Sant'Angelo in Formis - In epoca romana vi sorgeva il "tempio di Diana Tifatina" su cui fu edificata l' Abbazia di Sant'Angelo in Formis
    San Giuseppe - L'abitato ha origine come borgo contadino avente come centro la chiesa di San Giuseppe, oggi è sede del polo aeronautico capuano costituito da aeroporto, C.I.R.A., e aziende aerospaziali.
    Santa Maria Maggiore - Frazione fino al 1861, l'abitato ebbe origine in epoca basso-medievale come borgo contadino avente come centro la chiesa di Santa Maria Maggiore, e si sviluppò nelle vicinanze dell'Anfiteatro Campano. Oggi pur costituendo un comune autonomo rientra nell'arcidiocesi di Capua.
    Sono presenti altri rioni minori:
    Porta Napoli - Rione a sud delle mura medievali.
    Rione Stazione - Rione sorto nei pressi della stazione ferroviaria.
    Macello.

    Storia
    La città fu rifondata nell'856 dal popolo dell'antica città di Capua con il nome di Capua Nova sul sito dell'insediamento del porto fluviale della stessa città sul fiume Volturno, noto in età romana col nome di Casilinum. L'Antica Capua corrisponde all'odierna Santa Maria Capua Vetere, frazione della città di Capua fino al 1861, i cui confini comprendono i principali reperti archeologici della Capua romana: l'Anfiteatro Campano e l'Arco di Traiano.
    Casilinum e le altre antiche frazioni
    Per approfondire, vedi la voce Casilinum.
    Durante l'antichità i principali insediamenti limitrofi al centro, erano: il porto fluviale sul Volturno, detto Casilinum, il Tempio di Diana Tifatina ai piedi del monte Tifata e l'insediamento nei pressi della chiesa di Santa Maria Maggiore (a partire dal basso medioevo).
    Nel IX sec. d.c. dopo la distruzione da parte dei Saraceni, il popolo Capuano preferì trasferire il centro della città in un luogo più sicuro e scelse un'ansa del fiume Volturno dove sorgeva precedentemente Casilinum, giudicando gli altri siti limitrofi meno sicuri.
    Principato longobardo

    Dopo la distruzione di Capua antica per mano saracena (841), il conte Landone decise di ricostruire la nuova sede comitale sulle rovine di Casilinum (856), divenne così durante il X secolo la capitale del Principato di Capua, stato autonomo esteso su tutta la Terra di Lavoro fino al confine nord distinto dal fiume Garigliano, dominando su cittadine e borghi strategici, quali Caserta, Teano, Sessa, Venafro e Carinola; potenziandosi ulteriormente, arrivò a dominare anche sul Ducato di Napoli, su Montecassino, sede di un'importante Abbazia, e su Gaeta, opulento porto tirrenico.
    Verso la fine del medesimo secolo, Capua raggiunse il suo apogeo: il Principe Pandolfo I Testadiferro (961 - 981), riunificò i domini dell'Italia longobarda meridionale, inoltre venendo in aiuto di Papa Giovanni XIII, esule da Roma tra il 965 ed il 966, ottenne l'elevazione di Metropolita per la Chiesa Capuana.
    L'anno 1059 rappresenta la fine del potente Principato longobardo, infatti il conte normanno di Aversa Riccardo I Quarrel, ne opera la conquista.
    Il Principato Capuano, nel corso della sua esistenza, tratteneva dei rapporti diplomatici anomali: pur essendo un'entità statale semi-dipendente dal Sacro Romano Impero, rimaneva favorevole alla politica estera di Bisanzio.

    Anfiteatro Campano (piazza I Ottobre)

    anfiteatro

    Probabilmente sorto tra il I ed il II secolo d.C. per volere dell'imperatore Adriano, forse sui resti di una precedente costruzione, è attorniato da un giardino contenente svariati reperti archeologici. E' la vera e propria anima dell'antica città, esso era costituito da gradinate e corridoi in marmo con al centro l'arena adibita agli spettacoli. E' una bellissima ed importante testimonianza dell'arte e degli usi e costumi dei popoli antichi.

    Chiesa di Santa Maria Maggiore

    chiesa

    La chiesa di Santa Maria Maggiore si innalza con il massiccio campanile in piazza Matteotti. Il suo aspetto attuale risale all'Ottocento ed è frutto di numerosi restauri. Infatti la chiesa è molto più antica, così come testimoniano i due bei capitelli corinzi che si trovano all'interno. In piazza si erge anche un monumento in ricordo dei caduti della prima Guerra Mondiale.

    Arco di Adriano

    arco

    Monumentale arco, posto lungo la Via del Lavoro, che anticamente era identificata come Via Appia. Fu realizzato nel II secolo d.C dall'imperatore Adriano. Conserva ancora il suo aspetto possente e vigoroso ed è una testimonianza di grande valore storico.



    CITAZIONE (tomiva57 @ 14/7/2011, 14:54) 
    ciaooooo Claudio..


    Ciao Ivanaaaaaaaaaa .... GRAZIEEEEEEEEEEE!!!



    Isola Ischia

    castello

    L'isola d'Ischia è un'isola del Mar Tirreno, posta all'estremità settentrionale del golfo di Napoli e a poca distanza dalle isole di Procida e Vivara. Appartiene al gruppo delle isole flegree. Con i suoi 62.027 abitanti è la terza più popolosa isola italiana, dopo Sicilia e Sardegna.

    Geografia
    Dalla forma approssimativa di un trapezio, l'isola dista all'incirca 32 miglia marine da Napoli, è larga 10 km da est a ovest e 7 da nord a sud, ha una linea costiera di 34 km e una superficie di circa 46,3 km². Il rilievo più elevato è rappresentato dal monte Epomeo, alto 787 metri e situato nel centro dell'isola. Quest'ultimo non è un vulcano ma il risultato del sollevamento di rocce vulcaniche avvenuto negli ultimi 30.000 anni. L'attività vulcanica ad Ischia è stata generalmente caratterizzata da eruzioni non molto consistenti e a grande distanza di tempo. Dopo le eruzioni in epoca greca e romana, l'ultima è avvenuta nel 1301 nel settore orientale dell'isola con una breve colata (Arso) giunta fino al mare. La gran parte del suo litorale è compreso nell'area naturale marina protetta Regno di Nettuno. Dal punto di vista geologico, l'isola di Ischia ha carattere vulcanico, formatasi in seguito ad eruzioni diverse succedutesi nel giro di circa 150.000 anni. Le parti più antiche dell'isola si riconoscono nei bordi delle coste meridionali (Punta Imperatore, Capo Negro, Punta Chiarito, Punta Sant'Angelo, Punta della Signora, Capo Grosso, Punta San Pancrazio, Punta della Cannuccia, Monte di Vezzi, Scarrupata di Barano) databili fra i 147.000 e i 100.000 anni fa (A.F.). Unica eccezione a settentrione l'abbiamo in Monte Vico che rientra nelle stesse formazioni ed epoche. Si è avuta quindi nella parte centrale dell'isola la formazione del Monte Epomeo, monte caratterizzato dai tufi verdi, risalente a circa 55.000 anni fa. Seguono quindi verso Sud-Ovest le formazioni di Citara (33000 anni fa), Scarrupo di Panza (tra 29.000 e 24.000 anni fa), Faro di Punta Imperatore (19.000 anni fa) e Campotese. Successivamente l'attività vulcanica si è spostata a Nord-Ovest, con i giganteschi effluvi di Zaro e Marecoppo risalenti a 6.000 anni fa, che, a ridosso di Lacco Ameno, delimitano la Valle di San Montano. Intorno al 5.000 anni fa, sul lato opposto, a Sud-Est, si è formato il Piano Liguori.

    300px-Tramonto_su_Sant%27_Angelo

    Le Terme dell'isola
    Le acque termali dell'Isola d'Ischia sono ben conosciute ed utilizzate fin dall'antichità. Già i primi coloni Euboici (VIII secolo a.C.), come dimostrano i numerosi reperti archeologici rinvenuti nel sito di Pithecusa e conservati presso il Museo Archeologico di Villa Arbusto a Lacco Ameno, apprezzavano ed usavano le acque delle sorgenti termali dell'Isola. I Greci infatti utilizzavano le acque termali per ritemprare lo spirito ed il corpo e come rimedio per la guarigione dei postumi di ferite di guerra (in epoca pre-antibiotica!) attribuendo alle acque ed ai vapori che sgorgavano dalla terra poteri soprannaturali; non a caso presso ogni località termale sorgevano templi dedicati a divinità come quello di Apollo a Delfi. Strabone, storico e geografo greco, cita nella sua monumentale opera geografica l'Isola d'Ischia e le virtù delle sue sorgenti termali (Geograph. Lib. V). Se i Greci furono i primi popoli a conoscere i poteri delle acque termali, i Romani le esaltarono come strumento di cura e relax attraverso la realizzazione di Thermae pubbliche ed utilizzarono sicuramente e proficuamente le numerose sorgenti dell'Isola (come dimostrano le tavolette votive rinvenute presso la Sorgente di Nitrodi a Barano d'Ischia, dove sorgeva un tempietto dedicato ad Apollo ed alle Ninfe Nitrodie, custodi delle acque) anche senza fastosi insediamenti; nell'Isola infatti non sono state rinvenute, come invece a Roma ed in altri centri termali dell'antichità, imponenti vestigia di edifici termali probabilmente per le eruzioni vulcaniche ed i terremoti che frequentemente ne hanno violentemente scosso le balze. Il declino della potenza di Roma coincise con l'abbandono dell'uso dei balnea anche ad Ischia: non ci sono infatti tracce dell'uso delle acque nel Medioevo.Di terme e termalismo si riprende attivamente a parlare nel Rinascimento ed un impulso decisivo alla moderna medicina termale venne dato da Giulio Iasolino, un medico calabrese, docente presso l'Università di Napoli, che verso la fine del 1500, affascinato dal clima e dai fenomeni di vulcanismo secondario (fumarole ed acque termali), intuendo le potenzialità terapeutiche del mezzo termale, effettuò un meticoloso censimento delle sorgenti dell'Isola (per la prima volta appare la ricchezza idrogeologica del territorio isolano), ne individuò la composizione delle acque e compì dettagliate osservazione circa gli effetti delle stesse su numerose patologie che affliggevano i suoi contemporanei (nel descrivere la Sorgente del Castiglione, una delle più famose dell'epoca, Iasolino esprime tutto il suo entusiasmo per le acque termali: "Noi ogni dì vediamo operazioni e virtù di quest'acqua così meravigliose e stupende che veramente bisogna credere essere data dal cielo per la salute degli uomini"). Con la pubblicazione del trattato "De Rimedi Naturali che sono nell'Isola di Pithecusa; hoggi detta Ischia" Iasolino liberò le acque termali di Ischia da quell'alone magico che fino ad allora ne aveva condizionato l'utilizzo. Dopo le esperienze di Iasolino, agli inizi del Seicento, considerando che molte guarigioni si ottenevano con l'uso dei bagni termali e che le cure ad Ischia, abbastanza costose, potevano permettersele solo nobili e ricchi borghesi, un gruppo di nobili filantropi napoletani fece edificare nel comune di Casamicciola il "Pio Monte della Misericordia", "stabilimento termale (per l'epoca) più grande d'Europa", per permettere anche a chi non aveva adeguate possibilità economiche di godere delle qualità terapeutiche delle locali acque termali. Dal Seicento alla metà del Novecento vennero costruiti in prossimità delle più rinomate sorgenti termali numerosi stabilimenti e strutture ricettive che fecero dell'Isola d'Ischia una rinomata stazione internazionale di cura e soggiorno dove vennero a curare le malattie del corpo, e non solo, personaggi celebri come Giuseppe Garibaldi, dopo la battaglia di Aspromonte, Camillo Benso conte di Cavour, Arturo Toscanini. Dagli anni sessanta, grazie ad Angelo Rizzoli, l'Isola d'Ischia e le sue acque si aprono ai grandi flussi turistici ed una intensa attività scientifica.

     
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    ISCHIA è la più grande isola nel Golfo di Napoli e, con le sue spiagge, sorgenti termali e bagni di fango terapeutico, ma è quasi popolare come il suo vicino, Capri. In questo luogo incantevole, i viaggiatori saranno soddisfatti con il clima e il paesaggio fantastico, l'ospitalità ed i profumi forte si sente l'odore tutto l'isola. traghetti a Ischia Porto, il porto e la parte moderna della città principale, Ischia.

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    forio



    CAPRI

    capri


    GROTTA AZZURRA

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    L'isola di Procida
    piccola ma molto bella e suggestiva, fa parte con Ischia e Vivara del gruppo delle isole Flegree. Pittoreschi sono i suoi piccoli centri, le sue casupole, come pittoresche sono le sue spiaggette. Particolarmente belli i suoi panorami. E' un luogo tranquillo soprattutto, un angolo di pace in mezzo all'azzurro del mare. Il comune di Procida è composta da due isole, Procida e l'isola di Vivara. La prima si estende per circa 3,7 km. di lunghezza, con una superficie di 3,75 kmq; la seconda è un piccolo lembo di terra collegato all'isola di Procida da un piccolo ponte.Il nome Procida deriva dal greco e che secondo molti studiosi significa che essa giace in basso nei confronti dell'isola d'Ischia. Si pensa che le due isole anticamente fossero unite tra di loro e che un forte movimento tellurico le abbia divise. I primi a colonizzarla furono i Calcidesi nell'VIII secolo a. C., poi furono i Siracusani, i Greci la cui presenza e testimoniata dalle tombe a tetto spiovente, ritrovate presso Campo Inglese ed infine i Romani.Nel Medio Evo Procida fu spesso saccheggiata dai Saraceni, destino che fu comune anche alle altre isole e città del golfo di Napoli durante la dominazione degli Spagnoli e dei pirati d'Africa, fu poi occupata dagli Inglesi infine dai Francesi.Procida con la sua architettura caratterizzata dalla scala rampante e dall'arco, con la sua stupenda vegetazione, con le bellissime baie dove si distendono splendide ed incontaminate spiagge e con le sue ricchezze storiche e culturali, offre al turista uno spettacolo difficilmente dimenticabili. Possiamo ricordare i famosi Limoni di Procida, grossi come cedri, e la sua buonissima torta al limone, oppure la famosa insalata di limone. Artisti e scrittori hanno avuta una particolare preferenza per l'isola e che hanno dato spunto per le opere come lo scrittore Alphons De Lamartine, la scrittrice contemporanea Elsa Morante, che soggiornava con il Marito Alberto Moravia. Ed infine, l'attore napoletano Massimo Troisi ha voluto rendere omaggio alla bellezza dell'isola girandovi buona parte della sua opera cinematografica "Il Postino". La "Terra Murata" è il centro storico di Procida. Esso risale al primo Medioevo e fu a lungo l'unico nucleo abitato dell'isola per motivi di sicurezza: infatti si trova sul promontorio più alto di Procida, a circa 90 metri d'altezza con pareti a picco sul mare. Il nome deriva dall'antica divisione dell'isola in zone chiamate "Terre": c'era la Terra per il frumento; la Terra per il pascolo; la Terra per i vigneti; la Terra per le coltivazioni; e infine c'era la "Terra Casata" dove si riunivano le case degli abitanti, per meglio difendersi. Quando nel XVI secolo fu fortificato l'intero centro abitato, l'aggettivo che definiva la Terra cambiò da "Casata" in "Murata" e questo nome ha conservato fino ad oggi.

    Il Palazzo d'Avalos

    Il Palazzo d'Avalos, detto anche "Castello", è il primo elemento di Procida che appare alla vista di chi viene da Napoli in nave. Si erge apparentemente solitario sul ciglio della parete tufacea a picco sul mare, ma nasconde dietro di sé il centro abitato della Terra Murata. Gli Avalos, nobile e potente famiglia spagnola, acquisirono in feudo Procida agli inizi del Cinquecento e governarono l'isola fino all'avvento dei Borboni nel 1734. Nel 1563 il cardinale Innico d'Avalos avviò la costruzione del Palazzo e delle mura fortificate attorno alla Terra Casata, insieme ad una ristrutturazione urbanistica complessiva, con lo spostamento delle porte e delle strade di accesso alla cittadella. In seguito alla costruzione delle nuove mura difensive e al diminuire dei pericoli, cambiarono anche le necessità della popolazione e le peculiarità delle abitazioni. I prospetti esterni delle case si arricchirono di nuove e più ampie aperture (finestre, terrazzi, balconcini) che affievolirono il carattere chiuso e difensivo che l'ininterrotta successione di case doveva mostrare prima della nuova sistemazione urbana. Gli ingressi delle case nella Casata, posti all'interno della Terra, diventarono poco pratici, costringendo a lunghi giri e quindi molti abitanti preferirono scavare scale di accesso nei blocchi tufacei di fondazione per costruire nuovi ingressi lungo la Piazza d'Armi, con i caratteristici portoni scavati nel tufo. Uno degli episodi architettonici più interessanti nella Terra Murata è la "Casa del Belvedere", caratteristico esempio di edilizia popolare procidana, non a caso risparmiata degli interventi edilizi effettuati negli anni Cinquanta causati delle frane al costone roccioso. Al piano terra, ritmato da arconi irregolari che reggono parte dei piani superiori, ci sono i locali di servizio e rivolti alla comunità: la bottega, il laboratorio artigiano, il deposito. Una scala esterna porta ai piani superiori, dove si trova l'abitazione vera e propria con le camere private. La scala ha una prima rampa coperta e la seconda scoperta: lo stretto ingresso e l'angusto spazio chiuso della prima rampa rendeva l'accesso ai piani superiori più facilmente difendibile, per evitare l'ingresso dei pirati saraceni. Gli ambienti interni si susseguono uno dietro l'altro, poiché sui lati chiusi si addossavano le case vicine. La abbazia benedettina di San Michele Arcangelo. La abbazia benedettina di San Michele Arcangelo non è stato l'unico complesso monastico della Terra Murata: nel 1585 il cardinale Innico d'Avalos concede ai frati domenicani di spostare la propria sede da Santa Margherita alla Chiaiolella (sul promontorio di fronte a Vivara) sulla punta meridionale della Terra (da allora detta Punta dei Monaci), chiamando il nuovo monastero con il nome di Santa Margherita Nuova. I dissesti statici che il complesso ha subìto nel tempo a causa dei cedimenti franosi del costone, in questa zona più gravi che altrove, hanno portato al definitivo abbandono nel secolo scorso del complesso, che non fu rimesso più in funzione. Dopo la Marina della Corricella, proseguendo verso sud lungo il litorale orientale di Procida, troviamo l'ampia insenatura di Chiaia, con le pareti di tufo a picco sul mare e solo un piccolo lembo di spiaggia sabbiosa ai loro piedi. In dialetto napoletano Chiaia significa "spiaggia". La costa in questo tratto non si prestava, per la sua conformazione, ad ospitare insediamenti abitativi: la spiaggia viene usata solo come località balneare, mentre sul ciglio delle rupi si intravedono i giardini e le terrazze panoramiche delle ville costruite all'interno dell'isola. Nell'insenatura di Chiaia ci sono due spiaggie sabbiose, divise da un tratto di scogli. Alla prima, più piccola e più vicina alla Corricella, si arriva attraverso una rampa scavata nel tufo. Alcune scogliere proteggono il litorale sabbioso, permettendo il conservarsi di questo suggestivo angolo da cui si gode una bella vista sul promontorio della Terra Murata. Più avanti si trova invece la spiaggia grande di Chiaia, con un'unica strada di accesso: Via dei Bagni. Fare il bagno sulla spiaggia di Chiaia è reso piacevole dalla sensazione di trovarsi in un posto ancora selvaggio e dal fantastico panorama della Terra Murata e della Corricella sullo sfondo. Sulla spiaggia di Chiaia si affacciano i terrazzi nei parchi dei palazzi signorili costruiti nel Settecento lungo la "Strada Maestra", che collegava la Terra Murata con la Chiaiolella. Alcuni di questi palazzi avevano delle discese private all'arenile: per realizzarle fu necessario costruire alti muri di tufo a funzione di contrafforte per contrastare le spinte del terreno, particolarmente franoso in tutto questo tratto di costa. Il nucleo più antico del borgo della Chiaiolella è delimitato in alto dalla Chiesa di San Giuseppe, che si trova lungo la strada di Via Giovanni da Procida. Aperta ai fedeli nel 1841, dovette essere demolita per problemi alle fondazioni e ricostruita nel 1861. La chiesa ha una sola navata con piccole rientranze nelle pareti adattate a cappelle laterali; l'altare maggiore è in marmi policromi, sormontato da una statua lignea di San Giuseppe del XVII secolo; altri due altari in marmo si trovano nei piccoli bracci laterali della pianta a croce latina. All'esterno della insenatura della Chiaiolella si trova il Lungomare Cristoforo Colombo, che corre parallelo alla spiaggia sabbiosa: questo è il principale punto di ritrovo dei bagnanti e dei turisti, fornito di strutture turistiche. La spiaggia prosegue poi per più di un chilometro, fino alla zona di Ciraccio. L'isola di Procida si conclude ad Ovest, dopo la Chiaiolella, con l'isolotto di Vivara, collegato al resto dell'isola da un ponte costruito dopo che un accordo con i proprietari nel 1974 ha restituito Vivara ad un uso pubblico. L'isolotto ha forma semicircolare, essendo ciò che resta di un cratere vulcanico, ed è stato sede di un insediamento miceneo nel XIV secolo avanti Cristo. Il nome deriva probabilmente dal latino medievale "vivarium" (vivaio) perché l'isolotto fu usato, oltre che per scopi agricoli, anche per la riproduzione di animali da selvaggina, funzione che ebbe il suo apice tra Settecento e Ottocento, quando i Re Borboni scelsero Procida come riserva di caccia. Oggi Vivara è oasi naturalistica protetta e nella casa colonica del XVII secolo che si trova sulla sua cima a ha sede un Centro Naturalistico.



    RIARDO





    l nome "Riardo" è un nome di origine greca (come tanti nomi della nostra zona). La Campania e l'Italia Meridionale sono pieni di nomi propri sempre di origine greca. Il perché è facile e semplice comprenderlo: perché fu la lingua greca predominante nell'Italia meridionale ed in Campania, come in Sicilia e altrove, a dare i nomi, che dopo divennero propri, a paesi, città, monti, ecc. E questi nomi venivano imposti dalla lingua e civiltà greca, superore a quella osca, man mano che dalla costa i greci si inoltravano nella nostra regione per motivi commerciali soprattutto. Coll'imposizione dei nomi greci si imponeva anche la civiltà greca più evoluta di quella osca, allora dominante nelle nostre zone.





    Riardo che già aveva un suo castello (secolo VIII/IX) viene nominata nel testo del Rinaldo, tomo 11, pag. 147, anno 1063. Rìardo viene ancora nominata nel 1150 (De Ríardo feudum unius milite, dal Catalogus baronum di E. Jamison); poi nel 1193, in una bolla di Celestino 111; nel 1269 (Universitati homini Riardi, Cancelleria Angioina, Reg. 5);nel 1271, Riardo (Registro Onciario; vol. 10, pag. 34 Carolus 1, 1271) e così di seguito fino ad oggi . Come già accennato nel 1063, Riccardo, principe normanno s'impadronisce di Riardo e del suo contado.





    Riardo, nominato da mille anni circa, esisteva, come frazione di Teano sin da quattro o cinque secoli prima di Cristo; ebbe poi la sua autonomia da Teano quasi certamente dall'imperatore Federico Il che, nel Settembre 1229 era stato accolto dai Riardesi, ospitato e guidato fino all'abbazia della Ferrara in Vairano. Vedi il nostro testo: 'L'Imperatore Federico Il a Riardo". Già prima dell'inizio dell'impero romano Riardo era un noto centro, il suo terreno aveva un alto valore, e qui venivano ed abitavano personaggi molto noti di romani illustri, come il Nasica, cognome degli Scipioni, come ci conferma Livio, oppure i Ponzii, di origine sannita. Per tutta l'antichità e l'alto medio evo Riardo non era altro che una importante frazione di Teano e si dovrà attendere il 1250 per essere considerato un comune autonomo da Teano, a tutti gli effetti.





    Perché diciamo che Riardo esisteva dal V oppure IV secolo prima di Cristo? Per la sua ricchezza naturale data dalle acque minerali provenienti dal bacino idrico di Riardo, uno dei più grandi d'Italia. Nell'antichità greca e romana le acque minerali erano sacre e considerate tali perché con esse si curavano molti malanni, con bagni salutari. Gli antichi Greci e Romani non avevano farmaci, come noi oggi. Molti mali venivano curati con i salutari bagni in acque minerali. Da qui la fama del luogo. Quando i Greci con la seconda colonizzazione dell'Italia meridionale che si protrasse per alcuni secoli, iniziarono a commerciare coll 'interno della nostra regione, non conoscendo i nomi dei singoli luoghi, imposero i nomi greci ai vari siti, come avevano fatto a Napoli, Cuma, Ischia, Pozzuoli ecc.






    Questi nomi greci si riferivano quasi sempre ad una peculiarità della zona e quindi i nomi rispecchiavano un dato di fatto realmente esistente. Allora non esistevano le carte topografiche ed i Greci conoscevano le varie zone dai nomi che loro imponevano. Su quanto detto non c'è alcun dubbio. Un autore, Giovanni Pugliese Caratelli, nel suo libro: "Storia di Napoli", pag. 24, ha registrato lungo le rotte commerciali greche tutta una serie di toponimi ellenizzati, oltre 500, che costituivano le caratteristiche di quei luoghi. Cuma fondata verso il 715 a.C. ebbe vocazione prettamente commerciale ed agricola con lo scambio di vasellame, armi, lana, oggetti di metallo in cambio di cereali, legname ecc. Cuma si rivelò decisiva soprattutto come centro di diffusione della civiltà greca in Campania, nel Lazio ed in Etruria (J.Berard: La Magna Grecia, pag. 40/60). L'alfabeto greco fu conosciuto ed usato dalle popolazioni italiche, Latini ed Etruschi per primi, grazie a Greci di Cuma.





    Non c'è quindi da meravigliarsi, ma anzi questa è una conferma di quanto scrivono noti autori di storia, che i nomi della nostra zona, certamente i più antichi hanno assoluta attinenza con l'origine greca e quindi provenienti da parole greche. Così, per ricordare, abbiamo: Teano da teaomai (visibile da lontano), monte Lucrio ( da lucnos, luce perché nell'antichità era un piccolo vulcano attivo), Riardo da reoardo (fonte che zampilla, sorgente che disseta) e tante altre. Quindi il nome RIARDO ha avuto origine da due verbi greci (reo e ardo) che danno il significato suddetto. Ecco perché Riardo, almeno come nome dato al sito delle prime capanne sorte nelle vicinanze delle sorgenti, rimonta all'epoca greca, avendo gli Osci di Capua e Teano (Osci Sidicini) adottato, da tempo~ l'alfabeto greco. L'origine del nome greco di Riardo (come tanti altri) ci può dare una certa datazione dei primordi, soltanto riferendoci ai commercianti greci di Cuma nei secoli Seicento e Cinquecento avanti Cristo. Quasi certamente fu in quel periodo che la nostra zona fu denominata Riardo, con chiaro riferimento alle sorgenti idrominerali ancora oggi esistenti nel nostro comune. Per circa un millennio e mezzo Riardo rimase una frazione di Teano, perché nel periodo greco, romano e per molti secoli dopo la scomparsa dell'impero romano, il "municipium" era molto esteso e la regione non era frazionata in tanti comuni autonomi, come oggi. Strabone ci dice che solo Capua e Teano erano città di un certo rilievo e che tutti i restanti agglomerati erano "oppidula" cioè piccolissimi centri senza alcuna autonomia cittadina, come l'intendiamo noi oggi.
    Deducendo da quanto sopra detto possiamo ritenere che Riardo ha avuto la sua origine greco/osca/sidicina, quindi di almeno due tre secoli prima che i Romani mettessero piede in Campania, ma sempre come frazione di Teano. Il periodo romano di Riardo si ebbe quando i romani penetrarono in Campania e presero Capua sotto la loro protezione: Riardo nel periodo della prima guerra sannitica, 343/330 avanti Cristo conobbe l'occupazione romana e non sannitica perché i Sidicini non furono mai conquistati oppure occupati, neanche temporaneamente dai Sanniti. Verso il 3 10. a.C. quando cioè Roma aveva saldi piedi nella Campania, anche Teano ed il territorio sidicino, quindi anche la zona di Riardo, dovettero cadere nel pacifico e perpetuo dominio della Repubblica Romana. I sidicini furono sempre fedeli alleati di Roma e fino al 173 a.C. conservarono una certa indipendenza; furono alleati fedeli durante la guerra annibalica ed una coorte di Sidicini fu la più valorosa nella battaglia del Trasimeno, tanto da riuscire a salvarsi col suo valore. Di questa coorte sidicina certamente avranno fatto parte alcuni riardesi.

    Annibale
    Per tutto il periodo antico non si può parlare di Riardo come un centro urbano specie nei tre secoli prima dell'ingresso romano in Campania; l'evoluzione riardese avvenne lentamente, rallentata dalla guerra annibalica, poi ripresa a svilupparsi subito dopo Annibale, come ci confermano le lapidi romane rivenute in piazza Vittoria, negli anni 1933/35. esse sono le più numerose di tutta la nostra zona perché a Riardo conveniva gente varia, ricca, importante. Le poche capanne costruite per la guardia alle fonti idrominerali, si erano trasformate nei secoli successivi fino a costituire un centro che aveva il suo cimitero nell'attuale piazza Vittoria. Qualcuno ha pensato che il nostro castello medioevale e longobardo potesse essere stato costruito sopra basi di mura romane. Niente romanità sul castello sia perché i Romani non costruivano castelli come residenza di signori dominatori di un piccolo territorio, sia perché il castello è una costruzione prettamente medioevale e non romana. I Romani costruivano l'arx come opera militare e centro di estrema difesa cittadina e cingevano di mura possenti le loro città. Se i Romani non occuparono mai militarmente la città di Teano, ciò fu dovuto alle grandi fortificazioni murarie delle quali era dotata. Né sotto, né sopra le fondamenta del castello di Riardo esistono mura di epoca romana. Ciò è da escludersi con assoluta certezza. Anche perché il castello di Riardo sorse da un semplice accampamento militare dal secolo VIII al IX, di sicura origine longobarda, sotto il castello. Altre varie interpretazioni sono certamente errate, anche se noi le abbiamo riportate nel nostro testo "Riardo" del 1974, ma solo come ipotesi. Per chi leggendo questo nostro testo non conoscesse Riardo, diciamo che il nostro comune è situato nella zona nord della provincia di Caserta. Abbiamo già visto che la sua origine può rimontare al V secolo a.C. come pagus sidicino e che era parte integrante del "municipium" di Teano; e come frazione di Teano rimase per secoli, fino a quando il grande imperatore Federico 11, dopo il 1229 non gli concesse l'autonomia da Teano, quasi certamente per l'aiuto fornito dai cittadini riardesi al suddetto imperatore, per averlo accompagnato sano e salvo da Riardo, all'abbazia di S. Maria della Ferrara, in territorio di Vairano Patenora. Subito dopo questa data troviamo nei vari documenti che si parla di "Università di Riardo", cioè Riardo comune autonomo, confermandosi così la nostra supposizione. Ma il nome "RIARDO" lo troviamo anche mille anni or sono quando, nel 1063, Riccardo, principe normanno e conte di Aversa, dopo aver soggiogato Capua, Calvi, Carínola, Dragoni, Gaeta e Teano, occupò Riardo ed il suo contado. Un secolo dopo, nel 1150, nel Catalogus Baronum di Evelyn Jarnison "De Riardo feudum unius milite", nel 1193 Riardo è nominata "Riardus" nella bolla Pontificia di Celestino III; nel 1269. Reg. 5 della cancelleria Angioina, "universitati homini Riardi"; RIARDO nel Registro Onciario ‑ Vol. 10, pag. 34, Carolus 1, 1271; continuando troviamo ancora il nome Riardo nel 1474 "Archipresbyteratus Riardi, nella bolla di Sisto IV; ancora, nel 1493, Riardo, nella lite tra Riardo e Pietramelara, Vol. 613 n' 6588 del 25.5.1494 RIARDO e bosco di Riardo, 1635, nella Descrizione della Diocesi Teanese De Guevara; infine nel 173 1, nell'investitura del primo duca di Riardo; Diploma dell'imperatore Carlo VI. Nel periodo romano Riardo era una importante frazione perché a Riardo si trovavano le famose sorgenti idrominerali; frazione importante da avere un quinquennale, cioè una specie di assessore sul posto. Nel 1269 abbiamo ulteriore conferma dell'esistenza di Riardo come comune autonomo dalla seguente citazione: "Universitati homini RIARDI conceditur licentia conficiendi appretium" (Reg. Canc. Angioina ‑ reg. 5, fol. 24 1). Nel 1308 e nel 13 10 il nome è scritto con la y, cioè "Ryardo". La presenza greca nella zona sidicina e quindi anche a Riardo è cosa certa e confermata dagli scavi della Gradavola e dagli studi del Prof Trimarchi, studi che ci hanno assicurato della presenza commerciale greca nel sesto e quinto secolo prima di Cristo. Gli Osci campani come i Sidicini adottarono l'alfabeto greco. La civiltà greca diede un forte impulso alle attività umane, agricoltura, pesca , allevamento, artigianato, commercio. Gli Osci sidicini appresero dai Greci l'alfabeto, l'uso della moneta, sistemi di peso e misura, le prime forme di cultura e la prima rete viaria che partiva dal mare e raggiungeva le zone più interne ricche di prodotti vari. Riardo, che significa "sorgente potabile" oppure "fonte che zampilla" derivante dai due verbi greci "reo e ardo" trova la sua identità nelle locali e numerose sorgenti idrominerali. A Riardo venivano persone importanti e facoltose che qui si stabilivano per il recupero della salute con i bagni nelle acque mine rali, famose sin da quei lontanissimi tempi. Riardo, sotto Augusto e poi in seguito era rinomatissima sia per le sue cure termali, sia per il clima nella all' Appia. "Teano, con la sua posizione topografica, è sita ai bordi sud orientali del massiccio vulcanico di Roccamonfina e a dominio della leggera infossatura che la divide dal rilievo calcareo del Monte Maggiore, infossatura che ospitò, sin da epoche remote, una frequentatissima via, tra la metà del VI e del V secolo a.C. La zona di Teano è coinvolta negli intensi traffici che si svolgevano tra Etruria e le colonie greche della costa campana" (Città da scoprire, TC1 Vol. III, pag. 20). La frequentatissima via era, e lo è attualmente, la via Casilina, in epoca romana denominata via Latina, che da Roma portava fino a Capua. Le colonie greche della costa erano: Neapolis, Cuma, Puteoli, Sinuessa ecc. La presenza greca nella zona sidicina e quindi anche a Riardo, zona delle fonti idrominerali, ci è confermata dagli scavi della Gradavola del 1911 e dagli studi del Prof. Trimarchi; studi che ci hanno anche recentemente, assicurati della presenza commerciale greca nella zona sidicina, quindi anche a Riardo, nel sesto, quinto secolo a.C. Gli Osci/Sidicini usarono parole greche per denominare le varie località e si riferivano, quasi sempre, alla topografia dei singoli luoghi; fatto questo in uso presso i Greci, già molti secoli prima del VI secolo a.C. I nomi greci furono in seguito trasformati in latino dai Romani, quando questi entrarono in Campania nel periodo delle guerre sannitiche, iniziate da Roma al solo scopo di annettersi le ricche terre della Campania felix. Così abbiamo Napoli ( da nea polis, cioè nuova città); Teano (da traomai, cioè la visibile da lontano); Monte Lucno (da lucnos, cioè luce), vulcano ancora in lieve attività in epoca storica, come ci assicurava Orosio; Riardo (da reo ardo, cioè fonte che disseta) ecc. RIARDO quindi ha la stessa radice del nome Roma e significa sorgente potabile, fonte che disseta, con evidente e lampante individuazione delle locali e numerose sorgenti idrominerali. La Gradavola, Teano, Monte Lucno, Riardo distano tra loro in linea d'aria soltanto pochi chilometri e per via terra meno di dieci! La leggenda che vuole far derivare il nome Riardo da un immaginario secondo incendio è da relegarsi nella pura fantasia popolare derivante forse dal fatto che Annibale, nel 216, durante la campagna della seconda guerra punica, devastò e incendiò tutto l'agro Falento e certamente avrà incendiato le poche capanne dei Sidicini che custodivano le fonti idrominerali; ma ingannato Fabio col famoso stratagemma dei buoi, avvenuto sulle nostre colline, non ritornò più nella nostra zona. Né poté dire la "riardo" perché la lingua italiana allora non esisteva; né il nome Riardo può derivare dalla parola latina "rursus" (rursum o rursus è avverbio latino che significa "nuovamente"). Un avverbio per indicare un nome specifico di località non avrebbe senso alcuno. La derivazione greca è e resta la più concreta e la più appropriata per indicare il sito e luogo delle fonti idrominerali. La fortuna di Riardo è dovuta al suo costante clima primaverile, l'allacciamento alla via Latina e quindi all'Appia, a Capua, la colonia dedotta nella zona sidicina da Augusto, la fertilità del suolo, l'abbondanza delle sorgenti, l'essere vicina a Teano, Capua, il soggiorno o l'interessamento di un ministro quale Seiano, ma soprattutto la qualità veramente miracolosa delle acque, variamente denominate, come: Eletta, Gloriosa, Pliniana, Maxima, Ferrarelle, ci fanno affermare, senza tema di smentita che Riardo, per molti secoli, dovette essere una importante stazione climaticobalneare. Le qualità delle acque minerali, ora raggruppate tutte sotto il nome di FERRARELLE, sono molto apprezzate dagli intenditori: infatti queste acque hanno l'effervescenza naturale; sono acidule, alcaline, antiuriche, digestive.





    L'acqua Santagata pur facendo parte del bacino idrominerale di Riardo, sgorga in tenimento di Assano del comune di Rocchetta e Croce. Tutte queste acque sono batteriologicamente pure ed amicrobiche ed hanno sempre dimostrato le loro eminenti ed ottime qualità di acqua da tavola. Le acque minerali di Riardo giovano in molte malattie, come la soluzione dei calcoli, atonie gastriche ed intestinali, disturbi delle vie digerenti, nefríti, catarri vescicali, diabete, diatesi urica, nevrastenia ecc. L'acqua di Riardo mischiata al vino è gradevolissima e se ne può bere a volontà in tutte le ore del giorno e della notte, risultando ottimo dissetante, unita ad arancio, china, limone, sciroppo ecc diviene bibita eccellente. Quanto detto è avvalorato dalla rivista Internazionale di clinica e terapia (Anno 1, n' 7), che così scrive delle acque minerali di Riardo. "Non v'è ormai più chi non riconosca l'efficace azione terapeutica e gli immensi benefici delle acque minerali Fonte Eletta e Ferrarelle". Il primato di quest'acqua minerale è in ragione diretta del suo statismo.... poiché fin dal tempo di Plinio il Vecchio e di Vitruvio le sorgenti di Ferrarelle godevano vasta rinomanza. L'acqua minerale di Riardo sgorga dal bacino della pianura di Riardo sita tra il vulcano spento di Roccamonfina ed il Monte Maggiore. Essa attraversa il sottosuolo formato da rocce vulcaniche e da sedimenti cartonatici, arricchendosi così di tutti quei sali minerali che la compongono. Con la caduta dell'Impero Romano e le invasioni barbariche, spopolamento, degrado, impoverimento generale ecc. i bagni e le acque vennero quasi del tutto abbandonate. Ma la fama delle acque medicinali di Riardo non si perse. Infatti il papa Gregorio VII (1020/1085), rifugiatosi a Salerno, alla fine della sua vita, per curare i malanni dei quali era afflitto, si faceva portare l'acqua di Riardo.



    Quale la derivazione del nome FERRARELLE?

    Almeno tre sono le interpretazioni di fonti varie e di significato diverso. La più comune credenza riardese fa derivare il nome 'Ferrarelle" che dalla proprietà e qualità dell'acqua stessa. Ed indubbiamente questa è una delle più accreditate interpretazioni. Infatti anche a Teano, la piccola sorgente delle Caldarelle è chiamata "Acqua ferrata". L'acqua Caldarelle sgorga ai piedi di Monte Lucno, vulcano spento lungo il letto del Savone. Quivi il proprietario del tempo, nel 1890, nel far sistemare la sorgente trovò un ripostiglio di Ottantamila monete di bronzo e d'argento, da Augusto alla fine dell'Impero. Queste monete venivano offerte alla dea della fonte dalle persone guarite dalle proprietà terapeutiche delle acque. Le fonti erano dedicate alla de Igea Sanatrix. Acqua ferrata dalla proprietà dell'ossido di ferro in essa contenuta... e da ferrata a Ferrarelle il passo è brevissimo. 2) Lo storico teanese M. Broccoli, parlando delle acque Ferrarelle di Riardo scrive: "Credo che esse abbiamo avuto il nome dalla celebre badia sotto il titolo di S. Maria della Ferrara. Vi doveva essere una chiesetta, nel tempo di mezzo, che diede al sito il nome si Ferrarelle, come presso Capua questo nome è dato al monastero annesso alla Ferrara" ). In comune di Vairano Patenora sorgeva una celebre badia di S. Maria della Ferrara. Le vicende dell'Abbadia, a confine tra il Regno di Napoli e fl dominio dei papi, furono quasi sempre condizionate dallo stato dei rapporti che intercorrevano tra i re e i papi. Nel 1229 Gregorio IX, approfittando che Federico Il era lontano dal regno, impegnato nella crociata, cercò di occupare il regno di Napoli. Federico Il avuto notizia che i soldati del papa erano giunti fino a Calvi, lasciò la crociata e subito riconquistò il terreno perduto. Fu in questa occasione che il grande Federico Il venne a Riardo, scrive Riccardo di S. Germano nella sua Cronaca: "ìndique non ostantibus hostibus, per RIARDUM habens transitum, ad S. Mariam de Ferraria venit indennis, ubi ecc." Riardo aprì le porte a Federico II, dandogli il passaggio e offrendogli ospitalità. Della supposta cappella medioevale, in località Ferrarelle, ipotizzata dal Broccoli non esistono tracce archeologiche, come altre in Riardo, né ricordo storico nella bolla di Alessandro III, papa dal 1150 al 1181, che nomina le cappelle di S. Maria, S. Erasmo, S. Nicola, S. Elena. 3) La contrada era chiamata anche Caldana o Caldara, come ci ricorda il Giusti, pag. 90, l'acqua era detta Caldanella o Caldarella. Infatti nella "Guida alle acque minerali ed ai Bagni d'Italia, edita a Siena, per i tipi di Ales. Moschini, nel 1850, era scritto: 'Il Comune di Riardo possiede una sorgente conosciuta col nome di acqua Caldanella o Caldarella, che trae dal sito ove sorge, detto Caldara". La denominazione di "acqua Caldarelle, osserva il Broccoli, è proveniente dal ribollimento continuo di quest'acqua". Lo stesso luogo ove sorgono le fonti, a Riardo, nel linguaggio popolare, fino a qualche decennio fa, era denominato "BAGNI". La fama della prodigiosità delle acque di Riardo non è mai venuta meno.



    Ferdinandopoli utopia Reale



    Il re illuminato dagli studi di Gaetano Filangieri e Bernardo Tanucci, ebbe l'idea di trasformare l'antico casino baronale in reggia-filanda. L'architetto incaricato fu Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli. Così il re decise di aprire le porte della sua casa in collina, agli artigiani della seta, avviando una inedita convivenza. Da un lato le eleganti stanze reali, dall'altra le macchine rumorose che lavoravano e tessevano la seta. La sala delle feste lasciò spazio alla chiesa per la comunità e attorno all'edificio della seta furono realizzate la scuola normale, le abitazioni per operai e maestre, le stanze per la trattura, filatura, tintura della seta. Nasce Ferdinandopoli, l'utopia di una città ideale in cui dare attuazione a riforme sociali, introducendovi la manifattura della seta.



    L'antica seteria di San Leucio


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    Tra il 1789, trentesimo anno di regno di Ferdinando IV (III di Sicilia). Il re, nonostante quello che si continua a raccontare, era un sognatore. La vita e il baccano della Reggia di Caserta lo angustiavano e aveva scelto come suo luogo di ritiro una collina lì vicino, dalla vista stupenda: dove c'era, appunto, l'antica chiesetta di San Leucio, vescovo di Brindisi. Sul Belvedere aveva fatto costruire un casino di caccia, e vi aveva fatto insediare alcune famiglie affinchè vi provvedessero. Poi i coloni crebbero di numero e diventarono una piccola comunità. Il re si lasciò probabilmente influenzare dalle mode utopistiche dell'epoca e decise di fondare una colonia modello. Cercò di darle l'autonomia economica, creando una seteria e una fabbrica di tessuti. La regolò con un codice scritto di suo pugno, pieno di straordinarie intenzioni e intuizioni. Volle darle una struttura urbanistica organica e simmetrica. Le affibbiò un nome che era uno specchio: Ferdinandopoli. Una sua creatura, insomma, anche se il nome restò artificiale e nessuno lo usò mai: rimase sempre San Leucio.

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    La fabbrica, che s'ingrandì e produsse una gamma ricchissima di tessuti, non riuscì mai a prosperare dal punto di vista economico, in quanto il lucro non era il suo fine. Un'industria di Stato, ma al sevizio della collettività, e quindi molto diversa da quelle dei nostri tempi, che sono al servizio dei partiti politici. Il codice venne applicato alla lettera: un misto di socialismo reale e utopico, che possiede ancora oggi una sua forte suggestione: "Io vi do queste leggi, rispettatele e sarete felici". Era il 1789: a Parigi ribolliva la rivoluzione. A San Leucio si istituiva la perfezione. I cognati di Ferdinando IV finivano sotto la lama della ghigliottina: perché il re di Napoli aveva sposato Maria Carolina d'Austria, sorella di Maria Antonietta di Francia. I pilastri della Costituzione di San Leucio-Ferdinandopoli erano tre: l'educazione veniva considerata l'origine della pubblica tranquillità; la buona fede era la prima delle virtù sociali; e il merito la sola distinzione tra gli individui. Tre principi sui quali varrebbe la pena di riflettere tutt'oggi, a più di due secoli e una decina di generazioni di distanza. Era vietato il lusso. Gli abitanti dovevano ispirarsi all'assoluta eguaglianza, senza distinzioni di condizioni e di grado, e vestirsi tutti allo stesso modo. La scuola era obbligatoria, a partire dai sei anni di età: i ragazzi erano poi messi ad apprendere un mestiere secondo le loro attitudini e i loro desideri. Obbligatoria anche la vaccinazione contro il vaiolo. I giovani potevano sposarsi per libera scelta, senza dover chiedere il permesso ai genitori. Le mogli non erano tenute a portare la dote: a tutto provvedeva lo Stato, che s'impegnava a fornire la casa arredata e quello che poteva servire agli sposi. Venivano aboliti i testamenti: i figli ereditavano dai genitori, i genitori dai figli, quindi i collaterali di primo grado e basta. Alle vedove andava l'usufrutto. Se non c'erano eredi, andava tutto al Monte degli Orfani. Nella successione maschi e femmine avevano pari diritti. I funerali si celebravano senza distinzioni di classe, anzi erano sbrigativi perché non dovevano affliggere. Ferdinando abolì anche il lutto, che trovava sinistro: al massimo una fascia nera al braccio. I capifamiglia eleggevano gli anziani, i magistrati (che restavano in carica un anno), e i giudici civili. Ogni manifatturiere, ovvero ogni dipendente delle manifatture della seta, era tenuto a versare una parte dei guadagni alla Cassa della Carità, istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati. Insomma: uguaglianza, solidarietà, assistenza, previdenza sociale, diritti umani. Ferdinando IV aveva fatto centro prima che la stessa Rivoluzione francese portasse a casa le sue conquiste. Al momento della promulgazione delle leggi, gli abitanti erano centotrentuno. Tutto ruotava intorno alla fabbrica. Una seteria meccanica, sostenuta dal re "con mezzi potentissimi", che sfruttava la materia prima generata dai bachi allevati nelle case del Casertano e oltre. Dai primi filatoi e dai telai fino alla costruzione di una grande filanda. Si producevano stoffe per abbigliamento e per parati, in una ricca gamma di rasi, broccati, velluti. Nei primi decenni dell'Ottocento, con l'introduzione della tessitura Jacquard, la produzione si arricchì di stoffe broccate di seta, d'oro e d'argento, scialli, fazzoletti, corpetti, merletti. Si svilupparono anche dei prodotti locali, i gros de Naples e un tessuto per abbigliamento chiamato Leuceide. Era molto ricca la gamma dei colori, tutti naturali, i cui nomi cercavano di distinguere le sfumature più sottili: verde salice, noce peruviana, orso, orecchio d'orso, palombina, tortorella, pappagallo, canario, Siviglia, acqua del Nilo, fumo di Londra, verde di Prussia.

    scio004

    L'ideale di San Leucio resse perfettamente per molti anni, poi fu man mano eroso dalle invasioni napoleoniche e dalla forte crescita della popolazione. L’utopia di San Leucio non finì, come vorrebbe la leggenda maliziosamente raccontata dai liberali, per colpa delle “scappatelle” del sovrano con le operaie. Finì quando nel 1861, a seguito della invasione sabauda, il Regno fu annesso al Piemonte: il setificio fu dato ai privati, e lo statuto divenne carta straccia. I tessuti di San Leucio avevano rifornito i sovrani della casa borbonica e le famiglie della nobiltà e borghesia napoletana, sia per gli abiti sia per le tappezzerie. Fatto sta che la manifattura è sopravvissuta al Regno delle Due Sicilie e alla dominazione sabauda e, pur con caratteristiche molto diverse, continua oggi a mantenere in vita una tradizione lontana e preziosa, che si è, anzi, sparsa per il mondo. Con l’avvento della Repubblica Italiana, l'antico borgo industriale, con le abitazioni per i lavoratori, è stato oggetto di restauri. Le bellezze architettoniche firmate da Ferdinando Collecini, allievo del Vanvitelli, e quelle naturali continuano a emanare le loro suggestioni. Vale la pena dedicarci una visita: chissà che non incappiate nello spirito del vecchio re, che continua a vagare per queste strade, dove aveva voluto la rigida divisione del traffico dei pedoni da quello dei veicoli! Forse ancora corrucciato per essere stato vinto da un vecchio vescovo, Leucio, di cui non era riuscito a estirpare il nome per sostituirlo con il proprio!

    telaioborbonico




    CASERTA VECCHIA





    LA STORIA ED IL DUOMO



    Le origini del borgo medievale (400 m. di altezza, ora frazione di Caserta) non sono state del tutto accertate, comunque sembra che intorno all'anno 860 era già esistente un piccolo villaggio denominato "casa hirta " .





    La storia di Caserta Vecchia è comunque complessa: dopo essere stata controllata dai longobardi di Benevento passò in tempi successivi ai conti di Capua. Proprio in quest'ultimo periodo l'abitato ebbe una discreta espansione anche perchè molti vi si rifugiarono per via delle presenze saracene nella zona. Ancora dopo, Roberto di Lauro ed i suoi discendenti la ebbero come contea dai normanni ma ne furono privati intorno al 1268.





    Prima di passare alla corona dei Borboni di Napoli, fu amministrata da diversi nobili (fra i quali anche i Caetani di Anagni). Con la costruzione della famosa reggia di Caserta ed il maggior sviluppo dell'abitato in pianura, ovviamente gli abitanti del borgo si ridussero notevolmente.







    Nel borgo medievale di Caserta Vecchia la struttura più interessante è notoriamente la Cattedrale ultimata intorno al 1153 in periodo normanno. La chiesa fu dedicata a S.Michele Arcangelo al quale i normanni erano molto devoti.





    Nell'edificazione della chiesa e del famoso campanile - costruito poco dopo- si prese spunto da diversi stili (arabo-siculi, benedettini, romanici ecc.) e quindi l'insieme è del tutto particolare.





    Secondo alcuni storici dell'arte, la pianta del Duomo di Caserta Vecchia, similmente a quanto avvenne a S.Angelo in Formis, Sessa Aurunca ecc, sarebbe stata costruita ad imitazione della Badia di Monte Cassino che andò distrutta nel 1349. Tale ultima badia era stata costruita nel 1058-87 per volontà dell'abate cassinese Desiderio che, prendendo esempio dall'arte di Costantinopoli, ne volle fare "la meraviglia dell'Occidente". E' comunque abbastanza probabile che all'epoca della costruzione del Duomo di Caserta Vecchia si imitò in qualche modo un edificio nel XII molto noto che purtroppo non è arrivato ai posteri.





    A parte il duomo, nel borgo sono pure di notevole interesse diverse case medievali, le rovine del castello del XIII secolo e la chiesa dell'Annunziata (XIV).





    Nel contesto attuale, molto frequentato dai turisti, sono numerosi gli ambienti antichi utilizzati da ristoranti ed altri esercizi.





    Vi sono frequentemente proposti manifestazioni in costume medievale ed altri eventi. Quindi, Caserta Vecchia oltre che una meta culturale può essere un luogo piacevole.





    Reggia di Caserta


















    Proclamato "Patrimonio dell'Umanità" dall'Unesco è stato utilzzato da George Lucas come location per la serie di film "Guerre Stellari" a nei film "Mission Impossible" a "Angeli e Demoni" per le scene ambientate in Vaticano. Ha recentemente vinto il premio di "Parco più bello d'Italia". In estate, dopo il tramonto, è possibile assistere agi spettacolari "Giochi di Luce"

    Reportage La reggia di Caserta - percorsi di luce

    www.youtube.com/watch?v=82TgYJCFrao


    SE POTETE GUARDATELO è PARTICOLARE.................

    La Reggia di Caserta

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    Il 10 maggio del 1734 re Carlo di Borbone entra in Napoli. Conosciuto ai più come Carlo III, numerale che prese in seguito, quando diventerà re di Spagna, per il Regno di Napoli è Carlo VII. Il sovrano da subito il via ad un programma di realizzazione di grandi opere e di istallazione di opifici. Tra il 1742 e il 1750, Carlo matura l'idea di una struttura regia all’altezza del suo Regno, che con lui aveva ritrovato la perduta indipendenza, e che ora è proiettato a rinverdire gli antichi fasti.

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    Da incarico all’architetto Luigi Vanvitelli di progettare l’opera, ed i disegni del palazzo vengono presentati ai Sovrani Carlo e Malia Amalia il 7 dicembre 1751. Poco più di un mese dopo, il 20 gennaio 1752, avviene la posa della prima pietra della Fabbrica.

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    Gennaro Maldarelli, Posa della prima pietra, dipinto murale a tempera, reggia di Caserta, 1845

    Nel marzo del 1753 hanno inizio dei lavori dell'acquedotto Carolino. “Il portico con le colonne e le pietre” viene installato nel febbraio del 1754, mentre già nell’agosto del 1756 vengono coperte a volta 53 camere. Nel febbraio del 1759 vengono messe in opera le colonne del teatro. Nello stesso anno, a marzo avviene la posa della statua dell'Ercole, il 2 aprile sono completati i trafori dell'acquedotto Carolino.

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    Sopraggiunta la notizia della morte del fratello Ferdinando, Re di Spagna, il 7 ottobre 1759 Carlo parte per la Spagna per esservi incoronato Re. Napoli e Sicilia passano al giovanissimo figlio di Carlo, Ferdinando (IV di Napoli e III di Sicilia). A Caserta I lavori proseguono e nel 1760, nel periodo del carnevale, viene inaugurato il teatro di Corte, completata la facciata anteriore e 2 cortili. L’anno dopo sono completate 72 camere. Il 7 maggio del 1762 avviene la fastosa cerimonia di inaugurazione dell'acquedotto Carolino.

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    Il 3 ottobre del 1766, con la copertura della scala Reale, il Palazzo è quasi finito: manca da portare a termine la cappella, alcune decorazioni. Luigi Vanvitelli non potrà ammirare l’opera finita: muore il 1° marzo del 1773.

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    La sala del trono

    Nel giorno di Natale del 1784 viene inaugurata la cappella Palatina. Tra il 1779 e il 1790 prosegue la realizzazione delle decorazioni nell'appartamento “vecchio”. La realizzazione del giardino Inglese si protrarrà fino al 1830, e le decorazioni dell'appartamento nuovo fino al 1845.

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    Nel 1861 il Regno cade sotto la dominazione sabauda. Prima i garibaldini, poi l’esercito piemontese occupano il palazzo, che è fatto oggetto di spoliazioni e trasformato in alloggio per i notabili del nuovo regime. Bisognerà attendere il 1919 per il Decreto di ritorno della Reggia da proprietà dei Savoia al patrimonio demaniale dello Stato Italiano.

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    Celebrano Francesco, Ripiano da tavolo con il gioco dell'oca (Sorrento, Museo Correale)

    Il periodo fascista vede il completo abbandono del Meridione. Mussolini è occupato ad inseguire sogni imperiali e il 10 giugno 1940 dichiara guerra a Francia e Regno Unito, cui seguiranno le dichiarazioni di guerra a Stati Uniti e Russia. La folle politica fascista rappresenta per il Meridione d’Italia, già prostrato da decenni di dominazione coloniale sabauda, un colpo mortale: bombardamenti, distruzione, miseria, morte. Il 24 settembre 1943, gli "Alleati" bombardano la reggia, ritenendola erroneamente occupata dai tedeschi, ed una bomba centra la cappella Palatina. Il 14 dicembre le Forze alleate della IV armata occupazione il palazzo, trasformandolo ancora una volta in un bivacco militare.

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    Antonio Joli, Festa per l'inaugurazione dell'acquedotto Carolino (Reggia di Caserta)

    Il 27 aprile del 1945 avviene nel palazzo Reale la firma del Trattato di resa delle Forze Armate germaniche.

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    Nei primi anni del dopoguerra, il Palazzo resta semi-abbandonato e in un’ala viene allestita una caserma dell’Aeronautica, quasi a significare che il disprezzo per le cose belle del Sud dovesse continuare anche dopo il sospirato avvento della repubblica. Le cose oggi sembrano ambiate, specialmente dopo grazie all’azione delle forze progressiste che hanno avuto l’opportunità di governare nell’ultimo decennio del Novecento.

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    Il parco

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    Il Parco della Reggia di Caserta
    Insieme all'architettura del palazzo, Luigi Vanvitelli ideò quella del parco, che si estende a nord nelle forme tipiche del giardino all'italiana, come ben documentata dai disegni del "Corpus Vanvitelliano" particolarmente nella Veduta dei Giardini della Reggia a volo d'uccello. Elemento essenziale nel parco sono i giochi d'acqua che scaturiscono dai gruppi scultorei delle fontane realizzate sotto la direzione del figlio, Carlo Vanvitelli. Lo stesso impianto progettuale sarà in seguito ripetuto a Madrid, nel parco del Retiro, e nella concezione delle nuove grandi strade ornate di fontane che ancor oggi si possono ammirare nella capitale spagnola.

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    Si può ben dire che re Carlo, dopo aver rifatto Napoli, rifece Madrid che, avendo conservato a differenza di Napoli il suo ruolo di apprezzata capitale, non ha dovuto abdicare al suo passato, né rinnegare ciò che di buono i Borbone vi hanno compiuto.

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    La lunga via del parco di Caserta ha inizio con la fontana del "Canalone", con tre delfini scolpiti da Gaetano Salomone. Seguono la fontana di Eolo, completata nel 1785, e quella di di Cerere del 1783, di Gaetano Salomone, detta anche "Zampilliera" per i getti d'acqua che scaturiscono dall'ultima vasca.

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    In origine Cerere aveva il capo coronato di spighe bronzee di grano, così come le mani delle Ninfe. Durante l'occupazione francese del 1799 le statue furono private di questi ornamenti. La fontana verrà interamente realizzata fra il e il 1785. L'ultima fontana è la grande vasca di Diana e Atteone alimentata dall'acqua della cascata inaugurata il 17 maggio del 1762. Rappresenta il mito della dea Diana, sorpresa nuda al bagno con le sue ninfe offesa dal cacciatore Atteone, perciò trasformato dalla dea in cervo e sbranato dai suoi stessi cani. Per questa fontana, come per le altre, c'è la collaborazione di più artisti con una divisione programmatica del lavoro.

    Anche in questo la reggia di Caserta anticipò i tempi.

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    Medaglia 1850 in argento Ø 32 mm. per la celebrazione della Pasqua a Caserta del Papa Pio IX. Collezione di Rauso.

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    Medaglia 1846 in bronzo argentato Ø 73,5 mm. per l’inaugurazione della ferrovia da Napoli a Caserta. Collezione di Rauso.

     
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  9. tomiva57
     
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    Sessa Aurunca


    Sessa Aurunca è una città di antica origine: nel suo territorio sono presenti tracce preistoriche e necropoli risalenti all'VIII sec. a.C.
    Centro importante degli Aurunci, cadde in possesso di Roma nel IV sec. a.C.: dedotta "colonia" di diritto latino (313-312 a.C.), Suessa, che coniava moneta propria dal IV sec. a.C.; diventa un notevole centro militare, commerciale e rurale e viene elevata a "municipium" nel 90 a.C.
    Nell'età imperiale conosce la sua massima espansione urbana: il centro abitato copriva infatti un'area quasi doppia rispetto a quella attuale e contava numerosi e importanti monumenti.
    Al declinare dell'Impero romano, Sessa - Diocesi sin dai primi tempi del Cristianesimo - vive un periodo di decadenza.
    Dopo essere stata interessata alle vicende storiche di Capua, Salerno, Benevento e Gaeta, ritrova la sua importanza verso il XII sec. e riacquista un suo più definito ruolo tra il XIV e il XV sec. sotto il ducato dei Marzano: questi, infatti, Signori di buona parte di Terra di Lavoro e appartenenti ad una delle più potenti famiglie del Regno napoletano, fecero di Sessa la capitale dei loro feudi.
    Caduti nel 1464 i Marzano, dopo essere stata per breve tempo Arciducato, viene nel 1507 assegnata a Gonzalo Fernandez de Corduba, artefice primo della definitiva conquista del Regno di Napoli da parte di Ferdinando il Cattolico e appartenente ad una delle più illustri famiglie di Spagna.
    Dopo alterne vicende, agli inizi dell'800, mutate in parte le strutture economiche e sociali in seguito agli avvenimenti che andavano scuotendo il Regno napoletano, Sessa - priva ormai anche delle famiglie più influenti e dei numerosi ordini religiosi che sin dal XIII sec., avevano formato uno dei cardini della vita cittadina - perde parte dell'importanza avuta nel passato, ma in seguito riuscirà sempre a mantenere con un certo prestigio un suo ruolo nella storia sociale, economica e culturale della Provincia di Terra di Lavoro.

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    Monumenti & Chiese


    Principali strutture relative al periodo romano




    FONTANA MONUMENTALE

    Resti di una fontana monumentale, databile al I sec. d.C. sono ubicati di fronte alla Villa Comunale presso Piazza Tiberio Massimo. Parte della struttura è soprattutto sotterranea.


    criptoportico


    CRIPTOPORTICO


    Situato ad un lato del complesso conventuale di S. Giovanni a Villa, questo edificio, databile strutturalmente al I sec. d.C., è stato portato completamente alla luce nel 1926. L'edificio ha una conformazione ad U con tre navate di cui quella settentrionale è quella che si presenta in migliori condizioni. Le pareti del Criptoportico sono rivestite di stucco bianco con quadri geometrici e motivi floreali dipinti.
    Sulle stesse pareti sono anche visibili iscrizioni in greco e latino relative a situazioni della vita del tempo. Il Criptoportico - secondo gli studiosi - faceva parte di un importante complesso votivo.


    teatroromano

    TEATRO ROMANO

    Si tratta di un importante struttura - sita a Sud del Criptoportico - già portata parzialmente alla luce da Amedeo Maiuri negli anni '20, e solo da pochi anni recuperata quasi integralmente. Il monumento è databile al I sec. a.C. e si presenta come un edificio che - in origine - doveva essere abbastanza imponente.


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    PONTE AURUNCO (detto PONTE "RONACO")


    Questo ponte romano si trova sulla antica strada che univa Sessa all'Appia antica nei pressi della costa. Questo antico viadotto è costruito su 21 arcate ed è databile tra il I e il II sec. d.C..
    All'imbocco della strada - che porta dal quartiere Borgo Nuovo al Ponte Ronaco - sono visibili resti di edifici sepolcrali di epoca romana.


    Nell'ambito, infine, di questo "itinerario classico" si segnalano:

    a) resti di strutture - che gli studiosi fanno risalire ai periodi tardo-repubblicano ed imperiale - relative all'arx, che sono state inglobate nelle mura del Castello Ducale e che sono visibili dalla strada ad ovest del Castello.

    b) un Anfiteatro di cui parlano vari studiosi - databile alla fine del I sec. a.C. - e di cui sono rimasti resti di mura in località "Vigna del Vescovo".



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    TORRE DI S. BIAGIO


    Fatta costruire da Carlo D'Angiò nel 1276, la Torre è situata a ridosso di via S. Caterina. Essa faceva parte di un complesso fortificato andato distrutto.
    La torre è fregiata da uno stemma gentilizio in pietra.



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    CASTELLO DUCALE


    Costruito su elementi strutturali di origine romana esso presenta un corpo originario fatto costruire in epoca longobarda.
    Successivamente fu ampliato e, sotto il Regno di Federico II di Svevia, acquista una funzione decisamente militare.
    Sotto la dominazione spagnola il Castello è sottoposto ad una serie di modifiche funzionali per renderlo più adatto alla vita di corte di un nobile Governatore.
    Diviene, quindi, dimora di Vicerè e nelle sue mura si consumano non pochi fatti di sangue.
    Nel Castello di Sessa sono stati ospiti, tra altre illustri personalità, Federico II e Carlo V.
    Recuperata la sua funzionalità, dopo il terremoto che si ebbe nel periodo spagnolo, ad opera del Governatore, il Castello diviene proprietà del Comune nel 1808.


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    TORRE "DI TRANSO"


    Datazione presunta: 1200. La torre è a pianta quadrata e presenta una finestra trifora finemente lavorata.



    PICCOLA BASILICA DI SAN CASTO

    Situata sulla parte terminale di Via XXI luglio questa chiesa si presenta con un ampio vano senza copertura, visibile dalla strada. Gli studiosi hanno individuato in questa struttura tracce di affreschi medioevali e resti interrati di catacombe. In questa chiesa vi era un sarcofago (200 d.C.) contenente le spoglie di San Casto. Questa piccola basilica è databile tra il 1000 ed il 1100.




    CHIESA DELLA VISITAZIONE
    (già S. Maria a Castellone)
    Questa chiesa è sita nelle vicinanza della Via Catena e di essa si parla in un documento del 1032.
    Essa - presumibilmente intorno al 1500 - era luogo di culto ebraico, volendo la tradizione che in questa zona vi fosse un insediamento ebraico. E' certo comunque che nel 1530 Carlo V è in Sessa da dove caccia gli ebrei.



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    CATTEDRALE ROMANICA


    Costituisce senza dubbio il più bel monumento della zona aurunca per eleganza di linee ed accuratezza di decorazioni esterne ed interne. Databile al 1103, la Cattedrale sorge su un'area ove vi era un tempio pagano o cristiano. La facciata è a tre portali - con numerosi fregi a rilievo rappresentanti fatti della storia sacra. Anche l'interno è a tre portali, e le navate poggiano su 18 colonne con capitelli di stile corinzio. E' visibile, a seguito di un recente restauro, all'interno della Cattedrale, l'originario struttura romanica ed il successivo "appesantimento" barocco voluto dal Vescovo Caracciolo con la sovrapposizione di stucchi. La Cripta è ricavata nell'area centrale della Cattedrale con una elegante struttura a volte poggiante su venti colonne di origine romana. Il pavimento della Cripta è a mosaico. Di notevole valore artistico è il "candelabro" per il cero pasquale ed il "pergamo" la cui struttura rettangolare si sostiene su sei colonnine alla cui base vi sono altrettanti leoncini marmorei. Tutto il Pergamo è decorato riccamente, allo stesso modo il candelabro. Nella Cappella del Corpus Domini è posta la bellissima tela della "Comunione degli Apostoli", ed è oggetto di importanti studi e ricerche.


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    CHIESA DI S. GIOVANNI A PIAZZA


    Posta nella parte alta di Corso Lucilio, questa chiesa è databile, presumibilmente, secondo gli studiosi, al 1200. La facciata è arricchita da un S. Rocco, da un S. Giuseppe e da un busto di Marco Romano, un canonico che lasciò in eredità alla città i territori di Casamare e Gambafelce. All'interno è ammirabile una "Ultima cena" attribuita al pittore Solimena e databile al 1700.



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    CHIESA DI S. LEONE





    Chiese rinascimentali



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    CHIESA DI S. EUSTACHIO
    (o dell'Annunziata)

    Si tratta di una chiesa monumentale del '400 con una imponente facciata ed ampia cupola interna che risalgono al XVIII secolo. La struttura è a tre navate. Restaurata recentemente ha un interno suggestivo ove si possono ammirare vari dipinti tra cui una "Annunciazione" del pittore Sebastiano Conca, una "Pietà" del 1300 ed una "S.Agata" del 1602. Nella cappella laterale, sul lato ovest a destra dell'altare maggiore è visibile la pietra tombale di Don Lopez De Herrera, un Governatore di Sessa nel XVI secolo, del periodo della Dominazione Spagnola.


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    CHIESA DI S. DOMENICO


    Questa chiesa faceva parte di un complesso monastico domenicano databile al 1425. Di detto complesso è rimasto un chiostro e parte del monastero. Il chiostro si presenta su pianta quadrata con portici sui quattro lati strutturati con archi e colonne.


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    CHIESA DI S. ANNA


    Fatta costruire nel '400 dal Duca Marzano questa chiesa aveva annessa una clausura di S. Elisabetta. Al suo interno sono da ammirare stucchi dorati e un soffitto ligneo a cassettone decorato.


    CHIESA DI S. GIACOMO


    Eretta nel 1478, a questa chiesa era annesso anche un ospizio per i pellegrini in transito per Sessa. Al suo interno un altare marmoreo ed un dipinto raffigurante "S.Giacomo".



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    CHIESA DI S. FRANCESCO
    (o dell'Immacolata)

    Databile al 1433 questa chiesa si presenta con una architettura armonica. Originariamente aveva annesso un monastero completo di giardini e dormitori. Dall'esterno si può ammirare il portale d'ingresso in trachite.

    CHIESA DI MONTE OFELIO

    Si tratta di una chiesa, recentemente restaurata, sita sulla strada rurale che porta a Monte Ofelio, una collina vicino all'abitato di Sessa. Come la chiesa di S. Giacomo la sua costruzione risale al '400.


    Chiese barocche




    CHIESA DEL CARMINE


    Ad opera dei Carmelitani fu fatta erigere questa chiesa nel 1590, nella parte alta della città, fuori porta-nord detta "delli ferrari". La chiesa faceva parte di un complesso che comprendeva anche un monastero che attualmente è il vecchio Ospedale S. Rocco. E' strutturata ad una navata con cupola.

    CHIESA DI S. BIAGIO

    Anche questa chiesa era ubicata fuori dalle mura del borgo superiore, nella parte alta, ma vicino alla porta "delli ferrari". Risale al 1639 e restano solo i ruderi a ridosso della Torre di S. Biagio.


    CHIESA DI S. ALFONSO
    (o delle Crocelle)

    Faceva parte di un complesso comprendente anche un monastero. Questo insediamento databile al 1614 è opera di un Ordine Religioso, quello dei Padri Crociferi di S. Camillo De Lellis. L'interno si presenta con motivi decorativi risalenti al 1700.



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    CHIESA DI S. CARLO

    Edificata nel '600 su una preesistente chiesa detta prima della "Madonna della Neve" e poi di "S. Francesco de' Pignatari", perchè la tradizione vuole che qui si sia fermato S. Francesco d'Assisi. All'interno si possono ammirare, principalmente, un pavimento in maioliche, una tela del '700, un altare rivestito di marmi ad intarsio ed un coro in legno per l'organo. Interessante è la sottostante cappella con annesso locale volgarmente detto "terra santa", nella quale venivano messi a "scolare" i cadaveri prima di essere seppelliti.


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    CHIESA DI S. AGOSTINO

    L'elemento più rilevante di questa chiesa è il soffitto ligneo cassettonato e dipinto, oggetto di recente restauro. Il pavimento è opera del maestro "reggiolario" Giuseppe Giustiniano. Sono anche da ammirare decorazioni barocche e l'insieme del complesso monastico annesso (ora sede del Liceo Classico e del Convitto Nazionale) di stile vanvitelliano. Nella chiesa vi è anche la tomba di Agostino Nifo, filosofo del '500 ed antagonista del Pomponazzi. Di questo filosofo è anche visibile un busto al centro della prospettiva d'ingresso al Liceo.


    CHIESA DEI CAPPUCCINI
    (S. Maria Regina Coeli)
    Anche in questo caso abbiamo un complesso comprendente una chiesa ed un monastero con giardino e dormitorio. Il complesso risale al 1593 e nell'800 fu usato come ricovero per i poveri e come struttura militare di supporto. Essa diede il nome alla vicina porta edificata, così come ancora si vede, verso la metà del XVIII secolo nello stesso luogo di una precedente porta del secolo XV.


    sedilesanmatteo

    SEDILE DI S. MATTEO


    Attualmente sede dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, questo locale - di stile gotico - era uno dei quattro Seggi nei quali si riunivano i rappresentanti del ceto nobiliare della città. Quello di S. Matteo era il più importante ed era anche detto Seggio Grande, forse per la sua ampia struttura e per distinguerlo da un altro detto "Seggetiello". Il locale si presenta con una volta a crociera ed un insieme di stucchi ottocenteschi che, secondo gli studiosi, ricoprono colonne antiche. Sono visibili anche due capitelli romani di stile composito.


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    FONTANA DELL'ERCOLE


    Si tratta di una fontana monumentale, opera dello scultore Angelo Solari. Questa opera fu eretta per celebrare l'inaugurazione del nuovo acquedotto nel 1825, nell'area in cui sorgeva la Porta del Trofeo.


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    TELE ESISTENTI NELLA SALA DEL CONSIGLIO

    Due imponenti opere pittoriche sono ammirabili nella Sala del Palazzo Comunale. Si tratta di due dipinti di soggetto storico di cui è autore Luigi Toro. Copie originali degli stessi si trovano presso il Museo di S. Martino a Napoli.

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    secondomistero


    GRUPPI STATUARI DELLA SETTIMANA SANTA

    Si tratta di gruppi statuari detti "Misteri" raffiguranti: Gesù nel Getsemani, Gesù legato alla colona, l'Ecce Homo, Gesù sotto il peso della Croce, Gesù morto, le tre Marie, la Pietà, e la Deposizione del Cristo dalla Croce. Rimangono ignoti gli autori - o l'autore - e la data di realizzazione di questi suggestivi gruppi plastici costruiti in cartapesta e legno. I gruppi sono esposti nell'ordine: i primi 5 misteri nella Chiesa di S. Giovanni a Villa, la Pietà nella Chiesa di S. Matteo (o dell'Addolorata) e la Deposizione del Cristo dalla Croce nella Chiesa di S. Carlo. Si tratta dei gruppi statuari che partecipano alle processioni della Settimana Santa.

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    GIOVA INOLTRE SEGNALARE QUANTO SEGUE:

    -Presso una sala dell'Episcopio sono raccolti: iscrizioni di vario genere, frammenti di elementi architettonici, sculture di età romana, reperti medioevali, rilievi funerari, tavole, tele e statue in legno del '700, oggetti per il culto.
    -Presso il Museo Campano di Capua si trovano vari reperti provenienti dalla zona aurunca.
    -Reperti vari relativi ad un Antiquarium - realizzato a suo tempo dal Gruppo Archeologico Aurunco in sale del Castello Ducale - sono attualmente ospitati nell'Antiquarium statale di S. Maria C.V., in attesa di essere ospitati nel Museo Civico di Sessa in fase di ristrutturazione.



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    da:sessaaurunca.net
     
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  10. tomiva57
     
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    CITAZIONE (Smitha7692 @ 7/10/2016, 10:20) 
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9 replies since 14/7/2011, 13:21   4425 views
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