LA CAMPANIA 3^Parte

L’IRPINIA..AVELLINO..GESUALDO..ROCCA SAN FELICE..E INFINE BENEVENTO..

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,795

    Status
    Offline


    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI

    “ ... Lunedì ... la Campania non è solo mare ... un sussurro che diventa sempre più voce e poi realtà ... e si, guardando sotto di noi dalla nostra mongolfiera, paesaggi sempre diversi si alternano scorrendo sotto di noi ... colori che dal turchese del mare della costiera amalfitana cambiano passando dal verde dei prati, al giallo dei campi di grano fino al verde scuro delle conifere dei monti ... una tavolozza di colori molteplici ci porta ad immergerci dai profumi salmastri del mare a Salerno all’aria fresca e fine del Lago di Laceno ... un viaggio nella terra campana che assomiglia sempre di più al variegato mondo delle emozioni e dei colori che le contraddistinguono ... voliamo verso l’entrotrerra campano, verso nord est verso l’Irpinia con le sue perle Benevento ed Avellino ... Buon risveglio amici miei ... inizia una nuova settimana, un nuovo viaggio altre immagini, racconti ... avventure ...”

    (Claudio)



    L’IRPINIA..AVELLINO..GESUALDO..ROCCA SAN FELICE..E INFINE BENEVENTO..ALTRE GEMME DELLA CAMPANIA..



    “Avellino, capoluogo dell’omonima provincia, conosciuta anche come Irpinia. Dal 1581 al 1806 Avellino è dominata dai Caracciolo sotto i quali conosce una lunga stagione di incremento demografico, di espansione urbanistica e di progresso economico. Risalgono a tale periodo (1504) l'affermarsi dell'arte della lana che riempì l'Italia dei pregiati panni di Avellino dal tipico colore azzurro carico. In seguito il commercio trovò una sede monumentale nella dogana dei grani. Durante il primo secolo della loro Signoria i Caracciolo ampliarono il Castello fino a farne un luogo d'eccellenza con un parco di cui cantarono meraviglie poeti e viaggiatori… Avellino è circondata da montagne, esattamente dai Monti Picentini e Partenio e il più importante di quest’ultimo è Montevergine dove è possibile andarvi e ammirare il Santuario della Madonna di Montevergine…..Entrando in città si trova la bellezza dei viali alberati che possiedono arbusti giganteschi e grossi pini che sembra quasi che stiano proteggendo la strada. ….Poco distante dal Duomo c'è il Palazzo De Concilii ove dimorò, bambino, V. Hugo. Nella chiesa S. Maria di Costantinopoli…. pregevoli marmi colorati del barocco altar maggiore e gli angeli reggicandelabri, quindi una Madonna col Bambimo in Gloria. La Fontana di Costantinopoli nei pressi di Corso Umberto.. in passato presentava Belefonte a cavallo della Chimera …Poco lontano ….la cinquecentesca Fontana Tecta in pietra ..”

    “Pietrastornina…viene chiamata così per via di una grossa pietra, che si vede dal paese. In dialetto viene chiamata A’Pret, appunto la pietra. La rupe è alta circa 140 metri e in cima ad essa vi era il castello di Pietrasturminea, fatto costruire nel lontano 774 come dimora di Federico II di Svevia. Data l’altezza della rocca, era possibile vedere e controllare tutta Pietra e dintorni: ai piedi di essa, infatti, vi erano le case del borgo…la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, edificata agli inizi del 1514 dai monaci benedettini di Montevergine…. non è molto grande ma è caratteristica per via della sua bella scalinata in pietra. ….vi era un particolare campanile, situato sopra l’orologio del centro cittadino. La torre campanaria presentava due campane poste una sopra l’altra. La sua peculiarità non dipendeva solo dalla posizione di queste, ma dal fatto che ogni mezz’ora suonavano”



    “Esiste un paesino, nel cuore dell’Irpinia, che prende il nome dal capostipite di una potente famiglia di feudatari: Gesualdo…Il suo centro storico è armoniosamente arroccato intorno all’imponente castello medioevale che, con le sue torri, si staglia su tutto l’abitato…Situato sulla sommità di una collinetta…..Le sue origini risalirebbero all’epoca longobarda (metà del VII d. C.) e si presenta delimitato da quattro torrioni circolari con una corte interna, al cui centro si trova un pozzo in pietra locale…. Le fonti indicano che nell’anno 650 d.C. un cavaliere di nome Sessualdo, dopo l’assalto di Pavia, fu incaricato dal duca di Benevento di erigere una roccaforte difensiva a protezione dei domini longobardi…Col passare degli anni la roccaforte si trasformò in castello rispetto al quale, gradualmente, si sviluppò a raggiera la futura cittadina medioevale e rinascimentale…Il nobile casato fu reso ancor più illustre da uno dei suoi membri, Carlo Gesualdo, principe di Venosa, geniale musicista e madrigalista, ma anche feroce assassino…La madre del principe era la sorella del cardinale Carlo Borromeo e la protezione dello zio, divenuto poi santo, gli fu di grande aiuto lungo tutta la sua vita…Il principe, sposò la cugina Maria d’Avalos di stirpe reale spagnola, ma il loro matrimonio ebbe un tragico epilogo: troppo dedito alla musica e alla caccia, il principe trascurava la sua bella moglie, la quale cominciò a tradirlo con l’avvenente duca d’Andria…Nel loro sontuoso palazzo di piazza San Domenico Maggiore a Napoli si consumò il terribile omicidio della principessa per mano del marito, sorpresa in flagrante adulterio. Subito dopo l’omicidio, Carlo si rifugiò nel suo feudo di Gesualdo, dove visse per diciassette anni assalito da un profondo senso di colpa…Sotto il suo dominio il castello perse l’aspetto originario di fortezza medioevale e fu trasformato in un fastoso palazzo rinascimentale, luogo di ritrovo per musicisti e uomini di cultura tra i più famosi del tempo: basti fare il nome di Torquato Tasso, che scrisse versi bellissimi poi messi in musica dall’illustre madrigalista…. la Chiesa del SS. Rosario, la Chiesa degli Afflitti, la Fontana dei Putti ma, più di tutti, va ricordato il Convento dei Padri Cappuccini, dove nel 1909 soggiornerà San Pio da Pietralcina….Il complesso, di cui è parte integrante la Chiesa della Madonna delle Grazie, fu fatto erigere dal principe come ex voto nel 1592, come si legge sulla lapide apposta all’ingresso.L’interno è ad una sola navata e custodisce sull’altare maggiore la cosiddetta “Pala del Perdono”, un olio su tela commissionato dal principe nel 1609 a Giovanni Balducci da Firenze…..Il dipinto raffigura il principe di Venosa genuflesso e con le mani giunte, sostenuto dallo zio Carlo Borromeo, nell’atto di chiedere perdono a Cristo con l’intercessione della Vergine e dei santi..In basso, poi si notano due figure dannate avvolte dalle fiamme: una bellissima donna bionda (la moglie fedifraga) e un cavaliere (l’amante). Si narra infatti che, dopo l’uccisione dei due amanti, Carlo si macchiò di un altro crimine orrendo: egli avrebbe ucciso anche il figlioletto, perché in lui credette di ravvisare i lineamenti dell’amante della sua prima moglie…Già sul finire del ‘500, nella tradizione popolare, il luogo dell’omicidio è diventato il “palazzo maledetto” e nacque la leggenda, ancora oggi viva nella memoria dei napoletani, del fantasma di Maria d’Avalos: alcuni affermano di vedere, di notte, nella piazza prospiciente il palazzo, un’evanescente figura femminile vestita di nero, che si aggira dolente reclamando giustizia.”


    “Adagiato su di un colle, in un’ampia conca irrorata dai fiumi Frédane e Ufita, il bel borgo di Rocca San Felice.. un vero e proprio spettacolo della natura che coinvolge tutti e cinque i sensi: la vista della terra arida e desolata, il rumore del torrente, l’odore acre di zolfo, il tatto della pietra locale, l’eco che risuona nella vallata……Parliamo di un luogo dell’alta Irpinia, la Valle d’Ansanto, al cui fascino non ha resistito neppure Virgilio, che nel libro VII dell‘Eneide (vv. 563-570) descrive il sito come uno “specus orrendum”, un antro della morte….In questi versi il sommo poeta fa riferimento ad un’orrenda spelonca, dove l’antica tradizione locale individuava un altro punto di accesso all’oltretomba, equivalente al più famoso lago d’Averno….Meta prediletta dagli scienziati, questo paesaggio infernale è soggetto a interessanti fenomeni di vulcanesimo e consiste in un laghetto fangoso, detto Mefite. In questo, l’acqua cupa, melmosa e fumante ribolle non per l’alta temperatura, ma per lo sprigionarsi violento di anidride carbonica e di acido solfidrico, che producono asfissia nei piccoli animali e sono pericolosi per l’uomo. Anche la vegetazione intorno al lago è impedita dalle emanazioni dei gas…..La storia di Rocca San Felice può essere suddivisa in due periodi: quello della Mefite dal VII secolo a.C. e quello del borgo medioevale organizzato intorno al castello eretto dai Longobardi, dall’848 d.C. all’incirca…La tradizione scritta, vuole che in questi luoghi la dea Mephitis venisse invocata dagli antichi abitanti della valle. Questi, attratti dai misteriosi vapori esalati dal lago, si insediarono qui e presero a immolare animali e a offrire oggetti preziosi alla dea, venerata per la fertilità dei campi e delle donne. In suo onore costruirono un tempio e quel luogo divenne sacro."



    “Ai piedi del Monte Capo di Gaudio, nella Media Valle del Calore, tra le coltivazioni di cereali e vigneti, sorge Fontanarosa, piccolo borgo medievale, centro agricolo e artigianale. In questo piccolo centro della provincia di Avellino, che deriva forse il suo nome dalla presenza di una fontana che fa scorrere acqua ricche di ferro e quindi dalle venature rosa, troverete numerosissime botteghe dedite alla lavorazione della pietra. Passeggiando per il paese si trovano angoli molto suggestivi. Le splendide fontante monumentali, che ci ricordano le tradizioni artigianali di Fontanarosa, sono spesso situate in piazze su cui si affacciano maestosi palazzi, come quelli sulla piazza Cristo Re, dove si può ammirare anche la spettacolare facciata della Chiesa Parrocchiale di San Nicola Maggiore… la Torre Civica: tre corpi settecenteschi che culminano nella cella campanaria e nel cupolino, totalmente ricoperti da maioliche, che sovrasta e domina tutto il comune.”



    “Morcone è un paese o forse sarebbe meglio dire un’opera d’arte che custodisce in sé storia, tradizione e magia….Casette arroccate sul pendio di una montagna, strade strette e con una pavimentazione ancora in pietra, donne ancora sedute sull’uscio a ricamare ….uno scrigno dove trovare un passato che qui è ancora fortemente presente….. Camminando lungo i vicoli del paese si respira una forte spiritualità, pastorelli per un giorno o forse figuranti di uno spettacolo costruito dall’uomo in perfetta sintonia con la natura, anche quando l’aria non sa di neve e il freddo non è pungente qui, senza chiudere gli occhi per abbandonarsi al sogno, ma restando semplicemente immersi nella realtà si vive il Natale….Un presepe vivente 365 giorni all’anno, un esempio di spiritualità diffusa, sono ben ventiquattro le chiese che ancora oggi è possibile visitare, ma anche tutte quelle feste di contrade, patronali, vie Crucis che attirano turisti da ogni dove, che qui giungono anche per visitare i luoghi dove San Pio trascorse il suo noviziato…Spiritualità e talvolta magia sembrano ancora oggi fondersi in questo paese ricco di tradizioni, feste e tanta tanta superstizione.”


    “Aspro di rocce s’erge Monterbano ricco alle falde di bei boschi ombrosi. Come una mandria stanca che riposi, S. Lorenzello vi si adagia al piano. “M. L. d’Aquino”..Una mandria stanca che riposa, un nucleo antico adagiato ai piedi del Monterbano, un suggestivo borgo medievale ben conservato e le numerose botteghe di ceramiche, rendono San Lorenzello un paese dove il silenzio racconta una storia ricca di personaggi illustri….Il vento che colpisce il visitatore distratto sembra narrargli una storia recitando i versi di poeti come Enrico Maria Fusco, Maria Luisa d’Aquino, Michele Lavorgna che qui hanno trovato i propri natali…Una suggestiva passeggiata tra la folta vegetazione del Monterbano, un ritorno al passato tra i vicoli del centro storico o una visita alle chiesette paesane…Un paese dove il silenzio parla, un paese dove i rumori tacciono per lasciare il posto al suono della natura, dove all’aria salubre di una natura incontaminata si aggiunge un’economia artigiana che bene si amalgama al rispetto del territorio. Un paese dove i cinque sensi si risvegliano e dove il gusto sembra essere enfatizzato dall’incontro con i numerosi prodotti tipici che riescono a conquistare qualsiasi palato…Prendendo a prestito le parole di Annalisa Lavorgna, San Lorenzello si pone ai visitatori come “Un presepe alle falde di un placido monte; un torrente a volte impetuoso, a volte assente, che lo separa dal resto del mondo. Intorno una teoria di colline, che sembrano danzare, quando il vento d’autunno smuove le foglie e fa cantare gli arbusti”. E dunque un paese come un’opera da ascoltare ad occhi chiusi, seduti immersi nel verde e con il vento che ci accarezza il volto, perché se gran parte del mondo ascolta le opere nei teatri, in posti come San Lorenzello è ancora possibile prendere parte al meraviglioso teatro della natura che canta la sua sinfonia.”



    “Schizzi di pittura su di una tela bianca, raggi di sole che accarezzano la pelle lasciandovi dei segni indelebili, souvenir, risate e tanta arte…Canti religiosi di cori provenienti da ogni dove, antichi abiti ancora odoranti di naftalina, luci soffuse di candele e freddo pungente, contemplazione e tanta fede.…“A Pietrelcina ogni giorno è un giorno in più per amare, un giorno in più per sognare, un giorno in più per vivere ” - diceva San Pio. Questi ricordi, questi appunti scolpiti nella mente….Camminare in vicoli stretti, alla ricerca della casa natale di San Pio, su pietre consumate dal trascorrere del tempo, ma anche dal calpestio di chi è alla ricerca del suo piccolo miracolo. Attraversare per una volta quel sentiero che dal paese porta a Piana Romana, respirando la spiritualità del luogo e rinnovando il sacrificio di un Santo. .. l’incontro tra presente e passato si attua in ogni periodo dell’anno perpetuando quell’incontro tra sacro e profano. Feste religiose, presepi viventi, concerti di musica sacra, ma anche mostre d’arte, sfilate e tanta tanta buona cucina: chi viene a Pietrelcina riesce a percepire la sua eclettica “personalità”…”


    “Quasi come un’oasi nella valle beneventana, Telese si estende su di un territorio vasto e ricco di storia. Qui è possibile trascorrere ore di relax camminando su sentieri antichi e non ancora asfaltati o lasciarsi trasportare da una delle attività più care alle donne, lo shopping, ma soprattutto farsi conquistare dalle terme e dai loro effetti benefici….In questo paese ormai da tempo immemorabile è possibile curarsi con le acque sulfuree che dal 1349, quando un forte terremoto causò la loro fuoriuscita, attirano persone da ogni dove. L’odore caratteristico, che infastidisce i nasi più raffinati, riesce a sposarsi bene e ad attirare, anche da lontano, coloro che incuriositi dall’incantevole scenario decidono di calarsi nel mondo della natura e lasciarsi curare da uno dei suoi elementi fondamentali: l’acqua…”


    “Un attimo …ci si ferma sul ponte e si dimentica in che anno siamo. Questa è la prima sensazione che si ha guardando il borgo vecchio di Sant’Agata De’ Goti, in provincia di Benevento. Case a strapiombo sulla stretta valle dove scorre il torrente Martorano, nascosto dalle fronde degli alberi. Un paese costruito su una roccia di tufo anzi, a guardarlo bene, da una roccia di tufo. Le case sembrano essere un tutt’uno con la base sotto di loro, la roccia sembra trattenere le radici delle abitazioni…..Le vie sono strette…puoi ancora calpestare le stesse pietre che calpestavano le antiche dame che qui alloggiavano. Paese che acquisisce il suo nome nel VI secolo d.C. dal fatto che i Goti poterono fermarsi qui nonostante la sconfitta subita contro i bizantini nella battaglia del Vesuvio del 553….il Duomo dell’Assunta, costruito prima del X secolo e portato all’attuale aspetto barocco dalla accurata ristrutturazione avvenuta tra il 1728 e il 1742. Conserva ancora uno stupefacente porticato del XII secolo con 12 fantastiche colonne antiche, sovrastate da capitelli corinzi e rivestite da iscrizioni e frammenti di bassorilievi romani…. la Chiesa dedicata a San Francesco, costruita dopo il passaggio del Santo in questo piccolo borgo e rifatta completamente nel 1700. E anche la Chiesa di Santa Menna, dedicata all’eremita del Monte Taburno…costruita nel VI secolo, conserva e vi regala uno dei pavimenti a intarsi marmorei geometrici più antichi dell’Italia Meridionale….Passeggiando per le vie del borgo di Sant Agata de’ Goti si ha la possibilità di incontrare tantissime epigrafi romane, magari a fianco di qualche cappella votiva di più recente realizzazione, ma sempre egregiamente conservata e mantenuta. Qui si tende a camminare guardando verso l’alto, per ammirare la stupenda architettura dei palazzi e delle case. Architettura conservata in tutto, anche nell’urbanistica, anche nelle insegne del centro storico, per non disturbare l’armonia che si respira…. sul ponte di Viale Vittorio Emanuele III si può il luccichio delle due cupole in parte rivestite in maiolica rimanendo incantati dai disegni geometrici, visibili solo da questo punto della città. “


    "... Nulla in Italia è più antico di Benevento, che secondo le leggende locali fu fondata o da Diomede o da Ausone, un figlio di Ulisse e Circe…Essa fu senza dubbio un'antica città ausonica, fondata lungo tempo prima della conquista sannita di questa parte d'Italia..Pur tuttavia è come di una città sannitica che per primo sentiamo parlare di essa, ed è allora una fortezza così poderosa che sia nella prima che nella seconda guerra Sannita, Roma non ardisce attaccarla..Nella terza guerra sannitica cadde nelle sue mani..."..Così scriveva Edward Hutton nel 1958….
    Le prime testimonianze storiche sulla città risalgono al periodo delle guerre sannitiche, durante le quali Benevento, appunto, era città forte e potente, tanto da scoraggiare l'attacco da parte dei Romani….Nel 275 a. C. i Romani al comando del console Manlio Curio Dentato vi sconfissero il re dell'Epiro, Pirro e, da qui, l'antico nome di Maleventum venne tramutato in quello di Beneventum per testimoniare il bonus eventus della vittoria…e vi stabiliscono una loro colonia…Numerosi monumenti ricordano la grandezza di Benevento durante il periodo romano. Collocata sulla Via Appia, che collegava Roma a Brindisi, divenne ben presto un nodo importante nei traffici commerciali tra Roma e l'Oriente…
    A testimoniare tale importanza strategica è il Ponte Leproso costruito, appunto, sul persorso della Via Appia….come l'Arco di Traiano …il Teatro Romano (II-II sec.) che poteva ospitare 10.000 spettatori. Segno che Benevento era una città florida e popolata da meritare, e d'altra parte permettersi, un teatro così ampio….Nel Medioevo fu disputata tra Goti e Bizantini…Subì la distruzione delle proprie mura da parte di Totila e divenne capoluogo dell'omonimo ducato nel 571 creato dai Longobardi che, sotto la guida di Zottone, avevano conquistato la città.Al periodo longobardo risale la chiesa del monastero femminile benedettino di S. Sofia (fondata da Gisulfo II e completata nel 762 da Arechi II, primo principe longobardo) e l'attiguo Chiostro, con archi a ferro di cavallo e capitelli scolpiti…Il Duomo, in stile romanico, a cinque navate, è famoso per le sue porte, esempio mirabile della scultura romanica meridionale….Il Ducato Longobardo durò circa 5 secoli e, morto Landolfo VI (1077), la città passò sotto il dominio pontificio che, pur con qualche interruzione, si protrasse per quasi otto secoli…La città fu saccheggiata da Federico II …nel 1266 vi si svolse la celebre battaglia tra Manfredi e Carlo d'Angiò il quale restituì Benevento alla Chiesa…”







    AVELLINO

    Avellino (IPA: [avel'lino]) è un comune italiano di 56.517 abitanti, capoluogo della provincia omonima in Campania. Il Comune ha un proprio stemma ed un proprio gonfalone così come descritti nei decreti di riconoscimento, in data 23 dicembre 1938: « Campo di cielo all'agnello pasquale con banderuola, adagiato sul libro legato di rosso, ritagliato d'azzurro, poggiato su una terrazza al naturale. Ornamenti esteriori da città »

    Avellino-Stemma

    Ed in data 1º dicembre 1938, trascritto nel Libro araldico degli Enti morali al vol.II, pag.625: « Drappo di colore bianco riccamente ornato di ricami d'oro caricato dello stemma civico con l'iscrizione centrale in oro: "Città di Avellino". Le parti di metallo ed i nastri saranno dorati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto azzurro con bullette dorate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma della città e sul gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d'oro. »

    --------

    La città è situata nel cuore di una grande conca dell'Appennino Campano dominata dai massicci montuosi dei Picentini e del Partenio ed è circondata a nord-est dal Montevergine, il più importante e famoso monte del Partenio, meta di pellegrinaggio per venerare la Madonna di Montevergine nel Santuario benedettino del XII secolo, posto sul monte a 1272 m. La città è attraversata da alcuni corsi d'acqua: il Rigatore, il San Francesco ed il Fenestrelle, affluenti del fiume Sabato, oggi molto impoveriti ed in parte interrati. I dintorni del centro urbano sono rigogliosi di vegetazione: prevale la coltura della nocciola, le pregiate "nocciole avellane".

    Avellino_dall%27alto

    Storia
    Il nucleo originario della città, Abellinum, si formò in prossimità dell'odierna Atripalda a circa 4 km dal centro di Avellino. Fu conquistata dai Romani nel 293 a.C., che la sottrassero al dominio dei Sanniti nella sanguinosa battaglia di Aquilonia, durante le Guerre sannitiche che si verificarono tra il 343 a.C. e il 292 a.C. Sotto il dominio di Roma la città cambiò più volte denominazione (nell'ordine: Veneria, Livia, Augusta, Alexandriana e Abellinatium). Piazza della LibertàLa posizione geografica ha agevolato la nascita dei primi insediamenti: sin dall'antichità la valle del Sabato ha costituito una via naturale tra l'Irpinia e il Sannio.

    Avellino_Fontana

    Nell'89 a.C. Silla occupò Pompei, Ercolano, Stabia, Eclano, Abella e Abellinum. Abellinum non costituiva ancora un vero e proprio centro urbano. Furono le truppe di Silla ad avviare l'edificazione di una vera città. Il Cardo e il Decumano, tipici elementi urbanistici romani, la suddividevano in quattro quadrati, ognuno dei quali conduceva alle quattro porte esterne. Dopo la sua distruzione da parte dei Longobardi, gli abitanti fondarono la nuova città di Avellino su uno sperone di tufo. Lo sviluppo demografico e urbanistico fu piuttosto lento a causa di alcuni violenti terremoti e delle invasioni degli Aragonesi e dei Normanni. L'arrivo dei Normanni pose Avellino al centro di importanti avvenimenti: nel 1137 Innocenzo II e Lotario III nominarono Duca di Puglia Rainulfo di Alife, il conte di Avellino, per il contributo dato per fermare i primi tentativi di conquista del neoeletto (1130) Re di Sicilia Ruggero II; due anni dopo, però, rimasto senza l'appoggio di Papa e Imperatore, Rainulfo fu sconfitto e ucciso da Ruggero II, il quale riunificò il Regno di Sicilia, annettendovi il Ducato di Puglia e il Principato di Capua. Nei decenni successivi, la città passò al conte Riccardo dell'Aquila, dunque ai Paris, ai Sanseverino, a Simone di Montfort, ai Balzo, ai Filangieri de Candida, fino a diventare feudo dei Caracciolo, negli anni dal 1581 al 1806. Durante la signoria dei Caracciolo la città conosce una lunga stagione di crescita demografica, di espansione urbanistica e di progresso economico. In questo periodo, si afferma la produzione della lana: i pregiati panni di Avellino dal tipico colore azzurro carico. Il commercio troverà una sede monumentale nella Dogana dei grani. Durante il primo secolo della loro Signoria, i Caracciolo ampliarono il Castello fino a farne diventare un punto di riferimento per poeti e viaggiatori. La peste del 1656 costituirà nulla più che una battuta d'arresto. Nel '700, infatti, la città comincia ad assumere l'odierna conformazione urbana: i principi Caracciolo abbandonano il Castello, si trasferiscono in una nuova residenza, il Palazzo Caracciolo, attuale sede dell'amministrazione provinciale, e avviano i lavori per la creazione del corso principale della città. Nel 1806 la città di Avellino è nominata capoluogo di provincia del Principato Ultra al posto della vicina Montefusco. Avellino fu sede dei moti del 1820-1821. La diffusione, nel marzo 1820, anche nel Regno di Napoli, della conquista in Spagna del regime costituzionale contribuì notevolmente ad esaltare gli ambienti carbonari e massonici. A Napoli, la cospirazione (la quale non si pose mai l'intento di rovesciare il re, ma solo di chiedere la costituzione) prese subito vigore e coinvolse anche alcuni ufficiali superiori, come i fratelli Florestano e Guglielmo Pepe, Michele Morelli, capo della sezione della carboneria di Nola cui si affiancarono Giuseppe Silvati, sottotenente, e Luigi Minichini, prete nolano dalle idee anarcoidi. La notte tra il l'1 e il 2 luglio 1820, la notte di San Teobaldo, patrono dei carbonari, Morelli e Silvati diedero il via alla cospirazione disertando con circa 130 uomini e 20 ufficiali. Il giovane ufficiale Michele Morelli, sostenuto dalle proprie truppe, procedeva verso Avellino dove lo attendeva il generale Guglielmo Pepe. Il 2 luglio, a Monteforte, fu accolto trionfalmente. Il giorno seguente, Morelli, Silvati e Minichini fecero il loro ingresso ad Avellino. Accolti dalle autorità cittadine, rassicurate del fatto che la loro azione non aveva intenzione di rovesciare la monarchia, proclamarono la costituzione sul modello spagnolo. Dopodiché gli insorti passarono i poteri nelle mani del colonnello De Concilij, capo di stato maggiore del generale Pepe. Questo gesto di sottomissione alla gerarchia militare, provocò il disappunto di Minichini che tornò a Nola per incitare una rivolta popolare. Mentre la rivolta si espandeva a Napoli, dove il generale Guglielmo Pepe aveva raccolto molte unità militari, il 6 luglio, il re Ferdinando I si vide costretto a concedere la costituzione. Dopo pochi mesi, le potenze della Santa Alleanza, riunite in congresso a Lubiana, decisero l'intervento armato contro i rivoluzionari che nel Regno delle Due Sicilie avevano proclamato la costituzione. Si cercò di resistere, ma il 7 marzo 1821 i costituzionalisti di Napoli comandati da Guglielmo Pepe, sebbene forti di 40.000 uomini, furono sconfitti a Rieti dalle truppe austriache. Il 24 marzo gli austriaci entrarono a Napoli senza incontrare resistenza e chiusero il neonato parlamento. Dopo l'Unificazione della Penisola tagliò fuori la città dalle principali vie di comunicazione, impedendone lo sviluppo. Nel 1943 la città fu pesantemente bombardata dagli Alleati nel tentativo di bloccare la ritirata delle truppe naziste nei pressi dello strategico ponte della Ferriera.

    Torre dell'orologio ed il "Reuccio"



    La torre dell'Orologio di notte

    Avellino_torre_orologio_notte

    Il Duomo

    800px-Avellino3

    Chiesa del S.S. Rosario

    Avellino_Chiesa_Rosario[/color]



    IRPINIA

    I prodotti

    L'Irpinia è famosa per la produzione di vino. Tra i più pregiati vi sono il Fiano di Avellino, il Greco di Tufo, l'Aglianico e il Taurasi. Altri prodotti tipici sono i gustosi formaggi locali, tra i quali ricordiamo il "Caciocavallo" podolico (Calitri, Aquilonia, Bisaccia), la "Scamorza", ecc. Inoltre è importante anche la produzione di salame, come la "Sopersata" o "Sopressata", la "Salsiccia" e la pasta casereccia (Cavatielli , Lagane ,la Maccaronara di Castelvetere sul Calore). Il Tartufo di Bagnoli, la “Castagna di Montella” IGP la cui produzione è concentrata nell’area del Terminio-Cervialto e limitata in particolare ai territori dei comuni di Montella, Bagnoli Irpino, Cassano Irpino, Nusco, Volturara Irpina e Montemarano (contrada Bolifano) e le famose Nocciole Irpine. Semplici e raffinate le ceramiche di Calitri la cui arte venne forse introdotta da artigiani provenienti da Faenza



    Fuoco Barocco a Nusco

    Fuoco Barocco risplende nella Notte dei Falò di Nusco, il 16 ed il 17 gennaio in occasione della festa di Sant'Antonio Abate, che aprira' il Carnevale Irpino
    Una festa che da anni richiama migliaia di visitatori e partecipanti e che quest’anno sarà impreziosita dallo spettacolo dello Studio Festi, caratterizzato da scenografie e performance di artisti impegnati in giochi pirotecnici e con l’elemento fuoco: -Sono onorato di partecipare alla Notte dei Falò di Nusco – dichiara Valerio Festi - la poetica dei miei spettacoli ha le sue radici nella tradizione Rinascimentale e Barocca, nella tradizione italiana della “Festa” , il momento dell’eccezionale nel quale tutta la comunità si incontra, si riconosce e dà il meglio di sé stessa. La Festa di Sant’Antonio Abate incarna questa occasione: il significato sacro del fuoco è il tema dello spettacolo, a rievocarne la ritualità popolare in un crescendo di effetti e di emozioni. Il rito del fuoco è però anche elemento fondante e caratterizzante della tradizione carnascialesca: in tutti i Carnevali delle campagne, il ‘villan’ o ’sabbion’ concludeva la festa con la cerimonia dell’abbruciamento e del seppellimento di un fantoccio che rappresentava il Re del Carnevale. A questo rogo scaramantico seguiva una ‘Festa del Fuoco’, durante la quale si ballava tra falò che rischiaravano la notte e si facevano ‘gare’ di coraggio sempre legate al fuoco. L’elemento del fuoco lega queste due tradizioni e diventa quindi, oltre che protagonista della serata, anche protagonista del nostro spettacolo – spiega Valerio Festi - appare una fenice, l’animale mitologico che ha un rapporto privilegiato con il fuoco, in quanto in grado di risorgere dalla sue ceneri. Il mitico uccello è scomposto in sezioni, restando all’interno del cortile per farsi ammirare dal pubblico partecipante alla festa del paese. L’installazione della fenice prende vita nel corso della serata, venendo illuminata da speciali fuochi che vengono accesi in omaggio a falò che riempiono Nusco-.



    La Notte dei Falò di Nusco farà da cornice allo spettacolo dello Studio Festi, rievocando l’antica tradizione della Festa di Sant’Antonio Abate, rischiarando il cielo con suggestivi giochi di scintille e bagliori. Un evento che nella tradizione viene ricondotto alla metà del Seicento, quando la peste veniva “affrontata” nella credenza popolare, con l’accensione di enormi falò, nelle piazze, sui sagrati delle chiese, in ogni strada, come strumento di purificazione, ma anche per “richiamare” la protezione del santo con il porcellino, come viene raffigurato Sant’Antonio Abate e quale simbolo di salute e prosperità. Nel corso degli anni, la festa di Sant’Antonio Abate ha finito per corrispondere all’inizio dei festeggiamenti del Carnevale, perdendo il suo significato taumaturgico e diventando il simbolo della partecipazione popolare, delle emozioni del volgo e della rappresentazione giocosa del carnevale irpino, caratterizzato in ogni sua rappresentazione, da danze, canti e suoni mutuati dalla cultura contadina. Non mancheranno in occasione della Notte dei falò a Nusco, gli stand enogastronomici e di artigianato irpino che sistemati lungo le strade e nelle piazze del borgo proporranno le ricette della tradizione della provincia di Avellino ed i prodotti tipici.





    Santuario di Montevergine

    Montevergine è un santuario mariano della Chiesa cattolica, situato nell'omonima frazione appartenente al comune di Mercogliano, in provincia di Avellino.

    Santuario_Montevergine_2


    Secondo la leggenda, il Santuario di Montevergine fu inizialmente eretto nei pressi di Avellino da san Vitaliano intorno al 700; andata poi in rovina questa prima fondazione, fu riedificato da san Guglielmo da Vercelli presso le rovine di un tempio di Cibele per ordine del Cristo Salvatore, che in un'apparizione esortò il santo alla costruzione di un tempio sopra quello pagano. Il santuario, consacrato alla Vergine il 25 maggio 1124, divenne sede di una nuovo ordine monastico della famiglia religiosa dei benedettini, la Congregazione verginiana o degli Eremiti di Montevergine. Dal 1939, nell'imminenza della Seconda guerra mondiale, viene nascosta nel santuario la Sacra Sindone, che rimarrà a Montevergine fino al 1946.

    Santuario_Montevergine

    Il santuario comprende la chiesa, il monastero e la foresteria; nel corso degli anni tutte le costruzioni sono state restaurate.Una nuova basilica venne eretta nel 1961; al suo interno è conseravata la Madonna di Montevergine.Completa il tutto il Palazzo abbaziale di Loreto, vicino a Mercogliano, costruito grazie al lavoro di Domenico Antonio Vaccaro (XVIII secolo), a pianta ottagonale, con un ricco archivio che contiene oltre 7.000 pergamene, e un'antica farmacia.

    800px-Santuario_Montevergine

    La tavola raffigurante la Madonna di Montevergine

    Mamma_schiavona



    La famosa "a juta" a Montevergine

    3948964578_e668e5d91c_o

    3949731661_fcc9f3e31a_o



    3948182745_4c91aca739_o

    3950566134_eeeecfdab7_o


     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,795

    Status
    Offline

    Mercogliano

    Mercogliano è un comune italiano di 12.513 abitanti della provincia di Avellino in Campania.

    Mercogliano-Stemma

    Il nome Mercogliano sembra derivare da Mercurianum che, secondo alcuni studiosi, indicherebbe la presenza in questi luoghi di possedimenti, praedia, dei magistri mercuriales, i magistrati, prevalentemente liberti, che amministravano il culto di Mercurio. Essendovi sorta dopo la guerra sannitica una colonia romana, il luogo conservò il nome del luogo dove, appunto si venerava il culto di Mercurio, fino al medioevo con la denominazione di " Castrum Mercuriani", da cui deriva il nome attuale. Il luogo, comunque, fino al XV conserva anche nello stesso stemma civico, l'immagine del dio Mercurio. Di particolare importanza è una colonna militare romana ritrovata in località Alvanella che conferma la presenza di un'importante arteria viaria che conduceva (e conduce) a Napoli. Importanti testimonianze, iscrizioni e reperti archeologici, testimoniano la presenza nel territorio di Mercogliano di insediamenti romani risalenti al IV secolo e fatti risalire alla colonia romana di Abellinum. A questo periodo storico vanno ascritte le vicende della cristianizzazione dell'Irpinia, con i Santi Modestino (attuale patrono di Mercogliano e di Avellino) Fiorentino e Flaviano, che trovano la morte proprio nella zona di Mercogliano. La vera fondazione di Mercogliano è riconducibile agli ultimi decenni del secolo VI, in concomitanza della calata dei Longobardi nel sud Italia. Una colonia di profughi della vicina Abellinum, proprio per sfuggire ai Longobardi, occupano la collina di Mercogliano. In poco tempo viene costruito un centro abitato che lentamente si popola. Mercogliano, ancora casale di Avellino, viene citato per la prima volta in un documento nel 982. Lo sviluppo del paese continua ancora nell'anno 1000 in seguito all'invasione dei Normanni nel Sud Italia, iniziata nel 1030. In quel periodo viene costruito il Castello. Tra il 1077 e il 1089, a testimonianza di un continuo sviluppo, l'antico casale viene elevato al rango di castello. Il paese, cosi', acquisisce finalmente autonomia amministrativa. Signore del borgo fortificato nel 1136 era un certo Enrico di Sarno, subfeudatario del conte di Avellino Rainulfo. Nel 1137, sotto Ruggiero II, che assedi è Mercogliano occupandone il castello, inizia la dominazione normanna. A quel tempo Ruggiero II fece rinchiudere nel castello Matilde, la moglie del conte Rainulfo. Il feudo venne poi donato da Ruggiero II a Riccardo de Aquila, nominato anche nel catalogo dei Baroni per l'invio in Terra Santa di alcuni cavalieri ed armigeri. A Riccardo de Aqulia, diversi anni dopo, vi successero Ruggiero 1161, e la contessa Pierrone de Aquila, 1183, sposa di Ruggiero de Castelvetere.



    Sorgente acqua del Pero – Mercogliano



    Mercogliano

    jpg

    Antica Dogana – Mercogliano

    jpg


    -----------
    La Funicolare di Montevergine è una funicolare inaugurata il 23 giugno 1956 e collega la città di Mercogliano con il Santuario di Montevergine.

    717px-FunicolareMontevergine

    L'idea di collegare Mercogliano con il Santuario di Montevergine fu dell'abate Guglielmo De Cesare. Fu inaugurata il 23 giugno 1956 anche se già nel 1882 parte del tracciato era già stato costruito. È gestita dall' A.IR., la principale azienda di trasporti dell'Irpinia. Nel 1973 fu chiusa a causa del danneggiamento degli impianti. Il 23 maggio 1981 riaprì al pubblico. Abbandoniamo la nostra auto a Mercogliano e prendiamo la funicolare che in soli 7 minuti ci condurrà sulla sommità a mt. 1216. Le carrozze attuali sono state costruite da un'azienda locale ed installate negli anni '90. Le originali invece furono un prodotto Savigliano. La funicolare fu inaugurata il 23 giugno 1956 con uno scartemento abbastanza inconsueto di mm 1050 e benedetta dall'abate Ludovico Anselmo Tranfaglia. La sua storia purtroppo non è stata affatto tranquilla sempre dibattendosi fra mille difficoltà gestionali. Attualmente essa è affidata alla gestione di una compagnia regionale di trasporti. Arrivati in cima, dopo qualche centinaio di metri, saremo sul piazzale esterno. Molti sono i motivi d'interesse. Oltre a dedicarci alle funzioni potremo visitare le due chiese: quella antica e quella moderna. La prima risale al 1600 ed è ricca di opere d'arte. La seconda invece più vasta fu costruita tra il 1948 ed il 1961. Meno personale, è sicuramente capace di accogliere le migliaia di turisti che pressocchè quotidianamente vi si recano per i pellegrinaggi

    Montevergine



    Mercogliano - L'Abbazia di Loreto





    Ospedaletto d'Alpinolo (AV), la "juta a Montevergine"

    1804222688_83f9ca1715_o

    A' partenza

    Primma d’ ‘e qquatto partono.’A Maesta (1)
    Quant’ oggette teneva s’ha mettuto:
    sulo ‘a partenza, n’abito ‘e velluto,
    e quatto veste ‘e seta dint’ ‘a cesta.

    Se fa a chi mette ‘a coppa, chella è ‘a festa:
    se vede ‘o meglio brecco(2) ch’ è sagliuto,
    ‘e meglio guarnemiente(3), chi ha curruto;
    ‘a fede è n’ata cosa, ‘a festa è chesta!

    Sparano ‘mbomme(4) e tutt’ ‘e lastre ‘ntronano(5);
    palumme, ca svulacchiano p’ ‘o cielo;
    e’a tutt’ ‘e late ‘e ssunagliere sonano.

    Carrozze e brecche dint’ ‘a nebbia parono
    purcellane ‘e bisquì, sott’ a nu velo;
    e dint’ ‘a macchia ‘e povere scamparono.

    -Guè, fravulè, nun correre, va chiano!
    -Mae’, vuje mmano a me state sicura.
    -No no, nun me fa’ mettere appaura:
    chi va chiano va sano e va luntano.

    -Chillo è stu sauro(6) ca me piglia ‘a mano.
    -Guè, ca io so’ prena(7) e stongo sotto cura!
    -Embe’, che fa? Si nasce a creatura
    ‘a vattiammo(8) ‘a chiesa ‘e Murchigliano!

    -Ma ‘e chistu passo, quanno ce arrivammo?
    ‘O sauro è vecchio, è surdo e nun ce vede;
    e l’ha appassito già tutt’ ‘o allignammo(9).

    Mae’, chisto è animale ‘e razza nobile:
    basta ca ‘ nfoca tutt’ ‘e quatto ‘e piede,
    vola pe’ capo pure all’automobile!


    Maesta : signora benestante
    Brecco: carro
    Guarnemiente: ornamento
    Mbomme : botti pesanti
    Ntronano: rimbombano
    Sauro: cavallo
    Prena: gravida
    Vattiammo: battezziamo
    Lignammo: carri



    La partenza

    Prima delle quattro di mattina si parte
    La nobile signora porta con se molti oggetti:
    solo per la partenza un abito di velluto,
    e quattro di seta nella valigia.

    Si fa la gara a chi porta di più,questa è la festa
    Si vede il miglior carro che è salito,
    i migliori ornamenti, chi ha corso:
    la fede è un’altra cosa, la festa è questa!

    Sparano botti e rimbombano i vetri;
    colombi che volano per il cielo;
    e ai lati della strada si sentono i suoni dei sonagli.

    Carrozze e carri nella nebbia sembrano
    Porcellane di bisquì, sotto ad un velo;
    e nella polvere spariscono.

    -Cocchiere non correre, vai piano!
    -Nobile signora nelle mie mane state al sicuro.
    -no non farmi avere paura:
    chi va piano va sano e va lontano.

    -E’ questo cavallo che mi prende la mano.
    -Io sono in attesa e sono in cura!
    -Che fa? Se nasce la bambina
    la battezziamo nella chiesa di Mercogliano!

    -Ma di questo passo quando arriveremo!
    Il cavallo è vecchio,sordo e non vede;
    e già tutti i carri lo hanno superato.

    Signora questo è un animale di razza nobile:
    basta che riscalda le quattro zampe,
    ed è più veloce anche delle automobili.


    (R. Viviani)

     
    Top
    .
  3. tomiva57
     
    .

    User deleted


    Castello Ducale di Bisaccia – Avellino



    castello_bisaccia


    Il Castello Ducale di Bisaccia ha origini antichissime, molto probabilmente la prima pietra risale al IX sec., all’epoca in cui i longobardi invasero e conquistarono il ducato di Benevento. La costruzione della maestosa struttura rispondeva ad esigenze difensive, ne sono testimonianza le sue mura spesse e la torre di dodici metri. L’interno si apre su di un cortile lastricato che termina con loggetta rinascimentale archi voltata, dalla quale è possibile ammirare lo spettacolare panorama circostante. Nel XIII sec. è stato tenuta di caccia di Federico II di Svevia e luogo di incontro dei protagonisti della scuola poetica siciliana, da lui istituita. Ambito per la posizione e la bellezza, nel ‘500, è stato abitato dal letterato rinascimentale Giovan Battista Manzo che animava le sale del castello con banchetti culturali, tra gli ospiti illustri si racconta fosse spesso presente il suo amico Torquato Tasso; mentre nel ‘700, divenuto residenza signorile, fu dimora del duca Ascanio Pignatelli. Purtroppo disastri naturali, come terremoti, hanno nei secoli danneggiato gravemente la stabilità della struttura, ripristinata solo negli ultimi anni grazie a corposi interventi di restauro che gli hanno ridato il lustro di una volta. Oggi di proprietà del comune, ospita il Museo Civico di Bisaccia.




    300px-Castello_bisaccia



    caffeletterario



    bisaccia%202009-12


    4884202e21355497b9fc7ac8d83be2bbe9ca069


    IL MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO DI BISACCIA



    Il Museo Civico di Bisaccia si sviluppa nell'ambito del piano terra del Castello Ducale e si articola in un percorso espositivo cronologico in senso orizzontale lungo il quale sono esposti i reperti , di proprietà statale, provenienti dagli scavi eseguiti sulla collina di Cimitero Vecchio. Obiettivo dell'esposizione è quello di ricostruire la storia di Bisaccia in età protostorica e arcaica attraverso i corredi delle numerose sepolture tombali scoperte nel noto sito archeologico irpino rendendola di facile acquisizione e comprensione ai visitatori. La grande quantità di materiali acquisiti in tanti anni di ricerche archeologiche ha portato alla scelta dei reperti più significativi dei corredi funebri di 30 tombe della prima e della seconda età del Ferro (fine IX-VII secolo a.C.) costituiti prevalentemente da manufatti ceramici e oggetti d'ornamento personale per la prima volta presentati, in forme definitive, al pubblico italiano. Per guidare il visitatore alla comprensione dei reperti, oltre alle dovute ed esaustive didascalie per ogni oggetto, all'interno delle due sale espositive sono collocati pannelli didattici ed esplicativi.


    beniculturali.it


    e6bece44ee72b03db75d2866b151f83adb92c55



    castello4


    22c754156bac192224e9710b7667032d_prev




     
    Top
    .
  4. tomiva57
     
    .

    User deleted


    santagata-dei-goti1


    Sant'Agata de' Goti



    Da Wikipedia


    Sant'Agata de' Goti è un comune italiano di 11.473 abitanti ubicato in Campania, nella provincia di Benevento. Sorge nella Valle Caudina, alle falde del Monte Taburno, ed al confine con la provincia di Caserta. Sant'Agata de' Goti è bandiera arancione del Touring Club Italiano.

    sant-agata-dei-goti

    Posizione di Sant'Agata de' Goti all'interno della Provincia di Benevento
    La cittadella storica si erge su una propaggine tufacea tra il Martorano e il Riello, due affluenti del fiume Isclero, che formano uno spettacolare incrocio di profondissimi valloni, in era geologica epicentro di un violentissimo sisma; l'intera città si sviluppa alle falde del monte Maineto (556 m), oltre il torrente Martorano.
    La pianta del centro storico è a semicerchio e misura 1 km in lunghezza, con diametro diretto da sud a nord. Tutt'intorno si estende l'intero territorio comunale, prevalentemente collinare. Sant'Agata si distende alle falde del monte Taburno delle cui sorgenti si alimenta l'acquedotto carolino, architettato da Luigi Vanvitelli, che, prima di giungere alle fontane della Reggia di Caserta, attraversa tutto il territorio comunale.
    Classificazione sismica: zona 2 (sismicità medio-alta).


    sant-agata-

    Storia

    200px-Cratere_a_campana

    Cratere di Assteas, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, rinvenuto in area archeologica di Sant'Agata de' Goti


    Le origini del nome

    Il toponimo Sant'Agata de' Goti, così come oggi noi lo conosciamo, si forma in due differenti periodi storici. Fu nel corso del VI secolo infatti che la città fu intitolata alla santa catanese. Si deve invece alla presenza in città della famiglia francese dei De Goth, alla quale Roberto d'Angiò concesse il feudo di Sant'Agata nel 1300, il "de' Goti". E' infatti solo durante il XIV secolo che il toponimo, così come lo conosciamo oggi, compare per la prima volta in uno scritto ufficiale. Un'altra tesi, invece, attribuisce il "de' Goti" al passaggio dei Goti in questi territori nel corso del VI secolo.

    La storia

    Gli storici concordano sull'ipotesi che l'attuale centro abitato di Sant'Agata de' Goti sorga sul territorio dove un tempo si estendeva l'antica città caudina di Saticula. Necropoli sannite sono infatti venute alla luce nella zona nord del territorio santagatese, nell'area compresa tra il fiume Isclero ed il comune di Frasso Telesino. Il villaggio di Saticula venne citato da Tito Livio prima e da Virgilio poi nel testo dell'Eneide[4].
    Durante le vicende inerenti alla seconda guerra sannitica (315 a.C.) venne occupata dal dittatore Lucio Emilio ma il villaggio resistette in assedio per due anni e fu presa solo grazie all'intervento di Quinto Fabio Massimo. Successivamente restò fedele a Roma durante la seconda guerra punica. È a questo punto che probabilmente gli insediamenti abitativi si allontanano dalla valle dell'Isclero per spostarsi più a Sud. Ville di epoca romana sono state infatti rinvenute nella zona a sud di Sant'Agata. Non si può invece dire quando sia stata per la prima volta abitata la rocca tufacea che oggi ospita il centro storico di Sant'Agata, sicuramente abitata ai tempi della venuta dei Longobardi.
    Man mano che i Romani perdevano il controllo sull'intera penisola il territorio di Saticula divenne sempre più teatro delle scorribande delle tribù barbare degli Unni, dei Vandali e dei Goti. Così per molto tempo si è pensato di attribuire l'origine del toponimo "de' Goti" alla venuta in Campania dei Goti. La tesi appare però oggi meno accreditata rispetto a quella che attribuisce il nome della città alla famiglia francese dei De Goth. Infatti è solo dopo il 1300 che i carteggi ufficiali riportano il toponimo completo.
    Durante il Medioevo Sant'Agata fu dominio prima Longobardo, poi Normanno, quindi Svevo ed Angioino. Conquistata dai Longobardi venne inglobata nel Ducato di Benevento. A seguito dell'alleanza con i bizantini venne assediata e conquistata da Ludovico II nell'866 mentre nel 1066 passò sotto il dominio dei normanni. Nel 1230 fu ceduta a Papa Gregorio IX per poi passare nelle mani dei Siginulfo e degli Artus. Nel 1400 divenne possedimento dei Della Ratta, nel 1528 degli Acquaviva e infine nel 1696 dei Carafa, conti di Cerreto Sannita che la tennero sino all'abolizione del feudalesimo avvenuta nel 1806.
    Sede vescovile dal 970 fino al 1986, quando è stata aggregata alla diocesi di Telese e Cerreto Sannita, ha avuto tra i suoi vescovi Sant'Alfonso Maria de' Liguori, alla guida della diocesi per tredici anni, e Felice Peretti, vescovo dal 1566 al 1571, poi Papa con il nome di Sisto V.
    Nel 2004, assieme alla città di Cerreto Sannita, è stato uno dei due comuni della Campania ad essere insignito del marchio di qualità "Bandiera Arancione" del Touring Club.

    200px-Sant%27Agata_de%27_Goti_%2813%29
    La cripta del Duomo.

    Monumenti e luoghi di interesse

    250px-Sant'Agata_de'_Goti_(21)

    Cattedrale dell'Assunta

    Edificio fondato nel 970, rifatto nel XII secolo ed ancora nel XVIII secolo. Conserva pregevoli opere artistiche ed una cripta romanica dove gli archi poggiano su fini capitelli lavorati.

    200px-Sant%27Agata_de%27_Goti_%2819%29
    Chiesa di Sant'Angelo in Munculanis

    Edificio di epoca longobarda presenta una struttura a pianta basilicale a tre navate. Originariamente la struttura prevedeva un'abside più grande, poi tagliata e ristretta. L'ingresso principale, orientato verso sud , è preceduto da un pronao che sormonta due massicce colonne, e sul quale si innalza il campanile. I lavori di restauro hanno portato alla luce, oltra alla struttura medievale, una cripta sotto il pavimento della navate a centrale con sepolture a "scolatoio". Un'altra cripta, oggi soffocata, era collocata sotto il presbiterio.


    Chiesa%20dell'Annunziata,%20S.Agata2
    Chiesa dell'Annunziata

    Chiesa del XIV secolo fu costruita su di un terreno che allora si trovava al di fuori delle mura cittadine, annessa ad un ospedale. Lo stile architettonico è quello gotico, la struttura presenta una sola navata con cappelle laterali. Gli affreschi dell'abside risalgono al XIV secolo, sulla controfacciata invece è possibile ammirare un monumentale affresco del XV secolo raffigurante il Giudizio Universale. Di pregio è anche la pala d'altare del 1483 realizzata dal pittore napoletano Angiolillo Arcuccio e raffigurante l'Annunciazione.


    Chiesa di San Mennato


    Edificio del XII secolo, consacrata nel 1100 da Papa Pasquale II ed intitolata al santo eremita vissuto nel VI secolo sul Monte Taburno. La chiesa presenta oggi una struttura a pianta basilicale, con un presbiterio sopraelevato ed una navata centrale divisa a metà da due plutei. La chiesa conserva un importante tesoro: il pavimento è infatti ricoperto da un mosaico cosmatesco, di cui oggi rimangono solo alcune parti, riconosciuto come il più antico dell'Italia meridionale.


    4060-800x600-500x375

    Chiesa di San Francesco


    Edificio appartenente al complesso del convento francescano che oggi ospita anche la sede municipale.


    chiesa_di_Santa_Maria_di_Costantinopoli_jpg


    Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli


    L'edificio sorge accanto al Monastero delle Suore Redentoriste che tutt'oggi utilizzano la chiesa per le loro funzioni religiose. Fu costruita nel XVIII secolo per volere di Sant'Alfonso Maria de' Liguori sulle rovine di una precedente cappella intitolata a San Bartolomeo de Ferraris.



    torre-sant-agata-goti

    Castello ducale

    Il maniero fu eretto dai longobardi e poi modificato ed ampliato nell'XI secolo dai normanni. Nei secoli la sua forma ha subito molte modifiche, ed in particolare, nel XIX secolo, sono state decapitate le torri e costruite delle logge. Al primo piano del castello è possibile ammirare un ciclo di affreschi del pittore Tommaso Giaquinto.

    SantAgata-dei-Goti_alto3


    Cultura

    Musei

    s
    La chiesa di Sant'Angelo.


    250px-Sant'Agata_de'_Goti_(20)

    La Chiesa della Madonna del Carmine ospita un museo che raccoglie i reperti artistici ed archeologici provenienti dall'intera Diocesi, con una sezione apposita dedicata agli oggetti appartenuti a Sant'Alfonso Maria de' Liguori.

    Eventi e Manifestazioni

    200px-Suoni_di_terra
    Manifestazione "Suoni di Terra"

    Falanghina Felix rassegna regionale sui vini da uva falanghina prodotti in Campania.
    Suoni di Terra | Popoli Ritmi e Danze | Festival delle Musiche e delle Altre Culture, Festival multidisciplinare che si svolge ogni anno nell'arco dell'ultima settimana di agosto.

    "I mesi dell'anno", rappresentazione popolare e grottesca delle scadenze stagionali della vita campagnola. Risale forse a qualche rito pagano tramandato dalla tradizione locale.

    "La Giostra del Cavaliere Turchino", probabilmente, in origine, una rappresentazione di corte medioevale, tramandata e travisata nel corso dei secoli.

    "Memoria Innovans", evento Pro Loco che ripropone la tradizione del "volo della Rinnula". Inizio luglio.

    SANT%2527AGATA+DEI+GOTI_2800-10-09-16-8286



    Curiosità


    Sant'Agata è stata spesso set cinematografico, vi sono stati girati infatti molti film e cortometraggi. Tra gli altri Il resto di niente, ispirato all'omonimo romanzo di Enzo Striano, La mia generazione, con Silvio Orlando, Claudio Amendola e Stefano Accorsi e L'imbroglio nel lenzuolo con Maria Grazia Cucinotta e Nathalie Caldonazzo.
    Sant'Agata de' Goti è la città natale del calciatore del Milan Ignazio Abate, campione d'Italia nella stagione 2010–2011.
    Sant'Agata de' Goti è la città natale dell'atleta pluricampione Alessio Augliese, classe 1994.
    Sant'Agata de' Goti ha ospitato la tappa numero 7 del Giro d'Italia 2011.






    foto web
     
    Top
    .
3 replies since 13/7/2011, 11:24   2450 views
  Share  
.