LA CAMPANIA 1^Parte

MAIORI..MINORI..ACCIAROLI..IL CILENTO E POI SALERNO..

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Sabato ...partiamo da Reggio Calabria all’alba ... gabbiani in cielo accompagnano il nostro volo ... saliamo verso Nord ... la Calabria ha lasciato in noi un senso di forte emozione e il desiderio di andare a vederla ... ma come in un film di avventura, la trama prevede un crescendo di emozioni e di bellezze ... dalla Calabria saliamo verso Nord e iniziamo a muovere i nostri primi passi in una regione altrettanto bella, ricca di storia e di luoghi ricchi d’incanto ...scendiamo a terra dopo tanto volare e a noi si avvicina un anziano signore che con gli occhi colmi di lacrime di gioia e di amore verso la sua terra si rivolge a noi con queste parole ...Ciliènto paèse re mare, le varche quanta lampàre. La sera te vengo a 'uardare, e penzo quant'è bello campàre. Senza re te no' potèsse mai stare quanno m'addòrmo tengo ammènde lu mare... tengo ammènde lu mare. Ciliènto, vulèsse cantare tutto chèro, ca mme sai rare: l'aria, l'acqua, lu sole, nu le bbòglio mai cangiàre. Chi è nato ccà, nu' se ne vòle jre, chi staje luntano, vulèsse turnare... vulèsse turnare. Ciliènto, paèse re mare, si putèsse, te vulèsse abbrazzàre: li scuògli, le ccòste, le ccale c'addòrano re fringi e re sale. So' nnato ccà e l'àggia 'lluccòre e m'hana sènte addò finisce lu mare... addò finisce lu mare... Buon risveglio amci miei, siamo giunti in Campania ...”

    (Claudio)



    MAIORI..MINORI..ACCIAROLI..IL CILENTO E POI SALERNO..PICCOLI PASSI ENTRANDO IN CAMPANIA ...



    “Maiori è ubicata lungo la Costiera Amalfitana, sulla costa meridionale della Penisola Sorrentina.. la città fu fondata dagli Etruschi, come testimonia il suo nome originario di “Reghinna Maior” e la sua radice etimologica “ inna” di chiara derivazione etrusca…. possedimento di Amalfi e sede degli Arsenali, divenne molto presto una fiorente marina mercantile e fu in grado di costruire navi di grande portata… molto conosciuta per la produzione della lana, della seta, per la lavorazione delle pelli…, durante il XVII secolo, Filippo IV nominò Maiori “Città Regia”... Per arrivare in paese si passa per diversi terrazzamenti di agrumi in mezzo alle montagne….Da lontano si intravede il campanile bianco della chiesa…l’entrata…è una stradina stretta, sul lato destro della via principale… le case giallognole che raccontano un non so che di antico. All’isola pedonale si accede per una stretta via, molto caratteristica non solo per via delle sue dimensioni ma anche per come si presenta... nella parte centrale della strada passa un torrentello che divide in due il cammino, creando ai lati le due viette..ai margini di queste vi sono delle ringhiere…Il bel lungomare è molto caratteristico grazie al pavé bianco e grigio….il comune è ricco di ruderi di castelli e di torri che vanno ad affermare e a ricordare la grandiosità del comune nel Medioevo, quando la cinta muraria circondava la cittadella per difenderla dagli attacchi dei nemici….La Grotta Sulfurea si trova dopo la Torre Normanna sul lato orientale…dal fondo della grotta vi è un costante getto d'acqua sulfurea-magnesica; le proprietà curative di quest'acqua sono molte riconosciute… La Grotta Pandora …durante la seconda guerra mondiale, questa grotta nascondeva un sottomarino degli alleati.. oggi è famosa per la sua bellezza, caratterizzata dall’acqua di un colore smeraldo e dalle particolari forme assunte dalle stalattiti, che costituiscono uno scenario incantato.”


    “Minori ….il suo nome dall’antica Rheginna Minor, parola greca il cui significato non è ancora ben definito: “valle” oppure “frattura”. …il nome di Minor fu attribuito per contrasto alla vicina Maiori, chiamata Rheginna Maior, perché di estensione maggiore….i fu arsenale e cantiere delle galere dello Stato e Sede Vescovile dal 987; fu rivale di Amalfi, ma con essa divise le glorie e gli onori…In passato, grazie al torrente Reginnolo, sviluppò industrie per la carta; particolarmente florida fu la produzione della “bambagina”, utilizzata nei tribunali e negli istituti religiosi. Ma l’attività principale era costituita comunque dalla pasta, grazie ai mulini che qui rappresentavano il centro del potere economico. ..Per la particolarità del suo territorio e per la fertilità della sua terra, ben coltivata e piena di agrumi, limoni ed altro, Minori fu soprannominata "il Narciso della Costiera… la bella Minori è la città più antica della Costiera Amalfitana…. La basilica di Santa Trophimenae - patrona della città - costruita nel XII secolo…sul portale principale ci sono delle statue raffiguranti degli angeli con le trombe in mano, in cima a questi il nome della basilica. I capitelli decorano la facciata e due croci difendono la chiesa, una posizionata nel vetro della facciata e l’altra in cima ad essa, proprio sopra al cerchio che ospita l’antica meridiana…. Collocate in una insenatura, tante palazzine disposte l’una accanto all’altra, circondate dalle antiche mura della città, le stesse che nel Medioevo la proteggevano…. La Villa Romana risale al I secolo d.C… Non si conosce il proprietario della costruzione, che tuttavia dalla pregevolezza delle decorazioni e dalla imponenza della struttura, rileva che questi era sicuramente facoltoso… I vari restauri e rifacimenti hanno portato alla luce parte delle terme, così come il ninfeo, oltre che il peristilio e il viridarium, al cui centro vi è realizzata una vasca, posta in asse con l'apertura principale che si rivolge verso il mare.”


    “…alle pendici dei monti Lattari, che la riparano dai venti del Nord, Positano è circondata dal verde del Monte Comune, Santa Maria del Castello, S. Angelo a tre Pizzi, la Conocchia, il Campo dei Galli e Paipo, mentre davanti vi è il mare con una vista che spazia fino a Punta Licosa e Capri… a circa tre miglia dalla costa poi si erge il caratteristico arcipelago de Li Galli, composto da tre isolotti…..Varie sono le leggende sulla sua origine: alcuni credono che a fondarla sia stato Poseidone, dio greco del mare, per amore di Pasitea, sua amata, mentre altri l’attribuiscono ai Fenici oppure ai Picentini…Anche i Romani giunsero qui e costruirono nei pressi della spiaggia Grande una ricca villa patrizia, ora sepolta dai giardini e dalla Chiesa dell'Assunta…. Con la caduta dell'Impero Romano, Positano entrò a far parte della Repubblica di Amalfi, prima Repubblica marinara, ed attraversò un periodo floridissimo grazie al commercio marittimo con gli altri paesi del Mediterraneo…..seguirono anche periodi difficili, specie con la dominazione Angioina ed aragonese che vide il territorio più volte esposto alle incursioni prima dei pirati saraceni e poi di quelli turchi.. per difendersi da tali attachi furono costruite delle torri di guardia, ancora oggi presenti a Fornillo, alla Trasita ed alla Sponda…Verso il '700 Positano conobbe un periodo di floridezza, testimoniata dalla presenza di molte ville barocche….nel 1492 Positano fu feudo di Giovanni Miroballo e, in seguito, dei Mastrogiudice e dei Cossa…Nei secoli XVI e XVII le solide e veloci navi di Positano trafficarono col Medio Oriente portando spezie, sete e legni preziosi. In questo periodo vennero costruite le caratteristiche case barocche, che ancor oggi si vedono arroccate sul monte, con i loro terrazzini protesi sul mare…. La parabola ascendente di Positano iniziò nei primi decenni del Novecento: dopo la prima guerra mondiale, Positano.. con le sue eleganti e colorate case che si addossano l’un sull’altra..le tantissime stradine che si diramano tra negozietti e bar, tra case e ringhiere che regalano un panorama tra mare e montagna..divenne meta preferita di artisti e letterati russi e tedeschi che la elessero a loro dimora per la pace e la tranquillità e, dopo la fine della seconda guerra mondiale, pittori, registi, scrittori, ammaliati dalla magica atmosfera, attratti dalla bellezza di Positano, sedotti dallo stile di vita dei pescatori, ristrutturarono casupole, conventi, costruirono ville, crearono rifugi dorati.. …l'arcipelago de Li Galli é composto da tre isolette denominate rispettivamente: Gallo Lungo, La Castelluccia, La Rotonda. Secondo un'antica leggenda, questo tratto di mare costituiva la sede delle sirene, figure mitologiche metà donne e metà uccello che ammaliavano i pescatori con il loro canto e li facevano naufragare. Sull'isola del Gallo Lungo, che è la più grande, il ballerino russo Leonide Massine nel 1924 costruì una villa, che fu successivamente acquistata da Rudolf Nureyev.”


    “Calvanico, comune della provincia di Salerno, nota per la presenza della casa natale del filosofo e giurista Antonio Genovesi,….è circondata da magnifici esemplari di faggi e castagneti del Parco dei Monti Picentini, parte della catena montuosa dell’ Appennino campano …… passeggiando lungo il dedalo di viuzze e piazze si scopre quanto la storia, romana, medievale e soprattutto settecentesca, abbia impresso su Calvanico il suo blasonato marchio….Palazzo Leone costruito tra il ‘500 e ‘600, al cui interno, sitrovano una piccola Chiesa e un pozzo d’epoca che rende il cortile interno ancora più caratteristico e Palazzo Conforti, eretto a cavallo tra il XVI e XVII secolo… custode di ampie scuderie ed un bel giardino. “


    “Pertosa.. si trova all’estremità settentrionale del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano…Le sue grotte rappresentano l’attrazione principale del paese, da cui questa terra trae addirittura il nome: Pertosa deriva appunto dal latino pertusus, ovvero “bucato”. Risalenti a 35 milioni di anni fa e menzionati già nel ‘500 dal filosofo Leandro Alberti…Dal 1932 in poi, quando è stata consentita l’apertura al pubblico, si sono potuti ammirare i tragitti tra la vegetazione, che si snodano per un totale di circa 3.000 metri… sono le più importanti del sud Italia, le uniche ad essere attraversate da un fiume sotterraneo, il Tanagro (o Negro)….< lo spettacolo è dei più imponenti: un uomo, sapientemente travestito dal Sommo Poeta, recita per intero il primo canto dell’Inferno, e poi ci conduce tra i nove cerchi immaginati nella sua Divina Commedia. In ogni girone ci attendono personaggi diversi, da Paolo e Francesca a Cerbero, da Pier delle Vigne ad Ulisse, da Cavalcanti a Pluto, fino ad arrivare a Lucifero. Il tutto con l’ausilio di una struggente ed inedita colonna sonora, installazioni di arte contemporanea, un centinaio di immagini di dannati, diavoli e anime perse…La rappresentazione, bellissima e davvero suggestiva, oltre ad immergerci in un’atmosfera surreale, ci consente di ammirare lo spettacolo della natura.> … Le “Sale” rocciose in cui sono suddivise le grotte, infatti, hanno tutte una caratteristica diversa e sono testimonianza delle differenti Ere Geologiche, che, peraltro, non le hanno scalfite. Così come niente ha potuto nemmeno l’ultimo terremoto…..I percorsi sono almeno cinque e si snodano attraverso passaggi abbastanza stretti e zone più ampie: tra le tante la Sala delle Spugne, unica al mondo nel suo genere, la Sala delle Meraviglie e la Sala dei Pipistrelli. Quest’ultima è chiamata così perché un tempo era il rifugio di migliaia di volatili che nel buio e nel silenzio trovavano riparo. Non a caso, da qui è possibile arrivare ad un piccolo anfratto che fu scelto dal regista Dario Argento come location per il suo film “Il fantasma dell’Opera”….”


    “Non c’è modo migliore di arrivare ad Amalfi che non sia a bordo di un’imbarcazione; come gli antichi nocchieri abbracciare la città dalla sua insenatura portuale per poi insinuarsi a piedi per gli stretti vicoli, troppo ingombrati dalle bancarelle per turisti a caccia di souvenir tutt’altro che originali… cadere ostaggio del fascino di questa piccola, ma dal glorioso passato, città è inevitabile… Amalfi viene fatta risalire ai romani, ma il lustro maggiore lo raggiunge nel nono secolo quando insieme a [Pisa], [Venezia] e [Genova] si trovò ad essere una delle Repubbliche Marinare, contendendosi il primato con le altre tre…Fu allora che la città partenopea si dotò del codice marittimo, noto come Tavole di Amalfi che per secoli rimasero un punto di riferimento per gli addetti ai lavori. Queste prevedevano un ordinamento ed una regolamentazione dei rapporti marittimi, che oggi costituiscono i primi esempi del moderno diritto di navigazione….Un altro primato sembra appartiene ad Amalfi, quello di aver perfezionato la bussola e fornito informazioni preziose per la stesura delle prime carte nautiche medievali…..Dominatrice del mercato delle spezie, dei profumi, della seta e dei tappeti preziosi, nel X secolo coniò il soldo d’oro, i tarì d’oro e d’argento che erano in circolazione nell’impero greco, in Africa e nei principati longobardi. Queste monete, simili a quelle musulmane, dimostrano che i rapporti commerciali erano più sviluppati con gli arabi che con i bizantini……..Risalendo dal mare, si ha un unico obiettivo: espugnare il Duomo!..Calarsi nelle parti di un pirata è, infatti, l’unica soluzione per non rimanere imbrigliati nelle logiche commerciali di queste piccole città… Lasciarsi trasportare dalla fantasia più completa e provare ad essere per un giorno uno dei leggendari banditi del mare, di quelli che sono riusciti ad espugnare questa piccola città affacciata sul Tirreno…Un normanno o forse un pisano che nel 1131, 1135 e 1137 la conquistarono e saccheggiarono…. Scesi al porto, un arco, un vicolo, una svolta, una bancarella ed eccolo lì di fronte a noi, il Duomo arroccato sulla sua scalinata. Così arabeggiante nel suo stile arabo-siciliano, dedicato al patrono Sant’Andrea. la sua costruzione fu iniziata nell’XI secolo e completata con molte aggiunte successive…E’ imponente, oltre ogni aspettativa; i portali in bronzo, realizzati a Costantinopoli, fanno pensare che la potenza e il prestigio arrivano da lontano, sempre attraverso il mare, dal quale la città non potrà mai scindere il proprio lustro…”

    Dellabella



    “Acciaroli non è solo storia. E’ arte, cultura, urbanistica, tradizione, mischiate in un’unica terra… Ernest Hemingway, rapito dallo splendore romantico di questi luoghi vi soggiornò per molto tempo e vi trasse ispirazione per il suo capolavoro “Il Vecchio e il Mare” …a lui si deve la ricetta di un delizioso cocktail “Martini alla Hemingway” particolare a base di Martini, gin, vermouth e rigorosamente senza oliva.”



    “le grotte di Castelcivita, scavate nel versante occidentale del massiccio dei Monti Alburni, perla naturalistica del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano….<un “nero cancello” chiudeva l’ingresso, da quando si era deciso di impedirne il libero accesso, alfine di preservare il sito da turisti a caccia di souvenir e da vandali occasionali…Un click nel buio e d’incanto la luce artificiale dei faretti ci disvelava l’inizio di un mondo sconosciuto. Un mondo di stalagmiti e stalattiti, gallerie e saloni, disegnato con impareggiabile estro dall’acqua nella roccia. Celato riparo 40.000 anni fa per l’uomo preistorico e nel 71 a.C, secondo la leggenda, per l’esercito di Spartaco (per questo sono note anche come Grotte di Spartaco, lo schiavo che volle sfidare Roma)…La prima parte sembrava riprodurre, nei colori e nelle forme, un paesaggio lunare, con la caverna del Guano e la caverna Bertarelli, quest’ultima impreziosita da un’imponente colonna, nata dall’incontro tra stalagmite e stalattite….Una miriade di concrezioni irregolari che nella loro disposizione tradivano un’armonia cercata. Avevo riunite in una sola volta la Torre d’Avorio, sede della principessa bambina e cuore del regno di Fantasìa, e la Torre Oscura di Mordor, residenza infernale di Sauron nel Signore degli Anelli di Tolkien.>” Di Sarno


    “Il Cilento più selvaggio, da Palinuro, passando per Marina di Camerota fino al Golfo di Policastro, ad un passo dal confine con la Basilicata….La strada attraversa i paesini, le case bianche e i bar si susseguono alternati da scorci mozzafiato di mare tra le montagne. Strade un po’ malmesse, senza parapetto, salgono ripidissime per poi scendere lentamente verso il mare; e poi curve, curve e ancora curve….Dopo Palinuro, la prima vera tappa: un tuffo nelle acque blu di Camerota, i sassi bianchi di una spiaggia nascosta tra le montagne, la brezza fresca che scompiglia i capelli bagnati, senso di libertà assoluta…”


    “Salerno..sviluppata nel punto più interno del golfo che da lei prende nome ..in uno stretto lembo di terra immediatamente a ridosso dell'alta e rocciosa costiera amalfitana a nord e della bassa e sabbiosa piana del Sele a sud, dove sorgono grandiosi i templi di Paestum… sorge luminosa alla foce del fiume Irno fra il mare e le pendici della collina Bonadies, dei Monti Lattari e dei Monti Picentini…..formata da un nucleo antico circondato da moderni quartieri, Salerno, ricca di giardini e di bei palazzi che si affacciano sul mare, è il punto di incrocio fra due delle zone più suggestive della Campania, la costa amalfitana e cilentana, quasi un anello di congiunzione tra due realtà geografiche diverse e lontane…Le origini della città sono piuttosto incerte…. sicuramente esisteva un antico centro già nel VI-V secolo a.C, di cui restano una necropoli e parte di un abitato etrusco-campano, denominato Irna o forse Marcina. Nel 194 a. C. vi fu fondata una colonia romana denominata Salernum, da Salum “mare” e Irnum “Irno” (fiume che ancora oggi scorre attraverso la città), che assunse un'importanza sempre maggiore fino al IV secolo d.C., quando ebbero inizio una serie di dominazioni "barbariche"… fino al 646 quando, conquistata dai Longobardi, entrò a far parte del ducato di Benevento. Nell’839 il ducato di Benevento fu suddiviso in due stati indipendenti e Salerno divenne capitale di un principato che sotto Guaimario V, riuscì a diventare potente e ricco. Nella primavera del 1077, dopo un lungo assedio, il condottiero normanno Roberto il Guiscardo conquistò, dopo la città, anche il castello, e proclamò Salerno capitale del proprio dominio, la prima in tutta l’Italia meridionale… visse un periodo di grande fortuna: la fama della sua Scuola Medica si accrebbe, furono edificati il Duomo e la reggia (di cui restano tracce); nel 1084 la città ebbe l’onore di accogliere il Papa Gregorio VII. Anche quando, nel 1127, la capitale fu trasferita a Palermo, Salerno restò la più importante città del regno. Alla fine del XII secolo, con l’avvento degli Svevi cominciò a soffrire dell’importanza sempre crescente della città di Napoli ….la regina Margherita di Durazzo, elesse la città a propria residenza e fu sepolta nella cattedrale. Nel 1419 Giovanna II la concedette in feudo a Giordano Colonna, successivamente fu degli Orsini, dei Sanseverino, dei Grimaldi… Sul finire del settecento la fine dell’impero spagnolo segnò l’inizio di una rinascita per Salerno: furono costruite dimore signorili e numerose chiese in tutto il centro storico. Nel 1799 la città di Salerno aderì alla Repubblica Partenopea….Negli anni recenti ricordiamo il ruolo che ebbe l’area salernitana per lo sbarco degli alleati durante la seconda guerra mondiale… inoltre la città fu sede del regio governo guidato da Pietro Badoglio dal 12 febbraio al 15 luglio del 1944…… Castello Arechi ..a metà della collina Bonadies, a circa 300 mt sul livello del mare, domina il Castello Arechi, antico castrum romano e possente cinta muraria della città, che il principe Longobardo Arechi II fece ampliare nel VIII sec…. offre una splendida veduta della città di Salerno e dell’intero golfo e contiene, nella parte restaurata, un museo con ceramiche medievali e monete”



    “Raccontare una città non è mai facile. Farlo quando la si vive ogni giorno diventa ancora più difficile. Solo un’anima poetica può riuscire in questo intento in modo preciso e sorprendente.
    Salerno, raccontata da “Rosa Tiziana Bruno”, scrittrice di favole nata e cresciuta lì, appare una città fantastica, tra storia e favola, che invoglia chiunque a scoprirla per catturarne il mistero che amorevolmente custodisce….Salerno è come una terrazza da cui affacciarsi per godere lo spettacolo…..E non è da intendersi solo in senso metaforico..La città è letteralmente adagiata di fronte al suo golfo come una balconata fiorita: le abitazioni sono costruite partendo dalle colline e discendono dolcemente verso la spiaggia, dove confluiscono senza toccarsi, in un’armonia quasi perfetta…l’immancabile passeggiata sul Lungomare, che è lungo circa tre chilometri ed è ricco di palme e aiuole fiorite…Sullo sfondo, in lontananza, le rocce della Costiera Amalfitana fanno da guardiane a questo piccolo angolo di paradiso….E’ questo il luogo che rende Salerno diversa da ogni altra città: è così ben diviso che chiunque può trovarvi un angolino su misura per sé stesso. Accoglie con uguale attenzione chi ama stare nella baldoria e chi invece preferisce il silenzio e l’isolamento…Salerno è stata la sede della prima facoltà di Medicina della storia europea: la famosa Scuola Medica Salernitana, fondata nell’anno mille. In questa erano ammesse anche le donne che, all’epoca, erano relegate nelle stanze dei castelli o nelle cucine senza nemmeno il diritto di parola e, unica eccezione in tutta l’Europa, potevano addirittura diventare medico…Costanzella Calenda fu una di queste e passò alla storia per i sui ritrovati medicamentosi e per le complicate operazioni chirurgiche che eseguì….Il Giardino della Minerva apparteneva a uno dei medici della Scuola e in esso venivano eseguiti esperimenti e coltivate piante esotiche da utilizzare come medicamenti…”







    Maiori

    è un comune italiano di 5.663 abitanti della provincia di Salerno in Campania. Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco; L'Unesco ha dichiarato dal 1996 Maiori, assieme alla Costiera amalfitana, Patrimonio dell'Umanità. Le origini della città risalgono al periodo degli etruschi. Dal secondo dopoguerra Maiori ha registrato una notevole espansione urbanistica e vanta uno dei migliori tenori di vita della Campania.

    « Non ho veduto luoghi più graziosi. Il primo che si incontra è Maiori... Le strade ed i sentieri solitari e tranquilli si addentrano nei monti dai quali scaturiscono acque limpide e fresche. Tanta solitudine romantica ricrea l'animo e fa nascere il desiderio di vivere colà tranquilli, o almeno di trascorrervi un'estate »

    (Ferdinand Gregorovius)

    Storia

    Ad oggi non si sa con certezza chi siano stati i veri fondatori di Maiori. Esistono le ipotesi più varie. Ci sono teorie che attribuiscono la fondazione della cittadina ai greci, agli etruschi, ai picentini, ai romani e finanche al principe dei longobardi Sicardo. Il nome originario di Maiori era Reghinna Maior per distinguerlo dalla vicina cittadina Reghinna Minor (l'attuale Minori).
    Inizialmente tutte le cittadine della costa vennero formate dai conquistatori che si susseguivano, come p.e. gli etruschi ed i romani. Nel periodo della caduta dell' Impero Romano d'Occidente vi furono altri insediamenti. Intorno all'830 i luoghi della costa furono riuniti in una "Confederazione degli Stati Amalfitani". Fecero parte della Repubblica marinara di Amalfi le città tra Lettere e Tramonti e tra Cetara e Positano (come anche Capri). I loro abitanti, in maniera collettiva, vennero chiamati "Amalfitani". Ogni città in quel periodo mantenne il proprio nome e la propria autonomia amministrativa, svolgendo un ruolo specifico nella Confederazione. Dopo l'anno mille Maiori (assieme ad Amalfi) passò a fare parte del Principato di Salerno e ne seguí le vicende storiche. Nel 1343 una mareggiata distrusse gran parte del litorale di tutta la Costiera, che -tra l'altro- viene anche menzionata in una lettera di Francesco Petrarca al Cardinale Giovanni Colonna.





    Minori

    è un comune italiano di 2.853 abitanti della provincia di Salerno in Campania, nella Costiera Amalfitana. Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco;Minori, assieme a tutta la Costiera, dal 1997 è stata dichiarata dall' Unesco Patrimonio dell' Umanita'.

    Storia

    Originariamente Minori era un piccolo villaggio di pescatori, ma nel Novecento una notevole urbanizzazione - unita al turismo - ha reso Minori una delle piccole gemme della Costiera. Anticamente, in epoca romana, aveva il nome di Reghinna minoris, allo scopo di essere differenziata dalla più grande e contigua Reginna Maioris (da cui vengono gli odierni nomi "Minori" e "Maiori"). La vita economica e sociale del paese si è sviluppata intorno alla Basilica di Santa Trofimena. Minori è stata sede vescovile per quasi mille anni dall'VIII al XVIII sec. d. C. Per secoli Minori è stato l'unico paese della Costiera Amalfitana a conservare le spoglie di una santa. Santa Trofimena, infatti, oltre che Patrona di Minori, è stata a lungo Patrona dell'intera Costiera e della Repubblica Marinara di Amalfi, oltre che fortemente venerata nella cittadina siciliana di Patti (ME). Recentemente (1932) è stata ritrovata una villa romana, a testimonianza che "Reghinna Minoris" era una località di soggiorno e vacanza per facoltosi romani. Nel medioevo Minori fu saccheggiata dai Pisani, in quanto era uno dei principali cantieri della Repubblica marinara di Amalfi. Nel 1656 la Peste ne decimó la popolazione e solo alla fine dell' Ottocento Minori tornó ad avere una certa importanza, principalmente per via dei suoi "limoni" (e del famoso liquore amalfitano "Limoncello"). Durante lo sbarco degli Alleati del settembre 1943 Minori fu duramente colpita da bombardamenti (Operazione Avalanche). Attualmente la cittadina è molto frequentata da turisti inglesi ed australiani.


    La Basilica di Santa Trofimena

    Le vicende storiche di Minori sono strettamente legate al culto e alla venerazione per la Santa Martire Trofimena di Patti, di cui, per più di un millennio, la cittadina ha conservato gelosamente le reliquie. L’urna contenente i resti della Santa fu rinvenuta, come riporta la tradizione, sulla spiaggia di Minori forse tra il VI-VII secolo. Riconosciuta subito come Santa, i cittadini di Minori edificarono in suo onore un’imponente Basilica, ma le sue reliquie furono trasferite ad Amalfi per timore delle incursioni dei Longobardi che, nonostante ciò, nell’anno 839 riuscirono a trafugarle e a trasportarle a Benevento per opera del principe Sicario. Per intercessione del principe Radelchi e del Vescovo di Benevento, le sacre spoglie della Santa furono riportate a Minore dagli Amalfitani con solenne processione di clero e di popolo il 13 luglio 840 e nascoste gelosamente nella Basilica che nel 987, con l’elevazione di Minori a sede vescovile, divenne la cattedrale minorese. Col passare dei secoli, però, si perse la memoria riguardo alla posizione esatta in cui erano state nascoste le reliquie. Soltanto verso la metà del Settecento, quando per volere del Vescovo Silvestro Stanà si iniziò a ricostruire la cattedrale, esse furono ritrovate, nella notte del 27 novembre 1793. A partire da quella data le reliquie sono custodita nella Cripta sotto il presbiterio della nuova cattedrale, che dalla prima metà del sec. XIX ha assunto l’aspetto attuale.

    La facciata principale, di leggero gusto barocco, che si eleva da un sacrato recintato da una balaustra in pietra, presenta in una nicchia al di sopra dell’ingresso principale il busto della Santa di fattura tardo barocco; su quelli laterali, in due ovali, i busti dei SS. Apostoli Pietro e Paolo e tra le otto lesene ornate con capitelli compositi in stucco, le statue degli Evangelisti. A lato della chiesa è l’alto campanile a pianta quadrangolare di stile neoclassico diviso in altezza in tre ordini decorati con lesene e ampi finestroni arcuati in cui si intravedono le maestose campane.
    L’interno della Basilica è a croce latina divisa in tre navate da pilastri sormontati da archi che determinano quattro varchi per lato. Sugli archi della navata centrale, più alta rispetto a quelle laterali, corre una travatura su cui poggia la volta a botte rivestita da eleganti stucchi barocchi, cherubini e decorazioni tipiche del Settecento; sulla volta dell’arco trionfale è riprodotto in stucco lo stemma della città di Minori.
    Nella navata centrale, in alto, vi è il quadro a contorni sagomati raffigurante S. Andrea, Santa Trofimena e S. Matteo e ai due lati di questa antica tela due dipinti del pittore Mario Carotenuto raffigurano episodi della vita di Santa Trofimena. In fondo, sul lato destro, dopo l’organo, si eleva il pulpito di pregiati marmi su due colonne di braccatello, fatto costruire nel 1616 da Tommaso Brancolino Vescovo di Minori.
    Alle tre navate segue l’ampio transetto su cui si apre una bellissima cupola impostata su quattro grandi archi sorretti da altrettanti grossi pilastri, protetta all’esterno da un tiburio ottagonale con copertura ravennate a tetto con tegole. Sull’altare, eseguito con marmi pregiati multicolori da Tommaso Borrelli di Napoli, vi è una maestosa tela firmata Marsi, su cui è raffigurato l’Angelo con il piccolo Tobia. Di fronte, in un armadio munito di porta in legno di noce è conservato il simulacro di Santa Trofimena, un busto eseguito nei primi decenni del Novecento, con sopravveste in argento che apparteneva ad una precedente statua della Santa. Superata la balaustra in marmo, si accede al presbiterio ricco di decorazioni a stucco, nella cui zona absidale si erge il maestoso altare di marmi policromi ed intarsiati, con al lato un tempietto stuccato costituito da lesene, cornice e timpano. Di rilevante valore artistico sono la tavola della Crocifissione, attribuita a Marco Pino da Siena, il trono vescovile in marmo con baldacchino, nonché le due cappelle che si aprono ai lati del presbiterio. Nella zona sottostante il presbiterio, è situata la Cripta a cui si accede da due scale curve rivestite in marmo bianco, che si svolgono intorno ai due pilastri che sorreggono la cupola.







    Le grotte






    Le Grotte dell'Angelo di Auletta/Pertosa si trovano nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Le Grotte dell'Angelo di Auletta/Pertosa, vero fiore all’occhiello della speleologia in provincia di Salerno, sono le più importanti dell’Italia del sud. Infatti, la prima descrizione di una grotta in Campania, che risale addirittura al 1551, ad opera di un tale Leandro Aliberti, frate domenicano di Bologna, parla delle Grotte diAuletta/Pertosa in provincia di Salerno visibili quasi intatti ancora adesso.





    Ma l’origine delle Grotte è fatta risalire a circa 35 milioni di anni fa, che venivano utilizzati dagli uomini dell’età del Bronzo, e forse anche della Pietra, come rifugi dai pericoli esterni. I resti lignei delle loro antiche palafitte, grazie al clima particolare e al tasso di umidità all’interno delle Grotte, sono infatti giunti pressocchè intatti fino ai giorni nostri, e sono gli unici ritrovamenti, nella storia della speleologia in Campania, di cui si ha testimonianza, costruite all’interno di un sito come quello delle Grotte di Auletta/Pertosa.





    Utilizzate successivamente dai Greci e Romani come luogo per i loro rituali e le cerimonie sacre, in età medievale le grotte, dette anche Grotte dell'Angelo , in un primo momento diedero riparo ai cristiani che pregavano nelle grotte lontani dai pericoli, e poi furono successivamente vissute da monaci come luogo di culto.





    Le Grotte dell'Angelo, incuneate per circa 2500 metri sotto i Monti Alburni del Cilento, creano uno scenario speleologico unico al mondo: gallerie, immense caverne, “sale” naturali, scenari mozzafiato caratterizzati dalle imponenti conformazioni delle stalattiti e stalagmiti.





    Ma l’unicità delle Grotte dell'Angelo è non solo nella particolarità delle forme carsiche, ma soprattutto risiede nel fatto che per visitarle occorre percorrere un laghetto originato da un fiume sotterraneo. Una suggestiva traversata in barca, della lunghezza di duecento metri circa, porta i turisti direttamente nelle viscere dei monti del Cilento. Una volta giunti poi all’interno delle Grotte, si ha la sensazione di trovarsi in un ambiente incantato, nel quale solo il lento lavoro della natura ha forgiato la roccia, dando vita a costruzioni calcaree dalle forme più varie e suggestivi giochi di colori.







    Minori



    Minori (SA): dal villaggio di "Torre"

    Questa foto scattata da Minori (Sa) Costiera Amalfitana

    Un tratto della costiera amalfitana da Minori ad Amalfi



    COSTA DI MINORI

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    Minori







    Antro delle Grotte di Pertosa (SA)- La magia si ripete ogni fine settimana: con la guida di Dante in persona ci si inoltra nei cunicoli scavati nelle viscere della montagna e, di caverna in caverna, si incontrano Paolo e Francesca, Ulisse, Minosse, Il Conte Ugolino e molti altri protagonisti della prima cantica della Divina Commedia.







    Sono gli spettatori a muoversi all’interno della scena e ad andare incontro ai personaggi. Non ci sono quinte e fondali di cartapesta, ma uno scenario preistorico che conta 35 milioni di anni. Per l’Acheronte, il fiume infernale, non c’è stato bisogno di ricorrere ad artifizi: le grotte di Pertosa sono attraversate dal fiume sotterraneo: Negro, che genera un laghetto ed una cascata, e che si solca su un barcone fino alla sponda dove comincia il viaggio nei 10 cerchi dell’inferno. Un gioco di luci e suoni ed una serie di videoistallazioni d’arte contemporanea arricchiscono lo show che si snoda per circa un chilometro e coinvolge oltre 30 attori e ballerini.Le rappresentazioni si tengono tutti i venerdì mattina e sabato sera.







    MINORI CON UN INSOLITA NEVICATA

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    PIAZZETTA PRINCIPALE DI MINORI

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    BASILICA DI SANTA TROFIMENA

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    LUNGOMARE

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    Monti Lattari

    sono una catena montuosa italiana che costituisce l'ossatura della penisola sorrentina. Fanno parte dell'Antiappennino campano. I monti Lattari sono il prolungamento occidentale dei Monti Picentini dell'Appennino campano, costeggiando l'Agro nocerino sarnese, si protendono nel mar Tirreno formando la penisola sorrentina. Devono il loro nome alle capre che vi pascolavano, fornitrici di ottimo latte (da cui il nome latino lactariiis). La catena montuosa è delimitata a nord-ovest dal golfo di Napoli, a nord dalla pianura del fiume Sarno, ad est dalla vallata metelliana ed a sud dal golfo di Salerno. I monti sono di formazione calcarea e raggiungono la massima elevazione nei 1444 metri del Monte San Michele del complesso di Monte Sant'Angelo a Tre Pizzi, che comprende le cime di San Michele, Monte di Mezzo e Monte Catiello. Al limite occidentale della catena montuosa è posto il Monte San Costanzo di 497 metri. A nord è posto il Monte Faito (1131 metri) raggiungibile con una funivia da Castellammare di Stabia. Ad ovest è situato il Monte Cerreto di 1316 metri oltre il quale i monti digradano verso est nel valico di Chiunzi. Proseguendo verso est i monti raggiungono 1075 metri del Monte Albino, che domina Nocera Inferiore. Proseguendo si raggiungono i 1130 del Monte Sant'Angelo di Cava che insieme al Monte Finestra (1138 metri) ed al Monte dell'Avvocata (1014 metri), costituisce il margine orientale della catena montuosa prima che questa digradi nella valle di Cava dei Tirreni e in quella del torrente Bonea che sfocia nel golfo di Salerno a Vietri sul Mare. Il versante meridionale dei monti è molto scosceso e da vita alle falesie della Costiera Amalfitana verso la quale scendono numerosi torrenti. Il versante settentrionale digrada verso la costa formando un altopiano costiero.

    Monti Lattari visti dal golfo di Salerno

    Sentiero degli Dei

    è un percorso pedestre che si snoda lungo la costiera amalfitana, tra le località di Bomerano (frazione di Agerola) e Nocelle (frazione di Positano), immerso nel tratto di costa campana inserito tra i patrimoni dell'umanità per le sue bellezze geografiche.

    Sentiero "alto" e "basso"


    Spesso si tende a chiamare Sentiero degli Dei anche il percorso che da Santa Maria di Castello porta a Bomerano, dividendo tra sentiero degli dei "alto" e sentiero degli dei "basso" (quello appunto da Bomerano a Nocelle), ma il tratto più celebre e famoso è sicuramente quello cosidetto "basso", oltre che il più adatto dal punto di vista della tradizione a fregiarsi del nome.

    Sentiero "alto"

    Il percorso che si snoda da Santa Maria di Castello a Bomerano è forse più faticoso del suo proseguio basso, anche per una elevata escursione altimetrica, che passa dai 659 m di Santa Maria di Castello ai 1079 m s.l.m. di Capo Muro, per arrivare di nuovo poi ai 633 m s.l.m. di Bomerano, punto di arrivo di questo percorso alto e di partenza per quello basso.

    Sentiero "basso"

    Il tratto che và da Bomerano a Nocelle è sicuramente meno faticoso e forse anche più suggestivo, essendo quasi interamente in discesa, anche se quando preso da Vettica Maggiore o da Praiano (una delle tante varianti possibili al percorso principale) obbliga ad affrontare scalinate e salite per raggiungere il sentiero vero e proprio, i vantaggi di queste soluzioni sono puramente scenografici e soggettivi, anche se salendo da Praiano è possibile visitare anche il Convento di San Domenico. Dal minuscolo e caratteristico borgo di Nocelle si può proseguire per arrivare, dopo circa mezz'ora di cammino, fino a Positano.



    Sentiero degli Dei



    Le Grotte di Castelcivita






    Le grotte, principale vanto di Castelcivita, offrono un incantevole paesaggio sotterraneo che si snoda per 4200 metri. La forza dell'erosione e della corrosione dell'acqua sui calcari del Cretaccio Superiore (periodo che segnò la scomparsa dei dinosauri) sono qui documentate in tutta la loro maestosa potenza. Reperti fossili testimoniano che le grotte costituirono un primo e sicuro rifugio per l'uomo nel Paleolitico superiore (all'incirca 40.000 anni fa). Esse sono il vanto Parco del Cilento e Vallo di Diano; rappresentano l'immagine viva di uno spettacolo sublime che non può essere descritto e la cui bellezza può essere verificata solo visitandole.






    La mitologia:
    Le grotte di Castelcivita, un complesso speleologico di indubbio interesse, situate alle pendici dei monti Alburni, in provincia di Salerno, a pochi passi del fiume Calore, rappresentano un patrimonio, dal punto di vista naturalistico e geomorfologico, ancora non completamente valorizzato, con notevoli potenzialità inespresse. Un paesaggio surreale e fantastico, ricco di colori, concrezioni, stalattiti e stalagmiti dalle forme più strane e più varie, alimentano la fantasia. La suggestione, e quell'alone di mistero che da sempre ha circondato le grotte. Caverne imponenti come basiliche, adorne di colonne e guglie candide come la neve, obelischi e pinnacoli, e trine intessute da dita di fate.continua la descrizione del giovane speleologo, di queste grotte dette "del Diavolo", di cui si ha una prima descrizione in una pergamena del 1781; sono poi state chiamate di "Spartaco" dal nome del gladiatore che, ribellatosi all'imperatore Adriano, pare si fosse rifugiato da quelle parti. Successivamente dette "Norce" dal nome della donna amata dal guerriero romano; poi "Principe di Piemonte", in onore di Umberto II di Savoia, che venne in visita nell'agosto del 1932.





    Le grotte:
    L'ingresso delle grotte, che sono illuminate e visitabili per 1.700 metri circa, si apre su una grande caverna, seguita da gallerie, saloni, strettoie, pozzi, che si rincorrono e si sovrappongono tra bellezze e colori altamente suggestivi. I risultati magici dell'erosione dell'acqua si manifestano in modo più evidente nella caverna Bertarelli, di immense proporzioni, nella zona dei pipistrelli, nel "Deserto", oltrepassato il quale si arriva alla sala del "Principe di Piemonte", una vera cupola da dove si imbocca la caverna "Boegan". Oltre il "Viale del Tempio", ricco di colonne, e dopo la biforcazione dell'"Orrido", si raggiunge il "Barttistero", il lago "Sifone", il "Salto dei Titani" per raggiungere il lago "Terminale".





    L'ingresso delle grotte si apre su un ampio piazzale, alle pendici occidentali dei Monti Alburni, sulla destra del fiume Calore e a 94 metri sul livello del mare. Superato il cancello d'ingresso, la volta s'innalza e si è colti da un senso di sgomento. La grotta è un susseguirsi di gallerie, saloni, strettoie e pozzi, che si rincorrono, si sovrappongono, sprofondano in salti e paurosi baratri dove l'orrido e il fantastico si alternano in un arcobaleno di colori, dando vita a particolari unici nel loro genere: limoni, il viso di un cherubino, i grappoli d'uva, il grande presepe e la Pagoda. La Grotta, incantevole paesaggio sotterraneo, è situata lungo la riva destra del fiume Calore a 100 metri dal livello del mare e si sviluppa per ben 4 Km. Riveste particolare interesse per gli enormi saloni, duomi, corridoi e ampie gallerie, tutti meravigliosamente addobbati da una straordinaria dovizia di concrezioni dalle forme più svariate che la natura ha saputo creare. Ai piedi di una parete calcarea si erge l'ingresso che invita ad intraprendere un suggestivo e particolare viaggio nelle più profonde viscere della terra, colorato da verdi rupi. Dopo pochi metri di percorso vi è la caverna detta del Guano, rappresentante una bocca circolare ed immensa; proseguendo il viaggio incontriamo gallerie, pozzi, strettoie la cui esplorazione infonde un'irresistibile curiosità. Più avanti vi è una grande caverna intitolata alla guida Luigi Vittorio Bertarelli, in cui si innalza in perfetta verticale una meravigliosa colonna e, vicina ad essa, un'elegante stalagmite. Il tutto è sovrastato da numerosissime stalattiti imitanti motivi architettonici di grande interesse.





    Nella zona dei pipistrelli si notano delle concrezioni più scure perché corrose da sostanze acide; di qui si giunge nel Deserto la cui pavimentazione si presenta sabbiosa e pianeggiante. Oltre il Deserto si perviene alla grande Sala Principe di Piemonte particolare per la presenza di una colonna costituita da eleganti elementi a disco orizzontali. Nella galleria detta Boegan invece lo spettatore si trova dinanzi ad un maestoso palcoscenico costituito da colonne stalagmitiche e centinaia di stalattiti riuniti armoniosamente in uno spazio limitato. Vari oggetti dell'età paleolitica, scoperte negli ultimi anni, fanno pensare che la Grotta sia stata abitata ininterrottamente dall'età della pietra fino all'età del ferro. Oltre a ciò che è stato descritto sino ad ora, la grotta presenta altre innumerevoli motivi naturali degni di altrettanta importanza.







    SALERNO

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    AMALFI





    Le origini di Amalfi sono avvolte dalle nubi della leggenda. Numerose, infatti, sono le leggende circa la fondazione della città: ad ogni modo tutte hanno in comune l’origine romana. Ciò è dimostrato anche dai rinvenimenti di resti archeologici di età imperiale, tra i quali il ninfeo di una villa probabilmente edificata ai tempi dell’imperatore Tiberio. Il toponimo “Amalfi” è, inoltre, di sicura estrazione latina: esso, secondo la saga di origine principale, deriverebbe da Melfi, un villaggio marittimo lucano abbandonato da alcuni profughi romani nel IV d.C.; oppure potrebbe corrispondere al cognome di una gens romana del I secolo d.C. (Amarfia). A seguito delle incursioni germaniche del V secolo d.C. molti profughi romani delle città campane ormai preda delle orde barbariche si rifugiarono sui Monti Lattari e, dopo breve tempo, diedero maggiore impulso al piccolo villaggio di Amalfi, trasformandolo in una città, che era già sede vescovile nell’anno 596.


    Testi a cura del Prof. Giuseppe Gargano









    Il commercio di Amalfi medievale si svolgeva seguendo un ciclo triangolare, che aveva quali vertici l’Italia, l’Africa settentrionale araba e l’Impero di Bisanzio. Le navi di Amalfi salpavano cariche di legname alla volta dei centri arabi della costa africana; così gli Amalfitani vendevano la legna in cambio di oro. In una seconda fase si recavano lungo la costa Siro-Palestinese ed a Bisanzio, dove acquistavano spezie, pietre preziose, stoffe pregiate, oggetti di oreficeria, che in una terza fase rivendevano in gran parte dell’Italia, spingendosi sino a Ravenna e di lì , navigando il Po, addirittura a Pavia. Questo ciclo triangolare del commercio amalfitano arricchì enormemente gli abitanti della repubblica marinara a tal punto che potenze nemiche progettarono di conquistarla. Così Amalfi perse definitivamente la sua indipendenza nel 1131, quando entrò a far perte del regno normanno di Sicilia. Ma la sua floridezza economica e la potenza marinara non si eclissarono; in realtà Amalfi fu superata nei commerci e nelle attività marinare da nuove emergenti e più consistenti potenze concorrenti, quali Pisa e Genova. La vera crisi economica di Amalfi medioevale è da ricercare nella ventennale Guerra del Vespro, combattuta tra Angioini ed Aragonesi per il dominio dell’Italia meridionale, a seguito della quale Amalfi e il suo territorio furono bloccati dal mare, più volte invasi, subirono la concorrenza catalana, furono sottoposti a carestie, pestilenze, spopolamento.
    Testi a cura del Prof. Giuseppe Gargano







    Amalfi per tutto il Medioevo ebbe una numerosa e potente flotta, che bisogna necessariamente distinguere tra quella militare e quella mercantile. La flotta militare più volte vittoriosa soprattutto nelle battaglie combattute contro gli Arabi in difesa della cristianità: tra queste rifulge il celebre episodio di Ostia (849), quando le navi di Amalfi contribuirono notevolmente a salvare Roma dall’attacco di una potente flotta musulmana. Per la costruzione delle navi da guerra Amalfi aveva un arsenale in muratura del quale oggi restano due corsie divise da dieci pilastri. Si tratta dell’unico esempio sopravvissuto di arsenale medioevale almeno in Italia meridionale. La struttura superstite mostra i chiari segni dei restauri avvenuti nel 1240 e nel 1272, sebbene l’edificio sia documentato sin dall’XI secolo. In esso venivano costruiti gli scafi delle galee da combattimento, impostate su centoventi remi. Le navi mercantili, in genere di basso cabotaggio, venivano costruite sugli arenili, che, pertanto, erano indicati con il termine bizantino di scaria. Lo scarium di Amalfi medioevale si trova oggi sotto il mare di fronte alla città, dove sono stati di recente scoperti moli ed attracchi di età medioevale. Le strutture portuali e cantieristiche furono inesorabilmente sommerse a seguito di una frana sottomarina provocata da una possente tempesta di Libeccio, verificatasi nella notte tra il 24 e il 25 novembre 1343. Questo fenomeno diede praticamente il colpo di grazia ad una situazione mercantile e marinara già in declino.



    Della storia marinara di Amalfi oggi restano, oltre all’arsenale, il codice marittimo denominato Tabula de Amalpha e la tradizione dell’invenzione della bussola. Tale codice è conservato in una copia cartacea seicentesca presso il Museo civico; esso fu elaborato tra l’XI ed il XIV secolo e i suoi capitoli contengono sorprendenti notizie a riguardo dell’avanzata e progredita società marinara amalfitana. É ormai accertato che furono gli Amalfitani per primi ad inventare la bussola quale strumento di orientamento marinaro magnetico “a secco”, che la diffusero nel Mediterraneo entro la prima metà del XIII secolo. Il mitico inventore amalfitano Flavio Gioia, in onore del quale esiste un monumento in bronzo realizzato dall’artista cavese Alfonso Balzìco sito nella piazza davanti al mare, in realtà non è mai esistito; si tratta, infatti, di un errore di interpretazione dovuto a scrittori rinascimentali dell’Italia centrale. Un’antica tradizione amalfitana si riferisce, invece, ad un certo Giovanni Gioia quale inventore dello strumento marinaro.
    Testi a cura del Prof. Giuseppe Gargano





    Immagini di amalfi













    L'irruzione dell'Islam nel bacino del Mediterraneo, avvenuta nel corso del VII secolo, chiuse questo mare ai cristiani d'Occidente, ma non a tutti. Il Tirreno divenne un lago mussulmano, ma i mari che bagnano l'Italia meridionale, il Mare Adriatico e l'Egeo, ebbero diverso destino. In quelle acque le flotte bizantine riuscirono a respingere l'invasione araba e solo nell'878 con la presa di Siracusa, gli Arabi dominarono indisturbati l'isola, ma non riuscirono ad andare oltre. Le città dell'Italia Meridionale continuarono a dipendere dall'imperatore di Costantinopoli e tra questi, anche Amalfi. Gli Amalfitani iniziarono l'ascesa commerciale sul mare, svolgendo un'azione d'intermediazione tra territori longobardi, bizantini e quelli islamizzati.















    Il Tarì: la vecchia moneta amalfitana





    La moneta utilizzata dagli amalfitani per i loro scambi commerciali era il tarì, una riproduzione della moneta araba.


    Il termine tarì significa “coniato di fresco”. La moneta era di dodici carati e conteneva parti di oro, argento e rame. I tarì amalfitani circolavano in tutto il Mediterraneo; la moneta rappresentò per diversi secoli la moneta ufficiale dello Stato e del popolo di Amalfi. Oggi alcuni esemplari del tarì sono conservati nel British Museum di Londra, nella collezione di Vittorio Emanuele III e in quella del Centro di Cultura e Storia Amalfitana.



    POSITANO





    L’origine di Positano risale alla preistoria, infatti è stato datato intorno ad 11.000 anni, periodo dell’ultima glaciazione, il reperto archeologico di un pasto a base di cervo ritrovato in una grotta di Sponda.Il nome Positano, probabilmente, risale al periodo dell’espansione greca nel Mediterraneo. Il nome richiama il dio del mare Poseidone, divinità ellenica.





    L’età medievale
    In epoca romana, Positano era famosa perché l’imperatore Tiberio, rifugiatosi a Capri per sfuggire all’odio dei Romani, mandava i suo servi per rifornirsi della farina per fare il pane non volendo utilizzare quella del posto in quanto temeva di essere avvelenato. Il mulino sorgeva nella Piazza dei Mulini e funzionava fino a qualche anno fa. Positano fece parte della Repubblica di Amalfi dal sec. IX all’XI. In particolare la cittadina è rinomata nel secolo X come un centro commerciale sviluppato tanto da essere in concorrenza con la rinomata Venezia. La popolazione era molto attiva e non rinunciava ai commerci pur non avendo un porto che potesse ospitare le navi.







    L’età moderna
    Nel sec. XV Positano divenne famosa perchè Flavio Gioia. un suo cittadino studioso di matematica e di professione nocchiero, aveva inventato la bussola. Il Cinquecento fu un periodo triste per il paese a causa della diffusione della peste in tutta la costiera amalfitana. Si verificarono, inoltre, molti saccheggi ad opera di briganti che scendevano dai monti e di pirati saraceni che infestavano in quel periodo le coste di tutto il Mediterraneo. Nella seconda metà del ‘500 Positano fece costruire delle torri di avvistamento così come aveva ordinato il viceré Pietro da Toledo. Le più importanti torri furono quella di Sponda, di Trasita e quella di Fornillo.





    Nonostante le opere difensive costruite, Positano non riuscì a sottrarsi all’incendio appiccato dalle truppe di Solimano II, imperatore turco. Notevoli furono anche i disagi provocati da una cattiva amministrazione da parte dei baroni e dei ministri che cercavano in tutti i modi di vessare la popolazione. Un anno fondamentale per la storia di Positano è il 1668. Essa si proclamò “città regia” dopo aver pagato un riscatto dalla feudalità di 12.943 ducati. Da quell’anno s’incrementarono i commerci con Cipro, con la Grecia, con la Puglia, con la Calabria. I Positanesi raggiungevano tutti i porti del Mediterraneo utilizzando feluche, polacche, galeotte. Risale a quel periodo la costruzione di molte case che ancora oggi si possono ammirare e che si caratterizzano per lo stile barocche con decorazioni particolarmente ricche.






    L’età contemporanea
    La decadenza di Positano fu segnata dall’avvento del vapore nell’Ottocento. I positanesi non furono in grado di costruire navi veloci ed avanzate tecnologicamente, iniziò così il fenomeno dell’emigrazione verso le Americhe causando una perdita di braccia lavoro e una decadenza degli arredi urbani. Durante la prima guerra mondiale, molti positanesi morirono per la patria. Nel paese si rifugiarono grandi artisti e letterati russi e tedeschi che, con le loro opere, lo fecero conoscere al mondo intero. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, pittori, registi, scrittori, attratti dal clima, dal paesaggio, dalle caratteristiche urbanistiche di Positano, dallo stile di vita dei pescatori, hanno ristrutturato casupole, conventi, hanno costruito ville sontuose.







    FLAVIO GIOIA





    La bussola era originariamente una piccola scatola di legno di bosso. Furono i marinai della città di Amalfi, fra il 1100 e il 1200, a diffonderla nel Mediterraneo nei loro viaggi verso la Siria e l’Egitto, durante le crociate. Lo storico Flavio Biondo, verso la metà del XV secolo, aveva parlato della bussola inventata e perfezionata dagli Amalfitani. Il filologo bolognese Giambattista Pio nel 1511 riportò la notizia in questo modo: «Ad Amalfi, in Campania, fu inventato l’uso della calamita, da Flavio si dice» («Amalphi in Campania veteri magnetis usus inventus, a Flavio traditur»). Lo scrittore intendeva dire: «Flavio dice che» ponendo una virgola dopo “inventus”. Invece chi riportò successivamente la notizia spostò la virgola, modificando radicalmente il significato: «Ad Amalfi, in Campania, fu inventato l’uso della calamita da Flavio, si dice», intendendo dunque che Flavio (Biondo) avesse inventato la bussola. Per la stravaganza poi di uno storico napoletano, Scipione Mazzella, Flavio sarebbe nato a Gioia in Puglia, ma avrebbe inventato la bussola ad Amalfi, in Campania. Ad Amalfi, fino a non molti anni fa, c’era ancora il monumento a Flavio Gioia, «l’inventore della bussola», in realtà mai esistito, nato per l’errore di una virgola!



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    VIETRI SUL MARE
    Vietri sul Mare è un comune italiano di 8.365 abitanti della provincia di Salerno in Campania. L'Unesco ha dichiarato dal 1997 Vietri sul Mare (insieme agli altri paesi della costiera amalfitana) Patrimonio dell' Umanita'. Si trova di fronte all'entrata settentrionale della città di Salerno, all'inizio della Costiera amalfitana. Il centro dell'abitato vietrese si estende collinarmente a ridosso della costa, ed alle pendici di esso si estende la zona Marina, frazione che affaccia direttamente sul mare.



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    I primi insediamenti nell'area di Vietri sul Mare furono etruschi. Probabilmente il nome della cittadina viene dal termine "Veteri" con cui i Romani definirono questi insediamenti. Una tradizione vuole associare Vietri a Marcina, città misteriosa di probabile fondazione etrusco-italica più volte citata in antiche epigrafi, ma mai identificata con certezza. La sua storia fino al 1806 è stata associata a quella di Cava de' Tirreni di cui ne era frazione. Oggigiorno il comune ha una forte influenza di Salerno, per cui vi sono progetti di inserire Vietri sul Mare nell'area metropolitana di questa città. Nel 1944, quando Salerno fu Capitale d'Italia per alcuni mesi, il Re Vittorio Emanuele III alloggió nella vicina Villa Guariglia, sita in frazione Raito.




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    IL MITO





    Positano è la custode del mito greco delle Sirene: notizie in merito sono presenti in molti autori ma la testimonianza più importante ci viene da Strabone, geografo del I secolo avanti Cristo. Egli afferma che l'arcipelago delle Sirenuse (oggi Li Galli) nel tratto di mare davanti a Positano, costituito da tre piccole isole e rocciose, era considerato la sede delle Sirene (figure mitiche metà donna e metà uccello che attraevano i naviganti con il loro canto e procuravano loro la morte). Il mito aveva forse una finalità pratica: le isole dovevano costituire, viste da lontano, un punto di riferimento per i marinai; avvicinandosi però, il gioco delle correnti e i vortici scagliavano le imbarcazioni sugli scogli.



    Le Sirene



    Il mito delle sirene ha origine in Grecia ma si narra di loro avvistamenti in tutti i mari del mondo. Le sirene vengono paragonate alle arpie. Le arpie sono figure mostruose che ritroviamo nella mitologia greca, esse sarebbero in grado di creare burrasche marine, sotto forma di terribili venti, impersonando divinita' infernali che derubavano l' anima alle persone morenti. Paragonate alle arpie le sirene attirano, sempre nella mitologia greca, i marinai con le loro irresistibili melodie facendoli naufragare sugli scogli delle loro isole rocciose pronte a rapirli o a divorarli. Le sirene descritte come figlie di Acheloo, dio fluviale, sarebbero nate da tre gocce di sangue perse da Acheloo durante un combattimento. Si narra anche che le sirene non amassero i piaceri dell'amore e per questo afrodite punì queste creature trasformando i loro corpi di donna in meta' donna e meta' uccello. Nel periodo del medioevo esse subirono un' ulteriore trasformazione, da esseri a forma di uccello, dotate di ali, si trasformarono in esseri acquatici con il corpo metà donna e metà pesce. Le sirene nel folklore europeo infatti sono descritte come bellissime creature per l'appunto meta' pesce(dalla cinta in giù) e metà donna (dalla cinta in sù) con uno spechio in una mano e un pettine nell'altra, con voce melodiosa e soave che incanta gli sventurati esseri umani che incrociano la loro strada. Le sirene nei vari racconti assumono nel collettivo immaginario una traccia positiva di bontà, perdendo il loro originale significato di esseri ammaliatori e crudeli di sventurati marinai portati verso morte certa per essere uccisi, divorati o rapiti. Si narra che i marinai venivano talvolta rapiti e portati nella profondità degli abissi dando loro la possibilita' di respirare sott'acqua e di vivere nella ricchezza da parte di questi esseri fantastici.

    Gli studi:
    Molti studiosi del settore individuano nell'arcipelago de Li Galli la zona in cui le sirene sarebbero vissute e gli scogli su cui esse risiedevano. Molte teorie si intrecciano su queste mitologiche creature, si narra che inizialmente fossero esseri terrestri che in seguito al passaggio di Ulisse, primo essere umano che resistette al loro canto facendosi legare all'albero della sua nave, mentre il suo equipaggio si tappava le orecchie per non udire il canto ammaliatore delle sirene,esse si gettarono in mare dalla disperazione e si trasformarono in scogli, gli scogli rocciosi di quest'arcipelago. Gli scogli sono tre, tre sirene:Partenòpe, Leucosìa e Lìgeia, la tradizione però narra di sole due sirene.

    Le sirene vivono tra noi?
    -Jacopo Noierus narra che nel 1403 una sirena fu catturata viva catturata nello Zuider Zee e portata ad Harleem, fu vestita in quanto era nuda ed imparò a nutrirsi come un olandese ed imparò ciò che è consono ad una donna. Essa non parlò mai, nessuno era in grado di capirla, era di modi gentili e visse fino in tarda età. -Negli archivi reali del Portogallo si trovano documenti in cui si riporta la presenza di sirene ritrovate sulle spiagge del Gran Maestro, ciò dimostra che a quel tempo le sirene erano numerose
    .



    VIETRI SUL MARE.....



    ...Da piccolo era il mio mare... andavo sempre con mamma... al lido S. Lucia, dove incotravamo la zia e le cuginette...


    Cetara
    Ai piedi del monte Falerno, sorge Cetara, uno dei paesi più caratteristici della Costiera Amalfitana. Immune al turismo di massa, Cetara è ancora legata alle attività economiche tradizionali quali la pesca e per questo conserva praticamente intatto il suo fascino di borgo marinaro. Il legame con il mare si sente ovunque, a cominciare dal nome che potrebbe derivare o da "Cetaria", (tonnara in latino), o da "cetari", i pescatori o commercianti di tonni per finire con la gastronomia dove il pesce è l'alimento principe. Tonni ed alici sono protagonisti della cucina di Cetara il cui piatto tipico è rappresentato dagli spaghetti con la colatura d'alici. Questo condimento è ottenuto dalla fermentazione di alici fatte marinare in appositi contenitori e può essere immaginato come una evoluzione del Garum, la salsa di pesce che faceva impazzire gli antichi romani. Il mare cristallino che lambisce il borgo di Cetara è meta estiva dei giovani salernitani diretti soprattutto alla spiagge sottostante la possente torre di guardia. Dal punto di vista storico Cetara ha giocato un ruolo strategico fondamentale, il suo territorio apparteneva alla repubblica di Amalfi e ne costituiva il confine con il principato di Salerno. Per un breve periodo di tempo fu addirittura occupata dai saraceni che ne fecero una loro base. Da un punto di vista artistico va segnalata la bella chiesa romanica dedicata a San Pietro Apostolo e la chiesa con convento annesso dedicata a San Francesco.

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    Cetara ha una posizione piuttosto decentrata rispetto alla Costiera Amalfitana e dista circa 6 Km da Vietri sul Mare, 10 Km la separano da Maiori e 11 Km da Minori. Atrani è situata a poco meno di 15 Km ed Amalfi, il comune che dà il nome alla Costiera Amalfitana, dista circa 16 Km. Ravello, la città della musica, dista circa 19 Km, Praiano dista circa 25 Km e Positano dista da Cetara circa 33 Km. Conca dei Marini dista 20 Km, Agerola dista 31 Km, Scala dista da Cetara 20 Km e Tramonti dista 18 Km

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    Cetara – spiaggia



    Maiori: veduta



    Maiori: Basilica Santa Maria a Mare



    Minori: veduta



    Minori: spiaggia



    IL FIORDO DI FURORE

    furore


    FURORE_lipari

    ..ancora il fiordo di Furore ...... molto pittoresco

    San-Pietro-positano

    CHE DITE ? .... CI ACCOMODIAMO ?



    RAVELLO

    Ravello è un comune italiano di 2.482 abitanti in provincia di Salerno in Campania, nella Costiera amalfitana.

    Ravello04

    Famoso centro turistico, scoperto e frequentato da numerose personalità di ogni arte. Circa la metà dei suoi visitatori sono inglesi e statunitensi, attratti dal suo richiamo intellettuale e dal fascino delle sue famose ville (come la Villa Cimbrone con la sua famosa vista dalla Terrazza dell'infinito). La cittadina di Ravello si trova su di un piccolo altopiano all'altitudine di 315 m slm; sovrasta Maiori e Minori e gode di una famosa vista panoramica sul Mare Tirreno e sul golfo di Salerno.

    Ravello-Stemma

    Ravello fu fondata nel V secolo come luogo di rifugio dalle scorrerie dei barbari che segnarono la fine dell'Impero Romano d'Occidente. La cittadina crebbe in popolazione, prosperando con l'arte della lana e con il commercio verso il mediterraneo e Bisanzio e raggiunse il suo massimo splendore dal IX secolo, sotto la Repubblica marinara di Amalfi e il Principato di Salerno. Per volere del normanno Ruggero, figlio di Roberto il Guiscardo, Ravello divenne sede vescovile nel 1086 per porre contrasto alla troppo potente Amalfi. Molte furono le famiglie patrizie che resero illustre Ravello: Acconciajoco (o Sconciajoco), Alfano, Appencicario, Aufiero,Bove (o Bovio), Campanile, Cassitto, Castaldo, Citarella, Coppola, Cortese, D'Afflitto, De Curtis, Dell'Isola (o De Insola), Della Marra , De Piccolellis (o Piccolella), De Vito, Fenice, Foggia, Frezza (o Freccia o Frecciario), Fusco, Giusto (o de Iusto), Confalone, Grisone, Guerritore, Longo, Marinelli, Muscettola, Papice, Pironti, Rago (o de Raho), Rogadeo, Rovito, Rufolo (o Ruffolo), Russo (o De Rubeis o Rossi), Rustici, Sasso, ... Al volgere del XII secolo la città giunse a contare una popolazione di oltre 25.000 abitanti. Nel 1135 riuscì a sostenere gli attacchi portati dai Pisani al Ducato di Amalfi, ma due anni dopo, nel 1137, dovette soccombere, fu saccheggiata e distrutta. A seguito delle devastazioni iniziò il suo declino economico e demografico: a partire dal XIV secolo molti dei suoi abitanti si trasferirono a Napoli e dintorni, determinandone la decadenza durata sino alla fine del XVIII secolo. Dal XIX secolo, riscoperta da intellettuali e artisti, riacquistò la sua importanza come luogo di turismo culturalmente elitario. Nella Villa Episcopio di Ravello, proprietà del duca di Sangro, alloggiò il Re Vittorio Emanuele III durante la primavera del 1944, quando il governo d'Italia era insediato a Salerno. In essa avvenne la firma dell'atto di luogotenenza a favore di Umberto II.

    RAVELLO - DUOMO

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    Villa Cimbrone

    Villa Cimbrone, è un edificio storico costruito su un promontorio roccioso a picco sulla Costiera amalfitana ed in gran parte occupato da un esteso parco, ornato di statue, antichità varie, fontane, grotte e culminante in un belvedere che mostra, specie dalla celebre Terrazza dell'Infinito, scenari di incomparabile bellezza sul Golfo di Salerno e sulle località costiere limitrofe. Il toponimo "Cimbrone" ricorda l'antica denominazione del promontorio roccioso Cimbronium su cui sorgevano le rovine di una villa romana, trasformata poi in ampio casale ed un tempo residenza prima della nobile famiglia Acconciagioco e successivamente dei Fusco e degli Amici. Solo nel 1904 l'intera proprietà fu acquistata da un lord inglese, Ernest Beckett, che ne trasformò radicalmente sia la villa, da lungo tempo in stato di abbandono, sia il vasto appezzamento terriero ed i giardini nello straordinario parco che oggi tutti ammiriamo. La villa è adibita ad albergo, mentre il vasto giardino è aperto al pubblico e visitabile a pagamento: per entrambi l'ingresso, solo pedonale, avviene da via di Santa Chiara 26, nel centro storico di Ravello.



    Villa Cimbrone

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    Aspetto primaverile del viale che conduce al Belvedere

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    Il Belvedere con la Terrazza dell'Infinito

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    La Terrazza dell'Infinito

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    LA COSTIERA CILENTANA

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    PALINURO

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    Villa Rufolo

    Villa Rufolo è un edificio del centro storico di Ravello, comune in provincia di Salerno, che si affaccia di fronte al Duomo nella piazza del Vescovado ed il cui impianto iniziale risale al secolo XIII, con ampi rimaneggiamenti ottocenteschi. Appartenente inizialmente alla potente e ricca famiglia dei Rufolo che eccelleva nei commerci (un Landolfo Rufolo è stato immortalato dal Boccaccio nel Decamerone); passò in seguito per successione ad altri proprietari quali i Confalone ed i Muscettola. Intorno alla metà dell'Ottocento fu venduta allo scozzese Francis Neville Reid che ne curò un restauro generale, attribuendole l'odierna ambientazione. Si accede alla villa grazie ad un'apertura ogivale nella Torre d'ingresso; dopo un breve viale si giunge ad uno slargo dominato dalla Torre Maggiore: quest'ultima fronteggia il campanile del duomo di Ravello e domina i terrazzamenti (superiore ed inferiore) a strapiombo sulla Costiera amalfitana e sul Golfo di Salerno che ospitano straordinari giardini fioriti per gran parte dell'anno. Tra i locali della villa, inoltre, è da menzionare un grande cortile soprelevato simile ad un chiostro ed alcune sale adibite a museo. Per ricordare la visita del celebre musicista Richard Wagner nel 1880 - che qui immaginò il giardino di Klingsor nel secondo atto del Parsifal - ogni anno il giardino inferiore di Villa Rufolo ospita, con successo di pubblico, i Concerti Wagneriani.

    Torre d'ingresso di Villa Rufolo



    Il Golfo di Salerno dai giardini di Villa Rufolo

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    PALINURO..

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    VILLA CIMBRONE

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    FURORE

    Terra Furoris è l'antico nome di tutta la zona, così definita per l'assordante sciabordio del mare nelle notti di tempesta. Infatti Furore è costituita dal piccolo borgo posto all'interno dell'omonimo fiordo, sulla riva del mare e dalla parte alta sviluppatasi lungo le pendici dei monti Lattari (il paese, con le sue case disseminate lungo il costone, è praticamente "invisibile" per chi viaggia lungo l'amalfitana). Possiede una "forma" urbana caratterizzata dall'assenza, quasi totale, di slarghi e piazze. I due siti sono collegati da una lunghissima scalinata, realizzata nel periodo della Repubblica Marinara, grazie alla quale le merci che giungevano per mare venivano trasportate "a spalle" verso il borgo superiore. Questa profonda spaccatura, che s'incunea lungo la costa, crea un panorama quasi dolomitico, rotto tuttavia, dalle cristalline acque del Tirreno, le cui onde si infrangono sul breve bagnasciuga. Un tempo tale insenatura era la dimora di pescatori, abbandonata successivamente, è oggi in via di recupero. Il fiordo si raggiunge percorrendo la strada statale 163 che da Amalfi porta verso Positano; dopo aver oltrepassato la Grotta dello Smeraldo, la strada comincia a scivolare verso il mare; poi una curva ed una breve galleria precedono la meraviglia della natura, "il fiordo di Furore". Il vallone di Furore, è uno dei piu' pittoreschi fiordi di Italia, dove si puo' ammirare un meraviglioso paesaggio che ben si inserisce nello scenario della costiera amalfitana. Numerose sono le gole che tagliano l'enorme massa montagnosa che precipita a mare; questa, denominata "lo schiato"dal nome di un torrente che "animava" una fabbrica di carta e un mulino, e' senza dubbio la piu' caratteristica con il villaggio di pescatorim semiabbandonato e con il braccio di mare che si insinua profondamente sotto il ponte della carrozzabile e che presenta colorazioni meravigliose. Il paese posto a metri 300 sul livello del mare e' raggiungibile mediante un sentiero in parte a gradini e presenta tre chiese interessanti.La chiesa di S. Michele arcangelo e' a tre navate di cui le laterali, coperte da volte a crociera di sesto acuto. Vi sono quattro cappelle intercomunicanti con la navata centrale madiante archi ogivali ed e' rischiarata da monofore archiature. Il campanile, posto davanti alla porta d'ingresso, presenta monofore per ogni piano, la cella cilindrica coperta da una piccola cupola. La chiesa di S.Giacomo e' anch'essa a tre navate, quella centrale - con colonne in marmo bianco venato e capitelli a tronco di cono capovolti, che sorreggono archi a tutto sesto - e' coperto da tetto, mentre quelle laterali da volte a crociera. Il campanile a piu' piani, su cui si aprono monofore, divisi da leggere cornici aggettanti e' sormontato da una cuspide rivestita di maiolica. La chiesa di S. Elia e' ad unica navata fiancheggiata da cappelle. L'ingresso e' nel pianterreno del campanile e presenta la volta a crociera. Rimodernata nel 1474 presenta un pregevole trittico del pittore Angelo Antonelli, datato 1479 e rappresentante la Vergine in trono con ai lati S. Elia e S. Bartolomeo, che testimoniano l'ingresso in Campania della civilta' "prospettica" di origine francescana.



     
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  3. tomiva57
     
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    grazie Claudio
     
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