SPAGNA

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  1. gheagabry
     
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    La Spagna ha molto da offrire al visitatore: la sensazione di trovarsi d'improvviso in un altro continente; la novità di paesaggi vasti e selvaggi, le memorie – nell'architettura, nei nomi, nelle usanze – della passata dominazione araba; le austere, splendide chiese; le bianche città andaluse simili a zollette di zucchero sparse su colli spogli; processioni, ferias, zingari, torifocosi, cantanti di flamengo.
    (Robert Littell)


    TOLEDO



    Toledo (Spagna) è il capoluogo della Regione Castiglia-La Mancia (Castile-La Mancha) e della provincia omonima. Si trova a 70 km, da Madrid....Adagiata in un'ansa del Tago, la "città delle tre culture" è un museo a cielo aperto dove perdersi, in un dedalo di stradine che per secoli ha visto convivere pacificamente cristiani, arabi ed ebrei, chiese, moschee e sinagoghe. Edifici in stile arabo, mudéjar, romanico, gotico e rinascimentale sono l'uno accanto all'altro, a formare un complesso monumentale perfetto che ha portato l'Unesco a nominare Toledo patrimonio dell'umanità. Nel centro storico, protetto da una cinta di mura, si entra dalla porta della Bisagra aperta nell'838, uno degli esempi più fedeli dell'influenza dell'arte musulmana, dalla porta del Sole del XIII secolo, in stile mudéjar e contenente i resti di un sarcofago paleocristiano, o dalla porta araba di Alcántara, che immette in un susseguirsi di scalinate fino a Plaza Zocodover, uno dei luoghi luoghi più pittoreschi e frequentati della città. Se ad Alcalá de Henares e Consuegra si seguono le tracce di Cervantes, a Toledo si va alla scoperta di El Greco, la figura più importante del Rinascimento spagnolo. La città ospita la casa-museo del pittore e scultore greco, ma per ammirare uno dei suoi capolavori, "La sepoltura del conte Orgaz", bisogna andare alla chiesa di Santo Tomé, in stile mudéjar. In stile mozarabico sono invece le chiese di San Sebastián e Santa Eulalia, mentre la moschea più importante è quella del Cristo de la Luz, eretta nel 999 sul modello della moschea di Cordoba....La muraglia che la circonda esisteva già all'epoca dei Romani ma furono gli Arabi a stabilire l'attuale tracciato, caratterizzato da molteplici porte d'accesso. Tra di esse spiccano quella di Alfonso VI, d'origine araba, e quella de la Bisagra. Fiancheggiata da due torrioni, soprattutto questa seconda fu per molto tempo la più transitata. E' coronata da un superbo scudo dell'imperatore Carlo V; importanti anche la porta di Alcàntara e quella del Cambrón. II carattere difensivo della città si manifesta nel Ponte d'Alcàntara, d'origine romanica, e in quello di San Martino. Entrambi conducono a strade scoscese e strette, che sboccano in piazze affollate come quella di Zocodover. Nelle vicinanze sorge il Museo della Santa Croce. La costruzione, in stile rinascimentale, fu iniziata per ordine del cardinale Pedro Gonzalez de Mendoza, il quale aveva in mente un ospedale.


    ......la cattedrale......


    La costruzione ha origini remote, anche se come chiesa cristiana fu eretta a partire dal XIII secolo.
    Fu edificata su una moschea mussulmana che a sua volta era stata una chiesa ai tempi di Recaredo nel VI secolo. Il re San Ferdinando e l’arcivescovo posero la prima pietra nell’anno 1226. Successivamente furono terminate le quindici cappelle del deambulatorio. Verso l’anno 1300 fu conclusa la navata del transetto, anche se i lavori proseguirono ancora nei due secoli successivi. La pianta ha cinque navate e misura 120 metri di lunghezza per 59 di larghezza. Il tetto è sostenuto da 88 colonne. Le vetrate policrome risalgono ai secoli XIV, XV e XVI. La pala d’altare della cappella maggiore, a cinque corpi, contiene scene del Nuovo Testamento, con sculture policrome a grandezza naturale, ed è elaborata con legno dorato a fuoco. Fu incaricata dal cardinale Cisneros ed eseguita tra il 1497 ed il 1504. La cappella di Santiago, del XV secolo, è in stile gotico fiammeggiante ed accoglie i sarcofaghi del connestabile di Castiglia don Álvaro de Luna e della moglie donna Juana de Pimentel. L’impressionante coro è considerato il più grandioso della cristianità. La grata che lo delimita è di Domingo de Céspedes. Gli stalli del coro basso si costruirono a partire dal XV secolo e vi si rappresentano scene della resa di piazze e fortezze fino alla conquista di Granada. La parte alta è composta da 72 posti e fu eseguita da Alonso de Berruguete e Felipe Vigarny, nel XVI secolo. Il cosiddetto Ochavo è un sontuoso ambiente della fine del XVI secolo, dedicato ai martiri e testimoni di Cristo, che custodisce pezzi di grande valore come il reliquiario di San Luigi, un busto di San Giovanni Battista o la Croce del cardinale Mendoza. Nella sacrestia maggiore si possono ammirare opere di Luca Giordano ed El Greco.



    .....la storia......


    Nonostante una delle leggende più popolari faccia riferimento allo stesso Ercole come fondatore della città il fatto certo è che nell'anno 190 a.C. Roma conquistò una piazzaforte di paesi autoctoni che chiamò Toletum. Allora incominciò a fiorire una cittadina molto importante nella quale il Cristianesimo gettò radici verso il I secolo, restando fino ai nostri giorni e conservando, in maggior o minor misura, l'eredità culturale greco-latina. Nel 569, dopo la caduta dell'Impero Romano ad opera dei barbari del nord, Leovigildo, re dei Visigoti, stabilì la propria corte a Toledo. Nel 589 essa si convertì nella capitale politica e religiosa ella Hispania, una volta che il re Recaredo ebbe abbandonato l'arianesimo. La presenza degli ebrei, nonostante datasse da molto tempo, non si fece notare fino all'anno 712, anno in cui i musulmani conquistarono la città. I maomettani occuparono Toledo per 373 anni, un periodo relativamente corto, ma la loro influenza fu enorme. Quando nel 1085 Alfonso VI la conquistò senza versare una sola goccia di sangue, molti degli abitanti di religione musulmana decisero di rimanere, insieme a cristiani ed ebrei. La concordia fra le tre culture dette frutti così importanti come la Scuola di Traduttori di Toledo, celebre per avere recuperato parte della cultura classica partendo da diversi scritti arabi.
    L'eredità islamica scomparve poco a poco con il passare del tempo e i Re Cattolici espulsero gli ebrei nel XV secolo. Ciò nonostante, il miscuglio culturale era assoluto nella città, tanto che ancor oggi è palpabile. Nel 1519, con l'ascesa al trono di Carlo V, Toledo si convertì nella città più importante del mondo, essendo la capitale imperiale. Nel 1561 Filippo II decise di spostare la corte a Madrid: fu l'inizio di una tappa di declino politico che, fortunatamente, non ebbe riscontro nell'ambito religioso, artistico e culturale.



    ....El Greco....


    Toledo è anche la città di El Greco, uno dei maestri dell’arte figurativa del sedicesimo secolo, un magister ineguagliato per molti versi, anche a distanza di secoli.
    Il Ponte dell’Alcantara ci fornisce il benvenuto, superbo e maestoso, è anche lui un “vecchio nobile Hidalgo”, perfetta simbiosi di un’aristocrazia perduta, dà l’immagine dell’educazione e della morale, come un saggio d’antica memoria: chissà quanti personaggi ha visto transitare entro la sua figura architettonica, chissà quante storie ci potrebbe narrare, quanti personaggi ci potrebbe aiutare a comprendere, sarebbe inimmaginabile la quantità di notizie che potrebbe fornirci….Ma è meglio così, lui è lui a significare la storia nella sua essenza più profonda ed anche misteriosa.
    Si diceva del grande artista El Greco, al secolo Domenico Theotokopoulus, che di Toledo ha fatto una sua mostra personale, tante sono le opere sparse un po’ ovunque; i suoi quadri troneggiano meravigliosamente in ogni angolo della città, nei palazzi e nelle cattedrali, la sua arte per alcuni è assimilabile a quella italiana dello stesso periodo perché egli studiò dal Tintoretto, ma è in realtà un’arte tipicamente greca, del resto lui stesso considerava solamente tale quella della sua patria d’origine, essendo nato a Candia, nell’Isola di Creta.
    El Greco, per contro, idolatrato dagli spagnoli quanto da tutti gli amanti della pittura, non ebbe vita facile durante il regno di Filippo II, che era il suo contrario: pragmatico ed amante delle cose che capiva, quindi portato maggiormente a concedere favori agli architetti ed alle loro costruzioni, più vicine al suo ideale di morale cattolica rispetto all’arte visiva, forse anche perché più spartane e malinconiche, i tratti tipici del suo carattere.
    I due non s’incontrarono mai probabilmente, un po’ perché Filippo aveva trasportato la capitale da Toledo a Madrid, un po’ perché non si sarebbero mai capiti, si rispettavano, il Re non fece mai mancare nulla dal punto di vista finanziario al pittore, ma gli negò la soddisfazione d’un incontro, semplicemente perché non lo riteneva opportuno, questo è un lato strano e misterioso del periodo, in tutta la Spagna si stravedeva per El Greco, nonostante le numerose intercessioni di nobili altolocati che domandarono il piacere al sovrano, un dialogo diretto tra il pittore ed il re non ci fu mai verosimilmente.




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  2. gheagabry
     
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    Indubbiamente se c’è una città che rappresenta un mito nella storia spagnola d’ogni tempo, più volte capitale nel corso dei secoli e cardine della resistenza iberico-cristiana all’espansione musulmana questa è senz’altro Toledo, nota anche per essere la patria delle lame più famose, oggetto di culto dagli esteti militari: possedere una di queste preziose opera d’arte equivale ad avere un tesoro unico.Toledo, un città ricca dal punto di vista dell’architettura non meno che della storia, ma anche dell’arte visiva: una città arroccata tra i desolanti ed assolati altopiani castigliani, bagnata e circondata dal possente fiume Tajo che la culla dolcemente e l’accarezza attraverso il passaggio di gole profonde e misteriose, poste ai suoi lati.
    Toledo è anche la città di El Greco, uno dei maestri dell’arte figurativa del sedicesimo secolo, un magister ineguagliato per molti versi, anche a distanza di secoli.
    Il Ponte dell’Alcantara ci fornisce il benvenuto, superbo e maestoso, è anche lui un “vecchio nobile Hidalgo”, perfetta simbiosi di un’aristocrazia perduta, dà l’immagine dell’educazione e della morale, come un saggio d’antica memoria: chissà quanti personaggi ha visto transitare entro la sua figura architettonica, chissà quante storie ci potrebbe narrare, quanti personaggi ci potrebbe aiutare a comprendere, sarebbe inimmaginabile la quantità di notizie che potrebbe fornirci….Ma è meglio così, lui è lui a significare la storia nella sua essenza più profonda ed anche misteriosa.
    Si diceva del grande artista El Greco, al secolo Domenico Theotokopoulus, che di Toledo ha fatto una sua mostra personale, tante sono le opere sparse un po’ ovunque; i suoi quadri troneggiano meravigliosamente in ogni angolo della città, nei palazzi e nelle cattedrali, la sua arte per alcuni è assimilabile a quella italiana dello stesso periodo perché egli studiò dal Tintoretto, ma è in realtà un’arte tipicamente greca, del resto lui stesso considerava solamente tale quella della sua patria d’origine, essendo nato a Candia, nell’Isola di Creta.



    El Greco, per contro, idolatrato dagli spagnoli quanto da tutti gli amanti della pittura, non ebbe vita facile durante il regno di Filippo II, che era il suo contrario: pragmatico ed amante delle cose che capiva, quindi portato maggiormente a concedere favori agli architetti ed alle loro costruzioni, più vicine al suo ideale di morale cattolica rispetto all’arte visiva, forse anche perché più spartane e malinconiche, i tratti tipici del suo carattere.
    I due non s’incontrarono mai probabilmente, un po’ perché Filippo aveva trasportato la capitale da Toledo a Madrid, un po’ perché non si sarebbero mai capiti, si rispettavano, il Re non fece mai mancare nulla dal punto di vista finanziario al pittore, ma gli negò la soddisfazione d’un incontro, semplicemente perché non lo riteneva opportuno, questo è un lato strano e misterioso del periodo, in tutta la Spagna si stravedeva per El Greco, nonostante le numerose intercessioni di nobili altolocati che domandarono il piacere al sovrano, un dialogo diretto tra il pittore ed il re non ci fu mai verosimilmente.
    Il Tiziano lo presentò per lettera a Filippo II come suo allievo, ma questo non bastò al dubbioso re spagnolo, anzi egli pensò bene di sostituire l’ottimo dipinto di EL Greco rappresentante il Martirio di San Maurizio con un quadro dello sconosciuto Romilo Cincinnato.
    Teniamo presente che la stessa Chiesa Cattolica, attraverso le sue cariche più alte s’espresse per un incontro esercitando ogni forma di pressione, ma evidentemente v’era qualcosa che impediva a Filippo II di accettare la richiesta anche se gli commissionò dei lavori per l’Escorial che praticamente bocciò senza appello successivamente.
    A Toledo, le autorità ecclesiastiche favorirono in tutti i modi l’opera del pittore e la sua permanenza nella città può essere tranquillamente definita come idilliaca in ogni momento, ma El Greco non ne approfittò mai. Egli lavorava duramente a differenza di molti altri artisti del tempo, era schivo, mai protagonista, tutta la sua carica la esprimeva nei dipinti, che erano un omaggio alle donne come essenza della Vergine Maria, come omaggio alla città di Toledo ed alla sua storia; se c’è un pittore che possiamo definire come l’espressione artistica della controriforma questo fu proprio El Greco.
    Egli disegnava i suoi soggetti facendo leva sul sentimento che accompagnava ciò che egli aveva nella mente, le sue forme non erano quelle care ed inanimate che spesso venivano concettualizzate dagli artisti dell’epoca, ma erano ben più elaborate e profonde, il pennello scivolava a seconda di ciò che il cuore emanava, tant’è che l’esasperazione delle figure umane appuntite nella sommità rispecchiano chiaramente questi valori morali, ricercanti in maniera ossessiva il Cielo e Dio, con un sentimento tra i più puri apparsi tra i pittori.
    Nei suoi dipinti egli univa il profano a Dio nella maniera più diretta, più semplice possibile, la bellezza dei pensieri più alti viene considerata da lui come il punto principale e fisso della sua opera.



    Nella Cattedrale di Toledo con la sua Torre Gotica che s’innalza fino quasi a toccare il Cielo, El Greco ha lasciato della Miniature eccezionali per bellezza ed interpretazione della Fede, più ancora delle già splendide vetrate policrome della basilica, egli ha raccontato gli Atti degli Apostoli e del Cristo in maniera sublime e trascendentale tanto quanto la Vergine sempre dipinta nella Cattedrale che appare vera e reale per l’espressione dello sguardo e la sua forza d’espressione. Molte persone, sentite direttamente dallo scrivente sul luogo, sono rimaste estasiate a tal punto da credere d’averla già incontrata nella vita comune……io stesso ho riconosciuto in essa una mia amica scomparsa da anni.
    Lo stesso può dirsi per il Cristo Expolio, altro esempio di pittura “viva e reale”, nudo e senza possibilità di difesa tra i legionari romani e le figure della Maddalena e della Madre Maria, il dolore è vivo, palpabile, addirittura sembra sensuale tanto ne traspare umanità.
    El Greco ha dipinto anche La Sepoltura del Conte d’Orgaz all’interno della Chiesa di S.Tomè, e qui entriamo nel pieno del fervore cristiano; accanto a lui vi sono Sant’Agostino e Santo Stefano a raffigurare i sentori del Credo Cristiano insieme a tutti i gentiluomini che accompagnano il Conte nella sepoltura, superba interpretazione tolediana della società al tempo.
    Il pittore poi entusiasma ancor più con il ritratto della città di Toledo, arroccata con le Mura di cinta a contorno, le chiese, le sinagoghe , i palazzi, il tutto su un background rosato d’indubbio, forte impatto trascendentale.
    Questa pittura potrebbe essere intesa anche come una specialissima carta geografica con le figure angeliche sullo sfondo a significare che anche le piccole cose possono essere grandi se lo sono veramente.
    El Greco ha lasciato pitture anche nell’Hospital de la Santa Cruz come l’Assunzione e il Battesimo del Cristo all’Hospital de Tevera, tutte opere di grande impatto religioso come altre sperdute nella regione castigliana.
    Toledo appare quindi una piccola città per dimensione rispetto ad altre, ma è immensa per la sua cultura, la sua storia e la sua arte, insomma possiamo definirlo come il centro immenso d’ogni cultura.
    Del resto anche le Sinagoghe ebree sono vere opere d’arte primordiali come Santa Maria la Blanca e tali sono rimaste dopo la conversione al cristianesimo di massa avvenuto in quei secoli.
    Oltre a tutto il fervore religioso non bisogna dimenticare che Toledo è stata un grande centro commerciale di smistamento, il suo mercato variopinto era all’epoca, come oggi, un punto centrale per il passaggio delle merci d’ogni genere e d’ogni provenienza, il nome assunto, Plaza del Zocodover è una reminescenza araba, Zoco significa appunto mercato….
    Un girotondo unico di mercanti, uomini e donne, nobili e non, all’interno di questo mercato sembravano unire al tempo, come oggi, tutta l’umanità intenta a consolidare una società difficile, complicata e del tutto incandescente spiritualmente.
    La città vecchia, sede reale, s’erge maestosa e solenne su un monte a picco sul Tajo che colora di marrone intenso il paesaggio come marrone è l’argilla che si trova tutto intorno alla città
    Araba, Cristiana, Ebrea, Romana, Gotica e chissà quali altre esperienze ha vissuto nel corso dei secoli Toledo… la visione a pensarci bene ha del fantastico e del surreale, per capirla a fondo bisogna amare questa città come s’ama una donna, per tutta la vita, non si deve mai dimenticarla.



    Vedo l’immagine d questa città sfuocata al sole luccicante come luccicanti sono le mille e mille lame confezionate dalle sapienti mani dai maestri artigiani armaioli, l’oro di Toledo, che oro non è, riluce più di qualsiasi pietra preziosa per il duro lavoro che solamente mani esperte possono portare a compimento.
    Alle volte i saliscendi nei piccoli viottoli di quest’antica capitale assomigliano ai momenti più esaltanti ed ai momenti più deleteri della vita come in una metafora simbolica.
    Toledo è stata, è, e resterà una sinfonia di parole sublimi, d’opere arte, mai astratte, sempre reali, vive, storiche, nonostante siano passati secoli e secoli dai momenti d’oro.
    (Enrico Pantalone)





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    La Spagna ha molto da offrire al visitatore: la sensazione di trovarsi d'improvviso in un altro continente; la novità di paesaggi vasti e selvaggi, le memorie – nell'architettura, nei nomi, nelle usanze – della passata dominazione araba; le austere, splendide chiese; le bianche città andaluse simili a zollette di zucchero sparse su colli spogli; processioni, ferias, zingari, torifocosi, cantanti di flamengo.
    (Robert Littell)


    SIVIGLIA



    Siviglia, capitale dell'Andalusia è una città allegra e calorosa. Il suo patrimonio monumentale, nonchè la sua tradizione storica e culturale, fanno di questa città una delle mete della Spagna più amate dai turisti di tutto il mondo...E' attravesata dal fiume Guadalquivir...Conoscere Siviglia vuol dire inoltrasi nei suoi quartieri per scoprire i segni del suo ricco passato romano e arabo. La lunga presenza musulmana, in particolare, ha infatti lasciato tracce indelebili nei monumenti che oggi rappresentano i simboli della città.
    Tra i luoghi di maggiore interesse storico e artistico, i più emblematici sono sicuramente la maestosa cattedrale con la Giralda, la torre campanaria che un tempo costituiva il minareto della moschea. Dai suoi 103 metri di altezza è possibile godere di straordinarie vedute sulla città. Particolarmente interessanti dal punto di vista architettonico sono i Real Alcazares, le fortezze reali nelle quali si possono ammirare sale stupende, cortili e affascinati giardini. La cattedrale, la Giralda, gli Alcazares, assieme all'Archivio delle Indie, il magnifico palazzo che si affaccia su Plaza del Triunfo, sono stati dichiarati dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità nel 1987.



    ...... la storia .......



    La leggenda vuole che Siviglia sia stata fondata da Ercole, così come è scritto su una delle porte di ingresso alla città: "Ercole mi edificò, Cesare mi cinse di mura e il re santo mi conquistò". In realtà la fondazione della città, chiamata prima Italica, poi Julia Romula Hispalis, si deve a Giulio Cesare che, nel 45 a.C., innalzò a provincia romana un piccolo insediamento sulle rive del Guadalquivir. Qui venne combattuta anche una famosa battaglia tra i Romani e i Cartaginesi ad Alcalá del Fiume, nelle vicinanze di Siviglia, nel 206 a.C...Entro la fine del quarto secolo d.C., la futura Siviglia divenne una delle città più importanti della penisola iberica. Con il crollo dell'impero romano subì, come il resto d'Europa, le invasioni barbariche...La città venne poi conquistata dai Visigoti nel periodo che coincise con la venuta al trono dell'imperatore Giustiniano (527-565 d.C.) a Costantinopoli. I Visigoti, avrebbero controllato fino al VIII secolo quasi tutta la penisola iberica, ponendo la loro capitale a Toledo, contrastati solo per periodo dalla presenza bizantina sulle coste del mediteranno. Durante i regni visigoti di Amalrico, Teudis e Teudiselo, Siviglia venne scelta come capitale. Questo ultimo re fu ucciso durante un banchetto che era stato offerto per i nobili di Siviglia, episodio conosciuto come Cena delle Candele (549).
    Quando i musulmani provenienti dal Nord Africa (i Mori come venivano chiamati) assalirono la Spagna nel 711, ponendo fine al regno dei Visigoti nella penisola iberica, Hispali, poi ribattezzata Isbilya (da cui poi Siviglia), fu una delle prime città a cadere. Dopo l'invasione musulmana della Spagna, Siviglia divenne accanto a Cordova, una delle più importanti città dell'Europa occidentale. A metà del secolo XII imponenti opere architettoniche fecero la loro comparsa e venne costruita la Moschea Maggiore, il cui minareto (La Giralda), costituisce oggi il simbolo della città. Altre costruzioni di questo periodo, oltre alla Giralda, sono: la Torre dell'Oro, la Torre de Plata, la Casa de Pilatos, il Patio de los Naranjos, la zona di Triana, le mura della Macarena, e l'Alcázar. Più tardi, dopo la Riconquista cristiana, i mudéjares, i musulmani che continuarono a vivere secondo i propri costumi dopo la riconquista cristiana, usarono le proprie conoscenze per creare splendidi edifici in stile moresco, come il Palazzo Pedro I, che fa parte dei Reali Alcázares di Siviglia....nel 1492, con la caduta di Granada, Cristoforo Colombo partì per la sua storica spedizione nelle Indie (andando a sbattere contro un nuovo continente). Nel 1503 venne conferito a Siviglia il monopolio del commercio spagnolo con il nuovo continente, diventando la città commerciale più opulenta e cosmopolita d'Europa. Grazie alla sua natura di porto fluviale vicino alla costa atlantica Siviglia, fu tra le prime città a sfruttare la nuova rotta commerciale, arricchendosi con i profitti enormi derivati dai nuovi commerci con le colonie americane, ma anche con le ruberie e i frutti dei massacri che i Conquistadores e la nuova "civiltà cristiana" spagnola portarono dal Messico al resto dell'America del Sud. Questo fu il periodo di massimo splendore della città con un notevole incremento demografico, tanto che ben presto divenne la terza più grande città del mondo occidentale.
    (informagiovani.com)



    .... il flamenco ....


    Siviglia, l'Andalusia e il Flamenco, che storia affascinante. Il Flamenco è la tradizionale danza e musica degli zingari dell'Andalusia, i gitani, originatesi dalle diverse culture e influenze del nord Africa, del sud Europa e dell'Asia medio-orientale. La Spagna infatti, e l'Andalusia in particolare, è una terra che già ospitava molteplici forme etniche, fusione unica di melodie e ritmi che gli stessi Gitani, a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, si impegnarono a plasmare per ricreare una nuova identità musicale....Carlo III favorì lo sviluppo e la circolazione di tutti i fenomeni artistici e culturali. Fu lui a concedere ai gitani la libertà di movimento e di espressione, anche attraverso la musica e la danza. Da questo momento in poi la cultura flamenca prese il sopravvento su altre forme parallele di espressioni artistiche, fino ad avere il boom definitivo con l'affermazione dei canoni dell'estetica romantica. Il Romanticismo faceva coincidere la vera arte con la purezza espressiva del popolo. In tutta Europa, agli inizi del '800, si propagò la febbre per la ricerca dell'esotico, intendendo per esotico tutto ciò che si era sviluppato lontano dalla civiltà e dalla cultura ufficiale delle accademie e delle corti. Le regioni spagnole, ed in particolare l'Andalusia, diventarono meta obbligata di scrittori, filosofi, giornalisti, curiosi, viaggiatori a tempo pieno, che vi andavano a cogliere i valori autentici della vita e dell'arte popolare.Ed ecco che Flamenco originato dalla fusione di ritmi moreschi, ispanici e afro, una musica contaminata dal folklore delle colonie spagnole d'oltreoceano, dalla musica cubana, che alimentava la Spagna con ritmi e gestualità dell'Habanera (che ha influenzato il Tango gitano), della Guajira e della Milonga. Altre fonti aggiungono a questa fusione influenze di cultura indiane a quelle esistenti dei Mori, del folklore tipico dell'Andalusia con quello musicale dei Cristiani e degli Ebrei. Per certo, conosciuto sin dal periodo medievale, il Flamenco si è poi sicuramente sviluppato nella presente forma solo nel secolo XVIII. Più di una danza in sé, il Flamenco è una espressione artistica dell'esistenza umana, della sua gioia e dolore, della vita e della morte.



    Pronunzio il tuo nome nelle notti scure,
    quando sorgono gli astri per bere dalla luna
    e dormono le frasche delle macchie occulte.
    E mi sento vuoto di musica e passione.
    Orologio pazzo che suona antiche ore morte.
    Pronunzio il tuo nome in questa notte scura,
    e il tuo nome risuona più lontano che mai.
    Più lontano di tutte le stelle
    e più dolente della dolce pioggia.
    t'amerò come allora qualche volta? Che colpa ha mai questo mio cuore?
    Se la nebbia svanisce, quale nuova passione mi attende?
    Sarà tranquilla e pura?
    Potessero le mie mani sfogliare la luna!
    (Garcia Lorca)




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  4. gheagabry
     
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    Tra vent’anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto.
    Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro.
    Prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite.
    Mark Twain


    BARCELLONA





    Barcellona è una città, multietnica e aperta a tutti, ma che non rinuncia alla propria identità, profondamente catalana. E come la Catalogna di cui è la capitale, Barcellona è un po' dentro la Spagna e un po' fuori da essa. Questo aspetto camaleontico di Barcellona, di continua evoluzione e di cambiamento costante, non la fa mai apparire uguale a se stessa, la rende capace di trasformarsi e rinnovarsi continuamente. Da qui viene il grande fascino di Barcellona, meta per viaggiatori esigenti e artisti in cerca di ispirazione.
    Barcellona ha ripreso la sua strada partendo dal mare, un elemento con cui convive fin dalla sua fondazione; il mare, il Mediterraneo, è stato fondamentale per l'evoluzione di Barcellona fin da quando i Romani decisero di fondare Barcino.
    Quello che è oggi Barcellona lo si capisce passeggiando sulle Ramblas, sei viali alberati di platani che formano un'unica strada di oltre un chilometro e che si concludono in mare, davanti al monumento di Cristoforo Colombo. Sono il centro del movimento cittadino, luogo animato da caffé all'aperto, edicole internazionali, venditori di animali, musicisti di strada e giocolieri.
    Le Ramblas sono il cuore pulsante di Barcellona; insieme ai quartieri recuperati e pieni di giovani sono la testimonianza di questa particolare "identità barcellonese", in cui tutto cambia e tutto resta. Elementi che rendono questa città realmente unica, capace di trasmettere una sensazione incredibile di ricchezza, imponenza, carattere e luminosità. Questa è la più grande essenza di Barcellona, il suo pregio più prezioso e, in mezzo a tanta arte, il monumento più inestimabile.





    .....la Sagrada Familia...



    Nel 1866 Josep M. Bocabella Verdaguer fonda l'associazione spirituale dei devoti di San José: si tratta di un’associazione che promuove la costruzione di un tempio dedicato alla Sacra Famiglia. I soldi arrivano dalle donazioni di tutti i devoti e nel 1881 l'associazione compra un grande terreno per costruire questo tempio. Fu l’architetto Francesc del Villar a presentare il primo progetto fatto di tre navate, sette cappelle ed una guglia; proprio nel giorno di San José il vescovo Urquinaona mise la prima pietra del Tempio della Sagrada Familia. La vita di questo tempio è così lunga che nella sua storia si distingue un’infanzia, un’adolescenza, la gioventù e l’età adulta.

    La stagione dell’infanzia coincide con le prime costruzioni del Tempio e con i primi screzi tra gli artisti che se ne occupavano: come accadde con Francesc del Villar, che per varie discussioni con l’architetto Joan Martorell diede le sue dimissioni. Al suo posto subentrò l’eclettico e giovane Antoni Gaudí, aiutante di Martorell che diventò il più famoso architetto del Tempio. Gaudí espose un nuovo insieme della pianta della basilica, fatto di cinque navate tutto con predominio verticale. Concluso l'abside nel 1894, iniziarono le fondamenta della facciata della Nascita e la costruzione del Chiostro.
    Con il ‘900, inizia l’adolescenza della Sagrada. Un’adolescenza molto inquieta e turbolenta: nel 1926 Gaudí muore investito da un tram. A questa terribile notizia ne seguirono altre che culminarono nel 1936 con la Guerra Civile spagnola, l’incendio della cripta del Tempio, del laboratorio di Gaudí e la distruzione di gran parte dei suoi modelli. Questo sfortunato periodo si placa nel 1940, in piena dittatura franchista, quando l'architetto Francesc Quintana restaura la cripta e ricostruisce i modellini che si erano perduti, sui quali oggi si basa il Tempio.
    Il periodo della gioventù della Sagrada Familia coincide con una grande lentezza dei lavori di ricostruzione del Tempio, specialmente dei suoi campanili, a causa degli scarsi mezzi a disposizione. In realtà il povero Gaudí riuscì a vedere finito solo il campanile di San Bernabé della facciata della Nascita. Poi finalmente nel 1929, quando i re della Danimarca fecero visita alla città, vennero completati i restanti campanili di questa facciata a cui si sommeranno nel 1933 la Lanterna della Fede ed il Cipresso centrale.
    L’età adulta del Tempio corrisponde ad una stagione di rinascita e ricostruzione dell’opera, fatta di lavori che furono terminati e di nuovi artisti che fecero il loro ingresso sulla scena. Nel 1954 viene costruita la facciata della Passione: si gettano le sue fondamenta e si sollevano i muri. Gli architetti scelti per la continuazione dei lavori del tempio furono Quintana, Puig Boada e Bonet Garí. Intorno al 1958, sempre nel giorno di San José si diede un nuovo impulso all'opera: venne collocata la Nascita di J. Busquets sopra alla colonna genealogica nella facciata della Nascita, mentre nel 1976 si termina l'incoronazione dei campanili della facciata della Passione. Gli anni maturi della Sagrada Familia sono gli ultimi anni della sua vita, quelli in cui il tempo e la tradizione hanno messo i tasselli più significativi alla sua storia. Questo periodo termina con la costruzione della facciata della Passione e l'incorporazione delle sculture di Josep M. Subirachs.
    Da allora fino ad oggi si è lavorato nella costruzione delle navate e della crociera, di cui fanno parte il patio di colonne, il coro ed i finestroni superiori che li illuminano. Ed è proprio a questo punto della sua vita, durante l’età della maturità, che il Tempio si potrà contemplare in tutta la sua maestosità, riuscendo a far toccare con mano l’intera portata del progetto: un’opera straordinaria e sublime





    ...nella storia....



    Barcellona, la Barcino romana, venne fondata nel I secolo a.C., quando i romani stabilirono una piccola colonia attorno al monte Táber. Barcino entrava così a far parte della Hispania citerior la cui capitale era Tarraco, l'attuale Tarragona.
    Nel periodo che va dal IV secolo fino al secolo XIII, Barcellona consolidò il nucleo urbano fondato dai romani iniziando la sua espansione verso il ruolo di città importante del Mediterraneo. Dopo la vittoria contro i musulmani, iniziò una nuova crescita grazie al processo di feudalizzazione delle istituzioni e di espansione del commercio marittimo, mantenendo e fortificando il suo ruolo di centro politico, religioso e commerciale. I tratti più significativi di questa crescita urbana furono la costruzione dei sobborghi e delle "Villas nuevas" le nuove zone della città.
    Nel Rinascimento Barcellona iniziò un'ulteriore espansione verso l'esterno; la nuova frontiera furono i campi agricoli dove oggi si trova il Raval. Questo è il periodo della città gotica, eretta attorno a piazza Sant Jaume, mentre emergeva anche la città degli artigiani attorno a Santa María del Mar, nel quartiere della Ribera. Era la Barcellona delle corporazioni.
    Dopo la Rivoluzione Francese del 1789, Barcellona diede vita una nuova crescita economica spinta dalle spese militari dei nuovi sovrani, i Borboni. Questo fu anche il periodo della prima apparizione delle fabbriche di cotone e del commercio con l'America.In questo periodo si costruisce la parte fortificata della città, la Ciudadella e si bonificano il Raval e la Rambla, abbellendo le strade principali della città con facciate ed edifici di stile neoclassicista. La Barcellona di quell'epoca era una città in ebollizione, una città che incominciava ad abbandonare le antiche forme di vita campagnola e si preparava ad essere una città moderna ed un centro industriale. Era la fine dell'Antico Regime e l'inizio del Capitalismo. Per tutto l'Ottocento Barcellona restò una città industriale, considerata "la pequeña Manchester", la piccola Manchester. Sono di questo periodo l'inaugurazione della prima ferrovia e la nascita della classe operaia con i primi sindacati.
    Agli inizi del secolo XX, Barcellona si trasformò in una capitale dell'avanguardia culturale. Una nuova generazione di industriali e politici mise in moto ambiziosi piani urbanistici ed industriali per trasformare Barcellona in un metropoli moderna. Dal 40 percento di popolazione analfabeta nell'anno 1900 si passò al 18 per cento del 1920. Iniziative come la scolarizzazione e la formazione professionale, l'attenzione alle nuove necessità del mercato o ai problemi dell'abitazione furono al centro della nuova città che costruiva i primi treni metropolitani, elettrificava il tram, l'illuminazione e gli ascensori, e che si trasformava rapidamente in una città ricca.
    Un periodo d'oro interrotto dalla Seconda Repubblica, la Rivoluzione, le bombe della guerra Civile e di quella mondiale del 1939; Barcellona ne usci distrutta. La vita quotidiana della città durante i primi anni del dopoguerra fu all'insegna nei razionamenti e del mercato nero ma anche delle feste di strada, per dimenticare la povertà e la dittatura franchista. Una decadenza da cui si riprese lentamente, durante gli anni cinquanta, quando uno sviluppo convulso di fabbriche, quartieri dormitori, ondate di immigrati, si affiancarono ad un nuovo benessere portato dalla la Seat e dalla nuove fabbriche, con le auto che invadevano i viali e i televisori le case.

    Non è azzardato dire che la storia più recente di Barcellona inizia il 24 luglio 1992 con l'arrivo nel porto di Barcellona delle torcia olimpica...Insieme a quel fuoco si riaccendevano le speranze dei barcellonesi di veder tornare a nuova vita una metropoli importante ma un po' decaduta.
    Il 25 Luglio, al tramonto, la torcia uscì da piazza Sant Jaume e fece la sua entrata nello Stadio Olimpico durante la cerimonia inaugurale dei Giochi. Il vero spirito di Barcellona venne mostrato a tutto il mondo in una cerimonia in cui i barcellonesi misero in luce il loro carattere europeo, la vitalità mediterranea della città, la luminosità delle strade, la simpatia della gente, il rigore e la tenacia nel lavoro.





    .... nella mitologia....



    La leggenda dice che Ercole sotto la protezione del sole che è fonte di vita, intraprese un viaggio per conoscere i limiti del mondo. Alla fine del suo viaggio, l'eroe ruppe la colonna che simboleggiava il limite del mondo. Con questo gesto fissò i limiti tra il cielo e la terra, tra il bene e male, tra la vita e la morte. Qui Ercole è incoronato con rami di ulivo, simbolo di pace, immortalità e civiltà. Dietro di lui comincia a germogliare una fonte che dà origine al mare Mediterraneo, il mare olimpico, quello da cui nascerà la civiltà. Gli uomini, protetti dallo spirito di Ercole, cominciano la loro avventura addentrandosi nel mare. Vanno in un'imbarcazione e le loro uniche armi sono l'intelligenza, il valore e la cultura. Li minacciano i più terribili pericoli: i mostri della fame, la malattia e la guerra. Dopo una dura lotta essi vincono le forze del male, ripetendo la gesta di Ercole. Nasce così l'Arcobaleno, il quale, guidando l'imbarcazione fino a terra consacra il trionfo della civiltà. Gli uomini celebrano la loro vittoria fondando una città. La leggenda ci conta che questa città è Barcellona.





    Le sue opere sono poesia in movimento, un'onda,
    anche se dire questo di cose statiche è un po' strano.



    .....GAUDI' e Barcellona.....


    Il segno della straordinarietà di Gaudí lo si ritrova anche nel modo in cui questo artista è morto: investito da un tram, quando questi andavano al massimo a 20 km all’ora. Forse quel giorno Gaudì era come sempre per la testa tra le nuvole, ad immaginare nuove e visionarie opere; quelle che lo hanno reso l'artista più emblematico ed originale di Barcellona. Il lavoro di Gaudi è stato molto influenzato dalle forme della natura e questo si riflette nell'uso delle pietre da costruzione ondulate, dalle sculture di ferro ricurve, e da forme organiche che sono caratteristiche dell'architettura di Gaudi a Barcellona.
    Gaudi ha anche decorato molti dei suoi edifici con piastrelle colorate sistemate a mosaico. Si tratta di un'altro aspetto importante dei suoi edifici che è spesso trascurato dagli architetti - l'utilizzo del colore.

    Casa Batlló è uno dei due grandi edifici disegnati da Antoni Gaudi su Passeig de Gracia, l'altro è La Pedrera. Dall'esterno la facciata di Casa Batlló sembra essere fatta di teschi ed ossa. I "Teschi" sono in effetti dei balconi e le "ossa" i pilastri di supporto. Gaudi ha utilizzato colori e forme prese dalla vita marina come fonte di ispirazione per la sua creatività in questo edificio, ad esempio, i colori scelti per la facciata sono quelli del corallo naturale.

    Il Park Güell (Parco Güell) fu ideato come città-giardino residenziale, fedele allo stile inglese - da cui deriva il nome di “park”. L’iniziativa non ebbe successo e vennero costruite solo alcune case, tra cui quella abitata dallo stesso Gaudí, oggi Casa-Museo dell’architetto. Alla fine, Güell donò la tenuta al Comune nell’anno 1923; da allora è un parco pubblico.


    ....una canzone....



    Perché tutto questo perdersi...Tutto questo cercarsi...Senza trovarsi
    I muri mi rinchiudono ... Da tutte le parti
    Barcelona
    Ti stai confondendo...Non posso continuare ad inventare
    Che il mondo sia un'altra cosa...E a volare come una farfalla
    Barcelona
    C'è un calore che mi lascia ... Fredda dentro con questo vizio di vivere mentendo
    Che bello che sarà il tuo mare...Se solo sapessi nuotare!
    Barcelona
    La mia mente così piena...Di volti di gente estranea, Conosciuta, sconosciuta,
    E' diventato chiaro..Non esisto più
    Barcelona
    Sono la sposa dei tuoi rumori..Del tuo labirinto estroverso
    Non ho trovato la ragione...Per la quale mi fa male il cuore
    Perché è così forte..Che potrò viverti soltanto da lontano e scriverti una canzone
    Ti amo Barcelona..Lei ha il potere ...Barcelona è potente
    giulia y los tellarini






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  5. tomiva57
     
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    Metropol_Parasol_Siviglia_in_Spagna_la_grande_struttura_in_legno_2.jpg.scaled1000

    " Metropol Parasol"Ovvero;la più grande struttura in legno .


    Il Metropol Parasol, si trova a Siviglia, in Spagna.Ha appena aperto le sue porte al pubblico , è la più grande struttura in legno del mondo.
    Alcuni urbanisti di mentalità “pragmatica” volevano costruire un parcheggio sul sito, hanno poi scoperto alcuni manufatti di rilevanza archeologica e cosi hanno optato per la costruzione di un museo A ben vedere, il tetto è la parte migliore, da li si può effettivamente evere un punto
    di “ vista” sull’intera città .

    by [ Design Boom ]
    gabry.posterous.com


    S2_MetropolParasol_Photo_Ignacio_Ysasi-10

    Si chiama Metropol Parasol, assomiglia a una gigantesca famiglia di funghi cresciuta nel bel mezzo del centro medievale della città. Al primo sguardo fa un po’ paura per il suo fuori-scala. E anche perché può sembrare di cemento. Invece no: è una struttura reticolare, fatta di pannelli di legno sagomati e incastrati. Quindi è un’opera in qualche modo leggera, facile da smantellare e al passo coi tempi

    (l’architettura del futuro secondo me dovrà essere il più possibile immateriale, flessibile, riciclabile, basta colate dicemento pensate per l’eternità!).
    metropol parasol siviglia


    S2_MetropolParasol_Photo_Fernando_Alda-01
    Foto Fernando Alda

    A cosa serve Metropol Parasol? Prima di tutto la grande copertura fa da tetto a un’area archeologica scoperta casualmente negli anni Novanta, dei resti romani con bellissimi mosaici. Poi, copre il mercato della frutta e della verdura, più un’altra piazza soprelevata con i dehors dei bar e ristorantini alloggiati nei mega-pilastri. E non poteva mancare, in cima ai funghi, la terrazza panoramica, da cui ammirare questa magnifica città. Dove in estate si sfiorano per due mesi buoni i cinquanta gradi, tanto che molte vie del centro hanno un sistema di tende per creare un po’ d’ombra. Un altro buon motivo per apprezzare il nuovo, gigantesco Parasol… Ah, dimenticavo, il progetto è di un architetto tedesco molto interessante, Jürgen Mayer.

    Sara Banti



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    foto di Angel Viches




    plaza-de-la-encarnacion_sevilla_parasol-metropol_jurgen-mayer-_1


     
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  6. tomiva57
     
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    galicia4


    Ciudad de la cultura, Santiago de Compostela.



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    A Santiago di Compostela, la Ciudad de la Cultura di Peter Eisenman



    Santiago di Compostela è una città piccola, con poco più di centomila abitanti, ma ogni giorno, nell'area urbana, entra il doppio della sua popolazione, poiché è anche il capoluogo amministrativo della regione autonoma della Galizia, la sede di un'università e un importante polo turistico della Spagna settentrionale. Si trova in una zona di antiche montagne, che il passare del tempo e gli agenti atmosferici hanno reso più dolci, generando un'orografia ondulata con collinette morbide e sempre verdi, grazie a frequenti piogge. In una di queste formazioni, ad appena due chilometri dal centro storico, si trova il monte Gaiás: lì è in costruzione la Ciudad de la Cultura, visibile da molti punti del nucleo abitato.

    La sua storia inizia a Bilbao, dove nel 1997 fu inaugurata una sede del Guggenheim che, da allora, ha ricevuto in media più di un milione di visitatori all'anno. Flusso che, ovviamente, ha avuto un impatto molto significativo sull'economia e sulla società basca. Il Guggenheim è stato il motore della trasformazione di una città bistrattata da un passato di industria siderurgica, stimolando i suoi abitanti e dando impulso al turismo. Da allora qualsiasi politico, conscio degli effetti positivi dell'apertura del museo, ha cercato di applicare la stessa formula sul proprio territorio. Nel 1999 in Galizia è stato così indetto un concorso, a cui hanno partecipato undici architetti di fama mondiale: Ricardo Bofill, Peter Eisenman, José Manuel Gallego, Annette Gigon & Mike Guyer, Steven Holl, Rem Koolhaas, Daniel Libeskind, Juan Navarro Baldeweg, Jean Nouvel, Dominique Perrault e César Portela. I plastici sono ancora esposti in un seminterrato del complesso. Sono progetti chiaramente identificabili con le menti creative che li hanno generati, molto diversi l'uno dall'altro. Il modello più suggestivo, forse, è quello di Eisenman che, all'apparenza, si armonizza meglio di tutti con il territorio grazie alla sua organica plasticità: promessa di una felice unione con il paesaggio e di un legame elegante con l'antica città. Quel modello realizzato in legno annunciava un buon progetto.



    bybeniamino servino

    Il discorso geometrico cerca di dare coesione al complesso: è presente nei tetti, nei volumi interiori e nei più minuti dettagli del pavimento.
    Testo alternativo Immagine Il discorso geometrico cerca di dare coesione al complesso: è presente nei tetti, nei volumi interiori e nei più minuti dettagli del pavimento.

    Scendendo nei dettagli, la proposta si configura come il risultato della combinazione di diversi elementi: da una parte, la maglia urbana della città medievale di Santiago e, dall'altra, il volume troncato del monte Gaiás, sul quale si trova il complesso. I due sono intessuti poi in una sorta di tartan scozzese: un diagramma funzionale che, a sua volta, si modella come un flusso di linee al terreno. L'ultimo elemento di riferimento è una "conchiglia del pellegrino" che, nonostante i miei sforzi, non sono riuscito a identificare nel progetto. Questi temi, connessi tra loro, si proiettano su una scala più grande per dare forma concreta all'architettura, generando un prodotto di complessità impressionante. Altrettanto impressionanti sono i numeri: la superficie del terreno è di 680.000 m2, di cui ne verranno urbanizzati 220.000 m2; gli edifici occupano 60.000 m2 con una superficie costruita di 140.000 m2. Il cantiere avrebbe dovuto essere chiuso nel 2005, ma lo scorso 11 gennaio sono stati inaugurati solo la biblioteca (15.202 m2) e l'archivio (11.225 m2). Sono ancora in costruzione un museo (20.734 m2), un centro di musica e arti sceniche (34.430 m2), un centro di arte internazionale (13.685 m2) e i servizi generali (6.291 m2). Si spera che tutto il progetto venga portato a termine entro il 2017, con un investimento finale che 'ufficiosamente' supererà i 500 milioni di euro: cinque volte di più del preventivo originario. Ma la questione principale sembra piuttosto: ha senso tutto questo, al di là delle considerazioni politiche, senza discutere dell'investimento anche in relazione alla situazione attuale, e delle continue mutazioni nel programma? Se si analizza da vicino il progetto architettonico, la risposta è quanto meno complicata: siamo di fronte a un problema posto nei termini giusti, ma rimasto purtroppo irrisolto.
    La geometria è il tema dominante dell’intero progetto, sia all’interno che all’esterno: a partire dall’impianto generale, in cui delle linee immaginarie – che nell’idea di Eisenman rievocano gli antichi cammini di pellegrinaggio – sono state sovrapposte a una maglia cartesiana e poi deformate dall’orografia del monte Gaiás. Questa tessitura si avverte anche nel disegno delle coperture: portate da una struttura metallica, sono rivestite con un manto di pietra inciso da una trama geometrica.
    Testo alternativo Immagine La geometria è il tema dominante dell’intero progetto, sia all’interno che all’esterno: a partire dall’impianto generale, in cui delle linee immaginarie – che nell’idea di Eisenman rievocano gli antichi cammini di pellegrinaggio – sono state sovrapposte a una maglia cartesiana e poi deformate dall’orografia del monte Gaiás. Questa tessitura si avverte anche nel disegno delle coperture: portate da una struttura metallica, sono rivestite con un manto di pietra inciso da una trama geometrica.

    Il progetto nasce come un atto di fede nel quale Eisenman svolge il ruolo di un "perenne predicatore". È commovente il candore con il quale erige una sorta di 'cappella' al margine della strada in una delle spopolate aree edificate, nella quale l'architetto celebra un rito attraverso un enorme schermo piatto elevato. In fondo alla stessa sala, giganteschi modelli e filmati, esposti anche alla Biennale di Venezia, cercano di spiegare il progetto ai "visitatori convertiti". Si respira l'aria di una liturgia. L'architettura, però, è più figlia della ragione che della fede. L'idea iniziale di smontare la cima del monte per poi rifarla con delle costruzioni – che ha comportato la movimentazione di un milione di metri cubi di terra – ha fatto spuntare sopra il monte Gaiás enormi e intriganti gobbe che, per quanto provino a camuffarsi sotto il manto di pietra che costituisce la sua copertura, non riescono ad armonizzarsi con il paesaggio. C'è un problema di scala che nemmeno il tempo potrà risolvere. D'altra parte, presumere che le leggi, che puntellano la sovrapposizione dei differenti elementi intrecciati, metteranno fine a tutti i problemi è un sogno ingenuo, che può finire solo male. Perché invece di sommarsi, questi motivi compositivi si dissociano ed entrano in conflitto in numerosi punti, invece di convergere. Ciò crea negli edifici aree importanti irrisolte e, di nuovo, un atto di fede con tetti falsi o pareti rivestite che cercano di rimediare l'impossibile. E così centinaia di metri cubi edificati restano sterili, si dissimulano in zone nascoste o vengono investiti di funzioni improbabili.

    "Tra cinquant'anni questo luogo sarà una mecca per chi vorrà sapere com'era l'architettura all'inizio del Ventunesimo secolo. Peter Eisenman"
    Il complesso, la cui costruzione è iniziata nel 2001, ospita una biblioteca, un archivio, un museo dedicato alla Galizia, un polo musicale, un centro d’arte internazionale e i servizi generali.
    Testo alternativo Immagine Il complesso, la cui costruzione è iniziata nel 2001, ospita una biblioteca, un archivio, un museo dedicato alla Galizia, un polo musicale, un centro d’arte internazionale e i servizi generali.

    Il discorso geometrico – o meglio, l'imposizione di trame geometriche intrecciate – cerca di dare coesione al complesso: è presente nei tetti, nei volumi interiori e nei più minuti dettagli del pavimento. Nonostante la sua preminenza, è comunque troppo debole per compensare la potenza della volumetria costruita. Alla fine, assistiamo a due approcci conflittuali, applicati all'interno e all'esterno, trasformando l'intera idea in un aneddoto quasi decorativo. Il giorno della sua inaugurazione, l'architetto ha dichiarato alle telecamere: "Tra cinquant'anni questo luogo sarà una mecca per chi vorrà sapere com'era l'architettura all'inizio del Ventunesimo secolo". Curiosa interpretazione per un edificio concepito nel 1999 con serie lacune di sostenibilità e un contenuto vago. Quim Larrea



    5405338204_456a094cd0





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  7. gheagabry
     
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    UN SET per I PUFFI



    Volete sapere dove si trova il villaggio senza essere costretti come il malefico Gargamella a cercarlo per anni inutilmente? Sorge nell’andalusa zona di Juzcar e voi non avrete difficoltà ad arrivare perchè la dimensione delle case, del resto tutte blu, non è microscopica. Il mondo dei puffi esiste davvero. In un piccolo villaggio, vicino Malaga in Spagna, le case sono blu e per strada è facile incontrare qualcuno vestito stranamente, di solito con un cappello bianco a forma di uncino, proprio come quello dei piccoli omini azzurri beniamini di tutti i bambini del mondo.
    Da queste parti, quindi, si terrà a breve la première del film “The Smurf 3D” (“I Puffi in 3D”) e contemporaneamente anche il primo raduno mondiale dei piccoli ometti dai mille talenti e dalla incredibili avventure. In realtà prima dell’evento le abitazioni non avevano assunto questo colore, ma un appuntamento del genere va vissuto con un certo stile e allora ecco che i cittadini sono davvero entrati nella parte e li vedrete camminare proprio con tanto di abiti e cappello tipico in testa. Nessuno mostra problemi ad adattarsi allo stile di vita che appare anzi brioso e divertente. Da lontano scoprire questo piccolo villaggio color del cielo fa un certo effetto e per il film si tratta davvero di una pubblicità senza uguali, anche se è già previsto un largo successo con o senza promozione.



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  8. gheagabry
     
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    Barcellona, in 20 mila per l'ultima corrida.
    BARCELLONA (SPAGNA) - Tre grandi toreri, fra i quali una "leggenda vivente", "El matador loco" (il torero folle) José Tomas, sei tori dell'allevamento El Pilar di Salamanca e i potenti "Olé!" di quasi 20.000 spettatori hanno dato l'addio ieri sera all'arena El Monumental di Barcellona alla corrida in Catalogna, bandita dalla regione autonoma a partire dal gennaio 2012. Un ultimo spettacolo che, seppure intriso di malinconia e con toni di gala, con alcuni biglietti che sono arrivati a costare 1.500 euro, ha scaldato gli animi più di quanto normalmente non avvenga per un tradizionale spettacolo di "sangue e arena", che pure è in calo verticale fra i catalani. E quando gli "aficionados", tristi e arrabbiati, si sono messi in fila per entrare nell'arena sono stati accolti dalla (quasi consueta) protesta degli animalisti. Poi, col calare della sera, l'arena è esplosa quando i tre toreri hanno fatto il loro giro d'onore sotto le scalinate, il "paseillo": applausi, urla e lo slogan "Libertad!" scandito ritmicamente. Poi l'ultima "Fiesta Nacional" è stata inaugurata: tre toreri, due tori per uno. Ha aperto lo spettacolo un grande nome della tauromachia iberica, il quarantottenne Juan Mora, vestito di oro e verde, che da solo ha affrontato nell'arena il primo dei sei tori, Burrenito, di 540 chili. Poi è stato il turno di José "matador loco" Tomas, 36 anni, spavaldo e temerario, sopravissuto d'un soffio lo scorso anno a una paurosa incornata in Messico, ritiratosi nel 2002 per tornare nel 2007, e che ha scelto i colori oro e nero, in segno di "lutto". In chiusura il più giovane dei tre, il catalano ventottenne Serafin Marin, cui è spettato di calare la stoccata di grazia all'ultimo toro, e con essa il sipario sulle tauromachie in terra catalana. Ma a Marin, che fece la sua "Alternativa", cioé la prima corrida con tori maturi che segna il passaggio di un giovane torero da "novillero" a "matador", proprio all'Arena Monumantal nel 2002, non è di grande consolazione affondare il suo "estoque" nell'ultimo toro: "Questo onore mi fa male, mi rende triste", ha dichiarato all'Afp. "Mi hanno tolto l'intero passato e una parte del mio futuro. Mi hanno proibito di esercitare la mia professione". L'abolizione "é una piccola vittoria, ma non mi consola", ha detto uno degli animalisti, Lluis Villacorta, vestito di rosso come il sangue e la sofferenza dei tori: "Quei tori che non moriranno qui moriranno comunque altrove nella penisola iberica o in Francia". Dall'altra parte della barricata Cristobal, 68 anni: "Chiudere le arene" per lui è come "gettare alle ortiche un quadro di Picasso". Il primo gennaio la Catalogna diventerà la seconda regione spagnola senza corrida dopo le Canarie, che l'abolirono nel 1991. Il voto abolizionista nel parlamento catalano del luglio 2010 lacerò l'opinione pubblica catalana e spagnola, ma prevalse grazie ai conservatori nazionalisti del Ciu e terminò 68 voti a 55, condizionato da considerazioni politiche e sotto la pressione di una petizione popolare promossa dagli animalisti. Ma gli appassionati dello spettacolo che ispirò Goya, Picasso e Hemingway, non si rassegnano e sperano di annullare o aggirare il divieto del "Parlament" catalano. Hanno già presentato un ricorso contro la legge regionale davanti alla corte costituzionale spagnola e premono sul Partido Popolar (Pp), che i sondaggi danno vittorioso nelle elezioni anticipate del 20 novembre, perché in qualche modo trovi una soluzione. Alcune comunità locali spagnole hanno cercato di "blindare" le proprie corride, dichiarandole "patrimonio protetto".[/color]


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  9. tomiva57
     
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    Las Teresitas Tenerife



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    Las Teresitas è di sicuro la più popolare tra tutte le spiagge poste a sud dell’isola di Tenerife.

    Distante poco più di 7 km dal centro urbano di Santa Cruz de Tenerife, Las Teresitas è lunga circa 1,5 km ed è praticamente l’unica spiaggia dell’isola ad avere della sabbia completamente dorata e non scura di origine vulcanica.
    La spiaggia, infatti, fu ampliata nel 1973 e creata artificialmente con sabbia finissima e dorata proveniente dall’antica provincia spagnola del Sahara, sabbia trasportata sul posto con dei sacchi.
    Las Teresitas è anche circondata da numerose palme chiamate “uva di mare” che offrono riparo dal caldo e dal sole e che le fanno assumere un aspetto tipicamente caraibico.

    La spiaggia è protetta dalle correnti grazie ad un ampio frangi-onde e dispone di tutti servizi, come il noleggio di lettini, sdraio, ombrelloni ed anche il fitto di cabine; inoltre a disposizione dei bagnanti ci sono docce ed un chiosco. Sulla spiaggia si può praticare il beach volley.





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  10. gheagabry
     
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    GRANADA


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    Città capoluogo dell'omonima provincia spagnola è molto vicina alle montagne della Sierra Nevada, e si trova proprio nel punto di confluenza dei fiumi Darro e Genil. Il suo primo nome fu Elvira che però cambiò in “Gharnata” con la conquista dei musulmani e berberi del VII° secolo. Dopo la riconquista, nel 1492 il nome fu cambiato in Granada, la parola in spagnolo che più somigliava a quella araba, e che significa “melograno”, frutto ancora oggi simbolo della città.
    Granada, facente parte di Al-Andalus sia come emirato che come califfato, fu governata dagli Ziridi, una dinastia discendente da Zawi ibn Ziri, un berbero giunto per partecipare alle guerre innescate dal crollo del califfato. Nel corso della loro dominazione la città perse la sua indipendenza, costretta a piegarsi ai nuovi signori finoall'arrivo di Muhammad ibn Yusuf ibn Nasr, che nel 1232 occupò il Palazzo realefondando la dinastia nasride e il conseguente sultanato di Granada, destinato a dare alla città più di venti sultani, fino alla susa caduta nel 1492. Inasridi trasformarono la loro capitale in uno dei centri più brillanti dell'intera penisola, sia economicamente che culturalmente. Fu l'ultimo territorio ad essere riconquistato dai cristiani, che per lungo periodo le consentirono di mantenere un minimo d' indipendenza fino al 1492, sebbene durante tutto quel periodo fosse in uno stato di ufficiale infeudamento alla corona di Isabella di Castiglia e Ferdinando d' Aragona. Si dice che la località di “sospiro del moro” sulla Sierra Nevada sia l'ultimo punto in cui si scorge il panorama della città e pare sia stato da qui che l'ultimo dei sultani sia passato prima di abbandonare, piangente, il suo regno. Secondo la leggenda sua madre lo rimproverò dicendogli : “piangi come una donna perchè non hai saputo difendere il tuo regno come uomo”.
    Il cuore di Granada l' “Alhambra” (in arabo “fortezza rossa” e oggi patrimonio dell' umanità ) ebbe uno strano destino : i cattolicissimi re infatti, forse ammirati da questo spettacolo di architettura, decisero di porvi la sede della monarchia, risparmiando così l' imponente struttura dalla furia devastatrice della popolazione cattolica che riprendeva possesso del territorio. Carlo V° vi edificò anche un palazzo interno, che però non venne portato a termine. Alla fine del XVI° secolo, sotto Filippo II° scoppiò la sanguinaria guerra di ribellione moresca, che ebbe fine solo grazie alla durissima repressione attuata da Giovanni d'Austria, fratellastro del re. I mori vennero definitivamente espulsi da Filippo III°, e per l'economia del paese iniziò un periodo di grave crisi, originata soprattutto dallo sfacelo del settore agricolo. A partire però dal XVIII° secolo la città conobbe un periodo di grande splendore, dovuto soprattutto alla scoperta ed importazione di oro ed argento dall' America e grazie ai quali vennero avviate e completate alcune delle grandi opere del periodo Barocco e successivo. Nei secoli seguenti Granada non fu più al centro della vita culturale del paese, fino a quando nel 1829 Washington Irving, soggiornando all' Alhambra non scrisse “I racconti dell' Alhambra”, creando così molta curiosità verso l'imponente meraviglia. Successivamente, infatti molti scrittori, poeti, artisti e viaggiatori romantici, come Dumas, Delacroix e altri fecero di Granada e l' Alhambra tappa obbligata dei loro viaggi, alla ricerca di romantiche ispirazioni. Nel 1889 si iniziò il restauro dell' Alhambra che fu aperta al pubblico da Alfonso XIII°. Da allora Granada ha accresciuto la propria fama, e con Garcia Lorca, Davì, Segovia e de Falla che vi dimorarono contemporaneamente, divenne uno dei maggiori centri al mondo per musica e letteratura.


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    L'ALHAMBRA


    Spettacolare complesso andaluso “L' Alhambra” deve il suo nome all'arabo “al-hamra”, la fortezza rossa e secondo alcune leggende questo nome le fu dato a causa del colore rosato che le mura del complesso assumono al tramonto.
    L'Alhambra è una vera e propria cittadella murata, che sorge all'interno della regione di Granada già di per se fortificata. Questa doppia cinta muraria assicurava pertanto non solo la sicurezza del Califfo che vi abitava con la sua famiglia, ma anche l'indipendenza economica della cittadella. All'interno dell'Alhambra sorgevano infatti negozi, botteghe, scuole e moschee...Nel 1238 il Califfo Muhammad ibn Nazhar (fondatore della dinastia nasride) fece il suo ingresso a Granada da vincitore contro i cristiani e, a chi lo acclamava come “vincitore per grazia di Dio”, egli rispondeva: “Non vi è altro vincitore se non Dio”- motto che fece poi incidere lungo tutte le mura dell' Alhambra e sullo stemma della dinastia nasride.
    Egli diede il via alla costruzione del complesso dell'Alhambra, portato avanti poi dal figlio Muhammad II° che ne eseguì anche la cinta muraria.Il termine dei lavori si ebbe però solo nel 1354 con Muhammad V°.
    Nel 1492 i Re Cattolici riconquistarono la regione e la città di Granada, e fecero dell'Alhambra la nuova Residenza Reale. Questo, che sembrava un affronto al precedente Califfato, fu invece il motivo per il quale ancora oggi possiamo ammirare questo capolavoro: la Chiesa, infatti, rancorosa verso gli arabi distrusse tutto ciò che essi avevano costruito, volendo ripulire le città della precedente presenza estranea.
    Il complesso che compone l'Alhambra è stato realizzato costruendo palazzi, patii e giardini in un susseguirsi di spettacolari scenari che rimandano alla preziosità e alla finezza dell'arte andalusa. La strada d'accesso principale porta fino a quello che fu poi denominato il “palazzo di Carlo V°”, risalente al 1348, su cui è possibile scorgere il rilievo di una mano sormontata da una chiave, che secondo le tradizioni arabe simboleggiano la metafora della conoscenza (la mano del saggio impugna la chiave che apre la porta della conoscenza).


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    Barcellona, il giorno dell'ultima corrida

    Niente più banderillas per rispetto della sofferenza degli animali. Ma c'è chi dice: è solo politica anti-spagnola




    BARCELLONA– Una bolgia di «olé», di adrenalina, scintillio di spade, grida di «libertad, libertad», di sangue, sudore e macchie di terra sui «vestiti di luce» dei toreri in trionfo. L’ultima corrida di Barcellona ha avuto un addio degno della sua storia. Tutto esaurito all’arena Monumental, 20 mila paganti, 400 giornalisti. E un manipolo di animalisti festanti a brindare all’esterno la fine della «barbarie», della «insensata tortura». Dal 2012 scatta il divieto e quest’ultima sfida tra Uomini e Bestie che si è chiusa al tramonto di domenica dovrebbe essere l’ultima esibizione della stagione.



    DIVIETO DAL 2012 - Almeno così vorrebbe la legge votata nel luglio del 2010 dal Parlamento autonomo della Catalogna. Niente più banderillas e matadores nel nome del rispetto della sofferenza degli animali e della modernità. «Abbiamo pensato ad un futuro migliore per le giovani generazioni» spiegò Arturo Mas, presidente della Generalitat della Catalogna. Taurini e anti taurini a confronto. Animalisti contro paladini della tradizione, dell’arte del toreo. «La corrida è una forma arcaica di sadismo collettivo». «È arte, l’eterna rappresentazione della sfida dell’uomo alla Natura selvaggia e alla morte». Per molti, però (fuori dal politically correct, quasi tutti) più che le sofferenze dei bovini ha pesato la volontà di Barcellona di differenziarsi dal resto della Spagna. Al grido «non siamo spagnoli», i catalani stanno scavando un solco sempre più profondo nel sistema scolastico, nella lingua, nei media, nella cultura. La corrida è solo uno dei tanti terreni di scontro.


    UN'ARENA «AFRICANA»- La Monumental di Barcellona pare una delle arene africane battute da Russell Crowe nel Gladiatore. È un colosseo vivo con bandiere e archi moreschi. Sulla sua terra ocra, da quasi cento anni si combattono uomini e tori in una riedizione codificata dello scontro tra Teseo e il Minotauro o, come sostengono altri, in una versione più accettabile della lotta mortale tra schiavi o prigionieri al tempo dell’impero romano. Qui per la prima volta un’orchestra sottolineò con le note del Pasodoble un passaggio particolarmente riuscito tra toro e torero. Qui, tra scrosci di applausi e una pioggia di ventagli, il mitico Manolete uscì in trionfo decine di volte sulle spalle dei suoi aiutanti come un imperatore antico. Da anni però, gli spalti dell’arena non riescono più a riempirsi. Nei locali taurini attorno alla Monumental latitano gli aficionados. Baristi cinesi servono birre e tapas sotto scenografie da toreo che sanno di plastica. La raccolta di mezzo milione di firme promossa dal Partito popolare per cancellare la legge abolizionista del 2010 stenta ad avere successo e tanto che, in virtù del ruolo «centralista» del partito, i leader popolari catalani stanno contemporaneamente tentando un ricorso sulla costituzionalità del divieto.


    PRO E CONTRO - «La mia opinione – spiega sereno al Corriere lo scrittore catalano Ignacio Martinez de Pison - è che non si sarebbe dovuto vietare qualcosa che da sé non poteva sopravvivere a lungo. L'affezione catalana per i tori è oggi molto indebolita». Un oggi che dura da tanto a leggere Ernest Hemingway nel suo saggio, Morte nel pomeriggio, scritto negli anni 30 del secolo scorso: «La corrida è fuori posto» a Barcellona perché la città è «troppo ricca» per aver il tempo di meditare sulla morte. La pensano diversamente i difensori della corrida. Per loro è tutta colpa della pressione politica della smania di indipendentismo che continua a guadagnare terreno tra i catalani. Gli agenti taurini avrebbero proposto alla plaza de Toros di Barcellona spettacoli deboli con pochi nomi di richiamo. Anno dopo anno sarebbero così riusciti, è la tesi cospirazionista, «a disabituare il pubblico proprio per arrivare a un giorno come questo» In cambio, l’ha scritto Ignacio Camacho su Abc di domenica (ed è il mormorio dominante tra le arcate della Monumental) allevatori e agenti avrebbero ricevuto ricche sovvenzioni dal governo regionale per riconvertire il proprio business. Mezzo miliardo solo per il proprietario della Monumental. «Cifre molto più alte di quelle che ragionevolmente potevano aspettarsi di guadagnare» con tori e matador.



    MA OGGI È TUTTO ESAURITO - La dimostrazione? Il tutto esaurito di oggi quando in cartellone sono proposti tre toreri importanti e tra loro, soprattutto, José Tomas, il nuovo mito delle arene. Con lui i critici taurini stanno esaurendo il repertorio degli aggettivi: «Il suo toreare è antimateria, meditazione, levitazione. Tomas un imperatore» (El Mundo, 9 agosto). Il suo ritorno sulla terra delle arene, dopo un’incornata che l’ha quasi ucciso, ha portato ad una crescita dell’80 per cento negli abbonamenti delle principali piazze taurine. José Tomas è un torero anticonformista, enigmatico. Non vuole musica e si oppone alle telecamere nelle sue corride. Ma soprattutto è coraggiosissimo ed elegante, ha dato nuovo lustro allo stile «vertical» di Juan Belmonte, con il torero immobile e impassibile al passaggio delle corna a pochi centimetri. Tomas «balla con i tori« nel terzo atto della tragedia codificata che è la corrida. Non si vedeva farlo così bene da anni. È un torero che «rispetta i tori» (per come è possibile in una mattanza) e non disdegna l’«indulto», il regalo della vita, ad animali particolarmente valorosi.

    «UN DIBATTITO NOIOSO» - L’attacco alle corride ha suscitato reazioni sotterranee, carbonare, come se il disaccordo nazionale con la Catalogna sia un tabù troppo esplosivo da svelare con chiarezza. Il settimanale femminile di El Pais ha vestito da torera l’attrice Sarah Jessica Parker e Fernando Verdasco (compagno di doppio di Rafael Nadal in coppa Davis) ha festeggiato l’ingresso in finale con una giubba più adatta alle arene che ai campi da tennis. «Mi annoia questo dibattito tra chi sostiene che la tauromachia sia l’espressione dell’animo spagnolo e chi la liquida come sadismo collettivo» dice al Corriere il grande filosofo e scrittore Fernando Savater. «Il punto qui è nel nostro rapporto con la Natura, la nostra attitudine morale nei confronti degli animali, le sue ripercussioni etiche. Tutti argomenti che hanno brillato per la loro assenza nel dibattito» sull’abolizione delle corride di Barcellona. Savater ha cercato di colmare il vuoto con un suo libello, Tauretica, in cui ricorda i milioni di animali mandati al macello per alimentarci rispetto alle decine immolati nelle arene. «È innegabile che la civiltà umana si basa sul maltrattamento degli animali». Un uomo all’arma bianca contro un toro selvaggio da mezza tonnellata. Spettacolo selvaggio o sublime. In ogni caso adrenalina e sangue a fiumi. Sarà l’ultima volta almeno nella Monumental di Barcellona. Forse!



    Nonostante il tutto esaurito da 20mila posti, la città è tutta un sovrapporsi di manifesti e locande che ricordano l'evento e il ritorno nell'arena del celeberrimo torero José Tomas - ironia del destino, o forse no, di Madrid -. Un grande personaggio, per gli adepti, già ritiratosi nel 2002 e tornato sulle scene 5 anni dopo. L'unico, pare, in grado di fare il pienone. Ci sarà un'anteprima il sabato, con un diverso cast di matarodes

    Da lunedì, dunque, la Monumental, edificio costruito ad inizio Novecento, chiude i battenti, verso un probabile destino di visite guidate, aspirante Colosseo del ventesimo secolo. Almeno, questo dicono le cifre: un sondaggio del 2010, nell'intero Paese iberico, ha visto il 60 per cento degli interpellati schierarsi contro la corrida, mentre il numero di spettacoli annui, dal 2007, era calato del 37 per cento, da 2.622 a 1.724. Per fare un esempio, Las Arenas, l'altro tempio della tauromachia della metropoli catalano, è da tempo stato
    chiuso e riconvertito in centro commerciale.

    Anche se non tutti la pensano così. La Federazione della tauromachia sta premendo sul Partito conservatore di Mariano Rojoy, che ha fatto ricorso contro il bando al Tribunale costituzionale. Inoltre, gli associati raccolgono a loro volta firme per una petizione al Parlamento di Madrid. "Grazie a Dio, ci sono ancora molti fan della corrida, anche in Catalogna - dice Moises Fraile, proprietario del Pilar, l'azienda che fornirà i tori per l'ultima corrida. - E per questo, essendo la Spagna un Paese democratico, lo spettacolo dovrebbe essere loro garantito".

    Ma i movimenti animalisti vanno oltre. Il loro prossimo passo è l'abolizione delle Encierros, le corse dei tori lungo le strade del tipo di quella di Pamplona. L'unica area dove a tutt'oggi la corrida è proibita sono le Isole Canarie dove il bando sussiste dal 1991.


    E VIVA IL TORO!
     
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    Le pietre della storia. In Catalogna



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    Il Ter, il fiume principale di Girona, scorre silenzioso tra i palazzi color pastello della città; sembra impossibile che più di una volta si sia ingrossato tanto da sommergere i seminterrati delle case vicine. Oggi il fiume è sonnacchioso come la città, che si sta riposando dopo le pacifiche invasioni dei turisti dell’estate e degli studenti in tarda primavera. Siamo nella terza città in ordine d’importanza della Catalogna, con un aeroporto frequentato, ed è il momento migliore per visitarla, per apprezzare con calma le bellezze storico-artistiche che conserva, a partire dalla Cattedrale che, sorgendo sul colle più alto, s’impone alla vista. Da una piazzetta angusta parte una scalinata di 90 gradini che porta alla soglia della chiesa, edificio gotico che vanta un bel portale laterale ad arco acuto. L’interno, grandioso, è caratterizzato dall’ampia navata: 23 metri di larghezza e nessuna colonna di sostegno, grazie alla presenza di robusti contrafforti laterali.


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    la Cattedrale


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    Nell’annesso museo spicca l’Arazzo della Creazione, un tappeto ricamato nel secolo XI con il Cristo Pantocratore al centro e vari episodi biblici tutto intorno; pare, da conti fatti sulle ore di luce a disposizione, che ci siano voluti dieci anni per completarlo da parte di una sola ricamatrice! Dalla chiesa si esce lateralmente nel chiostro, a pianta trapezoidale, con il pavimento costituito da lastre tombali; qui, da non perdere, alcuni capitelli romanici scolpiti con scene della Bibbia. Dalla piazzetta della Cattedrale partono strette vie che portano all’antico quartiere ebraico (dove si trova oggi un piccolo museo), ma se il tempo a disposizione è poco è opportuno andare nella direzione opposta per raggiungere la vicina e sottostante chiesa romanica del secolo X di S. Pere (S. Pietro) de Galligants, già dell’omonimo monastero, oggi trasformata in Museo archeologico. All’interno della navata, miliari romani, un brano di pavimento musivo proveniente da una villa romana dei dintorni e molte sculture; nell’annesso splendido chiostro, sempre romanico, colpiscono le cinque colonnine dai capitelli scolpiti che sorreggono alcune arcate.


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    quartiere ebreo

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    Partendo da Girona con un’auto a noleggio si può compiere un interessante tour, seguendo la cosiddetta Via delle contee pirenaiche che permette di visitare in tre-quattro giorni alcuni angoli meno noti di questa regione per andare alla scoperta del ricco patrimonio storico-artistico lasciato qui nel medioevo, costituito prevalentemente da chiese e monasteri romanici. Con l’autostrada che si dirige verso nord si punta su Figueres e quindi a est per Castelló d’Empúries, ai margini del parco naturale del Cap de Creus.

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    Questa cittadina, che prende il nome dall’attività commerciale praticata in epoca romana e medievale (dal termine emporio), ebbe il suo massimo splendore attorno all’anno Mille; vi erano allora circa 5mila abitanti (oggi sono solo... 10mila, in proporzione pochissimi) e si parlavano 7-8 lingue. Nel 1064 fu consacrata la Cattedrale, in stile gotico catalano, dedicata a S. Maria e a S. Lorenzo, a tre navate, di cui la centrale larghissima, quasi come quella del duomo di Girona. Vale la pena di entrare all’interno per ammirare l’altare maggiore, completamente di alabastro, in gotico fiammeggiante, realizzato nel Quattrocento. Sembra che Gaudí si sia ispirato a questo prezioso altare quando progettò la Sagrada Familia di Barcellona e, guardando bene, ci convinciamo che forse questa diceria ha un suo giusto fondamento.
    Da Castelló d’Empúries si torna a Figueres e si continua lungo la statale in direzione ovest, meta Besalù, sorprendentemente uno dei centri più interessanti della regione, in quanto crocevia di strade dirette verso i Pirenei, il mare e la città di Girona.


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    Il ponte in pietra a sette arcate sul fiume Fluvià che dà accesso all’abitato è un capolavoro di architettura. I portoni e la torre di guardia fanno capire che si tratta di un manufatto medievale fortificato dove il transito era a pedaggio; sullo sfondo, oltre le case si staglia il profilo dei Pirenei orientali, ormai vicini. Entrando nel borgo le strade acciottolate e strette portano in breve al centro storico. Sulla sinistra un vicolo angusto tra due case sormontato da diversi archetti tra una casa e l’altra ricorda strutture simili viste anche a Bolzano. Poco sotto, verso il fiume ci sono i resti della sinagoga da cui parte una scaletta che scende a una vasca dove gli ebrei potevano fare il bagno purificatore. Il manufatto, Miqveh in lingua originale, è tornato alla luce solo negli anni Sessanta, dopo sei secoli di oblio. Più avanti, nel centro del borgo, del monastero di S. Pere, del 977, resta solo la chiesa in travertino, grandiosa. Superati un paio di vicoli e ammirati alcuni edifici porticati, si incontra anche la chiesa di S. Vicenc, del secolo XI.


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    patio Sinagoga


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    Monastero Sant Pere de Galligants


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    bagni arabi, Girona

    Le chiese romaniche lungo questo itinerario delle contee pirenaiche sono il comune denominatore: se ne trovano in ogni angolo, tutte preziose, con chiostri o senza, con campanili, con portali e absidi, ma anche la natura non è da meno, specie verso le pendici dei Pirenei.


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    A Sant Joan de les Abadesses si può ammirare la chiesetta diroccata di S. Joau j S. Pau del secolo XII (in piedi restano solo facciata e abside) e il monastero con il chiostro gotico.



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    Oppure, a Ripoll, come non andare a vedere la chiesa del monastero benedettino di S. Maria con un magnifico portale in stile romanico catalano del secolo XII e un chiostro con colonnine binate dai capitelli istoriati?
    Se c’è il tempo di una deviazione su una stradina di montagna che si distacca dalla statale tra Ripoll e Berga è consigliabile salire fino a Sant Jaume de Frontanyà, un piccolo borgo montano che conserva, presso il cimitero, una chiesetta romanica a carattere rurale davvero suggestiva.


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    Sant Jaume de Frontanyà.

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    Qui la catena pirenaica incombe, soprattutto se si punta più a nord, verso Bagà; questo paese dall’urbanizzazione un po’ caotica, senza un piano regolatore efficiente e con case edificate a metà, senza intonaco (colpa della crisi economica?) conserva tracce delle presenze dei Catari, come tenta di testimoniare un piccolo Museo multimediale. È più interessante però il fatto che sia una base per escursioni, come documenta in una vicina piazza un tabellone che illustra gli itinerari di trekking che partono da qui. In effetti siamo nel cuore del parco del Cadí-Moixeró e poco più a est si trova una montagna relativamente famosa, la Pedraforca, 2497 m. I sentieri invitano, i Catari possono aspettare.


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    Pedraforca

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    museo Dalì


    Da qui c’è solo il tempo di puntare ora verso sud-ovest, in direzione di Solsona, Cardona e Barcellona. Magari fermandosi almeno a Solsona per ammirare la tranquilla e appartata piazzetta cui affacciano la cattedrale e il palazzo vescovile che ospita un prezioso Museo artistico e a Cardona per salire al castello medievale da cui si domina l’estesa montagna traforata da secoli di cunicoli per ricavare il salgemma.



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    Minerale che nel tempo ha fatto la fortuna della città e soprattutto dei suoi signori, mentre oggi è diventato un’attrazione turistica di non poco conto, soprattutto per l’opportunità di visitare gallerie e grotte. Il nostro giro termina qui, ma resta ancora molto da vedere in questa terra così vicina a noi anche nella parlata. Già, perché il catalano si intuisce più del castigliano. E per un turista sempre alle prese con tante lingue diverse può essere un vantaggio non da poco.


    da:touringclub.it


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    Girona, Tiempo de flores



    Nota come la città dei quattro fiumi, Girona si trova nella Spagna nord orientale.
    Il fiume Onyar la divide in due parti: a destra il centro storico, a sinistra la zona moderna.


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    Nel centro storico rimangono i resti delle mura, innalzate in origine dai romani, che si snodano lungo il percorso archeologico che corre attorno alla città. Tra i monumenti più significativi spiccano la cattedrale di Santa María, un edificio che per le sue caratteristiche è stato dichiarato
    Monumento Storico ArtisticoNazionale; i Bagni arabi (XIIº sec.), la fontana d’Or, la chiesa di San Nicola, quella di San Feliu, ecc.

    Le strade del centro storico sono piene di edifici che appartengono alla nobiltà locale. Il quartiere ebreo, noto con il nome di Call, si snoda in una serie di stradine strette e ripide, che conservano intatta l’atmosfera medievale.

    www.gironatempsdeflors.net2


    La gran ricchezza monumentale della città è completata da importanti beni artistici conservati nei musei della città. Nella zona moderna, da non perdere l’Ospizio di Santa Caterina, costruzione barocca del XVIIº secolo, e alcuni edifici modernisti.

    Luogo di svago e di incontro per gli abitanti di Girona è il Parc de la Devesa, parco dove si trova la piantagione di banani più estesa di tutta la regione.

    www.gironatempsdeflors.net5


    La città di Girona ospita molte feste di rilievo nazionale ed internazionale:
    in primavera c’è l'Esposizione dei Fiori,
    festa nata di recente (1955), spesso cade nella terza settimana del mese di maggio, ed è una vera e propria mostra di fiori e creazioni artistiche a base di fiori; queste creazioni vengono allestite in vari luoghi di Girona.


    www.gironatempsdeflors.net3



    da:blogspot.com

     
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    Costa Brava



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    La Costa Brava è una regione costiera della Catalogna (Spagna) che si affaccia sul Mar Mediterraneo, e che si estende da Blanes fino al confine francese. Prende il nome dalle sue coste alte e impervie e ospita numerose località turistiche con alberghi e villaggi spesso dotati di animazione internazionale.



    Città (da nord a sud)


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    Portbou


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    Cadaqués




    PORTROSES

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    Rosas




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    L Escala



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    Estartit



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    Palafrugell





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    Palamós





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    Playa de Aro




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    Tossa de Mar





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    Lloret de Mar





    francesca


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    Blanes




     
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    Le saracinesche di Barcellona




    Barcellona si è sempre distinta per il gusto, il design e l’apertura alla novità in tutti i campi. Un esempio è la compatibilità di graffiti, arredo urbano e attività commerciali nel Barrio Gotico, che si nota in questi scatti di Nima Rafat. Il Barri Gòtic (in catalano) o più comunemente Barrio Gotico, è un quartiere del centro storico di Barcellona, e ha rappresentato il centro politico e religioso della città fin dalla sua fondazione.



    Qui le saracinesche della maggior parte dei negozi sono dipinte con disegni che illustrano il tipo di attività che si svolge all’interno del locale. Farmacie, librerie, agenzie viaggi, parrucchieri, tabaccherie si rendono riconoscibili anche mentre sono chiuse.













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    Cordova


    Da Wikipedia


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    Storia

    I reperti archeologici preistorici trovati risalgono al paleolitico chelleano e le stratificazioni si susseguono senza interruzione fino all'epoca storica. Nell'epoca dei metalli la vicinanza dei giacimenti di rame, piombo argentifero ed anche ferro favorì che fosse zona di commercio e d'imbarco grazie alla grande arteria fluviale. Nell'età del bronzo e all'inizio di quella del ferro si ritiene che Cordova fosse la "capitale politica" del sud della Spagna, infatti, secondo i primi storici, qui i capi delle varie tribù celebravano le loro assemblee e riunioni. Le prime notizie storiche di Cordova risalgono all'epoca cartaginese e citano i cordovani che seguirono Annibale nella spedizione contro Roma. I Romani la conquistarono nel 206 a.C. e circa trent'anni dopo il pretore Marco Claudio Marcello la edificò secondo le usanze romane, le diede il nome di Cordŭba e la fece capitale dell'Hispania Ulterior. La vita culturale di Cordova raggiunse un notevole sviluppo e quando i Romani la dichiararono Colonia Patrizia si ebbero diverse unioni fra le famiglie locali e quelle patrizie romane. Nel 45 a.C., durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo, la città, che parteggiava per Gneo Pompeo Magno, venne assediata e poi presa dall'esercito di Gaio Giulio Cesare.
    La città non subì l'invasione barbarica e rimase romana sotto l'egida di Bisanzio fino a quando l'ultimo invasore visigoto ariano Leovigildo la conquistò alla fine del VI secolo d.C. e si fece cristiano. Quando nel 711 d.C. gli Arabi entrarono a Cordova trovarono una capitale monumentale e bella con una cattedrale dedicata a S. Vincenzo, le fortificazioni migliori di tutto il sud della Spagna. La trovarono anche contornata da molti cenobi e monasteri. L'ultimo re visigoto Rodrigo morì nella battaglia del Guadalete contro gli Arabi e suo cugino Pelagio fuggì sui monti delle Asturie da dove partì la "Reconquista" contro i musulmani invasori che finirà solo nel 1492 con la loro cacciata definitiva dalla Spagna.
    Dopo un cinquantennio di dominazione dell'impero arabo di Damasco un membro della famiglia degli Omayyadi di nome ʿAbd al-Raḥmān b. Muʿāwiya scampato alla strage degli Abbasidi giunse a Cordova dove fondò un Emirato che durerà circa due secoli e mezzo in cui regneranno i suoi successori, uno dei quali ʿAbd al-Raḥmān III si proclamerà califfo nel 928 e trasformò la città nella grande capitale del mondo di quel tempo.
    Nel X secolo Cordova superò il mezzo milione di abitanti che raggiungeranno il milione alla fine dello stesso secolo.
    Nei secoli undicesimo e dodicesimo la città decadde in seguito alle invasioni degli Almoravidi e degli Almohadi e del disfacimento del califfato. Quando nel 1236 Ferdinando III di Castiglia la riconquistò era già una città provinciale anche se conservava un'importanza strategica nella lotta contro i Nasridi di Granada che ancora sopravviverà per due secoli e mezzo.
    Nella città antica vi sono importanti resti architettonici di quando Cordova era la prospera capitale dell'Emirato di al-Andalus, poi trasformatosi in Califfato fino alla sua caduta alla fine del terzo decennio dell'XI secolo.


    Patrimonio artistico



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    La Grande Moschea di Cordova (interno)


    Le grandi mura che cingevano la città, delle quali restano solo alcuni tratti e qualche porta.
    Il ponte romano, e la relativa fortificazione all'estremità del ponte sul Guadalquivir.
    La Torre della Malmuerta, torre ottagonale il cui nome deriva dall'uccisione della moglie infedele da parte di un nobile della città, evento su cui si basò Lope de Vega per la sua opera I commendatori di Cordova.
    L'Alcazar dei Re Cattolici fatto costruire da Alfonso XI il Giustiziere nel 1328, arricchito con giardini, fontane, bagni e serbatoi per l'acqua dalla dinastia dei Trastamaras; fu poi modificato dai re cattolici, che ne fecero la loro residenza. Anche l'Inquisizione vi ebbe sede, dal 1400 al 1821.
    La Grande Moschea (o Mezquita) di forma rettangolare cinta da un alto muro, attualmente Cattedrale di Cordoba, è il più importante monumento musulmano di Spagna. La sua costruzione ebbe inizio nel 785 d.C. sotto il regno di ʿAbd al-Raḥmān I sopra la pianta della Basilica di San Vincenzo, poi ampliata da ʿAbd al-Raḥmān II e trasformata da San Ferdinando nel 1236 in una Cattedrale, con l'aggiunta di una monumentale torre campanaria. L'originale unione della struttura architettonica ed artistica tipica della Moschea con quella della Cattedrale, senza soluzioni di continuità, genera un effetto architettonico strano ed impressionante, che l'ha resa famosa in tutto il mondo.


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    La Torre di Calahorra, che ospita il Museo Storico della città.


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    La piccola sinagoga, unica sinagoga spagnola residua assieme alle due rimaste a Toledo.

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    La Juderia, l'antico quartiere ebraico dal dedalo di vie strettissime, retrostante la Mezquita, dove nacque Maimonide.

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    Il suggestivo vicolo dei fiori.


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    I patios delle vecchie case del centro storico, arricchiti da fontane, mosaici e alberi.


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    Le chiese di San Lorenzo.
    Come molte altre chiese andaluse, la Chiesa di San Lorenzo fu costruita su una pre-esistente moschea. La chiesa di San Lorenzo fu terminata nella seconda metà del XIII secolo, assorbendo influenze romanico-gotiche che la fanno rientrare nel genere dell’architettura Alfonsina. La struttura è simile a quella di altre chiese della città: una pianta rettangolare suddivisa in tre navate senza abside. Insolita è invece la facciata con l’ingresso proteso sulla strada. Il timpano è decorato da un grande rosone in gotico-mudejar fra i più belli della regione. Il campanile è ricavato dal minareto che faceva parte dell’antica moschea. Adattato da Hernàn Ruiz, è stato considerato anticipatore della famosa Giralda di Siviglia.

    All’interno è da ammirare il soffitto a cassettoni di tipo rinascimentale. La pala d’altare è decorata con dipinti raffiguranti la vita di San Lorenzo. Le pareti sono affrescate con dipinti di stile medievale italiano che rappresentano sette scene della vita di Cristo e della Resurrezione. Altri dipinti raffigurano la dimensione del Signore dell’Umiltà, immagini di profeti e di santi spesso collocati in ornamenti in ceramica di gusto bizantino.

    Di grande interesse è la torre campanaria, opera di Hernàn Ruiz II composta da 3 differenti corpi. Molto particolare il terzo corpo, in alto, che si presenta girato rispetto alla parte anteriore, conferendo all’edificio una plasticità e una singolarità uniche.




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    della Maddalena,fu la prima delle sette chiese volute da Ferdinando III dopo la reconquista del Sud della penisola. È chiusa al culto dal XIX secolo, e dal 1982 è un monumento nazionale.

    La chiesa de la Magdalena fu semidistrutta da un vasto incendio che ne preservò solo la struttura muraria. Il suo antico patrimonio artistico è andato disperso, mentre l’edificio è soggetto a complessi lavori di restauro. Attraverso la testimonianza dello studioso Miguel Angel Orti Belmonte è possibile immaginare le bellezze artistiche che si trovavano in questo tempio. ...





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    di San Paolo, ha una pianta rettangolare divisa in tre navate senza transetto e con una triplice abside. La navata centrale è coperta da un soffitto a cassettoni di stile mudejar con decorazioni a traforo, realizzato nel 1536.
    La cosiddetta navata “del Vangelo” è costituita invece da una galleria con volte a sesto acuto e capitelli di stile arabo sulle colonne. Tra i capolavori conservati è da ammirare la Cappella della Vergine del Rosario, costruita nel XV secolo e ristrutturata nel 1758, che rappresenta un eccellente esempio di barocco andaluso.
    Nella chiesa è custodita la statua della Madonna Addolorata di Juan de Mesa, opera del 1627 e, per quanto si sa, ultimo lavoro dell’artista spagnolo.






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    di Santa Marina, il cui nome completo è Santa Marina de Aguas Santas, è un tempio cattolico che risale al periodo delle chiese fernandine del XIII secolo. La sua architettura è una combinazione di diversi stili, come il gotico, il mudéjar e il tardo romancico.

    Come altre chiese di quel tempo, ha una pianta rettangolare a tre navate, delle quali quella centrale è la maggiore. Al suo interno vi è la cripta dove sono sepolti i comandanti di Calatrava, cripta che ha ispirato il capolavoro del pittore Lope de Vega nei suoi “I comandanti di Cordoba”.

    Alcune fonti riportano che l’attuale costruzione poggia sui resti di una moschea distrutta nel periodo della Reconquista, ma è più probabile che vi fosse un tempio visigoto del VII secolo. Le navate della chiesa di Santa Marina sono separate da ampi archi a sesto acuto che vanno a integrarsi nel soffitto.


    La facciata principale ha un aspetto compatto, caratterizzato da quattro contrafforti asimmetrici sormontati da pinnacoli che corrispondono alla suddivisione interna delle navate. Il portone principale, sormontato da un arco a sesto acuto, è sovrastato da un rosone gotico.

    Sulla navata laterale di destra si apre la sacrestia, costruita nel XV secolo, dove sono custoditi dipinti di Antonio del Castilo e la scultura di Gómez de Sandoval “La Vergine della Luce”. Sull’altra navata minore si possono ammirare le rappresentazioni della processione della Confraternita di Nostro Signore Risorto e della Madonna della Gioria.

    Nel 1880 la chiesa di Santa Marina, che aveva già resistito miracolosamente a due terremoti, subì un incendio che la danneggiò gravemente e che rese necessario un intenso lavoro di restauro durato due anni. Altri lavori, di minore entità e di solo recupero, sono stati avviati nel XX secolo; l’opera di restauro più recente, del 1998, ha tentato di recuperare l’antico aspetto medievale della struttura.





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    di San Michele.Costruita su un’antica moschea alla fine del XIII secolo, la Chiesa di San Miguel è una delle chiese fernandine sorte per celebrare la vittoria dei cristiani sugli arabi. Da quegli anni è stata oggetto di importanti rifacimenti, i principali dei quali sono avvenuti nel XVIII e nel XIX secolo. La chiesa è stata costruita in un punto urbanistico importante: vicino Puerta de Osario e a pochi metri dal Foro romano, centro amministrativo e religioso dell’antica colonia patrizia.



    Chiesa di San Gaetano, di San Andrea,


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    Il Palazzo della Deputazione, già monastero delle Mercedi.


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    Il Monastero di S. Gerolamo.

    La Locanda del Potro, oggi mercato nazionale d'artigianato.

    Il Museo municipale taurino, dedicato agli oggetti delle corride e ai toreri cordovani.


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    Il Monumento a Manolete, uno dei più grandi toreri di tutti i tempi.


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    Plaza de la Corredera


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    è un'antica cappella dell'Ospedale del Cardenal Salazar, attuale Facoltà di Filosofia e Lettere dell'Università di Cordova in Spagna. La cappella, proprietà del Consiglio Provinciale, fu dechiarata Bene di interesse culturale il 3 giugno 1931. Il 20 marzo 2010 aprì al pubblico, dopo il restauro realizzato fra il 2006 e il 2008



    Palazzo della Mercede


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    Piazza del Puledro

    Plaza del Potro, ad esempio, ha nel mezzo una fontana raffigurante un piccolo puledro dalla quale prende il nome ed è quella sulla quale si affaccia il Museo di Belle Arti di Cordoba. Plaza del Conde de Santa Marina Priego prende il nome invece da un antico palazzo nobiliare appartenuto alla famiglia Priego e al centro della piazza sorge il monumento al torero Manolete. Il celebre torero si è più volte esibito in Plaza de Toros Los Califas, dove si trova la grande arena capace di ospitare più di 17 mila spettatori.



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    La Plaza de Capuchinos è una piccola piazza chiusa di forma rettangolare che ospita l’antico convento dei Cappuccini. È un angolo caratteristico della città, circondata da pareti bianche in calce, che sorprende per la sua elegante semplicità.

    Nel 1629 Felix de Granada acquistò i terreni del marchese Almunia per farvi erigere il convento francescano. I lavori furono terminati nel 1633 e pochi anni dopo venne aperta anche la chiesa. L’edificio ha una navata unica a crociera, sormontata da una cupola semisferica. La facciata si divide su tre arcate, la principale delle quali ha una nicchia con un’immagine di San Francesco. In cima si chiude con un frontone triangolare con un oculo centrale. La chiesa e i suoi beni furono espropriati nel 1835, nell’epoca delle confische statali finalizzate a eliminare la “mano morta” della chiesa sui beni pubblici. Fra le opere che il convento custodiva, vi era una Sacra Famiglia di José de Ribera.

    Su Plaza de Capuchinos si affaccia anche la chiesa dell’Addolorata, un edificio semplice in stile neoclassico nella quale è custodita un’immagine della Virgen de los Dolores, conosciuta popolarmente come la “Signora di Cordoba”. La statua è opera dello scultore sivigliano Amadeo Ruiz Olmos.

    Al centro della piazza sorge una grande croce in pietra scolpita da Juan Navarro nel 1794. Intitolata al Cristo della Misericordia, i cittadini di Cordoba l’hanno subito ribattezzata “Cristo delle lanterne”, poiché circondata da sette lanterne che la illuminano dopo il tramonto. Sul basamento un’iscrizione annuncia l’indulgenza per i devoti che si recano in preghiera presso questo luogo.



    Gastronomia

    Piatti tipici sono il salmorejo (una zuppa fredda di pomodoro), la minestra di malmones, le uova alla como salgan, gli asparagi alla cazuela, lo stufato di code, il flamenquin (involtino di carne fritto) e il gazpacho cordovano (con aggiunta di uovo sodo). Inoltre sono da non perdere un'infinita varietà di tapas (piccole porzioni di pietanze, una sorta di antipasto), la tortilla (frittata di uova e patate) e il rabo de toro (carne di toro molto tenera e nutriente). La regione di Cordova produce anche vini di buona qualità secchi e di buona gradazione, soprattutto nelle zone di Montilla e Moriles: le più accreditate qualità sono "fino", "ammontillado", "oloroso" e "Pedro Ximenes". Da non perdere è "la cata del vino" in maggio dove si ha la possibilità di assaggiare i vini tipici della regione.

     
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