LA PUGLIA 3^Parte

BRINDISI....ORIA...NARDO'...LECCE...SANTA MARIA DI LEUCA...IL MAR IONIO

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “... Domenica ... sembra come essere in un gigantesco scivolo ritaglaiato in un giardino di meraviglie ... scendiamo anche oggi ancora più a Sud sfiorando i tesori che questa terra ricca di sole e pietre ricche di storia ci mostra e racconta ... assistiamo all’incontro di due mari come se questa terra fosse una mano che li carezza e poi assiste alla loro divisione ... canti greci portati da quel mare allietano la nosta navigazione, in nostro viaggio ... arriviamo a Brindisi a poi ancora più a Sud a Lecce e percorriamo la terra fin dove a Santa Maria di Leuca i due mari si dividono e l’Adriatico diviene d’incanto Mar Ionio ... ammirati da questo spettacolo ci emozioniamo ... Buon risveglio amici miei ... e buona Domenica tutti insieme nelle terre della Puglia ...”


    (Claudio)



    IL MAGICO SALENTO....BRINDISI....ORIA...NARDO'...LECCE...SANTA MARIA DI LEUCA...IL MAR IONIO




    “Nella provincia di Brindisi pietre e costruzioni narrano le origini di questa terra. La via Appia e la via Traiana, che collegavano la città pugliese con Roma, hanno lasciato la loro impronta sul percorso delle strade moderne, che ne seguono il tracciato. La città, in cui morì Virgilio, ospita i resti di due colonne del II secolo a. C., che segnavano il termine della via Appia. L'impronta normanno - sveva e angioina prevale anche nelle zone interne della provincia e nella terra che fu dei Messapi, mentre diviene evidente nei castelli di Mesagne, Oria e Ceglie Messapica…..le gravine e le grotte scavate nei secoli dal paziente lavoro di erosione dei fiumi….testimonianze rupestri della civiltà dei monaci basiliani ..nei dintorni di Ostuni… Le torri di avvistamento presenti lungo il litorale a nord di Brindisi ci parlano delle incursioni di pirati e saraceni, mentre sullo stesso tratto costiero è visibile la zona archeologica dell'antica città romana di Egnazia.”



    “Brindisi…Situata all’interno di una larga insenatura, su un promontorio che divide due rami di mare, un ottimo porto naturale, l’unico sicuro e ben protetto della costa adriatica….la sua collocazione “al tacco dello stivale” ne ha fatto, fin dall’antichità, il principale scalo verso l’Oriente.. Questa vocazione portuale fu sfruttata già dal VII a.C. per i commerci con l’altra sponda dell’Adriatico, poi dai Romani, dai cavalieri crociati e dai mercanti veneziani ..in latino Brundisium, ricalcato sul greco Brentésion, deriverebbe dalla curiosa forma ramificata del suo porto, che ricorda la testa di un cervo…da qui lo stemma cittadino raffigurante una testa di cervo dalle lunghe corna sormontata dalle due colonne romane… divenuta municipio romano, fu collegata direttamente a Roma grazie al prolungamento della Via Appia e alla successiva apertura della Via Traiana, che raggiungeva l’Appia a Benevento. …Oggi si possono ammirare una delle due colonne del I d.C. che segnavano il punto terminale della Via Appia e rappresentavano un punto di riferimento per i naviganti dell’epoca. Il suo fusto marmoreo, collocato in cima ad una scalinata di 52 gradini, su di un terrazzo dal quale è possibile ammirare un bellissimo panorama del porto, si erge come un faro coi suoi 19 m. di altezza e culmina in un capitello decorato da tritoni e busti di Giove, Nettuno, Pallade e Marte….. La Cattedrale…. a croce latina a tre navate conserva, nei pressi dell’altare maggiore, ciò che resta del pregiatissimo pavimento a mosaico del 1178, ossia la raffigurazione di animali fantastici; le parti mancanti rappresentavano scene del ciclo carolingio e della Chanson de Roland…Nel 1225 si celebrarono qui le nozze tra Federico II e Jolanda di Brienne, regina di Gerusalemme…il Castello svevo, costituito da un mastio quadrato con torri angolari… Il castello aragonese, conosciuto come “Forte a mare” fu costruito a difesa della città nel 1491 sull’isola antistante il porto ed è distinto in due parti: il “castello rosso” caratterizzato dal colore delle pietre con cui è costruito e il forte, sede del comando marino….sulla sinistra del Duomo.. il Portico dei Cavalieri Gerosolimitani, i resti di un edificio del XIV sec. appartenuto all’ordine dei Templari….la chiesa di San Giovanni al Sepolcro, gioiello di architettura normanna (sec. XI) con pianta a ferro di cavallo, eretta dai Templari su un primitivo edificio paleocristiano….la splendida, ma isolata, chiesa di Santa Maria del Casale… fu fondata agli inizi del ‘300 da Filippo d’Angiò, principe di Taranto, e dalla moglie Caterina di Valois, di ritorno dall’Oriente con lo scopo di essere esauditi nel voto di avere un figlio….la chiesa fu sede del processo che portò, nel 1312, allo scioglimento dell’ordine dei cavalieri Templari….Poco distanti, in adiacenza a Porta Mesagne, si conservano i resti delle cinque vasche limarie impiegate, in epoca romana, per la decantazione delle acque potabili provenienti da Pozzo Vito, che venivano distribuite alle fontane della città.Una di queste è la fontana De Torres fatta costruire nel primo Seicento…. Per la sua realizzazione fu impiegato un antico fonte battesimale arricchito con le armi del De Torres e da un’iscrizione che ne ricorda la committenza... la fontana Tancredi fatta erigere nel 1192 da Tancredi, conte di Lecce e re di Sicilia, per celebrare le nozze del figlio Ruggero con Irene, la figlia dell’imperatore di Costantinopoli. Nel porto interno, poi, nella zona detta "Casale" si trova il monumento al marinaio d'Italia, alto 53 metri realizzato in carparo, con la statua della Vergine "Stella del Mare" sull'altare.”



    “Un detto popolare che qui tutti conoscono, ma di cui sfugge il significato esatto recita:”Oria fuma, Francavilla guarda“…..le mura del castello sovrastano la città vecchia, a sua volta racchiusa nella cinta cittadina….una leggenda narra che la città sarebbe stata fondata dai cretesi che stabilitisi qui tentarono di costruire le mura, ma ogni volta inspiegabilmente queste crollavano. Interrogati gli dei, il responso fu che veniva richiesto agli abitanti il sacrificio di una vergine….la figlia di una anziana donna poverissima, che si recava ogni giorno nel bosco per raccogliere la legna…rimasta sola a casa e uscita e fu catturata e sacrificata, al che le mura non caddero più…..Tornata la madre e accortasi dell’accaduto scagliò una maledizione: “Possa tu, Oria, fumare nei secoli come arde e brucia oggi il mio cuore“…. realmente la città sembra sempre avvolta da una sottile nebbia..Oria è posta sull’ultima collina delle Murge, prima della sconfinata pianura del Salento…”



    “Il sole, il mare, il vento. È la natura la prima cosa che colpisce arrivando in questo lembo di terra sospeso tra due mari. Il Salento ha il suo cuore nella provincia di Lecce e tocca parte di quella di Brindisi sull'Adriatico e di Taranto, sul mar Jonio. Ben presto si scoprono le città ed i paesi dell'entroterra gioielli di quello stile unico che è il barocco leccese e che recano le tracce dei Messapi e della Grecìa salentina, che conserva, nella lingua, nei canti e nelle feste l'antica cultura della Magna Grecia…. lunghe spiagge di fronte ai laghi Alimini ….incantevoli fondali della costa jonica e di quella tra Otranto e Santa Maria di Leuca…“La costa del Salento è caratterizzata da una elevata variabilità dei paesaggi. Coste rocciose con piccole calette costituiscono il lungomare di Santa Cesarea che si contrappone a celebri grotte come quelle di Castro: la Grotta Romanelli uno fra i più importanti giacimenti preistorici italiani e la Grotta Zinzulusa, 'la perla delle grotte', cosiddetta dal termine dialettale 'zinzuli', stracci, con cui i pescatori chiamavano per similitudine le sue bellissime stalattiti e stalagmiti.”



    “Nel sud della Puglia, nel cuore del Salento, nove comuni si sono uniti tra di loro per salvare quello che rimane di una cultura antichissima come quella Grika. In questa regione del Salento difatti sopravvivono ancora le tracce della lingua Grika parlata fin dai tempi della Magnagrecia e dei monasteri Basiliani i cui monaci furono dispersi per volere del papa dopo il concilio di Trento.”



    “Lo stile barocco in Puglia si afferma durante la controriforma sulla spinta della volontà della chiesa di Roma di ostentare con magnificenza i propri simboli. Il Barocco di Lecce e di Nardò ha una sua propria connotazione che lo differenzia dallo stesso stile espresso in altre regioni….l'utilizzo della pietra leccese, dal colore ambrato e dall'impiego delle decorazioni a mascherare le strutture su cui sono applicate.”



    “Nardò ..in provincia di Lecce non siaffaccia direttamente sul mare…Il tratto di mare del litorale neretino è fra i più belli della costa ionica e comprende il Parco Regionale di Porto Selvaggio …432 ettari di pineta e macchia mediterranea, di cui sembra fare buona guardia Torre dell’Alto, una antica fortificazione aragonese ….Percorrendo le scogliere …Baia Uluzzo dove sono stati ritrovati reperti di epoca paleolitica così straordinari da definire il periodo a cui appartengono Uluzzano appunto…..Nardò ha quindi origini antichissime, sebbene il centro storico abbia oggi una impronta fortemente barocca. Questa piccola città è poco conosciuta….Prima di entrare nel centro storico…un piccolo monumento difficilmente interpretabile….”l’Osanna”. …una sorta di tempietto ottagonale posto al centro di una rotonda. Prende il nome da una iscrizione che lo cinge. Sull’altro versante della piazza Salandra…la Chiesa di San Domenico, qui è posta una fontana raffigurante un toro, simbolo stesso della città… secondo una leggenda la città sarebbe stata fondata da genti provenienti dall’Epiro nel luogo in cui un toro, scavando con una zampa come raffigurato nella fontana, fece zampillare l’acqua dal terreno.”
    Sulla torre dell’orologio della Cattedrale è raffigurato un gallo, simbolo di Gallipoli…il nome deriva da kalos polis, cioè città bella secondo i greci, che a pochi chilometri avevano già fondato Taranto (la Magna Grecia)…. è praticamente un isola, come lo era anche l’antica Molfetta. La città vecchia è stata edificata su di uno scoglio piatto di forma circolare anticamente unito alla terra ferma da un sottile istmo di terra. Questo unica via di collegamento naturale, è stata protetta fin dall’antichità da un poderoso castello. L’istmo fu tagliato nel ‘500, durante la breve dominazione veneziana, e sostituita con il ponte che si percorre ancora oggi per accedere alla città….Della Gallipoli ellenica… solo una fontana all’ingresso del borgo moderno…vi è raffigurato un mito classico: la metamorfosi di Dirce, Salmace e Bilice…Strategicamente posto a difesa della città ed incombente su ponte si staglia la mole del Castello.. Si tratta di uno dei pochi castelli dell’Italia meridionale a presentare ancora oggi il “rivellino”, ossia una sorta di piccolo castello anteposto alla fortezza vera e propria……Durante la sua storia Gallipoli rimase sempre legata alla corona di Spagna… tanto da meritare il titolo di Fedelissima accompagnato da franchigie e privilegi che ne fecero il secondo porto del Viceregno dopo Napoli…. Al centro della città sorge la seicentesca Cattedrale di Sant’Agata, vergine catanese che subì il martirio verso il 251…..Gallipoli è disseminata di tanti palazzi signorili, che sorgono magari su antichi frantoi ipogei… bisogna intrufolarsi per strette strade aggrovigliate che d’improvviso sfociano in corti e cortili….una sorta di labirinto che riesce a confondere in quanto sembra privo di senso…nessuna strada taglia il centro storico per tutta la sua lunghezza… Aggrovigliare le strade aveva due fini: permettere una migliore difesa in caso di attacco, ma sopratutto spezzare la forza del vento che, essendo Gallipoli quasi un’isola, poteva soffiare da tutte le direzioni.”



    “Attraversando la Manduria… la terra del vino…appare una striscia blu dipinta in mezzo alle colline a picco sul mare, che si fa più intensa e di una bellezza imbarazzante man mano che ci avviciniamo al centro abitato. Una stradina in discesa costeggiata da casette bianche e minuscole ci porta su una terrazza del Paradiso: è Piazza Dante, il cuore pulsante di Castro Marina, un palcoscenico d’eccezione per uno spettacolo della natura che non ha possibilità di replica: nascosto da cale rocciose c’è il mare, un mare innocente e cristallino,con intorno una vegetazione incontaminata ……Questo tratto di costa salentina è roccioso e aspro, Madre Natura non ha donato a Castro spiagge o distese verso il mare ma solo pareti ruvide e selvagge….”



    “…a Porto Cesareo, nel vento che soffia violento…c’è profumo di mare e libertà…in mezzo al mare l’ Isola dei Conigli, mi è venuto da sorridere e il mio pensiero è andato al Bianconiglio. Ma quando mi hanno detto che ci saremmo arrivati via mare e a nuoto, è stato come se una favola, a poco a poco stesse prendendo forma e si confondesse con la fiaba…..come “Alice nel Paese delle Meraviglie “…. più avanziamo e più sembra lontana la città… comincio già a toccare il fondo con la punta del piede e un lembo di terra selvaggia spunta un po’ alla volta dall’acqua….Ecco in tutta la sua seducente avvenenza un’isola, dove un tempo allevavano colonie di conigli allo stato brado ..una terra primitiva, dimenticata dalla storia, arsa dal sole, sporcata da una macchia verde enorme, fatta di abeti e piante quasi impenetrabili…e lunghe distese di sabbia chiara e finissima… si allargano verso il mare per poi rientrare a formare deliziose insenature, dove curiose specie di pesciolini si rincorrono in branco fino alla riva e la pineta diventa rada, fino a lasciare solo sterpaglie. Una pineta immensa a nascondere il cuore dell’isola dalla rabbia del vento…” (Anonimo)


    “Lecce, splendida città barocca del Salento….adagiata su un piccolo altopiano, che domina l'intero Salento….Il mare non si vede, ma è talmente vicino da percepirne il respiro. Onnipresente è invece il vento, o meglio, i venti: lo scirocco umido e caldo da sud, la tramontana fredda e secca da nord…colpisce è lo straordinario connubio tra il cielo "azzurro Salento" e le nuance ambrate della pietra leccese, materiale duttile (roccia calcarea, formata dai resti di organismi fossili marini), con cui sono stati costruiti i palazzi e le tante chiese racchiusi tra le mura antiche…. In età romana, durante l'impero di Adriano,la città, chiamata Lupiae, (lupo, che campeggia con un albero nello stemma cittadino) avvia il suo sviluppo. Sotto l'imperatore Marco Aurelio, Lecce vede fiorire l'economia e lo sviluppo edilizio. Lecce decade con la caduta dell'Impero Romano, ma comincia a rivivere con l'arrivo dei Normanni..Roberto il Guiscardo fonda la contea di Lecce, che nel Medioevo fu punto di riferimento di tutta la cultura cavalleresca…Viene ricostruita la Cattedrale e sorgono due importanti monasteri, quello di S. Giovanni Evangelista e quello dei Santi Niccolò e Cataldo….Alla dominazione normanna segue quella degli Svevi, gli Angioini, i Brienne e i Del Balzo Orsini. Con Carlo V inizia una nuova era: il Rinascimento salentino, grazie anche alla collaborazione di due architetti importanti: Gian Giacomo d'Acaja e Gabriele Riccardi, vengono aperti nuovi assi viari rettilinei, come quello che lega S. Croce, il Convento dei Celestini e Palazzo Adorno, si costruiscono le mura di cinta, il Castello, l'Arco di Trionfo per Carlo V, l'Ospedale dello Spirito Santo.”


    “La punta estrema del bel paese, dove il mar Adriatico incontra quello Ionio in una danza senza interruzione…La natura, nonostante portasse i segni della mano sapiente dell’uomo, sembrava essersi divertita nel plasmare i tronchi possenti degli ulivi e ridisegnare le loro folti chiome. Sui cigli delle strade, piante di fichi d’India offrivano i loro frutti spinosi….Santa Maria di Leuca, piccola frazione del comune di Castrignano del Capo in provincia di Lecce, case dipinte di bianco, dalle tipiche finestre azzurre un pontile di legno si snodava lungo una parte della costa… A sorvegliare il versante adriatico, su Punta Meliso, uno dei fari più alti d’Italia…..grotte sia sul versante adriatico che quello ionico della costa….A ponente la Grotta del Diavolo su Punta Ristola, poco distante Grotta Porcinara, antico luogo di culto riportante ancora iscrizioni in greco e latino, la Grotta del Presepe, quella delle Tre Porte, dei Giganti, della Stalla, del Drago; a levante le Grotte Cazzafri, nome di origine greca che significa “di spuma” e la
    Grotta del Morigio. “



    “Due mari lambiscono questa terra: l’Adriatico e lo Ionio, Capo Santa Maria di Leuca li divide. Un viaggio per goderne gli aspetti naturalistici, ma anche di scoprire, tra città e monumenti, due grandi – e spesso sommerse – civiltà che da sempre convivono nel Salento: quella marinara e quella contadina. Ma, protagonista di questo piccolo viaggio è soprattutto il mare. Il mare del Salento regala gioie e visioni, intrecci di festosi colori, antiche storie e leggende. Bisogna percorrerlo lentamente, con il ritmo antico delle barche a remi, o con quello ventoso delle vele, per apprezzarlo. Dall’Adriatico, la tramontana ed il grecale, parente stretto del meltemi macedone, portano l’aria orientale e balcanica; dallo Ionio, lo scirocco, l’antico vento iapigio, parla del passato. Lo zefiro in Puglia si chiama iapigio, diceva Apuleio. I Greci prima, i romani poi, credettero che questo vento nascesse qui, dal promontorio Iapigio che da Leuca porta ad Otranto e Gallipoli…..E’ un mare che incanta e canta, dalle barche dei pescatori, in città come Gallipoli e Porto Cesareo….Le nasse, le reti, le barche, i volti stessi di questi uomini narrano una storia continua. Non importa sapere che il mare e i templi, la religione ed il navigare, in questa terra siano legati in maniera imprescindibile, lo si avverte subito. I panorami mostrano luoghi da sogno: le spiagge di Alimini dall’alto delle dune; la costa bassa di Gallipoli con il sole che saluta l’antica chiesetta di San Mauro; le spiagge di Ugento … le Pescoluse, Alliste, Racale, Felline, San Cataldo, Santa Caterina, Porto Selvaggio e Porto Cesareo. La Madonna dell’Alto guarda i naviganti che sfidano lo Ionio, poiché un pescatore scampato al naufragio mantenne la promessa di erigere una chiesetta alla Madonna nel punto più alto, allo stesso modo tutte le chiese di Gallipoli vecchia guardano al mare, punti di riferimento, fari più dei fari veri, come il santuario di Leuca.”




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    Brindisi

    (IPA: /'brindizi/, brindisino Brinnisi, latino Brundisium, greco Brentèsion o Vrindhision, messapico Brention) è una città di 89.719 abitanti[1] dell'Italia meridionale, capoluogo dell'omonima provincia della Puglia e importante centro del Salento. La città ha rivestito storicamente un importante ruolo commerciale e culturale, dovuto alla sua fortunata posizione verso Oriente e al suo porto naturale sul mar Adriatico. Il comune è membro dell'area vasta brindisina di cui è capofila. Sede aeroportuale, la città ospita anche un porto rilevante per i commerci e i trasporti verso la Grecia e il Medio Oriente. Vivace centro industriale della penisola salentina, Brindisi è attiva nell'agricoltura e nell'industria, soprattutto chimica e energetica.



    Le origini del nome

    Il toponimo latino Brundisium, attraverso il greco Brentesion, ricalca il vocabolo messapico Brention: testa di cervo. Il nome della città sembra, quindi, riferirsi alla forma del porto che richiama la forma della testa dell'animale.



    Storia

    Città antichissima, porta d'Oriente, in un creocevia di culture e genti, ha vissuto una storia altalenante, caratterizzata da periodi aurei e periodi di decadenza, sempre in stretta correlazione alla sua posizione geografica e al successo del suo porto.Nel promontorio di Punta le Terrare, che si trova nel porto esterno, è stato individuato un villaggio dell'età del bronzo media (XVI secolo a.C.) dove un gruppo di capanne, protette da un terrapieno di pietre, ha restituito frammenti di ceramica micenea. Lo stesso Erodoto aveva parlato di un'origine micenea per queste popolazioni. La necropoli di Tor Pisana (a sud dell'attuale centro storico di Brindisi) ha restituito vasi protocorinzi della prima metà del VII secolo a.C. La Brindisi messapica intrattenne certamente rapporti commerciali intensi con l'opposta sponda adriatica e con le popolazioni greche dell'Egeo: tali rapporti sono oggi documentati da numerosi reperti archeologici mentre fu in contrasto con la vicina Taranto. Nel 267 a.C. Brindisi, come l'intero Salento, fu conquistata dai Romani e divenne un importantissimo scalo per la Grecia e l'Oriente, quindi venne elevata al rango di municipio nel 83 a.C. e ai brindisini fu riconosciuta la cittadinanza romana (240 a.C.). La città conobbe durante il periodo romano la sua età aurea e godette di importanti collegamenti stradali con Roma attraverso le consolari Appia, la Regina Viarum, e la via Traiana. Crocevia culturale, soprattutto per chi si recava in Grecia per motivi culturali, diede i natali al poeta Marco Pacuvio; Giulio Cesare ed Ottaviano si imbarcarono da Brindisi per raggiungere l'Egitto;Cicerone vi sostò in quanto ospite di Lenio Flacco e qui scrisse le Lettere Brindisine; a Brindisi si trattenne Orazio Flacco, accompagnato da Mecenate, a causa del suo esilio; fu meta dello sbarco di Agrippina con le ceneri di Germanico; il celebre Virgilio vi morì il 19 settembre 19 a.C. proprio tornando da un viaggio in Grecia. Sede episcopale sin dall'età apostolica, Brindisi fu un centro importante per l'evangelizzazione della zona. Esaurito il fortunato periodo sotto Roma la città fu conquistata dai Goti nel VI secolo, poi nel 674 fu rasa al suolo dai Longobardi guidati da Romualdo, quindi fu presa dai Bizantini e, nel 1070, dai Normanni. La città pugliese recuperò in parte il fasto del passato durante il periodo delle Crociate, quando divenne porto privilegiato per la Terra Santa. L'importanza è dimostrata anche dal fatto che fu nella Cattedrale di Brindisi che l'imperatore Federico II di Svevia, il puer Apuliae, contrasse matrimonio il 9 novembre 1225 con l'erede alla corona di Gerusalemme: Isabella (o Jolanda) di Brienne e, sempre Federico II, partì proprio dal porto brindisino nel 1227 per la Sesta crociata. Fortemente colpita dalla peste del 1348 riguadagnò, lentamente, le antiche dimensioni demografiche grazie a importanti flussi migratori di slavi, albanesi e greci che giungevano d'oltremare. Dal 1496 al 1509 appartenne a Venezia per poi passare sotto il dominio spagnolo. Proprio sotto il periodo vicereale iniziò un lungo periodo di declino, di pari passo al progressivo impaludamento del porto. Con la successiva dominazione borbonica si ebbe un periodo di crescita economica: nel 1775, sotto Ferdinando IV di Borbone, fu riattivato il canale d'uscita del porto interno e furono risanate le paludi adiacenti alla città. L'annessione al Regno d'Italia, nel 1860, e l'apertura del canale di Suez, nel 1869, portarono a Brindisi una linfa vitale nuova, che permise di diventare il terminale preferenziale per la Valigia delle Indie e importante snodo mercantile per la grande ex colonia britannica. Durante la seconda guerra mondiale Brindisi divenne sede del comando alleato per il basso Adriatico, acquisendo una notevole importanza strategica e pagando tale ruolo con diversi bombardamenti nella zona storica. Tra il settembre 1943 e il febbraio 1944, successivamente alla fuga di Vittorio Emanuele III da Roma, la città offrì rifugio all'intera dinastia diventando a tutti gli effetti capitale d'Italia.



    Chiesa di san Benedetto

    Esistente forse già prima dell'XI secolo, il monastero delle Benedettine di Santa Maria Veterana fu largamente beneficato nel XI secolo da Goffredo, conte di Conversano e signore di Brindisi, e dalla moglie Sichelgaita. Nel corso del XVIII secolo fu abbandonato il vecchio monastero, che si sviluppava su tre lati del chiostro medievale, per la costruzione del nuovo, ad occidente dell'antico complesso. La nuova struttura occludeva così la facciata da cui fu smontato il portale e ricostruito sulla fiancata destra. La presenza delle Benedettine ebbe termine nel 1866 allorché, in conseguenza di provvedimento soppressivo, abbandonarono il monastero, attuale sede della Polstrada. La chiesa, con il chiostro più antico, venne invece consegnata all'arcivescovo di Brindisi per divenire sede della parrocchia vicariale già in Sant'Anna. Nel corso del XX secolo ha subito rimaneggiamenti e inversioni di direzione, fino a un restauro (anni '50) che ha eliminato e disperso gli altari barocchi. Dal 2002 è rettoria della Parrocchia Cattedrale di Brindisi.



    GALLIPOLI



    Partiamo per Brindisi in automobile.


    Lunga stada abbaggliante, per una campagna di sete. Grossi borghi imbiancati. Gli olivi. Tra Alberobello e Logorotondo i paesaggi strani sparsi di trulli. Una specie di attendamento lapideo. I padiglioni conici di pietra, col fiore in cima. I trulli bruni e bianchi.I gruppi di coni. Penso ad una abitazione fatta di sette trulli, con l'interno d'orato, con le pareti di lapislazzuli, con i pavimenti ricoperti di tappeti arabi. Ad Alberobello la festa di Cosimo e Damiano, la festa dei Santi Medici. Carri pieni di pellegrini, processioni e musiche... Paese remoto come un sogno, e come un antica età. La via bianca tra muri a secco. Gli ulivi contorti, sui grossi ceppi, simili a quelli della baia d'Itea di Delfo, di Egina: ulivi ellenici. L'erba arsiccia nell'ombra, color di velluto furvo. Le pecore nere, le pecore dei sacrifizi alle divinità di sotterra, che fuggono tra ombra e ombra. Qualche capro nero,dall'occhio giallo. Qualche stuolo di contadini seminudi, simili a certi gruppi di terracotta beotica, simili a certe figure dei vasi campani. Nella stanchezza mi addormento....mi sveglio e vedo un paese di sogno, come se dormissi tuttavia. L'attendamento di pietra nel terreno ondulato. gli innumerevoli coni bruni contrassegnati dall'emblema fenici. Lunghe nuvole rosee in un cielo d'acquamarina....le città bianche che s'innazzurrano nella sera. La luna pallidissima nel cielo limpido.

    Gabriele D'Annunzio..e mio figlio sempre più annoiato...





    GALLIPOLI



    [size=7][color=purple]Gallipoli

    La città di Gallipoli deriva dal greco che significa "città bella". E veramente tale appare, quando da quello alto la serra delle Capuccinis riconosce il lungo profilo del Borgo, di fronte la sagoma dell'isola di S. Andrea, con il suo faro bianco emerge dalle acque. La città con le sue spiagge bianche ei suoi monumenti è sicuramente una meta da non perdere.





    Chiesa di San Giovanni al Sepolcro

    (anche chiesa del Santo Sepolcro e Tempietto del Sepolcro), è una chiesa romanica di Brindisi, chiusa al culto.

    Storia

    Costruzione di età normanna (XI secolo), fu forse eretta dai Templari, piuttosto che da Boemondo di ritorno dalle crociate come vuole la tradizione locale. È stato ritenuto, senza motivo, un battistero e alcuni l'hanno anche creduto, ma erroneamente, ricostruito su un primitivo edificio paleocristiano. Passato ai Cavalieri del Santo Sepolcro nel XIV secolo, ne assunse l’attuale denominazione. Subì notevoli danni e un lungo degrado fino al restauro di metà Ottocento che lo portò a fungere da provvisoria sede del Museo Civico dal 1850 al 1955. Numerose campagne di scavo al suo interno hanno portato alla luce antiche testimonianze anche di epoca romana, senza fare luce sulla sua origine.



    GALLIPOLI SPIAGGE...



    MARE CRISTALLINO



    Angiono Castello si trova all'ingresso del centro storico a guardia del porto. Whimsical ricci di mare, specialità Gallipoli, sedersi in mare dalla fortezza.

    UN NOTO FILM...SU GALLIPOLI



    Il Film: Gallipoli è unico nella storia del mondo: non è solo una battaglia, ma è anche un'epica storia di coraggio, l'abnegazione e la resistenza ostinata. E 'anche una storia di nemici che visualizza il rispetto reciproco durante la battaglia e che è diventato amico dopo di esso. Nessuna battaglia è forgiato così forte cameratismo e la pace eterna nella sue conseguenze. Sulle rive del Gallipoli, Australia e Nuova Zelanda became nazioni e la Turchia ha intrapreso il suo viaggio per diventare una repubblica dalle rovine di un impero. (Da www.gallipoli-film.com/eng_film.asp)



    Chiesa di Santa Maria del Casale

    è un'interessante costruzione romanico-gotica sita 2 chilometri a nord di Brindisi, nei pressi del quartiere Casale, sulla strada per l'aeroporto.


    Fu eretta allo scadere del XIII secolo sul luogo dove esisteva una cappella che custodiva un'icona mariana legata ad una pia tradizione a san Francesco d'Assisi che, di ritorno dalla Terrasanta, avrebbe qui pregato. Fu donata nel 1300 dal re Carlo II all'arcivescovo Pandone. Il luogo dove sorgeva la chiesa della Madonna del Casale era solitario e ameno e gli arcivescovi di Brindisi vi costruirono la loro dimora estiva. Dal maggio 1310 la chiesa, i locali annessi furono utilizzati come "cancelleria" del processo contro i Templari del Regno di Sicilia. In quella occasione, il tribunale composto dall'arcivescovo brindisino Bartolomeo da Capua, dal canonico romano di Santa Maria Maggiore Jacopo Carapelle, dai francesi Arnolfo Bataylle e Berengario di Olargiis, insieme al canonico Nicola il Mercatore, condannarono in contumacia i cavalieri assenti. Nel 1322 Filippo d'Angiò, principe di Taranto e la moglie Caterina vi eressero la cappella di Santa Caterina. Il 26 aprile 1568 l'arcivescovo Giovanni Carlo Bovio cedette ai Frati Minori Osservanti, la chiesa, il terreno e gli edifici attigui. Nel 1598 vi subentrarono i Riformati che conclusero i lavori di costruzione del convento. La chiesa nel 1811 fu soppressa dal governo murattiano e fu usata come caserma. I Francescani vi tornarono nel 1824 e cercarono di riparare i gravissimi danni. Santa Maria del Casale è Monumento Nazionale dal 1875. L'edificio è stato recentemente restaurato dai missionari della Consolata di Torino, stabilitisi nell'annesso convento cinquecentesco, del quale è visibile il chiostro.


    Monumento al Marinaio d'Italia

    è un monumento a forma di timone alto 53 m in pietra di carparo (tufo compatto dorato) che spicca sul porto di Brindisi.

    Il monumento è stato realizzato per commemorare i circa 6.000 marinai caduti in occasione della prima guerra mondiale (1915-1918) e la scelta di Brindisi (preferita alla Spezia e Trieste) fu dovuto al ruolo centrale che ebbe la città salentina durante la guerra. Per la realizzazione fu indetto un concorso nazionale per architetti e scultori e vi parteciparono ben 92 bozzetti. Il vincitore fu proprio quello di un grande timone con cappella-sacrario presentato dall'architetto Luigi Brunati e dallo scultore Amerigo Bartoli. I lavori per la realizzazione durarono un anno, dal 28 ottobre 1932 all'ottobre del 1933. L'inaugurazione avvenne il 4 novembre, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, oltre che di Achille Starace.



    ... altre immagini di Brindisi ...


    GALLIPOLI IL CAVALLO DI TROIA



    Gallipoli è stata teatro di una battaglia terribile navale nel 1915, con perdite totali su entrambi i sides, pari a quasi mezzo milione nel giro di pochi mesi. Ballard è, secondo la cartella stampa, alla ricerca di navi da guerra sul fondo del mare che potrebbe fornire nuovi dettagli sulla battaglia di Gallipoli.



    Oria

    (Uriae in Latino, אוריה in Ebraico, Wari in Arabo) è un comune italiano di 15.350 abitanti della provincia di Brindisi, in Puglia. Situata in territorio collinare nel Salento settentrionale al confine con la Murgia, nel 1951 le è stato conferito il titolo di città grazie alla sua storia plurimillenaria che la rese importante centro urbano già in età messapica.

    Storia

    La fondazione di Oria, secondo Erodoto, avvenne quando un gruppo di cretesi naufragò lungo le coste salentine non lontano da Oria. I cretesi scelsero il colle più alto per iniziare la costruzione della città in quanto da lì potevano ben controllare tutto il territorio circostante. Diedero a tale città il nome Hyria. Durante l'VIII secolo a.C. Oria comincia, la sua evoluzione da abitato "sparso" a città vera e propria, infatti abbiamo una concentrazione, probabilmente di capanne sul colle più alto della città come attestato dalla libera università di Amsterdam. Oria divenne la capitale politica della confederazione messapica, intessendo rapporti sia con centri della messapia che città magno-greche. Di particolare interessa risulta il rapporto con la vicina e potente città di Taranto, con la quale il rapporto non era certo dei più pacifici, anche se vi erano periodi di floridi scambi culturali e commerciali. La rivalità dei Messapi con Taranto giunse all'apice nel 473 a.C. quando i Tarantini, uniti ai Reggini si scontrarono con i Messapi. Tale forte conflitto fini con l'indebolire sia i Messapi che i Tarantini, Con il 272 a.C. Taranto e di li a poco i Messapi persero la loro indipendenza almeno in parte, a causa della crescente potenza di Roma, Oria non perse però la sua importanza. Nel 88 a.C. divenne quindi municipio romano, ed ebbe l'importante privilegio di continuare a battere monete. Tra VIII e X secolo, la città di Oria raggiunge il suo massimo splendore culturale. Il suo prestigio e la sua fortuna sono dovuti soprattutto al suo ruolo di città nativa ed in alcuni casi adottiva di numerosi sapienti ebrei, tra i quali il figlio più illustre e dotto di Oria il filosofo e medico Shabbetai Donnolo.

    Ceramica Messapica, Centro documentazione messapica Oria

    Con l'alto Medioevo, le fonti di natura ecclesiastica si fanno meno certe, e frutto di evidenti quanto grossolani falsi storici. Durante la guerra greco-gotica, Oria fu spesso devastata, come del resto gran parte dell'Italia Meridionale. In seguito fu un territorio di transizione tra Bizantini e Longobardi, nell'area della città doveva trovarsi il cosiddetto limitone dei greci; una sorta di confine tra territori longobardi e bizantini. Nel corso del IX-X secolo fu spesso bersaglio dei Saraceni, che saccheggiarono e distrussero più volte la città. L'imperatore Ludovico II nel 867 si recò in Oria per liberarla dai saraceni; ma gli attacchi non cessarono. Nel 924 i saraceni misero a ferro e fuoco la città e ci furono numerose vittime. Nel IX secolo si assiste all'ascesa dei Normanni, e nel 1062 fu conquistata da Umfredo d'Altavilla. Il più importante degli imperatori normanno-Svevi per la città fu Federico II; il Puer Apuliae ampliò nel 1225 il vecchio maniero normanno che a sua volta poggiava probabilmente su fortificazioni bizantine e andando ancora più indietro nel tempo messapiche. La città si ribellò a Manfredi, subì l'ennesimo assedio ma ne fu presto liberata grazie anche all'eroico Tommaso d'Oria. Sotto il dominio degli Angioini, Oria subì un nuovo assedio, nel 1433 venne saccheggiata da Giacomo Caldora famoso condottiero dell'epoca. Divenne poi feudo degli Orsini Del Balzo.
    Alle soglie del 1500 Oria dovette subire nuovi assedi, celebre l'aspra resistenza contro gli spagnoli che assediavano la città, salvata secondo la leggenda dal patrono San Barsanofio, e dal valore di tutti i cittadini. Da questo momento in poi la città fu "affidata" a diverse famiglie nel 1572 San Carlo Borromeo alienò il feudo al vescovo di Cassano; per poi passare agli Imperiali(famiglia) di origine genovese.


    Dopo il 1500 comincia anche un lento declino dell'antica città, soprattutto a causa dello sviluppo del borgo di Francavilla Fontana. Nel corso del settecento a cura di Michele Imperiali vengono restaurati alcuni monumenti della città tra cui Porta Manfredi. Nonostante la posteriore propaganda post unitaria non mancarono a Oria voci contrastanti l'unità, per citare solo un esempio negli atti di polizia contro associazioni e atti contro lo Stato, figurano parole oltraggianti la persona del re in casa di Luigi Lomabardi. Vi sono anche altri atti di presunte riunioni sovversive in cui parteciparono cittadini oritani e dei paesi limitrofi. Il 21 settembre del 1897, la città venne investita da un potente ciclone che danneggiò gran parte dei monumenti antichi. Durante le Guerre Mondiali il comune ha versato il suo contributo alla Patria: furono molti infatti gli oritani morti combattendo. Nel 1951, con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ad Oria fu conferito il titolo di città.

    Oria come appariva nel 1642



    MASSAFRA

    Massafra-Stemma

    massafra-a

    passeggiando per Oria...

    Oria - Piazza Manfredi



    Oria - porticati dove Fogazzaro creò il suo "Piccolo mondo antico"



    Santuario di San Cosimo alla Macchia

    Situato a circa cinque chilometri dal centro abitato, in aperta campagna, in origine era una chiesetta fondata dai monaci basiliani in un'area senza alcuna coltivazione che spiega l'appellativo "alla macchia". Da oltre mezzo secolo rappresenta l'ideale centro religioso di tutto il Salento. Nel corso dei secoli, la chiesetta è stata ampliata e oggi, alla sommità della facciata, presenta una grande statua del Cristo Redentore. All'esterno, oltre ad un ricco porticato, è stata creata una chiesa all'aperto per le celebrazioni del periodo estivo e primaverile. Dedicato ai Santi Medici Cosimo, Damiano, Antimo, Euprepio e Leonzio, il santuario è stato recentemente restaurato nell'ambito dei lavori per il Grande Giubileo del Duemila. All'esterno dispone anche di strutture per l'accoglienza dei pellegrini che giungono da tutto il Mezzogiorno e anche dall'estero. Poco distante dal Santuario, la Curia vescovile ha fatto edificare una moderna struttura che ospita il Seminario Vescovile.



    Castello Svevo di Oria

    Considerata l'importanza strategica del territorio di Oria (che divideva spesso con diverse sfumature di dominio i territori bizantini da quelli dei goti), pur senza prove archeologiche si deve presumere l'esistenza di un primo nucleo fortificato già in età altomedievale. In seguito (XI secolo), vi dovette essere una qualche forma di difesa/controllo dell'abitato e del territorio effettuato dai normanni che infeudarono la città. Numerose modifiche subì il maniero in età federiciana (1225-1227), al punto che generalmente viene denominato "castello svevo"; alcune fonti locali vogliono che lo stesso "Stupor mundi" edificò il castello, in realtà è più realistico pensare che Federico II lo ampliò e lo modificò. Altre importanti modifiche furono effettuate nel periodo angioino a cui vanno riferite le torri cilindriche dette "del Salto" e del "Cavaliere". L'originario mastio normanno-svevo fu pesantemente riadattato, come d'altronde tutta la struttura, anche nel corso del XV-XVI secolo adattandolo alle nuove esigenze difensive, nate con l'adozione delle armi da fuoco, e dotandolo quindi di numerose cannoniere in parte ancora oggi visibili. Infine è stato oggetto di integrazioni, restauri e ricostruzioni tra Ottocento e Novecento: nel corso del 1897 il castello devastato dal ciclone che investì la città di Oria.
    Numerose volte il castello ha dovuto resistere ad assedi, come quello di Manfredi, o agli assalti di Giacomo Caldora (1433), di Pietro de Paz (1504) che non riuscì a prendere la rocca. Il castello fu anche luogo accogliente per re, principi e cavalieri; oltre agli invitati al matrimonio di Federico II, ricordiamo che vi sostarono la regina Maria d'Enghien (1407), il suo sposo Ladislao re di Napoli (1414), la principessa Isabella di Chiaromonte e il re Ferrante d'Aragona (1447); un episodio molto importante per l'epoca è la partenza di Alfonso II da Oria per liberare Otranto dai Turchi (1480). Anche in tempi recenti è stato meta di personalità e studiosi italiani e stranieri quali: Maria Josè di Savoia, Margareth d'Inghilterra, il cardinale Tisserant, principi di casa d'Asburgo, Theodor Mommsen, Paul Bourget, Ferdinand Gregorovius ed altri ancora. Il 15 dicembre 1933 il Comune di Oria cedette il Castello alla famiglia Martini Carissimo, ricevendone in cambio Palazzo Martini, poi adibito a Sede Municipale. I Martini Carissimo restaurarono il Castello con l'ausilio dell'architetto Ceschi. In considerazione dello sforzo profuso dalla famiglia Martini Carissimo, il Re d'Italia Vittorio Emanuele III, volle conferire a questa famiglia il titolo di Conti di Castel d'Oria. Il Castello di Oria dichiarato Monumento Nazionale, è stato venduto il 2 luglio 2007 per la cifra irrisoria di 7 milioni e 750mila euro, alla società Borgo Ducale SRL che fa capo ai coniugi Romanin-Caliandro.



    SALENTO





    Il Salento è un luogo ricco di storia e tradizioni, di bellezze naturali, di magiche atmosfere che in ogni angolo di questo favoloso lembo di terra italica richiamano profumi e sapori di un passato che ha conosciuto culture diverse, da quella greca a quella bizantina, culture che si espimono nell’architettura di ogni suggestivo paese salentino. Nel percorrere il territorio ci si accorge dell’influenza dei greci per la predominanza assoluta delle case bianche “a calce”, senza tetto, soprattutto in campagna e sulla costa, mentre i centri storici sono caratterizzati da un lascito spagnolo del Barocco che qui si spoglia della sovrabbondanza pittorica degli interni e trasforma le facciate esterne di chiese e palazzi in veri arazzi scolpiti. Insomma, il Salento è un territorio dalla vocazione turistica naturale come pochi capace di trasmettere stimoli e messaggi tra i più diversi, di affascinare con i miti e i segni dei popoli antichi, di interessare con le testimonianze e gli incroci delle culture del Mediterraneo. Ma anche di incuriosire con le opere grandiose dei maestri scalpellini, di attirare con i colori e i paesaggi del sole, di far sorridere con i sapori della tavola. spiaggia salento Chi scopre il Salento lo apprezza per l’atmosfera magica, le numerose meraviglie da scoprire, il sole caldo, il cielo blu, il mare cristallino, la costa da sogno dai mille disegni, l’arte barocca. Un mix di arte, cultura, turismo e tradizioni, che rendono questa terra unica per per chi ha la fortuna di visitarla almeno una volta nella propria vita.
    Dò alcuni suggerimenti utili su alcuni imperdibili luoghi che meritano di essere visitati:


    <b>-TORRI COSTIERE:





    Particolare
    Le torri costiere della provincia di Lecce si concentrano per lo più sul versante adriatico; il turista che intendesse percorrere la bellissima litoranea, da S. Cataldo al Capo di Leuca e da qui risalire la sponda ionica fino a Porto Cesareo, si troverebbe di fronte a strutture fiere e possenti che oggi ricordano quel clima di paura e violenza, ma anche di indomita resistenza, nel quale vissero queste genti. Partiamo da S. Cataldo, l’antico porto di Adriano e scendiamo fino a Roca Vecchia, antica località che conserva ancora parte delle sue strutture difensive nascoste tra il verde di uno dei più importanti parchi archeologici del Mediterraneo. Procedendo verso sud troviamo Torre dell’Orso, nell’omonima località balneare, Torre del Serpe, simbolo di Otranto e Torre Sant’Emiliano che si protende solitaria verso il mare. Fino a Santa Maria di Leuca, la litoranea appare quasi ”sorvegliata” da questi guardiani di pietra. Da vedere Torre Palane e Torre degli Uomini Morti. Sul versante ionico, Torre Sabèa a Gallipoli, Torre Santa Caterina, Torre delle Quattro Colonne sul litorale neretino, la Torre di Uluzzo nel parco naturale di Portoselvaggio e infine Torre Sant’Isidoro, Torre Squillace e Torre Chianca presso Porto Cesareo. L’austerità di queste strutture militari si è saldata, nel corso dei secoli, con la spettacolarità della costa e dei paesaggi.





    Torre dell'orso





    Torre della serpe



    GROTTE COSTIERE SITE NEI PRESSI DI S. MARIA DI LEUCA:





    GROTTA BOCCA DEL POZZO: per raggiungerla occorre approdare ad alcuni scogli e percorrere a piedi un breve sentiero. Si arriverà così ad un fiabesco specchio d’acqua cristallina e gelida che il mare ha scavato nella roccia viva.





    Grotta salento GROTTA MANNUTE: un Intricato complesso di cavità, tutte intercomunicanti e particolarmente suggestive, caratterizzato da grandi aperture circolari che si schiudono a mezza quota.





    GROTTA VORA: l’enorme caverna ricorda l’interno di una grandiosa cattedrale. Un grande foro circolare, posto a 60 metri sulla volta, permette al sole di colorarne le pareti con stupendi giochi di luce.




    GROTTA ORTOCUPO: sulla riva silenziosa o immergendosi alla scoperta dei meravigliosi fondali della Grotta del Soffio.





    Francavilla Fontana

    (IPA: /franka'villa fon'tana/, Francaidda [fɾaŋka'iɖɖa] in dialetto francavillese) è un comune italiano di 36.607 abitanti della provincia di Brindisi, in Puglia. È soprannominato anche la Città degli Imperiali, in onore degli omonimi feudatari che governarono la città ininterrottamente per circa due secoli, portando il feudo all'apice della potenza, che di conseguenza divenne uno dei maggiori centri culturali e industriali dell'area (nell'Ottocento fu eletta capoluogo di circondario). La città è situata 35 km a ovest del capoluogo, lungo l'antico tracciato della via Appia, ed è il terzo centro in ordine di popolosità della provincia. Importante centro agricolo, artigianale, industriale (piccole e medie imprese) e commerciale, è sede della Fiera Nazionale dell'Ascensione, terzo polo fieristico regionale dopo Bari e Foggia.Nel 2009 ha ottenuto dalla Regione Puglia il riconoscimento di "città d'arte".





    Storia

    Le ricerche archeologiche hanno documentato le origini messapiche della città, occupata poi dai Romani, per la presenza di un piccolo insediamento che va dalla seconda metà del IV sec. fino ai primi decenni del II sec. a. C. In contrada San Lorenzo, nei pressi del canale Reale (lungo l'antica via Appia), sono stati rinvenuti i resti di una villa rustica di epoca romana, costruita verso la fine del I sec. a. C. E' qui che agli inizi del XIV secolo sarebbe sorta Francavilla, per iniziativa di Filippo I d'Angiò, principe di Taranto e signore di Oria. Mentre cacciava cervi in quella zona nel 1332, il principe avrebbe rinvenuto presso una fontana - secondo la tradizione - un'immagine della Beata Vergine dipinta su un muro diroccato. Vi fece costruire una chiesa (Santa Maria della Fontana, di cui esiste ancora un muro laterale con monofora, dopo la ricostruzione del XVIII secolo), intorno alla quale radunò gente dalle campagne vicine: al nuovo casale diede il nome di Villa San Salvatore. Per incentivarne lo sviluppo, il principe angioino concesse numerose franchigie: da qui il cambio del nome a Franca Villa (dal francese ville), città franca, ossia esente da tasse e contributi. In seguito, per distinguerla da altre città con lo stesso nome, fu chiamata Francavilla d'Otranto. Solo nel 1864 divenne Francavilla Fontana, a ricordo dell'icona bizantina che raffigura la Madonna della Fontana. Nel 1364 il casale passò a Filippo II d'Angiò, che lo cinse di mura, in seguito ampliate dal Principe di Taranto Raimondello del Balzo Orsini. Da costui passò prima ai Borromeo e poi agli Imperiali, che la tennero finché Ferdinando IV di Borbone la dichiarò città libera, alla fine del XVIII secolo. Fu il figlio di Raimondello, il più noto Giovanni Antonio del Balzo Orsini, che fece costruire nel 1455 una grande torre quadrata (primo nucleo di quello che sarebbe diventato il palazzo Imperiali, a pianta rettangolare, che ha la struttura di un castello fortificato), alla quale il marchese di Oria e feudatario di Francavilla Giovanni Bernardino Bonifacio aggiunse - nel 1536 - altre tre torri. I restauri fatti eseguire dagli Imperiali dal 1701 al 1730 lo trasformarono in splendida residenza; ora è la prestigiosa sede dell'Amministrazione comunale. Su una facciata laterale vi è un grande loggiato barocco con quattro arcate incorniciate da sculture; lungo gli altri lati si aprono monofore rettangolari. Un ampio portale del '700 dà accesso al cortile dov'è il fonte battesimale del XIV secolo che faceva parte della chiesa angioina distrutta dal terremoto del 1743. Le porte di Francavilla appartengono a secoli diversi: al XVII quella del Carmine, a tre fòrnici, edificata dagli Imperiali nel 1640 più come arco di trionfo che come porta; al XVIII quelle dei Cappuccini e della Croce (1714). Il borgo ha un aspetto rinascimentale e barocco, con i palazzi Pepe, Bottari, Giannuzzi-Carissimo. Alla metà del XVI secolo risalgono i palazzi Cotogno e Argentina. Il palazzo Bianco, in stile rococò, è della fine del XVII secolo. La chiesa matrice, o chiesa del Rosario, con imponente cupola rivestita da mattonelle di maiolica, fu ricostruita tra il 1743 e il 1759 là dov'era la chiesa angioina della Madonna della Fontana del XIV secolo. In via San Francesco è la chiesa del Carmine, con annesso convento costruito nel 1517 e utilizzato come ospedale nel 1867. La chiesa di Santa Maria della Croce sarebbe stata edificata nella prima metà del sec. XVI là dove esisteva un'antica cappella, dalla quale fu presa un'immagine della Vergine dipinta su muro (databile al XIII secolo), la meglio conservata tra le immagini mariane di tradizione medioevale. Sulla via per Ceglie, fuori la porta dei Cappuccini, è la chiesa dello Spirito Santo, la cui costruzione cominciò il 19 Marzo 1759. La chiesa dell'Immacolata fu consacrata dal vescovo di Oria Luigi Margherita il 23 Agosto 1869. Nell'agro francavillese, interessanti due cripte basiliane, presso le masserie Caniglia e di Santa Croce: l'ultima con affreschi di santi dipinti tra il XV e il XVI secolo. Importante centro agricolo, artigianale, industriale (piccole e medie imprese) e commerciale, Francavilla è sede della Fiera Nazionale dell'Ascensione, che si svolge nel mese di maggio, giunta nel 2006 alla 67° edizione.

    Torre orologio


    Altre ancora ........




    GINOSA



    CASTRO





    Uno scenario naturale straordinario. I picchi rocciosi, in alcuni punti quasi inaccessibili, che si stagliano su un mare sempre intensamente azzurro e cristallino; la ricca vegetazione mediterranea che abbraccia morbidamente una collina intagliata da stradine tortuose; il caleidoscopio di fondali ricchi di fauna e di flora che offrono agli appassionati subacquei un’esperienza esaltante. Ma il fascino di Castro non si esaurisce certo qui: alle bellezze naturali si affiancano le attrattive, sicuramente più misteriose e suggestive, della sua storia che vivono attraverso il Castello del ‘500, la Cattedrale del XII secolo, la cripta Bizantina e tutti gli altri monumenti, fieri testimoni del passato. Sotto i raggi del sole o alla luce delle lampare, si potranno ascoltare la canzone eterna del mare, che sa di partenze, di sirene e di mostri, ma soprattutto di incontri.





    PORTO CESARIO




    Porto Cesareo è uno dei più giovani comuni Salentini, avendo raggiunto l'autonomia solo nel 1974; dista al capoluogo circa 30Km. Il paese trae le proprie risorse economiche dalla pesca e dal turismo. La saggezza amministrativa e la capacità imprenditoriale, hanno trasformato Porto Cesareo in uno dei centri turistici più rinomati di tutta la Puglia. Il piccolo centro vanta radici antichissime, sorgeva, infatti, in una posizione naturale invidiabile, aveva tutto intorno terreni fertilissimi, un porto che facilitava gli scambi con la Calabria e soprattutto aveva una popolazione che aveva tanta voglia di lavorare. Queste caratteristiche positive, finirono stranamente per nuocere alla città; si attirò infatti, l'invidia di Gallipoli, che decise di frenare la crescita impetuosa di una possibile concorrente e rivale. Dopo un cruento assedio, bloccata da terra e da mare, Porto Cesareo cadde e fu totalmente distrutta; questo accadeva attorno al II secolo. Solo nel XVI secolo, alcuni pescatori cominciano a costruire nello stesso posto le proprie abitazioni, creando un piccolo villaggio, che, con l'andar del tempo, crebbe fino a diventare un piccolo paese.



    Gli abitanti, più tardi intrapresero una dura battaglia contro le paludi malsane e malariche che circondavano la zona; adottarono opportune tecniche di bonifica e riuscirono a debellare il naturale nemico. Porto Cesareo è stata fino al giorno dell'autonomia sotto la giurisdizione di Nardò di cui era frazione. Protettrice di Porto Cesareo è la Madonna del Perpetuo Soccorso che si festeggia l'ultimo sabato di Giugno. Il culto per Questa fu introdotto dai Padri Redentoristi. L'ultimo sabato di Agosto viene festeggiata Santa Cesarea, quantunque sembra addirittura non esistere una Santa Cesarea, ma la tradizione perpetrata nel tempo e la necessità di offrire ai turisti attrazioni e motivi di distrazione, hanno fatto si che si mantenesse in vita questa festa popolare. Importante è la sagra del pesce che si tiene a fine giugno, nata soprattutto per dare l'inizio ad un'altra lunga e interminabile estate su dune di sabbia bianchissima e finissima.




    Otranto

    è una cittadina di 5.522 abitanti della Puglia in provincia di Lecce, situata lungo la costa orientale della penisola salentina. È la città più orientale d'Italia: il capo omonimo, chiamato anche Punta Palascìa, fuori dal centro abitato, è il punto posto più a est della penisola italiana. Centro bizantino e più tardi aragonese, si sviluppa attorno all'imponente castello e alla cattedrale. Sede arcivescovile e rilevante centro turistico, ha dato il suo nome al Canale d'Otranto, che separa l'Italia dall'Albania, e alla Terra d'Otranto, antica circoscrizione del Regno di Napoli.

    Storia

    Le immediate vicinanze di Otranto erano abitate probabilmente già dal Paleolitico, certamente dal Neolitico; la città fu poi popolata dai messapi (di cui nel 1995 sono state scoperte le mura ed una porta della città), stirpe che precedeva i greci, quindi - conquistata da costoro - entrò nella Magna Grecia e, ancora, cadde nelle mani dei romani, diventando presto municipio. Nel periodo romano, Otranto era una delle città marinare più importanti della Puglia. Il lavoro mercantile e di artigianato locale era molto fiorente, soprattutto nella lavorazione della porpora e dei tessuti. Era presente ad Otranto una comunità ebraica e ciò fa capire l'importanza commerciale che il centro poteva avere e che andava oltre alle isole Ionie. Prima che Otranto diventasse colonia romana, esisteva già una complessa rete viaria che metteva in comunicazione la cittadina con il resto del Salento e con la Puglia in genere. I Romani non fecero altro che rinforzarla, introducendola nelle loro arterie di comunicazione. Ad Otranto rimangono ancora delle testimonianze del passaggio dei Romani: due basi di marmo con epigrafe latina, risalenti al II secolo d.C.,che riconducono agli imperatori L. Aurelio Vero e M. Aurelio Antonino. Nel 162 la città chiese ed ottenne di battere moneta e fu così che venne aperta una zecca, rimasta attiva sino al secondo secolo d.C. Pian piano il porto di Otranto divenne sempre più importante, superando anche quello di Brindisi. Tale realtà non fece altro che consolidarsi in epoca paleocristiana. L'importanza del suo porto le fece assumere il ruolo di ponte fra oriente e occidente. Otranto fu centro bizantino e gotico, poi normanno, svevo, angioino e aragonese. Nella sua splendida cattedrale, costruita fra il 1080 e il 1088, nel 1095 venne impartita la benedizione ai dodicimila Crociati che, al comando del principe Boemondo I d'Altavilla (1050-1111), partivano per liberare e per proteggere il santo Sepolcro. Di ritorno dalla Terra Santa, proprio a Otranto San Francesco d'Assisi era approdato nel 1219, accolto con grandi onori. A Otranto, l'11 settembre 1227, era morto a seguito di malaria il langravio di Turingia, sposo di Santa Elisabetta d'Ungheria. Nel 1480 fu espugnata dai Turchi (Maometto II), che fecero strage della popolazione durante la Battaglia di Otranto, uccidendo 800 persone: si tratta dei beati Martiri idruntini. I Turchi distrussero anche il Monastero di San Nicola di Casole (poco a sud di Otranto). In tale monastero, i monaci basiliani avevano costituito la più vasta biblioteca dell'allora occidente oltre ad aver istituito la prima forma di college nella storia, che ospitava ragazzi provenienti da tutta Europa che si recavano a Otranto per studiare. Fu uno di questi monaci (Pantaleone) l'autore del monumentale mosaico pavimentale (il più grande in Europa) contenuto nella cattedrale. I Codici prodotti in questo monastero sono ora custoditi nelle migliori biblioteche d'Europa, da Parigi a Londra, da Berlino a Mosca. Dopo la pesante distruzione da parte dei Turchi, la città si rianimò, presa dalla voglia di riscattarsi. Nel 1539 contava 3200 abitanti con 638 fuochi. In questi anni, Otranto fu contesa dai Veneziani e nuovamente dagli Angioini. Nel frattempo gli Ottomani tentarono nuovi assalti alla città, nel 1535 e nel 1537, ma fortunatamente Otranto riuscì sempre a resistere. A partire dalla seconda metà del Seicento, Otranto visse un netto calo della sua importanza. Il commercio fu soggetto ad un arresto e le manifestazioni culturali furono pressoché nulle. Anche nel settore edile non ci furono grandi novità. Molti degli abitanti di Otranto, ormai esausti e spaventati dalle continue incursioni via mare, decisero di lasciare il proprio paese per trasferirsi in luoghi più sicuri. Fu così che la città perse quel posto primario che occupava nel Salento. Otranto subì altri attacchi dei saraceni, nel 1614 e nel 1644, ma riuscì ad uscirne indenne. Molti terreni della zona circostante furono abbandonati e ciò causò la formazione di paludi, dove il rischio di contrarre la malaria si fece sempre più alto. Il Settecento fu il secolo di una moderata ripresa. L'edilizia crebbe, seppur lievemente. Tutto ciò si deve alla presenza di alcune famiglie che da altri centri della Terra d'Otranto si trasferirono ad Otranto per investire i loro risparmi in beni immobili. Nel 1800, la campagna otrantina che circondava i Laghi Alimini era squallida e deserta. Esistevano solo poche masserie, alcune delle quali erano abitate solo in alcune stagioni dell'anno. In quest'area, il rischio di contrarre malattie era molto elevato nel periodo estivo, quando avveniva il prosciugamento delle zone paludose. Il primo progetto di bonifica fu stilato nel 1868 dal Genio Civile di Bari, il quale, dopo aver rilevato tutta la superficie del lago e dopo averne misurato la profondità, riconobbe le zone di impaludamento e suggerì il modo di sanarle. Le paludi, quindi, lasciarono lo spazio a terreni coltivabili. Venne ripresa l'agricoltura. Nel periodo napoleonico la cittadina divenne Ducato del Regno di Napoli e si verificò una netta ripresa grazie al Ministro Fouch. Le fortificazioni otrantine furono soggette ad una totale trasformazione a partire dal 1866 e molti beni urbanistici della città finirono nelle mani del demanio. Il fossato del Castello fu ricoperto da terra e brecciolina e un tratto delle mura fu abbattuto. Il Novecento fu un secolo di emigrazioni verso la Germania e la Svizzera alla ricerca di un posto di lavoro. Alla fine degli anni novanta, la città ha vissuto gli sbarchi in massa sulle sue coste dei profughi albanesi in fuga dalla loro terra.

    Veduta della città vecchia

    Le mura


    La cattedrale di Otranto




    All'interno della cattedrale si trova il mosaico pavimentale più grande d'Europa opera del monaco Pantaleo.



    Baia dei Turchi vicino Otranto ........... da sogno !!!!



    Cattedrale

    La Cattedrale di Otranto, edificata sui resti di una domus romana, di un villaggio messapico e di un tempio paleocristiano, è stata consacrata al culto il primo agosto 1088 durante il papato di Urbano II. Misura 54 m di lunghezza e 25 m di larghezza. Costruita su 42 colonne monolitiche e tutte di riporto, diverse per qualità del granito e del marmo, per stile e tempo di produzione di cui si ignora la provenienza. Composta da 23 semicolonne che formano 45 campatele quadrate più tre dell'abside centrale suddivisi in 5 filari per 9. Alcune delle colonne sono lisce ed altre ricoperte da scanalature, per mezzo della disparità dei materiali, grazie ad una disposizione sapiente, creano l'effetto di grande omogeneità e non di confusione. Sulla facciata a doppio spiovente spicca un portale barocco del 1764 e un rosone rinascimentale a 16 raggi con fini trafori gotici di forma circolare con transenne convergenti al centro, secondo l'arte gotico-araba della fine del XV secolo. Il soffitto della navata centrale è formata a cassettoni in legno dorato e risale al 1698 mentre il paliotto dell'altare maggiore, in argento, è opera di oreficeria napoletana del '700. Alcuni affreschi parietali situati all'interno del tempio e nella cripta evidenziano tracce bizantine. Il pavimento a mosaico, in tessere policrome di calcare locale durissimo, è stato eseguito tra il 1163 e il 1166 da un gruppo di artisti capeggiati un monaco basiliano di nome Pantaleone, probabilmente del Monastero di San Nicola di Casole, su commissione dell'arcivescovo Gionata. Questa vera e propria opera d'arte, unica nel Mezzogiorno, resistette all'invasione turca del 1480. Si dispiega lungo tutta la navata centrale, sul presbiterio, l'abside e i bracci del transetto, e vi è raffigurato l'immaginario medievale, con ricchezza espressiva e secondo un senso di horror vacui che non risente dell'irregolarità dei tasselli né dell'assenza di plasticità. Nella navata destra, in sette grandi armadi a muro presenti nell'abside, si conservano le ossa dei beati Martiri di Otranto. Sono i resti di ottocento e più cittadini sgozzati dai Turchi sul Colle di Minerva il 14 agosto 1480, per non aver voluto rinnegare la fede cristiana. Otranto, per questo evento glorioso, è chiamata anche la 'Città-martire'. Alcune reliquie di questi beati si venerano anche nella chiesa di Santa Caterina a Formiello (Napoli). Sempre all'interno della cattedrale, un altro ambiente di grande valore storico e artistico che risale al secolo XI è quello della cripta, dalla forma semianulare, con tre absidi sporgenti e cinque navate. I meravigliosi capitelli risalgono ad ascendenze diverse, dal dorico-romanico, al corinzio e allo ionico. I moderni restauri la hanno liberata dalle soprastrutture barocche settecentesche.




    Centro storico - Particolare -



    Il sacco di Otranto

    Il 28 luglio 1480, un'armata turca proveniente da Valona forte di 90 galee, 40 galeotte ed altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti, il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmed Pasha chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono ed in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L’11 agosto, dopo 15 giorni d’assedio, Gedik Ahmed Pasha ordinò l’attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e ad espugnare anche il castello.

    Reliquie dei Martiri di Otranto conservate nella Cattedrale della Città

    Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000[senza fonte], ma le dimensioni della città non giustificano queste stime. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l’arcivescovo Stefano Agricoli. Gedik Ahmed Pasha ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l’uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Agricoli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini che il 12 agosto si erano opposti alla conversione all'Islam era anche il vecchio sarto Antonio Pezzulla, detto Il Primaldo. Il 14 agosto Gedik Ahmed Pasha fece legare i superstiti e li fece trascinare sul vicino colle della Minerva dove ne fece decapitare almeno 800 costringendo i parenti ad assistere alle esecuzioni. Il primo ad essere decapitato fu Antonio Primaldo. Durante quel massacro le cronache raccontano che un turco, tal Bersabei, si convertì nel vedere il modo in cui gli otrantini morivano per la loro fede e subì anche lui il martirio impalato dai suoi stessi compagni d'arme. In soccorso di Otranto il re di Napoli Ferdinando I mandò un'armata con a capo il conte di Conversano Giulio Antonio Acquaviva valoroso condottiero,il quale dopo tredici mesi di assedio, sconfisse i turchi ma rimase vittima di un agguato ordito a suo danno da un ultimo drappello nemico. Per ononorare la nobile casa Acquaviva,il re Ferdinando I con regio diploma concesse il privilegio che tutti i discendenti di Giulio Antonio Acquaviva si sarebbero fregiati delle insegne araldiche di casa d'Aragona e avrebbero aggiunto tale cognome al proprio.Infatti il primo discendente che si fregiò di tale privilegio fu suo figlio Andrea Matteo III Acquaviva d'Aragona. Un processo canonico iniziato nel 1539 terminò il 14 dicembre 1771, allorché papa Clemente XIV dichiarò Beati gli 800 trucidati sul colle della Minerva, autorizzandone il culto- Da allora essi sono protettori di Otranto. In vista di una possibile canonizzazione, su richiesta dell'Arcidiocesi di Otranto, il processo è stato recentemente riaperto, confermando in pieno le conclusioni del precedente. Papa Benedetto XVI, il 6 luglio 2007, ha emanato un decreto in cui riconosce il martirio di Antonio Primaldo e dei suoi concittadini uccisi "in odio alla fede".



    Scorcio dal centro storico




    Il Castello Aragonese di Otranto

    conosciuto meglio come Forte a mare,realizzato a difesa della città dagli invasori provenienti dal mare sull'isola antistante il porto,nel 1491 da Ferdinando I d'Aragona. E' costituito da due parti:il Castello Rosso,così chiamato x il aratteristico colore dei suoi mattoni ricavati dalla pietra dell'isola, ed il Forte, adibito ad alloggio delle guarnigioni e costruito successivamente. Il castello di Otranto è rivolto verso il mare ed occupa la parte est della città.L'ingresso è situato su una cortina lunga 20 metri , all' estremità si innalzano due torri circolari, la parte superiore cilindrica e la parte inferiore sono separate da un cordone. Di uguale forma, le due torri sono munite di cannoniere, sulla parete della torre a destra è posto uno stemma in pietra leccese che appartiene al duca di Ossuna, Don Pietro Giron, viceré di Napoli dal 1581 al 1586, misura 21 metri di diametro e 14 metri di altezza. L' altra torre, con diametro di 14 metri a un puntone o spuntone del castello, è più bassa ed è collegata da una cortina lunga 18 metri e copre un'altra torre medievale di cui si intravede parte della superficie cilindrica. Agli architetti militari Scipione Campi, Paduan Schiero di Lecce, Filippo II, il Mendoza, preside di Terra d'Otranto è stata affidata la costruzione del puntone. Il piazzale superiore del castello, alto 16 metri, è munito di cannoniere e merlone e le facce adiacenti circa 39 metri ciascuna. Grazie al puntone che consentiva la creazione di piazzali più vasti, l'installazione di armi era più numerosa ed efficace per un aumento della linea di fuoco. Il cortile interno si presenta in modo particolare grazie alla pianta quadrangolare dove è possibile raggiungere un ballatoio che circonda internamente tutto il cortile, usando una scala a cielo aperto. Protetto da un fossato, da tre torrioni cilindrici angolari e un affilato bastione a lancia, aggiunto con i baluardi esterni nel 1578, che si affaccia sul lato del mare. In cima al muraglione sono posti due stemmi: uno appartiene a don Antonio de Mendoza e l'altro a don Pietro di Toledo uguale a quello situato sul portone d'ingresso del castello. Sul portale d'ingresso campeggia il grande stemma di Carlo V.


    LECCE (LA C.D. “FIRENZE DEL BAROCCO”)







    Qui regna lo spettacolo luminoso del barocco: una fioritura di fantastica inventiva, di sontuosità monumentale, temperata, in buona parte, dalla grazia, dalla freschezza, dalla pura gioia creativa.




    Nel labirinto dei centri storici, vicoli angusti si spalancano d’improvviso su gioielli d’arte di incomparabile bellezza. Sulle facciate di chiese ed edifici, finemente decorate, la pietra leccese dà vita ad innumerevoli creature e ad infinite suggestioni: bassorilievi, balaustre, archi, navate, piccole logge, nicchie, rosoni, si avvicendano in un movimento di spazi e di luci, irradiando una singolare armonia, catturando lo sguardo.






    Oltre ai fasti decorativi delle facciate del Duomo e di Santa Croce, gli occhi estasiati dei turisti possono ammirare le sontuosità dei cespi fioriti della Chiesa del Rosario, le belle colonne corinzie della facciata della Chiesa di Santa Teresa, le statue e le nicchie della Chiesa del Carmine; ed ancora, le curve particolari della Chiesa di San Matteo, il ricco portale e la finestra a loggia della Chiesa di Santa Chiara, gli angeli festanti della Chiesa di Sant’Angelo. Da non perdere la visita al Castello, conosciuto anche con il nome di Carlo V, che venne costruito tra il 1539 e il 1549, per difendere la città dalle incursioni turche.





    Sorge sull’angolo nord-est del trapezio che definisce la cinta muraria della città e contiene alcuni edifici di epoca medievale tra i quali il poderoso maschio quadrangolare del periodo Angioino. E per finire, andate a vedere anche il Museo Provinciale, che prende il nome del suo fondatore, il duca Sigismondo Castromediano, che lo volle nei primi anni dell’Unità d’Italia.





    Lecce è il capoluogo della provincia con un patrimonio artistico e monumentale non indifferente. Ha origini talmente antiche da essere considerate ignote, se non si considerano le numerose leggende e i racconti mitologici. E' possibile individuare tracce di insediamenti messapici, anche se informazioni certe, risalgono all'epoca dei romani. A quel tempo la città prendeva il nome di Lupiae la quale ebbe un'ascesa al potere tale da determinare la decadenza della vicina città Rudiae. Lecce è ricca di monumenti e di opere d'arte e presenta un patrimonio artistico di epoca romana, anche se è possibile individuare testimonianze medioevali e rinascimentali.





    Tuttavia la città appartiene al periodo Barocco, e siccome la città presenta uno stile del tutto particolare, è possibile parlare di Barocco Leccese. Con la friabile pietra locale, la cosiddetta pietra leccese, facilmente lavorabile e dai colori caldi, sono state realizzate architetture con finissime decorazioni spesso di notevole bellezza ed eleganza.





    Il centro storico conserva ancora, quasi nella sua totalità, esempi di lavorazione di questa pietra, non solo nelle chiese o negli altri monumenti, ma anche i balconi e le terrazze delle abitazioni private, sono decorate con splendidi ornamenti. E' possibile passeggiare nella Lecce antica in maniera del tutto libera, non limitata ai principali monumenti; in questo modo sarà possibile scoprire piccole e grandi meraviglie di architettura e fantasia, dalle chiese e i palazzi, alle piccole case dei cittadini. Naturalmente il turista non può andare via da Lecce senza aver visitato i suoi monumenti.





    Tra i monumenti di epoca romana ricordiamo l' Anfiteatro romano in piazza Sant' Oronzo, e il Teatro romano, entrambi del secondo secolo dopo Cristo; la Colonna di Sant' Oronzo, portata nel 1666 da Brindisi, essa rappresenta una delle due colonne terminali della Via Appia. Il Castello Carlo V circondato da mura e bastioni. Tra le chiese si ricordano invece S. Niccolò e Cataldo del 1180, completamente affrescata e con annessa un'abbazia con due magnifici chiostri. Risalgono invece ad epoca barocca la Basilica di Santa Croce, la più bella chiesa di Lecce con annesso convento dalla meravigliosa facciata, ora questo convento è sede della Prefettura. Si ha poi Sant' Irene, San Matteo con facciata inferiormente concava e superiormente convessa, quasi in uno stile borrominiano, la Chiesa del Gesù con i suoi bellissimi altari, San Giovanni Battista, Santa Chiara, Sant' Angelo, Santa Maria delle Grazie in piazza Sant' Oronzo. Altre costruzioni da visitare sono il complesso monumentale di piazza del Duomo, circondato da bellissimi edifici barocchi; qui oltre al Duomo si può ammirare il suo campanile alto 70 metri, il Vescovato del Seicento in forme rinascimentali, il Seminario, dove ha sede la Caritas Diocesana di Lecce.




    Ritornando nei pressi di piazza Sant' Oronzo abbiamo Palazzo Carafa sede del comune di Lecce, i palazzi di Piazza Falconieri e il Museo Provinciale ricco di notevoli reperti archeologici. Altre chiese di piccole dimensioni, ma non di minore importanza, sono sparse nella città.





    GINOSA



    Immagini sparse di lecce





    Laghi Alimini

    Alimini Grande e Alimini Piccolo (o Fontanelle), sono due laghi pugliesi situati a nord della città di Otranto, in provincia di Lecce, facenti parte dell'Oasi protetta dei Laghi Alimini. I due laghi sono collegati da un canale. Alimini Grande è stato generato dalla continua erosione del mare, e si estende in lunghezza per circa 2,5 km ed ha una profondità di circa 4 metri. Il bacino di Alimini Grande è circondato quasi completamente da una fascia rocciosa, riccamente ricoperta da folte pinete e Macchia mediterranea. Il tratto settentrionale, chiamato Palude Traguano, è pressoché basso e sabbioso; qui sono presenti numerose sorgenti, fra cui la principale chiamata Zudrea che alimenta il lago insieme al mare. La percentuale di salinità del lago è quasi dello stesso valore di quella del mare, perché appunto, il mare confluisce in esso. I fondali del lago sono ricchi di molluschi e una gran parte del fondale è ricco di Ruppia Marittima. Alimini Piccolo è generato da numerose sorgenti di acqua dolce, ed è chiamato anche Fontanelle. Si estende in lunghezza per circa 2 km e la profondità non supera il metro e mezzo. Il lago, che ha sponde basse e pianeggianti, viene alimentato dalla falda freatica del canale Rio Grande che a sua volta è generato dalle numerose sorgenti presenti presso la vicina Serra di Montevergine. Le acque del lago, sono quasi sempre dolci, anche se durante la stagione estiva, con il fenomeno di evaporazione delle acque, il lago tende a diventare salino. La vegetazione intorno ai due bacini d'acqua è ricchissima e si possono ammirare varie specie di piante fra cui la rarissima orchidea di palude, la castagna d’acqua, una specie in via di estinzione in Italia, formata da grossi frutti della stessa sembianza della castagna, ed erba vescica, una pianta carnivora, dotata di minuscoli pettini che appena toccati da insetti, aprono delle vesciche che aspirano al proprio interno le prede. I laghi sono inoltre habitat importante per numerosi animali fra i quali folaghe e moriglioni.
    Costituiscono uno dei luoghi naturali più pregiati del Salento, con un ecosistema che ospita varie specie animali e vegetali e costituiscono una "Zona di Protezione Speciale" (ZPS), proposta come Sito di Importanza Comunitaria europeo (pSIC). Tra i maggiori luoghi di pregio dell'oasi dei laghi Alimini, è da segnalare sulla costa la Baia dei Turchi. Selvaggia ed incontaminata, e raggiungibile solo a piedi, è il luogo dove, secondo la leggenda, sarebbero sbarcati i guerrieri turchi nell'ambito della battaglia di Otranto del XV secolo.



    Sovereto e l'Omphalos





    Spesso nei discorsi di “ogni giorno” si sente pronunciare la parola ombelico, quasi ad indicare il “centrum” di un qualcosa, del mondo, della religione , del pensiero. La parola è di origine greca, Omphalos, ma la sua tradizione e il suo significato è molto più antico e legato a culti e tradizioni che affondano le loro radici nella notte dei tempi. In questa accezione ”ombelico” rappresenterebbe un centro sacro, luogo ove il “divino” si unisce con il “terrestre”.Il concetto di Omphalos lo troviamo sia nella Bibbia che in molte culture megalitiche, è l’idea di una proiezione in terra di un centro celeste, il “loco” ove dimorano gli dei. In Italia la tradizione degli Omphalos è spesso legata a diversi “massi” rotondeggianti lavorati dall’uomo in epoche remote e appunto connessi alle culture megalitiche. La tradizione delle pietre sacre è molto antica, basti pensare ai miti celtici, la pietra di Fal, o culto delle pietre presente in Oriente, per esempio a Petra ed a Hegra. In molte culture si parla di pietre, lo stesso Graal, simbolo della religione cristiana per alcuni viene definito come “lapis ex coelis”, o ancora il fondatore della Romana Chiesa è “Pietro”, fino a citare la famosa frase del Cristo “la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo”. Quasi tutte le civiltà hanno la loro pietra ombelicale o pietra della fondazione.





    Una caratteristica di questi massi è che molti di essi presentano delle spaccature, inoltre sono spesso associati alla figura dei Paladini francesi e in particolare ad Orlando. Leggende locali vogliono che Orlando, ormai pazzo per amore, con la sua spada Durlindana spezzava, appunto, con poderosi colpi, queste rocce. Ritorna ,ancora una volta, così, il mito della “spada nella roccia”, ben diverso da quello Arturiano, ma con lo stesso significato di unione appunto tra la terra identificata con la pietra, la stessa Cerere chiamata “Pietra Nera” nelle culture orientali, o ancora Fal dei miti celtici, e il cielo, personificato dalla divinità celtica Duada e la sua spada. Altri studiosi, invece ipotizzerebbero che queste pietre, simbolo di antiche religioni, fossero state, ppunto, “spezzate” da seguaci della nuova religione cristiana che vedevano questi luoghi legati ad entità lontane dal cristianesimo e dunque malvagie. La figura del Paladino, in questo caso Orlando, rappresenterebbe, così, il difensore della religione.





    Un’altra ipotesi molto interessante, è quella della “rottura” per mezzo della “magia simpatica”, cioè quando l’antica religione fu sostituita da quella cristiana tutti i suoi simboli si spezzarono. Del resto questa non è una idea completamente nuova, una leggenda medievale narra che quando il Gran Maestro dei templari fu messo al rogo e l’ordine soppresso gli architravi delle chiese dell’ordine si spezzarono a metà. Gli omphalos, comunque, non sono legati solo alla pietra, spesso essi sono rappresentati da obelischi, menhir, pozzi o da uno stranissimo simbolo, quello della triplice cinta, disegno che ritroviamo in moltissimi punti sacri e rappresentato da tre quadrati concentrici e da dei segmenti che uniscono i punti mediani dei lati. Infatti tali strutture o simboli sarebbero il mezzo stesso per indicare la presenza di un ombelico. Una spiegazione per cosa sian davvero questi centri potrebbe esser desunta dalla teoria dei leys .L’idea nacque negli anni ‘20 in Inghilterra quando Alfred Watkins scoprì che molti siti megalitici erano allineati seconde delle direttrici preferenziali, direttrici successivamente chiamate leys. Oggi si parla di una vasta rete che collega siti megalitici di tutta Europa creando una fitta maglia, una maglia di energie sottili che scorrono all’interno della terra, spesso seguendo corsi d’acqua sotterranei, e che si addenserebbero in punti particolari, appunto gli omphalos. Omero, per esempio, chiama l’isola di Ogigia l’ombelico del mare, appunto un Omphalos. La narrazione sembrerebbe quasi confermare la teoria delle energie che permetterebbero l’unione con il divino,infatti Ulisse trova sull’isola, appunto, una dea, Calipso, l’elemento femminile, che lo rigenera, lo rinsavisce e finchè Ulisse rimane sull’isola potrà esser immortale. Una teoria più classica, invece, vuole l’ombelico come “centrum” di una civiltà o semplicemente di una comunità e per ognuna di esse l’omphalos sarebbe la proiezione, sulla terra, dei centri del “sopra” e del “sotto”, dell’elemento Osirideo e di quello Isideo.




    Ancora una volta, dunque, troviamo nell’omphalos il simbolo di antichi culti, in particolare di quello ctonio legato alla Vergine bruna , identificata come la terra dalla qualche fuoriescono queste energie che permettono, come nel caso di Ulisse, di avvicinarsi al divino. Un particolare omphalos, è presente a Sovereto, piccola frazione del comune di Terlizzi, in provincia di Bari, ove si uniscono magie templari, ricordi di antichi culti di Madonne Brune e allineamenti megalitici. Il suo nome sembra avere il significato di “eretto sopra ”, etimologia che fa pensare ad un qualcosa sotto la contrada. La leggenda vuole che nell’anno 1000 un contadino trovasse, in una grotta, una icona della madonna e una lampada accesa. Nacque così, la chiesa di S. Maria di Sovereto. L’icona trovata era quella di una Madonna Nera, la vergine bruna. Il mistero del luogo, però si infittisce, infatti la chiesa di Sovereto ha evidenti simbologie templari, una croce “patente” spunta sotto l’intonaco dell’ospedale eretto dai cavalieri di San Giovanni, sui lastroni di due tombe presenti nella chiesa sono rappresentati cavalieri con le tipiche insegne templari come la croce a coda di rondine sul mantello e sempre la croce templare è presente nell’acquasantiera di destra della chiesa. Misteriosamente una gettata di cemento ha livellato i gradini di ingresso alla chiesa e gli stessi edifici adiacenti non sono visitabili. In aggiunta a questo altri due simboli misteriosi complicano il quadro generale, infatti ecco visibile su un lastrone oggi usato come panca il simbolo della Triplice Cinta precedentemente descritto .Esso dunque sembrerebbe espressamente indicare la “centralità” e la sacralità del loco. L’idea di “coniunctio” tra mondi diversi la troviamo all’interno della chiesa stessa, ove, proprio vicino alla cripta, è rappresentato un albero, simbolo cosmico, tramite tra cielo, i rami, e terra, le radici. Insomma, il tutto ci fa pensare di trovarci di fronte a quella che Fulcanelli definirebbe una Dimora Filosofale il che non è neanche troppo strano già che in tal loco hanno messo il loro “zampino” gli stessi cavalieri del tempio. La chiesa sembra sorgere dunque su di un nodo geomantico, cosa non difficile da credere soprattutto per i numerosi menhir presenti nella zona, è infatti ancora visibile un allineamento di ben 4 elementi megalitici, un piccolo leys, sicuramente molto più fitto in passato , ma che pian piano l’ignoranza popolare ha distrutto. Nel ‘500 il bosco ove verosimilmente sorgevano tali menhir veniva denominato bosco delle vergini, nome che ci ricorda lontani riti orfici legato appunto alla terra. Infine sempre legato all’omphalos e al pozzo vi è la leggenda dell’acqua taumaturgica, si narra che sotto la chiesa scorra un fiume e molti testimoni dicono che l’acqua del pozzo vicino alla chiesa ha fatto numerosi miracoli tema che ritroviamo sulla parte esterna della chiesa ove è visibile una lunetta nella quale oltre ad essere rappresentata la madonna vi è anche un uomo che sale i gradini di una scala appoggiata nelle acque. Simbologie templari, centri di energia, acque taumaturgiche, strani menhir: nuovi interrogativi che rendono sempre più intrigante la nostra vecchia Puglia.



    Nardò

    è un comune italiano di 31.185 abitanti della provincia di Lecce in Puglia. Secondo centro della provincia per popolazione ed estensione territoriale, si fregia del titolo di città. Sorge in posizione pianeggiante a sud-ovest del capoluogo, non lontana dalla costa ionica del Salento.


    Storia

    Secondo la tradizione, la città di Nerìton fu fondata da un gruppo di cretesi-micenei. Come tutte le città antiche, anche Nardò avrebbe origini leggendarie. Una leggenda narra che la città fu fondata nell'anno 3559 a.C. del Calendario Ebraico dal mitologico Nereo, proveniente dall'isola greca di Leucade. Un'altra leggenda racconta che a fondare Nardò furono gli Egizi, sulla base dello stemma civico della città, che per alcuni era il Dio Sole, da essi adorato. La terza leggenda vuole che, durante il governo italico di Enotro, un gruppo di abitanti dell'Epiro chiamati "Chones" giunse nella Japigia e fondò Gallipoli e Nardò. Si dice, inoltre, che la città fu edificata là dove un toro, raspando il terreno con lo zoccolo, fece zampillare acqua, facendo risalire l'etimologia del nome all'illirico "NAR" che vuol dire proprio acqua. La città ha radici antichissime e forti testimonianze di ogni epoca, dalla preistoria in poi. Numerosissimi i reperti e le testimonianze ritrovate su tutto il territorio, in particolare nella Baia di Uluzzo, nelle diverse grotte, soprattutto in quella di "Uluzzu" e del "Cavallo". Gli elementi archeologici rinvenuti in queste due grotte sono considerati come le prime manifestazioni di arti figurative esistenti in Europa, catalogati nel Paleolitico Medio e Superiore. L'unicità di tali ritrovamenti ha determinato il nome del periodo preistorico definito, appunto, "Uluzziano".




    Marina di Nardò





    Sant' Isidoro

    è una Marina di Nardò a circa 3 km da Porto Cesareo, ubicata sulla litoranea della costa sud; è una località di mare nota per la tranquillità e l'aspetto selvaggio della sua costa, è il posto ideale per chi ama la finissima sabbia e i fondali bassi.

    E' una delle marine più caratteristiche della costa pugliese data la sua particolare baia nel parco marino di Porto Cesareo e Nardò. Le sue calette, le isolette e le torri costiere hanno rappresentato e rappresentano un unico ed incantevole paesaggio naturalistico, protetto dall' area marina istituita nel 1997 . La particolare ubicazione dell'arenile rende la balneazione, per i bambini e gli anziani, comoda e poco pericolosa anche per chi non sa nuotare, la forza del mare viene ostacolata dall'isolotto , che contribuisce a mantenere lo specchio d'acqua tranquillo e rilassato. Questo piccolo centro abitato, si è sviluppato negli ultimi anni e prende il nome dall'antica torre costiera che si affaccia su una lunga distesa sabbiosa che si divide in due isolette chiamate “Lido dell'Ancora e Fiascone”. La Torre di Sant'Isidoro è una delle numerose torri costiere di avvistamento del Salento costruita da Carlo V, nel XVI secolo, per difendere il territorio dagli assalti dei Saraceni . É costruita con blocchi di carparo regolari e si sviluppa su tre livelli. Il piano terra, privo da accessi esterni, presenta una struttura tronco-piramidale a base quadrata. Gli ultimi due piani si sviluppano in verticale, con struttura a parallelepipedo, ed un marcapiano nella parte superiore. Il marcapiano presenta una serie di beccatelli e una caditoia per ogni lato. L'unico accesso è rappresentato da una maestuosa scalinata che conduce al primo piano e che è collocata sul lato opposto a quello che da sul mare. Il locale più ampio è quello collocato al primo piano. Da questo si può raggiungere sia il piano terra, attraverso una botola, sia il secondo piano, tramite una scala ricavata su una parete laterale. Sul terrazzo è presente una piccola guardiola. Attualmente la torre è di proprietà demaniale ed è utilizzata come abitazione estiva. In passato è stata abitata tra gli altri dai torrieri capitani Gian Camillo Levere e da Gaetano Lauvè. Di fronte alla torre, posto a pochi metri, c'è un isolotto bellissimo e bassissimo che si allunga in mare, assumendo come per incanto, la forma di una mano che sta accarezzando l'acqua. Questo è l'inizio della costa di Porto Cesareo che è un'interminabile catena di dune sabbiose , le quali, coronano alcune delle spiagge più belle del Salento, è sicuramente uno dei tratti di mare più belli e puliti d'Europa. A 2 Km da S. Isidoro si trova una vasta cavità sotterranea denominato "Palude del Capitano”, creatasi a causa dell'erosione causata dagli agenti atmosferici, uno specchio d"acqua salmastra che comunica con il mare attraverso una rete di canali sotterranei. Uno scenario veramente suggestivo.



    La torre di Sant' Isidoro

    Torre dell'Orso

    è una località balneare del Salento, marina di Melendugno, in provincia di Lecce. Nota per l'ampia spiaggia di finissima sabbia color argento, Torre dell'Orso vanta un mare particolarmente limpido per le correnti del Canale d'Otranto. Grazie a questa caratteristica d'estate la località è frequentata da molti turisti ed è stata più volte premiata con la Bandiera Blu d'Europa per la trasparenza e la pulizia del mare.

    Il toponimo deriva dalla presenza, sulla costa, di una torre del XVI secolo utilizzata in passato per avvistare le navi turche dirette verso il Salento. Secondo alcune ipotesi orso farebbe riferimento alla foca monaca. Più verosimilmente sarebbe da ricondurre a Urso, cognome del probabile proprietario dell'agro nell'antichità. Stando ad un'altra interpretazione, avendo le torri costiere nomi di santi, il suo nome doveva essere Torre di Sant'Orsola, da cui Torre dell'Orso

    La torre vista dalla spiaggia



    Edited by gheagabry1 - 20/1/2023, 22:39
     
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  2. tomiva57
     
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    bellisssssssimaaaa

    grazie Claudiooooo
     
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  3. tomiva57
     
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    Ostuni

    Ostuni è un comune italiano di 32.279 abitanti della provincia di Brindisi in Puglia
    Detta anche Città Bianca, per via del suo caratteristico centro storico che un tempo era interamente dipinto con calce bianca, oggi solo parzialmente. Insieme a Taranto e Santa Maria di Leuca, costituisce uno dei vertici ideali della penisola salentina.
    Rinomato centro turistico, nel 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012 ha ricevuto la Bandiera Blu e le cinque vele di Legambiente per la pulizia delle acque della sua costa e per la qualità dei servizi offerti. Nel 2005, inoltre, la Regione Puglia ha riconosciuto il comune come "località turistica"

    Geografia fisica

    Ostuni sorge su tre colli ad un'altezza di 218 metri s.l.m.. È situato a 8 km dalla costa adriatica nell'Altosalento. La Murgia, sulle cui propaggini sud orientali si trova la città, è una zona carsica costituita essenzialmente da calcari cretacei. È perciò una zona piuttosto arida e priva di corsi d'acqua: al loro posto le cosiddette "lame", letti torrentizi a carattere stagionale, dai solchi poco profondi e dalle pareti ripide. Altra caratteristica geologica del territorio sono le "gravine", dei burroni carsici.
    Le attività economiche più importanti sono il turismo e l'agricoltura (soprattutto ulivi e viti). Importanti e numerose le presenze di strutture dette "masserie", ovvero antiche fattorie fortificate presenti sia nella selva ostunese che nella marina, dove si svolgeva l'attività agricola dei grossi proprietari terrieri.

    Storia

    Le origini

    Il territorio di Ostuni era già frequentato nel paleolitico medio (50.000-40.000 anni fa) da cacciatori neanderthaliani. La zona collinare, sede di numerose grotte, offriva perfetti rifugi naturali per le primitive comunità umane.
    Nel paleolitico superiore le tracce di presidi umani diventano più consistenti: gli scavi effettuati hanno permesso il rinvenimento di reperti ossei e ceramici. Tuttavia, la testimonianza più eclatante rimane il ritrovamento dello scheletro della "donna di Ostuni", una donna di circa 20 anni prossima al parto e del suo feto, scoperta fatta dal Prof. Donato Coppola dell'Università Aldo Moro di Bari. Il corpo, deposto in una grande buca, è in posizione contratta, col capo ricoperto da una sorta di cuffia composta da centinaia di piccole conchiglie. L'appartenenza della donna ad un gruppo di cacciatori è documentata dai resti del corredo, ossia selci e denti di cavallo e di bue primitivo. La sepoltura, denominata Ostuni 1º, è unica al mondo: risalente a circa 25.000 anni fa, è collocata nella grotta di Santa Maria di Agnano, presso l'omonimamasseria. Un calco di questa sepoltura può essere esaminato presso il "Museo di Civiltà Preclassiche della Murgia Meridionale", nell'ex convento delle Monacelle, nel centro storico di Ostuni.
    Al neolitico appartengono invece gli insediamenti di Lamaforca e San Biagio, mentre reperti dell'età del bronzo sono stati ritrovati negli scavi in zona Lama Morelli.
    Il primo nucleo cittadino fu fondato dai Messapi, un'antica popolazione italica che stanziata nel Salento nel VII secolo a.C.; i Messapi furono abili costruttori di strade e città e scelsero l'ubicazione per la città in cima a un colle dalle pareti molto ripide (murex in latino, da cui proviene per l'appunto il termine Murgia) molto interessante dal punto di vista strategico. Recenti scavi nei pressi del foro Boario (la zona prospiciente le mura medievali), hanno permesso il rinvenimento di tombe del IV – II secolo a.C., che documentano la presenza di un centro abitato, la cui estensione andava dai fianchi della collina alla piana digradante verso il mare.


    Ceramica messapica

    Nel III secolo a.C. anche il Salento fu conquistato dai Romani e con esso la città. Sul periodo romano le fonti dicono molto poco, probabili tracce rimangono in alcune masserie, sorte sulle fondazioni di antiche ville romane. Poco si sa anche riguardo all'etimologia della parola Ostuni: probabilmente, deriva dall'eroe eponimo Sturnoi, compagno di Diomede, che dopo la Guerra di Troia l'avrebbe fondata; successivamente i Romani la chiamarono "Sturninum". Il termine tuttavia potrebbe essere mediato dal messapico o più probabilmente dal greco “Astu Neon” (“astu” cittadella fortificata, “neon” nuova).



    Il Medioevo



    Statua di Federico II all'ingresso del Palazzo Reale di Napoli

    Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, Ostuni, come il resto d'Italia fu percorsa da Ostrogoti, Longobardi, Saraceni e strenuamente difesa dal potere imperiale esercitato daiBizantini. Durante il periodo bizantino, nell'876 diventò diocesi e diede rifugio ai monaci basiliani provenienti da Siria ed Egitto; minacciati dai Turchi, ma soprattutto dall'iconoclastia, i monaci si rifugiarono nelle stesse grotte che avevano dato rifugio agli uomini preistorici. Fra l'XI e il XII secolo i Normanniconquistarono gli insediamenti bizantini in Puglia unificandoli sotto la Contea di Puglia istituita Roberto il Guiscardo e poi divenuta Ducato di Puglia. I normanni intensificarono inoltre la coltivazione dell'ulivo e provvidero a stabilire con precisione i confini della Città. Nel XII secolo Goffredo III, conte di Lecce e funzionario del re Ruggero II di Sicilia, con giurisdizione militare sulla Terra d'Otranto, costruì un castello sulla cima del colle più alto di Ostuni; oggi di quella costruzione imponente e ben fortificata, rimangono solo una torretta e il giardino (Giardino Zurlo). Il feudo ostunese risulta di rilevante importanza militare, tanto da fornire al regno normanno dodici Cavalieri di cui alcuni extra moenia. Ostuni viene integrata nell'ampio territorio della contea normanna di Lecce e nelPrincipato di Taranto. Con gli Svevi Ostuni si sviluppò notevolmente. Federico II del Sacro Romano Impero intese liberare Ostuni dai suoi vincoli feudali e prendere sotto la sua diretta e particolare protezione la città facendo del suo castello insieme a quello di Oria Taranto eBrindisi perno della difesa imperiale in Apulia e rendendolo esente da tasse e controlli di funzionari. Gli abitanti di Villanova e di Carovigno, inoltre, erano tenuti alla manutenzione castello di Ostuni, uno dei Castra exempta del Regno di Sicilia, difatti nel XII secolo il sistema portuale dell'area adriatica sotto l'autorità di Ostuni è ampliato dallo sviluppo della piccola Petrolla, oggi Villa Novaa. Indice dell'espansione sull'Adriatico di Ostuni. Nel 1182 Tancredi Conte di Lecce e signore di Ostuni, concede al vescovo ed ai cittadini ostunesi di fondare un centro presso San Nicola di Petrolla e di popolarlo È in oltre concesso un mulino ed un forno, riservandosi il diritto di amministrarvi la giustizia
    Il centro viene rilevato nel percorso di ritorno dalla terza crociata di Filippo II Augusto re di Francia nel 1191 et recedens, inde transitum fecit.. per villam que dicitur la Petrolle

    È l'imperatore Federico II del Sacro Romano Impero a dare la maggiore spinta propulsiva per lo sviluppo del casale. Il 9 ottobre 1239 Federico II ordina ad Andrea di Acquaviva, giustiziere di Terra d'Otranto di verificare perché il suo predecessore Filippo di Maremonte non sia riuscito a far ripopolare Petrolla nonostante il suo ordine.[ Il 29 febbraio 1240 rinnova l'ordine allo stesso giustiziere e richiede di far pervenire ad cameram nostram una relazione completa. Pervenuta puntualmente il 6 aprile 1240.
    Ostuni si aprì al commercio con gli Angioini, i quali costruirono nuove fortificazioni per la città e rifondarono, sulle rovine dell'antica Petrolla, il porto di Villanova (la frazione costiera del paese).
    La particolarissima conurbazione del borgo medievale, con le case addossate le une alle altre e la presenza di domus palatiate a più piani, risale proprio a questo periodo storico e si spiega sia con esigenze difensive sia col voler sfruttare appieno in larghezza ed altezza tutto lo spazio disponibile all'interno delle mura.
    Ostuni fu circondata da nuove mura con torrioni circolari in periodo aragonese: furono aperte quattro porte, delle quali oggi si conservano solo Porta Nova risalente al XII secolo e ricostruita nel XV secolo e Porta San Demetrio del XIII secolo.


    Dal Rinascimento al Risorgimento



    Ritratto di Isabella d'Aragona di Raffaello,Galleria Doria Pamphilj

    Nel 1506 Ostuni passò al ducato di Bari di Isabella d'Aragona e della figlia Bona Sforza: sotto il dominio spagnolo cominciò così il periodo d'oro della città, sia dal punto di vista economico che culturale. I duchi concessero a Ostuni onori e privilegi, rafforzarono le fortificazioni delle mura cittadine e dotarono il litorale delle torri Pozzella (oggi diroccata) e San Leonardo. Il periodo rinascimentale corrisponde anche al massimo sviluppo urbanistico della città: il numero di abitanti tocca ormai quota 17.000. All'impianto medievale del centro storico si aggiungono numerosi nuovi edifici.
    Ma nel XVII secolo cominciò una fase di declino: infatti nel1639 Filippo IV d'Asburgo, a fronte dei debiti per la guerra dei trent'anni, vendette Ostuni agli Zevallos, una famiglia di mercanti che trattò la città alla stregua di feudo personale: anche la popolazione crollò al di sotto dei 10.000 abitanti. Fu durante questo periodo storico che la peste imperversò nella zona, pur risparmiando proprio Ostuni: questo perché era invalso l'uso di imbiancare le abitazioni con la calce, in quanto disinfettante naturale. Questa pratica non solo bloccò il contagio, ma, protrattasi nel tempo, rende ancora oggi la Città Bianca così peculiare a distanza di secoli.
    Con i Borboni la città fiorì nuovamente. Ostuni si espanse in direzione dei vicini colli di Casale, Cappuccini, Sant'Antonio e Molino a Vento. Il centro della vita cittadina si spostò da piazza del Moro all'odierna piazza Libertà, dove si trova oggi il Municipio (e una volta sede del Convento dei Francescani). Fu proprio in questa piazza che Giuseppe Greco, nel 1771, innalzò la colonna in onore di Sant'Oronzo, il quale secondo la tradizione popolare aveva preservato la città dal contagio della peste.
    Ai primi dell'Ottocento, sull'onda degli ideali dell'illuminismo, anche Ostuni venne attraversata da tumulti insurrezionali: vennero fondati un circolo della Giovine Italia e una rivenditacarbonara. Durante questi moti Ostuni fu la prima città della Puglia a innalzare il tricolore.


    Ostuni oggi


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    Vista di Ostuni

    Dal secondo dopoguerra a oggi, accanto allo sviluppo dell'agricoltura e dell'industria di trasformazione ad essa correlata (olio, mandorle, vino), la città è diventata una rinomata meta turistica, riuscendo a valorizzare i suoi beni culturali, storici e architettonici. Numerosi villaggi turistici, come ad esempio Rosa Marina, sono sorti sul litorale, uno dei più puliti della costa pugliese. Nel 2006 si è istituito sulla costa che confina con il comune diFasano il Parco naturale regionale Dune costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo, area protetta di elevato interesse naturalistico e paesaggistico.
    La caratteristica più peculiare del centro storico, che così tanto affascinava i turisti, era l'imbiancatura a calce delle case fino ai tetti. L'uso, attestato sin dal Medioevo, deriva, oltre che dalla facile reperibilità della calce come materia prima, dalla necessità di assicurare alle viuzze e agli ambienti ristretti di impianto medievale una maggiore luminosità, data dalla luce sia diretta che riflessa. Come già detto, questo costume ha rivestito anche un ruolo importante storicamente nel XVII secolo, quando l'imbiancatura a calce fu l'unico modo per evitare che la peste dilagasse nella cittadina ed il contagio aumentasse sino a portarne la distruzione.
    Questa pratica, oggi in declino tanto che il sindaco ha dovuto emanare un'ordinanza per farla tornare in auge, fece sì che Ostuni fosse denominata Città Bianca o Città Presepe, ed era una caratteristica che la rendeva riconoscibile e indimenticabile ai visitatori.


    Architetture religiose

    Nel centro storico di Ostuni vi sono le seguenti chiese:



    La Concattedrale



     La Concattedrale di Ostuni, posta alla sommità del colle più alto, fu iniziata nel 1435 e completata tra il 1470 e il 1495. Ha una bellissima, caratteristicafacciata di tarde forme gotiche, tripartita da lesene. La parte centrale termina con un timpano formato da due archi inflessi, le ali con due mezze lunette; timpano e lunette hanno un bellissimo coronamento gotico, che si prolunga sui fianchi e attorno al transetto, di archetti trilobi a profilo seghettato su mensole scolpite. La facciata è aperta da tre eleganti portali ogivali (nella lunetta di quella mediano, bassorilievo raffigurante laMadonna col Bambino in gloria) sormontati ciascuna da una rosa, di cui quella centrale a 24 raggi, notevolissima per dimensione e ricchezza d'intagli. Altre belle rose sono nelle testate deltransetto. L'interno, a croce latina a tre navate su colonne, è rifatto in ariose e solenni formesettecentesche, con soffitto piano dipinto e belle cappelle barocche (presso l'ingresso, colonna della costruzione primitiva). Al termine della navatasinistra è un altare in legno del 1734 con busti dei santi Oronzo, Biagio e Agostino. Nell'abside coroin legno di noce riccamente intagliato (XVII secolo). Nella navata destra sepolcro del vescovo Filo(1720) e nell'ultima cappella c'era una Madonna col Bambino e Santi, di Jacopo Palma il Giovane(trafugata). L'Archivio capitolare possiede oltre 200 pergamene dal 1137.



    La chiesa di San Vito Martire

    il monastero delle Carmelitane, del Settecento, a cui è annessa la barocca chiesa di San Vito martire (nota anche come Santa Maria Maddalena), del 1750-1752, dalla fastosa facciata curvilinea con fastigio spezzato, ricco finestrone centrale e cupola a mattonelle policrome. All'interno notevoli il pulpito ligneo del ‘600, il monumento funebre di Cono Luchino Del Verme(1747) e i sontuosi altari barocchi di Francesco Morgese (1763), le cui tele, opera di Domenico Lettieri (1760) sono conservate nell'adiacenteMuseo di Civiltà Preclassiche della Murgia Meridionale.




    la chiesa di San Giacomo di Compostela o deiSanti Cosma e Damiano, eretta nel 1423; dell'originaria costruzione conserva nella facciata l'architrave del portale e il soprarco ogivale scolpito, e una finestra ornata nell'abside.

    la chiesa di San Francesco d'Assisi, di fondazione medievale, ma con facciata del 1882: nell'interno settecentesco conserva in controfacciata il dipinto Mosè che spezza le tavole della legge (scuola di Luca Giordano), le statue lignee dell'Immacolata di Giacomo Colombo (1719) e di Sant'Agostino (XVIII secolo) e il busto di San Giuseppe col Bambino Gesù (scuola napoletana del Seicento) e di San Giuseppe;


    la chiesa dello Spirito Santo (1637) ha un bel portale rinascimentale con bassorilieviattribuibili al XV secolo, di gusto ancora tardogotico: nella lunetta, Dormitio Virginis; nel timpano, Incoronazione di Maria e Annunciazione. All'interno, Madonna col Bambino e i santi Elisabetta, Anna e Gioacchino, dipinto di Fra' Giacomo da San Vito.


    Nella parte moderna dell'abitato si trovano:

    Chiesa-Cappuccini-Ostuni_1

    la chiesa dei Cappuccini (o Santa Maria degli Angeli) del 1585, nella quale si conserva una bella tela di scuola napoletana del ‘600;


    la chiesa dell'Annunziata, eretta nel 1196 e trasformata in stile barocco dai frati Riformati nel 1668; nell'interno, da notare una cappella della navata d. con crociera affrescata nel XVI secolo (Dottori della Chiesa); coro ligneo cinquecentesco con pannelli a bassorilievo (Annunciazione e i Santi Francesco e Antonio). La Deposizione di Paolo Veronese (1570), trafugata nell'ottobre del 1975, è stata recuperata nel marzo del 1977; l'Annunciazionedell'altare maggiore è di fra' Giacomo da San Vito; la Natività di Maria è attribuita a Corrado Giaquinto. In sagrestia Ultima Cena di Barnaba Zizzi.
    In collocazione più periferica:


    la chiesa di Santa Maria la Nova, a km 1.5 in direzione di Carovigno, a sinistra della strada, eretta nel 1561, con portale ogivale, un occhio e coronamento ad archetti, sorge all'ingresso d'una grotta naturale, con tracce d'affreschi del XII-XV secolo (Cristo, la Vergine, San Giovanni Battista);


    il santuario di Sant'Oronzo, situato in una conca tra due speroni delle Murge, fu eretta nella seconda metà del ‘600 davanti a una caverna ove il Santo avrebbe trovato rifugio. A sinistra della chiesa si sale per una scalinata a una fonte intermittente ritenuta miracolosa;




    la chiesetta di San Biagio in Rialbo, del XII secolo, presso la masseria Pizzicucco, di difficilissimo accesso, con una grotta naturale (tracce di affreschi bizantineggianti).


    Architetture civili




    Piazza della Libertà






    Colonna di Sant'Oronzo


    Particolare della Colonna di Sant'Oronzo


    Monumento ai caduti (1923)


    Via Continelli Bixio, nel centro storico



    Vico Lorenzo Santalari


    Villa Nazareth: costruita nel 1957 da Don Raffaele Pomes, inizialmente per ritrovo sociale, poi modificato in edificio psico-medico pedagogico, per dare la possibilità a bambini disagiati, che avevano problemi familiari o scolastici e che comunque avevano comportamenti deviati. È stata luogo di vari incendi, l'ultimo dei quali ha leso il solaio del corridoio del primo piano il 4 febbraio 2009.

    Conceria del Tabacco: costruito negli anni venti del Novecento, era un edificio di rilevante importanza poiché ospitava tutto il tabacconecessario alla creazione si sigarette per la popolazione. All'interno si nota la presenza del montacarichi, utile per trasportare le merci da un piano all'altro. Verso la metà degli anni sessanta la figlia di un impiegato resta accidentalmente schiacciata dal montacarichi. Da quel momento l'edificio è stato abbandonato.



    Le mura aragonesi che cingono la città vecchia: visibili per lunghi tratti, sono rafforzate da torrioni circolari. A est si apre la porta di San Demetrio (XV secolo), sul lato ovest Porta Nova(XV secolo).
    Il borgo antico offre molti aspetti pittoreschi dovuti alla eccezionale conservazione delle caratteristiche costruttive del luogo e delle peculiarità urbanistiche. Si incontrano alcuni esempi di dimore signorili:



    il barocco palazzo ducale Zevallos;
    il palazzo Siccoda (1575) in via Cattedrale 35;



    nella piazzetta della Cattedrale si fronteggiano i settecenteschi edifici del Palazzo Vescovile e del vecchio Seminario, collegati con vivo effetto pittorico dall'arco Scoppa;

    nel vico Castello, scarsi avanzi del Castello, eretto nel 1148 da Goffredo III, conte di Lecce e di Ostuni, e demolito nel 1559 per far posto all'episcopio.

    nel borgo antico, i palazzi nobiliari delle famiglie degli Aurisicchio, degli Ayroldi, dei Bisantizzi, dei Falghieri, dei Ghionda, dei Giovine, degli Jurleo, dei Palmieri, dei Petrarolo, dei Siccoda, degli Urselli, degli Zaccaria.
    Talvolta spiccano solo gli interessanti portali barocchi scolpiti nella tenera pietra locale e inseriti con gusto nel bianco delle pareti:

    il portale di palazzo Falgheri (XVI secolo) in via A. Giovine 27;

    i portali del palazzo Ghionda-Pomes e dellacasa Molendino in via F. Bax 5-7;

    il portale rococò del palazzo Bisantizzi in via A. Petrarolo 34-36.
    Il monumento simbolo di Ostuni è la Guglia di Sant'Oronzo, alta m 20.75, di Giuseppe Greco(1771), dall'esuberante decorazione barocca: a mezz'altezza le statue dei Santi Biagio, Irene, Gaetano e Lucia.


    Masserie

    Il territorio è costellato di numerose masserie, alcune di importanza storico-architettonica e fondamentali per comprendere le strutture sociali e produttive della zona:

    la masseria Santa Caterina, sulla strada statale 16 in direzione Carovigno, dall'aspetto di un fortilizio con alta torre ottagonale (XVI-XIX secolo);




    la fortificata masseria Lo Spagnulo (dal proprietario il feudatario Saverio Lopez y Royo), sulla strada statale 16 in direzione di Fasano e poi all'interno, con un corpo centrale dall'aspetto di un fortilizio (all'interno bello scalone settecentesco di accesso all'edificio principale del 1680) e torre di avvistamento di impostazione medievale.




    la masseria Carestia (1754-1777) con interessanti elementi architettonici e decorazioni scultoree originali;




    la masseria Ottava, costituita da una torre fortificata del XVI secolo, che ha anche nelle sue pertinenze una chiesetta medievale di fondazione angioina (XIV secolo) con interessante portale decorato con motivi a zig-zag.

    Siti archeologici





    il dolmen di Montalbano (detto erroneamente di Cisternino, e noto localmente come Tavola dei Paladini), è nella contrada Piscomarano, presso l'abitato di Montalbano di Fasano; è di grandi proporzioni (altezza 145 cm; lastrone di copertura 200x300 cm circa), danneggiato in tempi recenti con la distruzione del dromos.



    il Parco archeologico e naturalistico di Santa Maria D'Agnano
    presenta i resti di un insediamento messapico, raggiungibile dalla strada statale 16 Ostuni-Fasano. Conserva la grotta-santuario rilevante per il ritrovamento della delle ossa della "gestante di Ostuni", giovane donna partoriente di 25 000 anni fa, attualmente custodita nel Museo.


    la Torre San Leonardo, torre di avvistamento antisaracena, è in località Pilone;



    il Castello di Villanova sorge presso il mare, ove si apre un porticciolo. Villanova venne fondata nel 1277 da Carlo I d'Angiò sul luogo dove, verso la fine del XII secolo, Tancredi conte di Lecce aveva costruito la città di Petrolla, presto scomparsa a causa delle incursioni.


    Eventi


    Il 3 febbraio si festeggia san Biagio vescovo, martire, compatrono di Ostuni insieme al protettore sant'Oronzo, i cittadini si recano sempre numerosi sui colli ostunesi dove nella roccia c'è la cripta di san Biagio. Nella giornata del 3 febbraio, numerose funzioni liturgiche hanno lo scopo di rinnovare per i fedeli l'intercessione del santo protettore dei mali della gola, il sacerdote ponendo la reliquia del santo sulla gola del fedele lo librerebbe dai mali della gola.

    "Film Festival Internazionale del Cortometraggio Salento Finibus Terrae" diretto da Romeo Conte. Dal 2010 Ostuni ospita il Film Festival, che si svolge nell'ultima settimana di luglio. Il festival ha come luogo il Cortile del Municipio in piazza della Libertà. Il festival fa tappa a Ostuni con i film Cortometraggi dedicati ai Diritti Umani/Human Rights, patrocinato da UNESCO e UNICEF, per poi proseguire con le tappe di Fasano, Carovigno e San Vito dei Normanni.

    I festeggiamenti per il protettore sant'Oronzo durano quattro giorni (dal 24 al 27 agosto). Di particolare interesse è la Cavalcata di sant'Oronzo, originariamente Cavalcata dei Devoti, una processione con cavalli e cavalieri, bardati con gualdrappe e divise rosse ricche diricami e lustrini, che si svolge il 26. I festeggiamenti comprendono anche due fiere e uno spettacolo di fuochi pirotecnici.

    A Ferragosto nel centro storico si tiene la "Sagra dei Vecchi Tempi" dove, oltre a gustare i piatti tipici della gastronomia locale, si possono ammirare gli artigiani che ripropongono mestieri ormai scomparsi.

    Dal 1999 si svolge il Festival di Marinando. Rassegna di teatro e video che ha come argomento il mare e la pesca, per scuole medie italiane e, dal 2005, anche straniere del bacino Mediterraneo.


    La settimana dei bambini del mediterraneo.

    In autunno si svolge la Settimana dei bambini del Mediterraneo evento educativo che si realizza anche in altri comuni del Salento (Ceglie Messapica, Cisternino, Oria, San Michele Salentino, San Pancrazio Salentino, San Vito dei Normanni), coinvolgendo molte scuole pugliesi con la partecipazione di delegazioni dei bambini di vari stati del Mediterraneo, e con particolare attenzione per i bambini immigrati. Vi partecipano vari esperti del mondo dell'infanzia provenienti anche dall'estero. La Settimana si rifà principalmente al lavoro realizzato in vita dallo scrittore per l'infanzia Gianni Rodari, e ha come finalità l'educazione alla pace e all'intercultura. I bambini provenienti dai paesi del Mediterraneo sono ospiti delle famiglie di Ostuni e dei paesi dei dintorni, svolgono attività insieme ai bambini del luogo, e partecipano insieme al "Consiglio Comunale dei Ragazzi".










    da: wikipedia
    foto web


    Edited by gheagabry1 - 20/1/2023, 22:47
     
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