MOLISE E BASILICATA USI E COSTUMI

USI E TRADIZIONI LUCANE E MOLISANE

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Giovedì ... luci colorate e risa chiassose ... gente allegra che festeggia ... sorrisi e braccia spalancate ... piedi che si muovono veloci al tempo della musica ... il cielo si illumina di scie colorate che rischiarano a giorno i luoghi tutt’intorno ... sulle sedie di fili di paglia intrecciati siedono anziane figure che ridendo e tamburellando con le dita su di un tavolo ricordano tempi andati che ogni volta quell’atmosfera festosa rinnova ... immagini soavi di un tempo che si rinnova, di una fiaba che racconta una trama antica ma mai vecchia ... i nostri pensieri oggi si uniscono a quelli dei ricordi degli abitanti del Molise e della Basilicata e ripercorrono le tradizioni e gli usi di quei luoghi ... Buon risveglio amici miei ...”

    (Claudio)



    LUOGHI INCASTONATI NEL GIOIELLO CHIAMATO ITALIA ..USI E TRADIZIONI LUCANE E MOLISANE..



    “La settimana di carnevale, a Tufara (Campobasso), i protagonisti sono i diavoli che, trattenuti dai frati e preceduti dalla Morte, o meglio da due Morti, attraversano tutto il paese in una processione. Arrivati nella piazza, un giuria mette sotto processo il carnevale, il quale viene condannato a morte. Un fantoccio viene quindi gettato giù per la rupe su cui sorge il paese.”



    Festa di San Pardo e i "pali"…A Larino, in provincia di Campobasso, alla vigilia della festa di San Pardo, una fiaccolata apre la sfilata dei carri, su cui sono poste immagini religiose, seguite dai cosidetti "pali", ossia cortei di bambini che agitano i festoni su cui sono rappresentati i diversi momenti del martirio dei santi Primiano, Firmiano e Casto.”


    “La sagra della zampogna..L'ultima domenica di luglio, tutte le botteghe artigianali di Scapoli (Isernia), che da duemila anni fabbricano flauti, zampogne e tamburelli con lo stesso metodo, organizzano una spettacolare mostra dei loro manufatti, dando la possibilità a chi lo voglia di acquistare gli strumenti, di imparare ad utilizzarli e di visitare le numerose antichissime botteghe.”


    “Festa patronale di Vastogirardi…In questo paese, in provincia di Isernia, dal 1911, l'1,2 e 3 luglio si ricorda l'Annunciazione della Madonna da parte dell'Arcangelo Gabriele. In questo frangente, una bambina, agganciata ad un cavo metallico, viene sospesa a otto metri da terra e compie un balzo di 50 metri. Questa messa in scena simboleggia il volo degli angeli.”


    “La Lucania, proprio per la sua posizione, per secoli ai margini delle grandi strade di comunicazione " come scrive Giovanni Bronzini …Nelle campagne, soprattutto del materano, sopravvivono usi e tradizioni la cui origine si perdono nella notte dei tempi. Non e' facile indicare i paesi perche' sono situazioni sporadiche. Come ad esempio il Morgengab o "dono del mattino" introdotto dai Longobardi: consiste nel dono di parte dei suoi beni che il marito fa alla moglie all'alba della prima notte di nozze, come ringraziamento per l'amore donatogli……… Vi è poi il rito dei Maggi che, un po' modificato, lo si ritrova anche come rito nuziale. Infatti, in Lucania dalla fine del '700 sino a meta' dell'800 circa, spesso le nozze venivano celebrate all'ombra "dell'albero della liberta'", al centro della piazza principale, compiendo tre giri intorno ad esso e pronunciando formule piu' o meno magiche.”



    “La piu' antica "Festa dei Maggi" si svolge ad Accettura (Matera): avviene in due tempi, all'Ascensione e a Pentecoste, quando si sceglie prima l'albero piu' alto e diritto del bosco di Montepiano "il Maggio" e poi la "cima", l'agrifoglio da issare sul cerro. Il taglio del cerro comporta un'enorme fatica e quando il tronco sta per cadere vi e' il rito del pianto simulato per celebrare l'agonia della pianta. Poi la processione dei buoi, dieci coppie, dal bosco in paese con un andare ieratico e lento. In piazza si cerchera' con una spettacolare gara di abilita' di abbattere le targhette legate alla "cima" e si avra' ogni volta un premio. La festa e' dedicata a S. Giuliano, protettore del paese, e la processione vede le donne impegnate a portare sul capo dei grandi "Cinti", ceri decorati ed addobati con nastri e fiori. Si vuole credere che la scalata finale dei due alberi sia rappresentativa dell'intervento dell'uomo che "domina la natura"…..”


    “..a Rotonda (Potenza) viene celebrata a S. Antonio la "festa del pitu" l'albero trovato nei boschi vicini, sul Pollino, da gruppi di gente guidati dal "caporale" il giorno 9 giugno. Il 13 giunge in paese il tronco piu' grande mentre prima erano arrivati circa 50 abeti medi. Il "pitu" viene poi sollevato con sopra il caporale, mentre dopo si venderanno i tronchi all'asta per finanziare la festa.”



    “Vi sono usanze, come quella del "ceppo": un uomo a seconda del carattere della donna amata le mette un ceppo davanti alla porta di casa; se lei accetta si possono fidanzare, altrimenti il ceppo verra' fatto rotolare per la strada. Cio' soprattutto nelle campagne di Val d'Agri……., il bivacco all'aperto dei 'feraiuoli' per la fiera dei Santo. All'Annunciazione, il 25 marzo, i bambini di Pescopagano (Potenza) passano attraverso rovi tagliati e disposti a forma di cerchio.”



    “Molte le feste della Settimana Santa (Maschito, Ruvo, Villa d'Agri in provincia di Potenza; Matera, Aliano, in provincia di Matera): la piu' spettacolare e', comunque, la Processione dei Misteri a Barile (Potenza) nel primo pomeriggio dei Venerdi' Santo. il corteo si snoda per 5 chilometri, aperto da tre centurioni a cavallo e da tre bambine vestite di bianco (le tre Marie); seguono poi una ragazza vestita di nero con lo stendardo recante i segni della Passione di Cristo e 33 bambine vestite sempre di nero, simbolo degli anni di Cristo. Poi centinaia di altri personaggi. li Cristo e' un giovane digiuno da molti giorni per raggiungere lo stato di grazia. Il personaggio piu' insolito e' la Zingara , la piu' bella ragazza del paese, abito scintillante e ricoperta dei gioielli della gente piu' facoltosa di Barile. E' un chiaro richiamo alle origini albanesi dei paese. Infatti molto vivo sono poi le comunita' e gli usi dei 5 paesi detti 'comunita' tipiche', rispetto alle 'comunita' atipiche' di origine arberesh. Le prime sono a Barile, Ginestra e Maschito nella zona del Vulture, quasi ai confine con la Puglia; e a San Costantino Albanese e a San Paolo Albanese nel massiccio dei Pollino…. I canti albanesi sono splendidi, nenie struggenti e malinconiche, spesso cantati in costume che si tramanda di madre in figlia”



    “La piu' bella tradizione avviene a San Costantino Albanese il 21 maggio, il giorno di S. Costantino. Alla processione in costume, segue il rito dell'incendio e dell'esplosione dei nusasit, fantocci vestiti di costumi popolari molto variopinti…. A San Severino Lucano (Potenza), la prima domenica di luglio si va al Santuario dei Pollino (1537 metri) con una suggestiva processione in costume….. A Baragiano, in provincia di Potenza, il lunedi' dopo Pasqua, si battezza un bambino: la mamma lo porge ad una coppia (uomo e donna) che lo fa passare per tre volte in un cerchio di cespugli di more.”


    “A Potenza, il 29 maggio si celebra la "Sfilata dei Turchi", che avveniva fino al 1885 il 12 maggio ma dal 1886 la data venne spostata al 29 maggio per le migliori condizioni climatche. La sfilata precede di un giorno i festeggiamenti in onore di S. Gerardo patrono della citta' che, di famiglia piacentina fu Vescovo di Potenza dal 1111 al 1119. Le origini della festa si fanno risalire all'VIII secolo quando, in una notte di maggio, fitte truppe di predoni saraceni, ormeggiata la galea alla foce dei Basento, risalirono con zattere il corso dei fiume sino a Potenza, capitanati dal gran saraceno dalla barba bianca. Colti di sorpresa cittadini sarebbero stati vinti se non fosse apparsa in cielo una luce con una schiera di angeli che portato il panico fra i saraceni diedero ai potentini il tempo di riorganizzarsi. La folla grido' al miracolo del patrono della citta' S. Gerardo. La sfilata si svolge di sera con tutti i personaggi della leggenda;' si parte dalla Cattedrale. In prima linea araldi e alfieri poi bambini vestiti da angioletti a piedi e a cavallo; vengono gli schiavi saraceni che trainano la galea nella quale sono sistemati due bambini vestiti da angioletti e uno da S. Gerardo. Saraceni a cavallo precedono la ricca carrozza dei Gran Turco, scherzosamente soprannominato dei potentini 'Cipollino'. Seguono i nobili e gli arcieri con gli stendardi delle quattro porte della citta'. Dopo il Conte e la Contessa, chiude la sfilata il tempietto con l'effigie illuminata di S. Gerardo.”



    “A Nemoli, nella valle dei Noce, tra Lagonegro e Maratea, il giorno dei Corpus Domini, si copre il corso principale con un tappeto di fiori di ginestra a forma di ostensori e calici, ricoperti di petali di rosa.”
    “Vi sono poi i vari presepi, tra cui, bellissimo, quello vivente lungo i Sassi di Matera…”



    “…la Festa della Bruna, il 2 luglio, a Matera. Non si conosce i perché è chiamata 'Bruna'.. forse per il legame alla terra fertile propiziatrice di buoni raccolti….Inizia, comunque, nel 1380 con il papa Urbano VI, gia' vescovo di Matera, con caratteristiche soltanto religiose, con il passare dei secoli diventa sempre piu profana. Il Carro e' l'elemento focalizzante, colorato e adorno di fregi: su di esso le statue in cartapesta, ogni anno raffiguranti un episodio diverso dei Vecchio o dei Nuovo Testamento. I fondali rappresentano in genere particolari dei Sassi o facciate di chiese. La costruzione dei Carro dura circa 4 mesi; qui si mostra tutta la capacità artigianale, molto antica, dei lavorare la cartapesta ed il legno (in genere sono ancora due famiglie che da anni lo allestiscono, i Pentasuglia e gli Epifania) nel quartiere di Piccia nello. All'alba dei 2 luglio a partire dalla Cattedrale ha luogo una processione di pastori. Al tramonto dal rione Piccianello muove il "Carro", trainato da 8 muli bardati e difeso da una imponente e spettacolare cavalcata di giovani popolani con elmo, corazza e splendide divise appositamente allestite dalle famiglie. Giunto al Duomo il Carro compie tre giri intorno alla piazza, la Madonna 'scende' e torna in Chiesa. Il Carro viene 'consegnato' al popolo che lo distrugge e ne conserva una reliquia, mentre un grande spettacolo pirotecnico accende di bagliori le grotte neolitiche e illumina i Sassi che si colorano di mille luci formando un'immagine suggestiva unica al mondo”


    “Scomparso l'uso di mettere un aratro in miniatura sotto il cuscino del moribondo se l'agonia si prolunga va, sussiste invece quella del "lamento funebre" di vicine di casa dette prefiche, a volte soltanto come presenza e dialogo continuo con i parenti durante la notte intera per evitare che essi si addormentino e il defunto ne soffra. L'uso e' diffuso sia in provincia di Matera (Pisticci, Stigliano, San Mauro Forte, San Giorgio Lucano) che in provincia di Potenza (Senise, Pietragalla, Missanello, Nemoli). L'antichita' del lamento funebre e' attestata, oltre che dalla parte musicale, anche dal testo che, con l'assenza assoluta di invocazioni alla Vergine e ai santi, denuncia chiaramente un'origine precristiana. Questo lamento viene fatto dalle donne della famiglia o da qualche vicina particolarmente versata nel "pianto" in occasione di una morte; le donne si stringono attorno alla salma e si "lamentano" e in queste lamentazioni rievocano le qualita' del morto ricordando anche vari episodi della vita terrena. "La struttura del lamento funebre - ha scritto Ernesto De Martino - si articola in tre momenti distinti: appena avviene il decesso le donne si abbandonano a scene di isteria, urlando, graffiandosi il volto, strappandosi i capelli; in un secondo momento il dolore si organizza, i gesti si coordinano e la disperazione viene espressa mediante moduli verbali, melodici e ritmici. Da questo secondo momento "generico" si passa alla caratterizzazione del defunto.”



    “..una ninna-nanna raccolta a Forenza (Potenza): Ninna nanne, ninna cantenne, mamma di Criste, annuncele la memnne, mamma di Criste, annucele ru latte, te vole benedi' chi t'ave fatte;T'ave fatte e ti vole mantenere, figlie, statte a lu munne pi uarere; uarisce figlie lu munne pe' cint'anne, uarisce, cose belle di la mamm.”… gli strumenti con i quali viene eseguita la musica sono il 'cupa-cupa' (il tamburo a frizione dell'area mediterranea), la zampogna, il flauto dritto, lo scacciapensieri”



    “Per Carnevale, molte le tradizioni: tra le piu' dolci, perche'‚ legate ad un coinvolgimento di ogni eta', la Sagra della Polenta a Nemoli (Potenza), ove si prepara in un'enorme caldaia di rame, lavorata a mano nella vicina Rivello, la si distribuisce a tutti e soprattutto la si va a portare agli anziani infermi o alle famiglie piu' antiche del luogo…Per S. Giuseppe a Ripacandida e a Castelsaraceno (Potenza), i falo'. …A Castelluccio Inferiore (Potenza), la vigilia di S. Giuseppe si accendono i 'focarazzi' falo' di fascine di ginestra che i ragazzi vanno 'rubando'. Ma si finge di 'rubare', naturalmente.”


    “Essendo una regione per la maggior parte montuosa, il Molise conserva una gastronomia fatta essenzialmente di carne di maiale ed agnello dove troneggiano gli insaccati come le “soppressate”, le “salsicce di fegato” i “sagicciotti” (salsicce dalla pasta grossa aromatizzate con pepe e sale), i “capocolli”, i prosciutti e le “ventricine”…ottimo il “caciocavallo” e le deliziose “burrate”….i dolci riescono a trovare uno spazio rilevante all’interno della gastronomia locale sotto la zuccherina forma di prodotti come i “cauciuni”(farciti con pasta di ceci), le “caragnole”, le “peccellate” (farciti con marmellata) e tutta una serie di dolci preparati con noci o nocciole e farciti con marmellata e mosto cotto…i vini..il “Malecoste”, il “Creta bianca” ed il “Creta rossa”, il “Liburno” ed il “Buccaro”



    “Piatto forte della tradizione culinaria Lucana è senza dubbio la pasta fresca ..causa influenza Pugliese troviamo anche sulle tavole Lucane le “orecchiette”... Oltre alle orecchiette, i principali tipi di pasta sono: i “cavatelli” (simili a degli gnocchi), i “ferretti” (simili ai più comuni fusilli), gli “strascinati”, le “manate” ed i “minuich” (simili agli spaghetti). La maggior risorsa a disposizione della gastronomia Lucana è la carne, soprattutto d’agnello e capra, che viene preparata in mille modi diversi. Tra le pietanze più importanti ci sono sicuramente l’”agnello coi cordoncelli”, la “pignatta” (strati di carne di pecora, cipolla, patate, soppressata e pomodori cotti in un grande tegame in terracotta), il “gnummaridd” (involtini di frattaglie di agnello e pecora) e la “nghenderata”, una speciale carne salata, impreziosita con aromi vari e conservata in grossi vasi. Il piatto tradizionale per eccellenza è, però, l’agnello con asparagi, uova e cacio preparato soprattutto durante la Pasqua…Accanto al grano le altre colture importanti sono quella dei fichi, con i quali si preparano delle ottime ricette sia dolci che salate……Accanto al formaggio più tipico, il “pecorino di Moliterno”, si possono contare una gran quantità di altri prodotti caseari: caciotte, cacioricotte, caciocavalli, scamorze, caprini, mozzarelle, tomini, manteche ( scamorze ripiene di burro), casieddu, tume e formaggi cremosi ..Gli insaccati sono, insieme ai formaggi, il prodotto tipico della produzione Lucana…. la famosa “salsiccia lucanica” e la “soppressata di Rivello” conservata sott’olio…..Oltre ai classici biscotti, taralli e biscotti alle mandorle glassati, si possono trovare dei biscotti con i semi d’anice, il vino cotto al miele, i dolci al mosto, le carteddate (simili a quelle pugliesi) e la “paparotta”, una polenta fatta di farina gialla con l’aggiunta di zucchero e mosto d’uva….i vini Lucani ….l’ “Aglianico del Vulture”, il “Basilicata” ed il “Grottino di Roccanova”.”








    Gastronomia Matera

    Gastronomia Matera - La provincia di Matera è profondamente legata per usi e costumi alla vicina Puglia, è difficile, infatti definire un confine soprattutto in corrispondenza delle Murge che si dividono tra pugliesi e lucane. In gastronomia molti sono i punti in comune con la vicina Puglia, uno tra tutti la preparazione di orecchiette, le quali vengono preparate al sugo o con le cime di rapa, con i broccoli, il cavolfiore o la mollica di pane e uva sultanina. Piatto tradizionale del materanese è, invece, il cotto di fichi, una sorta di composta prodotta nella seconda quindicina di agosto, quando i fichi raggiungono il massimo della loro maturazione. I fichi vengono puliti, quindi messi in una caldaia con l'acqua calda e si fanno bollire per parecchie ore fin quando il preparato non si sia ridotto a metà. A questo punto i fichi subiscono una procedura del tutto particolare, il composto viene, infatti, inserito in una federa di cuscino che verrà appesa a una trave con sotto un contenitore che raccoglie il liquido che cola. Quando il liquido smetterà di colare dalla federa, il composto verrà estratto e fatto ulteriormente restringere fino alla densità desiderata, quindi, una volta raffreddato, verrà imbottigliato e conservato fino al momento di consumarlo. Una variante simpatica di questo prodotto tradizionale è il cotto di fichi d'india, tipico del comune di Bernalda, nel metapontino. La procedura per ottenere il cotto di fichi d'india è leggermente diversa da quella del cotto di fichi, i fichi d'india, infatti, vengono inseriti in un sacco di iuta e vengono lavorati come se si lavassero i panni. Il liquido che fuoriesce da questa operazione viene fatto bollire e ridurre fino a quasi un terzo, quindi si imbottiglia. Altro prodotto locale è il fungo cardoncello, cucinato, in questa zona, in svariati modi o mangiato anche crudo con ricotta dura, limoni e con l'olio d'oliva delle Murge materane. Come nella provincia potentina, anche nella provincia materana alcuni piatti tradizionali sono legati ad eventi di carattere religioso, questo è il caso dei cardi al cacio e uova, legati alla ricorrenza del Lunedì dell'Angelo a Matera, o ancora dei dolci di fichi con il miele sempre legati al Lunedì dell'Angelo a Montalbano Jonico, e i pirc'dduzz (pasta a tocchetti condita con il vino cotto)preparati sempre per la stessa ricorrenza nei comuni di Grassano, Grottole e Salandra mentre a Irsina si preparano i fusilli con la mollica di pane fritta aggiungendo il cotto dei fichi. Altro piatto legato ad un evento, stavolta di carattere contadino, è la capriata, un minestrone composto da una varietà di legumi e patate, che veniva preparato e servito alla comunità come buon augurio per un successivo buon raccolto. Quindi, si può intuire, che la gastronomia dell'area delle Murge è più legata alla vita contadina e pastorale. La gastronomia, invece, che si presenta nell'area del Metapontino, avendo a disposizione un elemento diverso, cioè il pesce pescato sulle coste ioniche, presenta anche piatti di tipo marinaro. Tra i piatti di pesce di questa zona, vanno menzionati, lo scapece ossia alici fritte marinate nell'aceto e il baccalà alla lucana preparato con peperoni. Molto utilizzata in questa zona è la carne dei capi allevati sul territorio, come quella d'agnello preparata con i cardoncelli o ancora la carne di pecora preparata in un piatto tradizionale chiamato pignata in cui la carne di pecora viene alternata a strati di patate, cipolle, pomodori e soppressata, il tutto cotto in una pentola d'argilla, la pignata per l'appunto. Altro piatto molto tradizionale che ha il sapore della vita contadina, quindi una vita piuttosto povera che si avvaleva di tutto ciò che potesse essere usato dell'animale, è il gnummaridd' ossia particolari involtini con frattaglie di pecora e capretto. Ricordiamo anche che, la gastronomia materana comprende anche piatti a base di anguille, anguille che sembrano essere numerose sia nell'Alto Sinni che nel Lago Pertusillo. In particolare si preparano le anguille di pantano, cucinate con peperoncino, pomodori, menta e alloro. Un altro piatto molto antico che ha origini nel comune di Valsinni, vicino a Tursi, lungo il corso del Sinni, è la nghenderata, si tratta di carne salata e speziata conservata in vaso. Infine i dolci, oltre ai già citati dolci di fichi con il miele, quest'ultimo largamente prodotto sul territorio poiché l'apicultura qui è molto diffusa e il cotto di fichi, troviamo anche il pasch'nisch, un dolce settembrino preparato con semolino e mosto d'uva. Il cuccìa, in comune con la provincia di Potenza, è anche qui largamente apprezzato. Si tratta di un dolce di grano lessato e mescolato al cioccolato, chicchi di melograno, noci e vino cotto.
    FONTE: Cookaround



    Le Leggende della Madonna della Bruna

    Sono addirittura tre le leggende che si raccontano a Matera su questa festa.

    Una di queste narra di una ragazza sconosciuta, apparsa ad un lavoratore della terra al rientro verso la città di Matera. La fanciulla chiese al buon uomo un passaggio sul suo carro e questi, dopo averla accompagnata fino alle porte della città, nei pressi della chiesetta di Piccianello, la vide trasformarsi in statua. La Vergine salutò quindi l'incredulo contadino sussurrandogli queste parole: "così, su un carro addobbato, voglio entrare ogni anno nella mia città".



    Una seconda leggenda sul perchè della distruzione del Carro trionfale, narra invece di un probabile assalto dei saraceni. I materani, per scongiurare il pericolo che le icone della loro profonda devozione e venerazione cadessero nelle mani degli aggressori, distrussero loro per primi il carro, evitandone il saccheggio.

    La terza leggenda racconta invece che il Conte Tramontano, signore di Matera, abbia promesso alla cittadinanza di Matera tutto il necessario per lo svolgimento della Festa in onore della Santa patrona, persino un carro nuovo ogni anno. I materani per mettere alla prova il mal sopportato tiranno, assaltarono il Carro trionfale costringendo il Conte a mantenere la promessa fatta.



    Carnevale di Tufara

    Nato in tempi remoti, in un mondo arcaico, in armonia con la natura, espressione di riti ancestrali rudi, misteriosi e magici "il Diavolo" antica maschera carnevalesca, si rivela, l'ultimo giorno di Carnevale a Tufara, tra folli corse e acrobazie temerarie. Tramandato nei secoli, espressione tipica della comunità, richiama cultori da tutto il mondo. La figura caprina, il tridente fra le mani, i movimenti accattivanti, suscitano timore e superstizione;tutti vorrebbero evitarlo, ma ognuno in fondo al cuore spera di essere circondato dal suo seguito urlante. Da dove sbuca quest'essere insolito, misterioso? Dagli inferi, da un'antica casa abbandonata dove occulti riti lo riportano in vita per correre tra le vie del paese? Chi è? Quale mistero cela dietro la nera maschera? È forse figlio della dimenticata primavera, quando a gemma germoglio e fiore si tributava sangue perché crescessero più forti e abbandonati, o quando l'uomo per scrollarsi di dosso l'agghiaccio invernale, danzava e intuiva la natura al risveglio? O forse è l'inquisitore, l'ammonitore delle coscienze ribelli, dove il giogo è pesante e la libertà impellente? "Il Diavolo" forse è tutto questo o forse tutt'altro, ma a Tufara, lo si attende con ansia, per liberarsi con lui di un folleggiare breve e cruento, per dimenticare in un giorno quanto dura è la fatica di vivere. La maschera, è tra quelle che conservano le antiche caratteristiche da cui traggono origine, anche se il suo significato primitivo si è in parte perduto, essa rappresentava, un tempo, la passione e la morte di Dioniso, dio della vegetazione, le cui feste venivano celebrate in quasi tutte le realtà agresti. Infatti Dioniso, cosi come la vegetazione di cui era dio, moriva e si rinnovava perpetuamente.



    Alcune leggende del Natale in Basilicata


    La notte della vigilia di Natale una donna si recò alla fontana con il secchio per prendere l’acqua.Il mattino seguente al risveglio trovò una incredibile sorpresa, il secchio era pieno di olio e non di acqua.Il nonno, testimone di quel prodigio, prese a raccontare la leggenda di una povera mamma che alla vigilia di Natale voleva preparare le frittelle ai suoi sette figli, ma non aveva olio per friggerle.Si rivolse ai vicini e questi non vollero dargliene. La donna, mortificata, prese il secchio e andò alla fontana del paese per prendere l’acqua e con grande sorpresa il secchio si riempì di olio…..




    La Vergine allattava il suo Bambino e di latte ne aveva tanto che quando Gesù smetteva di poppare, spesso il latte continuava a fluire. Avvenne un giorno che, per distrazione della Madonna, una goccia cadesse per terra.
    Una rondine, più affamata delle altre prese quella goccia di latte nel becco e stava per inghiottirla. Ma ci ripensò e decise di consegnarla al Signore Iddio, cui apparteneva.
    Il Signore Iddio ringraziò la rondine. Poi raccolse la goccia nel cavo della mano, ci soffiò su e la lanciò nel cielo.
    Ed ecco subito formarsi una grande striscia bianca.
    E la striscia bianca si prolungò, seguendo la corsa della goccia, per tutto l'inverno.
    Era come un gran fiume di latte, formato da infinite gocce che poi sono le stelle.
    Lungo questo fiume, che unisce la terra al cielo, camminavano le anime dei morti per il Paradiso.

    E alla vigilia di Natale, ogni tavola viene apparecchiata con nove portate, quante sono, secondo la leggenda, le case alle quali bussò la Madonna prima di trovare asilo.



    Festa di San Pardo e i "pali"

    LA STORIA DI SAN PARDO

    La storia di San Pardo ha dotizie discordanti riguardo la sua reale esistenza. Alcuni studiosi affermano che fu il primo vescovo di Larino, altri affermano che fu vescovo di Mira, nel Peloponneso, costretto a lasciare la sua curia si rifugiò presso il Papa Gregorio II, perseguitato a seguito dell’iconoclastia di quegli anni. La sua esistenza viene posta nel VII secolo DC. Rifugiatosi a Roma, costretto all’esilio,gli furono offerte dal papa molteplici possibilità di reggenza su sedi vescovili,ma il Santo,rifiutando ripetutamente le varie offerte , preferì ritirarsi in preghiera presso Lucera ,Foggia, dove visse fino alla sua morte. La scelta non fu casuale.Lucera, all’epoca Apulia, faceva parte dell’antica Magna Grecia, sede di numerose comunità elleniche, le cui radici sono arrivate fino ai giorni nostri, e quindi per San Pardo era un modo per sentirsi a suo agio fra i suoi connazionali. Durante il suo spostamento da Roma a Lucera San Pardo rimase tre anni a Larino, all’epoca Larinum, in cui profuse la voce del Vangelo.Leggenda dice che era un vecchietto canuto, con una folta barba bianca a cui mancava un pollice. Ripartito alla volta di Lucera contribuì alla costruzione di due chiese, e visse i suoi ultimi anni di vita in penitenza e preghiera, morendo il 17 ottobre del 650, lasciando in eredità ai suoi discepoli la raccomandazione di diffondere le scritture del Vangelo e la preghiera. l cristianesimo ,secoli addietro, arrivò anche a Larino, abbracciato da i Larinati, e proprio tra i cittadini frentani in quegli anni vi furono drammatiche persecuzioni, che portavano i credenti della nuova fede ad essere incarcerati e poi uccisi. Tale sorte toccò a tre fratelli larinesi: Primiano, Firmiano e Casto. Incarcerati dalle guardie dell’Impero furono uccisi nell’anfiteatro Romano il 15 maggio del 303. Nell’anno 842 , Larino fu invasa dai Saraceni e distrutta. I cittadini furono dispersi nelle campagne circostanti, ed in una città deserta e distrutta i Lesinati ebbero modo di trafugare le Sacre reliquie dei santi Primiano , Firmiano e Casto. Tornati nella loro città, i Larinesi scoprirono i furto, e capirono anche che a commetterlo furono i Lesinati. Organizzatisi partirono alla volta di Lesina per recuperare le reliquie dei loro santi. Arrivati nei dintorni di Lesina, cercando il punto più favorevole per tentare l’attacco alla città, si imbattereno nel sepolcro di San Pardo, riconoscendolo dalla mancanza del pollice, memori dell’aura di bontà portata dal santo secoli prima nella loro città, considerarono il ritrovamento del corpo come un segno della volontà divina, che voleva il corpo del santo di nuovo a Larino, come protettore della città. Preso un carro agricolo, fu ornato con dei fiori, e con questo il corpo del santo fu riportato a Larino. Era il 26 maggio 842.
    Leggenda vuole , che arrivati nei pressi della cittadina, i buoi che trainavano il carro erano sfiniti dal viaggio. Il conduttore pregando San Pardo affiche lo aiutasse nella fine del suo tragitto, fu illuminato di piantare un bastone in terra. Così facendo inizio a sgorgare dell’acqua, che permise ai buoi di rifocillarsi finire il loro viaggio. Tuttora in quel luogo sorge la fonte di San Pardo a ricordo del leggendario evento.





    CARRI E CARRIERI


    Il carro è l’elemento principale della festa di San Pardo. E’ un carro di legno usato, di tipo agricolo usato nell’antichità per trasportare merci in un paesaggio prettamente rurale. Oggi giorno, invece, è usato prettamente per i tre giorni della festa , riposto in cantina e tirato fuori ogni anno circa un mese prima, per fare la manutenzione annuale e poi essere addobbato dalle donne di ogni famiglia. Tutti i carri hanno la stessa base, e si distinguono solo nella parte superiore, dividendosi in due tipi:”A Botte” e “Trionfale”. I due tipi di carri hanno molti elementi in comune. Come già detto, la base è identica. Questa è di legno e si compone del timone (u’ tmon), al quare verranno aggiogati i Buoi tramite il Gioco (u’ juv). Il timone è collegato al carro, che è composto da un cassone in legno appoggiato su un asse in ferro a cui sono attaccate le ruote. Queste sono totalmente in legno e nel “Battistrada” sono ricoperte da una lamina in ferro che permette di azzerarne l’usura. Nella parte posteriore attraverso un sistema di leve, è posizionata il freno (a’ martllin) che permette, attraverso due pezzi di legno ricoperti di gomma, di frenare il carro nei punti in discesa, evitando così di far pesare tutto il peso del carro sui buoi e facilitarne il cammino. Il carro non ha congegni elettronici o meccanici , il suo movimento è dovuto solo alla forza motrice dei buoi che lo traino. Ogni carro ha , per la sera del 25, un’impianto di lucine colorate che vengono poste sulle colonne e tra i fiori, per illuminarlo al buio, nel momento che si tornerà al Centro Storico.
    I carri possono essere di tre misure. Quelli grandi sono trainati da mucche, mentre quelli più piccoli sono trainati da pecore .Tra di loro c’è il carro di misura media trainato da vitelli. All’inizio della processione ci sono quelli estremamente piccoli, trainati a mano da bambini che manifestano così la loro devozione al Santo.



    CARRO A BOTTE

    È il carro maggiormente in uso, forse il più caratteristico. Sulla base precedentemente descritta, sono apposte 2 paia di colonne. Quelle anteriori hanno tra di loro l’effige del Santo e il numero che definisce la posizione del carro. Tra le due paia di colonne alcuni carri hanno delle strisce in legno che permettono di mantenere più salde le 4 colonne. All’estremità superiore di ogni carro sono apposti i cosiddetti “Pignoli”, colonnine di carta lavorata, dello stesso colore del carro, che rendono ancora più bella la visione del carro. La “botte “ vera e propria è formata da 3 o 4 archi in metallo che attraversano longitudinalmente il carro, su cui sono poste parallelamente decine di listelli piatti di legno, che permetteranno ai fiori di assumere nell’aspetto finale una forma di tipo cilindrico. Sui listelli di legno vengono poste 3 coperte che vestiranno il carro. La Prima è di solito di cotone bianco molto resistente, cucita alle assi attraverso fili di cotone,sarà la base per lavorare. Image
    La Seconda coperta è di un materiale più delicato e morbido, di solito è raso, delle stessa tonalità dei colori che comporranno il carro. Anch’essa viene cucita alla struttura del carro. La terza ed ultima coperta è una vera e propria opera d’arte. E’ composta da un telo enorme ricamato all’uncinetto dalle donne durante il periodo invernale .E’ grande per ricoprire tutta la superfice del carro. Tra la Seconda e Terza coperta sulla sommità del carro, tra gli apici delle due file di colonne, vengono apposte le cosiddette “Craste”. Queste sono dei veri e propri vasi di fiori di carta che daranno al carro tutt’altro aspetto. Sull’ultima coperta verranno posti i fiori. Questa operazione viene svolta da due donne.Una si posiziona all’interno del carro, l’altra all’esterno. Dopo aver calcolato la disposizione dei fiori in base alla loro grandezza, in modo che occupino tutta la superfice senza lasciare spazi vuoti, questi vengono apposti in piccoli mazzetti , precedentemente preparati, sulla struttura. Partendo dall’alto si appongono i mazzi di fiori e si cuciono alle strutture di legno attraverso il passaggio dell’ago tra la donna che è all’interno è colei che è all’esterno.
    Ogni carro ha un numero di fiori che varia dai 700 ai 1200, ognuno fatto rigorosamente a mano da donne durante il periodo invernale.
    Dopo aver posto tutti i fiori si passa agli ultimi ritocchi. Vengono poste delle tendine sia nella parte anteriore che posteriore del carro , adornate con nastri colorati. Su tutto il perimetro del carro sono collocate delle coccarde, e nella parte anteriore, sui due lati vengono poste delle bandiere, con l’effige del santo , con scritte o nere, nel caso la famiglia o il carro abbia avuto un lutto in famiglia nel corso dell’anno.
    Ultimo tocco sono i pignoli posti alle estremità delle colonne.



    CARRI TRIONFALI

    Questo tipo di carro ha un aspetto decisamente diverso da quello a botte. E’ formato dalla stessa base del carro a botte, ma nella parte superiore ha un aspetto che ricorda molto una chiesa gotica.
    Ai 4 angoli sono poste delle colonne lavorate, che vanno a sorreggere una cupola di legno dalle forme più svariate, alla cui sommità è posta una croce. Sui 4 lati sono poste diverse tipologie di coperture. Di solito sono pannelli di legno lavorati o dipinti,in altri casi ci sono delle tendine.
    Il numero di fiori presenti questo carro è decisamente minore di quelli presenti sui carri a botte. Vengono posti intorno alle colonne e sul perimetro della base inferiore del carro. In questa posizione taluni carri mettono dell’edera verde.



    FIORI


    I fiori che addobbano i carri sono una vera e propria opera d’arte , che riproduce fedelmente i fiori naturali. Durante tutto il periodo invernale, le donne di famiglia sono occupate nella preparazione di questi fiori, composti principalmente da Fil di ferro e Carta crespa. Tagliando il fil di ferro della giusta misura, questo viene “stirato” per dargli una forma dritta. Per prima cosa si fanno i pistilli, di carta crespa gialla. I petali vengono ritagliati dalla carta crespa e posti come contorno ai pistilli e vengono bloccati utilizzando del sottile fil di ferro. Come ultimo passo vengono apposte le foglie e poi tutto il gambo viene ricoperto da una sottile striscia di carta crespa di colore verde ve va a dare l’ultimo tocco di autenticità al fiore. Ogni famiglia o gruppo di persone proprietario del carro decide, di anno in anno, i colori ed i tipi di fiori che copriranno il carro. Ogni donna è maestra nel costruire ogni tipo di fiore.



    I CARRIERI


    Mosso da una profonda devozione, che lo fervora durante tutto l’anno per la buona riuscita della festa, il carriere è la figura principale attorno alla quale ruota tutta la Carrese di San Pardo. Nessun evento può fermare il carriere nel suo percorso che lo porterà a costruire il carrò che sfilerà. I Carrieri sono parte di un’associazione “Pia associazione Carrieri di San Pardo” della quel ogni proprietario di carro deve far parte per poter far sfilare il proprio carro. Secondo il codice di Diritto Canonico, il Presidente è Parroco della Basilica Cattedrale. E’ costituito inoltre da un Consiglio Direttivo formato da 5 membri , eletti dai carrieri con scrutinio segreto ogni 3 anni. Lo Statuto in vigore in questi anni è stato deliberato nell’anno 1996, quando si decise di adattare le vecchie regole ai nuovi tempi. Infatti per arginare l’assenza dei carri nel corso dell’anno ed evitare successioni improprie si modificò lo statuto in alcuni punti. Le modifiche più importanti furono quelle della successione, che poteva avvenire solo ai discendenti maschi. Un’altra grossa modifica fu quella del divieto di assenza alla processione. In caso il carro non potesse essere allestito, si perdeva la posizione acquisita negli anni portandolo alla testa della processione.





    LA ZAMPOGNA





    La zampogna (il cui nome deriva probabilmente dal greco symphonia) è un antico strumento musicale.
    A differenza della cornamusa, che possiede una sola canna del canto o chanter, è dotata di due chanter ad ancia doppia o singola, generalmente realizzati in canna ma recentemente anche in plastica.
    Lo strumento è composto da una sacca di accumulo dell'aria (otre), realizzata con una intera pelle di capra o di pecora (utricolo) o anche, oggigiorno, fatto da una camera d'aria di gomma, nella quale il suonatore immette aria attraverso un insufflatore (cannetta o soffietto) che mette in vibrazione le ance (linguette) innestate sulle canne melodiche: sempre due, quella destra per la melodia, quella sinistra per l'accompagnamento e nei bordoni detti basso e scantillo. Le zampogne del basso Lazio (Ciociaria, Valle di Comino), del Molise (Scapoli), della Basilicata e della Sicilia (Siracusa e Palermo) sono costituite da ancia doppia, mentre la surdullina di Cosenza, la ciaramella e la ciaramèddha di Reggio Calabria, Catania e Messina usano un'ancia semplice o singola. Esiste una grande varietà nella lunghezza dei diversi tipi di zampogne, lunghe fino a due metri.



    FESTA DEI MAGGI





    Tra sacro e profano, tra cielo e terra: lungo questo percorso della fede, divenuta storia, si snoda il viaggio in Basilicata attraverso i riti arborei, momenti collettivi in grado di incidere in maniera determinata sull’identità dei luoghi che li celebrano; si tratta del fenomeno dei ‘Maggi’, espressione unica in Italia, con riferimento alle feste celebrate nelle comunità montane dell’area del Parco di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane.





    Da Oliveto Lucano a Castelmezzano, a Pietrapertosa, Rotonda, Terranova di Pollino, Viggianello, Castelsaraceno, Pedali di Viggianello fino al più famoso di questi eventi, il Maggio di Accettura, le comunità lucane tengono deste l’antichissima tradizione, che lascia incontrare la natura con lo spirito, in un’unione che solo le genti che vivono a stretto contatto con i boschi possono continuare a celebrare.

    Ad Accettura va in scena la rappresentazione rituale del ‘matrimonio’ tra due piante, una di genere maschile, l’altra femminile; dopo esser state abbattute, rispettivamente nel bosco di Montepiano e nella foresta di Gallipoli Cognato, sono portate a spalla fino in paese, dove sono innestate e innalzate insieme il martedì di Pentecoste. La festa ha termine con l’arrivo al cospetto del grande albero della processione di San Giuliano, patrono di Accettura.

    Da studi demologici è stata interessata la festa della ‘Ndenna’ di Castelsaraceno, dove si assiste, il giorno del patrono, S. Antonio da Padova, all’omaggio reso ai santi dagli alberi: su un faggio alto più di venti metri, chiamato ‘ndenna’, è issato un abete, detto ‘cunocchia’. Nella piazza di S. Antonio, ndenna e cunocchia, sono salutate dal passaggio della processione religiosa e quindi scalati a mani nude dai giovani del posto. Ed ancora a Pedarreto, dove il faggio pù alto è trascinato dai buoi fino a Rotonda: dopo la benedizione, innanzi alla Chiesa Madre, sarà innestato da una cima di abete, con un matrimonio fra alberi che rimanda al culto della fertilità.

    Così come negli altri riti arborei si avverte un forte rimando a significati ancestrali, lontani dalla logica della modernità: fra i boschi si chiede la protezione della natura; gli alberi assistono alla vita, e a loro se ne chiede la rigenerazione, così come l’uomo assiste, a primavera, alla resurrezione della vita universale.



    Montemitro

    è uno dei tre paesi, che insieme a S. Felice del Molise e Acquaviva Collecroce la lingua parlata locale è lo Slavo. Montemitro è un borgo medievale che non rivestì un ruolo molto importante nel corso della storia. La prima notizia che ci giunge del paese è l’assegnazione del suo feudo a Gentile della Posta, figlio del signore di Palata. La sua storia rimane ignota fino al 1500, quando il possedimento passò sotto il comando dei Carafa: fu proprio questa famiglia feudale che nel 1508 favorì la venuta di un nucleo di profughi slavi, arrivati in Italia a causa dell’invasione turca. Nel 1528 Vincenzo Carafa si ribellò al re Carlo V e perse il regno in favore della famiglia Antonia per poi passare alla famiglia del Tufo, di origine normanna, insieme al più importante feudo di Montefalcone, nel 1560: la storia dei due feudi di qui in poi si sviluppò parallelamente.

    si trova nella regione Molise, (Latitudine: 41.8881 longitudine: 14.6464 superficie: 16,05 Km2), lungo la valle del fiume Trigno che segna il confine con la regione Abruzzo. Dista dal mare Adriatico, circa 25 km. Situato su una collina di 508 m s.l.m. il suo clima pertanto è eccellente. La popolazione è di circa 500 abitanti. Circa altri 600 sono emigrati nelle grandi città italiane ed estere, a causa del lavoro che il paese non può offrire. Montemitro, è uno dei tre paesi, che insieme a S. Felice del Molise (Filič) e Acquaviva Collecroce (Kruč), la lingua parlata locale è il croato. Ora analizziamo le origini del nome di Montemitro, la cui esistenza da epoca anteriore alla migrazione slava è attestata da numerosi documenti. La più antica testimonianza ci perviene dalla Chronica monasterii Casinensis (anno 1024) la quale ci riferisce che «Seguenti etiam anno Benedictus quidam cum uxore sua Marenda de Castello Monte Metulo fecit oblationem suam in hoc monasterio de ecclesia Sancti Iohannis que sita est in finibus eiusdem castri iusta fluvium Trinium, cum terra modiorum ducenti LXX, ubi ipsa ecclesia edificata»

    Campanile della chiesa di S. Lucia

    Cartelli bilingue




    Sfilata dei turchi



    La leggenda vuole che proprio un miracolo di San Gerardo permise ai potentini di respingere l'attacco dei Turchi che avevano risalito il fiume Basento fino a Potenza.
    La tradizione fa risalire questo avvenimento al 1111 quando un gruppo di Turchi guidati dal Gran Turco approda alle sponde del mar Ionio per poi inoltrarsi nei boschi della Basilicata e giungere a Potenza.



    l provvidenziale intervento di S. Gerardo che invia una schiera di angeli ad illuminare la città permette ai soldati potentini di difendersi e mette in fuga gli stranieri spaventati dalla soprannaturale apparizione. l leggendario evento si è radicato nell'animo del popolo potentino che ne ha fatto una rituale manifestazione caratterizzata da un corteo in cui figurano vari personaggi tra cui i Turchi, i soldati, il Gran Turco portato in carrozza e infine un carro con la statua di S. Gerardo. Per tale motivo nel mese di maggio si tiene la rievocazione di tale episodio con una sfilata in costume. La festa si svolge la sera del 29 maggio, precedente alla giornata dedicata alla celebrazione di San Gerardo e rappresenta un evento esemplificativo della forte commistione in Basilicata tra il sacro e il profano.



    La sfilata prende le mosse dalla Cattedrale e, al seguito di araldi e bambini vestiti da angeli, ci sono gli schiavi turchi che trainano la galea sulla quale ci sono tre bambini, uno dei quali rappresenta il Santo. Il corteo è seguito da giannizzeri e da saraceni che scortano, a loro volta, la carrozza in cui si trova sdraiato il Gran Turco. Chiude la sfilata, dopo il passaggio dei nobili, degli arcieri e degli sbandieratori, il tempietto di San Gerardo. Durante la sfilata, è tradizione lanciare dalle finestre fiori di ginestra. Il giorno 30, si svolge la processione in onore del Santo tra le vie del centro storico, cui segue la celebrazione della Santa Messa. Completano la festa altri spettacoli e gli stand gastronomici.



    I QUADRI

    Agli organizzatori dell'evento si chiede ogni anno di compiere un grande sforzo nella ricerca di un equilibrio tra passato e presente, tra tradizione ed innovazione. Da una parte ci sono gli elementi antichi che raffigurano San Gerardo, la nave, il Tempietto, gli armati delle Porte dell'antica Potenza (Porta San Gerardo, Porta San Giovanni, Portasalza, Portamendola, Porta Trinità, Porta San Luca), gli armati Turchi, il Gran Turco in carrozza, i quali costituiscono da sempre il nucleo originario ed originale del corteo. Dall'altra i tanti suggerimenti che da più parti arrivano agli organizatori e che devono amalgamarsi con la loro capacità creativa, l'immaginazione, la voglia di stupire e di incantare, di proporre un suggestivo tuffo nel passato,in un colpo d'occhio di rara bellezza, capace di sollecitare la curiosità degli spettatori grazie al connubio affascinante e stimolante tra novità e tradizione.



    La Giostra degli Anelli
    La "GIOSTRA DEGLI ANELLI" di Potenza, 5ˆEdizione, verrà disputato lungo un percorso ad U, sterrato, nello Stadio Municipale della Città.

    Qui verranno posizionati degli anelli, sorretti da una sagoma in forma di soldato turco, che i Cavalieri giostranti cercheranno di infilare con la loro lancia percorrendo il circuito per tre volte ciascuno. Dal rapporto tempo/anelli recuperati verrà fuori un punteggio e la relativa classifica.

    La Porta vincitrice avrà in premio la custodia del Palio per l'intero anno, fino all'edizione successiva. Il Palio, in questo arco di tempo, verrà conservato nella Parrocchia più antica ricadente nella Circoscrizione vincitrice.



    Laghi di Monticchio





    All'interno del cratere del cono eruttivo del Monte Vulture sono presenti due splendidi laghi. I laghi prendono il nome della località e precisamente Monticchio. Il Lago Grande copre un'area di 40 ettari e si trova a quota 656 metri sul livello del mare. Il Lago Piccolo, che copre un'area di 10 ettari si trova a 658 metri sul livello del mare. I due laghi sono separati da un sottile lembo di terra e differiscono l'uno da l'altro per la colorazione dell'acqua. Infatti, il Lago Grande ha una colorazione verde olivastro, mentre il Lago Piccolo ha un'acqua di colore verde intenso. Il territorio circostante i due laghi è ammantato di una rigogliosa vegetazione. Molte specie floreali e faunistiche devono la loro sopravvivenza grazie a questa rigogliosa vegetazione. E' stupendo ammirare la "ginestra dei carbonai" caratteristica per il colore giallo intenso dei fiori, "l'ontano napoletano" con i tipici frutti simili a piccoli coni, le chiome dei castagni che, qui, formano boschi molto estesi. La diffusione del castagno nell'area è certamente giustificata dalla versatilità di questa pianta, in grado di fornire una buona produzione di frutti e fornire il legname, molto richiesto, anche da viticoltori e frutticoltori. Esistono delle testimonianze della presenza, in epoche precedenti, dell'orso bruno e del capriolo.Sono attualmente presenti il gufo comune, il falco di palude, e di particolare importanza è la farfalla notturna (Acanthobrahmaea europea Harting) legata alla presenza dei frassini. Nel fondo sono presenti numerose sorgenti e le acque sono popolate di varie specie ittiche, tra cui tinche, carpe ed anguille. Lungo la strada che costeggia i due laghi è possibile vedere i ruderi dell'Abbazia Benedettina di Sant'Ippolito (secolo XI-XII), con resti preesistenti di pilastri e di absidi dei secoli IX-X. Sulle pendici dell'antico cratere venne costruita l'Abbazia Benedettina di San Michele, sorta intorno a una delle grotte abitate da Monaci Basiliani; all'interno di una cripta si conservano tracce di affreschi risalenti alla metà del secolo XI .



    ABBAZIA DI MONTESCAGLIOSO






    Dedicata a S. Michele Arcangelo, l'Abbazia di Montescaglioso sorge sui resti dell’acropoli della città italica e greca databile al VII secolo a.C. Nell’ XI secolo controllava ampie parti del territorio di Montescaglioso, del metapontino e delle aree circostanti. Al piano superiore si conservano resti di un ciclo affrescato databile alla prima metà del secolo XVI, che copriva l’intero sviluppo del corridoi di accesso al noviziato. I dipinti, furono distrutti dagli stessi monaci nella prima metà del secolo XVIII, quando modificarono l’assetto e le coperture del piano superiore. Avanzano ancora brani raffiguranti l’Annunciazione e Gesù nell’orto del Getsemani. Nella biblioteca si è invece ben conservato un ciclo dipinto agli inizi del secolo XVII raffigurante le virtù teologali, la SS. Trinità, S. Michele, S. Benedetto con S. Scolastica, gli stemmi di Montecassino e di Montescaglioso.Altri numerosi affreschi si conservano nei chiostri, nella chiesa, nella sala del capitolo ed in vari locali del piano terra. Nel 1784, i monaci, stanchi della continua contrapposizione con il Marchese e l’Università di Montescaglioso, si spostano a Lecce dove si insediano nell’ex collegio dei Gesuiti. Con l’occupazione napoleonica l’abbazia è soppressa e nel 1818 ed oggi rivive grazie all'impegno dei ragazzi del CEA di Montescaglioso.



    Lago del Pertusillo





    L'elemento dominante della Valle dell'Agri è il paesaggio e l'ampio bacino artificiale che è stato ottenuto mediante lo sbarramento dell'alto corso del fiume Agri e precisamente nei pressi del comune di Spinoso. L'invaso chiuso da una diga lunga 380 metri e alta 98, occupa una superficie di 75 metri quadrati con una capacità di circa 155 milioni di metri cubi d'acqua, utilizzata sia per usi irrigui e potabili e soprattutto per la produzione di energia elettrica. Il paesaggio circostante è ricoperto da boschi che scendono fino alle sponde del lago. Il luogo è ideale per gli appassionati di pesca e per rilassanti passeggiate. Molti sono i punti dove poter consumare una colazione all'aria aperta, grazie agli spazi attrezzati o presso le numerose aziende agrituristiche e ristoranti presenti in zona. Il relax è garantito soprattutto per il confort che viene offerto dagli alberghi di ottima qualità. La zona circostante è ricoperta da una ricca vegetazione boschiva.



    Cattedrale di Acerenza





    Sede vescovile fin dal 300 d.C. la città di Acerenza è indissolubilmente legata alla sua Cattedrale.
    Quando divenne, nel 1059 per volere di Papa Niccolò II, Diocesi Metropolitana si iniziarono i lavori per la costruzione della Cattedrale che mantiene ancora oggi l'originaria e imponente bellezza. Fu costruita sui resti di un'antica chiesa paleocristiana da maestranze locali dirette da architetti francesi (che si ispirarono all'Abbazia di Cluny), è in stile romanico, dedicata all'Assunta e a San Canio (del quale ospita le spoglie) ed è uno dei più importanti monumenti della Basilicata.



    Le Dolomiti Lucane





    Lungo la Valle del Basento, percorrendo la strada statale 407 Basentana è affasciante ammirare i picchi montuosi, i caratteristici borghi inerpicati, arroccati sulle cosidette Dolomiti Lucane, che, per la particolare conformazione e orografia dei monti, richiamano le vette Alpine.





    Le strade che si arrampicano sui paesi di Castelmezzano e Pietrapertosa sono del tutto tortuose, ma il paesaggio che si ammira è una delle cose più splendide e meravigliose della natura. Parte del territorio delle Dolomiti Lucane comprende il Parco di Gallipoli Cognato.













    VENTRICINA E SAGGICCIOTTO MOLISANI

    Furono i sanniti a introdurre nel Molise l’usanza di allevare maiali, agnelli, capretti, e quella di cacciare il cinghiale, pratica già nota ai tempi di Augusto. L’economia pastorale della regione, che come l’Abruzzo è attraversata dalla fitta rete dei tratturi della transumanza, si è tradotta in una cucina locale che esalta le pietanze a base di carni ovine e suine, spesso provenienti dagli animali allevati allo stato brado. I pochi salumi prodotti vengono preparati sopratutto con parti povere: Salamino alla cacciatora, Saggicciotto (salume di suino affumicato), Sfarriccio (sanguinaccio unito ad altri ingredienti bolliti), e Ventricina di Montenero di Bisaccia (salume di forma rotonda insaccato nello stomaco del maiale, preparato con carne magra della coscia, paprica, peperoncino e fiori di finocchio). Le salsicce sono le versatili protagoniste di svariate ricette: dalle salsicce alla carta (avvolte in carta paglia e cotte nella cenere del camino), a quelle di fegato, piccanti e agliate (cucinate con la scarola), senza dimenticare quelle da spalmare sul tradizionale pane di Sant’Antonio.

    LA VENTRICINA........



    LO SFARRICCIO........




    Termoli

    è una città costiera di circa 32.500 abitanti del Molise in provincia di Campobasso. Si caratterizza per la presenza di un promontorio sul quale sorge l'antico borgo marinaro, delimitato da un muraglione che cade a picco sul mare. La città si estende oggi sulla costa e verso l'interno, ma il suo centro propulsore è il promontorio sul mare Adriatico, sede del caratteristico Borgo Antico, topograficamente diviso dal resto della città dalle mura di contenimento e dal Castello. In regione è uno dei comuni di maggior importanza, e secondo per numero di abitanti.

    Storia

    La città avrebbe origini greche; questa tesi è avvalorata dalla vicinanza della costa molisana con la Grecia[senza fonte]. Le attestazioni di vita più antiche risalgono però all'età preistorica e romana e sono documentate dai ritrovamenti di necropoli preistoriche in contrada Porticone e Difesa Grande, nonché da attestazioni ricognitive di villae romane. Se ci sono stati dunque insediamenti preistorici, protostorici e di età storica, questi andrebbero ubicati sulle colline prospicienti la costa, divise da corsi d'acqua. Probabilmente, in seguito alle scorribande dei Barbari e ai momenti di crisi socioeconomica del basso impero, gli abitanti dei luoghi si sono rifugiati sul promontorio - zona facilmente difendibile, aperta sul mare, alta, con un unico accesso alla terraferma. La prima attestazione di vita è la costruzione dell'edificio sul quale, in seguito, nel XII o XIII sec. è stata edificata la Cattedrale nella forma che vediamo noi oggi. La prima chiesa risale forse al X sec. d.C. La Cattedrale, oltre a testimoniare la presenza di un vescovo e quindi di una diocesi, è anche il fulcro del Borgo, luogo verso il quale confluiscono strade e vie. La presenza, oltre dell'edificio sacro, anche del Castello, voluto forse da Federico II come torre di vedetta sull'Adriatico (non del tutto diverso nelle funzioni dalle torrette allineate lungo la S.S. 16 a Nord di Termoli) denota un periodo di splendore intorno al XII e XIII sec. d.C. Le invasioni veneziane e turche con saccheggi e devastazioni, terremoti, passaggi di proprietà tra dinastie e famiglie nobili hanno segnato un momento di calo durato fino al 1770 circa. Nel 1847 con il passaggio a Termoli di Ferdinando II, fu concesso ai termolesi di edificare anche al di fuori della cinta muraria. In quanto il re Borbone diede l'autorizzazione per tracciare le due direttrici che avrebbero segnato l'inizio dello sviluppo della città - conosciute come il Corso (Corso Nazionale) e il Secondo corso (Corso Fratelli Brigida)



    Borgo antico di Termoli



    Sant'Anna - Termoli



    Trabucchi di Termoli





    Termoli by night

     
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  2. tomiva57
     
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    Isernia
    Da Wikipedia




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    « A Isernia, che vanta il titolo di prima capitale d'Italia, custode di bellezze naturali ancora intatte e di testimonianze significative di una lunga storia di civiltà; a Isernia, medaglia d'oro al valor civile per le stragi e distruzioni belliche sopportate con eroico contegno; a Isernia, che fedele al suo motto araldico risorge oggi come capoluogo di una provincia ricca di antiche virtù e forte di una gioventù laboriosa e onesta. »

    (Carlo Azeglio Ciampi in occasione della sua visita alla città, 25 marzo 2002)


    Isernia (IPA: [i'sεrnja]; Aesernia in latino; Aisernio in osco; Esernius secondo Plinio; Serni secondo l'Itinerario Antonino; Sèrnia in dialetto isernino) è un comune italiano di 22.131 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Molise.

    Primo insediamento paleolitico documentato d'Europa, fiorente città sannita, capitale della Lega Italica, Municipium romano, tenace oppositrice contro le truppe napoleoniche e piemontesi, medaglia d'oro al valor civile per i bombardamenti subiti durante la seconda guerra mondiale ed infine capoluogo di provincia; Isernia è una città di riferimento dell'Alto Molise. Nonostante la sua storia sia stata sempre legata al Regno delle Due Sicilie, Isernia si distacca culturalmente e urbanisticamente da esso, poiché possiede numerose caratteristiche delle città dell'Italia centrale.
    Posizione del comune di Isernia nella provincia di Isernia




    1_CemntroStoricoIsernia
    centro storico


    Territorio
    Territorio di Isernia



    Isernia è situata sul fianco di una collina nel centro degli Appennini che divide due corsi d'acqua di modeste dimensioni, il Carpino ed il Sordo che confluiscono nel fiume Cavaliere, affluente del fiume Vandra a sua volta affluente del Volturno. La città sorge all'incrocio della strada statale 85 e la strada statale 17 Appulo-Sannitica ed è circondata dai monti del Matese a sud e dalle Mainarde a nord e il suo territorio ha un'altimetria che varia da 285 m s.l.m. fino a 905 m s.l.m., per una media di 457 m s.l.m.. La zona è ad altissimo rischio sismico perché è circondata da zone dove questa attività è molto intensa. La parte più a nord del centro abitato si trova ad un'altitudine maggiore rispetto alla parte più a sud (la parte più vecchia), ed è situata in un terreno quasi pianeggiante ma molto umido in quanto è ricco di sorgenti acquitrinose infatti vi è presente anche la sorgente del fiume Sordo.

    Secondo la Carta Geologica d'Italia redatta dal Servizio Geologico d'Italia il territorio del comune di Isernia è situato a metà tra formazioni "calcareo-dolomitiche mesozoiche" a sud dell'appennino campano e dei monti del matese e "sedimenti di tipo pelagico" del mesozoico-terziario a nord appartenenti all'appennino sannita e all'appennino abruzzese. L'accavallamento molto esteso di queste due zone è un'anomalia rispetto al resto della morfologia appenninica. Il sottosuolo del centro abitato è formato da rocce di travertino mentre nella parte nord del comune sono presenti rocce arenarie e calcaree.

    Storia

    Etimologia del nome Isernia


    L'origine del toponimo Isernia non ha una provenienza certa. Una delle ipotesi principali è che il nome provenga dalla radice indoeuropea «ausa», che vuol dire «acqua». Questa radice, infatti, ha dato origine a molti nomi di luoghi e città in tutta Europa. Ulteriori ipotesi prevedono che il nome provenga dalla radice sannitica Aiser, che significa "Dio". Questo darebbe un'aura sacrale al nome della città, accresciuta anche dal fatto che la radice Aiser, in lingua Etrusca, significa "Dèi". Entrambe le etimologie suggeriscono quindi che la città sarebbe stata "consacrata agli dèi". Infine, nel nome latino di Isernia, cioè Aesernia, o meglio nel nome osco Aisernio, è molto marcata l'assonanza con il toponimo Esere. Questo nome è un'epiclesi di Ercole e compare in un frammento di ceramica di origine osca, trovato a Campochiaro. Di conseguenza, tale origine potrebbe indicare che Isernia è una città sacra dedicata ad Ercole.

    L'area dove oggi sorge Isernia è stata abitata dall'uomo sin dall'era paleolitica: i primi insediamenti, infatti, risalgono ad almeno 700.000 anni fa. Anche le origini dell'agglomerato urbano sono molto antiche, ma non se ne può ancora definire una data certa.

    La città fu sotto il dominio Sannita fin dal V secolo a.C. Grazie alla sua posizione strategica, il suo controllo fu uno dei punti cruciali durante le guerre sannitiche. Nel 264 a.C. divenne colonia romana e nel 209 a.C. rimase fedele a Roma nella seconda guerra punica. Nel periodo che va dal 263 a.C. al 240 a.C., cioè dopo la deduzione a colonia, furono coniate le monete di Aesernia. Alcuni autori ritengono che parte della monetazione della guerra sociale possa essere stata coniata nello stesso centro. Durante la guerra sociale, nel 90 a.C. fu occupata dagli italici dopo un lungo assedio e divenne la loro capitale. Cadde alla fine della guerra per mano di Silla, il quale la rase al suolo.


    Negli anni successivi, vari imperatori, da Cesare a Nerone, promossero un piano di ripopolamento inviando colonie nei territori ove sorgeva la città. Ai tempi di Traiano, Isernia venne elevata al rango di Municipio; in quel periodo, venne anche costruito il Capitolium.

    Dopo la caduta dell'Impero romano, Isernia venne distrutta nel 456 dai Vandali, capitanati da Genserico, per ben tre volte dai Saraceni, negli anni 860, 882 e 883.

    Nel VII secolo, i Longobardi ne promossero la rinascita con la costruzione di opere pubbliche. Successivamente, durante il dominio normanno, nel quale faceva parte della contea di Molise, subì una fase di decrescita: la sua diocesi fu unificata con quelle di Venafro e Bojano. Inoltre, nel 1199, fu saccheggiata da Marcovaldo di Annweiler. Nel XIII secolo, la città rinacque ancora, grazie a Federico II.

    Dopo vari passaggi di proprietà della città tra un feudatario ed un altro, nel 1519 fu annessa da Carlo V al Regno di Napoli

    Il 23 ottobre 1860 Isernia ospitò per una notte Vittorio Emanuele II di Savoia in viaggio per recarsi a Teano ad incontrare Giuseppe Garibaldi. Il Sovrano prese alloggio nel Palazzo Cimorelli, sito nella via che poi prese il Suo nome, ospite di Vincenzo Cimorelli (*5.4.1796 †9.8.1889) (Raffaele de Cesare: La fine di un regno, Milano 1969, p. 963). L'indomani, alla partenza per Venafro, donava all'ospite la sua tabacchiera d'oro in un cofanetto sul coperchio del quale erano incise le iniziali reali (Francesco Colitto: Imperatori, Re e Regine nel Molise: Vittorio Emanuele II. S. Giorgio Editrice, Campobasso 1978).

    Alla fine del XVIII secolo, era la città più popolosa del Contado di Molise. Oppose resistenza ai francesi nel tentativo di conquista del Regno di Napoli, così come oppose resistenza anche nel 1860, in virtù della reazione borbonica contro i Piemontesi.

    Nel giorno 10 settembre 1943, durante la seconda guerra mondiale, Isernia subì un pesantissimo bombardamento da parte degli alleati, che rase al suolo quasi un terzo dell'abitato e provocò la morte di un numero altissimo di persone. A causa dei danni causati da questi e da altri bombardamenti, verso la metà del XX secolo si pose in atto un piano di rinascita della città, che prevedeva anche lo sviluppo nella zona più a nord.

    Inoltre, nel 1957, dopo la divisione dell'Abruzzi e Molise, cominciò a prendere piede l'ipotesi dell'istituzione della provincia di Isernia. In realtà, questo non era il primo tentativo in tal senso: l'istituzione della provincia era stata promossa già nel 1810 da Gioacchino Murat, ma senza successo. Il Parlamento, però, rinviò qualsiasi decisione al riguardo. Il nuovo fallimento del processo di istituzione della provincia scatenò una protesta nella città, caratterizzata da cortei di operai e studenti; la protesta, poi, sfociò in una serie di rivolte cittadine, culminate con blocchi stradali e violenti scontri con le forze dell'ordine, con feriti ed arresti. Il 1957 e 1958 furono gli anni ricordati a Isernia come 'della violenza sociale'.

    Il 16 febbraio del 1970 il Parlamento sancì l'istituzione della nuova provincia che divenne operativa il 3 marzo 1970.


    Simboli



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    Isernia-Stemma


    Lo stemma di Isernia è formato da uno scudo oblungo di tipo sannitico, su cui campeggiano le iniziali della città composte da un caduceo, intorno al quale è attorcigliato un serpente; lo scudo è avvolto da foglie di acanto ed è sormontato da un elmo, rabescato a cancelli con cimiero. Le lettere, le foglie e i bordi dello scudo sono giallo-oro, lo scudo è azzurro e l'elmo è grigio scuro. Il caduceo, emblema del potere ed anche della prosperità, indica che Isernia è stata sempre città regia e mai assoggettata in feudo, se non per pochi anni; il serpente, invece, è simbolo di prudenza, di riflessione, di pace e di sollecitudine, qualità necessarie per riuscire nelle imprese. Il caduceo ed il serpente accoppiati simboleggiano anche la prosperità e la buona salute; erano infatti attributi tradizionali di Esculapio, dio della medicina.

    Storia dello Stemma

    Non si hanno notizie certe dell'epoca in cui è stato adottato lo stemma, né si conosce il nome del suo ideatore. Il primo documento storico pervenutoci, su cui è riprodotto lo stemma della città di Isernia, è il privilegio concesso alla città da Carlo V nel 1521, il cui originale cartaceo è conservato nella biblioteca comunale. Nel corso dei secoli è stato più volte ritoccato, abbellito, ma lo scudo e la disposizione delle lettere sono rimasti sempre uguali; quello attuale risale al 1956.
    Targa alla medaglia d'oro



    Onorificenze




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    targa alla medaglia d'oro


    Il comune di Isernia è stato insignito della Medaglia d'oro al valor civile nel 1960
    Medaglia d'oro al valor civile - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor civile
    «Sopportava con stoico coraggio numerosi e spaventosi bombardamenti aerei che distruggevano la maggior parte del centro abitato e uccidevano un terzo dei suoi abitanti, mai deflettendo dal suo eroico e dignitoso contegno verso lo straniero e dalla sua fede nella risurrezione della Patria.»


    Ricorrenze

    3 marzo, elevazione a provincia
    1º maggio, festa di San Giuseppe Lavoratore, rione San Lazzaro
    19 maggio, festa di San Pietro Celestino, patrono di Isernia
    10 settembre, bombardamento alleato



    Monumenti e luoghi d'interesse

    Architetture Religiose

    Cattedrale di San Pietro





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    Cattedrale di San Pietro



    E' la chiesa più importante della città, chiesa madre della diocesi di Isernia-Venafro è dedicata a San Pietro Apostolo e si trova in piazza Andrea d'Isernia. L'edificio attuale sorge su un antico tempio pagano italico del III secolo a.C. di cui è rimasto integro l'intero podio da cui è possibile ricostruirne la forma. Il tempio era un capitolium, cioè un tempio dedicato alla triade capitolina che aveva l'ingresso dalla parte opposta rispetto la collocazione attuale. In epoca medioevale venne costruita una cattedrale di stile greco-bizantino che rispettava la disposizione del precedente tempio pagano. Nel 1349 questo edificio fu distrutto completamente da un terremoto e venne costruito un nuovo edificio nella disposizione moderna. Agli inizi dell'800 un nuovo terremoto lesionò gravemente la chiesa che venne ricostruita nella stessa sede ma di dimensioni maggiori e di aspetto molto simile a quello attuale.

    L'aspetto attuale è dovuto ai restauri neoclassici ordinati dal vescovo Gennaro Saladino nella seconda metà del XIX secolo che presenta il grande timpano triangolare in travertino, è sorretta da due coppie di pilastri agli angoli e da quattro alte colonne ioniche sulla fronte. Lo spazio interno appare suddiviso in tre navate con pilastri decorati da lesene corinzie in marmi policromi. Nella cappella del Santissimo Sacramento vi è l'antica tavola bizantina denominata "Virgo Lucis" (la Madonna della Luce) di Marco Basilio risalente al XV secolo.



    Altre Chiese








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    Eremo dei Santi Cosma e Damiano



    L'Eremo dei santi Cosma e Damiano, come la cattedrale, è stato costruito su un antico tempio pagano. Notizie certe della sua costruzione si hanno a partire dall'anno 1130.



    municipio

    La Chiesa di San Francesco
    fatta costruire nel 1222 da San Francesco d'Assisi, di passaggio ad Isernia. In seguito, fu dedicata a S. Stefano; l'ingresso, inoltre, venne spostato dalla parte opposta all'attuale, su via Roma. Dopo la morte del Santo d'Assisi, furono cambiati l'orientamento ed il nome della chiesa, conservando tuttavia molti elementi medievali. Sulla sinistra vi è una vera e propria chiesa nella chiesa, il cosiddetto cappellone di S. Antonio, edificato nel 1450. Numerose le opere d'arte presenti, tra cui due Crocifissi del XVI secolo, una statua lignea della Madonna della Provvidenza del XIV secolo ed una campana fusa nel 1259.



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    La Chiesa di Santa Chiara
    costruita nel 1275.
    La Chiesa di Santa Chiara di Isernia è stata fondata nel 1257, ma non esistono più tracce dell'edificio medioevale. Nel 1809 il Monastero è stato soppresso e poi è stato anche danneggiato da un terremoto. Questa Chiesa è però una delle più importanti della città.



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    Il Monastero di Santa Maria delle Monache costruito intorno all'anno mille, ha ospitato le monache dell'ordine benedettino. Nelle sue stanze sono presenti il Museo Nazionale, la Biblioteca Comunale di Isernia e parte del Museo paleolitico di Isernia.




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    L'Arco di San Pietro
    è il campanile della Cattedrale, costruito 1349 collega la chiesa con il palazzo dell'università.
    È posta a cavallo dell'asse principale della città e, anticamente, serviva sia la Chiesa di S. Pietro che quella di S. Paolo, situata all'altro lato della strada, ove ora è la sede dell'Università. La costruzione del campanile risale quasi sicuramente agli anni che seguirono il terremoto del 1349, quando si decise di cambiare l'orientamento della Cattedrale; molti sono i rifacimenti che esso ha subito nel corso degli anni, ma la parte inferiore è sicuramente originale trecentesca su una base del IX secolo: è una torre quadrata di stile gotico con archi a sesto acuto a quattro ordini con alla sommità un orologio. Ai quattro angoli interni dei due archi vi sono quattro statue togate romane provenienti dall'area del foro.



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    La Chiesa di San Giuseppe
    lavoratore costruita nel 1993 nel rione San Lazzaro, il più popoloso della città. Nata su progetto di Mario Castrataro a causa del veloce sviluppo del popoloso quartiere di San Lazzaro, a nord della città. Completamente in cemento, è composta da tre cupole principali, ampie vetrate sulla parte anteriore (realizzate da Gino Pannunzio) ed è alta circa 30 metri. Ha una capienza di circa duemila persone e sotto di essa è presente anche un centro sportivo.


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    La Chiesa di San Pietro Celestino
    fondata nel 1623 insieme al monastero adiacente, andato distrutto nel 1943 dai soldati tedeschi, che lo minarono prima della ritirata. La chiesa, invece, è stata risparmiata dagli eventi bellici. Attualmente, la chiesa è anche sede della Congrega di San Pietro Celestino.




    Santuario-Immacolata-Concezione

    La Chiesa dell'Immacolata Concezione sede della Confraternita di San Pietro.

    Nel 1805 il Santuario Immacolata Concezione venne completamente raso al suolo da un terribile terremoto, nel 1852 la chiesa però venne ricostruita.

    Attualmente è stata riaperta al culto ed è la sede dell’associazione “La Fraterna” voluta nel 1986 dal Vescovo Ettore e dedicata all’omonima confraternita nata a Isernia nel 1282.

    Del 1952 è la facciata composta da archi a sesto acuto. All’interno la struttura si sviluppa a singola navata con soffitto ligneo di notevole fattura in stile classico trecentesco.




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    La Chiesa di Santa Maria Assunta di recente costruzione nella parte nuova della città, è punto di riferimento di tutta la parte nuova della città. In stile moderno, l'esterno riprende le canne mozze di un organo, nonché quelle di un flauto pastorale[senza fonte]; gli interni sono molto semplici e funzionali. Oltre al tempio sono presenti anche molte sale dietro e sotto la chiesa, che sono adibite a spettacoli e corsi religiosi.




    SACRO_CUORE_PIAZZA

    La Parrocchia Sacro Cuore costruita nel 1948 e che comprende il monastero dei frati cappuccini, opera di Eduardo De Vincenzi, fu voluta da Padre Giacinto, che ne fu anche promotore (la chiesa è conosciuta tra gli isernini anche come "Padre Giacinto"). Comprende la chiesa, la residenza dei Frati Cappuccini confratelli di San Pio da Pietrelcina e una casa di riposo per anziani chiamata Casa Mia per Anziani. Il complesso sorge in piazza Veneziale in cui è presente una fontana con una statua. Dietro la chiesa sono presenti anche dei campi da calcetto.


    Architetture Civili



    Fontana Fraterna


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    Fontana della Fraterna


    Annoverata fra le fontane monumentali d'Italia per la sua mirabile struttura architettonica, la Fontana Fraterna è una delle opere più significative e più importanti nonché simbolo della città.

    La fontana, composta da blocchi di pietra locale provenienti da un numero imprecisato di edifici nella città e da costruzioni di epoca romana, è formata principalmente da una serie di archi a tutto sesto. Presenta diverse epigrafi incise su di essa tra cui una dedicata agli Dei Mani. Al centro della fontana c'è una lastra di marmo più grande delle altre ed è decorata con due delfini ed un fiore proveniente da un edificio sepolcrale. Si può affermare quindi che la fontana non risale ad un periodo storico preciso ma che è testimone dei numerosi periodi storici che ha attraversato la città.

    La fonte si trova in piazza Celestino V a seguito dei bombardamenti del 1943; in precedenza si trovava in piazza della fraterna, da cui prese il nome.

    L'Acquedotto romano di Isernia è un acquedotto di origine romana scavato nelle rocce travertiniche nel sottosuolo della città ed è tutt'oggi funzionante.



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    Ponte Cardarelli

    Il ponte Cardarelli, già viadotto La Prece

    « Alla via Nazionale, che con pendenze troppo sentite attraversava la città d'Isernia, venne sostituito un nuovo tratto di strada di cui fa parte il viadotto detto La Precie, per l'attraversamento, presso Isernia, del profondo vallone, dal quale prende il nome. Il manufatto è a due soli ordini, quantunque misuri 57 metri d'altezza, il che lo rende specialmente ardito e singolare. È lungo ben 130 metri, di cui 92 tra le spalle. Riesce svelto allo sguardo e non pertanto, per la sua grande mole, desta un senso d'imponenza ed ammirazione, specialmente a chi lo considera dal fondo della valle. La sua costruzione ebbe principio nell'aprile 1887 e terminò nell'aprile 1892, colla spesa di lire 300.000. Vi si impiegarono 11.000 metri cubi di muratura, compresi mille metri di pietra da taglio. Allo scopo di diminuire il peso, tra la sommità delle arcate superiori ed il piano stradale, vi ha una galleria longitudinale di 120 metri, della capacità di metri cubi 1090. Detta galleria è illuminata da finestre ricavate sotto gli archetti ed è comodamente praticabile. L'ingegnere del Genio civile Gustavo Baliviera diede al preesistente progetto l'attuale sua forma ed ebbe la direzione del lavoro »

    (Notizie da una pubblicazione di fine Ottocento)

    Acque Sulfuree: è presente, in contrada Acqua Sulfurea, uno stabilimento termale risalente ai tempi dei romani, e in disuso ormai da molto tempo. Nello stabilimento è presente una fontana di acqua sulfurea tutt'oggi attiva. Recentemente - a seguito di una ancora parziale ristrutturazione del sito ad opera dell'amministrazione comunale - c'è stata una rivalorizzazione del luogo, anche grazie a delle organizzazioni giovanili che hanno organizzato serate, musicali e non, per attirare i giovani isernini nel posto.

    Viadotto Santo Spirito: notevole viadotto che consente alla rete ferroviaria di servire il centro di Isernia. Distrutto nei bombardamenti alleati del 1943, venne ricostruito nella forma attuale. Consiste in due serie di piccoli archi separate da un arco di notevoli dimensioni.



    Palazzi di Isernia



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    Palazzo D'Avalos-Laurelli



    Palazzo D'Avalos-Laurelli edificato nel 1694 ad opera del principe Diego D'Avalos.
    Palazzo San Francesco costruito nel 1222 da San Francesco.
    Palazzo De Lellis-Petrecca, risalente a circa la metà del settecento, è un'opera vanvitelliana fatta costruire da Ferdinando II di Borbone.
    Palazzo Jadopi risalente al XVIII secolo, fu testimone dell'impiccagione di alcuni garibaldini.
    Palazzo Pecori Veneziale uno dei più belli della città, fu costruito nel XVIII secolo dal marchese Pecori.
    Palazzo Orlando, situato nella zona nuova della città, è una delle sedi dell'università degli studi del Molise.
    Palazzo Pansini-Clemente edificato tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento sulla chiesa dell'Annunziata, andata distrutta.
    Palazzo dell'Università è un'altra sede dell'Università degli studi del Molise; costruito sulla vecchia chiesa di San Paolo, è collegato alla cattedrale attraverso l'arco di San Pietro.



    Altro



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    L'Incontro

    L'Incontro (Piazza della Repubblica). Nel 1998, in Piazza della Repubblica, fu posta una scultura in pietra lavorata del maestro Pietro Cascella, denominata "L'incontro". L'opera rappresenta l'anima di Isernia, fondata su un incontro di più strade e quindi di culture diverse.



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    Monumento ai Caduti della prima guerra mondiale, collocato nel Parco della Rimbembranza e costruito dal mastro scalpellino Camillo Centuori, il monumento è dedicato alle vittime della prima guerra mondiale; è formato da sei colonne con capitelli corinzi, che sorreggono una struttura circolare sulla quale sono scolpiti i nomi delle vittime della Grande Guerra ed i sei fiumi protagonisti della vittoria italiana.


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    Le leonesse di marmo: in piazza Andrea D'Isernia era presente una fontana nel XVI secolo. Di questa fontana rimangono soltanto quattro leonesse di marmo. Due di queste sono state posizionate all'ingresso sud dell'attuale villa comunale. Altre due giacciono in un deposito comunale (ritrovate casualmente da un operaio dello stesso comune) e da almeno un decennio attendono di essere ricollocate.

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    Monumento ai Caduti della Prima guerra mondiale

    Statua alle vittime del X Settembre


    Statua alle vittime del X settembre, situata in Piazza X settembre, la statua delle vittime del X settembre rappresenta una figura maschile bronzea tra le macerie, che si ripara dai bombardamenti aerei.



    Terminal Francesco Martino: Il terminal per gli autobus urbani ed extraurbani, costruito nei primi anni 2000 vicino alla stazione ferroviaria, è stato intitolato a Francesco Martino, il ragazzo di Isernia morto in un incidente ferroviario sulla tratta Roma-Campobasso nei pressi di Roccasecca il 20 dicembre 2005.




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    Mura Ciclopiche: il centro storico di Isernia (cioè la parte della vecchia colonia latina) era circondato da mura ciclopiche (oggi visibili solo in alcuni punti) risalenti al terzo secolo a.C. circa. Le mura circondavano l'area della cittadella fortificata sul tracciato delle quali nel Medioevo furono innalzate delle torrette di guardia circolari ancora oggi perfettamente visibili. L'area delle mura ciclopiche va dalla zona della Chiesa di San Pietro Celestino ed arriva all'altezza dell'attuale piazza Celestino V dove è situata la Fontana Fraterna davanti alla quale sono state recentemente scoperte resti delle suddette mura. Altri resti sono stati scoperti durante il restauro di un locale adibito a ristorante adiacente piazza Celestino V.


    Siti archeologici



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    Isernia "La Pineta" è un sito archeologico del Paleolitico rinvenuto casualmente dal ricercatore Alberto Solinas nel maggio 1979 in occasione dei lavori per la superstrada Napoli-Vasto.


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    L'enigma di Isernia "La Pineta":

    La Necropoli: ci sono stati molti ritrovamenti di oggetti funerari sulle strade che uscivano dalla città che si presume appartenessero a delle necropoli. Il ritrovamento più importante è stato quello nel 1980 della necropoli a sud della città, dove il Sordo e il Carpino si uniscono a formare il fiume Cavaliere, risalente ai primi secoli dopo cristo. Le tombe erano di tipo a fosso, ricche di corredo funerario, ma con corredi molto simile tra loro ad indicare una uniformità sociale. Alcuni corredi funerari sono esposti nel museo di Santa Maria Delle Monache.


    Valico del Macerone

    Il Valico del Macerone (684m sldm) situato nella zona nord della città. In passato collegava Isernia con Forli del Sannio e Castel di Sangro (ora è stata costruita un'arteria autostradale) ed è molto conosciuto soprattutto per gli amanti del ciclismo e degli escursionisti in moto. Anche se il valico vero e proprio è presente nel comune di Isernia, con il termine 'Macerone' si intende di solito tutta la strada che arriva fino alla piana delle cinque miglia a Roccaraso. Nel 1921 in una tappa del giro d'Italia, Costante Girardengo sui tre chilometri devastanti con pendenze sino al 14% del 'Macerone', scese dalla bicicletta e tracciò una croce sulla polvere della strada sussurrando "Girardengo si ferma qui!" con voce stremata, per poi abbandonare la corsa



    Tradizioni e folclore


    Il Tombolo di Isernia




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    Donne alla lavorazione del Tombolo negli anni cinquanta

    A Isernia è molto diffusa da secoli la lavorazione del merletto a tombolo (Isernia è definita anche la città dei merletti). La cosa che più contraddistingue il tombolo isernino è, oltre alla finissima fattura, un tipo di filo prodotto in zona di colore avorio che rende tutto il lavoro più luminoso ed elegante. La sua introduzione nella città è di antichissima origine, si presume infatti che la diffusione risalga al XIV secolo, ad opera di suore spagnole che alloggiavano nel monastero di Santa Maria delle Monache. Col passare del tempo il tombolo viene lavorato sempre meno in maniera artigianale e sempre più in maniera industriale. È anche materia presso l'Istituto Artistico della città.



    Le Confraternite di Isernia

    A Isernia sono presenti numerose Confraternite La più antica è la confraternita "la Fraterna" istituita nel 1289 di Pietro Angelerio futuro papa Celestino V; poi esistono la confraternita del "Santissimo Rosario", la confraternita "Santa Maria del Suffragio" e la confraternita di "Sant'Antonio. In passato le dispute tra le varie confraternite erano delle vere e proprie lotte di classe infatti ogni confraternita rappresentava una diversa classe sociale.




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    Gli Incappucciati



    La processione del Venerdì Santo

    Come in altre città d'Italia, il Venerdì che precede la Pasqua, anche ad Isernia si svolge la processione. Essa percorre tutta la città e riscuote una partecipazione da parte della popolazione davvero numerosa. Molto tradizionale è la presenza degli incappucciati, fedeli che per un voto di penitenza partecipano alla processione incappucciandosi totalmente con un telo bianco (in modo da non permettere a nessuno di essere riconosciuti) e si incoronano la testa con una corona di spine. Molti di loro, per aggravare la penitenza, portano croci e camminano scalzi per tutto il percorso della processione; loro è anche il compito di portare statue della Mater Dolorosa e del Cristo Morto. Le Confraternite della città partecipano alla processione, ognuna con un ruolo ben preciso all'interno del corteo.


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    Biblioteche





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    Biblioteca civica "Michele Romano"

    Biblioteca civica "Michele Romano", in piazza Santa Maria 5

    Biblioteca provinciale Theodor Mommsen, è la biblioteca provinciale che ha sede nel palazzo della provincia in via G.Berta. Nata per un progetto provinciale di diffusione della cultura e della lettura in tutto il territorio, contiene circa 40.000 volumi e 60.000 tra giornali quotidiani, periodici ed opuscoli, in particolare per le sezioni "scienze", "economia" e "diritto". Sono presenti emeroteca, mediateca e internet point.


    esterno

    Biblioteca comunale, via Kennedy, 19


    Biblioteca della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, corso Risorgimento, 302
    Biblioteca dell'archivio di Stato di Isernia, Via L. Testa, 27
    Biblioteca dell'Ente provinciale per il turismo pentro, via Farinacci, 9
    Biblioteca di ateneo di Isernia, via Mazzini, 9


    Musei

    Nella città sono presenti tre musei molto importanti:

    Il Museo nazionale di Santa Maria delle Monache;
    il Museo paleolitico di Isernia;
    il Museo Maci.



    Cucina



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    Sagnette e fagioli all'isernina

    Per prima cosa bisogna lessare le sagnette (500g) in acqua salata, poi bisogna soffriggere nell'olio (125ml) aglio e peperoncino. Scolare le sagnette lasciandole brodose e uniamo nella stessa pentola i fagioli (cucinati precedentemente, 5000g) con l'acqua di cottura e infine, in un sol colpo, l'olio bollente in modo da creare il classico rumore delle “Bandiste e Sciuvrarelle”. Lasciar riposare per qualche minuto e servire.

    La cucina di Isernia è molto legata alla tradizione contadina della zona, soprattutto per quanto riguarda la preparazione di pasta fatta in casa, salumi e formaggi. Tra i primi hanno molta importanza i "cavatelli" preparati con carne di agnello, e "sagne e fagioli" che sono delle piccole lasagnette accompagnate da fagioli e altre erbe aromatiche. Oltre ai cavatelli i tipi di pasta fatta in casa più comuni sono "Le taccunelle", "le laianelle", "i fusilli", "le recchietelle", "i raviuoli".

    Un secondo tipico della città sono i "turcinelli arrostiti", interiora di agnello avvolte in budella e arrostite. Ci sono poi "ru macche" (polenta con fagioli), "i frattaruoli" (tocchetti di polenta con salsiccia) e "ru sciarone" (mezzelune di pasta ripiene di uova e formaggi)[.

    Per quanto riguarda i prodotti della natura, molto tipici della zona sono:

    il tartufo molisano, in particolare quello bianco, di cui ne è ricca l'intera provincia, si stima infatti che contribuisca alla produzione nazionale con una quota di mercato del 40%.
    la cipolla di Isernia detta anche di San Pietro: tonda, schiacciata e di dimensione notevole (ogni cipolla pesa circa dai 100 ai 300g). Famosa anche la varietà Majorina, più piccola e precoce. È molto importante nella tradizione isernina sia in campo medico, perché veniva usata per la cura delle cisti e duroni ai piedi, sia dal punto di vista della preparazione di piatti tipici come la frittata di cipolle.

    A Isernia è presente un proverbio sulla cipolla
    « La mogl ch vò ben a ru marit la sera r fa truà la cpullata »

    (La moglie che vuole bene al marito la sera gli fa trovare la cipollata)

    In zona si producono anche molti vini, per lo più produzioni casalinghe, tra i quali:

    Pentro di Isernia bianco
    Pentro di Isernia rosso
    Pentro di Isernia rosato



    Eventi

    Festa dei santi Cosma e Damiano

    Il 26 settembre di ogni anno si celebra ad Isernia la festa dei santi Cosma e Damiano, che è molto sentita nella città. Oltre al giorno deciso dalla chiesa, il 26 di settembre infatti, ad Isernia le celebrazioni continuano anche il giorno 27, noto come “festa dei santi per gli isernini”. Oltre alle classiche celebrazioni religiosi, è presente anche una grande fiera, che si svolge nel centro storico della città, oltre che spettacoli vari (musicali come piccole orchestre o artisti nazionali) si svolgono nella città ad opera del comitato che organizza la festa. La festa, in passato, era una celebrazione pagana del Dio Priapo, trasformata con il passare del tempo nella celebrazione dei due santi medici.


    San Pietro e le cipolle



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    Fiera delle Cipolle sull'area oggi occupata dalla villa comunale

    L'associazione tra San Pietro e la cipolla deriva da un'antica leggenda isernina in cui, per salvare sua madre dall'inferno, San Pietro fece scendere una resta di cipolle a cui la donna poteva aggrapparsi. Alla resta, però, si aggrapparono anche altre anime. La madre del santo, allora, per non far aggrappare gli altri dannati, cominciò a dimenarsi. Così facendo, però, fece rompere la resta e ricadde tra le fiamme.


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    Fiera delle Cipolle

    La fiera, legata ai festeggiamenti dei Santi Pietro e Paolo, è la più importante della città di Isernia e si svolge il 28 e 29 giugno. Di antica origine (la prima testimonianza risale al XV secolo) è nata inizialmente per favorire il commercio della cipolla di Isernia dei produttori locali; è oggi diventata una fiera molto variegata e frequentata ma sono comunque presenti i tipici banchetti con la cipolla di Isernia. Un tempo si svolgeva dove si trova attualmente il parco della rimembranza, denominato il largo delle cipolle; dopo l'espansione a nord della città, la fiera si è svolta per alcuni decenni su corso Risorgimento, per poi spostarsi negli ultimi anni sul corso principale della città, corso Garibaldi. La fiera, con il passare del tempo, ha perso la sua funzione originaria, cioè quella di favorire il commercio della cipolla. Allo stato attuale, la maggior parte delle bancarelle adibite alla vendita di questo prodotto è stata rimpiazzata da allestimenti di tipo generico, presenti in qualsiasi altra fiera o mercato italiano.


    Festa di Sant'Antonio

    Ad Isernia è molto sentito il culto di Sant'Antonio. Nella città, infatti, è presente una cappella nella Chiesa di San Francesco, e una confraternita dedicata al santo. La processione, che si svolge la sera negli ultimi anni, è una delle cose più caratteristiche della città, in quanto prevede la partecipazione di cavalli bardati con vistosi drappi, nastri colorati e immagini del santo, che seguono il corteo per tutta la città. Il numero di questi cavalli, per tradizione, deve essere 13, come il numero del santo. Questi cavalli, una volta di proprietà dei contadini, sono attualmente quelli della comunità Rom molto presente nella città. Oltre al corteo, durante i giorni di festa, nella città sono presenti molti altarini con immagini raffiguranti il santo, e molti bambini vengono vestiti come Sant'Antonio per invocare la protezione del santo su di essi. Di questa festa si occupano il comitato festa e la confraternita di Sant'Antonio fondata nell'anno 1781 con Regio Decreto. Nel giorno della festa (13 giugno) in chiesa viene distribuito il pane benedetto a tutti i fedeli che vi si recano.


    La canzone italiana d'autore

    La canzone italiana d'autore è un concorso musicale ideata dall'assessorato alla cultura del Comune di Isernia che si svolge nella città (in piazza Andrea d'Isernia, prima si svolgeva in piazza Celestino V) e propone il rilancio della musica italiana. È un concorso per artisti emergenti non professionisti, ognuno dei quali si esibisce con un brano edito ed uno inedito. Ospiti del concorso sono stati artisti di fama nazionale come Alex Britti. Eugenio Finardi, Angelo Branduardi e Bobby Solo. È un concorso recente che ha visto come direttore artistico Red Ronnie, ruolo che è attualmente rivestito da Dario Salvatori. L'evento musicale rientra nella serie di iniziative appartenenti a Molise Live.
    « Intendo ringraziare gli assessori regionali alla cultura e al turismo, Arco e Marinelli, che hanno creduto nell'iniziativa e hanno inteso sostenerla finanziariamente, riconoscendone il valore promozionale e arti stico. Le edizioni degli scorsi anni hanno consentito ad Isernia di salire alla ribalta nazionale attraverso un concorso unico nel suo genere »

    (Giovancarmine Mancini, vice sindaco in sede di conferenza stampa)

    Cronologia Vincitori

    Edizione 2005 - Less Than Zero e Tabula Osca
    Edizione 2006 - Nobraino
    Edizione 2007 - Giorgia Paradiso e Megliosole
    Edizione 2008 - Erica Mou e Dioniso
    Edizione 2009 - Marco Saltatempo
    Edizione 2010 - Gianmarco Dottori



    Settembre isernino


    Generalmente a settembre il centro storico di Isernia è sede di tante manifestazioni artistico/culturali tra cui proiezioni di pellicole cinematografiche all'aperto ed organizzazione di spettacoli tipo "la corrida".


    Altre feste

    Il venerdì santo si svolge la classica processione che attraversa le strade cittadine;

    Il 1 maggio si celebra la festa di San Giuseppe Lavoratore nel quartiere di San Lazzaro in contemporanea alla festa di Santa Lucia nella frazione di Castelromano;

    Il 18 e 19 maggio si svolgono i festeggiamenti legati al patrono della città, San Pietro Celestino;

    L'ultima domenica di maggio nella frazione di Salietto si celebrano i festeggiamenti della Madonna della Medaglia Miracolosa;

    Il 6 giugno si svolgono i festeggiamenti legati a Santa Barbara invocata dalla popolazione contro il pericolo dei terremoti, essendo la città ad alto rischio sismico; la Santa può essere definita un patrono antisismico della città si dal 1456

    Il 13 giugno si svolge la processione di sant'Antonio da Padova;

    Dal 23 al 29 giugno c'è la Fiera delle Cipolle;

    Il 6 luglio ci sono i festeggiamenti legati alla Madonna del Carmelo;

    Il 31 luglio nella frazione Fragnete si festeggia Santa Maria delle Grazie;

    4, 5 e 6 agosto si celebra la Madonna della Neve;

    Il 6 agosto nella frazione Castelromano si celebra San Salvatore;

    Il 7 agosto si svolgono i festeggiamenti nella frazione di Salietto legati a San Donato;

    Il 4 e 5 settembre si festeggia la Madonna della Libera;

    27, 28 e 29 settembre c'è la celebrazione dei Santi Cosma e Damiano;

     
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    Campobasso


    Da Wikipedia


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    Panorama della città dalla scalinata che collega il centro storico al viale della Rimembranza, che giunge al Castello Monforte


    « Le montagne intorno fino all'eccelsa Majella ordinavansi in file; e le loro cime, toccantisi in apparenza e per dubbie liste distinte appena, la immensità de' bacini accennavano del Biferno del Trigno e del Sangro, ne' quali tante altre minori valli convengono. Numerose borgate, quale in iscorcio e quale in prospetto, ad animar questa scena, coronavano Campobasso, se non che tolti dalla neve gli oscuri così de' boschi come de' tetti. »

    (Dall'opera "La Pace" di Michelangelo Ziccardi, XIX secolo.)


    Campobasso (IPA: /kampo'basːo/; Campuasce/Cambuasce in campobassano), è un comune italiano di 50.932 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Molise.

    Sorge a 701 m. s.l.m., ed è così il quarto capoluogo più alto d'Italia dopo Enna, Potenza e L'Aquila, considerando l'hinterland la popolazione ammonta a circa 70.000 abitanti.

    La città, di origine Longobarda, si trova nella zona compresa tra i fiumi Biferno e Fortore. Il centro storico accoglie numerosi palazzi e monumenti di diverse epoche storiche, dalla chiesa duecentesca di San Leonardo al castello Monforte ed alla cattedrale neoclassica della Santissima Trinità.

    La città è sede arcivescovile metropolitana (arcidiocesi di Campobasso-Boiano) e dell'Università degli studi del Molise.


    Geografia fisica

    Campobasso è una città formata da una parte antica di origine medioevale, ricca di valori storici e artistici, posta sul pendio di un colle dominato dal Castello Monforte, e da una parte più moderna ed elegante originaria dal XIX secolo che si sviluppa sul piano ai piedi del centro antico. Intorno al castello che domina la città si sviluppa il borgo medioevale, costituito da vicoli e lunghe e tortuose scalinate, ai lati delle quali sorgono case ed edifici in pietra, spesso aventi caratteristici cortiletti interni. Di rilievo sono i portali delle case più antiche realizzate anch'esse in pietra locale, ricche di decorazioni, stemmi di famiglie nobili e figure allegoriche. La città ottocentesca, denominata centro storico murattiano, si estende in piano e presenta le caratteristiche tipiche dello sviluppo urbanistico di quel periodo storico. Progettato secondo l'ideale della città giardino, presenta molti spazi verdi, ricchi di essenze arboree rare e pregiate (sequoie, cedri del Libano, ginkgo biloba, abeti rossi, lecci, ecc.), piazze, nonché fontane e fontanelle dalla quale sgorgano tuttora acque fresche e pure. Ottime le specialità culinarie del luogo, famoso anche per le vecchie officine in cui si forgiano coltelli. Buono il rapporto di ecosistema urbano (prestazione di una città sostenibile, ideale e non utopica) che la colloca al 38º posto tra le 103 città italiane e tra le prime nel centro-sud con una percentuale del 55,44% superiore alla media nazionale.


    Clima

    Il clima della città è continentale di tipo appenninico. Durante l'inverno sono frequenti le nevicate che in alcune annate hanno anche raggiunto depositi ragguardevoli. La stagione più piovosa è quella autunnale con una media di 81 mm nel mese di novembre. Con una temperatura media annua di circa 12 gradi il capoluogo molisano risulta tra le città più fredde d' Italia. In inverno molto spesso la città raggiunge anche i -10 gradi.



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    Campobasso, panorama

    Storia


    Epoca Sannitico-Romana

    Le origini di Campobasso come centro abitato sono incerte. Sull'altura che domina l'odierna città era presente un insediamento di controllo dei Sanniti, di cui ancora oggi si conservano le tracce, posto a controllo del tratturo. Lo scopo difensivo del sito è confermato dal ritrovamento, nei pressi del castello Monforte, di resti di mura osco-sannite e dal rinvenimento, tra le rovine della Chiesa di San Mercurio nel 1930, di un'iscrizione osca portante il nome di “VALVENNIUS”. Tale insediamento gravitava probabilmente intorno ad un centro più importante che alcuni storici identificano con Aquilonia situato su Monte Vairano (tra i comuni di Campobasso, Busso e Baranello) del quale sono riaffiorate, dopo attente campagne di scavi archeologici, numerose tracce. A pochi chilometri da Campobasso poi, nel comune di Sepino, è presente un altro importante sito archeologico a testimoniare l'importanza che questo territorio ha avuto in epoca sannita prima e romana poi. Si tratta infatti delle antiche vestigia della Saipins sannitica e della successiva Saepinum romana di cui si conservano molto bene le ampie strade, le mura, gli archi, le porte, le terme, il foro e il suggestivo teatro. La storia del territorio di Campobasso è quindi indissolubilmente legata a quella dell'antico Sannio-Pentro e a Roma.

    Medioevo



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    Campobasso, Scorcio nel Borgo medioevale

    Le fonti storiche datano l'atto di nascita di Campobasso all'epoca della dominazione Longobarda in Italia. Risale infatti all'anno 878 un documento stilato da un monaco della badia benedettina di Santa Sofia in Benevento in cui si fa menzione di Campobasso (Campibassi). Questo documento, reperibile come Codice Vaticano Latino 4939, è il “Chronicon Sancte Sophie” ed è stato redatto al tempo in cui Adelchi era principe di Benevento. Nel periodo longobardo e successivamente durante l'egemonia normanna, Campobasso assume un'importanza economica sempre crescente riuscendo a diventare la “capitale” della Contea sotto la signoria dei De Molisio. Il fiorire dei commerci e l'aumentata importanza amministrativa comportano l'ampliamento dell'antico borgo che si espande soprattutto intorno alla chiese di San Bartolomeo e di San Mercurio. Diverse sono le connotazioni che il borgo assume nel tempo: CIVITAS, CASTRUM e UNIVERSITAS HOMINUM. Tra i documenti storici del periodo compreso tra l'anno 1000 e il 1300 spicca la “PANCARTA CAMPOBASSANA” del 1277 in cui trentadue campobassani denunciarono a Carlo I d'Angiò le angherie e i soprusi del feudatario Roberto di Molise. La Pancarta testimonia la notevole combattività e la tenacia degli abitanti di Campobasso. Il quattrocento è per Campobasso un'età d'oro grazie all'intraprendenza dei Monforte, divenuti i feudatari del borgo. Secondo alcuni storici i Monforte sarebbero i discendenti dei Monfort di Francia e d'Inghilterra, scesi in Italia al seguito di Carlo D'Angiò. Campobasso e i Monforte costituiscono un binomio inscindibile nella storia della città. Il personaggio di spicco dei Monforte fu il Conte Cola detto anche il “Campobasso” di cui parla anche Benedetto Croce. Egli si distinse per le sue virtù militari durante la lotta di successione al Regno di Napoli tra Angioini e Aragonesi. Cola batté moneta e provvide ad ampliare il castello dotando la città di forti mura perimetrali lungo le quali edificò le porte di San Leonardo e di Santa Cristina. Alla fine del quattrocento, con la sconfitta degli Angioini, che i Monforte avevano appoggiato, Campobasso passa agli Aragonesi ed in seguito ai De Capua. Ferdinando I d'Aragona concede ai campobassani la possibilità di costruire le abitazioni addossandole alle mura perimetrali.



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    piazza


    Cinquecento e Seicento

    Agli inizi del cinquecento i De Capua sono feudatari in Campobasso. La città, grazie alla felice posizione geografica, vive di un florido commercio; infatti l'area al di fuori dalle antiche mura, con le chiese di Santa Maria Maddalena e della SS. Trinità, è contraddistinta da una notevole vivacità di scambi nei vari settori dell'artigianato. Nel 1530 diventano signori di Campobasso i Gonzaga che ne aumentano il prestigio. A loro si deve la riorganizzazione urbana della cittadina; in ogni rione le singole strade sono indicate con il nome dell'attività lavorativa prevalente come ad esempio scarparìe, ferrarìe, oreficerìe (l'attuale Via degli Orefici, ricca ancor oggi di botteghe e negozi di orafi). Signori della città, dopo i Gonzaga, sono i Vitagliano nel 1638 e successivamente i Carafa. Nel corso del Seicento Campobasso ha un ulteriore sviluppo grazie anche alla vicinanza dei tratturi che favoriscono le comunicazioni con altri centri e l'arrivo di commercianti forestieri.


    Crociati e Trinitari

    La vita cittadina di quel periodo è animata da alcune confraternite delle quali le 2 principali, quella dei Crociati e dei Trinitari, sono in forte contrasto fra loro. Le rivalità nascevano dalla volontà di affermare la supremazia di una classe sociale sull'altra. Diversi e violenti furono gli scontri fra queste fazioni che insanguinarono, per buona parte del secolo, le strade della città. Le due confraternite posero fine alle lotte fratricide solo nel Corpus Domini 1587, con la mediazione di Fra Geronimo da Sorbo. In queste drammatiche vicende si inserisce la tragica storia d'amore tra la trinitaria Delicata Civerra, e il crociato Fonzo Mastrangelo, una sorta di Giulietta e Romeo ante litteram documentata da vari testi. Il loro matrimonio, come nella famosa opera di William Shakespeare, viene impedito dalle rispettive famiglie. Fonzo fugge e si arruola nella milizia. Delicata Civerra per il dolore si ammala nella Torre Terzano dove è imprigionata e muore proprio nel giorno in cui le parti avverse fanno pace. Il Mastrangelo, ricevuta la triste notizia della morte dell'amata, abbandona tutto ed entra nell'ordine francescano. Ancora oggi un sontuoso corteo con i costumi dell'epoca rievoca la pace fra Crociati e Trinitari.



    Settecento e Ottocento





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    Campobasso, Piazza Prefettura




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    Campobasso, un palazzo del Centro Murattiano





    Il settecento è attraversato da idee nuove e la struttura feudale della società viene vista come un intralcio alle iniziative della nuova classe emergente: la borghesia. Questa ventata di novità arriva anche a Campobasso. Ci sono uomini che, come Francesco de Attelis, Anselmo Chiarizia e Giovan Matteo Japoce, si prodigano in cause contro i feudatari. Molti intellettuali come Giuseppe Zurlo, Giuseppe Maria Galanti, Francesco Longano, Paolo Nicola Giampaolo, sostengono la necessità di superare l'immobilismo economico-sociale provocato dal feudalesimo. Campobasso diviene il cuore pulsante della cultura molisana, in cui trovano rifugio molti intellettuali del tempo come Gabriele Pepe e Vincenzo Cuoco. Alla morte del duca Carafa, Campobasso chiede di riscattare il feudo. Nel periodo che va dal 1728 al 1735 membri della borghesia capeggiano la rivolta. Scoppiano numerosi e cruenti tumulti per sottrarre la città ai feudatari ma solo nel 1742 i campobassani, al prezzo di ingenti sacrifici, riscattano il feudo.

    Nel 1755 Carlo di Borbone re di Napoli concede a Campobasso il rango di città modello. Agli inizi dell'Ottocento, in piena età napoleonica, viene istituita la Provincia di Molise e Campobasso, come capoluogo, diviene sede di numerosi uffici amministrativi. La popolazione, nonostante le gravi perdite umane e materiali provocate dal terremoto del 1805, si moltiplica e di conseguenza anche la città si espande. Si rende necessario realizzare un piano urbanistico per soddisfare nuove e molteplici esigenze. Vengono presi in considerazione due progetti, quello del Musenga e quello di Vincenzo Wan Rescant. Il Musenga immagina l'edificazione di un intero quartiere a schema ortogonale, invece Wan Rescant prevede l'espansione del tessuto urbano intorno ad una sola grande piazza con al centro l'edificio sede dell'amministrazione civica. Al sistema radiale del Wan Rescant è preferito quello del Musenga. La parte nuova della città si sviluppa in luogo pianeggiante, sulle “campère”, così chiamato perché un tempo era occupato dai campi coltivati e dai boschi. Campobasso doveva essere “monumentale, funzionale, unitaria e moderna, destinata ad una borghesia ormai disposta ad abbandonare la città feudale, ritenuta poco rappresentativa socialmente per uno Stato che, attraverso i palazzi pubblici, vuole creare l'immagine fisica dell'autorità, come prima lo era il castello sui monti”. Le piazze alberate, i viali e le aiuole fanno guadagnare a Campobasso l'appellativo di “città giardino”.


    Novecento



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    Campobasso, Villa dei Cannoni


    Nel 1910, infatti, entrò nelle case l'energia elettrica e, a partire dagli anni venti-trenta, vennero realizzate importanti costruzioni: gli edifici per la scuola elementare “D'Ovidio”, la Banca d'Italia e il Teatro Sociale (poi Teatro Savoia), il palazzo delle Poste e Telegrafi, la Camera di Commercio, il Palazzo della G.I.L., il Palazzo di Giustizia, l'Istituto per gli orfani di guerra (attuale sede del Conservatorio musicale) e l'Istituto Tecnico “L. Pilla” (che ebbe l'onore di essere inaugurato da re Vittorio Emanuele III. Parallelamente a questa attività edilizia furono tracciate nuove strade e lastricate piazze, costruiti marciapiedi, piantati alberi, innalzati monumenti e fontane. Anche l'iniziativa privata diede il suo valido contributo edificando eleganti palazzi e dotando la città di alberghi, ristoranti, bar, negozi e cinema. Nel 1927 la sede vescovile, con bolla pontificia, venne trasferita da Bojano a Campobasso. La tragedia della seconda guerra mondiale risparmiò Campobasso dalle distruzioni provocate dai bombardamenti alleati. Nei primi anni del secondo dopoguerra la città conobbe una discreta ed armoniosa espansione ma è con l'istituzione della Regione Molise nel 1963 che Campobasso vive una vera e propria rivoluzione. Divenuta capoluogo di regione infatti conosce un notevole incremento demografico ed un conseguente sviluppo edilizio (che porta alla nascita del quartiere CEP nella zona nord della città), essendo sede di importanti uffici regionali e di numerose filiali e agenzie di banche e di assicurazioni. Come era avvenuto agli inizi dell'Ottocento la città rinasce grazie alla sua importanza amministrativa. Dal 1982 è sede dell'Università degli Studi del Molise la quale in pochi anni ha incrementato notevolmente l'offerta formativa ed ha riscontrato un rapido aumento della popolazione studentesca. Dal 2002 è inoltre attivo il Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha elevato l'intero sistema sanitario della regione portandolo all'avanguardia internazionale nei settori di diagnosi e di cura di varie branche della medicina come l'oncologia, i trapianti, le patologie cardiache e la medicina ultraspecialistica.


    Origine del nome

    Sull'origine del nome Campobasso ci sono molte ipotesi e poche certezze; tanti sono stati coloro che con i loro studi e ricerche hanno cercato di trovarne il significato. Lo Ziccardi, sulla base di alcune indicazioni storiche di Tito Livio, farebbe risalire il nome della città al fatto che un certo console romano Bassi abbia costruito un campo militare da cui Campus Bassi poi trasformatosi con il tempo in Campobasso. Il Galanti, asserisce che in origine l'abitato fosse diviso in due borghi, uno chiamato Campus de Prata e l'altro Campus Bassus. Il primo insediamento, posto ad una quota più alta, sarebbe andato distrutto e gli abitanti si sarebbero trasferiti nell'altro che avrebbe così dato il nome alla futura cittadina. Secondo il Masciotta, il nome della città deriverebbe da Campus Vassorum, cioè campo dei vassalli. Nel X e XI secolo i vassalli erano coloro che abitavano, essendone soggetti, gli spazi circostanti i castelli del feudatario. Il Gasdia, ritiene più semplicemente che il nome Campobasso sia in rapporto con la sua posizione topografica. Nella sua “Storia di Campobasso” egli afferma: “Chi primo s'affacciò alla conquista di questa regione, dopo l'affaticato salire e discendere e risalire del cammino montuoso, respirò discendendo verso questo minuscolo altipiano prativo. O fossero Bulgari guidati da Alzecone, o Longobardi spoletini o beneventani, o conquistatori della normanna nobiltà, o pacifici monaci di San Benedetto da Norcia che, armati della Regula, del salterio e dei sacri arnesi agricoli risalissero da Santa Sofia di Benevento a ridar vita a questa regione…dissero: ecco il Campo Basso, ecco la località bassa dove pianteremo il bivacco, la dimora, la badia”.

     
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    Onorificenze

    Medaglia di bronzo al Merito Civile
    «Nell'immediato dopoguerra offriva un cospicuo contributo all'opera di bonifica del territorio organizzando gruppi di rastrellatori civili di mine che, con la loro opera e l'inevitabile costo di vite umane, consentirono la prima fase della ricostruzione e della ripresa del Paese.»
    — Campobasso, 1944-1948


    Monumenti e luoghi di interesse



    Chiese





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    Chiesa di San Bartolomeo e Torre Terzano





    Cattedrale della Santissima Trinità


    La cattedrale della Santissima Trinità è la chiesa-cattedrale di Campobasso.

    Storia

    Nel 1504, per volere del feudatario Andrea de Capoa, fu edificata al di fuori della cerchia muraria feudale la chiesa della SS. Trinità. In essa ebbe sede la confraternita della Trinità, soppressa nel 1809, divenuta celebre nel XVI secolo per le lotte con quelli Crociati.

    Distrutta dal terremoto del 1805, fu ricostruita su progetto dell'architetto Berardino Musenga. Fu riaperta al culto nel 1829 diventando parrocchia e sede del Capitolo Collegiale. Nel 1860 fu chiusa al culto e utilizzata dalle truppe regolari quale caserma. Nel 1900 fu riaperta ai fedeli, diventando sede cattedrale nel 1927.

    Oggi è la chiesa più rappresentativa della città.

    La facciata ricalca lo stile neoclassico con pronao esastilo e frontone triangolare campeggiante nella parte superiore. L'interno è diviso in tre ampie navate: in quelle laterali si aprono due grandi cappelle mentre nella centrale è possibile ammirare, sovrastante l'altare maggiore, un elegante baldacchino sostenuto da capitelli corinzi. Nella navata di sinistra è situato il fonte battesimale di granito a forma di vasca quadrata risalente al 1745. Dietro l'altare sono situati il coro, realizzato in noce, e il magnifico organo. Le vetrate policrome rappresentano i santi difensori del dogma della Trinità: Sant'Agostino, Sant'Ilario, Sant'Anastasio e San Nicola.




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    Chiesa di San Giorgio


    La Chiesa di San Giorgio è la chiesa più antica di Campobasso e secondo alcuni la più antica dell'intera provincia[1], ed è inoltre la chiesa dedicata al Patrono della Città.

    La Chiesa risale al X sec. e sorge sulle rovine di un edificio medievale. Si pensa che le sue origini risalissero a quando il Cristianesimo approdò nella regione, infatti le sue più antiche rovine appartenevano presumibilmente ad un tempio pagano. La facciata è a capanna e si nota un tentativo di distinzione tra la navata centrale e quelle laterali attraverso due pilastri con capitello. Sul portale è presente una lunetta che propone il tema dell'Agnello crucifero decorato da ornamenti floreali. Perpendicolarmente alla lunetta, posto più in alto è presente anche un piccolo rosone dalla forma a imbuto.

    Caratteristico di questa chiesa è il cimitero annesso che per secoli ha accolto i defunti che si occupavano della parrocchia. Questo è circondato da un muro basso su cui è praticata una finestrella con sbarre sotto la quale vi è una lapide divisa a metà da un elemento verticale decorato dall'altorilievo di una testa umana.





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    Chiesa di San Bartolomeo

    La Chiesa di San Bartolomeo è una delle più antiche testimonianze dell'arte romanica di Campobasso.

    La Chiesa risale alla metà del XIII sec. e presenta una facciata a coronamento orizzontale, la cui parte centrale è rialzata rispetto a quelle laterali. Lo pseudo-protiro che adorna il portale è l'elemento più evidente della facciata e presenta due arcate cieche divise da due colonne addossate alla parete. Di ispirazione pugliese, il protiro è molto schiacciato, quasi fosse non più che un altorilievo; all'interno del protiro è presente una lunetta suddivisa in due sezioni: la prima raffigura il Cristo Redentore benedicente "alla greca", l'altra è a sua volta divisa in otto figure trapezoidali che circondano i simboli dei quattro evangelisti e su ognuno dei quali vi è un Dottore della Chiesa d'Oriente e Occidente contrapposti a due a due. Particolare è la mano rappresentata sulle teste di tali dottori a rappresentare l'Onnipotente.

    L'interno della chiesa, come lascia intuire la stessa facciata, è diviso in tre navate da file di colonne prive di base e con capitelli geometrici unite tra loro da archi a tutto sesto.

    Da notare è la presenza, in un edificio che rispecchia nella sua quasi totalità i canoni dell'arte romanica, di due portali gotici e di elementi appartenenti a differenti epoche, se non addirittura ad altri edifici. Tale "contaminazione" è dovuta molto probabilmente a lavori di restauro avvenuti in differenti periodi storici.


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    Chiesa di San Leonardo

    Le componenti strutturali della chiesa sono della fine del sec. XIV: il portale, di ispirazione gotica, ha scarsa strombatura e si compone di stipiti, pilastri e colonnine lisce: gli archi, con modanatura centrale a spirale, racchiudono nella lunetta l’agnello crucifero. Romanica è la monofora, sulla sinistra del portale, delineata da intrecci di rami e motivi floreali. La scalinata attuale risale ai primi del 1900 e ne sostituisce una molto più esile e compatta.



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    Chiesa di Santa Maria della Croce


    Sorta, per alcuni, nel periodo Normanno ad opera dei fedeli che costituirono la confraternita dei "Crociati"[senza fonte], ha subito trasformazioni a seguito di terremoti che ne hanno modificato l’aspetto originario. Attualmente presenta un impianto quattrocentesco con una pianta longitudinale a croce latina a tre navate illuminata da una cupola classicheggiante. La facciata evidenzia, con i suoi tre portali, la divisione basilicale dell’interno. Ai lati dell’altare sono presenti la Cappella dell’Addolorata e quella del Sacro Cuore, nelle quali sono conservate la statua lignea settecentesca dell’Addolorata, opera del '700 napoletano, e quella del Cristo morto ricostruita in gesso nel 1954.



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    Chiesa di Sant'Antonio Abate

    La Chiesa di Sant'Antonio Abate è una chiesa situata nel centro storcico di Campobasso.

    La chiesa di Sant'Antonio Abate fu edificata nel 1572, sopra i resti di una preesistente chiesa di modeste dimensioni. È il monumento più rappresentativo dell'arte barocca a Campobasso. L'interno è ad una navata con un magnifico altare maggiore realizzato in marmo nel 1748. Sulle pareti laterali vi sono quattro altari intagliati in legno e rivestiti di oro zecchino. Nella chiesa sono presenti pregevoli dipinti di Guarino da Solofra; sua è la tela di San Benedetto del 1643 e alcune altre, di piccolo formato, che si trovano sull'altare dedicato a Sant'Antonio Abate. Numerosi i dipinti sulle pareti del presbiterio di scuola napoletana del XVII e XVIII secolo. Sul lato sinistro è situato un notevole organo del 1696, impreziosito dalla fine decorazione ad intaglio e dal ricco rivestimento in foglia d'oro. Caratteristica è la statua lignea di San Francesco realizzata dallo scultore campobassano Paolo Saverio Di Zinno




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    Chiesa di Santa Maria della Libera

    La chiesa che sorge a destra del palazzo comunale facendo corpo unico con il Municipio, è priva di qualunque segno nella facciata esterna che richiami ad un luogo sacro. La tradizione vuole che il monastero originario fosse stato costruito sul sito, dallo stesso San Pietro Celestino nel 1290; in seguito sarebbe stato ampliato dal discepolo del santo, il beato Roberto da Salle. La chiesa, la cui facciata fu edificata nel 1320, fu gravemente colpita dal terremoto del 1805; tra tante rovine rimase illeso soltanto il muro in cui era la nicchia della statuetta della Vergine: una antichissima statua lignea, piuttosto piccola (cm.109 di altezza), dal corpo snello, dal collo lungo, dal viso ovale, dal sorriso dolce appena accennato. La statua ha le palme delle mani rivolte verso l’osservatore e su di esse e sul collo è disegnata una croce. L’altare maggiore attuale era uno dei tre appartenenti alla chiesa della Trinità, mentre l’altare originario di questa chiesa si trova adesso nella Cattedrale.






    Chiesa di Santa Maria Maggiore (Santuario di Maria Santissima del Monte)

    La Chiesa di Santa Maria Maggiore di Campobasso è situata sul colle dominato dal Castello Monforte ed è anche il Santuario di Maria Santissima del Monte.

    La chiesa di Santa Maria Maggiore, prospiciente il castello Monforte, è l'antica Santa Maria del Monte. La prima notizia sicura della sua esistenza risale al 1354. Era sorta infatti come semplice cappella gentilizia dedicata alla Vergine e, nel tempo, adibita anche a luogo di sepoltura delle famiglie feudatarie. Nel 1905 la chiesa venne affidata ai Padri Cappuccini che ancora oggi la custodiscono. L'intero edificio di culto è stato restaurato; la facciata ha un paramento murario in pietre di Vinchiaturo con bugne scabre collocate irregolarmente. All'interno ha un pregevole altare in marmi policromi. Particolarmente interessante è la statua della SS. Vergine del 1334, devotamente venerata. Notevoli per la loro sensibilità stilistica sono gli affreschi di Amedeo Trivisonno e di Leo Paglione. Sulla destra dell'ingresso è una cappellina dedicata a San Pio da Pietrelcina, nella quale sono custoditi gli oggetti appartenuti al santo durante la sua permanenza nel convento attiguo alla chiesa negli anni 1905 e 1909. La statua della vergine viene portata per le vie della città decorate per terra da fiori che formano immagini religiose. La processione avviene il 31 di maggio.




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    Chiesa di Santa Maria De Foras


    La chiesa attuale, rifatta completamente negli anni 1969-1970, è delle stesse proporzioni di quella antecedente, stessa anche la campana fusa ad Agnone nel 1822. Internamente sono visibili le statue dell’Assunta e di San Rocco di Francesco Paolo Di Zinno e il San Cristoforo di Emilio Labbate del 1890. Attualmente dipende dalla Parrocchia dei SS. Angelo e Mercurio di Campobasso (Chiesa di Sant'Antonio Abate).











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    Chiesa del Sacro Cuore di Gesù
    (o Chiesa di San Francesco per via della statua ad egli dedicato situata di fronte alla chiesa)

    Il tempio, ricostruito nel XX secolo, è edificato sull’antico Tempio della Pace dedicato alla SS. Annunziata costruito nel XVI secolo.

    La chiesa possiede una statua settecentesca a mezzobusto di Sant'Anna, unica statua che fu salvata dall’incendio del 1922.




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    Chiesa di San Giovannello





    Palazzi



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    Palazzo San Giorgio

    Palazzo San Giorgio (Sede del Municipio)
    Il Palazzo, dedicato a San Giorgio (patrono della città di Campobasso), si erge nel luogo dove nel 1290 Papa Celestino V fondò il Monastero di Santa Maria della Libera dei Padri Celestini, gravemente danneggiato da un devastante terremoto che distrusse gran parte della città il 29 luglio 1805. Nonostante gli sforzi dei Padri, impegnati seriamente nel recupero della struttura, questa crollò del tutto nel 1811 anche a causa della soppressione degli istituti religiosi che fornivano finanziamenti ai Padri. Il terreno precedentemente occupato dal convento e quello retrostante furono quindi acquistati dal comune che dopo averli ceduti alla "Società Economica del Molise", ne fece un giardino pubblico. Nel 1824 fu ricostruita la chiesa, dedicata nuovamente a Santa Maria della Libera, che fu riaperta al culto solo nel 1878. Il ritardo della sua apertura è dovuto alla successiva costruzione di quella che oggi costituisce la sede del Municipio e che la ingloba completamente rendendola praticamente invisibile dall'esterno. Quello che restava del giardino pubblico costituisce oggi il parco di "Villa dei Cannoni".


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    Palazzo Magno (Sede della Provincia)

    Il Palazzo prende il nome da Mercurio Magno, che ottenne la proprietà dalla famiglia napoletana dei De Tilla i quali utilizzavano l'immobile come residenza privata estiva. Magno rimase proprietario fino al 1936, quando la Provincia lo acquistò per stabilirvi la propria sede. Durante la Seconda guerra mondiale, la città di Campobasso dovette subire la requisizione di diversi edifici, e tra questi vi fu anche Palazzo Magno. Dai locali del palazzo furono ricavati un ospedale ed un obitorio da parte dei Polacchi; con lo spostarsi del fronte al di là della linea Gustav, il Genio Militare Italiano ottenne il permesso di insediare nel complesso il Comando Zona Bonifica Campi Minati del Molise, organizzando così già nel 1944 il primo corso per rastrellatori di mine. Fu solo nel 1946 infine che l'edificio fu restituito alla Provincia e da allora ne funge ancora da sede.



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    Convitto Nazionale Mario Pagano

    All'inizio fu denominato "Collegio Sannitico" con Decreto del 12 marzo 1816, con sede presso il Monastero degli Antoniani poiché non idoneo ad edificio scolastico. Compiuti i necessari lavori di adattamento del locale, il Collegio venne inaugurato il 16 novembre del 1817, assumendo il prefisso Real con Regio Decreto del 25 gennaio 1854. La direzione del Real Collegio Sannitico fu affidata ai Padri Barnabiti che portarono avanti un progetto per la costruzione di un nuovo edificio per le scuole e per il Convitto. Ottenute le nuove strutture, chiesero ed ottennero di lasciare la gestione dell'Istituto. Il Collegio rimase chiuso fino al principio dell'anno 1857, quando venne chiamato a dirigerlo il canonico Berardo Palombieri, sotto la cui amministrazione in quell'anno stesso il Collegio venne elevato a Liceo. Il 4 marzo del 1865, sotto proposta del Ministero della Pubblica Istruzione, con Decreto firmato a Milano dal re Vittorio Emanuele II, il Collegio prese l'attuale denominazione di Convitto Nazionale "Mario Pagano", in onore del giurista, politico e patriota italiano Francesco Mario Pagano. Tra le figure più note è da indicare quella di Giovanni Gentile, massimo filosofo italiano del fascismo, che tenne una cattedra presso il ginnasio di questo istituto.



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    Palazzo della Banca d'Italia


    L'edificio della Banca d'Italia venne inaugurato nel 1925; la sua costruzione comportò l'abbattimento di molte case, compresa quella del Vecchio Dazio. L'elegante palazzo è a tre piani. La facciata laterale offre una visione architettonica più scenografica: infatti, essendo leggermente arcuata, sembra quasi voler accogliere l'austero monumento a Gabriele Pepe. All'interno sono conservati preziosi dipinti di artisti molisani tra cui Nicola Biondi, Arnaldo De Lisio e Francesco Paolo Diodati. I quadri rappresentano gli episodi più importanti della storia molisana: l'ingresso di Ferrante I Gonzaga in Campobasso, la visita di Papa Alessandro III. a Termoli e di papa Celestino V ad Isernia, il riscatto di Campobasso dal dominio feudale, la morte di Amedeo VI di Savoia detto il Conte Verde, la pace fra Crociati e Trinitari, l'arrivo del re Vittorio Emanuele II a Venafro







    Architetture militari





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    Castello Monforte


    Il Castello Monforte fu costruito nel 1459 ad opera del conte Cola, sembra su una preesistente struttura di origine normanna o longobarda. Esso, monumento nazionale, domina a circa 800 m s.l.m., la città di Campobasso.


    Posto sulla cima del monte che sovrasta Campobasso l’edificio si presenta come un massiccio quadrilatero con ingresso principale, ora non più utilizzato, rivolto verso la città sottostante. Ci sono tracce del ponte levatoio e delle torri laterali poste a difesa. Le finestre, poche e quadrate, sono piccole tanto che si confondono con le feritoie. Svetta in alto una grande torre rettangolare che attualmente ospita la Stazione meteorologica di Campobasso dell’Aeronautica Militare, questa essendo posta a 808 m s.l.m. è una delle più alte d'Italia. Alla sommità delle mura vi è una lunga sequenza di merli guelfi. Al di sopra dell’attuale ingresso, prospiciente un ampio piazzale, vi è lo stemma dei Monforte composto da una croce contornata da quattro rose. L’interno del castello è molto scarno; salendo la spoglia gradinata si arriva sulla terrazza dalla quale si ammira un panorama ampio e suggestivo: si vedono i resti delle mura osco-sannite, la struttura a ventaglio del borgo antico, la città di Campobasso e i tanti paesini intorno. Lo sguardo spazia dalle valli dei fiumi Biferno, Trigno e Fortore, ai monti dell’Abruzzo, con la splendida Majella, dalle verdi montagne dell’Alto Molise fino alle gialle colline della Puglia e perfino il mare Adriatico, distante circa 60 km. Interessanti sono i sotterranei del castello, che coprono un'area pari a quella in superficie. La destinazione dell'area dei sotterranei è sconosciuta, ma si è ipotizzato che possa essere stata un deposito di cisterne, o galera, o ancora un rifugio durante le battaglie. Attualmente ospita delle riserve d'acqua che servono l'acquedotto civico. È stata sicuramente una prigione, invece, il locale posto nelle segrete, alle quali si può accedere passando per una torretta.

    Leggende legate al castello

    Per alcuni secoli uno dei locali delle segrete è stato considerato la stanza delle torture. Una popolare credenza dice che da qui parta un passaggio segreto, oggi murato, che scendendo lungo il fianco della collina portasse fin fuori il borgo, a Porta Sant'Antonio Abate.
    Un'altra credenza afferma che passando per una porticina posta sul lato nord del castello si potesse accedere ad un secondo passaggio segreto, anche questo oggi inagibile, che correndo in direzione opposta al primo raggiungesse in superficie, dopo alcuni chilometri, la collina di San Giovanni in Golfo, area tra l'altro identificata da alcuni studiosi come possibile sede di un perduto insediamento romano. Oggi su questa collina vi è una chiesetta consacrata a San Giovannello e circondata da una fitta pineta.




    Cinta interna di mura fortificate




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    Torre Terzano


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    Torre San Mercurio



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    Cinta esterna di mura fortificate


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    Porta Santa Cristina (Porta Mancina)


    Torre dei Petitti
    Torre dei Presutti




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    Porta Sant'Antonio (Porta della chiaia)




    Torre dei baroni Pettini


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    Porta San Paolo (Porta di Rosa)


    Torre dei Ferrante
    Porta Santa Maria della Croce - non più esistente



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    Porta San Nicola (Porta Nuova)



    Torre dell'abate Ginetti
    Porta San Leonardo (Porta della piazza/Porta del borgo) - non più esistente


    Aree naturali

    Parco della Via Matris




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    Parco San Giovanni



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    Bosco Faiete


    Villa de Capoa





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    Scorcio a Villa de Capoa

    La settecentesca “Villa de Capoa”, recuperata con un accurato progetto, è uno dei luoghi più suggestivi della città.

    Il parco, adiacente all'ex convento di Santa Maria delle Grazie, fu fatto costruire nel cinquecento da Andrea De Capoa. Svolse per circa due secoli la funzione di riserva delle erbe che i monaci del convento utilizzavano per la creazione di medicinali naturali. Nel Settecento fu acquistato da privati e riorganizzato in parco vero e proprio. Infine nell'Ottocento la contessa Marianna de Capoa lo donò alla città.

    Il giardino è all'italiana, ricopre un'area di quasi 16.000 mq. Il viale principale, va dall'ingresso ad una piazza; in essa sono collocate una fontana e una piattaforma circolare, usata per allestire spettacoli. In altre zone del giardino vi sono un labirinto di siepi e una rotonda delimitata da quattro aiuole, in cui, nel 1929, sono state impiantate delle sequoie. Ad arricchire i suggestivi sentieri vi sono sculture mitologiche, archi di pietra o di siepi, un sarcofago di fine Quattrocento, un pozzo, panchine in pietra e una grotta. L'ingresso principale, con il pregiato cancello in ferro battuto, si affaccia su piazza Savoia.

    Le specie vegetali presenti sono varie e degne di attenzione: alte sequoie, possenti cedri del Libano, eleganti cipressi, abeti rossi, profumati tigli continuano ad avere una funzione non solo ornamentale: sono la testimonianza della cultura, del gusto e dell'arte di coloro che tanti anni fa hanno realizzato questo gioiello.

    Da qualche anno all'interno del parco è presente un impianto per praticare tennis, con diversi campi coperti e scoperti, in cui viene annualmente organizzato il torneo internazionale femminile di tennis del circuito ITF Women's Tour nominato "Regione Molise" il cui premio in palio è di 25.000 $



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    Teatro Savoia

    Sull'area dove precedentemente era stato eretto il Teatro Margherita venne costruito, negli anni venti, il corpo edilizio che comprende l'attuale Teatro Savoia, chiamato in un primo tempo “Teatro Sociale”. L'inaugurazione avvenne nel 1926 con la rappresentazione dell'opera lirica “Tosca” di Giacomo Puccini. Sulla platea, a forma di ferro di cavallo, si affacciano quattro ordini di palchi, raggiungibili mediante due scalinate che si diramano dal foyer. Il palcoscenico, separato dalla platea dal golfo mistico, ha una capienza per quaranta orchestrali. All'interno del teatro si possono ammirare gli affreschi realizzati da Arnaldo De Lisio che rappresentano scene di vita quotidiana e luoghi caratteristici di Campobasso e del Molise. Di notevole suggestione è l'affresco “il Trionfo dei Sanniti” che copre l'intera volta della platea. Interessanti sono anche le opere in ferro battuto realizzate dall'artista campobassano Giuseppe Tucci. Nel 2002, con un'esemplare opera di restauro, il teatro è stato restituito alla città tornando ad essere uno dei centri di aggregazione culturale più amati. Da alcuni anni è gestito da una fondazione che ha come direttore artistico Fabio Poggiali.



    Musei


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    Nuovo Museo Provinciale Sannitico
    Il destino del Museo Provinciale Sannitico è rimasto a lungo legato a quello della Biblioteca Provinciale, a partire dalla sua nascita. L’idea della creazione di una biblioteca precedette, seppure di poco, quella del museo e si diffuse sin dall’Unità d’Italia in quel clima di grandi fermenti culturali avvertiti soprattutto dalla borghesia che “cercava le proprie radici”. L’idea si concretizzò dopo un caloroso intervento del consigliere Sipio, approvato all’unanimità dal Consiglio Provinciale: era il 26 settembre 1881. Nessun riferimento, nel discorso di Sipio, alla Biblioteca così calorosamente propugnata da Pasquale Albino il quale, qualche mese dopo, nel gennaio 1882, donò al museo una ricca collezione di opere bibliografiche (circa 600, “moltissimi opuscoli, opere musicali, esemplari di calligrafia, atlanti di carte geografiche, ecc.”) che costituì il primo nucleo della biblioteca provinciale, nata senza ufficialità e come parte integrativa del museo.



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    Museo dei Misteri



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    Museo Internazionale del Presepe in Miniatura "Guido Colitti"
    Fondato nel 1932 da Guido Colitti, il museo ospita circa 400 esempi di presepi in miniatura, provenienti da tutto il mondo. Alcuni sono intagliati in legno e provengono dalla foresta nera, altri sono in cartoncino pieghevole, in terracotta colorata, in madreperla e maiolica. Tra quelli realizzati dallo stesso Colitti, notevole un presepe in sughero con figure in terracotta ottocentesche. Interessante la collezione di pastori del ’700 e ’800 napoletano.



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    Galleria di Arte Contemporanea Limiti-Inchiusi



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    Grandi Magazzini Teatrali




    Festival dei Misteri



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    Ogni anno, nella domenica del Corpus Domini, nelle vie della città sfilano i "Misteri", strutture in una lega ferrea flessibile e resistente create dal campobassano Paolo Saverio Di Zinno nel XVIII secolo. Si presentano come dei carri allegorici su cui sono esposti i misteri della Bibbia. I "Misteri" sono anche nominati quadri viventi, infatti bambini, anziani e adulti, si trasformano in santi, angeli e demoni ancorati alle strutture in acciaio e legno appositamente rivestite offrendo una visione surreale e generando l'impressione che i personaggi aleggino nell'aria. Le strutture sono portate a spalla da gruppi di portatori che avanzano al ritmo scandito dal capo mistero e cadenzato dalla banda musicale che propone una marcia composta appositamente per questa sagra. La sfilata è composta, nell'ordine, dalle seguenti raffigurazioni:

    Sant'Isidoro;
    San Crispino;
    San Gennaro;
    Abramo;
    Maria Maddalena;
    Sant'Antonio Abate;
    Immacolata Concezione;
    San Leonardo;
    San Rocco;
    L'Assunta;
    San Michele;
    San Nicola;
    Santissimo Cuore di Gesù.

    Alla fine della manifestazione, dal palazzo comunale l'arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano (Mons. Giancarlo Maria Bregantini) impartisce la Benedizione ai Misteri. Nel febbraio del 1997 nasce l'Associazione "Misteri e Tradizioni", supportata una forte richiesta dei cittadini, per tutelare il patrimonio storico culturale dei Misteri. Oggi l'associazione ha reso possibile la realizzazione del Museo dei Misteri, e del sito ufficiale della manifestazione.



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    La processione della Madonna dei Monti

    Nel Medioevo i Misteri si allestivano e si disfacevano anno per anno, variando di forme e di costumi, con il patrocinio di congregazioni religiose laiche che sostenevano le spese di allestimento. Le rappresentazioni avvenivano su palchi fissi o mobili con scenografie elementari, i copioni erano in linguaggio popolare e gli argomenti rispettavano la vita e la fantasia delle platee di fedeli a cui si rivolgevano. In quelle forme di rappresentazioni possiamo trovare forme di teatro greco o romano e nel Quattrocento si cerca di canonizzare le rappresentazioni dei Misteri creando regole per non cadere nel goffo e nel profano. La trasformazione di quadri viventi in quadri stabili non indecorosi o goffi, lontani da forme di irreligiosità, si verifica a Campobasso negli anni 1740, quando la borghesia locale suggella la sua ascesa con l'affrancamento dal servaggio feudale. In origine i Misteri erano ventiquattro conservati nelle tre chiese che provvedevano alla organizzazione della processione del Corpus Domini. Sei di essi non ressero alla prova che il Di Zinno, autore degli stessi, fece con i modelli di cera da lui creati prima di poggiarci le persone, altri sei invece furono distrutti dal terremoto del 1805, mentre il Santissimo cuore di Gesù fu realizzato nel 1959 sulla base di un bozzetto del Di Zinno


    Il Venerdì Santo

    L'origine della processione del Venerdì Santo a Campobasso risale probabilmente alle sacre rappresentazioni del XIII secolo. La notizia storica più sicura risale al 1626 quando in un "istrumento di concordia tra i Crociati e i Trinitari" si accenna a tale manifestazione.

    Nella chiesa di Santa Maria della Croce vengono custodite le statue dell'Addolorata e del Cristo morto. Tutta la cittadinanza si ritrova in questa chiesa nelle sere del settenario, raccolta in silenzio mentre viene cantato l'inno che viene chiamato dai campobassani "lo zuchetezù", una specie di "botta e risposta", che il suo compositore chiamò: "Oh di Gerico beata".

    La processione del Venerdì Santo si colloca all'interno delle manifestazioni processionali legate alla passione. Il corteo ha inizio, generalmente, alle ore 17.00 del Venerdì Santo da Santa Maria della Croce e vede la partecipazione della quasi totalità della città che segue mestamente il Cristo morto. La statua dell'Addolorata viene posta tradizionalmente dietro il Cristo e viene accompagnata da donne vestite di nero che reggono nastri che partono dalla statua. La musica del "Coro" che accompagna la processione del Venerdì Santo è del maestro Michele De Nigris. Il coro inizialmente era formato da un centinaio di cantori e dalla banda musicale, oggi sono oltre settecento persone quelle che vi partecipano.


    Altri eventi

    Il 31 maggio, in occasione della Festività della Madonna dei Monti, si realizza, lungo le strette vie del borgo antico, un'infiorata con la quale si illustrano scene sacre e simboliche.
    La manifestazione più coinvolgente, in occasione della festività del Corpus Domini, è il Festival dei Misteri.
    Ogni anno si svolge un corteo in costumi d'epoca per rievocare un importante evento storico del cinquecento:La pace fra Crociati e Trinitari', che dal 1997, anno della morte del suo ideatore, l'avv. Corradino Caluori detto Corrado, viene portato avanti dall'Associazione da lui fondata, la "Pro Crociati e Trinitari".
    Dal 1996 il capoluogo molisano ospita la Mostra d'Arte Contemporanea internazionale "Fuoriluogo", promossa dall'Amministrazione Provinciale di Campobasso e dall'Associazione Culturale Limiti inchiusi arte contemporanea.
    Dal 2002 la città ospita un Festival Internazionale del cinema, ideato dall'Assessorato alle Politiche Sociali e Giovanili del Comune e dal Cineclub Kimera di Termoli, dal nome di "Kimera Film Festival" ex "La Notte dei Corti Viventi". Il Festival è l'unico evento internazionale legato al cinema che la regione possa vantare, oltre ad essere la manifestazione cinematografica con la massima anzianità regionale e con la migliore continuità.
    Nel 2007 è stata realizzata dopo anni di assenza Moliseinfiera, la maggiore rassegna espositiva della regione e nel 2008 è stata presentata la prima edizione di Piacere Molise, la prima fiera enogastronomica della regione.



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