LA BASILICATA 1^Parte

LA MAGNA GRECIA..LA LUCANIA..POTENZA..MATERA..SIAMO ARRIVATI IN BASILICATA

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Mercoledì ... la nostra mongolfiera inizia oggi a volare ancora più a Sud ... come un ragionamento che segue un filo logico, così il volo della nostra amata segue un idea, un criterio ... i venti che ci sospingono sono i ricordi che fanno viaggiare la nostra mente ... sono i pensieri, i desideri che ci spingono a spiegare le ali della fantasia permettendoci di assaporare i colori del mondo prima e della vita poi ...” Fa male e penza, fa 'bbene e scorda” ... idiomi che raccontano e contraddistinguono un popolo ... codici da interpretare che uniscono sotto di loro popolazioni intere ... viaggio tra le pieghe dell’anima, viaggio tra le bellezze senza fine della nostra Italia ... viaggio tra emozioni e colori indescrivibili ... ogni luogo nasconde una perla di bellezza e noi come pescatori della pregiata pietra, ci tuffiamo nel mare dei luoghi del mondo e dell’anima alla ricerca di un bagliore di bellezza che ci regali l’emozione di esistere ... Buon risveglio amici miei ...”

    (Claudio)



    LA MAGNA GRECIA..LA LUCANIA..POTENZA..MATERA..SIAMO ARRIVATI IN BASILICATA..



    “La Magna Grecia ("Magna Graecia" in latino, "Megalê Hellas/Μεγάλη Ἑλλάς in greco) è il nome dell'area geografica situata nella penisola italiana meridionale che fu anticamente colonizzata dai Greci a partire dall'VIII secolo a.C…. gente di civiltà greche (mercanti, contadini, allevatori, artigiani), comparve nella parte meridionale dell'Italia (le attuali Basilicata, Calabria, Campania e Puglia) ….un flusso migratorio originato da singole città della comunità greca, motivato sia dall'interesse per lo sviluppo delle attività commerciali, che da tensioni sociali…, giunte sulle coste Italiche fondarono diverse città quali Rhegion, Kymai, Metapontion e Taras…..Per tradizione, la località dove stabilirsi era individuata seguendo l'indicazione che dava l'Oracolo del Santuario di Apollo a Delfi…Si ebbe un periodo in cui fu raggiunta la massima ricchezza economica, o splendore in campo culturale ed artistico….verso il III secolo a.C., si cominciò a definire le colonie greche dell'Italia meridionale come facenti parte della Magna Grecia (Megàle Hellàs)….in Basilicata….Metapontion, Metapontum, Metaponto,Siris, Nova Siri, Heraclea, Policoro, Pistoicos, Pisticci, Troilia, Obelanon, Ferrandina “



    “La Lucania è terra d'elezione per l'archeologia, crocevia di varie genti e centro di civilizzazione magnogreca… la Lucania ellenofona (Metaponto e Siris-Heracleia) era famosa per la pittura vascolare, non a caso detta Apulo-lucana. Gli scavi di Chiaromonte, Aliano e Guardia Perticara hanno offerto importantissimi reperti degli Enotri; testimonianze dei Dauni provengono dalle aree confinanti con la Puglia….. la riconquista romana, invece, partì da Venusia. Di grandissimo interesse, e non poteva essere altrimenti, la ricostruzione del santuario Lucano presso Rossano di Vaglio, della dea Mefite, "colei che sta fra i vivi e i morti"….Il Museo è intitolato a Dinu Adamesteanu, archeologo rumeno, iniziatore e padre dell'archeologia in Basilicata.”



    “Sassi sono costruiti in una profonda gravina, sulla quale sorge la città: le gravine sono un particolarissimo fenomeno idrogeologico tipico delle Murge (fra Basilicata e Puglia) dove l'acqua ha scavato nei millenni la roccia calcarea creando dei canyon profondissimi ed aridi, alla fine dei quali scorre il ruscelletto che le ha create. Nonostante vivere in case scavate nella pietra possa sembrare bizzarro, i materani hanno in realtà sfruttato perfettamente le proprietà isolanti e coibenti della roccia tufacea. Le grotte sono infatti fresche d'estate e calde d'inverno…. Il suggestivo panorama materano ha ispirato innumerevoli registi che hanno deciso di ambientare qui le loro opere. Per citarne alcuni: Pasolini (Il Vangelo secondo Matteo), Mel Gibson (La Passione di Cristo), i fratelli Taviani (Il sole anche di notte e Allosanfan), Tornatore (l'Uomo delle stelle), Francesco Rosi (I tre fratelli e Cristo si è fermato ad Eboli).”



    “Potenza, a 819 metri sul livello del mare, è il capoluogo di regione più alto d'Italia…nel 1137 a Potenza si incontrarono l'Imperatore Lotario II ed il Papa Innocenzo II nell'ambito del loro vano tentativo di rovesciare il regno normanno. Ruggiero II di Sicilia ospitò qui Luigi VII di Francia…..nel VI secolo faceva parte del Ducato Longobardo di Benevento. La Torre Guevara è un bel monumento espressione di quell'epoca. La famiglia, da cui prende il nome la torre, è l'illustre schiatta potentina a cui appartenne Alfonso, importante medico e filosofo del Cinquecento…… il borgo antico di Santa Lucia, con le sue case in pietra…la chiesa di San Francesco, costruita solo quarant'anni dopo la morte del Santo… che si manifestò miracolosamente salvando la vita a degli operai che erano stati seppelliti da un crollo…. La fabbrica è una pregevole testimonianza gotico catalana, a sala unica….il Monumento De Grasis, del Cinquecento….Palazzo Loffredo, nobile dimora del seicento sede del nuovo ed importante Museo Archeologico della Basilicata….Due fra le più interessanti ed antiche chiese di Potenza sono San Michele, la cui struttura principale è del mille, ma che probabilmente sorse già in epoca longobarda, e Santa Maria del Sepolcro, voluta dai Conti di Santa Sofia che avevano partecipato alla Terza Crociata…. La chiesa di Santa Maria ospita un importante reliquia del sangue di Cristo, portata in Basilicata dalla Palestina da Ruggero di Sanseverino e qui traslata da Grumento nel 1648 per volontà del vescovo Claverio…Una Cattedrale dedicata a San Gerardo Vescovo di Potenza… il Santo giunse qui da Piacenza, dove era nato, per imbarcarsi per le Crociate, ma si fermò nel capoluogo lucano per compiere la sua opera evangelizzatrice. La Cattedrale è stata precedentemente dedicata, prima, alla Beata Vergine, e dopo a Sant'Aronzio; costui, di origine cartaginese, fu deportato dall'Imperatore Massimiano. Avendo rifiutato di abiurare, venne martirizzato con i suoi fratelli presso il capoluogo lucanoa…..Potentini illustri: Pandolfo e Tommaso da Potenza, architetti del XIII secolo, i teologi Tullio Balsamo (secolo XVI) e Giambattista Leotta (secolo XVII), i patrioti del 1848 Rocco Brienza ed Emilio Maffei, il compositore ottocentesco Francesco Stabile, a cui è dedicato il Teatro cittadino, e il biologo Giovanni Paladino, morto nel 1917.”



    “A Nord del centro attuale di Tolve ..provincia di Potenza…è situato il Monte Moltone sulle cui pendici si trovano i resti della villa rustica di età ellenistica… La ricercatezza della facciata trova riscontro all'interno nei dettagli dell'arredo: sportelli fittili delle finestre ornati con motivi vegetali, e porte lignee con borchie di bronzo…la villa risaliva al IV sec. a.C…fu rasa al suolo da un incendio durante le guerre Puniche quando, alla fine del III sec. a.C. la Lucania è devastata dalle continue scorrerie delle truppe di Annibale e delle truppe romane…..A Tolve anche…l'arco delle torri, detto Arco delle Carceri, inserito nella cinta muraria…la Fontana Ottogonale dell'800..il Convento di San Francesco (1400)…la chiesa di San Nicola che conserva una statua del '500 di S. Rocco ..la chiesa di S. Pietro ….Il ponte di epoca romana detto Ponte Vecchio o Ponte del Diavolo “


    “Tolve è stato citato in almeno tre libri a grande diffusione, uno dei quali tradotto in numerose lingue e che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Carlo Levi, nel suo bellissimo Cristo si è fermato a Eboli narra del suo incontro, nella pensione in cui era ospitato, con un bizzarro personaggio che viaggiava in moto per le contrade del Sud e che, smessi i panni dell'appassionato viaggiatore, si scopre fervente devoto di San Rocco di Tolve e ne descrive la festa, la gente ed i miracoli. Anche nel bellissimo ed omonimo film di Rosi la sequenza, resa per la verità quasi comica dalla verve del viaggiatore, suscita un piccolo sussulto in chi ama il nostro paese…..Nel suo libro Rosso cardinale .. Peter Nichols cita Tolve a più riprese nella narrazione dei fatti che videro la lotta tra i rivoluzionari repubblicani e la restaurazione monarchica impersonata dal Cardinale Fabrizio Ruffo e dalle sue terribili truppe che portarono morte e distruzione nelle terre in rivolta agli albori del XIX secolo.”



    "I castelli in Lucania..Potenza……<brienza: l'abitato è dominato dai resti imponenti del castello angioino rifatto nel 1571. Oltre al mastio cilindrico vi è una semitorre circolare a metà della cortina muraria……Genzano di Lucania: vi è il castello settecentesco con primo impianto angioino, oggi sede del Municipio; nei dintorni, castello di Monteserico (542 m) ove i Bizantini furono sconfitti dai Normanni nel 1041. Fu ampliato dagli Svevi: si nota ancora l'architettura con volta a botte. Nei sotterranei grotte preistoriche, prime abitazioni dei monaci basiliani……Lavello: il castello di epoca sveva …venne rifatto nel 1600. Oggi vi ha sede il Municipio e un piccolo Antiquarium civico…..Melfi: è il castello più noto della regione. Eretto dai Normanni, venne ampliato dagli Svevi e dagli Angioini. Qui nel 1231 Federico di Svevia promulgò le Constitutiones Augustales del Regno di Sicilia. L'intervento angioino è caratterizzato dalla cortina esterna con torri quadrate e poligonali, opera di Riccardo da Foggia.Nel secolo XVI passò ai Doria … La parte scuderie, stallaggio e mortorio, angioina, immette alla Sala del Trono e al sottostante Salone degli Armigeri. Oggi vi ha sede il Museo nazionale del Melfese……Moliterno: oltre ai notevoli resti del castello…il mastio all'interno delle mura è di epoca tardo longobarda……Muro Lucano: purtroppo dopo il terremoto dell'80, il castello resta soltanto un ricordo di pietre e di ruderi.
    …..Oppido Lucano: consistenti resti di un castello a pianta irregolare inserito benissimo in un intrico di vicoli e angiporti……Palazzo San Gervasio: il suo stesso nome ha origine dalla domus di caccia di Federico II. Il castello è stato rimaneggiato ma vi si distingue il suo stile con due torrioni a punta quadrata, quattro bifore e una trifora-loggiato …..Pietragalla: come per Marsiconuovo .. il Palazzo Ducale degli Acquaviva ..è del '400, restaurato nel 1700……….Senise: il castello è del XIII secolo e lo si nota dalle torri e dai merli…..Venosa: molto imponente e in ottimo stato il castello aragonese che introduce alla cittadina, a guardia di una piazza di interessante impianto urbanistico. Fu eretto nel 1470 da Pirro del Balzo che conservò i caratteri difensivi del periodo angioino. Ricorda molto Castelnuovo (o Maschio angioino) di Napoli. Nelle torri erano sistemate le prigioni di cui ci restano iscrizioni alle pareti. Circondato da un profondo fossato, ha anche un lungo ponte di accesso….><.Matera… Bernalda: il castello del 1470 appare un po' tozzo ma tipico di quell'epoca. A erigerlo fu Bernardino de Bernardo - fondatore del paese - segretario della corte aragonese. Alcune fonti dicono che il castello esisteva già con i Normanni ma, in più la base tronco-conica di una delle torri cilindriche induce a pensare che la costruzione sia invece angioina……….Ferrandina: castello di Uggiano, fortificazione militare bizantina risalente ai primi del IX secolo, preso e ricostruito dai Normanni agli inizi dell'XI secolo, fu distrutto dal terremoto nel 1456…..Irsina: il vecchio castello di Montepeloso (antico nome) era d'impianto normanno rimaneggiato in seguito da Federico di Svevia nel 1228. Oggi appare nell'aspetto cinquecentesco, diventato convento di S. Francesco. La cripta è stata ricavata dal fondo di una torre del castello del 1100……Matera: verso i primi del '500 fu costruito il castello Tramontano dal nome del feudatario… L'edificio domina la valle del fiume Bradano e presenta due torri cilindriche intervallate da un enorme torrione circolare… il feudatario imitò il Maschio angioino di Napoli, inizialmente, ma non fece in tempo a finirlo poiché fu ucciso..Miglionico: Detto del “Malconsiglio”, vi congiurarono i baroni contro il re di Napoli Ferdinando I d'Aragona nel 1481. Fu anche feudo di Ettore Fieramosca. Fu costruito dai Normanni nell'XI secolo..Nova Siri: ..vicino al mare, bella la Torre Bollita, 1300…..San Mauro Forte: resta soltanto il mastio normanno rimaneggiato nel '400 e la torre…Scanzano Ionico: piccolo ma davvero diverso dagli altri paesi, conserva il centro antico raccolto attorno al “Palazzaccio”, edificio padronale del 700, considerato dagli abitanti il castello…..Tricarico: sola superstite è la torre angioina, altissima (30 metri e più) e cilindrica. ….Valsinni: e concludiamo con il più dolce e il più poetico dei castelli. Lo si vede da ogni lato e da molti chilometri di distanza. Oggi appare di aspetto aragonese e la sua proprietaria più illustre è stata la poetessa Isabella Morra di Valsinni (1520-1545). Ma si sa che esisteva già in epoca medievale>”



    “Matera, città millenaria, non solo degna di essere conosciuta per i Sassi, è il luogo in cui si può conoscere la vita dell’uomo dalla notte dei tempi ai nostri giorni, dal Paleolitico in poi, fino alla civiltà contadina, che si è ingegnata a vivere in maniera modesta nella miseria…. Matera è anche la città dove si è sviluppato nel Medioevo un fenomeno di grande rilevanza: il monachesimo ….tantissime chiese rupestri,..scavate nella roccia..con affreschi che le illuminano,. Matera è anche architettura romanico - pugliese e barocca, poiché sono presenti chiese di grande valore come i conventi adiacenti… il magnifico duomo, dedicato alla patrona, la Madonna della Bruna, di severe forme romaniche pugliesi con elementi leccesi. L'interno, barocchizzato, è un catalogo di opere degli artisti della famiglia Persio ..la cinquecentesca Cappella dell'Annunziata…La Pinacoteca Carlo D'Errico è ubicata in un palazzo dall'elegante facciata asimmetrica ed è una delle più interessanti collezioni d'arte dell'Italia meridionale, ricca di testimonianze delle scuola napoletana del seicento, con opere di Francesco Solimena, Luca Giordano, Mattia Preti e Massimo Stanzione…..Nell'ex convento di Santa Chiara, della fine del Seicento, ha sede il Museo Archeologico Nazionale voluto da Domenico Ridola. Sono presenti le interessantissime testimonianze primitive provenienti dagli scavi e dalle necropoli del materano nonché una vastissima collezione vascolare privata.. la collezione Rizzon…. La Lucania, infatti, in epoca magnogreca ha espresso l'eccellenza nella pittura vascolare greca, difatti conosciuta come scuola apulo-lucana; la collezione ospita le più importanti "griffe" del periodo come il Pittore di Pisticci ed il suo successore, il Pittore di Amykos, ed ancora il Pittore di Licurgo e di Tarporley…le cripte ipogee e le chiese rupestri, scavate direttamente nella roccia. Si tratta delle testimonianze religiose più antiche di Matera, molte costruite addirittura fra nono e decimo secolo dai monaci brasiliani… Santa Lucia alla Malve…. S. Eligio, San Donato…, Cappuccino Vecchio.. S. Barbara e le Tempe Cadute presso il rione Casalnuovo.. S. Pietro Barisano, dagli altari tutti scavati nella pietra.. Santa Maria de Idris, dedicata ad una Madonna il cui culto era diffuso proprio a Costantinopoli…Nella bella fabbrica del tredicesimo secolo di San Domenico c'è il Sepolcro della Famiglia Persio. ..Matera è la città di Santi! Sant'Ilario e San Giovanni da Matera sono entrambi nati qui intorno all'anno mille”



    “L’incanto di una moderna favola, un lembo di terra lucano color oro tinteggiato da una striscia di finissima sabbia che abbraccia l’elegante lungomare: ecco Policoro, una ridente cittadina in provincia di Matera….Il limpido mare cristallino … un bosco in riva al mare “Bosco Pantano”, situato nell’antica zona omonima, è a due passi dalla spiaggia e, pur essendo stato ridotto durante gli anni, vanta ancora il titolo di uno dei boschi più importanti dell’Italia continentale, soprattutto per la sua composizione floristica. Pioppi, frassini, olmi e salici dimorano in quest’oasi di verde e sui loro rami abitano più di cento specie di animali…La storia del paesino rimanda ad un periodo antichissimo, intorno al 680 a.C., quando, costruito dai popoli dell’Asia Minore, fu poi distrutto e in seguito ricostruito sulle rovine dell’antica Siris con il nome di Heraclea. Fu teatro di un’aspra battaglia combattuta nel 280 a.C. quando Pirro, con un esercito di elefanti, riuscì a contenere la furia dei Romani. Pur riuscendo a sopravvivere a tumulti e guerre la città di Heraclea fu poi trasformata in Polico, dal greco “molto spazioso”, ed infine nell’attuale Policoro che ottenne l’autonomia solo nel 1959….. la Piazza Eraclea, contornata da splendidi archi, al cui centro si impone la statua in bronzo di Ercole che lotta contro il leone Nemeo……Il Museo Nazionale della Siridite, custodisce preziosi reperti, tra vasi, ceramiche, utensili e statuette delle antiche Siris ed Heraclea, presentando uno scorcio della quotidianità di un’epoca passata. Alle spalle il meraviglioso Parco archeologico mostra ancora gli antichi resti del Tempio arcaico di Dioniso e il Santuario di Demetra ..Un’atmosfera di mistero aleggia sull’antica fortificazione, poi diventata Castello baronale, che risale all’anno, conserva ancora le quattro torri laterali e lo stemma dell’ultima famiglia che vi ha abitato. Non lontano dall’edificio .. il Santuario della Madonna del Ponte, che disegnato secondo lo stile rococò, sorveglia la scultura in legno della Madonna cui è dedicato il luogo sacro.. L’Anfiteatro, le nuove piazze e i Giardini Murati, un tempo terreni per la coltivazione….. è uno dei maggiori esportatori in tutto il Mediterraneo soprattutto per le fragole, le arance e i kiwi.”












    Melfi: ha senz'altro il castello più noto della regione. Eretto dai Normanni, venne ampliato dagli Svevi e dagli Angioini. Qui nel 1231 Federico di Svevia promulgò le Constitutiones Augustales del Regno di Sicilia. L'intervento angioino è caratterizzato dalla cortina esterna con torri quadrate e poligonali, opera di Riccardo da Foggia. Oggi si nota l'assenza di torri cilindriche; la forma della pianta (un quadrilatero irregolare) è stata condizionata dalla morfologia del terreno. Nel secolo XVI passò ai Doria che lo trasformarono soprattutto nel corpo centrale. La parte scuderie, stallaggio e mortorio, angioina, immette alla Sala del Trono e al sottostante Salone degli Armigeri. Oggi vi ha sede il Museo Nazionale del Melfese



    Basilicata - I castelli


    Provincia di Potenza

    Avigliano-Lagopesole: se il castello di Melfi è il più noto, Castel Lagopesole è il più bello, magico e misterioso ove aleggia ancora lo spirito del grande Federico II. È l'ultimo dei castelli edificati dall'Imperatore svevo, fra il 1242 e il 1250, quando morì. Andando da Potenza verso il Vulture appare e scompare alla vista alto e solitario su di una radura, splendido se illuminato dal sole. La sua pianta rettangolare lo allontana però dall'esagono, figura classica adottata nel periodo di Federico II. È diviso in due parti, una raccolta intorno al cortile d'onore di rappresentanza; l'altra più legata ai fatti d'arme, il mastio al centro. Per la sua posizione, sulla strada per la Puglia, costituiva una sosta e un incremento alla caccia, grande passione del re. Probabilmente, esisteva già prima di Federico II, visto che qui si riconciliarono Papa Innocenzo II con l'abate Rinaldo di Montecassino, alla presenza dell'Imperatore Lotario II di Sassonia, al tempo della guerra contro Ruggero il Normanno. Nel 1268 e nel 1294 vi soggiornò (e vi fece restauri) Carlo I d'Angiò. Nel 1416 passò alla famiglia Caracciolo, insieme a Melfi. Nel 1531 Carlo V lo donò ai Doria. È stato museo provvisorio dei reperti salvati dal terremoto e per più di un anno la sua mole rossiccia in bugnato calcareo ha ospitato nelle varie stanze quadri e sculture, arte popolare e aulica, che lo hanno reso una testimonianza fondamentale dell'anima e della storia lucane.

    Brienza: l'abitato è dominato dai resti imponenti del castello angioino rifatto nel 1571. Oltre al mastio cilindrico vi è una semitorre circolare a metà della cortina muraria, con funzioni maggiormente difensive. Appare comunque piuttosto rovinato dopo il terremoto del 1980. Genzano di Lucania: in paese vi è il castello settecentesco con primo impianto angioino, oggi sede del Municipio; nei dintorni c'è il castello di Monteserico (542 m) ove i Bizantini furono sconfitti dai Normanni nel 1041. Fu ampliato dagli Svevi: si nota ancora l'architettura con volta a botte. Nei sotterranei ci sono grotte preistoriche, prime abitazioni dei monaci basiliani.

    Laurenzana: posto su un'altura, il castello sfrutta alle sue spalle un lato naturalmente e praticamente inaccessibile. Il complesso architettonico, successivo alla nascita del centro urbano, risale ai secoli XII e XIII. Nei secoli successivi sono stati effettuati molti interventi, anche radicali. Il castello garantisce il perfetto controllo di tutto il territorio circostante, grazie alla posizione dominante ed alle torri circolari. All'interno della cinta muraria erano presenti altre forme di difesa, che rendeva la roccaforte praticamente inespugnabile. Attualmente il castello, benchè in forte degrado, mantiene intatta la propria maestosità, ergendosi con la sua mole sul borgo circostante.

    Lavello: il castello fu costruito in epoca sveva, ma venne rifatto nel 1600. Oggi vi ha sede il Municipio e un piccolo Antiquarium civico.

    Melfi: ha senz'altro il castello più noto della regione. Eretto dai Normanni, venne ampliato dagli Svevi e dagli Angioini. Qui nel 1231 Federico di Svevia promulgò le Constitutiones Augustales del Regno di Sicilia. L'intervento angioino è caratterizzato dalla cortina esterna con torri quadrate e poligonali, opera di Riccardo da Foggia. Oggi si nota l'assenza di torri cilindriche; la forma della pianta (un quadrilatero irregolare) è stata condizionata dalla morfologia del terreno.
    Nel secolo XVI passò ai Doria che lo trasformarono soprattutto nel corpo centrale. La parte scuderie, stallaggio e mortorio, angioina, immette alla Sala del Trono e al sottostante Salone degli Armigeri. Oggi vi ha sede il Museo nazionale del Melfese.

    Moliterno: oltre ai notevoli resti del castello, molto vivace appare il centro antico che lo circonda. Il mastio all'interno delle mura è di epoca tardo longobarda; le due torri forse sono successive.

    Muro Lucano: purtroppo dopo il terremoto del 1980, il castello resta soltanto un ricordo di pietre e di ruderi.

    Oppido Lucano: anche qui consistenti resti di un castello a pianta irregolare sono inseriti benissimo in un intrico di vicoli e angiporti.

    Palazzo San Gervasio: il suo stesso nome ha origine dalla domus di caccia di Federico II. Il castello, appunto, è stato rimaneggiato, ma vi si distingue il suo stile con due torrioni a punta quadrata, quattro bifore e una trifora-loggiato. Di fianco, un palazzotto dello stesso periodo per le scuderie.

    Pietragalla: come per Marsiconuovo nominiamo qui il Palazzo Ducale degli Acquaviva perché notevole. È del 1400, restaurato nel 1700.

    Senise: il castello è del XIII secolo e lo si nota dalle torri e dai merli. È stato però ristrutturato nel 1400.

    Venosa: molto imponente e in ottimo stato il castello aragonese che introduce alla cittadina, a guardia di una piazza di interessante impianto urbanistico. Fu eretto nel 1470 da Pirro del Balzo che conservò i caratteri difensivi del periodo angioino. Ricorda molto Castelnuovo (o Maschio angioino) di Napoli. Nelle torri erano sistemate le prigioni di cui ci restano iscrizioni alle pareti. Circondato da un profondo fossato, ha anche un lungo ponte di accesso.






    Provincia di Matera

    Bernalda: il castello del 1470 appare un po' tozzo ma tipico di quell'epoca. A erigerlo fu Bernardino de Bernardo - fondatore del paese - segretario della corte aragonese che con il castello fortificato dette il via alla costruzione di Bernalda che da lui prese il nome. Alcune fonti, comunque, dicono che il castello esisteva già con i Normanni; in più la base tronco-conica di una delle torri cilindriche induce a pensare che la costruzione sia invece angioina. In ogni caso esistono rimaneggiamenti e stratificazioni.

    Ferrandina: castello di Uggiano, fortificazione militare bizantina risalente ai primi del IX secolo, preso e ricostruito dai Normanni agli inizi dell'XI secolo, divenne residenza signorile per la trasformazione operata da Jacopus de Astiliano nella prima metà del XIV secolo; fu distrutto dal terremoto nel 1456.

    Irsina: il vecchio castello di Montepeloso (antico nome) era d'impianto normanno rimaneggiato in seguito da Federico di Svevia nel 1228. Oggi appare nell'aspetto cinquecentesco, diventato convento di S. Francesco. La cripta è stata ricavata dal fondo di una torre quadrangolare del castello del 1100.

    Matera: verso i primi del 1500 fu costruito il castello Tramontano dal nome del feudatario a cui la città era stata data da Ferdinando II. L'edificio domina la valle del fiume Bradano e presenta due torri cilindriche intervallate da un enorme torrione circolare. La forma è abbastanza rara all'epoca e ciò dipende dal fatto che il feudatario imitò il Maschio angioino di Napoli ma non fece in tempo a finirlo poiché fu ucciso, probabilmente perché, proprietario della salina di Manfredonia e di un deposito cerealicolo a Barletta, dava ombra ai ricchi locali. Il curioso è che intorno al castello incompiuto oggi si stendono i nuovi rioni residenziali.

    Miglionico: il paese appare definito dalla gran mole del castello. Detto del “Malconsiglio”, vi congiurarono i baroni contro il re di Napoli Ferdinando I d'Aragona nel 1481. Fu anche feudo di Ettore Fieramosca. Fu costruito dai Normanni nell'XI secolo e si scorge il loro stile nelle torri quadrate laterali; le torri cilindriche sono più tarde. All'interno appare rimaneggiato e diviso ma il fascino di questo castello possente, stabile e minaccioso, resta immutato.

    San Mauro Forte: resta soltanto il mastio normanno rimaneggiato nel 1400 e la torre con beccatelli a triplice mensola, una delle più conservate della regione.

    Scanzano Jonico: piccolo ma davvero diverso dagli altri paesi, conserva il centro antico raccolto attorno al “Palazzaccio”, edificio padronale del 1700, considerato dagli abitanti il castello.

    Tricarico: sola superstite è la torre, altissima (30 metri e più) e cilindrica. Essa riporta ai caratteri morfologici dell'abitato difensivo tipico degli Angioini.

    Valsinni: e concludiamo con il più dolce e il più poetico dei castelli. Lo si vede da ogni lato e da molti chilometri di distanza. Oggi appare di aspetto aragonese e la sua proprietaria più illustre è stata la poetessa Isabella Morra di Valsinni (1520-1545). Ma si sa che esisteva già in epoca medievale.



    Basilicata

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    «Che nome ha la terra in cui siete nato?» mi domandò una vecchia signora che, nei suoi giovani anni, era stata nel Mezzogiorno d'Italia. «Sono di Napoli», risposi. «Proprio di Napoli?». «No, di una terra ancora più meridionale, della Basilicata». Mi accorsi che il nome riusciva nuovo e volli precisare. «È una terra», io dissi, «molto grande, grande la terza parte del Belgio, grande più del Montenegro: non ha città fiorenti, né industrie. La campagna è triste e gli abitanti sono poveri. È bagnata da due mari e l'uno e l'altro hanno costiere assai malinconiche; dintorno ha le Puglie, i Principati e le Calabrie». I nomi di queste terre dovettero produrre una certa impressione poiché la mia interlocutrice non mi fece quasi finire. «Il vostro», mi disse, «se è tra la Calabria e le Puglie, deve essere il paese dei briganti» »

    (Francesco Saverio Nitti, Eroi e Briganti, 1899)

    La Basilicata o anche comunemente Lucania (quest'ultima fu la denominazione ufficiale dal 1932 al 1947) è una regione del Mezzogiorno d'Italia di 589.355 abitanti ed ha come capoluogo Potenza. Comprende la provincia di Potenza e la provincia di Matera. Le altre città principali, oltre ai due capoluoghi, Potenza e Matera, sono Melfi, Pisticci e Policoro. Confina a nord e ad est con la Puglia, ad ovest con la Campania, a sud con la Calabria ed è bagnata dal mar Tirreno a sud-ovest e dal mar Jonio a sud-est.



    La regione storica della Lucania

    « ... La Lucania è il territorio posto tra la costa del Tirreno, dal Sele al Lao, e quella dello Ionio, da Metaponto a Turi... »

    (Strabone, storico del I sec. a.C. - Geografia, VI, 1, 4)


    La Lucania antica era ben più vasta dell'odierna Basilicata; oltre a questa infatti comprendeva vasti territori appartenenti ad altre due regioni odierne: alla Campania (Cilento e Vallo di Diano nel Salernitano) e alla Calabria (arrivava a Sibari, Turi, e al fiume Lao, nel Cosentino). Non comprendeva però le terre ad est del fiume Bradano, quindi la stessa Matera, ma anche l'intera area del Vulture, la cui principale città era Venusia, all'epoca degli Irpini. Tali confini geografici riflettono la situazione posteriore alla scissione fra Bruzi (antichi abitanti della Calabria) e Lucani avvenuta nel 356 a.C. con il confine fra le due regioni nell'istmo tra Turi e Cirella (Piccola Lucania). Prima di questa data, le fonti dal V sec. in poi si riferivano ad una vasta area, chiamata convenzionalmente dai moderni Grande Lucania, che si spingeva fino allo stretto di Messina ed era abitata da genti di ceppo sannitico. I suddetti confini nord-orientali della Lucania furono poi mantenuti nell'istituzione delle regioni augustee, avvenuta intorno al 7 d.C: le terre dei Lucani (al di qua del Bradano) entrarono a far parte della Regio III Lucania et Bruttii, mentre Matera e il Vulture della Regio II Apulia et Calabria.

    La regione storica della Lucania



    Tempio di Hera

    Le Tavole Palatine sono i resti di un tempio dorico del VI secolo a.C. dedicato alla divinità mitologica Hera.

    Tempio di Hera del VI secolo a.C.

    Cenni storici

    I resti del monumento sono situati nell'area archeologica di Metaponto, più precisamente sull'ultima ondulazione dei Givoni, antichi cordoni litoranei, presso la sponda destra del fiume Bradano, eretto sui resti di un antico villaggio neolitico, lungo la strada preistorica proveniente da Siris-Heraclea, a circa 3 km dall'antica città di Metaponto. Il tempio, restaurato nel 1961, era stato inizialmente attribuito al culto della dea Athena, successivamente sul frammento di un vaso, trovato nel corso degli scavi archeologici del 1926, venne rinvenuta una dedica votiva alla dea Hera. Fino al XIX secolo le Tavole Palatine erano localmente definite anche "Mensole Palatine" o "Colonne Palatine", probabilmente in ricordo alle lotte contro i Saraceni dei Paladini di Francia. Il tempio era anche chiamato "Scuola di Pitagora", in memoria del grande filosofo Pitagora. Nel medioevo era ancora chiamato "Mensae Imperatoris", probabilmente a ricordo dell'imperatore Ottone II che, nella spedizione contro i Saraceni del 982, si accampò a Metaponto. I resti del tempio sono composti da 15 colonne con 20 scanalature e capitelli di ordine dorico. Delle 15 colonne, 10 sono sul lato settentrionale e 5 sul meridionale. In origine le colonne erano 32, poiché il tempio aveva una forma periptera con 12 colonne sui lati lunghi e 6 sui lati corti. Lo stilobate era lungo 34,29 metri e largo 13,66 metri, la cella di 17,79 x 8,68 metri. Il tempio risulta molto degradato, poiché costruito con calcare locale (detto mazzarro). Nelle vicinanze del tempio sono stati rinvenuti, dagli scavi del 1926, numerosi resti dell'antica decorazione in terracotta, statuette, ceramiche e altri pezzi di colonne esposti al Museo Archeologico Nazionale di Metaponto.



    Tricarico

    Tricarico è un comune di 5.920 abitanti della provincia di Matera. Nota come città arabo-normanna, possiede uno dei centri storici medioevali più importanti e meglio conservati della Basilicata.


    a dopo



    Potenza

    (IPA: /po'tɛnʦa/, in dialetto potentino, Putenz', IPA: /pu'teηdz/), è una città italiana, capoluogo dell' omonima provincia e della regione Basilicata, con 68.612 abitanti. È la città più popolosa della Basilicata: la sua area metropolitana comprende 111.508 abitanti. La collocazione a 819 m.s.l.m., rende Potenza il capoluogo di Regione più alto d' Italia.



    La località Serra di Vaglio (dista 20 km da Potenza) costituì il primo nucleo abitativo della città che fu distrutto dai Romani. Nel V secolo fu invasa dai Goti di Alarico e successivamente dai Longobardi. Intorno al XIII secolo Federico II , dopo aver devastato la città, promulgava dal castello di Melfi le Constitutiones Augustales e fece costruire nuove fortificazioni in Basilicata. La città subì due forti terremoti nel 1273 e nel 1694. Con Decreto napoleonico del 1806 Potenza divenne capoluogo di regione. Il Primo Piano Regolatore (1843) permise l'espansione della città verso sud, ma cento anni più tardi, Potenza subì un bombardamento che diede via ad un piano di ricostruzione. Nel novembre del 1980 una nuova scossa di terremoto mise di nuovo in ginocchio la città.

    Duomo o chiesa cattedrale di San Gerardo da Potenza

    costruito nel 1200, originariamente gotica e rifatta da Andrea Negri, discepolo del Vanvitelli, in stile neoclassico. Conserva anche un sarcofago di epoca romana in cui sono deposti i resti di San Gerardo da Potenza ed un interessante tabernacolo di alabastro del ‘500.



    Torre Guevara

    In piazza Beato Bonaventura, sull'estremità est del centro storico della città, si possono ammirare i resti del Castello. Costruito probabilmente dai Longobardi intorno all'anno 1000 e costituì la vera "piazza" delle varie dominazioni di Potenza. Gli ultimi proprietari, ovvero Carlo Loffredo e Beatrice Guevara donarono ai frati cappuccini l'intero edificio, ad eccezione della Torre. In seguito il castello fu adibito a lazzaretto, dedicando una cappella a San Carlo: divenne, così, la sede dell'Ospedale San Carlo per alcuni anni, almeno fino al 1935, quando l'ospedale si trasferì in una struttura più moderna, nel rione Santa Maria. A metà secolo scorso, un decreto ne dispose l'abbattimento permettendo di salvare la torre, cilindrica, dominante la valle del Basento. Tutto intorno, i diversi alberi nel piazzale, definiscono la zona come un Belvedere. Dopo il sisma del 1980, fu restaurata e adibita a galleria d'arte.



    Edicola di San Gerardo

    L'Edicola di San Gerardo, rinominata dai potentini San Gerardo di Marmo è un tempietto che ospita al suo interno la statua di San Gerardo, santo patrono della città. Situato in piazza Matteotti, stando all'epigrafe sulla lastra al lato destro del Santo, il tempietto sarebbe stato ultimato nel 1865, probabilmente dallo scultore potentino Antonio Busciolano (1823 - 1871). L'edicola ripropone la facciata di un edificio a cupola, con pianta semicircolare, chiusa sul retro. Sul basamento formato a gradoni, poggiano cinque colonne con il fusto scanalato, decorato con il capitello a foglie. Le colonne sorreggono degli architravi decorati da angioletti e rose. Il retro è costituito da una parete continua, divisa in tre parti: il settore centrale è costituito da una vetrata poligroma a raggi, sulla quale poggiano due colonne scalanate che inquadrano la statua del santo, lateralmente invece, sono poste due iscrizioni, quella a destra ricorda l'edificazione dell'edicola e la dedica di esso, mentre quella a sinistra ricorda due momenti importanti della città: l'invasione dei briganti nel 1809, e l'insurrezione del 18 agosto 1860.



    Matera

    (IPA: [Ma'tεra], in dialetto materano Matàhr, IPA: [Ma'taər]), è un comune di 60.515 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e seconda città della Basilicata. La città è nota in tutto il mondo per gli storici rioni Sassi, riconosciuti nel 1993 Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO (primo sito dell'Italia meridionale a ricevere tale riconoscimento). Matera è tra le città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione perché è stata insignita della Medaglia d'Argento al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni durante la seconda guerra mondiale, essendo stata la prima città del Mezzogiorno a insorgere in armi contro il nazifascismo.


















    MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA

    Un Palazzotto a corte, ristrutturato, situato in via S.giovanni Vecchio n.60 (Sasso Barisano) ospita in 400 mq il Museo - Laboratorio della Civiltà Contadina. All'interno sono stati ricostruiti gli ambienti ed i mestieri di un tempo, legati non solo al lavoro dei campi ma anche alle attività artigianali che si svolgevano negli antichi rioni matrani: arrotino, sellaio, calderaio, ciabattino, vasaio, fornaciaio, conciapiatti, pamieraio, cavamonti, muratore, fabbro, mastro d'ascia, ebanista, sarto, conciapelle. Spazi sono stati riservati alla ricostruzione di vecchie consuetudini di vita (cantina, sala delle pietre, casa tipica) e all'esposizione dell'oggettistica di tutti i giorni, di diverso impiego (sala degli attrezzi agricoli, sala del grano, sala della tessitura). Il Museo - Laboratorio vuole essere una struttura dinamica dell'offerta turistica materana ed un punto di riferimento per l'eleborazione della cultura del passato attraverso attività espositive, seminariali e divulgative. Il Museo resterà aperto il sabato e la domenica (mattino 10 - 13; pomeriggio 16 - 20). Negli altri giorni potranno disitarlo solo i gruppi organizzati, su prenotazione (tel. 0835/385248) L'itinerario didattico del "C'era una volta...", proposto dal MUSEO - LABORATORIO della Civiltà Contadina ricostruisce con meticolosa "sapienza" il "vissuto" in questo antichissimo territorio.










    AMARO LUCANO

    L' Amaro Lucano è un liquore dolce amaro a base di erbe prodotto dalla Amaro Lucano S.p.A. a Pisticci Scalo (MT). L'invenzione dell'Amaro risale al 1894 ad opera di Pasquale Vena, proprietario dell'omonimo bar nel paesino di Pisticci e rinomato pasticciere che produceva empiricamente l'amaro mescolando diverse erbe officinali. La ricetta completa con l'elenco di tutte le erbe e le dosi esatte rimane ancora segreta e la preparazione nella sua fase ultima è eseguita a porte chiuse dai membri della famiglia che portano avanti l'azienda. Il motto dell'azienda, che appare nell'etichetta iscritto in una banda tenuta da un'aquila, è Lavoro e Onestà. L'Amaro Lucano ha ricevuto molte onorificenze e i Vena furono fornitori ufficiali di Casa Savoia, il cui stemma appare nell'etichetta.




    Melfi

    è un comune italiano di 17.430 abitanti della provincia di Potenza, secondo per numero di abitanti nella provincia dopo Potenza e quarto della Basilicata dopo il capoluogo di regione, Matera e Pisticci. Costituita da un centro storico di aspetto complessivamente medievale, la città è diventata recentemente uno dei centri più produttivi della Basilicata e uno dei maggiori nuclei industriali del Meridione: il polo industriale SATA, sorto nei primi anni novanta, ospita infatti uno dei più importanti stabilimenti del gruppo FIAT e diverse aziende dell'indotto automobilistico. Sin dal 1866, sono state fatte varie proposte per rendere Melfi provincia autonoma da Potenza e l'ultima risale al 2006, ad opera dei senatori Viceconte e Taddei.

    « Melfi nobile città dell'Apulia, circonvallata da mura di pietra, celebre per salubrità dell'aria, per affluenza di popolazioni, per fertilità dei suoi campi, ha un castello costruito su di una rupe ripidissima, opera mirabile dei Normanni »

    ( Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero)



    PAEGAGGI BASILICATA.............





    MARATEA............











     
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  2. tomiva57
     
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    Pisticci
    Da Wikipedia



    pisticci


    « ... Bianca sul suo colle argilloso la piccola città silente, sovrana coronatrice del vasto paesaggio tra i fiumi Basento e Cavone, svetta da vie tortuose e chiare. Il sole indugia in lunghi ozii meridiani fra le ospitali case basse e cuspidate, sullo sfondo delle montagne gibbose orlate di agavi aguzze, di secolari ulivi e di fichi d'india... »

    (Concetto Valente)


    Pisticci (Pstizz in dialetto pisticcese) è un comune italiano di 17.932 abitanti della provincia di Matera in Basilicata. Pisticci è il terzo comune della regione per numero di abitanti dopo i due capoluoghi Potenza e Matera.



    Il comune conta una superficie di 231 km² classificandosi all'85° posto tra i cento comuni italiani per estensione e un'altitudine di 364 m s.l.m..



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    Territorio

    Pisticci sorge a 364 m s.l.m. nella parte centro-meridionale della provincia e si estende tra i fiumi Basento, ad Est, e Cavone, a Ovest, che separano il territorio pisticcese rispettivamente dai comuni di Bernalda (18 km) e Montalbano Jonico (24 km). Sempre ad est si affaccia sul Mar Jonio e confina ancora con i comuni di Craco (19 km), Ferrandina (23 km), Pomarico (24 km) e Scanzano Jonico (27 km). Dista 47 km da Matera e 92 km dal capoluogo di regione Potenza. Pisticci è composto da diverse frazioni e borghi, le più rilevanti sono Casinello, Centro Agricolo, Marconia, Pisticci Scalo, Tinchi, ai quali si aggiunge negli ultimi anni la crescente località turistica di Marina di Pisticci.

    Le tre colline su cui sorge il centro storico, Serra Cipolla, San Francesco e Monte Como, sono situate nella parte occidentale, dove il terreno è prevalentemente argilloso e i versanti sono caratterizzati da profonde scanalature, i calanchi. A causa della natura del terreno, Pisticci è stata spesso interessata da fenomeni di dissesto idrogeologico e frane. Nella parte orientale del territorio invece, si estende un altopiano che digrada dolcemente verso la pianura metapontina e verso gli 8 km di costa, limite comunale sul mar Jonio.

    L'abitato di Pisticci ha la forma di una S, formando una sorta di anfiteatro naturale, caratteristica per la quale, data la sua posizione strategica e dominante, è denominata il balcone sullo Jonio o l'anfiteatro sullo Jonio.



    Le frane

    La storia di Pisticci è fortemente legata alle frane che più volte, nel corso del tempo, ne hanno modificato la topografia, la toponomastica e la storia.

    Le principali cause sono dovute alla natura argillosa del terreno che predispone la collina su cui sorge l'abitato ad eventi di questo genere, che hanno interessato anche altri centri limitrofi, su alture con le stesse caratteristiche geologiche.

    Tuttavia la causa riconosciuta come principale di tali eventi a Pisticci è il fosso detto "La Salsa", un piccolo torrente di acqua salmastra che scorre sotto i rioni del centro abitato più interessati dai movimenti franosi e a cui è stata imputata la destabilizzazione del terreno. Quest'ultimo è caratterizzato da una sedimento marnoso permeabile in superficie poggiante su uno strato argilloso impermeabile che, in occasione di abbondanti precipitazioni, tende a far "smottare" lo strato sovrastante.

    Negli ultimi decenni, il disboscamento della collina circostante ha peggiorato la già grave situazione. In presenza di queste situazioni, ogni volta che si è verificato un evento atmosferico di particolare potenza e durata (forte e abbondante nevicata o alluvione) si sono verificati movimenti franosi della collina. Si può dire che tutto il territorio porta il segno di queste rovine: esempio ne sono "le mesole", terrazzamenti un tempo agganciati alla collina che sono collassati verso valle, in direzione del Cavone, sì da guadagnarsi quel nome che sembra appunto voler dire terre "a mezza altezza", tra il monte e il fondovalle.


    Frana del 1555


    È la prima frana registrata e documentata avvenuta a Pisticci. Franarono alcune case del rione "Casalnuovo" a seguito di forti piogge.


    Frana del 1688



    È la frana più imponente e che ha influito di più sulla struttura dell'abitato. Dopo un'abbondante nevicata, la notte del 9 febbraio 1688 (rimasta nella memoria collettiva come la "notte di Sant'Apollonia") il centro urbano di allora, costituito dai rioni "Terravecchia", "Casalnuovo" e "Loreto", si spezzò letteralmente in due parti ben distinte: tutto il rione "Casalnuovo" franò sotto il rione "Terravecchia"; il movimento franoso si fermò solo quando incontrò l'enorme mole della chiesa Madre, la cui zona delle fondamenta venne chiamata perciò "Palorosso".

    Le vittime furono 400, vennero travolte case contadine ma anche palazzi gentilizi e tutta la piazza antistante alla chiesa Madre, che in quegli anni era il centro di tutte le attività del paese.

    Per la ricostruzione, il conte De Cardenas propose un luogo di sua proprietà in contrada "Caporotondo", poco fuori l'abitato. Sperava così di rendere suoi affittuari tutti i pisticcesi, che tuttavia decisero di non abbandonare il colle, sia per il legame affettivo con il paese natale, sia perché avevano intuito il secondo fine[senza fonte].


    Frana del 1976


    Nel 1976, dopo circa tre secoli in cui non si registrarono eventi significativi, a seguito delle piogge di novembre franò una parte del rione "Croci". Tutta l'area interessata fu evacuata in tempo così non ci furono vittime né feriti.

    I disagiati furono ospitati inizialmente nelle scuole del comune, in seguito furono assegnate delle case nella frazione Marconia. Alcune case del rione furono dichiarate inagibili e poi abbattute, altre furono rioccupate spesso abusivamente. Lungo tutta la sede della frana fu costruito un grande muro di contenimento in cemento armato. Ancora oggi l'ultima fila di case del rione sembra la strada di un paese fantasma, con case disabitate, case demolite solo a metà e porte che non danno sulla strada ma sono sospese in quanto dopo la frana la sede stradale si abbassò di qualche metro.

    Oltre al rione "Croci" franò anche il muro a sostegno del sagrato della chiesa Madre (la stessa zona interessata dalla frana del 1688) e ancora una volta il movimento franoso è stato fermato dalla mole della cattedrale, che rimase con il portale principale sospeso nel vuoto fino alla ricostruzione della piazza e del muro.


    terravecchia-frana


    pisticci+rione+dirupo



    La situazione attuale

    A seguito dell'ultima frana Pisticci fu inserito dal Ministero dell'Interno nell'elenco dei comuni da trasferire altrove per dissesto idrogeologico; nacque allora una disputa sul da farsi con tre opzioni prevalenti:

    Il totale trasferimento della popolazione nella frazione di Marconia.
    La costruzione di una nuova città in prossimità della costa.
    Il consolidamento del centro storico con opere di contenimento e rimboschimento.

    Fu la terza opzione quella preferita dalla popolazione, nonostante ciò l'emigrazione nella frazione Marconia non cessò. Furono fatte allora diverse opere di contenimento come muraglioni e i calanchi furono rimboschiti. Per molti anni un vincolo vietò la costruzione di nuove case e la sopraelevazione di quelle esistenti per evitare l'appesantimento del terreno. Questo vincolo oggi non sussiste più.


    Storia

    Le origini del nome


    Un'ipotesi da molti sostenuta[senza fonte] vuole che l'etimologia del nome Pisticci derivi dal greco Pistoikos, luogo fedele (da Pistis, fede, e Oikos, luogo). Infatti, durante la guerra tra Taranto e Roma nel 291 a.C., Pisticci fu l'unica città metapontina a rimanere fedele a Taranto[senza fonte], da qui il nome di luogo fedele, poi latinizzatosi in Pisticium.

    L'altra ipotesi vuole che il nome derivi dal tardo latino Pesticium o dal basso franco Pestiz che significano terreno pascolativo. Il toponimo dialettale, Pstizz, mostra una notevole assonanza fonetica con il termine francese, tuttavia la natura del terreno su cui sorge la collina è palesemente non adatta ai pascoli di cui non si rileva tale abbondanza.

    I primi insediamenti in territorio di Pisticci risalgono al X secolo a.C., ad opera degli Enotri, e sono testimoniati da diverse necropoli.

    Successivamente l'area venne colonizzata dai Greci e Pisticci divenne un importante centro del territorio di Metaponto. Tra il V e il IV secolo a.C. vi visse e operò il cosiddetto Pittore di Pisticci, primo ceramografo italiota ad aver adottato in Magna Grecia la produzione di vasi a figure rosse.

    Dopo la sconfitta di Taranto, Pisticci passò sotto la dominazione romana e diventò un importante centro agricolo.

    Intorno all'anno 1000 i Normanni costituirono il feudo di Pisticci, posseduto in successione dai Sanseverino, dagli Spinelli, dagli Acquara e dai De Cardenas. Sempre nello stesso periodo, i Benedettini fondarono il cenobio di Santa Maria del Casale, poco distante dall'abitato, sui resti di un antico insediamento basiliano.

    Nel 1565, in una località che dopo prenderà per questo il nome Scannaturchi, si combatté una battaglia tra pirati Saraceni e un manipolo eterogeneo di pisticcesi, professionisti, chierici e contadini[senza fonte]. In quei decenni le invasioni dei pirati furono molto frequenti e per questo venne costruita, nel territorio metapontino, una rete di torri di avvistamento.

    Nel Seicento l'abitato contava circa 6000 abitanti[senza fonte] e comprendeva i rioni Terravecchia, Santa Maria dello Rito (oggi Loreto), Osannale, Santa Maria del Purgatorio e Casalnuovo. Nel 1656 Pisticci fu risparmiata dalla peste che imperversava nel Regno di Napoli e che aveva fatto strage nei paesi vicini; molti videro San Rocco sopra la parte più alta del paese nell'atto di benedirlo. Per essere stati risparmiati dalla peste, i pisticcesi lo proclamarono patrono.

    La notte del 9 febbraio 1688, a seguito di un'abbondante nevicata, una frana di enormi proporzioni fece sprofondare i rioni Casalnuovo e Purgatorio, causando circa 400 morti. Dopo la frana la popolazione rifiutò l'offerta del conte De Cardenas di spostare l'abitato più a valle, dove sarebbero state costruite nuove abitazioni, ma in cambio gli abitanti avrebbero dovuto pagare tasse supplementari al conte. Sul terreno della frana furono quindi costruite 200 casette in filari, tutte uguali, bianche, a fronte cuspidata. Il nuovo rione prese significativamente il nome di Dirupo, a ricordo della frana.

    Nei primi anni dell'Ottocento fu particolarmente cruenta l'azione del brigantaggio in tutto il territorio. Nel 1808 fu soppresso il regime feudale e nel 1861, entrata a far parte del regno d'Italia, Pisticci diventò municipio e il primo sindaco fu Nicola Rogges. A cavallo tra l'Ottocento e il Novecento si ebbe la prima grande ondata migratoria, soprattutto verso le Americhe.

    Durante il periodo del fascismo, Pisticci concorse con Matera per divenire capoluogo provinciale, titolo che poi venne assegnato alla città dei Sassi nel 1927. Nel territorio di Pisticci fu realizzato dal regime un campo di confino per antifascisti, che furono impiegati per disboscare e bonificare la malarica e paludosa pianura metapontina. In onore di Guglielmo Marconi questo campo venne chiamato "Villaggio Marconi" ed oggi è la popolosa frazione di Marconia, che ospita circa la metà dell'intera popolazione comunale. La frazione si è molto sviluppata tra gli anni sessanta e settanta.

    Come dopo la grande guerra, anche negli anni successivi alla seconda guerra mondiale ci fu una forte emigrazione verso il Nord America e la Germania.

    Nel 1976, a seguito di forti piogge, franò una parte del rione Croci, a molti abitanti di quel quartiere fu assegnata una casa nella frazione Marconia, il che favorì la prima espansione della frazione. La successiva avvenne tra gli anni ottanta e i novanta dove molti rioni del centro storico subirono un notevole spopolamento, gli abitanti, infatti, preferirono trasferirsi nella frazione Marconia. In questi anni, la frazione Marconia, notevolmente cresciuta, ha iniziato ad aspirare all'indipendenza amministrativa.

    Nei primi anni del XXI secolo, tuttavia, lo spopolamento del centro storico si è sostanzialmente fermato e il flusso demografico risulta in leggera controtendenza rispetto agli anni precedenti.

    Il 27 aprile 1991 Papa Giovanni Paolo II, in Basilicata, visitò Pisticci dove incoronò la statua di Santa Maria la Sanità del Casale, conservata nell'omonima Abbazia.







    Monumenti e luoghi d'interesse



    Luoghi di culto


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    La torre dell'orologio e sullo sfondo la cupola della Chiesa Madre.



    La chiesa Madre dei santi Pietro e Paolo



    Sorge sui resti di una chiesa preesistente del 1212, di cui rimane il campanile con due ordini di bifore. L'attuale edificio fu terminato nel 1542, con la costruzione di altre due navate oltre a quella della chiesa precedente, ed è opera dei Mastri Pietro e Antonio Laviola, fratelli mantovani in fuga dalla loro città natale perché accusati di omicidio che si stabilirono a Pisticci.

    La chiesa è di stile romanico-rinascimentale, con tetto a doppio spiovente e pianta a croce latina, si compone di tre navate e all'incrocio tra la navata principale e il transetto si erge una grande e alta cupola emisferica. Le navate laterali ospitano cappelle e altari barocchi che furono edificati sopra gli ipogei dove venivano seppellite personalità importanti nella vita del paese. Gli altari sono intagliati in legno e dorati, con incastonate tele e statue di cartapesta attribuite a Salvatore Sacquegna.

    Alle pareti si notano alcune tele di stampo caravaggesco attribuite a Domenico Guarino del XVIII secolo tra cui quelle rappresentanti la Madonna del Carmine e la Madonna del Pozzo e altre raffiguranti i Misteri del Rosario.


    L'Abbazia del Casale


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    Fu presumibilmente costruita intorno al 1087 sui ruderi di un antico cenobio greco-bizantino da Rodolfo Maccabeo ed Emma d'Altavilla, sul monte Corno, allora fuori dal centro urbano di Pisticci. L'abbazia, dedicata alla Beata Vergine Maria, fu affidata ai monaci benedettini di Taranto.

    Il complesso è in stile romanico pugliese, costruito in pietra locale. L'abbazia è stata uno dei santuari del Giubileo del 2000. La statua della Vergine è una scultura in legno del XII secolo e fu incoronata da papa Giovanni Paolo II il 27 aprile 1991 a Pisticci davanti ai lavoratori e ai fedeli lucani.





    Altre chiese


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    Chiesa dell'Immacolata Concezione: piccola chiesa edificata intorno al XVI secolo. Ha pianta a croce latina e uno splendido soffitto ligneo a carena di nave, dipinto a tempera con decorazioni floreali e figure sante. L'altare è in stile barocco.



    Madonna-Loreto

    Chiesetta della Madonna di Loreto: già esistente nel Cinquecento e ampliata nel Ottocento, ospita una statua attribuita allo scultore Salvatore Sacquegna.



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    Chiesa di Sant'Antonio o del Convento: si affaccia sulla piazza centrale del paese. Fino al 1860 era parte del convento di Santa Maria delle Grazie, i cui locali furono destinati a municipio. Si compone di tre navate e al suo interno vi sono altari barocchi e in marmo di Carrara, affreschi e numerosissimi dipinti tra cui uno di Andrea Vaccaro.


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    Chiesa di San Rocco:
    costruita tra il 1930 e il 1934 su progetto dell'architetto Ernesto Lapadula sulla chiesa preesistente del Purgatorio. Costituita da tre navate ospita un ciclo di affreschi sulla vita di San Rocco realizzato nel 1940 e la statua del santo patrono, laminata in oro. Interessante in quanto primo esempio in Italia di stile novecento applicato ad un edificio religioso.



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    Chiesa di Cristo Re: fondata intorno agli anni 60. È una struttura moderna abbellita da mosaici in oro. Sopra la chiesa si erge maestoso Cristo Re.



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    Cappella della Madonna delle Grazie: poco distante dal centro abitato, l'interno presenta un altare con la statua della Madonna.






    Monumenti


    Piazze



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    Piazza Elettra: è la piazza centrale della frazione Marconia, intitolata alla figlia dello scienziato Guglielmo Marconi da cui la cittadina prende il nome, è interessante in quanto tipico esempio di centro abitato fascista nato in seguito alla bonifica delle paludi e presenta quindi la torre littoria al centro circondata dagli edifici del fascio e dalla chiesa, il tutto costruito secondo le proporzioni auree
    .


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    Piazza Bologna Marconia - Monumento al Confinato Politico, eretto nel maggio del 1980 a ricordo della colonia confinario di Pisticci, durante il fascismo.



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    Piazzetta di Sant'Antuono con fontana e chiesetta.





    Palazzi


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    Palazzo De Franchi: in stile rinascimentale, è caratterizzato da un loggiato a quattro arcate a tutto sesto. Imponente il portale, costruito in blocchi di pietra bianca, sovrastato dallo stemma nobiliare.



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    Palazzotto o Palazzocchio: costruito tra il 1528 e il 1571 dai mastri Pietro e Antonio Laviola (gli stessi che lavorarono alla Chiesa Madre), venne denominato Palazzocchio per la sua posizione dominante. Ospita un archivio del Cinquecento.


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    Palazzo Giannantonio: attualmente ospita il comune. Di stampo cinquecentesco è stato tuttavia completato solo nel 1695. Interessanti il portale monumentale con cancello in ferro battuto intarsiato e la corte interna con cisterna.



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    Palazzo del Tribunale e Palazzo Rogges.


    Il castello di San Basilio




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    Fu costruito come masseria fortificata intorno al VII secolo dalla comunità monastica dei basiliani. Divenne poi feudo normanno assumendo sempre più le caratteristiche di un castello con la costruzione del torrione centrale. Dai feudatari normanni fu in seguito donato alla comunità benedettina dell'abbazia di Santa Maria del Casale di Pisticci.

    Da alcuni reperti ritrovati si pensa che all'interno del castello vi soggiornò Ugo de Paganis, il fondatore dell'Ordine dei Templari, con il suo esercito di cavalieri crociati prima del viaggio verso la Terra Santa[senza fonte].


    Altri monumenti


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    Torre Bruni: torre cilindrica, ritenuta antichissima, anche se se ne ignora la data di costruzione. Secondo una leggenda, per un breve periodo, vi trovò anche rifugio Bruto dopo la congiura contro Cesare.

    Ruderi del Castello normanno. Resta un torrione quadrato, decorato da una successione di archetti a tutto sesto.


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    Torre dell'acquedotto:
    enorme torre cilindrica realizzata nel 1930.




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    Torre dell'orologio in Piazza Plebiscito.

    Monumento ai Caduti.


    Siti archeologici

    È un'area collinare sulla riva destra del Basento che hanno portato alla luce resti di un villaggio enotro risalente al IX secolo a.C. e di uno greco di fase successiva costrutio sopra il precedente villaggio.

    La scoperta dell'area e gli scavi iniziarono nel 1970 e furono affidati all'Università di Milano nel 1973. Sono ora visitabili i resti della cittadina, mentre gli oggetti e i vari reperti rinvenuti nei dintorni sono esposti al Museo Archeologico Nazionale di Metaponto.




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  4. tomiva57
     
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    CASTELMEZZANO



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    Il nome

    Castrum Medianum, cioè "castello di mezzo", si chiamava la fortezza normanna posizionata a metà strada tra i castelli di Pietrapertosa e di Brindisi Montagna.


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    La Storia

    • Sec. VI-V a.C., reperti archeologici confermano la penetrazione dei Greci nella valle del Basento. Dalle rive dello Ionio alcune famiglie di coloni si spinsero verso l'interno; l'antico abitato era chiamato Maudoro, cioè "mondo d'oro".

    • X sec. d.C., le scorrerie dei Saraceni nelle zone interne costringono la popolazione di Maudoro a cercare un posto più sicuro. Sarebbe stato il pastore Paolino a scoprire, addentrandosi verso est, una naturale fortezza costituita da guglie di rocce a strapiombo, dalle cui cime si potevano respingere gli invasori facendo rotolare grandi massi di pietra.
    La prima roccaforte fu longobarda, poi, verso il Mille, subentrarono i Normanni a difenderla dai Saraceni già insediati nella vicina Pietrapertosa.

    • XI-XIII sec. Intorno al Mille i Normanni vi costruiscono un castello. Del fortilizio sono ancora visibili i resti delle mura e la gradinata scavata nella roccia che consentiva l'accesso al punto di vedetta più alto, da cui si domina l'intera valle del Basento. Con l'occupazione normanna il borgo vive un periodo di prosperità: il feudo viene concesso ai fedeli dell'Imperatore e cresce il potere delle comunità religiose. Con gli Angioini comincia la decadenza.



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    • 1310, Castello Mezzano passa alla Diocesi di Potenza e nel 1324 a quella di Acerenza.

    • XIV-XVI sec., sotto il dominio aragonese il feudo cambia di proprietà molte volte, ma solo verso il 1580, quando viene nominato barone Giovanni Antonio De Leonardis, migliorano le condizioni sociali della popolazione, che un censimento dell'epoca stima in 91 famiglie.

    • 1686, il feudo, tenuto fino a questa data dai De Leonardis, passa per via nuziale ai De Lerma, ai quali rimane fino all'estinzione del potere feudale, nel 1805.

    • XIX sec., nella prima metà si afferma il fenomeno del brigantaggio: tra i nascondigli naturali delle rocce e della macchia boschiva, molti diseredati trovano qui il loro ambiente ideale. Alla fine del secolo si fa invece rilevante il dramma dell'emigrazione che spinge Oltreoceano molte famiglie.




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    Un paesaggio di roccia che ha il sapore della fiaba

    Adagiato a una parete di guglie e picchi, in un fantastico paesaggio di roccia, Castelmezzano ha conservato l'originario impianto urbanistico medioevale. Risulta infatti un agglomerato concentrico di case arroccate in una conca rocciosa secondo l'antica forma di terrazzamento, con i tetti in lastre di pietra arenaria.

    Girare per il centro storico è suggestivo per la presenza irreale della roccia inserita nelle costruzioni, per le numerosissime e ripide scale e scalette che intersecandosi tra loro invitano a salire alle vette sovrastanti e a godere i meravigliosi panorami delle cosiddette "Dolomiti lucane", che per l'aspetto aspro e frastagliato ricordano le montagne delle Alpi orientali (in realtà qui non si tratta di roccia ma di compatta arenaria).

    Scenografico è l'arrivo in paese, che compare improvvisamente - come un coup de théâtre - adagiato ad anfiteatro alla parete rocciosa, subito fuori da una galleria scavata nella roccia, dopo il superamento di una spettacolare gola.

    La roccia è sempre presente: nelle sue viscere sono scavati i sottoportici che uniscono stradine e piazzette, un tempo luogo di socializzazione.
    La Chiesa Madre di S. Maria, edificata nel XIII sec. in pietra locale nella piazza principale, conserva al suo interno una statua lignea trecentesca raffigurante la Madonna con Bambino (detta dell'Olmo), un altare ligneo in stile barocco e una Sacra Famiglia di Girolamo Bresciano.


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    Da vedere anche la Cappella di S. Maria, la chiesa rupestre della Madonna dell'Ascensione scavata tra le rocce, con attiguo cimitero prenapoleonico, e i diversi palazzi gentilizi del borgo: i palazzi Merlino, Parrella, Coiro, Paternò, Campagna e il vasto Palazzo ducale dei De Lerma, gli ultimi signori di Castelmezzano.


    Imperdibile, infine, la visita ai resti del fortilizio normanno-svevo, con la gradinata stretta e ripida scavata nella roccia che porta nel punto più alto, là dove la vedetta della guarnigione militare sorvegliava la sottostante valle del Basento. Salire quei cinquanta gradini con il volteggiare dei falchi
    sulla testa è un'esperienza quasi mistica.



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    Il prodotto del borgo

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    La salsiccia, un salame particolarmente saporito la cui preparazione comprende varie fasi corrispondenti ai diversi periodi dell'anno.


    Il piatto del borgo

    Oltre alle crostole, l'agnello alle erbe e il capretto con patate alla brace.


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    da:borghitalia.it
     
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  5. tomiva57
     
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    Venosa

    la città di Orazio


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    Il nome

    Diverse le ipotesi per l’antica Venusia. Raccoglie maggior credito quella che ritiene la città fondata in onore della dea dell’amore, Venere.

    Per altri, l’origine del nome è nell’abbondanza e bontà dei suoi vini (vinosa), oppure nelle vene d’acqua di cui è ricca o, ancora, nel clima ventilato (ventosa).

    Il nome glielo diedero i Romani nel 291 a.C., quando, strappata ai Sanniti, ne fecero una colonia.

    Secondo alcuni, Venus deriverebbe da Benoth, il nome fenicio di Venere.


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    La Storia


    • 291 a.C., Venosa diventa colonia romana e, più avanti (89 a.C.), municipium, con diritto di voto e cittadinanza per i suoi abitanti. La fortuna della città sta nell’essere una delle principali stazioni della Via Appia.

    • 65 a.C., vi nasce il poeta latino Orazio.

    • 70 d.C., vi s’insedia una colonia ebraica, forse la più antica d’Italia.

    • 985, è saccheggiata dai Saraceni.

    • 1470, durante il periodo aragonese, Pirro del Balzo, nuovo signore di Venosa, inizia la costruzione del castello. Il duca lo fa erigere sul luogo della vecchia cattedrale di S. Felice, che viene demolita: al suo posto, poco distante, ne viene edificata una nuova dedicata a S. Andrea.

    • 1581, il celebre madrigalista Carlo Gesualdo viene insignito del titolo di Principe. Per tutto il XVI secolo la città vive un’intensa attività culturale.

    • 1861, Venosa è presa d’assedio dal brigante Crocco che con i suoi 600 uomini riceve dai cittadini ospitalità e protezione.


    Una passeggiata nella storia

    Al Parco Archeologico si visitano le terme romane, resti di domus private e l’anfiteatro. Gli scavi hanno inoltre riportato alla luce una domus patrizia del I secolo d.C. detta Casa di Orazio, le Catacombe ebraiche con una serie di ipogei scoperti nel 1853 (la presenza di una forte comunità ebraica è attestata da numerose testimonianze epigrafiche e artistiche) e un sito paleolitico risalente a un intervallo di tempo compreso tra 600 mila e 300 mila anni fa.


    Venosa


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    Del castello longobardo rimane poco, mentre la mole possente del Castello aragonese edificato a partire dal 1470 da Pirro del Balzo veglia ancora sulle vicende del borgo antico. Sulla torre ovest è visibile lo stemma dei Del Balzo, un sole raggiante. La rude fortezza con le sue quattro torri cilindriche fu poi trasformata in signorile dimora dai Gesualdo, in particolare da Carlo, “il prencipe de’ musicii” (parole di Torquato Tasso) e da suo figlio Emanuele. Quelle sale che echeggiarono dei meravigliosi madrigali di Carlo accolsero anche, verso la fine della sua vita, la raffinata corte intellettuale dell’Accademia dei Rinascenti (1612).



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    Ma è la Chiesa Incompiuta della Trinità, suggestiva sinfonia di pietra che seduce per il suo non-finito, il vero simbolo di Venosa. Scrive Norman Douglas in Old Calabria, 1915: “La principale bellezza architettonica della città è l’abbazia benedettina della Trinità ora in rovina… La rovina è un luogo di raro incanto: non è facile trovare testimonianze di vita romana, ebraica e normanna tutte stipate in un luogo così piccolo, tenute assieme dalla massiccia ma bella architettura dei benedettini e permeate, allo stesso tempo, da uno spirito mefistofelico di moderna indifferenza”.

    Il complesso dell’abbazia della SS. Trinità, di cui l’Incompiuta fa parte, si dipana nell’arco di diversi secoli. Ha origine nel V secolo, con la Chiesa Vecchia impiantata sui resti di un tempio romano, alla quale si aggiunge nel 942, per opera dei Longobardi, il primo nucleo di un monastero benedettino successivamente ampliato dai Normanni.

    Divenuta una delle più potenti abbazie del Sud, è dai grandi abati benedettini ritenuta insufficiente alle esigenze del culto, per cui viene progettato un grandioso ampliamento, per farne – forse - un’unica, immensa basilica. Eretti i muri perimetrali e parte del colonnato, la Chiesa Nuova segue le alterne vicende dei benedettini e, più in generale, dell’epoca, finendo col restare Incompiuta.




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    Il ricco patrimonio di chiese comprende ancora la Cattedrale di S. Andrea, a tre navate modulate da archi a sesto acuto, iniziata a metà Cinquecento, la chiesa seicentesca di San Filippo Neri e quella dedicata a San Rocco per aver liberato la città dalla peste nel 1503.



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    fontana di S. Marco


    Ricca di artistiche fontane - tra le quali spiccano per bellezza l’angioina (1228), quella di Messer Oto (1313) e la quattrocentesca fontana di San Marco - Venosa vanta splendidi esempi di edilizia civile.



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    Tra i migliori, Palazzo Calvino, del XVIII secolo, con la sua elegante facciata, il Palazzo del Balì, iniziato nel XIV secolo, sede dell’ordine religioso dei Cavalieri di Malta, Palazzo Dardes e Palazzo Lauridia, entrambi del XVIII secolo, e l’imponente Palazzo Rapolla, della seconda metà del XVII.


    Il prodotto del borgo


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    L’Aglianico del Vulture, vino rosso celebrato già da Orazio: misurato col cervello e bevuto con il cuore, diceva il poeta, dona conforto e gioia alla vita.

    Ha un delicato profumo di viola e un bel colore rubino che con l’invecchiamento si tinge di riflessi arancione.


    Il piatto del borgo


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    Gli strascinati, una pasta fatta in casa con sugo e cacio ricotta grattugiato.

    In alternativa, lagane e ceci, tagliatelle miste a ceci cotti nella caratteristica “pignata”.



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    da:borghitalia.it
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4 replies since 28/6/2011, 16:21   4927 views
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