FRANCIA

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  1. gheagabry
     
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    « Solo i gigli reggono la luna, i fiotti, il castello ed il leone »


    BORDEAUX



    Bordeaux oltre a essere una città bellissima, è la capitale della regione di uno dei vini più famosi al mondo...Situata sul fiume Garonna, all'inizio dell'estuario della Gironda, la città è un importante porto fin da prima che l'impero romano si espandesse in queste zone e per secoli è rimasta e rimane tuttora un nodo economico cruciale per la Francia. Oggi i segni del suo passato e delle guerre sono in parte stati cancellati dal tempo, ma il suo centro del XVIII secolo resta ancora uno dei più belli di tutta l'Europa, dichiarato dall'Patrimonio dall'Umanità dall'Unesco. La città che si affaccia sul fiume presenta una serie ininterrotta di facciate in stile classico, un tempo costruite per mascherare le retrostanti catapecchie medievali. Il suo splendore è arricchito dall'Esplanade des Quinconces, dal Grand Théatre e dalla Place du Bourse...Bordeaux è il più antico porto commerciale di Francia dopo Marsiglia.

    Il Quartiere di Saint Pierre. Proprio nel cuore di Bordeaux, il quartiere di St. Pierre è il centro storico della città. Esso è costituito di belle stradine. Saint Pierre è la capitale culinaria di Bordeaux, con un gran numero di ristoranti per soddisfare ogni gusto e tasca, qualcosa per buongustai e golosi. Place du Parlement è sede di alcune meraviglie architettoniche ed una fontana ornamentale. Inoltre, nella zona è l'Eglise Saint-Pierre, costruita nei secoli XV e XVI sul sito della ex porto gallo-romano.
    Il quartiere Chartrons. Questo quartiere molto attraente, situato sulle sponde della Garonna, fu il luogo dove per secoli, mercanti e uomini d'affari spalla a spalla con i marinai e operai commerciavano il vino Bordeaux. Il suo nome deriva dal convento Certosino, costruito qui nel XV secolo. Con il declino degli scambi sul fiume, il quartiere si svuotò, diventando una tranquilla zona residenziale con negozi di antiquariato. Una parte del quartiere è oggi conosciuto come il "villaggio degli antiquari". Da non perdere Musee des Chartrons, in uno splendido palazzo municipale del XVIII secolo dove è stato allestito il museo dei commercianti di vino, per cercare di capire questo affascinante mondo con lo stoccaggio, l'imbottigliamento, l'imballaggio e la movimentazione e la logistica dei vini. Vicino alla rive della Garonna in questa zona si trova anche il magnifico Centro di Arte Contemporanea.
    Il Grand Thèatre progettato dall'architetto Victor Luis nel XVIII secolo, il teatro è una delle costruzioni classiche più belle del paese. L'auditorium è famoso per la sua straordinaria acustica. Lo spettacolare scalone fu più tardi imitato dal Garnier per l'Operà di Parigi. Questo imponente edificio lungo 88 metri, di stile neoclassico. Il Grand Thèatre, nel 1871, divenne il luogo di riunione dell'Assemblea Nazionale, in esilio a Parigi. Fu qui che Victor Hugo lanciò l'idea di creare gli Stati Uniti d'Europa.
    La Basilica di St.Michel per cui ci vollero 200 anni per costruirla e che fu cominciata nel 1350. L'edificio è a tre navate e vanta la bella statua di Sant'Orsola con penitenti, in una delle cappelle laterali. Il campanile, costruito tra il 1472 e il 1492, è il più alto nel sud della Francia con i suoi 114 metri.
    La Cattedrale di St-André. La navata di questa gigantesca chiesa fu iniziata nell'11th secolo e modificata 200 anni più tardi. Il coro gotico e i transetti furono aggiunti nel XIV e XV e secolo. Le belle sculture medievali della Porte Royale includono scene dell'antico testamento.
    Il Quartiere di Saint Eloi. Punto focale di questo quartiere è la Grosse Cloche, torre campanaria del XV dell'ex municipio medievale, proprio accanto al Eglise Saint-Eloi. La Grosse Cloche è ancora adesso il simbolo della città, riportata anche nel suo stemma. L'orologio della torre del 1759, sostituì quello precedente del 1567. La torre campanaria è una sorta di crocevia per tutti i quartieri medievali della città, infatti collega Saint Michel, Saint Victoire e il quartiere di Saint Pierre.



    ....la storia....


    Precise fonti storiche testimoniano la fondazione di Bordeaux nel lontano III secolo a.c. da parte dei Bituriges Vivisques una tribù gallica della regione di Bourges. I romani arrivarono nella zona e stabilendo un fiorente ‘Emporium’ per gli scambi commerciali con il resto dell’impero, riuscendo così a controllare l’intera regione. Nel III secolo d.c. la cittadina si sviluppa ulteriormente tanto da diventare il centro amministrativo dell’Aquitania. Nei secoli successivi la zona venne invasa dalla ferocia dei barbari, Vandali e Visigoti ma anche dai Franchi nel 498. Bordeaux non conobbe pace alle invasione esterne, che continuò con i Normanni nel X secolo i quali perpetuarono un funesto saccheggio all’interno delle sue mura. Finalmente il periodo di pace soggiunse con il matrimonio di Alienor D’Aquitaine e Enrico II Plantageneta del regno Inglese, nel 1154. Da allora la città fu sotto il controllo degli inglesi (che chiamarono la regione Aquitania, Guyenne) per un periodo di ben tre secoli nei quali Bordeaux riscopre gli antichi gloriosi giorni di sviluppo economico (in particolare grazie alla produzione vinicola) e urbanistico. La città raggiunge il proprio apogeo durante il regno di Edoardo di Woodstock ma nel 1453 il controllo inglese nella regione si affievolisce e Bordeaux diventa di fatto capitale di uno stato indipendente. Dopo la guerra dei 100 anni, con la battaglia di Castillon, Bordeaux viene restituita al Regno di Francia. Il commercio del vino con l’Inghilterra termina e la città perde parte della proprio primato economico. Il popolo di Bordeaux non nutre sentimenti di stima a favore del regno francese tanto che come atto di persuasione il Re Luigi XVI fu costretto a conferire a Bordeaux lo status definitivo di città sovrana nel regno francese dotandola di un proprio parlamento. In questo spirito di libertà Bordeaux si giova di un secondo boom economico, sempre con il commercio del vino ma anche con lo sviluppo delle attività di tipo coloniale e con il commercio del pastello di Garonna. L’attività mercantile, grazie al porto, si sviluppa ulteriormente nel XVII secolo e XVIII secolo tanto da costituire la maggiore fonte di scambio tra la Francia e le Americhe. In questo periodo inoltre la cittadina si sviluppa da un punto di vista urbanistico e architettonico con la costruzione dei vari archi di trionfo come la Porte d'Aquitaine (Porta d'Aquitania), Piazza della Vittoria, la Porte Dijaux (Piazza Gambetta/Rue Porte Dijaux), la Porte de la Monnaie (Porta della Moneta) (Quai de la Monnaie) o ancora la Porte de Bourgogne (Porta di Borgogna) (Place Bir-Hakeim), il Jardin Public (Giardino Pubblico), e la famosa Place de la Bourse in stile Versailles, diventando una delle città più belle d’Europa.
    (informagiovani.com)



    "Lo specchio d'acqua di Bordeaux non è un monumento tanto piatto come sembra. Avvolge i passanti che si trovano sui moli nelle sue ondate di nebbia, e li assorbe nei suoi pensieri. È il posto ideale per mettere i piedi tra le nuvole, guardando le facciate neoclassiche degli edifici del porto della Luna."
    (Chloé Balaresque)


    ........ lo stemma .......


    Lo stemma della città è: « Di rosso, alla Grossa Campana aperta, traforata e rivestita di sabbia e cimata da un leopardo d'oro; al mare d'azzurro caricato d'una mezzaluna d'argento; al capo di Francia antico. ». Nella antica arme della Città di Bordeaux, i Fiori di giglio rappresentano le armi dei re di Francia; il leopardo richiama le armi della provincia di Guyenne di cui Bordeaux era la capitale; il Castello riproduce le torri dell'antico municipio di cui rimane oggi la Grossa Campana; la Mezzaluna raffigura la curva descritta dalla Garonna davanti alla città: il porto così configurato era ed è tuttora chiamato le Port de la Lune, "porto della luna"; le acque del fiume bagnano le torri del municipio.
    Le mezzelune intrecciate che sono le piccole armi o la cifra di Bordeaux hanno come origine la mezzaluna simbolica che figura da sola nelle armi della città. Furono anche le cifre di Diane de Poitiers. Non le si trova prima della metà del XVII secolo. Nel XVIII secolo le si trova frequentemente ad esempio sul frontone della fontana Saint Projet (Santo Progetto) (1736). Oggigiorno figurano un po' dovunque e marcano discretamente tutto quello che è proprietà della città. Come corona, Bordeaux ha una corona murale a sette merli (città di primo ordine) d'oro. Come supporti: due antilopi bianche avendo come colletto una corona in fiori di gigli in oro ed incatenata dai medesimi.
    E il suo motto è:
    LILIA SOLA REGVNT LVNAM, VNDAS, CASTRA, LEONEM
    « Solo i gigli reggono la luna, i fiotti, il castello ed il leone »
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    "Piena estate nei pressi di un'opaca Gironda lievemente increspata: sebbene questo non sia forse il volto più affascinante dell'Aquitania, rimane comunque quello più vicino all'aspetto primitivo della regione, quando l'Oceano ricopriva l'intero bacino aquitano. Anche le imponenti pareti gessose tra Blaye e Bourg sulla riva settentrionale della Gironda sono la testimonianza dell'antico fondo marino, così come i depositi ghiaiosi nel Medòc e quelli sabbiosi tra la Dordogna e la Garonna... "
    (dal web)




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  2. tomiva57
     
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    grazie gabry
     
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  3. gheagabry
     
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    Una terra nata dal capriccio dei venti.


    La BRETAGNA



    E' sufficiente dare un occhiata all'atlante per rendersi conto che la Bretagna non è una regione come le altre: la sua natura di penisola protesa verso il mare aperto è estranea alla geometria simmetrica della Francia e fa subito pensare alla ribellione e alla diversità. Quello che colpisce è anche la sua somiglianza con la Cornovaglia inglese (anche qui esiste la Cornovaglia, la zona attorno a Quimper) che dall'altra parte della Manica le è speculare. Non si tratta solo di una somiglianza geografica bensì di una fratellanza di sangue, lingue e cultura che fa delle due penisole (a cui si aggiungono il Galles, la Scozia ed una parte della Spagna del Nord) gli ultimi territori celtici d'Europa.
    Nella Bretagna si distinguono due regioni che mantengono toponimi celtici: l'Armor, il "pays voisin de la mer" (paese del mare), e l'Arcoat, il "pays des bois" (paese dei boschi). L'Armor costituisce l'estesa fascia litoranea caratterizzata da coste basse e sabbiose lungo la Manica e da coste alte e frastagliate sul versante atlantico che si affaccia sul golfo di Biscaglia; l'Arcoat definisce le regioni interne che si estendono su un basso tavolato di antica origine ricoperto da fitte foreste: il Massiccio Armoricano.



    ........Saint.Malo........


    Questa amena cittadina turistica sulla Cote d'Emeraude ha un centro storico interamente cinto da bastioni. La sua posizione isolata e ben difesa ha fatto si che non fosse coinvolta nelle guerre tra la Francia e la Bretagna. Valeva il motto: ne francese ne bretone, sono di Saint Malo. Città marinara nota per la pesca al merluzzo e per essere stata sede di una flotta di pirati. Le sua mura sono dello stesso granito grigio di Mont Saint Michel. Nel corso dei secoli le fortune marinare sono state sia nobili sia meno nobili. Infatti anche se è vero che la città divenne famosa come covo di pirati (che nel 1590 addirittura proclamarono una repubblica indipendente), è anche vero che la città fu anche base di partenza di fortunate navigazioni commerciali, d'importanti scoperte (il Canada fu scoperto da Jacques Cartier abitante di Saint Malo) e, nella prima metà del ‘700, delle scorrerie di un grosso numero di navi corsare (bella la statua del corsaro Duguay-Trouin posta sul Bastion St-Louis). Saint Malo ha peraltro il merito di aver dato i natali allo scrittore François René de Chateaubriand (1768-1848), considerato il padre del romanticismo francese (e anche in parte di quello italiano).



    ......storia, miti e leggende......



    Nel V secolo i Bretoni sbarcarono sulle coste della piccola Bretagna, quando gli angli, i sassoni e gli scozzesi li cacciarono dall'attuale Gran Bretagna...Provenienti dal Galles e dalla Cornovaglia inglese, i bretoni si insediano in nuove terre. Tra essi, alcuni monaci introducono un cristianesimo celtico, pieno di miracoli. Taluni si isolano in eremi, come nel Mont Tombe, futuro Mont Saint-Michel. Sette santi fondano 7 importanti città episcopali: san Malo, san Brieuc. Dol-de-Bretagne deve la sua origine a san Samson, Tréguier a san Tugdual, Saint-Pol-de-Léon a san Pol Aurélien, Quimper a san Corentin, Vannes a san Patern...I franchi entrano in conflitto con i bretoni dallo spirito indipendente. Nell'831, Ludovico il Pio, per calmare la regione, fece di Nominoë il governatore. Alla morte del sovrano carolingio, Nominoë si batte per l'indipendenza: dopo aver sconfitto i Franchi a Ballon, vicino a Redon, proclama un regno bretone, consolidandone l'unità e le istituzioni. La lingua bretone è parlata ad ovest lungo una linea che collega Dol a Saint-Nazaire: è per questo motivo che Nominoë viene considerato il padre della nazione bretone.
    La Bretagna merita ampiamente il nome di Terra delle leggende. La sua storia, le sue influenze celtiche, i suoi siti misteriosi, le sue lande segrete invitano al sogno. Le leggende arturiane si svolgono nella foresta di Paimpont. L'eco di popoli scomparsi e di città sommerse risuona tra menhir e al largo del Douarnenez. I santi si contendono i poteri su luoghi molto popolari...Le leggende di Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda sono parte integrante del territorio. Con la luna piena, i colpi di spada di Artù che sfida un drago, riecheggiano a Saint-Michel-en-Grève. Nella foresta di Paimpont, Brocéliande è un concentrato di luoghi mitici. Merlino, l'Incantatore, incontra Viviana alla Fontana di Barenton. La Fata lo imprigiona legandolo ai piedi di un albero. La sua tomba è vicina alla Fontana della Gioventù. Morgana si vendica degli uomini rinchiudendoli nella Valle senza Ritorno, circondata da scisti rossi. Solo Lancillotto rompe l'incantesimo. La Dama Bianca sfiora a volte i fossati dell'incantato castello di Trécesson...I menhir custodiscono universi magici. I korrigans, spiriti malvagi della mitologia bretone, saltellano durante la notte tra i megaliti. A Carnac, soldati romani sono stati pietrificati, immortalati nelle loro pose. Le pietre del dolmen della Roche aux Fées (Roccia delle Fate) sono state spostate dalle fate. La splendida città d’Ys fu creata dal re Gradlon per sua figlia Dahud, nella baia di Douarnenez. Il diavolo si impadronì della chiave delle chiuse per lasciare che i flutti inghiottissero la città. Dahut annegò trasformandosi in sirena.


    La fonte di Barenton si trova all’interno della magica foresta di Brocelianda, nel cuore della Bretagna.
    La foresta oggi è conosciuta con il nome di Paimpont, e sorge tra il Morbihan e L’ile et Vilaine, dove una volta vi era la grande foresta Armoricana. Molti avvenimenti mitologici sono avvenuti al suo interno. Protette dagli alberi e dal silenzio molte vite si sono incontrate e molti prodigi si sono compiuti.
    Sotto i raggi del sole che, verdi, filtrano tra le foglie, è racchiusa una sacra radura, il cui centro è rappresentato dalla fonte e dal pino che si innalza al suo fianco fieramente. L’antico nome della fonte era Belenton, vale a dire Bel Nemeton.
    Luogo sacro a Belenos, il brillante, Dio solare tanto caro ai Celti. Il Nemeton è un luogo lontano dalla vita sociale, lontano dalla tribù, un luogo al margine del mondo. I druidi vi compivano i riti per la collettività, ma in disparte da essa, dove le Antiche Armonie e l’identificazione con il mondo arcaico naturale erano maggiormente percepibili. Un luogo al di fuori del tempo e dello spazio, dove l’Unione col divino veniva ristabilita, dove cielo e terra si intrecciano, ed il mondo attorno viene alla luce. Il pino di Barenton è infatti l’albero cosmico, l’albero del mondo. Terra, aria ed acqua, uniti in armonia tra le fronde, centro della radura nella foresta. E si narra che Brocelianda fosse chiamata anche “La foresta del signore” e che al suo interno né una mosca né una creatura velenosa vi potessero avere dimora[...]Il primo di questi è Merlino, il cui nome esprime sempre e comunque una gran familiarità con la natura, sia esso derivato dall’inglese MERLIN (smeriglio) o dal francese MERLE (merlo). Merlino il mago è infatti l’uomo dei boschi, il selvaggio. Legato alla natura ed in sintonia con essa è capace di comprendere l’antica lingua degli animali e della natura e quindi di leggere in essa i segni dell’avvenire.
    Ed infatti egli è profeta, poiché è salito sul pino, sull’asse del mondo, e lì il divino l’ha pervaso, ed egli ora può parlare per suo tramite. Prediligendo il mondo dei boschi alla corte del Re, nella quale si reca solo ed esclusivamente per diffondere i suoi consigli e per spronare i cavalieri al viaggio che li spetta, Merlino, incompreso, viene da tutti considerato folle. Ma altro non è che un saggio. Infatti, cos'è la follia, se non estasi divina? Gli antichi lo consideravano uno dei principali modi della conoscenza. Il saggio era folle poichè il divino lo possedeva.... nei pressi della fonte di Barenton, infatti, avviene il primo incontro tra il mago e la fata Viviana, colei che, rinchiudendo il mago, lo celerà per sempre agli occhi del mondo.
    L’incontro viene narrato ne “I romanzi della tavola rotonda” da Jaques Boulanger, tratti direttamente dal ciclo vulgato, altrimenti conosciuto come il Lancelot Graal. La foresta, narra l’autore, era il luogo di caccia preferito della Grande Dea Diana, poiché ricco di cervi, cerve e daini.


    Scogliere battute dal vento, terra che si mescola all'Oceano, isole che appaiono e scompaiono al ritmo delle maree e pianure tranquille, canali dalle acque ferme, foreste incantate. Questa è la meta ... alla ricerca di atmosfere forti che lasciarsi avvolgere nella natura, adattarsi al ritmo delle giornate dei pescatori, sfidare infreddoliti le piogge battenti in attesa del sereno. Storia e leggenda si mescolano al presente, Obelix e i suoi menhir stanno accanto a moderni fabbricati, ai capannoni degli allevamenti di ostriche, alle saline, alle piccole industrie moderne. Dove vive Asterix, il piccolo guerriero Gallo che si fa beffe dei Romani? Dove prepara le sue misteriose pozioni Panoramix, il druido del villaggio? E ancora, com'è il cielo che il capo tribù Abraracourcix teme gli cada sulla testa?
    Proprio sulle tracce di Obelix si trova la Bretagna dei megaliti. Attenzione però a non perdersi, perché in terra bretone si possono trovare circa 600 menhir e 1000 dolmen! E attenzione anche a non confondersi, perché Obelix in realtà non ha "inventato" i menhir, anzi in epoca di dominazione romana questi erano riutilizzati per costruire strade: tumuli, dolmen e menhir sono indicativamente databili tra il quarto e il secondo millennio a.C.
    Vannes, Courn de Gavrinus, Locmariaquer nel Morbihan, alla ricerca di un impressionante menhir alto addirittura una ventina di metri; infine Carnac... in tutta la Bretagna si trovano cartelli che indicano megaliti e a volte in mezzo ad un campo, sperduta e inquietante, conficcata al suolo appare all'improvviso una pietra alta qualche metro, ma Carnac vi porterà indietro nel tempo ad evocare la preistoria.....Lasciatevi andare con la fantasia, osservando gli allineamenti di Kermario (oltre 1000 menhir di dimensione crescente, disposti su dieci linee parallele per più di un chilometro di lunghezza e per circa cento metri di larghezza, con uno spettacolare dolmen nei pressi) e di Kerlescan (555 menhir su tredici linee convergenti). Non possiamo negare che al tramonto, con le ombre lunghe nel terreno e il cielo nuvoloso, ci siamo chiesti chi mai e per quale ragione avesse costruito tutto ciò: molti hanno dato fantasiose e improbabili risposte, quella che pare la più ragionevole è che si trattasse di luoghi di raccolta delle popolazioni che, in una società di agricoltori, celebravano equinozi e solstizi, e l'orientamento est/ovest degli allineamenti.
    (dal web)



    "I bretoni sono uomini duri come la falesie, che il mare artiglia possente dai tempi dei tempi. Come il granito dei calvari della loro terra.
    Sono caparbi e silenziosi, come la marea che monta e ricopre la roccia.
    E i vecchi hanno rughe salate, profonde come corteccia d'albero. E' gente antica, quella di Bretagna; gente di frontiera. Era lì il "finis terrae" del grande Impero di Roma; oggi è il Finistère."




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  4. tomiva57
     
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    NEW CALEDONIA









    Per arrivarci bisogna volare a lungo dall'altra parte del mondo. Ma se si ha tempo, ne vale la pena, soprattutto adesso che la stagione delle piogge è finita (da gennaio a marzo, ndr). Romantica, selvaggia, incontaminata, la Nuova Caledonia - Territorio d'Oltremare francese - è la meta ideale per un viaggio di coppia, tutto dedicato a scoprirsi o a ritrovarsi in una cornice magica fatta di mare turchese che si estende tutt'intorno a perdita d'occhio.

    Situato nel cuore del Sud-Ovest dell'Oceano Pacifico, circondato da una splendida barriera corallina, l'arcipelago vanta una delle più grandi lagune al mondo (24mila km quadrati), luogo privilegiato per fare tranquille nuotate in acque protette, ammirare i pesci facendo snorkeling, e praticare sport come il windsurf, la vela e il fly-surf. Regno incontrastato della natura, terra ospitale, ricca di tradizioni e leggende, la Nuova Caledonia è uno dei pochi luoghi al mondo ancora poco "antropizzati" che aspetta solo di essere scoperto.

    Un itinerario che punti a toccare tutte le sue isole parte dalla Grande Terre (l'isola principale), per passare alle isole Bélep e all'isola dei Pini, per finire alle isole Loyauté. Oltre alle paradisiache e silenziose spiagge di un bianco accecante, lambite da acque cristalline, si può dedicare qualche giornata alla scoperta dell'entroterra, delle magnifiche bellezze naturali delle isole fatte di paesaggi vari, montagne, cascate superbe, pianure dalla terra color ocra e laghi di un blu profondo.

    Ma valgono un'escursione anche i villaggi caratteristici, dove si può fare conoscenza con le popolazioni locali, come la tribù Werap per un primo contatto con la cultura melanesiana. Ma la Nuova Caledonia è anche nota per il suo celebre cuore di Voh, quell'immenso e spettacolare cuore scolpito dalla natura nella vegetazione fatta di mangrovie. La sua imamgine, che sembra un'opera d'arte, è uno dei "disegni" naturali più celebri al mondo. E chi giunge in Nuova Caledonia per più giorni non può perdersi questa vista.

    Nella capitale Noumea, dove si trova l'aeroporto internazionale, non mancano punti d'interesse, per chi vi fa una sosta o un'escursione. Vale una visita il Centro Culturale di Tjibaou, progettato da Renzo Piano, un moderno centro culturale dove si possono conoscere meglio le antiche popolazioni del luogo e delle loro tradizioni. Ma Nuova Caledonia è anche sinonimo di eleganti e raffinate spa, dove coccolarsi e prendersi cura di sé da soli o insieme al partner dopo una giornata di mare, prima di gustarsi una cena tipica a base di pesce in uno dei lussuosi resort delle isole.
    Antonella Laudonia




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    laguna





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    Voh (in kanak Vook) è un comune della Nuova Caledonia nella Provincia del Nord.

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    HeartinVoh2002_Arthus-BertrandYann


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    CHATEAU D' AZAY LE RIDEAU

    Loira, Francia




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    CAMARGUE, Francia




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    the-cite-de-l-ocean-et-du-surf-00


    The Cité de l’Océan et du Surf Museum



    Il prossimo Giugno sarà inaugurato a Biarritz il ‘Cité de l’Océan et du Surf Museum’, un museo focalizzato su temi legati all’Oceano e al Surf, ospitato da un’incredibile opera architettonica.

    La Città Di Biarritz ha voluto celebrare due elementi fondamentali della propria cultura con questo progetto in fase di sviluppo dal 2005. Frutto della collaborazione tra Steven Holl Architects e Solange Fabião, lo spazio occupa una superficie di 3800 mq e ospita il museo, un’area esposizioni e una “plaza”, il tutto caratterizzato da un design che, in parole povere, sembra un po’ un mega half-pipe, a due passi dall’Oceano.

    Il ‘Cité de l’Océan et du Surf Museum’ sta per essere ultimato e sarà inaugurato il prossimo Giugno 2011. Sotto vedete un render di come verrà e le prime foto degli spazi già costruiti. Bellissimo, l’unico problema sarà tenere lontani gli skaters.



    the-cite-de-l-ocean-et-du-surf-01



    maggio 29th, 2011Posted in: Aesthetics

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    ..per i suoi colori, assomiglia alla tavolozza di un pittore,
    dove unisce i colori caldi, a quelli freddi,
    per cercare di armonizzare il tutto con intensi profumi.


    L I O N E


    lione-panorama



    Lione (in francese Lyon) è una città della Francia, capoluogo della regione Rodano-Alpi.
    Lione è la terza città più grande dopo Parigi e Marsiglia, ma, considerando l'area metropolitana, è seconda dopo la capitale. La città sorge alla confluenza del Rodano e della Saona..... 500 ettari di Lione sono stati classificati dall'UNESCO nel 1998 patrimonio mondiale dell'umanità. Si tratta di una delle più grandi superfici al mondo ad avere questo privilegio (dopo Venezia).
    La città si divide principalmente in due parti, il centro storico e la parte nuova distribuita sulla penisola attraversata dal Rodano e dal Saona. I lionesi, a partire dal 1960, popolarono sempre di più la città che, per accogliere la sempre maggiore richiesta edilizia, dovette allargare i propri confini a nuovi quartieri popolari di periferia.


    ..la città dipinta..



    L’illusione ci inghiotte in un vortice, non distinguiamo il vero dal falso: le auto si fermano al semaforo rosso, il cliente di una banca preleva soldi al bancomat, una donna si affaccia alla finestra, mentre un gruppo di persone sale una lunga scalinata che si addentra tra alti edifici, forse duecento scalini che vanno in direzione della collina della Croix-Rousse. Questa successione di piani è davvero strana, inaspettata e insolita. Poi il semaforo diventa verde e le auto ripartono, i pedoni attraversano la strada, ma il vento che trascina in aria le ultime foglie di questo lungo autunno non muove le tende delle finestre spalancate sulla strada; e lo spazzino sembra congelato, immobile, con la scopa a mezz’aria, pietrificato, come quegli imbianchini che si trovano là, in alto, sull’impalcatura e che appoggiano il loro pennello sempre sullo stresso punto. Inganno dei sensi o allucinazione? Anche la prospettiva ha qualcosa di strano come se fosse stata tirata a forza da un disegnatore che non ne conosceva bene le regole, come ha fatto il cubismo di Picasso che ha ribaltato i punti di vista consueti. Il trompe l’oeil è un dipinto che innesca una specie di fantasia collettiva. È una grande messa in scena che gioca sui labili confini tra realtà e finzione e che diventa parte della vita di ogni giorno”. Joël, si avvicina al negozio di stoffe Rève de Soie, sogno di seta, mentre una nuvola carica di pioggia oscura il sole e un raggio di luce fende la coltre come un riflettore che illumina la scena in teatro. La vetrina riverbera, lascia intravedere i rotoli di seta colorata e i commessi all’interno, ma la maniglia della porta non gira e noi non riusciamo ad entrare. Il negozio è finto, dipinto, come tutte le scene rappresentate su questa immensa parete condominiale. Un grande abbaglio. La visione si materializza su 200 metri quadri di superficie sul retro di una serie di palazzi che si trovano in rue des Canuts, nel cuore di Lione. Joël è a capo del gruppo di artisti che ha realizzato questo grande murale: “Il trompe l’oeil è un’opera in funzione del luogo al quale è destinata. Si innesta sulla storia del quartiere. In questo caso alla Croix-Rousse nell’Ottocento si sviluppò la tessitura della seta. Così noi abbiamo raccolto le testimonianze e le storie degli anziani come quelle del signor Georges Mattelon, un ottuagenario che è una specie di cassaforte della trazione orale e che abbiamo riprodotto nel trompe l’oeil. Ma per dimostrare che la vita continua abbiamo ritratto anche la gente comune. Quella ragazzina laggiù l’abbiamo dipinta quando aveva 13 anni, ora ne ha 19”.
    A Lione si contano 150 muri dipinti, trompe l’oeil e murales: la vita della città è cristallizzata sulle pareti degli edifici, istantanee minimali scattate qua e là e appese a grandi pareti, come si fa in casa con le foto ricordo. Sono brandelli di vita ordinaria, tratti di situazioni diverse: la biblioteca, lo sport allo stadio, il teatro, la stazione dei tram; oppure episodi ripescati dal passato recente: in cours Gambetta i fratelli Lumière inventori del cinematografo hanno aperto il Ciné Lyon e sono all’opera con la macchina da presa. In rue de la Martinière si affacciano alle finestre di un palazzo a cinque piani i lionesi illustri, tra questi compaiono il pilota scrittore Antoine de Saint Exupéry e il fisico André Marie Ampère scopritore della legge sull’elettromagnetismo. E non c’è nessuno che si permette di oltraggiare questa memoria dipinta sporcando i murales con scritte e atti vandalici. Perfino i writers sembrano abbastanza educati da rispettarli, quasi a riconoscerne il valore artistico. Lione, 1.200.000 abitanti, terza città di Francia, si rappresenta in questo modo. Così si avvolge su se stessa, ricorda e manda messaggi alle nuove generazioni e a coloro che vengono da fuori, agli immigrati e ai nord africani che anche qui sono numerosi. I trompe l’oeil rinviano immagini come uno specchio, rimettono insieme i pezzi sparsi che potrebbero perdersi nelle maglie del tessuto urbano. Si, perché Lione è un assemblaggio di quartieri legati assieme dai ponti della storia che scavalcano i due fiumi, il Rodano e la Saône. Tra questi due corsi d’acqua, sulla Presque-Ile, è sorta la città ottocentesca, mentre sulla riva destra della Saône, resiste intatto l’incanto del Vieux Lyon, angolo rinascimentale che l’Unesco ha inserito nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità, una matassa di vicoli che si aggrovigliano attorno a rue Saint Jean e dove i portali si aprono su cortili interni loggiati, attraversati da scale simili a chiocciole che si avvitano su se stesse. Quasi una Firenze ripensata oltre le Alpi, ma ancora con il calore mediterraneo degli intonaci che sfumano dal rosso all’arancio e con la pietra calcarea bianca corrosa dalle intemperie che fa da cornice sulle finestre.
    (Aldo Pavan)

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    ....storia....


    Nel mondo Lione è stata premiata per la “continuità del suo sviluppo urbano”, un luogo dove si può ammirare il susseguirsi della storia in un eccezionale esempio di pianificazione territoriale. Fondata dai Romani nel 43 a.C. con il nome di Lugdunum, Lione è l'archetipo della città dall'inestimabile patrimonio: uno dei più importanti siti archeologici d'epoca romana dopo la stessa Roma. I teatri romani di Fourvière e i musei della civiltà gallico-romana ne sono testimoni e meritano indubbiamente una visita. Il quartiere delle Vieux Lyon (Vecchia Lione) vanta la più prestigiosa collezione di edifici rinascimentali dopo Venezia. Il vecchio borgo da parte sua merita una visita soprattutto la sera, dove si incontrano turisti e residenti nei meravigliosi ristoranti "bouchon" e nei bar pieni di vita.
    Lione fu la città più prospera della Gallia romana, durante il medioevo venne saccheggiata dagli Unni e dai Goti, nel 879 divenne capitale della Provenza e nel 1176 ospitò il movimento dei poveri di Lione. Fu annessa alla corona di Francia nel 1312. La prosperità continuò a crescere, raggiungendo il suo apice nel Rinascimento. Alla fine del XV secolo, Lione era un importante centro di scambi commerciali, apprezzata per le sue fiere e forte di un sistema bancario ben sviluppato e capace di attirare gli interessi commerciali di tutta Europa. Presto, la borghesia e l'élite intellettuale stimolarono la laboriosità dei suoi abitanti in senso anche artistico ed architettonico. Lo sviluppo continuò attraverso i secoli XVII e XVIII con l'affermarsi dell'industria della seta tanto che Lione finì per vestire i ricchi di tutto il mondo e per produrre le decorazioni interne delle loro dimore. L'ordinato sviluppo urbano della città, anche dopo l'era napoleonica, proseguì e vide prevalere lo stile Haussman. Haussman era un famoso barone che aveva rimodellato Parigi in senso moderno, tagliando nuove strade nella città vecchia, dando il via alla costruzione di quartieri periferici, creando un sistema di parchi pubblici e riorganizzando la rete dei servizi urbani. A lui si devono i celebri boulevards alberati che si dipanano dai monumenti e dagli edifici più importanti di Parigi, slanciandosi verso la città. A Haussman si ispirò il prefetto Vaisse per la modernizzazione di Lione. Godendo di un innegabile potere Lione arriva alle porte del XX secolo con un continuato sviluppo urbano. La città fu caratterizzata dalle rivolte dei lavoratori della seta.
    La rivolta dei Canut ("operai tessitori di seta"), avvenuta il 21 novembre 1831, segnò un epoca. Destò molta eco in tutto il mondo dell'epoca, essendo una delle prime rivolte sociali seguite alla rivoluzione industriale di quel periodo. Gli operai riuscirono in due giorni, trascinando nella rivolta con sé una parte della Guardia nazionale, a prendere possesso della città, abbandonata dal generale Roguet, comandante della divisione, e dal sindaco Prunelle. Il presidente del consiglio dell'epoca, Casimir Pierre Perier, decise per una reazione energica. L'ex maresciallo di Francia sotto Napoleone I, il maresciallo Soult, accompagnato dal duca d'Orleans partì per Lione alla testa di un'armata di 20.000 uomini, che penetrò in città senza colpo ferire il 3 dicembre e riuscì a ristabilire l'ordine.
    (informagiovani-italia)



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  9. tomiva57
     
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    Provenza



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    rovine castello di Vaison la Romaine


    La Provenza (Provence in francese, Prouvènço/ Provença in lingua provenzale) è un'antica provincia del sud-est della Francia, che si estendeva dalla riva est del Rodano fino a Le Trayas, cittadina situata a 20 km a sud di Cannes. Spesso il termine viene usato, erroneamente, come sinonimo per l'intera Occitania.

    Nel Medioevo l'importanza culturale di questa provincia era tale che molti autori, come Dante Alighieri, la citarono spesso nelle proprie opere: nella Divina Commedia, ad esempio, è menzionata svariate volte.

    È, insieme alla Linguadoca, l'unica Regione francese che accolse importanti colonie greche e, in assoluto, quella che subì più intensamente il processo di romanizzazione, iniziato fin dalla seconda metà del II secolo a.C. e protrattosi per ben seicento anni. In Provenza si sviluppò, in età medievale, una civiltà raffinata, che si irradiò in gran parte d'Europa e che conobbe il suo punto algido a cavallo fra il XII e il XIII secolo.


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    Coltivazioni di lavanda in Vaucluse

    La Provenza è nota per la lavanda, pianta aromatica che è tradizionalmente coltivata in gran parte del territorio.

    La Regione costituisce infine una delle grandi mete del turismo internazionale, grazie alla mitezza del suo clima, alla bellezza del suo litorale, al fascino delle sue città d'arte e all'alto livello della sua cucina.


    Storia


    Preistoria

    La regione provenzale fu abitata sin dal paleolitico inferiore. La grotta di Vallonnet, a Roquebrune (Alpi Marittime) fu occupata già 950.000 anni fa. La grotta dell'Escale, a Saint-Estève-Janson, mostra tracce di bracieri dell'inizio della glaciazione del Mindel (verso 600.000 anni fa). I focolari della Terra Armata, a Nizza, datano a 400.000 anni fa.

    Al tempo dell'acheuleano e del paleolitico medio (musteriano), l'uomo occupò il bacino e i versanti delle colline, rifugiandosi in grotte (Lazare a Nizza) e in abitati all'aperto (Ste-Anne d'Evenos). La grotta del Cosquer, a Cassis, è ornata di dipinti parietali che risalgono a 20.000 anni fa.

    La Provenza presenta una certa originalità nel corso del paleolitico superiore: il solutreano è sconosciuto ad est del Rodano e il maddaleniano non attraversa la Durance. I giacimenti che apportano le prove più antiche dell'addomesticamento ovino si situano in Provenza a Châteauneuf-les-Martigues. Le sepolture megalitiche (catacombe d'Arles) e le prime abitazioni sopraelevate munite di una cinta fortificata (a Miouvin e a Istres) apparvero nel neolitico finale e all'inizio dell'età dei metalli. Campi trincerati apparvero durante l'età del bronzo (camp de Laure) e numerosi oppida nell'età del ferro. I liguri autoctoni entrarono in relazione con commercianti etruschi e coloni greci della Focea.

    In antichità fu colonizzata dai greci nel VI secolo a.C., il territorio dell'attuale regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra entrò a far parte della provincia romana transalpina denominata Gallia narbonese o Provincia Romana da cui deriva il suo nome attuale, dal latino Provincia.


    Marsiglia e i celto-liguri

    A partire dal IV secolo a.C. popolazioni celtiche giunsero in Provenza. Lasciarono occasionalmente sussistere le tribù degli antichi occupanti (circa una dozzina). Quelle delle valli alpine e della parte orientale della costa, Oxibeni e Deceati, furono interessati in modo superficiale. Nella bassa Provenza, d'altra parte, i celti si mischiarono con gli antichi abitanti e finirono per formare una popolazione celto-ligure. Essi raggrupparono le tribù in una confederazione, quella dei Salieni, la cui capitale era senza dubbio Entremont.

    Poco dopo la sua fondazione, Marsiglia dovette difendersi contro gli attacchi delle popolazioni liguri. La città non aveva un territorio molto esteso; la sua azione nel sud della Gallia non deve nemmeno essere sottostimato. Nella Valle del Rodano e della Saone, essa faceva defluire le materie prime venute da nord ed esportava i prodotti greci. Sotto l'influenza greca gli indigeni si misero a coltivare la terra, a costruire bastioni, a coltivare le vigne e a piantare olivi. LE ceramiche modellate lasciarono il posto a ceramiche cotte nel forno, fabbricate in Grecia, a Marsiglia o nei centri indigeni. Gli abitanti si organizzavano in piani regolari e si circondavano di fortificazioni di grandi dimensioni su esempio greco (Saint-Blaise). Nel I secolo a.C. Glanum (Saint-Rémy-de-Provence) possedeva un vero centro monumentale come una città greca, con un'agorà circondata da portici.

    La scultura è il dominio dove si manifesta la migliore sintesi tra le tradizioni indigene e le forme dell'arte ellenica (le colonne d'Entremont, le sculture di Roquepertuse, i capitelli lavorati di Glanum). È a Marsiglia che i siti gallici della Provenza entrarono nell'economia monetaria e che si elaborò la scrittura gallo-greca, adattamento dell'alfabeto greco a scrittura dei galli.


    L'arrivo dei Romani in Gallia Transalpina

    Furono i marsigliesi che chiamarono i romani in Provenza e più tardi in Gallia. Con l'aiuto dei romani i marsigliesi ruppero la coalizione etrusco-cartaginese e, dopo la presa di Roma da parte dei Galli nel 387, li aiutarono a pagare il tributo preteso dai vincitori. Un trattato assicurava una perfetta uguaglianza tra le due città e il mutuo obbligo d'assistenza in caso di guerra. Al tempo della seconda guerra punica, Marsiglia rese a Roma importanti servizi: partecipò alla vittoria navale dell'Ebro nel 217 e contro Annibale essa fornì ai romani lo scalo nel proprio porto.



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    Nîmes e le sue arene romane.

    Marsiglia si appellò a Roma quando, nel secondo secolo, gli Oxibiani e i Deceati minacciavano le sue colonie di Nizza e di Antibes. I romani intervennero due volte, nell'181 e nel 154, senza richiedere nulla in cambio.

    Nel 125 una coalizione di Liguri, Salieni, Voconzi e Allobrogi minacciarono Marsiglia. I marsigliesi fecero ancora appello ai romani. Quest'ultimi arrivarono, ma decisero questa volta di agire per loro conto. I romani in effetti riuscirono a portare la pace in Spagna e vollero assicurare un collegamento via terra tra le Alpi e i Pirenei. La guerra durò dal 125 al 121. I romani batterono i liguri, i Salieni, i Voconti, gli Allobrogi e gli Arverni. Nel 122, Sesto Calvino fondò ai piedi di Entremont, Aquae Sextiae Salluviorum e vi stabilì una guarnigione.




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    Il giardino delle Vestigia a Marsiglia.

    Poco dopo il console Gneo Domizio Enobarbo cominciò, nel territorio oltre il Rodano, la costruzione della via Domizia in direzione dei Pirenei. Una frazione dell'aristocrazia romana ottenne l'invio di un gruppo di cittadini per fondarvi la colonia Narbo Martius nel 118.

    La nuova colonia di Narbonne aveva un ruolo strategico fondamentale. La Provincia della Gallia Transalpina, di cui essa era la piazzaforte più importante, era sottomessa all'autorità di un capo militare. Era anche una barriera contro i barbari, particolarmente i Cimbri e i Teutoni. Nel 102 Gaio Mario batté i Teutoni e salvò così Roma e Marsiglia


    La Gallia del Sud da Mario ad Augusto

    Il controllo romano non fu totalmente accettato durante la prima metà del primo secolo a.C. Veniva esercitato attraverso quadri politici preesistenti. Le comunità della Gallia del Sud avevano uno status differente secondo le loro particolarità e attitudini verso Roma. Marsiglia aveva pure uno status privilegiato; le tribù indigene controllavano le loro istituzioni e magistrature. Roma favoriva l'accesso al potere ai capi indigeni.

    Il controllo romano in Gallia meridionale si esercitava a favore di Roma, che esigeva le imposte, reclutava gli ausiliari per le proprie legioni e imponeva le corvées. Favoriva anche il profitto di "negoziatori" romani e dell'aristocrazia locale alleata.

    Al principio degli anni 40 a.C. la sola comunità romana era la colonia di Narbona. Fino all'inizio del regno di Augusto le province vivevano al ritmo delle lotte intestine di Roma. Le guerre tra Giulio Cesare e Pompeo ebbero come conseguenze la perdita di importanza di Marsiglia e la fondazione di nuove colonie militari. Marsiglia si era in effetti pronunciata a favore di Pompeo. Cesare la assediò nel 49 a.C. e la città dovette capitolare. Conservò il suo governo e la sua situazione di città federata, ma perse i suoi vascelli, i suoi bastioni e i suoi territori, ad eccezione di Nizza e delle isole d'Hyères.

    Per ricompensa ai propri soldati Cesare fondò delle colonie. Le colonie di Narbona e d'Arles furono così create con dei soldati della 10ª e 6ª legione. Nel 31 a.C. all'indomani della battaglia di Azio, Augusto installò a Frejus una parte della propria flotta. Ivi vi stabilì poco dopo i veterani della 8ª legione.

    Durante il primo secolo a.C. i capi politici delle città ricevettero il diritto di cittadinanza romana e furono così integrati nel sistema romano delle clientele. Alla fine del secolo i loro discendenti facevano carriera a Roma. Molti furono iscritti tra i cavalieri, e anche senatori. Nel primo secolo d.C. questa romanizzazione riguardava le élite politiche e culturali, con anche l'adozione del modo di vita urbano.

    I magistrati municipali ricevettero, per sé e per i propri parenti, il diritto di cittadinanza romana. Trentasette colonie latine furono fondate sotto Augusto e i primi imperatori. Tre ricevettero successivamente il diritto di cittadinanza (Valence, Vienne e Aix-en-Provence).

    Gli agglomerati si dotarono di monumenti romani: cinte fortificate, archi di trionfo, fori, templi, teatri, anfiteatri e circhi (Arles, Cimiez, Orange, Vaison-la-Romaine) e acquedotti.



    Dalla Rivoluzione francese ad oggi


    Durante la Rivoluzione francese, la Provenza fu suddivisa in dipartimenti: Bouches-du-Rhone, Var e Basse-Alpi (futuro Alpes de Hautes-Provence). Il 14 settembre 1791, Avignone e il Contado Venassino furono annessi alla Francia. Il territorio fu diviso tra Drôme e Bouches-du-Rhone e il 12 agosto 1793 fu creato il dipartimento della Vaucluse.Sempre nel 1793, la Provenza annetté la contea di Nizza e diede luogo al dipartimento della Alpi Marittime, ma questa tornò sotto il controllo di Piemonte e Sardegna a seguito della Restaurazione. Nel 1860, a seguito di un plebiscito, la Contea di Nizza tornò nuovamente alla Provenza, e dunque alla Francia. Alcune aree alpine della regione, tuttavia, rimasero italiane fino al 1947, quando un referendum indetto per la loro annessione alla Francia, con risultato positivo portò a termine quasi sette secoli di divisione della Provenza.



    Cucina


    La cucina provenzale si distingue per l'uso di olio d'oliva, aglio ed erbe aromatiche. Nelle zone costiere è molto usato il pesce. È influenzata dalla cucina mediterranea, specialmente da quella italiana. Le conquiste arabe hanno anche modificato la cucina provenzale così come l'arrivo dei pomodori e delle melanzane dopo la scoperta dell'America. Tra i piatti principali si ricordano:

    L'aïoli aioli380_rossom

    La tapenade tapenade

    L'anchoïade anchoiade

    La ratatouille 220px-Ratatouille



    La bouillabaisse 1234867613_bouillabaisse


    La bourride jpg


    La daube provenzale brasatocar1

    La socca socca1


    La brandade de morue brandade_de_morue


    La soupe au pistou prov23





    Da Wikipedia




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    Briançon





    golediverdunprovenza
    gole di Verdon

    Profonde gole scavate dall’acqua e solcate da limpidi torrenti. Falesie calcaree e ripide pareti di roccia che salgono alte fino ad abbracciare il bosco. Sentieri scavati sopra strapiombi altissimi e cime da cui ammirare panorami mozzafiato.

    A voler essere sintetici potremmo descrivere così questa zona della Provenza (Francia del sud, tra i dipartimenti Var e Alpes Haute Provence): le Gorge du Verdon, le gole del fiume Verdon.

    Un luogo dove dedicarsi al trekking, alla canoa, al rafting, alla pesca, al parapendio, al volo libero, alla mountain bike e all’equitazione, che dal 1987 è stato classificato come Parco naturale regionale, per tutelare città, paesaggi e ambienti naturali che vi consiglio di inserire nel vostro prossimo itinerario di viaggio.


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    Foto | Flickr



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    Pont du Gard: Aquedotto in Provenza


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    lago di St. Croix



     
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  10. gheagabry
     
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    ....un libro di fiabe nordiche a cielo aperto......


    C O L M A R



    La capitale dell'Alto Reno conta circa 85.000 abitanti ed è situata in felice posizione tra il Reno e i monti Vosgi. Con i suoi edifici medievali e rinascimentali, affacciati sulle strade acciottolate, rappresenta la tipica città alsaziana. La città in realtà ha due anime, una francese e una tedesca. La storia ha deciso che Colmar dovesse essere francese ma l'anima tedesca non è meno presente, a partire dalla lingua alle scritte dei locali in carattere gotico, dai cognomi delle famiglie ai nomi dei vini, allo stile architettonico della maggior parte delle case e dei palazzi. Nonostante questo, le popolazioni germaniche di queste terre si sono sempre più sentite parte della nazione francese.
    Colmar resta il luogo meglio conservato di tutta l'Alsazia. In uso sin dall'antichità per esempio il canale oggi conosciuto come Petit Venise (Piccola Venezia) rimane uno dei luoghi più caratteristici della città, tipico quartiere con vecchie case alsaziane, il porto turistico e la città vecchia pedonale


    ....la storia.....


    Le prime notizie storiche della cittadina di Colmar risalgono al periodo storico del Sacro Romano Impero. Nel IX secolo Colmar si chiamava Columbaria, per via dei suoi allevamenti di piccioni. Nel 1226 la cittadina ottenne lo status di libera città imperiale da parte di Federico II Hohenstaufen mentre verso la fine del XIII secolo il Re Rodolfo di Asburgo la investì dei diritti civili cittadini che vennero poi raccolti nella Carta dei Diritti Civili...Nel 1354 venne fondata, con Colmar a capo, la federazione delle 10 città dell'Asalzia mentre negli anni successivi sotto la guida di potenti corporazioni la cittadina si sviluppò notevolmente soprattutto da un punto di vista amministrativo-costituzionale e con la coniazione di una propria moneta.
    Verso la fine del XIV secolo Colmar divenne famosa per essere stata scelta da Robert de Capoue, Gran Maestro dei Dominicani, come base per la riforma Dominicana A partire dal XIII secolo la città vide affermarsi una ricca borghesia a scapito del potere ecclesiastico. In questo periodo la città prosperò grazie soprattutto al commercio del vino. Allo stesso tempo fiorirono le arti. Nel 1675 Colmar entrò a far parte del regno di Francia con il conseguente riaffermarsi del cattolicesimo nella zona. Quindi nel 1871, con la sconfitta di Napoleone III, l'Alsazia tornò alla Germania fino alla fine della Prima Guerra Mondiale. Rioccupata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, tornò definitivamente alla Francia nel 1944.

    A partire dal XIII secolo Colmar si arricchì molto grazie al commercio del vino. Tutt'oggi la città è un importante e famoso centro vinicolo, che ogni anno, in agosto ospita, la grande Foire des Vins, un vero festival dei vini alsaziani.
    La storia del vino alsaziano è molto particolare. Il vino, sopratutto il bianco di queste zone, era apprezzato sin dall'anno 1000 d.C. Purtroppo le tante guerre che segnarono il secolare scontro tra francesi e tedeschi arrecarono distruzioni e devastazioni a queste terre e ai vitigni. Pensate che addirittura dopo la Guerra dei Trentanni fu necessario un completo reimpianto dei vigneti. Luigi XIV rilanciò e valorizzò questo patrimonio ma, con l'annessione alla Germania nel 1871, l'amministrazione tedesca decise di favorire la regione della Mosella, a scapito dell'Alsazia, spingendo in queste terre per la coltivazione di uve e vini a buon mercato. Fu anche per questo fatto che i viticoltori furono ben felici di tornare alla Francia nel 1918. Da quel momento infatti la regione tornò ai vertici mondiali per produzione e qualità dei vini. Tra gli altri si ricordiamo i Pinot bianchi, i Tokay Pinot Grigi, il Muscat e i Pinot Neri.
    (informagiovani.italia)


    ....la statua della libertà.....



    Alta 93 metri da terra, 46 dal piedistallo, 125 anni ben portati. Bella, imponente, irraggiungibile, maestosa e assolutamente rispettata. E’ la dama più famosa in tutto il mondo. La sola signora che faccia girare la testa a uomini, donne e bambini che la osservino dal basso verso l’alto.
    E’ lady Liberty. La statua della “Libertà che illumina il mondo”, questo il suo nome originario, simbolo di tutto ciò che l’America ha di più caro.
    Nasce grazie all’ingegno di Frédéric Auguste Bartholdi (1834 – 1904), cittadino francese i cui natali appartengono a Colmar, capitale del dipartimento dell’Haut Rhin e labirintica città dalle mille stradine medievali. All’ingresso di Colmar, è la stessa Statua della Libertà, una delle numerose versioni distribuite sul pianeta, ad accogliere ogni visitatore. Eretta su una piccola rotatoria stradale, nei pressi del campo di aviazione di Colmar-Houssen, rivolge il benvenuto a chiunque, indistintamente. Dodici metri di resina stratificata sorretta da una struttura metallica interna rivestita da una patina verde rame, leva la sua torcia al cielo da un’altezza decisamente inferiore rispetto all’originale che la supera di ben quattro volte (otto se si considera anche il piedistallo).
    La statua di Bartholdi è il dono della Francia agli Usa per il festeggiamento del centenario dell’indipendenza dall’Impero britannico nel 1776, ma i lavori di completamento dell’opera risalgono al 1884 e l’inaugurazione al 1886. In America, è posta sulla rocciosa isola chiamata Liberty Island, all’ingresso nella baia di Hudson. La fiaccola sorretta fieramente da Lady Liberty è significativa del fuoco eterno della libertà, il libro che tiene stretto nell’altra mano, recante la data del 4 luglio 1776, rappresenta, invece il giorno dell’indipendenza americana. Le catene spezzate ai piedi della scultura sono il modo per esprimere la liberazione dai legami dispotici.
    Rifacimenti della statua, patrimonio Unesco, sono praticamente ovunque. In Giappone, in Austria, in Cina, in Vietnam e in molti altri Paesi. A Parigi, lungo le rive della Senna, nei pressi del vecchio laboratorio di Bartholdi, si erge una copia della statua di quasi 12 metri. Si rivolge verso l’Oceano Atlantico, diretta alla “sorella maggiore”.
    Ma Colmar non è solo questo. La città vecchia è un dedalo di vie fiancheggiate dalle case alsaziane la cui tipicità è data dai tetti a graticcio. E alcune di queste sono davvero spettacolari. La Maison des Têtes, la Casa delle Teste, è un edificio sulla cui facciata trovano spazio 106 teste di animali e volti umani impegnati in varie smorfie.
    Poco più avanti, i romantici nostalgici possono passeggiare lungo il fiume Lauch, il quartiere dei pescatori, dove sorge la Petite Venise, la Piccola Venezia. Il fiume, infatti si incanala in questa zona nutrendo l’ambizione di ricordare la bella città lagunare. Un modo per anticipare, sebbene in piccolo, la spettacolarità della località veneta.
    (Monica Genovese, ilreporter)
     
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  11. tomiva57
     
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    Antille francesi


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    Con il termine Antille francesi (in francese Antilles françaises) si intende alcune isole dei Caraibi, appartenente al gruppo delle Antille. Sono costituite da quattro isole principali: Saint-Martin (isola), Martinica e Saint-Barthélemy (Francia) e Guadalupa con il suo arcipelago.


    da wikipedia.it



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    Delle vacanze in capo al mondo, su un'isola al sole, allungati sulla sabbia bianca o corallo, nell'acqua trasparente, tra natura generosa e un mosaico di blu infinito, a perdita d'occhio... siete a Marie Galante nelle Antille francesi, l'isola autentica della Guadeloupe, piena di charme e dolce da vivere, e invero realmente viva! un'oasi di pace e di armonia popolata da anime calorose e curiose di scambi, accoglienti e semplici.



    Dalle spiagge di Capesterre a Sud Est, fino al Vieux Fort a nord ovest, le coste di Marie Galante offrono agli amanti dei bagni ben dodici spiagge quasi deserte per tutto l'anno, con una temperatura in acqua che varia da 26 a 29 gradi. Spiagge che vi regalano ombre di palme, e invitano alla lettura, agli sport nautici, agli abbondanti pasti in famiglia, alla caccia a belle foto, alla pesca o, semplicemente, al sogno. Di fronte all'immensa spiaggia di Vieux Fort, la riviera dallo stesso nome si apre ai visitatori in pedalo' o in canoa per scoprire la mangrovia e il suo ecosistema. Questa riviera si stende fino al luogo detto "Les sources", all'interno delle terre di saint-Louis. La bella spiaggia di Saint Louis si stende dolcemente fino alla punta di "Folle Anse", dove numerose mangrovie bagnano le loro radici. La spiaggia di Folle Anse offre una vista unica sulla Guadaloupe in giornata come al calare del sole sull'isola delle "Saintes". Da Grand Bourg fino a Pointe des Basses, si stendono le spiagge del terzo ponte e dei "Bébés" (bambini). Famose per le loro acque calme e poco profonde, sono molto frequentate dai bambini. Piedi nell'acqua, il piccolo comune di Capesterre costeggia la lunga e magnifica spiaggia della Feuillière, famosa per il suo vestito turchese quanto per il suo vento che attira gli amatori di kitesurf e vela! Questo comune accoglie senza ombra di dubbio il maggior numero di visitatori ogni anno. Una meta da non mancare, Marie Galante, per una dolce vacanza da sogno.

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    GUADALUPA



    La Guadalupa è una delle isole delle Antille, colonie francesi che si affacciano sul mare caraibico. Il dipartimento francese è formato da Guadalupa, l’isola di Marie-Galante, le Iles de Saintes, la Désirade. Guadalupa è l’isola più grande delle Piccole Antille che è formata dall’isola occidentale Basse-Terre e l’isola orientale Grande-Terre. A Guadalupa troverete un clima temperato con una media di 25 gradi, che fa crescere una vegetazione rigogliosa e piante sempreverdi, cactus, orchidee, bouganville, ecc. ecc. A Guadalupa potrete ammirare una quantità pazzesca di pesci e crostacei nonchè coralli. Ricchissima è la fauna marina, con pesci e crostacei dai colori straordinari, oltre ovviamente ai coralli. La fauna terrestre è rappresentata da moltissimi tipi di lucertole, da procioni, manguste, aguti e diverse specie di uccelli.


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  12. gheagabry
     
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    La BORGOGNA


    La Borgogna, regione della Francia.....Castelli solitari, muretti di pietra, monasteri e chiese romaniche, fattorie dai tetti scuri punteggiano la campagna che finisce alle porte dei centri più importanti dove la storia è passata e l'arte ha lasciato i suoi segni. Da secoli l'economia della Borgogna si regge sull'opera del contadino, orgoglioso di curare i vigneti più nobili del mondo. Poche case, una piazza, un campanile e sentieri che portano nel verde verso idilli di pace e natura. Accanto alla Borgogna dei capolavori romanici e gotici di Digione, Beaune e Auxerre, alla Borgogna insolita dei canali, a quella ghiotta della buona tavola, si affiancano i volti sereni dei suoi abitanti, sempre pronti a dare il benvenuto nella loro terra con il calice alzato e un cordialissimo "bonjour". La Borgogna quotidiana, la Borgogna dei piccoli centri, è meno appariscente della Borgogna storica e letteraria ma è quella che più d'ogni altra rimane nel cuore....

    Caratteristiche della Borgogna sono le dolci ondulazioni e il verde senza fine. Infatti questa regione francese mantiene una densità abitativa bassa, con pochi centri abitati, e ha conservato il suo notevole patrimonio naturale. La regione è quasi interamente occupata dal Plateu de Langres, modeste alture collinari che difficilmente arrivano a quote di montagna (639 m s.l.m.), scavato da numerosi fiumi e torrenti, tutti immissari della Saon, su cui si trovano le uniche, piccole zone pianeggianti. Dalla Saon parte anche il Canale di Borgogna, che la unisce allo Yonne e quindi alla Senna.

    ...la storia....

    Il Regno burgundo, assai più esteso della regione attuale, venne conquistato nel 534 dai franchi e la Burgundia divenne un regno separato retto da un esponente della dinastia merovingia in costante competizione con gli altri regni che componevano il sistema di governo dei franchi.
    Anche dopo la conquista del potere da parte dei Carolingi e la fondazione dell’Impero, la Borgogna continuò a sussistere come regno separato finché il Trattato di Verdun dell’843 la divise in due tronconi: la parte sudorientale fu inserita nel regno di Lotario I, mentre quella occidentale, con la città di Autun, rimase un ducato del Regno dei Franchi.
    Dal disfacimento del Regno di Lotario derivò alla fine del IX secolo un Regno di Borgogna che si estendeva a sud fino a includere anche la Provenza e che venne chiamato anche Regno di Arles, dal nome della sua capitale. Dal 1032 titolare ne divenne l’Imperatore tedesco, ma le sue diverse parti, in particolare Provenza e Franca Contea, acquisirono un’indipendenza di fatto. Il Ducato di Borgogna invece rimase incluso nelle terre di Francia e si sviluppò intorno alle contee di Auxerre, Nevers, Autun divenendo nel corso dell’XI e XII secolo area di azione degli ordini monastici (benedettini a Cluny e cistercensi a Cîteaux) artefici di una nuova fioritura della Cristianità occidentale, mentre il vino faceva la ricchezza della sua agricoltura, assicurando una ricca e ininterrotta esportazione a partire dal XIII secolo. Il Ducato di Borgogna restò per secoli nelle mani delle dinastie che si succedettero sul Trono di Francia (i Capetingi diretti e quindi i Valois) che regolarmente lo cedettero ai loro rami cadetti mantenendo la autonomia e solo nominalmente feudo del Regno. Nel 1363 il Re francese Giovanni III “il Buono” di Valois investì del Ducato di Borgogna il suo quarto figlio, Filippo detto “l’Ardito”. Lui e i suoi discendenti diedero vita all’ultimo e più glorioso periodo della storia medievale della Borgogna che per oltre cento anni fu temuta e rispettata in tutta Europa mentre i suoi Duchi ottenevano sfavillanti vittorie militari che resero la nobiltà borgognona il fior fiore della cavalleria europea. La casa di Borgogna infatti grazie ad un’accorta politica matrimoniale, alla capacità di muoversi tra le terre della Francia e quelle dell’Impero e alle vicende della Guerra dei Cento Anni, estese enormemente il suo potere finché nel Quattrocento lo Stato borgognone poté rivaleggiare con la monarchia francese mentre la sua corte, che con sede a Digione accoglieva molti importanti artisti fiamminghi, costituì il centro di uno straordinario momento artistico e culturale ispirato alla tradizione cavalleresca.
    Filippo “l’Ardito” condusse una scaltra campagna di espansione tramite matrimoni e acquisti giungendo a controllare anche la Contea imperiale di Borgogna, le Fiandre, parte dei Paesi Bassi e il Lussemburgo costituendo un grande dominio che partiva dalla Manica per raggiungere le sponde del Mediterraneo composto da terre tanto diverse e distanti tra loro, dalle ricche città comunali delle Fiandre fino ai feudi borgognoni. Il figlio di Filippo, Giovanni denominato “il Senza Paura” fu splendido Signore e condusse i suoi cavalieri in Ungheria contro il turco, finendo però sconfitto e prigioniero dopo la battaglia di Nicopoli (1396). Tornato in patria dominò la scena politica e militare della Francia per anni tenendo la reggenza durante la follia di Carlo VI e scontrandosi con le fazioni degli Orléans e degli Armagnacchi prima di finire assassinato in un agguato. Suo figlio Filippo detto “il Buono” continuò ad espandere i suoi domini con la diplomazia ed il denaro piuttosto che con la guerra. Mentre la Francia era logorata dalla Guerra dei Cento Anni egli, alleandosi con l’invasore inglese (è noto che furono proprio i borgognoni ad arrestare santa Giovanna d’Arco e a consegnarla poi agli inglesi), seppe annettersi tutti gli Stati dei Paesi Bassi completando il sistema di potere sulle sponde della Manica ed ottenendo l’appoggio della ricca borghesia fiamminga.
    Venne considerato un governante eccentrico ma incarnò le virtù della cavalleria, creò nel 1430 l’Ordine del Toson d’Oro e progettò una crociata, mai realizzata, contro l’Impero Ottomano. Tenne magnifiche feste mentre i cavalieri del suo Ordine viaggiavano attraverso i suoi territori per partecipare ai tornei. Suo figlio, Carlo il Temerario, fu l’ultimo e più grande Duca di Borgogna. Fu uomo di eccezionale coraggio, istruito, intelligente, attivo ed appassionato di musica e di tornei, dotato di un vero genio politico ma anche testardo ed impulsivo, più incline all’uso della forza che della diplomazia. Divenuto Duca nel 1467 costituì un esercito mercenario con l’ambizione di conquistare la riva sinistra del Reno, in modo da congiungere la Borgogna con le Fiandre e realizzare finalmente l’unità territoriale dello Stato sotto il suo scettro. Tutto il suo Regno fu contraddistinto dall’antagonismo con il sovrano di Francia che formalmente restava il suo Sovrano feudale e da cui Carlo intendeva svincolarsi. Nel 1469 ottenne dagli Asburgo i feudi imperiali dell’Alsazia e dell’Alto Reno e, grazie al loro possesso, cercò di ottenere lo statuto di Regno indipendente direttamente dall’Imperatore progettando il matrimonio di sua figlia Maria di Borgogna con Massimiliano d’Asburgo e l’alleanza con l’Impero di chiave antifrancese.
    Per alcuni anni Carlo fu il più potente, temuto ed ammirato nei Sovrani occidentali. Tuttavia il Medioevo era nel suo autunno e il tempo del feudalesimo e della cavalleria andava tramontando. Da un lato il Regno di Francia diveniva sempre più solido, moderno e centralizzato, dall’altro, nelle terre tedesche, il potere degli Asburgo cresceva fino ad occupare in maniera stabile il trono Imperiale. Inoltre la politica aggressiva di Carlo fece si che contro di lui si riunisse una lega comprendente i Cantoni svizzeri e le città dell’Alsazia. Questa alleanza, sostenuta dal Re di Francia, segnò la fine della politica espansionistica del Duca costringendolo sulla difensiva finché nel 1477 Carlo trovò la morte per mano dei picchieri svizzeri nella Battaglia di Nancy.
    Alla sua morte, la sua unica figlia Maria, trovatasi sola a fronteggiare l’aggressività del Re di Francia, sposò Massimiliano d’Austria saldando così definitivamente la sua causa con quella degli Asburgo. Due anni dopo (1479), la vittoria degli Austro-Borgognoni sui francesi a Guinegatte salvò le Fiandre dall’invasione e riequilibrò la situazione. Maria morì nel 1482 a Bruges per una caduta da cavallo, a soli 24 anni; il trattato di Arras dello stesso anno sancì poco dopo la divisione dei domini borgognoni tra Luigi XI che ottenne la Borgogna e Massimiliano che ebbe le Fiandre, i Paesi Bassi e la Franca Contea.
    Con la morte di Maria si estingueva la Dinastia ducale e terminava il periodo d’oro della Borgogna che nei secoli successivi divenne oggetto di rivendicazioni dinastiche e scontri armati tra Francia, Spagna e Impero perdendo il suo ruolo centrale nello scenario politico europeo. Tuttavia dal matrimonio tra Maria e Massimiliano nacquero eredi destinati a svolgere un ruolo chiave nella storia d’Europa e del mondo: primo fra tutti Filippo il Bello che, sposata Giovanna la Pazza (figlia di Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia) fu a sua volta padre del futuro Imperatore Carlo V, il quale, nonostante fosse un Asburgo, non perse mai i tratti tipici dell’educazione e della cultura di Borgogna (era nato a Gand), quel senso dell’onore e della cavalleria che fecero di lui il più grande Imperatore dopo Carlo Magno perpetuando in qualche maniera il fasto e l’eleganza dei Duchi suoi antenati.
    (dal Web)


    Esistono ancora le fiabe? C’è chi le racconta? O si sono fuse con satire e burle diventando melodie di pochi cantastorie rimasti, canzoni di lotta e di protesta. Di fatto è che ci sono luoghi magici dove la natura può far stregonerie graffiando la fantasia del viaggiatore. La Borgogna, in Francia, con le sue quinte scenografiche, è una terra che ispira e suggerisce l’ascolto, con benignità e pazienza, di storie e leggende. Niente di più facile dove regnano castelli medievali dai “cappelli di fata”, tetti tipici della Borgogna. Proprio qui, nelle foreste che circondano i vigneti e i prati da ingrasso, dove a centinaia pascolano liberi ovini e bovini, con un po’ di fortuna puoi percepire il ruzzare degli elfi che scivolano attraverso i canali o guizzano tra le travi e nei minimi angoli delle grandi soffitti delle case. “La Borgogna serba il tempo di vivere. Sono necessarie quattro chiavi per avere accesso al suo cuore. La chiave della cantina, quella della soffitta, quella della cucina e quella del giardino”. Divisa in quattro dipartimenti, Cote d’Or, Nièvre, Saone e Loire, Yonne, intorno al parco naturale di Morvan, novantamila ettari di bosco, la Borgogna trasmette cultura e storia con calma, come la placidità ruminante delle mucche al pascolo. Qui, il tempo si è contratto sino a non esistere. Sa cosa significa il fascino del tempo il vecchio contadino borgognone, rubizzo, con la gauloise in bilico tra le labbra. E’ felice della sua solitudine, della sua lentezza. Fiero della sua casa, racconta di cattedrali come “memorie di pietra” e di antichi ospizi popolati da fantasmi.
    La Borgogna è questo. Mai, però, andare di fretta altrimenti non ti offre niente. E’ col bicchiere in mano che s’impara a distinguere un Latricières-Chambertin da un Mazoyerères-Chambertin. E’ visitando la cucina della signora borgognona che potrai assaggiare la gaugère, torta di cavoli e formaggio, e uova maurette, fatte con la salsa di vino rosso. Tra un pollo di Bresse, un pesce della Saone e una bistecca di Charolles, fai amicizia. Ma con calma. E’ con i bateaux, enormi lumache dalla chiglia piatta, che si percorre Le Canal du Centre con le lente fermate alle numerose chiuse. Un sinuoso navigare nel solco materno della terra dove l’orizzonte spazia intorno alle curve tenere delle colline.
    A Paray-le Monial, città santa della Borgogna, regna l’abbazia del Sacro Cuore del 1090. Scrive il canonico Denis Crivot: “..ci narra quel che succede in cielo”. Qui, Margherite-Marie Alacoque ebbe quattro apparizioni tra il 1673 e il 1676. Di abbazie e cattedrali la Borgogna è piena: Santo Stefano a Sens, quella di Pontigny del XII secolo. A nord quella di Fontenay. Cinquanta monaci vivono e lavorano come novecento anni fa nell’abbazia di Citeaux, vicino a Digione. Bizzarro genio francese nei castelli borgognoni, gioia di conviti e delle galanti festevolezze di un’epoca passata. A Tanlay, uno splendido castello del 1550 è affidato ad una geometria rigorosa circondata da fossati. Una delle “case” più belle della Borgogna è il castello di Sully, ma quello magico è La Rochepot dai tetti arabescati, un mosaico di gialli, neri e rossi che al tramonto assumono toni vellutati. La Borgogna è costellata di cittadine come Chalon su-Saone. Bistrot, pasticcerie, gallerie d’arte, fiorai. Balconi di cioccolata si affacciano sulla Place St Vincent dove il venerdì e la domenica si tiene un antichissimo mercato. Villaggi aristocratici come Brancion dei duchi di Borgogna. Stradine che si arrampicano simili alla vite americana sul vecchissimo Auberge de Brancion. Oppure villaggi come St Ythaire, appollaiato sul crinale di un colle. Sessantaquattro abitanti tra i quali monsieur Renault, il carpentiere, monsieur Limoge, il falegname, Colette col suo grappolo di nipotini, Antoine, le legionarie col deserto stampato sul volto. E les italiennes, una coppia di Milano che al clamore della città ha preferito la verde magia della Borgogna.
    (Marta Forzan)
     
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    AVIGNONE


    Avignone è una città appartenente alla regione amministrativa della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, e capoluogo del dipartimento di Vaucluse. Affacciata sulla sponda sinistra del fiume Rodano, Avignone è una delle città del sud della Francia più ricca di testimonianze storiche di epoca medievale, dal momento che ospitò per un certo tempo la sede papale.

    ...la storia...


    Il territorio dell'attuale città di Avignone venne in origine insediato nel periodo paleolitico, da una tribù d'origine celtica. Tra i vari ritrovamenti avvenuti assume particolare importanza quello di un monolito antropomorfico (nella forma di un uomo), scoperto nel 1961 e oggi esposto nel Museo di Calvet. I secoli successivi sono caratterizzati dai contatti con i popoli del mediterraneo, avvenuti attraverso le vie di comunicazione del fiume Rodano. Grazie al collegamento fluviale con la Svizzera si ebbe modo di raggiungere le regioni dell'Italia e i mercanti etruschi, quindi anche i greci e i fenici. Lungo il fiume vennero costruite delle piccole fortificazione chiamate 'Oppidum', le quali servivano anche da magazzino per le merci in transito. Verso il 500 a. C. si ebbe l'espansione di uno stanziamento intorno di questi Oppidum. Il dirupo nel quale fu posizionato non servì tuttavia a proteggere la popolazione dagli attacchi della tribù gallica dei Cavari. Furono costoro a dare vita alla prima società urbana di Avignone, che allora era conosciuta con il nome di Avenio. Nello stesso periodo storico i fenici fondarono Marsiglia (allora Massilia).
    Nel IV secolo a. C. i coloni provenienti dalla Grecia e stanziatisi nell'aerea marsigliese incominciarono i primi contatti con la città, portando un ulteriore sviluppo commerciale nel sud della Francia. Sotto i Romani Avignone divenne parte del protettorato di Augusto, raggiungendo il titolo di 'civitas' sotto l'imperatore Adriano. Se la città oggi non gode dello stesso prestigio di Arles, Nimes e Orange, è perché rimangono pochi monumenti del periodo romano: il foro, il centro della città, era situato nell'odierna Place de l'Horologe e al momento della sua massima espansione, l'agglomerato si estendeva su 46 ettari, contando una popolazione di circa 25.000 persone. La città era fortificata e, come tutte le città romane, dotata di templi, palazzo del Senato ed archi trionfali. Le invasioni barbariche trovarono terreno fertile in questa città posta a passaggio tra il nord e il sud Europa. Vi furono i goti prima e i burgundi poi fino alla metà del VIII secolo, mentre i saraceni entrarono ad Avignone e ad Arles nel 734, per poi essere cacciati da Carlo Martello nel 879. Da quella data Avignone divenne proprietà dei franchi. L'importanza commerciale e militare della città aumentò durante il medioevo, servendo da base logistica tra la Spagna e l'Italia. Ciò le permise di raggiungere un certo potere autonomo dal resto della regione, divenendo comune indipendente (sotto protezione vescovile) nel XII secolo. Il vescovo era il presidente, ma l'autorità era detenuta nelle mani di otto consiglieri, assistiti da giudici e mastri locali. Nel 1185 venne edificato il famoso ponte di St Benezet, che in tutto il periodo medievale costituiva l'unico ponte sul fiume Rodano tra il mare e Lione. La commerciale e cosmopolita, Avignone fu nel periodo una delle città più ricche e popolate dell'impero. Alleata di Tolosa fu presa dal re Luigi VIII di Francia nel 1226, all'inizio della crociata contro gli albigesi. Nel 1251 la città entrò a far parte dei domini del duca di Angiò, conte di Provenza, e di Alfonso di Poiters, conte di Tolosa, fratelli del re Luigi. Nel 1290 Carlo II di Angiò divenne unico governatore di Avignone e re di Napoli, per volere dell'allora re Filippo il Bello. Nello stesso secolo ebbe inizio il periodo papale: Clemente V, le cui origini erano francesi (il suo nome era infatti Bertrand de Goth), soggiornò ad Avignone sin dal 1309 anche se non in modo permanente.
    La scelta di Avignone come residenza permanente fu essenzialmente il risultato di considerazioni politiche dovute alla rivalità crescente tra le diverse congregazioni politiche e al ben noto scisma, tra la chiesa d'oriente (ortodossa) e d'occidente (cattolica). L'avvento di Clemente V rese comunque possibile l'ingerenza dei sovrani francesi nella politica pontificia, dando ad Avignone quelle potenti vestigia per la quale è oggi conosciuta. Durante il periodo papale la città crebbe in importanza, con un notevole aumento demografico che la portò ad avere 40.000 abitanti e uno sviluppo architettonico mai visto prima di allora. Venne iniziata la costruzione del Palazzo dei Papi e l'edificazione di diversi altri palazzi e monumenti gotici. Durante il pontificato di Clemente VI, tra il 1342 e il 1352, Avignone divenne proprietà dei papi per 80.000 fiorini d'oro. Il settimo papa Gregorio XI, motivato da disordini e dalle rivolte dello stato pontificio e dalle vicissitudini della Francia nella Guerra dei Cento anni contro l'Inghilterra, decise di ristabilire la sede papale a Roma nel 1377. Il ritorno della sede papale in Italia fu tuttavia la premessa del grande Scisma d'Occidente, causato da conflitti politici e religiosi che divisero il mondo cattolico fra il 1378 ed il 1417: i francesi non riconobbero l'elezione a Roma dell'italiano Urbano VI ed instaurarono una loro indipendente elezione proclamando Clemente VII nuovo papa ad Avignone. Lo scisma durò sino al 1409 anno in cui Benedetto XIII (successore di Clemente VII) divenne ultimo papa ad Avignone, costretto ad abbandonare i propri poteri alla popolazione della città. Alla partenza dei papi, la città continuò a far parte dello Stato della Chiesa di Roma, governata da un legato pontificio e da vice-legati. La popolazione si ridusse notevolmente, ma essendo un enclave straniero in Francia beneficiò di un importante ruolo nel campo commerciale e finanziario. Nel 1791, durante la Rivoluzione Francese, la città votò per l'adesione alla Francia, ufficializzata nel 1797 dal Trattato di Tolentino, che portò all'unificazione delle fazioni di Avignone e della pontificia contea. L'arrivo di Napoleone portò un periodo di pace nella regione e diede inizio alla ripresa economica nonostante l'impopolarità del regime imperiale. Nel XIX secolo la città divenne capoluogo di una delle regioni agricole più importanti della Francia. Subì come molte città francesi gli orrori dell'occupazione nazista dal 1942 al 1944. Dal dopo guerra in poi divenne testimone di un notevole sviluppo economico sopratutto per via del turismo, concentratosi in particolare sul prezioso patrimonio storico della Cittadella Papale. La nascita del Festival del Teatro da parte di Jean Villar nel 1946 ha ugualmente contribuito a fare di Avignone uno dei centri culturali più noti d'Europa, tanto che nell'anno 2000 è stata eletta Città Europea della Cultura.

    ....città papale....


    Avignone fu città papale - vice Roma, sostituta temporanea della città eterna - per circa settant'anni, tra il pontificato di Clemente V (1307-14) e l'elezione al soglio pontificio di Gregorio XI, che, pur essendo francese (si chiamava Pietro Roger de Beaufort), decise il ritorno a Roma (1377). Il cerimoniale riservato ai papi era ricco, complesso, assai fastoso. Prevedeva, per esempio, che il papa, in quanto massima autorità, detentore del sommo potere spirituale, sedesse a mensa da solo, su un tavolo posto ad un livello superiore a quello di tutti gli altri cardinali. Il periodo in cui il papato rimase ad Avignone coincise con il controllo, di fatto, dell'autorità papale da parte del re di Francia. Anche il numero dei cardinali francesi eletti durante il periodo della cattività avignonese aumentò sensibilmente. Senza dubbio, già a quel tempo, secondo una tendenza che sarebbe divenuta manifesta nel Cinquecento, il papa e la corte pontificia erano un centro di potere e di distribuzione di potere (sotto forma di onori, benefici, ricchezze, ecc.) di straordinaria importanza. In questo periodo la Chiesa non si rinnovò in senso evangelico ma verificò la sconfitta dell' universalismo cattolico, in quanto andavano emergendo gli interessi degli Stati e delle chiese nazionali. Riacquistarono vigore le proteste contro la corruzione e la ricchezza della Chiesa, in quanto la corte avignonese appariva ancor più mondanizzata e corrotta di quella romana.

    ...il Palazzo dei Papi...


    Il palazzo dei Papi, un grandioso esempio di architettura gotica, fu eretto nel secolo XIV per il trasferimento della curia papale da Roma ad Avignone. Benedetto XII ne eresse la parte nord-est (palazzo Vecchio), mentre Clemente VI la parte ovest (palazzo Nuovo). Lo terminò Innocenzo VI. Il Palazzo copre una superficie di 15000 m2 ed è una delle più vaste residenze di Europa, fu allo stesso tempo fortezza e palazzo, che nasce sulla roccia. Dieci grosse torri quadrate (alcune delle quali alte più di 50 m) fiancheggiano le mura puntellati da immensi archi a terzo punto che sostengono i piombatoi (tipico esempio di architettura militare). La costruzione austera del palazzo vecchio si deve al volere del monaco cistercense Benedetto XII che fece radere al suolo l'edificio principale per farvi costruire una residenza adatta alla preghiera e ben difesa. Affidò questo incarico a Pierre Poisson de Mirepoix. Le quattro ali del palazzo vecchio sono disposte attorno ad un chiostro e sono fiancheggiate da alcune torri la più importante delle quali (la torre Trovillas o Torre Nord) fungeva da mastro e da prigione. La costruzione del palazzo nuovo (speculare rispetto al palazzo vecchio) si deve al principe della chiesa, artista e mecenate Clemente VI che la commissionò all'architetto dell'Ile-de-France, Jean de Lauvres così che la torre del guardaroba (tour de le guarde-robe) e due nuovi corpi di edifici vennero a chiudere la piazza pubblica (o grande cortile). La decorazione dell'interno del nuovo palazzo fu affidata ad un gruppo di artisti italiani diretti prima da Simone Martini, poi da Matteo Giovannetti. Questi lavori furono continuati anche dai successori di Clemente VI, tanto che Innocenzo VI fece edificare a sud la torre di St. Laurent e, a ovest, la torre de la gauche e fece completare l'abbellimento delle sale interne del palazzo. Urbano V fece sistemare il grande cortile (Crand Cour) aggiungendovi il pozzo e costruendovi alcuni edifici di collegamento tra il palazzo e i giardini creati dietro la torre degli angeli. Gli assedi del 1398 e del 1410-1411 danneggiarono molto il palazzo che, destinato ai legati pontifici nel 1433, venne restaurato nel 1516 e nuovamente distrutto durante la rivoluzione francese quando vennero perdute anche le sue sculture. Nel 1791 la torre delle latrine o della ghiacciaia fu il teatro di un episodio sanguinoso: 60 prigionieri controrivoluzionari vennero massacrati e i loro corpi gettati in fondo alla torre. Il palazzo venne trasformato, successivamente, prima in prigione, poi in caserma (1879). I regolamenti del Genio Militare prevedono, per i muri delle sedi utilizzate, uno strato protettivo di bianco di calce. Solo così è stato possibile salvare molti dipinti del palazzo (quando è stato ceduto a questa organizzazione) perché tagliati e venduti da alcuni soldati a collezionisti ed antiquari avignonesi. Fatto evacuare nel 1906 il palazzo (attualmente appartenente alla città) venne sottoposto ad un accurato restauro (come dimostra la ricostruzione delle 2 torrette che sormontano la porta di Champeaux, avvenuta nel 1933).
    (informagiovani)

    .....il ponte di Saint Bènezet......


    La leggenda che accompagna il Ponte Saint Bènezet è collegata ad un giovane che portava tal nome e ad un fatto prodigioso. Nel 1177 egli scese dalle montagne dell' Ardèche perchè -a quanto raccontava egli stesso- Dio gli aveva comandato di costruire un ponte ad Avignone, la città al 'bordo dell'acqua'. Inizialmente, la gente lo prese per pazzo ma Benèzet non si diede per vinto. Approfittando della benedizione che il vescovo stava impartendo sul sagrato della cattedrale, una domenica lo sfidò dicendogli che era stato inviato da Dio in quel luogo affinchè convincesse il popolo a costruire un ponte sul Rodano. Il prelato, sentita la popolazione, disse: "Va bene, potrai costruire il ponte se riuscirai a portare una pietra enorme sulle spalle e gettarla nel fiume".
    Credeva, con questo stratagemma, di far desistere il giovane dal 'suo proposito', ma Benèzet -senza indugio-si caricò la pietra in spalla sotto gli occhi attoniti degli astanti e la sollevò in alto prima di gettarla nell'acqua, sostenuto-a quanto si narra- dagli angeli mandati da Dio. Si dice che quel blocco di pietra sia incastonato in una delle arcate, e sembra sfidare gli elementi. Ogni papa che vi transitò in seguito, dice la leggenda, si doveva fermare un momento a pregare dinanzi alla volta di Benezèt e lasciare un obolo.
    In realtà, storicamente un ponte in legno esisteva già in epoca romana per collegare Villeneuve ad Avignone, sul quale si innestò un ponte in pietra i cui pilastri erano probabilmente collegati con passerelle di legno;questo era aperto alla circolazione dal 1184 ma nel 1226 esso venne distrutto nella quarta arcata. E' l'epoca in cui si era costituita la "Confraternita del Ponte", sorta per l'influenza di Benezèt, che era costituita da 24 fratelli. Grazie alle loro ricerche incessanti e alla strategia dei pedaggi per il transito, erano riusciti ad accumulare i fondi necessari per ricostruire un ponte gotico in pietra sui resti del ponte precedente, prendendo a modello ponti già esistenti sul territorio francese limitrofo (come il Pont du Gard nei pressi di Nimes).
    Del resto, la sua presenza era fondamentale per i pellegrinaggi tra Italia e Spagna e, quando la corte papale si trasferì ad Avignone, la sua importanza crebbe vorticosamente. I cardinali, stanchi delle seccature che procurava la corte Avignonese, vivevano volentieri al di là del ponte, a Villeneuve, dove si erano fatti erigere residenze multiple. Avignone si era fatta una cattiva reputazione, tanto che il Petrarca ebbe a definirla come una delle città più 'infette' della terra!
    Nel 1377 fu ordinato dal cardinale Blandiac di lastricarlo per evitare i grossi inconvenienti derivanti dagli scivolamenti (e conseguenti cadute nel fiume!). Il re Luigi XIV fu uno degli ultimi personaggi ad aver attraversato il ponte, nel XVII secolo, prima che questo crollasse. Non venne più ricostruito nella parte mancante.Oggi ne vediamo quattro arcate e un cappella.
    Al ponte di Avignone è legata la famosa canzone "Sur le pont de Avignon...", aria di un'operetta molto in voga nel 1876,che riprende il motivo di un'operetta del 1853 scritta da Adolphe Adam. In realtà, già da parecchi secoli molte canzoni popolari accompagnavano la storia del ponte,e venivano cantate nelle cerimonie nuziali.Ispirarono un compositore di musica di corte, nel XVI sec., Pierre Certon che, alle arie comiche e scandalose, univa quelle a tema religioso; compose una messa "Sur le pont de Avignon". Il Palazzo dei Papi e il ponte di Avignone sono parte dei Patrimoni mondiali dell'umanità dell'UNESCO.
     
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  14. gheagabry
     
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    “Che bel giardino!”, pare abbia esclamato Luigi XIV vedendo per la prima volta l’Alsazia,
    che di lì a poco avrebbe annesso al proprio regno.


    L'ALSAZIA


    Situata nel nord-est della Francia, confinante con la Svizzera e la Germania, l’Alsazia gode di una posizione privilegiata nel cuore dell’Europa. Il paesaggio dell’Alsazia e della contigua Lorena presenta da est a ovest un continuo alternarsi di rilievi: prima le coste, poi l’altopiano della Lorena e infine il massiccio dei Vosgi, che segna il limite orientale della Lorena e occupa tutta la parte occidentale dell’Alsazia. Mentre in Lorena il rilievo sale dolcemente fino alle cime dei Vosgi, in Alsazia si abbassa bruscamente in direzione della pianura del Reno...I Vosgi sono solo un piccolo frammento dell’immensa catena nata con il cosiddetto “corrugamento erciniano” e che 300 milioni di anni fa ricopriva gran parte dell’Europa. I graniti chiari, che culminano ai 1424 m del Grand Ballon, ne portano ancora il segno. Vista dall’alto dei picchi, la foresta dei Vosgi è un immenso tappeto verde intenso che sfuma in lontananza nei toni glauchi del cielo, punteggiato di piccole nuvole. Gli inverni dal clima rigido e i dissodamenti del passato hanno spogliato le cime più alte, ma il clima fortemente umido ha fatto sì che un tappeto ininterrotto di vegetazione ammantasse i pendii scoscesi delle valli. Sul limite orientale dei Vosgi si trova la lunga fila continua delle colline che prendono il nome dalla catena montuosa, sormontate da romantiche rovine medievali, come il castello dell’Haut-Kœnigsbourg o il convento di Sainte-Odile, patrona d’Alsazia, posto di vedetta in cima alla montagna.
    Da Thann a sud ai dintorni di Wissembourg a nord si estende per un centinaio di chilometri una vera e propria civiltà della vigna, importata qui in epoca romana. Un mare di viti sinuose e ondeggianti corre giù per i pendii soleggiati delle colline dei Vosgi fino alla pianura. Questa foresta di picchetti ben allineati in primavera si riveste di un verde intenso, per poi ammantarsi d’oro fiammeggiante al momento della vendemmia.

    ...storia...


    Corre l’anno 58 a.C. quando Giulio Cesare respingendo il germano Ariovisto sull’altra sponda del Reno, fissa il confine lungo il grande fiume: per i cinque secoli successivi da una parte ci sarà la romanità, dall’altra il mondo barbaro, lungo un limes fortificato. All’epoca l’Alsazia è divisa tra i popoli celtici, i Rauraci a sud e i Triboci al centro, mentre intorno all’accampamento di legione di Argentoratum sorge la città che darà origine a Strasburgo. A partire dal III sec. le incursioni di Franchi e Alemanni si intensificano. Questi ultimi colonizzano una parte dell’Alsazia nel V sec., nel mentre scompare l’Impero Romano. Sconfitti a Tolbiac da Clodoveo, si sottomettono al re franco e ai suoi successori, i merovingi. La denominazione Alsazia compare nel VII sec. con il duca Etichon, padre di Sainte-Odile, patrona d’Alsazia. Dopo di lui, la divisione tra nord e sud, già visibile tra le diocesi di Strasburgo e Basilea fondate in epoca romana, si ripropone come divisione in due contee, il Nordgau e il Sundgau, remota prefigurazione degli attuali dipartimenti.
    Nell’842 a Strasburgo si svolge il celebre giuramento prestato dai soldati dei nipoti di Carlomagno, Carlo il Calvo e Luigi il Germanico. Scritto in lingua romanza e germanica, costituirà una delle testimonianze più antiche tra quelle conosciute dell’idioma francese e del tedesco. In seguito alle diverse suddivisioni di epoca carolingia, l’Alsazia si ritrova dapprima annessa al regno di Germania, poi nel sacro Romano Impero germanico. Nel corso del XII sec. gli Hohenstaufen, rappresentati in particolare dall’imperatore Federico Barbarossa, eleggono a loro residenza Haguenau, in Alsazia, dove hanno diversi possedimenti.
    Il declino del potere imperiale conduce a una progressiva frammentazione dei poteri. A partire dal XIV sec. i possedimenti degli Asburgo, a sud, sono gli unici a emergere dal puzzle delle piccole signorie indipendenti, insieme a quelli del potente principe-vescovo di Strasburgo che risiede a Saverne. Le città, prima fra tutte Strasburgo, ottengono l’autonomia, andando a costituire altrettante piccole e prospere repubbliche. Dieci di queste (Wissembourg, Haguenau, Rosheim, Obernai, Sélestat, Turckheim, Munster, Kaysersberg, Colmar e Mulhouse) si uniscono per difendersi dai principi dando vita alla cosiddetta Decapoli, una lega che rimarrà attiva fino al 1679, quando verrà sciolta da Luigi XIV. Alla fine del Medioevo e all’inizio del Rinascimento le città conoscono una sorta di età dell’oro. Dopo i cupi periodi della peste nera e della guerra dei Cent’anni, traggono profitto dai rinnovati scambi all’interno del mondo renano, apertosi verso l’esterno. Strasburgo, ove soggiornano personaggi come Gutenberg e Erasmo, è all’epoca uno dei maggiori centri del movimento artistico e intellettuale incarnato dall’Umanesimo, la cui diffusione viene favorita dalla stampa.
    Il XVI secolo segna un periodo molto difficile. In primo luogo la guerra dei Contadini, l’insurrezione contro l’oppressione feudale della nobiltà e del clero che nel 1525 interessa un’ampia zona dell’Europa centrale, assumendo un carattere particolarmente drammatico in Alsazia, dove la rivolta viene soffocata nel sangue. Poi è la volta della Riforma protestante, luterana o calvinista, a imporsi, soprattutto nelle città. La divisione religiosa, in un momento in cui l’intolleranza regna ovunque, conduce a tensioni tra principi cattolici e protestanti. È questa una delle cause della guerra dei Trent’anni che, originatasi da un conflitto tra protestanti e cattolici a Praga, si propaga all’intera Europa e devasta l’Alsazia, decimandone la popolazione. Benché cattolica, la Francia di Richelieu e poi di Mazzarino si allea in quell’occasione ai principi protestanti, soprattutto nell’intento di indebolire gli Asburgo, cosa che le consente di avere voce in capitolo nelle questioni riguardanti l’Alsazia. Nel 1648 il trattato di Westfalia riconosce alla Francia il possesso di una parte della provincia alsaziana, che Luigi XIV si annette per tappe successive, fino alla presa di Strasburgo del 1681. Saarwerden e Mulhouse sono le uniche a unirsi alla Francia solamente all’epoca della Rivoluzione francese, che avrà un ruolo decisivo nell’integrazione degli alsaziani all’interno della Francia. Con il trattato di Rijswick (1697) il Reno viene riconosciuto come confine. Luigi XIV persegue una politica favorevole ai cattolici e instaura il simultaneum. Gli ideali della Rivoluzione vengono accolti con favore dagli alsaziani, ed è proprio durante il suo soggiorno a Strasburgo, che Rouget de Lisle compone il Canto di guerra per l’esercito del Reno, la futura Marsigliese. La Costituente suddivide l’Alsazia in due dipartimenti del Basso e dell’Alto Reno (denominati rispettivamente Haut-Rhin e Bas-Rhin), tuttavia a partire dal 1793, con il radicalizzarsi del regime, gli alsaziani prendono le distanze dalla causa rivoluzionaria. Nel 1794 Saint-Just bandisce l’uso del dialetto alsaziano, sospettato di essere controrivoluzionario, e impone il francese come lingua ufficiale. Il provvedimento è mal tollerato dagli alsaziani, feriti nell’orgoglio della propria identità. Il periodo napoleonico, tuttavia, rafforza il senso di appartenenza alla Francia da parte dell’Alsazia e numerosi alsaziani si distinguono per le loro gesta nell’esercito.
    Il Concordat, che è ancora in vigore in Alsazia e Mosella, è un retaggio di quell’epoca. Firmato da Napoleone e dalla Santa Sede nel 1801 (per poi essere integrato con articoli riguardanti i protestanti nel 1802 e gli ebrei nel 1803), esso conferisce alle Chiese uno statuto ufficiale, stabilendo inoltre che i ministri dei culti siano remunerati dallo Stato. Lo statuto verrà abolito nel 1905 in tutta la Francia dalla legge che sancisce la separazione tra Chiesa e Stato. Alsazia e Mosella, però, si trovano all’epoca sotto la dominazione tedesca e il problema del mantenimento di questo particolare regime si porrà solo nel 1918, quando ritorneranno alla Francia. Sarà allora che gli alsaziani si opporranno fermamente alla soppressione di ciò che consideravano come un elemento essenziale del diritto locale.
    (viaggi.viamichelin.it)

    ...miti e leggende....


    Dall'Alsazia, terra di cicogne, una leggenda racconta che per ordinare un bebe, i futuri genitori devono deporre qualche pezzetto di zucchero sui davanzali delle finistre della loro casa. Gli uccelli allora andranno alla ricerca dei bebe nei pressi del mare o di una sorgente d'acqua, nel posto dove i folletti conducono dalle profondità della terra le anime cadute dal cielo con la pioggia e che si riencarnano in un neonato. Un'altra leggenda racconta che Dio cre le cicogne con i fiori dei ciliegi e delle mele d'Alsazia e che per questo sono così bianche. Le loro zampe e il loro becco presero il color porpora dal sole al tramonto quando esse presero il volo. Al ritorno dalla migrazione, videro le pianure del'Alsazia insangiunate e rovinate dalla guerra e domandarono a Dio se potevano portare il lutto, ma lui rifiuto'. Permise pero'di immmergere solo la punta delle loro ali nel nero della tristezza e della disperazione, ed è ci che fecero.
    (dal web9
     
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  15. gheagabry
     
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    « La storia dell'antica Francia sembra ammassata in Piccardia »
    (Jules Michelet)


    La PICCARDIA


    La Piccardia (in francese e piccardo Picardie), con capoluogo Amiens, è un'antica provincia francese nel Nord del paese, che coincide solo in parte con l'attuale regione amministrativa. In particolare la Piccardia storica era composta dall'attuale dipartimento della Somme, dal nord dell'Oise e dell'Aisne, assieme al Boulonnais, la regione costiera di Nord-Passo di Calais.. Le città principali della regione, oltre a Amiens, sono Saint-Quentin e Beauvais.
    Il suo territorio, provvisto di un piccolo sbocco sul mare poco distante del capoluogo, confina a nord con la regione del Nord-Passo di Calais, ad est con la Campagne-Ardenne, con l'ile de France a sud e con l'alta Normandia ad ovest. Il nome della regione deriverebbe dal francese 'picard' ossia 'piocher', scavatore. Sarebbe infatti questo il nome con cui i parigini indicavano gli agricoltori che vivevano a nord della zona forestale del Sinlisis e del Valois. Al nord invece, con il termine 'picard', venivano indicati tutti quelli che non parlavano fiammingo. Ancora oggi, fatta eccezione per le zone del sud, nella regione è molto diffusa ed utilizzata una lingua regionale neolatina: il piccardo.
    Luogo dalla raffinata bellezza, ricco di paesaggi incantevoli, di cultura e tradizioni, la Piccardia porta ancora sul suo territorio la lunga storia che l'ha resa come oggi possiamo ammirarla: dolce e tranquilla. Ma la sua particolare posizione non ha portato la Piccardia ad essere solo teatro di vicende storiche, bensì ha condizionato ogni aspetto della vita dei suoi abitanti e, prima dimostrazione di questo è il fatto che la regione sia prevalentemente agricola.

    Con il suo patrimonio architettonico eccezionale, questa regione è diventata un feudo dell'arte gotica. Rinomata per le sue cattedrali, è l'occasione per gli intenditori di partire alla scoperta di città con le loro meraviglie medievali. Notre-Dame di Amiens è il primo appuntamento di un periplo che porta a Beauvais, Laon, Noyon. La strada delle cattedrali è l'appannaggio della Piccardia. Ma c'è altro ancora. Infatti, i grandi costruttori hanno lasciato tracce: da Senlis a Pierrefonds, Courcy, passando per Chantilly, Bagatelle e Compiègne, troviamo castelli in simbiosi con il paesaggio. Opere che fanno rivivere epoche ormai lontane. Suoni e luci, festival, feste popolari... Il patrimonio gastronomico è altrettante importante: la ficelle picarde o il gateau battu sono specialità che hanno attraversato gli secoli.


    ...la Storia...


    Non molto distante dal Belgio, in una delle posizioni più settentrionali della Francia, la Piccardia ha sempre rappresentato un punto strategico della regione, per i suoi commerci e per la sua storia. La Piccardia, che i si affaccia sul Canale della Manica e si avvicina incredibilmente al Belgio, è stata per secoli un crocevia di popoli e culture che , ancora oggi, possono leggersi nelle sue tranquille e silenziose campagne o nelle città in cui la storia non ha mancato di lasciare il proprio segno. Proprio qui, sulle sue morbide colline, in tempi immemorabili si incontravano popolazioni diverse, si combattevano e si alternavano al comando dell'ambita regione francese.
    Prime fra tutte furono le popolazioni celtiche che per secoli abitarono questa regione, che allora apparteneva alla Gallia Belgica, combattendo per prevalere l'una sulle altre. Tra queste, ricordiamo in particolare gli ambiani, una popolazione della Gallia Belgica, dai quali si pensa abbia preso il nome il capoluogo della regione, Amiens. Dalle mani degli ambiani, come ci riporta il De bello Gallico di Giulio Cesare, la regione passò poi nelle mani dei romani, nel 57a.C. Allora, il territorio di estendeva nella valle del fiume Somme con Samarobriva, probabilmente l'attuale Amiens, come capitale. Gli ambiani però mostrarono nuovamente la loro forza ed il loro spirito di ribellione prendendo parte alla grande insurrezione anti-romana, anche questa citata dall'imperatore romano in uno dei suoi scritti. La rivolta venne però sedata dalle forze romane e la regione seguì la storia dell'Impero fino alla sua decaduta. Durante il medioevo Piccardia si arricchì degli splendidi monumenti che ancora oggi sopravvivono sul suo territorio a testimonianza delle genti che un tempo la abitarono. Fu nel 843, a seguito della morte dell'imperatore Carlo Magno, con il trattato di Verdun, che la regione entrò definitivamente a fare parte del Regno di Francia, anche se i suoi confini, naturalmente, erano assai diversi da quelli attuali. Allora, il territorio della Piccardia comprendeva l'attuale distretto della Somme, la parte nord dell'Aisne ed il dipartimento di Pas-de-Calais che, ad oggi, fa invece parte della regione del Nord-Pas-de-Calais. La parte meridionale dell'Aisne e gran parte del territorio dell'Oise facevano invece parte della provincia dell'Ile de France. La Piccardia segnava il confine settentrionale del Regno di Francia, almeno fino al 1667, quando i francesi conquistarono la città di Lille la quale segnò lo spostamento del confine francese ancora più a nord, trasformandolo all'incirca come oggi lo conosciamo.
    La Posizione strategica della Piccardia, ancora una volta, la portarono ad essere teatro di dure e crude battaglie soprattutto durante il secolo scorso; infatti, durante entrambe i conflitti mondiali, questa regione giocò un ruolo fondamentale nello svolgimento delle due guerre e, in entrambe le occasioni, dovette resistere alle pressanti forze armate straniere.

    “Amiens…la più grande cattedrale di Francia…fu innalzata per esporre un importante reliquia….fu costruita in 50 anni…con un’abbondanza di statue e rilievi…sulla facciata ovest…la galleria dei Re…una fila di 22 statue colossali che rappresentano i Re di Francia…..il portale di San Firmino..le due torri di altezza disuguale…….Beauvais….la cattedrale di San Pierre doveva essere la più alta, ma il tetto del coro crollò due volte…poi la crociera..ora rimane un capolavoro che svetta nel cielo per 48 metri..al suo interno ..un orologio astronomico composto da 90.000 pezzi …risale al 1860 ha un indicatori dei solzisti….un orologio che segna le ore del mondo….figure meccaniche …”

    “…in questa regione esiste un luogo….un villaggio gallo-romano…con la sua dogana, la moneta, una stazione radio…in un mehir..ed i poliziotti indossano elmetti alati….è un parco a tema..una passeggiata sulla Via Antiqua mostra l’architettura dei tempi di Asterix, mentre il villaggio e l’accampamento romano prendeno spunto dal famoso fumetto”



    Edited by gheagabry - 30/4/2013, 10:32
     
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84 replies since 15/6/2011, 14:23   9318 views
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