SHAKESPEARE

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  1. gheagabry
     
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    La gloria è simile a un cerchio nell'acqua che va sempre allargandosi,
    sin quando per il suo stesso ingrandirsi si risolve nel nulla


    SHAKESPEARE



    "La città di Stratford-upon-Avon, dove è nato Shakespeare nel 1564, è soltanto ad un centinaio di miglia da Londra. Questa vicinanza spiega il fatto che questo borgo, il cui nome significa “la strada che attraversa il guado”, fu il luogo fiorente di mercati, di fiere e di scambi, e dunque anche della peste, dalle cui epidemie fu decimato; per altro verso dalla capitale provenivano le compagnie ambulanti di attori protetti dalla regina o dalla nobiltà. Stratford era dunque il luogo di una fortuna mutevole, che segnò l’infanzia e l’adolescenza di Shakespeare."

    Poeta e drammaturgo inglese, nasce a Stratford-upon-Avon nel 1564. E' considerato dalla critica come una delle più grandi personalità della letteratura di ogni tempo e di ogni paese. Ad uno sguardo storico più ravvicinato, invece, viene catalogato come uno degli esponenti principali del rinascimento inglese.
    Dal punto di vista strettamente biografico, di Shakespeare si sa ben poco. Oltre a mancare dati certi sulla sua vita, innumerevoli fatti ed aneddoti circolano, com'era facile prevedere, intorno alla sua figura. Aneddoti perlopiù destituiti da ogni fondamento. In questa selva di informazioni, da tempo gli studiosi hanno cercato di fare chiarezza, giungendo a poche ma quasi certe notizie fondate. Per quanto riguarda la nascita, si parla del 23 aprile ma anche questa data è passibile di contestazione, essendo basata più che altro su di un affidamento alla tradizione. La sua famiglia apparteneva alla classe benestante inglese. Il padre era una un facoltoso mercante mentre la madre si fregiava del blasone di un casato della piccola nobiltà terriera. Nel 1582 lo scrittore sposa Anne Hathaway, bella ragazza di umili origini, proveniente da una famiglia contadina. Anne darà al drammaturgo ben tre figli di cui gli ultimi due gemelli. Purtroppo uno di essi a soli undici anni, decede. Intanto, William ha già intrapreso con decisione la scelta di vivere per il teatro. Non solo si dedica anima a corpo all'attività di attore, ma spesso scrive da solo i testi, tanto che dopo qualche anno può già vantare una cospicua produzione. Trasferitosi a Londra, nel giro di qualche tempo si conquista una discreta fama. La pubblicazione di due poemetti d'amore, "Venere e Adone" (1593) e "Lucrezia violentata" (1594), nonché dei "Sonetti" (editi nel 1609 ma in circolazione già da tempo) lo consacrarono poeta rinascimentale versatile e piacevole. Dal punto di vista della diffusione delle sue opere teatrali, invece, il pubblico si dimostra inizialmente meno sensibile. Egli è appunto considerato dalla cerchia degli intenditori e dal pubblico colto un maestro della lirica e del verso più che del dramma. I testi teatrali, pur accolti con favore, non godevano di grande considerazione, anche se Shakespeare, con buon intuito e notevole fiuto (quasi fosse sintonizzato sui percorsi artistici della storia), investì i suoi guadagni proprio in questo settore, al momento apparentemente meno redditizio. Aveva infatti una partecipazione nei profitti della compagnia teatrale dei Chamberlain's Men, successivamente chiamatisi King's Men, che metteva in scena suoi e altrui spettacoli. In seguito, i considerevoli guadagni provenienti da queste rappresentazioni gli consentirono fra l'altro di essere comproprietario dei due teatri più importanti di Londra: il "Globe Theatre" e il "Blackfriars". Ed è inutile ribadire che la sua fama è oggi legata soprattutto alle 38 opere teatrali da lui composte nell'arco della sua fulgida carriera.... Difficile inquadrare la sua notevole produzione artistica, che annovera drammi storici, commedie e tragedie, anche a causa della rilettura successiva dei suoi lavori ad opera dei letterati romantici che videro profonde assonanze tra la loro ricerca estetica e i lavori di Shakespeare. Per lungo tempo, infatti, questa rilettura ha influenzato sia la critica che gli allestimenti delle sue opere, esasperando le affinità poetiche con il romanticismo. Indubbiamente sono presenti, soprattutto nelle grandi tragedie, temi e personaggi che preludono all'esperienza romantica, ma l'originalità del grande artista inglese va cercata maggiormente nella grande capacità di sintesi delle diverse forme teatrali del suo tempo in opere di grande respiro ed equilibrio dove il tragico, il comico, l'amaro, il gusto per il dialogo serrato e per l'arguzia, sono spesso presenti in un'unica miscela di grande efficacia.
    Una fatica notevole sarebbe anche rappresentata dall'enumerazione dell'enorme quantità di musica che è stata tratta dai suoi testi. L'opera lirica ha letteralmente saccheggiato i drammi o le commedie scespiriane che, con le loro ricchissime tematiche si prestano particolarmente bene alla rappresentazione in note. Un culto per Shakespeare aveva Wagner (anche se non musicò mai alcun libretto del bardo), ma bisognerebbe almeno citare Verdi ("Otello", "Falstaff" "Macbeth", ecc.), Mendelssohn (che scrisse le fantastiche musiche di scena per "Sogno di una notte di mezza estate"), Caikovskji e, nel Novecento, Prokovief, Bernstein (non dimentichiamo che "West side story" non è altro che una riproposizione di "Romeo e Gulietta") e Britten. Inoltre, la sua straordinaria modernità è testimoniata dalle decine di film ispirati ai suoi drammi.
    Conquistato un certo benessere, a partire dal 1608 Shakespeare diminuì dunque il suo impegno teatrale; sembra che trascorresse periodi sempre più lunghi a Stratford, dove acquistò un'imponente casa, New Place, e divenne un cittadino rispettato della comunità. Morì il 23 aprile 1616 e fu sepolto nella chiesa di Stratford.



    Nel 1600 i teatri sono in guerra: tra i teatri privati, come il “Blackfriars”, dove si esibiscono le compagnia di bambini, di cui è fatto cenno in Amleto, ed i teatri pubblici, popolari, come il “Globe”, difeso da Shakespeare, scoppia un litigio che influisce sulla scrittura delle opere di questo periodo..... Nel 1601, il “Globe” è il luogo di un dramma politico: i partigiani di Essex pagano la compagnia del Lord Ciambellano perché sia dato il Riccardo II, allo scopo che la regina si riconosca nell’immagine di questo re sconfitto. Gli attori di Shakespeare escono indenni dalla prova. Il ribelle Essex è giustiziato e Southampton imprigionato.

    Nel 1603, quando Giacomo Primo sale al trono, la compagnia del Lord Ciambellano diventa quella del re. Ma, di nuovo, la peste devasta Londra: i teatri chiusi, gli attori ridiventano girovaghi. Tuttavia, nel 1604, Shakespeare si trova a Londra, alloggiato presso un protestante francese rifugiato. Le sue commedie si incupiscono: Tutto è bene ciò finisce bene e Misura per misura si avvicinano a Otello con la tematica del coniuge abbandonato o calunniato. Presto, è il momento della landa desolata di Re Lear. E per Giacomo I, assolutista e superstizioso, amico tuttavia degli artisti, Shakespeare scrive Macbeth. L’onesto Banquo vi è rappresentato come l’antenato degli Stuart.
    Nel 1609, la compagnia del re acquisisce “Blackfriars”, teatro coperto installato in un monastero sconsacrato. Shakespeare si ritira definitivamente a Stratford, e scrive ormai per questi due teatri. “Blackfriars” è un teatro coperto con luci artificiali. Vi si può recitare d’inverno. Questo nuovo luogo teatrale ha certamente contribuito a cambiare lo stile delle ultime sei commedie della carriera del Bardo, che comprendono quattro drammi , Pericle, Cimbelino, Il racconto d’inverno e La tempesta, una commedia scritta in collaborazione con Fletcher, I due nobili cugini, ed un ultimo dramma storico, Enrico VIII.



    "La follia, mio signore, come il sole se ne va passeggiando per il mondo,
    e non c'è luogo dove non risplenda"


    Ha visto per noi con tale esattezza e varietà, ha fatto risuonare la nota della consapevolezza in una gamma di esperienza umana così vasta, ha trovato per ciò che vide e sentì una tale autorità espressiva - facendo delle sue parole non soltanto uno specchio di verità, ma la sua forma vitale e inesauiribile - che ne incontriamo la voce in ogni angolo della nostra sensibilità. Anche il nostro pianto e il nostro riso sono nostri solo parzialmente; li troviamo dove lui li ha lasciati, e recano il suo stampo.
    (George Steiner)


    I quattro secoli che ci separano da Shakespeare si sono nutriti della sua opera. All’alba dell’Età Moderna, sulla scena popolare del suo teatro in legno come nei palazzi di Elisabetta Tudor e di Giacomo Stuart, Shakespeare ha reso accessibile all’Inghilterra l’Antichità, e, come Puck del Sogno di una notte di mezza estate, ha circondato l’universo della sua epoca col cerchio magico della sua poesia, rinnovando il linguaggio poetico e le sue figure retoriche e proponendoci nuovi e immortali miti.
    Nessun’opera fu più letta e recitata. Riscritta, censurata o anche non attribuita al suo autore, giudicato talora troppo poco istruito per averla scritta, attribuita ad una ventina di autori differenti, recitata sulle grandi scene del mondo, ritorna ormai al suo legittimo autore. Dopo il fraintendimento dell’epoca classicista che poco poteva comprendere un autore irregolare e “asiano” come Shakespeare, toccò al romanticismo, consentaneo con molte tematiche “barocche”, a rivalutarlo. Voltaire si inchinò dinanzi al genio di colui che “creò il teatro”, ma non trovò “la minima scintilla di buon gusto” nelle “sue farse enormi” e in una lettera a La Harpe disse di trovare nelle sue opere delle "perle in un enorme letamaio". Manzoni, che l’amò, corresse il giudizio dello stesso Voltaire che lo aveva definito anche “barbaro” con l’espressione “quel barbaro di genio”. Goethe ne fu soggiogato e Victor Hugo lo indicò come “un uomo oceano” (e di oceanic mind parlerà S.T. Coleridge) all’altezza di Eschilo o di Dante. Flaubert lo venerò per tutta la vita. Enorme è stata l’influenza di Shakespeare fuori dai territori letterari: ispirò Marx ( i versi di Timone d’Atene sul denaro furono commentati nel Capitale), affascinò Freud, e la sua opera funge ancora da riferimento per le grandi correnti della critica letteraria moderna.
    (Alfio Squillaci)




    Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori:
    essi hanno le loro uscite e le loro entrate;
    e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti…
    (Iacopo: atto II, scena VII)


    Il sangue e il coraggio s'infiammano di più a risvegliar un leone,
    cha a dar la caccia a un timido daino.
    (Falstaff: Hotspur: Atto I, Scena III, p. 167)

    C'era una stella che danzava e sotto quella sono nata

    Eh, sì, tutti son buoni a farsi forti al dolore degli altri, eccetto chi lo deve sopportare.
    (Molto rumore per nulla)


    La vostra mente è agitata perché segue sul mare le vostre navi dalle immense vele, le vostre navi che come signori e ricchi borghesi dei flutti in sfarzoso corteo guardano dall'alto i vascelletti dei piccoli trafficanti che fanno continue riverenze sotto il volo di quelle grandi ali.
    (Il mercante di Venezia)

    Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte. (Antonio: atto I, scena I)

    Se fare fosse facile quanto sapere ciò che va fatto,
    le cappelle sarebbero chiese e le catapecchie dei poveri palazzi principeschi.
    (Mercante di Venezia: Porzia, atto I, scena II)

    Nulla v'è di così insensibile, brutale o scatenato dalla rabbia che la musica, finché se ne prolunghi l'eco, non trasformi nella sua stessa natura. Colui che non può contare su alcuna musica dentro di sé, e non si lascia intenerire dall'armonia concorde di suoni dolcemente modulati, è pronto al tradimento, agli inganni e alla rapina: i moti dell'animo suo sono oscuri come la notte, e i suoi affetti tenebrosi come l'Erebo. Nessuno fidi mai in un uomo simile.
    (mercante di Venezia: Lorenzo, atto V, scena I
    )

    Nulla si è ottenuto, tutto è sprecato, quando il nostro desiderio è appagato senza gioia.
    Meglio essere ciò che distruggiamo, che inseguire con la distruzione una dubbiosa gioia.
    (Lady Macbeth: atto III, scena II)



    La quintessenza di tutte queste commedie (al modo stesso che, rispetto alle grandi tragedie, si può in certo senso dire dell' Amleto) è il "Sogno di una notte di mezza estate"; dove le rapide accensioni, le incostanze, i capricci, le illusioni e le delusioni, le follie d'ogni sorta dell'amore si danno un corpo e tessono un loro mondo così vivo e reale come quello degli uomini che quegli affetti visitano, estasiandoli e tormentandoli, innalzandoli e abbassandoli; sicché tutto vi è parimente reale e parimente fantastico, secondo meglio piaccia chiamarlo. Il senso del sogno, di un sogno-realtà, permane e impedisce ogni freddezza di allegoria e di apologo.
    (Benedetto Croce)





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  2. gheagabry
     
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    Sonetto XXIII

    Come un attore imperfetto sulla scena,
    Che con la sua paura è affiancato da parte sua,
    Oppure qualche cosa di feroce piena di rabbia troppo,
    Abbondanza la cui forza si indebolisce il suo cuore;
    Così io, per paura di fiducia, dimentica di dire
    La cerimonia perfetta del rito d'amore,
    E in forza mio amore sembrano decadimento,
    O'ercharg'd con fardello di forza del mio amore.
    Oh! lasciare che il mio sembra essere allora l'eloquenza
    E presagers muto del mio seno parlare,
    Che chiedono per amore, e cercare ricompensa,
    Oltre che la lingua che più ha più express'd.
    Oh! imparare a leggere ciò che l'amore in silenzio ha scritto:
    Per ascoltare con gli occhi appartiene cioè fine dell'amore.

    William Shakespeare




    (dal web)
     
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  3. gheagabry
     
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    Le gioie violente hanno violenta fine,
    e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco
    e la polvere da sparo, che si distruggono al primo bacio.
    Il più squisito miele diviene
    stucchevole per la sua stessa dolcezza,
    e basta assaggiarlo per levarsene la voglia.
    Perciò ama moderatamente:
    l'amore che dura fa così.
    (William Shakespeare)


     
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  4. gheagabry
     
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    Chi crederà ai miei versi in un'epoca futura
    se li colmo del tuo pregio supremo?
    benchè essi lo sa il cielo,siano tomba che oscura
    la tua vita,e non la mostra a pieno.
    Se io potessi scrivere del tuo sguardo splendente,
    versare i versi freschi la grazia del tuo cielo
    quell'epoca direbbe"il poeta mente;
    mai tocco celeste ebbe volto terreno"
    Ed i miei fogli, dal tempo ingialliti,
    sarebbero derisi come vecchi cialtroni,
    mera follia di poeta esaltato,
    metro abusato di antiche canzoni.
    Ma vivesse un tuo figlio,tu vivresti
    duplice vita, in lui e nei miei versi.
    (William Shakespeare)






    Devo paragonarti a una giornata estiva?
    Tu sei più incantevole e mite.
    Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di maggio
    e il corso dell’estate è fin troppo breve.
    Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo
    e spesso il suo aureo volto è offuscato,
    e ogni bellezza col tempo perde il suo fulgore,
    sciupata dal caso o dal corso mutevole della natura.
    Ma la tua eterna estate non sfiorirà,
    né perderai possesso della tua bellezza;
    né morte si vanterà di coprirti con la sua ombra,
    poiché tu cresci nel tempo in versi eterni.
    Finché uomini respirano e occhi vedono,
    vivranno questi miei versi, e daranno vita a te.

    W. Shakespeare



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  5. gheagabry
     
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    BUON COMPLEANNO!!!




    La follia, mio signore, come il sole se ne va passeggiando per il mondo, e non c'è luogo dove non risplenda.

    (Feste:, da La dodicesima notte, atto III, scena I)

    Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti...

    (Iacopo: atto II, scena VII)


    Romeo: "io giuro il mio amore sulla luna." Giulietta: "Non giurare sulla luna, questa incostante che muta di faccia ogni mese, nel suo rotondo andare!"

    (da "Romeo e Giulietta")

     
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4 replies since 15/6/2011, 13:17   850 views
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