GIORGIO MORANDI

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  1. tomiva57
     
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    Giorgio Morandi
    Da Wikipedia





    « Esprimere ciò che è nella natura cioè nel mondo visibile è la cosa che maggiormente mi interessa »

    (Giorgio Morandi)





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    Giorgio Morandi

    Giorgio Morandi (Bologna, 20 luglio 1890 – Bologna, 18 giugno 1964) è stato un pittore e incisore italiano. Fu uno dei protagonisti della pittura italiana del Novecento ed è considerato tra i maggiori incisori mondiali del secolo.

    La sua pittura si può definire unica e universalmente riconosciuta; celebri le sue nature morte olio su tela, dove la luce rappresenta il fondamento delle sue opere. L'apparente semplicità dei contenuti (vasi, bottiglie, ciotole, fiori, paesaggi) viene esaltata dalla qualità pittorica.

    Riservato, dai tratti nobili, gentile sia nella vita privata che in quella professionale, Morandi ha fatto discutere Bologna per la sua personalità enigmatica ma fortemente positiva.

    Morandi ha vissuto in via Fondazza, a Bologna, con la madre e le tre sorelle Anna, Dina e Maria Teresa che lo hanno sempre accompagnato con nobile spirito fino alla sua morte avvenuta il 18 giugno 1964 dopo una degenza di un mese. Morandi, durante gli ultimi giorni della sua vita, stava coricato nel suo letto continuando con l'indice a disegnare nell'aria le forme che avrebbero fatto parte del percorso artistico che andava evolvendosi

    Biografia





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    Giorgio Morandi nel suo studio

    Giorgio Morandi nasce da Andrea e Maria Maccaferri il 20 giugno 1890. Il piccolo Giorgio abitò in un primo tempo in Via Lame dove nacquero anche il fratello Giuseppe, morto nel 1903 e la sorella Anna. Successivamente la famiglia si spostò in via Avesella n. 30, dove nacquero le altre due sorelle Dina nel 1900 e Maria Teresa 1906.

    Fin da ragazzo dimostra grande passione per l'arte figurativa convincendo i parenti a permettergli di iscriversi all'Accademia di belle arti di Bologna. Tra i suoi compagni di corso vi sono anche Severo Pozzati, Osvaldo Licini, Mario Bacchelli, Giuseppe Vespignani. Dopo la morte del padre avvenuta nel 1909, la famiglia si trasferì definitivamente in via Fondazza n. 36, Morandi divenne capofamiglia assumendosi tutte le responsabilità.

    Il percorso accademico e gli studi di Morandi furono eccellenti ma gli ultimi due anni furono caratterizzati da contrasti con i docenti dell'epoca, in quanto avendo egli già effettuato un personale e moderno percorso di conoscenza, spesso usciva dai canoni classici. Morandi, pur vivendo quasi sempre a Bologna, era fin da allora informato sulle opere di Cezanne, Derain e Picasso. Ma non è solo al presente che guarda Morandi, infatti successivamente ad un viaggio nella città di Firenze, riconsiderò grandi artisti del passato come Giotto, Masaccio, Piero Della Francesca e Paolo Uccello, che appunto faranno parte dello sviluppo artistico del pittore bolognese.

    In un primo tempo espose con i futuristi, diventando nel 1918 uno dei massimi interpreti della scuola metafisica con Carrà e de Chirico, periodo terminato nel 1919. Nel 1920 si accostò al gruppo "Valori Plastici", recuperando nelle sue opere la fisicità delle cose. In seguito intraprese una via personalissima, ma sempre calata nella realtà del mondo e delle cose. La sua prima esposizione personale avvenne nel 1914, dove si può riscontrare la forte influenza di Cezanne, pittore fondamentale per la sua formazione artistica.



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    Natura morta

    La fama di Morandi è legata alle nature morte e in particolare alle "bottiglie". I soggetti delle sue opere sono quasi sempre cose abbastanza usuali; vasi, bottiglie, caffettiere, fiori e ciotole che, composti sul piano di un tavolo, diventano i veri protagonisti della scena. La sua opera si compone anche di ritratti e paesaggi. Usare pochissimi colori è una sua particolare caratteristica, che lo rende poetico e surreale e anche se non particolareggiava i suoi soggetti, si può notare come essi non perdano di realismo.

    Di grande importanza nel lavoro di Morandi sono le acqueforti, eseguite da autodidatta che risolvono poeticamente molti problemi espressivi del mezzo impiegato. Fin dagli esordi del suo percorso artistico portò avanti la passione per le incisioni. Le sue prime lastre, ora purtroppo andate perse, risalgono addirittura al 1911, quando egli era appena ventunenne. Le opere, realizzate con grande cura, sono caratterizzate da segni sottili e rettilinei in un intreccio molto complesso di tratti con cui raggiunge dimensioni prospettiche di grande efficacia.

    È sepolto alla Certosa di Bologna nella tomba di famiglia dove giace insieme alle tre sorelle. Sulla tomba è ubicato un ritratto dell'artista eseguito e donato dal suo amico Giacomo Manzù.

    Nel 1992 in Palazzo D'Accursio a Bologna è sorto il Museo monografico dedicato a Giorgio Morandi. Tale realizzazione è stata possibile grazie alla donazione di Maria Teresa Morandi (sorella del pittore), delle opere e dell'atelier dell'artista, di proprietà della famiglia.

    L'allora sindaco di Bologna Renzo Imbeni ha reso possibile la fondazione del museo, tramite un interesse e un impegno totali. Hanno collaborato Marilena Pasquali, che ha diretto il Museo fino al 2001 raggiungendo risultati di assoluta eccellenza e che è attualmente Presidente del Centro studi Giorgio Morandi, e il maestro Carlo Zucchini che nell'occasione, per volontà di Maria Teresa Morandi, assunse l'incarico di garante della donazione.

    Ulteriori notizie


    Le opere di Giorgio Morandi, che non era molto propenso a partecipare a mostre personali o collettive, per interessamento del Centro studi Giorgio Morandi vennero esposte da una serie di mostre che a partire dal Museo d'arte moderna di Bologna circolarono in moltissime città del mondo.
    A Giorgio Morandi è stata dedicata una mostra al Metropolitan Museum di New York nel dicembre 2008, ciò ha contribuito alla grande ascesa a livello mondiale del maestro bolognese, eguagliandolo ai più grandi pittori del Novecento come Pablo Picasso e Giorgio De Chirico.
    Nel 1929 Giorgio Morandi ha illustrato l'opera Il sole a picco di Vincenzo Cardarelli, vincitore del Premio Bagutta.
    Hanno scritto di lui fra gli altri: Philippe Jaccottet, Jean Leymarie, Jean Clair, Yves Bonnefoy, Roberto Longhi, Francesco Arcangeli, Cesare Brandi, Lambeto Vitali, Luigi Magnani ed altri critici affermati.


    Fotografia e Giorgio Morandi

    Alcuni tra i fotografi più importanti del Novecento hanno ritratto Giorgio Morandi nella sua casa di Via Fondazza, nella casa di Grizzana Morandi, alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma.

    In alcune di queste fotografie Morandi appare insieme a Luigi Magnani, Carlo Ludovico Ragghianti, Carlo Carrà, Giuseppe Ungaretti ed altre personalità dell'arte figurativa e letteraria del Novecento.

    I principali fotografi che hanno ritratto Giorgio Morandi o lo studio sono: Herbert List, Duane Michals, Jean Francois Bauret, Paolo Prandi, Paolo Ferrari, Lamberto Vitali, Libero Grandi, Franz Hubmann, Leo Lionni, Antonio Masotti, Carlo Ludovico Ragghianti, Lee Miller, Giancolombo, Ugo Mulas, Luigi Ghirri, Gianni Berengo Gardin, Luciano Calzolari.

    Curiosità

    - Due oli dell'artista bolognese sono stati scelti dal Presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama nel 2009, ed ora fanno parte della collezione della Casa Bianca.

    - Morandi vedeva di buon occhio il mondo della cinematografia senza però mai occuparsene. Lo dimostra il fatto che ebbe contatti con Vittorio De Sica, Luchino Visconti, ed altri.

    - Negli anni ’60 la figura di Giorgio Morandi è stata oggetto di rinnovata attenzione ed ammirazione da parte di molti intellettuali italiani. Ne è esempio il fatto che suoi quadri vengono intenzionalmente mostrati sullo sfondo di importanti scene di due capolavori del cinema di quegli anni come "La notte" di Michelangelo Antonioni e "La dolce vita" di Federico Fellini. O che una scena di "Accattone" di Pier Paolo Pasolini e l'incipit di una pellicola di culto come "Capricci" di Carmelo Bene furono, per ammissione stessa dei due intellettuali, ispirate da dipinti dell'artista bolognese.

    - La film-maker Tacita Dean ha filmato l'interno dell'abitazione di via Fondazza 36, casa del maestro.

    Opere

    Paesaggio (1911)
    Natura Morta (1918)
    Natura Morta (1919)
    Natura Morta (1960)
    Autoritratto Morandi Giorgio (1918)

     
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  2. tomiva57
     
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    Autoritratto -1924


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    La pittura di Giorgio Morandi





    Giorgio Morandi era un pittore con un pensiero fisso. Qualcuno, nella sua produzione ripetuta all’infinito di pochi oggetti a cui tornava continuamente, ha voluto vedere un’inclinazione maniacale. Indubbiamente la sua singolare abitudine di seppellire nella terra i pennelli ormai consunti e non più utili all’uso, quasi si trattasse di oggetti venerandi, non aiuta a sfatare il sospetto della mania. Eppure quest’uomo schivo, distratto, e forse davvero anche un po’ maniaco, è riuscito a ritrarre, in pittura, la purezza e l’assoluto, cose che in un’unica parola definiamo poesia, ossia quell’equilibrio speciale tra forma e colore che, quando si sposano, sprigionano un canto, un’armonia che riesce a far vibrare le corde più profonde di chi ama e ricerca la bellezza. Lui era per l’appunto un cercatore inesausto e caparbio di questo equilibrio perfetto, e per potersi dedicare interamente alla sua ricerca conduceva una vita solitaria, quasi monacale, affrancandosi dalle piccole noie del quotidiano grazie all’assistenza pratica di tre sorelle devote e abbandonandosi all’operosità mai sazia o appagante della silenziosa e appartata esecuzione artigianale che persegue la più grande delle ambizioni: quella di accedere al capolavoro. Saggiava senza soste le sue capacità tecniche ed espressive attraverso tappe successive in cui otteneva (o riteneva di ottenere) risultati parziali, ma risultati che rasentavano spesso il sublime, respirando già l’aria della perfezione. Nella variante, nella serie di opere scandite da mutamenti anche minimi di posizione e di tono degli oggetti prediletti, Morandi scavava ed estraeva dal proprio interno le sue potenzialità, le analizzava, per così dire le smontava e rimontava, cercando sempre quell’elemento non ancora trovato che potesse esprimere l’inesprimibile. Egli voleva creare un’immagine capace di comunicare l’immutabilità e il senso dell’eternità, e aspirava a questo effetto ritraendo quasi sempre gli stessi oggetti dopo averli composti e ricomposti nei modi più diversi per cercare ogni volta un effetto di armonia che rasentasse la pienezza, una pienezza sempre difficile da afferrare ma la cui vicinanza gli faceva respirare continuamente l’afflato e la magia della creazione unica, assoluta. Molto appropriatamente la sua pittura è stata paragonata a quella del musicista che, di fronte all’ampiezza della tastiera, prova tutti i toni per distillare in ognuno l’essenza del suono puro, estraendo così l’ingrediente che ogni variazione può apportare alla sostanza dell’immagine. Così Morandi, pittore soprattutto di nature morte, bottiglie, vasi, qualche fiore e scorci di paesaggio non propriamente ameni, che “rivedeva” e”correggeva” continuamente, riesce a esprimere sovente, al di là della sua stessa consapevolezza (o meglio della sua incontentabilità), l’inesprimibile, e forse per questo è difficile definire la sua arte con le parole. Bisogna guardarle le sue opere, sostare davanti alle sue nature morte permeate di un’aura d’infinito, osservare le casseruole sintetizzate in forme plastiche che sembrano l’alter ego degli oggetti rappresentati, emozionarsi di fronte agli improvvisi squilli di bianco e di azzurro dei vetri accanto al basso terroso dei vasi di coccio, esaltarsi davanti a certi paesaggi che sembrano immagini di luce e di silenzio, immergersi insomma nel pathos silenzioso e sublime dei suoi quadri per capire che la sua pittura va al di là di ogni definizione.
    Morandi è senza dubbio un maestro moderno, per l’essenzialità della sua figurazione tesa alla rappresentazione più stringata delle cose, alla loro decantata purezza. Ma la sua pittura si inscrive decisamente nel solco della grande tradizione figurativa italiana. Ai suoi inizi non mancò di accostarsi alle avanguardie del Novecento; il surrealismo, il movimento più chiassoso dell’avanguardia, lo sfiorò appena, limitandosi a partecipare a una “serata futurista”, presenti Boccioni e Carrà, realizzatasi a Bologna nel 1914, la città dove nacque ed operò; in seguito fu attratto dalla metafisica, allorché Carrà e De Chirico ne fondarono il movimento, e volle dipingere alcune nature morte in chiave metafisica di fronte alle quali De Chirico non esitò a parlare di “metafisica delle cose quotidiane”; tuttavia era già una pittura, quella di Morandi, che tendeva a una purezza ordinata e geometrica ignorata dai fondatori del movimento. Infine provò interesse per la pittura di Cezanne a causa del fitto intreccio di piani scanditi nello spazio teso a comporre una perfetta geometria che caratterizzava il lavoro del maestro francese, quella visione che poi Braque e Picasso evolveranno o meglio semplificheranno nel cubismo. Ma Morandi, pur imbevendosi di questi influssi, non tardò ad imboccare la strada maestra del rigore e della disciplina delle forme volte all’armonia e alla purezza, una lezione che gli derivava dallo studio attento e intenso della grande pittura italiana del XV secolo, soprattutto di quella di Giotto, di Piero della Francesca, di Masaccio e di Paolo Uccello, non a caso tutti pittori che, cercando quella stessa purezza delle forme, elevarono solidi monumenti alla poesia.
    Gli oggetti che costituiscono la gran parte della produzione morandiana (e, direi, la migliore, senza dubbio superiore a quella rappresentata dai paesaggi e dai pochissimi ritratti), hanno, nelle diverse combinazioni in cui li ritrae il pittore, una loro muta e solenne realtà, una realtà che, attraverso lo sguardo magico dell’artista nel momento in cui li ferma sulla tela, appaiono come una realtà altra da quella di semplici oggetti, una realtà che va oltre le pieghe più nascoste dell’apparenza. Morandi ci restituisce insomma questa realtà misteriosa, non visibile ad occhio nudo, ed è come se catturasse il fantasma dell’oggetto, anzi, che operasse una magia su quell’oggetto, riducendolo all’essenziale e facendo scaturire dal suo sembiante una vibrazione particolare capace di destare un’eco profonda nell’animo di colui che lo contempla. Ancora oggi c’è chi parla di Morandi come di un provinciale (non si spostò mai dalla sua Bologna, tranne nei mesi più caldi dove si ritirava nella vicina campagna) e di un “piccolo maestro” perché dipingeva solo bottiglie e, di quando in quando (cioè durante i mesi trascorsi in campagna), lo scorcio limitato di paesaggio che vedeva dalla finestra di casa sua. Ma era un piccolo maestro come poteva esserlo un Vermeer o un Chardin; artisti, cioè, che rifiutarono il grande pathos e lo scenario sfarzoso per scegliere di riprodurre l’epifania della quotidianità, il canto interiore e rarefatto che scaturisce dalle piccole cose e che, quando viene catturato, è capace di attingere le vette di lirismo più elevate.


    Dionisio di Francescantonio
    ilculturista.it


     
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