FARI

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  1. gheagabry
     
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    Torreggiava, nudo e diritto, scintillando, bianco e nero e si vedevano già le onde che si frangevano in bianche schegge come frammenti di vetro sugli scogli"
    (Virginia Woolf)


    I FARI


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    I fari hanno una loro personalità, sono diversi una dall'altro nel loro aspetto esteriore, sono situati in posizioni strategiche, su dirupi rocciosi, su piccole isole semideserte, su basse coste frastagliate, ma sopratutto la loro luce è diversa. Ogni faro ha un suo segnale ben preciso, ed è in base a questo segnale che il faro viene riconosciuto dal navigante che cerca la via nella notte. Lampo, eclissi, eclissi lampo ..... così all'infinito. I fari sono monumenti antichi, molti risalgono ad epoche lontane, i più recenti sono stati costruiti nei primi anni del 1900, ma, soprattutto, i fari non verranno più costruiti, non ce ne saranno mai dei nuovi, sono quindi il ricordo di un'epoca passata che non tornerà più. Quante storie potrebbero raccontare i fari... Di terribili tempeste che li squassavano alle fondamenta, di salvataggi, di naufragi ...e tanto mistero... Forse perché si trovano sempre in zone isolate e selvagge...o per via del vento che sibila su per le scale a chiocciola, per il rumore delle onde ai suoi piedi, o per il tamburellare della pioggia sui vetri ........... Ma la storie più belle le racconta quel fascio di luce che spazza il buio della notte, quel fascio che lambisce il mare, che dice al il marinaio che lì c'è un pericolo da evitare, e che da lì può arrivare al porto e alla salvezza.
    (dal web)


    ho visto moti fari....vellutati..alti ...magici...irreali...e reali
    ho visto fari che toccavano le stelle,
    ho visto fari luminosi..e anche quelli spenti....
    ho visto fari colorati color arcobaleno
    ma uno in particolare mi ha fatto assaporare l'assenza di tempo
    gli occhi di un bambino che guardavano il suo castello di sabbia.
    (dal web)


    ...i fari nel mondo......


    L'Inghilterra ha una lunga tradizione marinara ed è forse per questo che è stata una delle prime nazioni a sentire l'esigenza di creare una serie di segnalazioni luminose lungo le coste per mettere in guardia le navi dai pericoli rappresenti da secche e scogli. Uno scoglio affiorante è uno dei pericoli più seri per una nave in navigazione durante la notte, grande o piccola che sia, e lungo le coste inglesi, particolarmente quelle nebbiose e tempestose del Canale della Manica, se ne trovano moltissimi e l’unico modo per evitare questo pericolo è quello di costruirci sopra un faro.
    Uno dei fari inglesi più famosi e anche uno dei più antichi esistenti al mondo è il Faro di Eddystone, un faro con una storia tormentosa, perché fu ricostruito ben quattro volte, che si trova sulla costa meridionale dell’Inghilterra, a circa 13 miglia a Sud di Plymouth, Latitudine 50°10'80" Nord, Longitudine 04°15'90" Ovest, costruito sullo scoglio omonimo, reso tristemente famoso dalla quantità di naufragi che vi si erano verificati.

    Vierge è una piccola isola che si trova lungo la costa Nord Occidentale della Francia, in quella Regione, Finistère (Finis Terrae, la fine del mondo) tristemente nota ai naviganti per le sue coste frastagliate e pericolose. Vierge non è altro che uno scoglio più grande in mezzo ad una barriera di scogli, bassi e disseminati in mare, un pericolo costante anche a causa delle alte maree. Il governo francese acquistò l’isola nel 1840 per costruirvi un faro, una torre quadrata in granito alta 32 metri, con una portata di 14 miglia, inaugurata il 15 Agosto 1845, che si rivelò subito inadatta ad illuminare quel largo tratto di mare. Nel 1882 la autorità decisero di costruire un nuovo faro, senza abbattere il vecchio.... Il risultato è grandioso : una torre cilindrica in granito scuro di Kersanton, con una base di 13,20 metri e alta 82 metri che diventa il più alto faro d’Europa, superando anche la Lanterna di Genova, che, con i suoi 77 metri, aveva detenuto il primato fino a quel momento.


    "a miglia 14 da Peggi (Pegli, pochi Km a ponente di Genova), città con buonissimo porto e alla parte di ponente, vi è una lanterna altissima e dà segni alli vascelli che vengono a piè di detta lanterna".
    (da un manoscritto del XVI secolo)



    ......la " LANTERNA ".....
    La_Lanterna_di_Genova_al_Tramonto


    La Lanterna, da secoli, è il simbolo di Genova la Superba.....
    è uno dei più antichi fari ancora utilizzati: alta 117 metri, domina la città e il mare fin dal XVI secolo e irradia la sua luce fino a 36 miglia marine di distanza (50 chilometri). Il Medioevo è stato definito l’epoca dei secoli bui, ma è proprio in questo periodo che si trovano alcune tra le più belle costruzioni fatte dall’uomo. Le origini della "lanterna" sono molto incerte e avvolte nella leggenda. Alcune fonti fanno risalire la costruzione della prima torre al 1128, ma pare quasi certo che intorno al 1129, in una località chiamata Capo di Faro, sia stata eretta una torre, la cui cura venne affidata agli abitanti della zona circostante “Habent facere guardiam ad turrem capiti fari”, questo il loro compito insieme a quello di rifornire costantemente la torre con fasci di “brugo” (erica secca) e “brisca” (ginestra secca) che servivano per alimentare il fuoco sulla torre. Tuttavia, per rendere più facile l’avvicinamento a Genova, si continuavano a tenere accesi anche dei fuochi sulle alture intorno alla città, anch’essi alimentati con erica ginestra....Dai registri della locale autorità marittima dell’XII secolo risulta che niente veniva tralasciato per la cura e la manutenzione della torre e nel 1161 un decreto obbligava ogni nave in arrivo a pagare una tassa di approdo per contribuire alle spese di accensione del fuoco.


    ...Nessuno va mai sull'isola ormai, solo i marinai di qualche nave che passa più vicina di altre hanno detto di avere sentito, nel silenzio della notte, le note di un pianoforte confuse con il soffiare del vento e di avere intravisto, contro la luce della lanterna, la sagoma di un uomo in piedi sul terrazzino fuori dal faro che fumava tranquillamente la sua pipa.. ...sono colui che nell'oblio della solitudine illuminata dalla luce dal faro, cerca un piccolo spazio per poter parlare con se stesso..e intanto le onde continuano ad infrangersi sul mio cuore, e dai miei occhi bagnati dal vento, dal freddo vento gelido del nord, continua ad uscire il sangue della mia anima..
    (dal web)


    .......la storia, miti e leggende......


    “Il Faro era allora una torre argentea, nebulosa, con un occhio giallo che si apriva all’improvviso e dolcemente la sera”, così lo vede Virginia Woolf (1882-1941) nel suo romanzo del 1927 “Gita al Faro” (To the lighthouse), ma già Omero (VIII secolo a.C.) nel XIX libro dell’Iliade paragone lo sfavillio dello scudo dell’irato Achille ad uno di quei fuochi che dalle alture rendono sicura la via ai naviganti. Sono anche entrati a far parte del mito : antichi autori, da Ovidio a Virgilio ci raccontano la storia di Ero, la sacerdotessa di Afrodite e del suo amante segreto, Leandro, che ogni notte attraversa a nuoto l’Ellesponto per raggiungerla, guidato da una fiaccola che lei regge tra le mani per illuminargli la via. Ma una notte il vento spegne la fiamma e Leandro, senza più una guida, si perde tra i flutti, mentre Ero, disperata, lo segue. Ecco l’importanza della luce nella notte, la prima immagine del fuoco che guida nel buio della notte, vitale per chi solca il nero mare, elemento ancora sconosciuto. Intorno al 1200 a.C. fanno la loro comparsa nel Mediterraneo i Fenici, gli abitanti di una zona costiera oggi divisa tra Libano, la Siria ed Israele, un popolo fino ad allora diviso in tribù, e che raggiunta un’unità nazionale cominciano ad espandersi verso il mare portando avanti un proficuo commercio con tutte le altre popolazioni ed arrivando addirittura ad oltrepassare le Colonne d’Ercole, quel limite altre il quale nessuno aveva mai osato avventurarsi, convinti che al di là vortici marini e creature mostruose avrebbero inghiottito navi e uomini. In realtà nessuno conosce il nome di questo misterioso popolo di navigatori, furono i Greci a chiamarli “φοινίκές” (phoinikes), cioè “rossi di porpora” dal colore di quelle rosse stoffe, tinte con una strana conchiglia, che commerciavano, insieme ad olio, vino e legno di cedro.

    È solo attorno all'anno 300 a.C. che sorsero le due grandi strutture che rimarranno per secoli esempi unici di fari monumentali. Il Colosso di Rodi, considerato una delle sette meraviglie del mondo, era un statua enorme, alta circa 32 metri secondo Plinio il Vecchio, che rappresentava Elios, il dio del sole, con un braciere acceso in una mano, collocata sopra l'entrata del porto. Fatta costruire da Cario di Lindo attorno al 290 a.C., la statua ebbe vita breve, distrutta successivamente da vari terremoti.
    L'esempio più illustre dei fari dell'antichità, un'altra delle sette meraviglie del mondo, fu il Faro di Alessandria, la città fondata in Egitto da Alessandro Magno. Fu costruito sotto la dinastia dei Tolomei attorno al 280 a.C. sull’isolotto di fronte alla città, dal cui nome Pharos “Φάρος” (Faro) deriva la parola faro nelle lingue di origine greca e latina. Con una torre di altezza stimata tra 115 e 135 metri, rimase per molti secoli tra le strutture più alte realizzate dall'uomo. Un fuoco acceso in sommità emetteva un segnale luminoso che, grazie ad un sistema di specchi che si diceva ideato da Archimede, aveva una portata di oltre 30 miglia. Il faro fu successivamente danneggiato gravemente nel 641 nella conquista araba della città, terminando la sua funzione di lanterna. La torre crollò nei secoli successivi distrutta da diversi eventi tellurici.
    Dopo questi esempi illustri, la storia dei fari riprese secoli dopo solo con i Romani che edificano numerose torri adibite a fari lungo le coste dei loro domini, dal Mediterraneo fino al Canale della Manica. Prima della caduta dell'Impero Romano almeno 30 torri di segnalazione illuminavano il mare. Di questi esempi sopravvive tuttora alla furia degli eventi il faro di La Coruña, l'antica Brigantium, in Galizia.
    Nel Medioevo, anche molte luci sul mare vennero a spegnersi così come la navigazione e gli scambi commerciali subìrono un brusco rallentamento.
    Soltanto nel Nord Europa a seguito dell’epopea marittima dei vichinghi la navigazione prese ad espandersi e a estendersi a tutto il Mare del Nord. Nel corso del Medioevo su numerose coste delle isole britanniche e francesi la funzione di faro era spesso svolta dai campanili dei monasteri edificati su punti strategici e visibili da notevole distanza. In Italia con l’avvento delle Repubbliche Marinare si tornarono ad edificare torri e fari lungo le coste più battute dalle rotte dell’epoca e in corrispondenza dei porti più trafficati.
    L’epoca del Rinascimento e del Barocco poi, vide sorgere grandi fari monumentali, veri e propri castelli in mezzo al mare, come quello di Le Cordouan, all’estuario della Gironda, in Francia, opera dell’architetto Louis de Foix, iniziato nel 1584 e terminato nel 1611, e quello di Eddystone, in Inghilterra, costruito su uno scoglio all’ingresso del Canale della Manica nel 1696, distrutto nel 1703 e ricostruito svariate volte. Queste costruzioni scenografiche e suggestive, erano tuttavia poco adatte a svolgere il compito per cui erano state costruite.
    Solo a partire dalla fine del 1700 e nel 1800 i fari assunsero l’aspetto comunemente conosciuto oggi: quello di una torre dalla forma circolare più o meno imponente e più di rado quadrangolare
    In modo corrispondente al cambiamento dell’aspetto del faro come costruzione architettonica, nel corso del tempo cambiarono anche i combustibili utilizzati per ottenere la luce necessaria alle segnalazioni: dalle fascine di legna, al carbone, alle candele di spermaceti (la materia grassa che si trova all’interno del cranio dei capodogli che ha la particolarità di non fare fumo), fino all’olio di balena o a quello di oliva, a seconda delle latitudini, per poi, arrivare, dalla metà del 1800, ai diversi derivati dal petrolio e da ultimo all’elettricità.
    Infine si adottarono diversi sistemi per ampliare ed intensificare la luce prodotta dal faro e renderla sempre più visibile a grandi distanze (anche 50 miglia ovvero oltre 80 km). Il contributo più importante in questo campo fu apportato da uno scienziato francese, Augustine Fresnel (1788-1827) con l’invenzione della sua lente rivoluzionaria, che ancora oggi viene usata in tutti i fari del mondo.
    (dal web)



    C’era un ragazzo che adorava stare di fronte al mare..
    Il ragazzo aveva imparato il silenzio.
    A tacere...
    E nelle lunghe ore trascorse davanti all’azzurra distesa ascoltava...
    In quelle ore, egli raccoglieva infiniti messaggi
    che qualcuno lontano-lontano non-si-sa-dove, non-si-sa-quando, aveva affidato alle onde.
    Messaggi che agli altri, ai più, non giungevano
    Il suo era un regno fatto di instancabili onde...
    Onde che si rincorrevano mutevoli, sempre diverse, senza fine come il tempo.
    Ed era fatto di luce di aspro profumo d’altomare, di sabbia alzata dal vento, di assordante frastuono.
    E lassù, silenzioso, irraggiungibile, il gioco perenne delle nuvole.
    Era questo il suo regno..
    E fin da allora cominciò ad avvertire la sottile, inquietante presenza dei fari
    I fari sospesi sulla vertigine del cielo.
    Appena accarezzati dallo scorrere del tempo....silenziosi testimoni della notte
    ...sempre sul confine della nostalgia.
    Alfabeto muto per ignote navi.
    Dito teso, alzato verso l’oscuro continente dell’invisibile e del mistero.
    Lui, li avrebbe sentiti per sempre come uno strappo, un varco nel tessuto della realtà..
    Voragine aperta al vento della fantasia e all’inquietudine
    Il ragazzo sapeva aspettare..
    E quando infine giungeva il momento magico,
    il crepuscolo, che incendiava il cielo di colori...
    i fari… tutti i fari del mondo
    tutti quelli che riusciva ad immaginare prendevano vita…
    Da ogni costa, ogni porto, ogni isola e scoglio
    forse iniziava un lungo, interminabile dialogo.
    Forse i pesci affollandosi, ad un solo segnale accendevano gli occhi loro ardenti..
    Dentro la cupa distesa, tumultuoso il silenzio..
    Negli argentei balzi..la festa non detta ..
    E se fossimo noi? Se fossimo noi le navi a cui parlano i fari?
    E se fossimo noi, i pesci a cui brillano gli occhi...
    certe sere sul mare, certe sere, che vien da fissare
    un punto lontano e dei fari… il lento pulsare...
    Vien notte. Sorridono gli occhi. Al largo, irraggiungibili, i bagliori...
    (klimt77, dal web)


    FARI-ROMANTICI



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    Edited by gheagabry1 - 5/4/2024, 23:24
     
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    BEACHY HEAD LIGHTHOUSE




    Beachy Head è un promontorio calcareo sulla costa Sud dell'Inghilterra, più precisamente nel distretto di Eastbourne della contea di East Sussex.
    L'area al di sopra della scogliera fa parte del Downland Country Park
    La falesia è soggetta a frane dovute all'erosione della roccia calcare, che comportano il continuo arretramento della scogliera


    Beachy-Head_20060703-059_900



    Il faro di Beachy Head , costruito ai piedi della scogliera entrò in servizio nel 1902 ed è tuttora funzionante.

    Edited by gheagabry1 - 5/4/2024, 23:25
     
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  4. gheagabry
     
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    Fari che illuminano anche… gli occhi

    Bretagna, Oregon, Islanda o Nuova Zelanda: le lighthouse-icone nel mondo



    Dal falò sull’isola di Pharos, sempre acceso per guidare i naviganti, alla futuristica torcia del Madang Lighthouse in Papua Nuova Guinea. Il faro, come ultimo avamposto di civiltà prima dell’infuriare delle onde, guida per le navi in un’epoca priva di radar e bussole, è un elemento classico e affascinante del paesaggio costiero. Nonostante l’introduzione di apparecchiature elettroniche sempre più sofisticate, rimane comunque uno strumento essenziale per la navigazione, come testimoniano fari modernissimi di recente costruzione. Alcuni sono stati riadattati e trasformati in alberghi o ostelli, altri invece mantengono intatto il loro fascino selvaggio.

    Da cartolina. Con il suo disegno a spirale a larghe strisce somiglia un po’ all’insegna dei barbieri vecchio stile, il faro di Cape Hatteras, nel Nord Carolina, così caratteristico da essere stato eletto a simbolo dell’intero stato. E così prezioso, che quando l’avanzata del mare lo ha minacciato, si è deciso di spostarlo in un punto più sicuro della costa. E’ successo nel 1999. Già a partire dalla data di costruzione del faro definitivo, nel 1870, era iniziata un’azione di lenta ma inesorabile erosione della costa. Situazione che iniziò a farsi preoccupante a partire dal 1919, quando la battigia era avanzata fino a circa 90 metri dalla torre. Si iniziarono allora opere di contenimento e di barriera, ma senza risultato: anno dopo anno, centimetro dopo centimetro, le onde stavano letteralmente mangiando la terraferma. Finché negli anni Novanta, non senza qualche polemica, e il timore che il faro non sopravvivesse, si decise di spostarlo di 900 metri verso l’entroterra. Ma senza smontarlo: il faro fu caricato su una grande piattaforma e spostato un pezzetto alla volta fino alla sua nuova location. Qui oggi è aperto al pubblico, e continua a svettare con la sua singolare decorazione in bianco e nero.



    Se volete vederne uno che somigli ancora di più a una gigantesca caramella, non avete che da spostarvi sul lago Michigan, dove sorge un faro tutto bianco e rosso come un bastoncino candito. Icone dei fari lacustri (e protagonista di gadget, targhe decorative e quant’altro), il White Shoal Light si trova su una piattaforma nel mezzo delle acqua del lago. Per ammirarlo da vicino, si consiglia di noleggiare una piccola barca a motore, ma ci sono anche tour organizzati che portano i turisti accanto al faro, così popolare da aver ispirato una replica esatta, in scala minore, sul lago Hvasu, in Arizona.

    Sullo stesso design ce n’è anche uno in Florida a St. Augustine, supportato da un’organizzazione agguerritissima: è aperto per le visite ogni giorno dalle 9 di mattina alle 6 di sera, c’è un servizio meteo che annuncia in anticipo se le condizioni saranno abbastanza buone per salire sulla torre o affacciarsi sul molo, un negozietto dove fare rifornimento di riproduzioni in miniatura del faro e altri gadget a tema marinaro. Una piccola industria tutta volta alla conservazione del passato costiero della Florida, a partire proprio dal faro che nei decenni ha svolto un’importantissima funzione segnalando ai naviganti il cosiddetto “Crazy Bank”, una lingua di terra che si sposta con le maree, che rende decisamente pericolosa la navigazione sottocosta. Ora che la conformazione della costa è cambiata, il faro, ancora attivo, è diventato anche un punto di aggregazione per far conoscere usi e abitudini della zona. Mostre, dimostrazioni pratiche della costruzione di barche, conferenze e visite guidate animano tutto l’anno la vita del St. Augustine Lighthouse. E per aggiungere un brivido in più, si dice che il faro sia infestato dai fantasmi: una visita al chiaro di luna potrebbe rivelare presenza paranormali.



    Tornando in Europa, tra i fari più variopinti spiccano quelli islandesi, spesso di un giallo arancio brillante per essere individuati più facilmente tra la nebbia e le tempeste. Uno dei più impervi (ma non per questo meno fotografati) è quello di Grimsey. Sorge su un’isoletta che conta appena un centinaio di abitanti, a cui si arriva in traghetto, godendosi una minicrociera di tre ore nella baia di Eyjafjordur, con la possibilità, durante il tragitto, di avvistare uccelli marini, foche e persino balene. Grimsey è l’unico territorio islandese oltre il circolo polare Artico, ed è dotata anche di un piccolo aeroporto. Uno dei motivi per ci è famosa è proprio il faro, arancione brillante, che spicca sulla scogliera, insieme alle colonie di uccelli che ne fanno un paradiso per i birdwatchers. L’arancio e in genere i colori forti sono una caratteristica dei fari islandesi: evidente il motivo di creare uno stacco forte con la dominante cupa del paesaggio e del suo clima tipicamente cupo.



    All’estremo limite dell’Europa. “Aqui… Onde a terra se acaba e o mar começa….” , e cioè “qui dove la terra finisce e inizia il mare. E’ la frase scolpita su una lapide di pietra ai piedi del faro di Cabo da Roca, in Portogallo, il punto più a ovest dell’Europa (a 38° 47′ di latitudine nord, e a 9° 30′ di longitudine ovest). Ci si arriva da Sintra con un autobus di linea, e anche se il luogo è decisamente turistico, non manca di esercitare il suo fascino selvaggio. Bastano il rumore delle onde che si infrangono sulla scogliera, percettibili spesso a distanza di chilometri, dall’altopiano che conduce al promontorio, il panorama marino a perdita d’occhio, l’odore dell’oceano, per restituire la sensazione di un luogo estremo, quasi mitologico. Pensando a quando qualcuno guardava oltre questo promontorio immaginando terre impensabili di là di un mare che si credeva ininterrotto.



    Le regioni dei fari. Esistono due coste al mondo uniche per i fari che le punteggiano. Sono zone che sfidano quotidianamente il mare, che convivono con le maree e la forza dell’oceano. In Europa, la Bretagna, dove si può percorrere una vera e propria “strada dei fari” – ce ne sono una cinquantina, alcuni dei veri gioielli architettonici e di decorazione. Come il Kéréon, il “Palazzo del mare”: all’interno splendide “boiseries” e una rosa dei venti in ebano e mogano, con un arredamento curato come non mai. Qui i guardiani avevano un comfort insperato e non abituale, forse per compensare la durezza dell’isolamento e la difficoltà dell’avvicendamento. Costruito su uno scoglio, il faro di Kereon non ha approdo per le barche, e i guardiani si dovevano calare pericolosamente con una fune.



    Proprio per le condizioni in cui molti dei fari si trovano (su scogliere remote, su isolotti rocciosi o ancora direttamente in mezzo al mare), sono pochi quelli che è possibile visitare. Uno che sfida i più audaci è quello di Eckmühl a Penmarc’h, che permette a chi se la sente di salire i suoi 307 gradini per godere dalla terrazza di un panorama unico.

    Negli Stati Uniti, invece, la costa dei fari è quella dell’Oregon. Il più antico è quello di Cape Blanco, a Port Orford, che vanta il suo primato non solo nello stato, ma in tutta la costa Ovest. Candido, con il tetto rosso, e accanto una casetta altrettanto bianca, è stato acceso per la prima volta nel 1870 e non ha mai smesso di guidare i naviganti lungo la costa scoscesa. Ufficialmente non è aperto ai visitatori, ma andando durante la settimana, in momenti di scarsa affluenza turistica, si può ottenere il permesso di dare una sbirciatina all’interno. Sempre sulla costa dell’Oregon, da non perdere è il Tillamook Rock Lighthouse, sicuramente il più spettacolare. Peccato solo non poterlo vedere da vicino, dato che si trova su un isolotto di roccia a un miglio circa dalla costa. Un consiglio: macchina fotografica dall’obiettivo potente e un buon binocolo, lo spettacolo merita realmente. Date le difficili condizioni di vita dei guardiani e i costi altissimi di manutenzione, il faro di Tillamook Rock non è più attivo dal 1957, ed è stato trasformato in un singolare cimitero: può ospitare fino a mezzo milione di urne cinerarie.



    Non mancano poi i fari sulle coste canadesi. Nel Quebec c’è una route des phares. Ma in assoluto ne spicca uno, in Nova Scotia, a Peggy’s Cove. che ha trasformato in una vera attrazione turistica. È un faro bianco con il tetto rosso, ancora oggi in funzione, che si trova su una scogliera di granito battuta dalle onde. Occhio ai cartelli: il mare è imprevedibile, e bisogna stare attenti ai limiti da non oltrepassare, si rischia di essere spazzati via da un’ondata, fatto che ha portato in passato ad incidenti dai risvolti tragici. Evitando passi falsi, comunque, il faro è davvero uno spettacolo, e ancora più bello è unire una visita al paesino poco lontano, un villaggio di pescatori di aragoste dove nulla vieta di fermarsi a pranzo. Qui, sul sito della Nova Scotia Lighthouse Preservation Society, si trovano tutte le informazioni sul faro, ma per chi al momento si deve accontentare solo di sognare il viaggio, a questo indirizzo c’è una webcam live 24 ore su 24.

    Agli antipodi. Uno dei fari più spettacolari da visitare downunder è quello di Cape Reinga (o Te Rerenga Wairua in lingua Maori) in Nuova Zelanda. Nell’estrema punta nord, è un luogo che secondo la tradizione è abitato dagli spiriti dei morti, che trovano qui la porta per l’aldilà. Ma non è assolutamente un luogo macabro, tutt’altro: con i suoi colori accesi, la natura rigogliosa, i verdi e i blu che si susseguono, trasmette una forza vitale che nulla a che vedere con il nostro modo di intendere il regno dei morti. Il faro, poi, è un piccolo gioiello bianco che spicca contro l’orizzonte. Anche se non si può visitare l’interno, se ne può comunque godere la vista. Difficile davvero descrivere a parole il panorama, così come la stessa strada che porta al faro, una stretta lingua grigia che conduce fino all’estremità del promontorio, uno dei luoghi simbolo della Nuova Zelanda antica e delle sue leggende, ma anche di quella moderna e del suo turismo, che l’hanno resa famosa senza però snaturarne lo spirito. Ma la scena più bella è forse quella che si gode dall’alto, con il faro che si staglia tra il verde prato, impareggiabile, dell’estremo lembo neozelandese, e il blu Pacifico, qui più oceano che mai, come dimostrano le indicazioni “a freccia” che di fronte al faro ricordano al viandante quanto si trova lontano da qualunque angolo del mondo (Australia compresa).



    Tasmania, tra oceano e rainforest. E a proposito di down under, un’altra area che concentra fari di ogni dimensione e forma è l’estuario del Gordon River, un intricato dedalo di isolotti, quasi ognuno dei quali ha un piccolo faro in legno a segnalare il pericolo ai naviganti. Su tutti, domina il Cape Sorell Lighthouse, in cemento, con la sua altezza focale di 51 metri il secondo faro più alto d’Australia. Vedere questi piccoli gioielli è facile (si fa per dire), una volta arrivati in Tasmania (un’ora e mezzo di volo oltre Sydney o Melbourne): Strahan, sulla verdissima costa occidentale è una tappa obbligata per immergersi nell’immensa rainforest, del Sudovest dell’isola, foresta estesa su un’area grande come la Sardegna. Da quella che i suoi abitanti definiscono “la più bella piccola città del mondo” – e che molto piacevole è davvero – si parte per escursioni in catamarano attraverso il fiume Gordon, che penetra nel cuore della foresta di Huon Pines. E la serpentina tra isolotti e fari è un passaggio obbligato

    Fuori dalle convenzioni. Pensando ai fari, però, non dobbiamo avere in mente solo forme convenzionali o classiche. Ce ne sono alcuni che sfidano i sogni dell’architetto più avveniristico. Come il Madang Lighthouse, che si trova per l’appunto a Madang, in Papua Nuova Guinea. La luce prodotta è pari a un milione di candele, e la sua forma viaggia a metà tra la torcia e il missile luminoso puntato verso il cielo. Di tutt’altro sapore, decisamente più retro, ma comunque diversi dal faro nell’immaginario collettivo, ce ne sono alcuni che nulla hanno delle svettanti torri costiere, ma sono più simili a casette “sui trampoli”. Come il Low Lighthouse, a Burnham-on-Sea, in Gran Bretagna, costruito sulla costa come una palafitta perché si trova in una zona di frequenti cambi di marea. Simile, il Middle Bay Lighthouse, in Alabama. Talmente isolata la vita dei suoi guardiani che nel 1916, quando la moglie del guardiano ebbe problemi ad allattare il bimbo che aveva appena partorito, le fu portata fin lì una mucca, in modo da avere sempre latte a disposizione.



    Classici a due passi. In Italia. Una penisola fatta per la maggior parte del suo territorio di coste, spesso rocciose, non può che essere tra i luoghi in cima alle classifiche per varietà e bellezza dei suoi fari. Spicca tra tutti la Lanterna di Genova, vero e proprio simbolo della città: alta 76 metri, spicca sul promontorio di San Benigno, a poca distanza dal quartiere di Sampierdarena. Data l’altezza dello scoglio su cui è costruita, dal mare alla punta della torre ci sono quasi 120 metri, che contribuiscono alla sua visibilità. Non a caso il promontorio è stato scelto già dal XII secolo per ospitare un faro, ma la costruzione della Lanterna come la conosciamo oggi – su due ordini, a sezione quadrata – risale al 1543. Si dice che il Doge Andrea Centurione Pietrasanta apprezzò così tanto l’opera da far gettare l’architetto giù dalla sua stessa creazione, per evitare che in futuro potesse superarsi e costruire un faro più bello. Oggi la Lanterna si può visitare, e accanto sorge un museo che racconta la storia della città, le sue continue trasformazioni e, naturalmente, non manca una sezione dedicata al funzionamento dei fari.

    Se la lanterna si contraddistingue per la base quadrata, il faro di San Vito lo Capo, a Trapani, non sfugge alla classica forma circolare. Davvero fondamentale la sua opera, dato che ha il compito di segnalare con una luce rossa la secca rocciosa che dalla costa si estende per un paio di miglia in direzione nord, che sin dall’antichità ha mietuto non poche vittime tra le navi che solcavano il Mediterraneo, come testimonia anche la grande quantità di reperti restituiti dal mare . Costruito dai Borboni nel 1854, svetta isolato su una punta che si protende in mare, dando un’impressione di assoluto isolamento. E così è stato per molti decenni, quando ci si arrivava solo a piedi per uno stretto sentiero su cui il fanalista doveva trasportare viveri e materiali per il funzionamento del faro stesso.



    Articolo di Flaminia Festuccia
    Fonte: viaggi.repubblica.it

     
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  5. gheagabry
     
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    Dallo zio di Colombo a oggi, i ‘torrexani’

    Articolo tratto da: www.ansa.it

    La leggenda racconta che attorno al 1449 tra di loro vi fu anche Andrea Colombo, zio paterno del leggendario Cristoforo: sono i custodi della Lanterna, in dialetto i ‘torrexani’, un tempo impegnati con secchi e spugne nel mantenimento della pulizia dei vetri e oggi tecnici pronti ad entrare in azione in caso di guasti improvviso.

    Dello zio di Colombo si hanno solo frammentarie informazioni, a tal punto da dubitare sulla veridicità della notizia, mentre certamente si sa che in passato i custodi dovevano porre una cura particolare nella manutenzione e nella pulizia di questi cristalli e per compiere bene il loro lavoro ricevevano bacinelle, spugne di mare e panni. E’ altresì certo che nel 1405 i guardiani del faro erano sacerdoti, e che per questo sulla sua sommità vennero innalzati un pesce ed una croce, simboli cristiani; nel 1481 un fulmine colpi la torre tramortendo uno dei guardiani.

    Oggi il faro e’ curato da Angelo De Caro. Come gli antichi ‘turrexani’ Angelo sale ogni giorno fino alla cupola usando un piccolo montacarichi che vi e’ stato installato alcuni anni fa e si prende cura delle lenti di Fresnel, tenendole lucide e brillanti, così come della lampadina da 1000 Watt. Angelo De Caro e’ rimasto solo sulla Lanterna, ormai automatizzata, ed il suo compito principale e’ solo quello di controllare che tutto funzioni a dovere.


     
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  6. tappi
     
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    grazie gabry
     
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  7. ZIALAILA
     
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    Pare ci sia una lunga lista d'attesa per prendere il posto di Zvone, l'attuale guardiano del faro ottocentesco di Veli Rat, a conferma che l'isola di Dugi Otok è rifugio non solo di falchi e delfini, ma anche di indoli contemplative.....

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    faro sullo scoglio di PORER ( Istria )


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  8. gheagabry
     
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    ... GUARDIANO SILENZIOSO ...
    … Si staglia imponente e fiero sulla costa; il suo sguardo protegge e carezza, sospinge cuori desiderosi di avventura di solcare il mare oscuro per la notte senza indugi o pericoli. Sfida con la sua delicata imponenza le onde, alte, violente, ricche di quella schiuma bianca che contrasta col buio di quel mare arrabbiato. Solenne nella sua semplice forma, come dito di una mano che indica la strada, come baluardo di tranquillità, immobile nel bel mezzo di un moto continuo, imprevedibile, imperturbabile. Il faro è una delle costuzioni, che racchiude in se un numero infinito di simboli e di emozioni. Come un saggio comandante di una nave, silenzioso osserva il mare cercando di intuirne gli “umori”allo scopo di consentire al proprio equipaggio una navigazione serena e sicura. Spesso quando vado al mare mi piace, in una notte stellata, fermarmi ai piedi di uno di questi preziosi guardiani, e con lo sguardo seguire il fascio di luce che ad intermittenza illumina lo spazio di mare davanti a me. Sembra come se quel raggio di luce sia un fantastico tappeto luminoso sul quale possono accomodarsi tutti quei viandanti del mare che hanno bisogno di quella carezza luminosa. Mi affascinano i fari … chissà forse un giorno vorrei trascorrerci una notte … credo che in quel luogo ogni respiro regali solennità, ogni singolo gesto semplice desiderio di protezione … Vi abbraccio fortissimo … e, ovviamente, Buona Estate a tutti ….
    (Claudio)



    ... Quello è il faro ...

    Quello è il faro
    e noi
    sui gradini dell'immaginazione
    indoviniamo i flutti dove vanno.
    Mi stringi forte ora
    su questo scoglio
    illuminato dalla luna
    mentre mi bagna il mare,
    con spruzzi di topazio profumato.
    Quando poi
    mi cingi i fianchi
    mi offri i brividi
    che dà la notte scura
    ed io,
    riesco anche a sentire
    le note gutturali di sirene.
    Non è mai freddo qui
    pur se l'inverno dell'assenza
    nevica malinconia
    beviamo assenzio,
    per riscaldare il pensiero
    per sublimare
    l'acme del momento.
    Si,quello è il faro,
    e la sua luce guida smarrimenti
    sopra ai miei fogli
    arrotolati sull'onda di ritorno.


    ( Alda Merini)



    Faro-di-Favritx-Minorca



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    Edited by gheagabry1 - 5/4/2024, 23:26
     
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  9. ZIALAILA
     
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    un tuffo nel passato ...




    IL FARO DI ALESSANDRIA



    faro-alessandria




    Il faro più celebre dell’antichità rimane quello dell’isola di Faros, antistante il Porto di Alessandria d’Egitto :

    una torre di altezza stimata tra 115 e 135 metri, rimase per molti secoli tra le strutture più alte realizzate dall'uomo. Un fuoco acceso in sommità emetteva un segnale luminoso che, grazie ad un sistema di specchi che si diceva ideato da Archimede, aveva una portata di oltre 30 miglia.


    Dal nome di quest’isola deriva il nome stesso del “lighthouse” in molti idiomi. Basti pensare che – oltre all’italiano “faro” – il nome delle torri di segnalazione varia dal francese “Phare” al “Faro” spagnolo al “Farol” dei portoghesi fino al nativo “φάρος” dei greci.

    A sua volta il nome dell’isola deriva da un fraintendimento di sapore mitologico, secondo il quale Menelao ed Elena, condotti fuori rotta da una tempesta, una volta approdati chiesero quale isola fosse. Alla risposta “isola dei faraoni” compresero però “isola di faro”, dando inizio alla leggenda.

    La torre del faro fu edificata sotto il regno di Tolomeo I°, costruita in dieci anni grazie allo sforzo di più di mille operai, cifre che le fecero meritare il titolo di Settima Meraviglia del mondo.

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    grazie Antonella...Gabry
     
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  11. ZIALAILA
     
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    la poesia dei fari


    Così belli e così necessari, anche oggi, isolati da tutto ma luce di salvezza per chi naviga.....


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    hiddensee-large




    yaquina-lighthouse-oregon-large




     
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  12. gheagabry
     
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    Sulla Pointe de la Cornovaglia, un gigante di pietra si staglia fieramente nel cielo con la sua sagoma alta ben 65 metri. È il faro di Eckmühl

    Il faro bretone Eckműhl prende il nome dal maresciallo napoleonico nominato principe d’Eckműhl dopo una battaglia. La figlia, la marchesa di Blocqueville, nel 1885 donò allo stato 300 mila franchi affinché fosse eretto un faro su un punto pericoloso delle coste bretoni per associare il nobile nome del padre al nobile compito di illuminare la costa ai naviganti. Fu così che l’amministrazione pubblica nel 1897 eresse un faro-mausoleo di 60 metri, nel cui salone è stato poggiato il bronzo del principe.





    dal web
     
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  13. ZIALAILA
     
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    Cos ' è un faro agli occhi di un bambino

    di Marcello Veneziani



    15 agosto 2011

    LightHouse-with-Light




    Ascoltavo di nascosto un padre che indicava al figlio il faro e diceva : " Quello si chiama faro , lampeggia sul mare , così le barche di sera e le navi di notte vedono da lontano dov' è il porto "
    Mi sono messo nei panni del bambino e ho immaginato con i suoi occhi sognanti la frase di suo padre .

    Quanta magia era racchiusa in quelle parole semplici per il suo sapere sorgivo .
    C' è il mistero della notte e della lontananza , il fascino pericoloso del mare , il rifugio nella stiva , l'insidia urlante dei venti , l'incanto sovraumano delle stelle , la nostalgia di casa , l'occhio magico del faro , la luce materna della terra che richiama a casa .

    Ho visto con la sua meraviglia i marinai in alto mare alle prese con le cime e i flutti , in piena notte , che vedono da lontano quella luce e si rincuorano .

    Senti il sapore della vita , i suoi schizzi e le sue onde spiegato ai nuovi arrivati : è l'avventura umana nel cosmo che cerca riparo e ristoro nella notte , è lo stupore di venire alla luce come si dice pure della nascita .

    C' è la gerarchia della vita nella distinzione di suo padre tra le barche della sera e le navi della notte : le prime , minorenni , rincasano al primo buio ; le altre , maggiorenni , si permettono di star fuori la notte .

    Una visione del mondo mitica e astrale si posava sui suoi occhi stregati mediante quella luce che fendeva il buio per un istante .
    Come due fari nella notte , gli occhi del bambino si spalancavano alla vita e in un baleno capivano la sorte . ( per uscire dalla crisi ci mancano i bambini , i sogni , i fari )

    lighthouse-in-dark-nancy-rucker

     
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  14. arca1959
     
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    grazie Gabry....grazie Antonella
     
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  15. gheagabry
     
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    Il faro
    diffonde profumi antichi
    quando rincorrevo le onde
    per cavalcare sogni
    e la salsedine ricamava
    sulla pelle la speranza.
    Solitario
    ora la sua voce muta
    brucia le corde del cuore
    e il maestrale sparge
    lacrime schiumose là
    dove il frangersi di quell’onde
    sulla coda della sua luce
    tracciava la via dell’orizzonte,
    generoso decoltè dell’onirico.

    blumarie



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