VULCANI

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  1. gheagabry
     
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    "Ecco il Vesuvio, ombroso di verdi pampini, qui un'uva pregiata faceva traboccare i tini: questi monti che Bacco amò più dei colli di Nisa, su questo monte ancora ieri i Satiri hanno sciolto le loro danze. Ecco la dimora di Venere, a lei più gradita di Sparta, questo era il luogo famoso per il nome di Ercole [Ercolano]. Ora tutto giace sommerso in fiamme e in tristo lapillo: né gli Dei vorrebbero aver fatto ciò."
    M. Valerio Marziale, Gli Epigrammi, IV, 44 (dicembre 88 E.V)


    IL VESUVIO


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    Il monte Vesuvio è un vulcano esplosivo attivo (in stato di quiescenza dal 1944) situato in Campania nel territorio dell'omonimo parco nazionale, istituito nel 1996. Al 2010 è alto 1.281 m e sorge all'interno di una caldera di 4 km di diametro. Quest'ultima rappresenta ciò che è rimasto dell'ex edificio vulcanico (Monte Somma) dopo la grande eruzione del 79 d.C., che determinò il crollo del fianco sudorientale in corrispondenza del quale si è succesivamente formato il cratere attuale. Il Vesuvio è attualmente l'unico vulcano attivo di tutta l'Europa continentale.
    Il Vesuvio, è un raro esempio di "vulcano a recinto": il cono è circondato da un cratere molto più antico che aveva una circonferenza lunga circa 11 km.
    Nell'Eocene il monte era un'isola circondata dal mare, solo nel Pliocene si saldò alla terra ferma e si stima che allora raggiungesse l'altezza di ben 2300 m; attualmente il Gran Cono, la sua cima, è alto 1277 m e il cratere misura circa 1500 m di circonferenza.

    Il Vesuvio è tra i vulcani più studiati e tenuti sotto controllo nel mondo, se un giorno il magma dovesse fuoriuscire è quasi impossibile che l'eruzione non possa essere prevista con anticipo. Oggi il condotto principale è ostruito dal magma raffreddatosi dopo l'eruzione del 1944, gli scienziati stanno definendo con precisione dove si trova la camera magmatica che sta via via riempendosi di lava e di gas.
    Una sofisticata strumentazione sta tenendo sotto controllo ogni più piccolo movimento del magma gas, composizione chimica delle acque sorgive, microterremoti e variazioni del livello del suolo sono costantemente analizzati da computers. Quando il magma verrà a giorno si cercherà la strada creando fratture che saranno sorgenti di numerosi sciami di terremoti, il loro studio permetterà di capire a quale profondità si troverà via via nel tempo la lava in risalita, non è detto che quest'ultima esca dal condotto principale, essa infatti potrebbe aprirsi la strada da uno dei versanti del vulcano. Tutto ciò comunque non deve far pensare che il Vesuvio sia un mostro addomesticato, c'è chi sostiene infatti che potrebbe anche risvergliarsi con modalità imprevedibili, magari con periodi di preallarme così lunghi che dopo un certo tempo non verranno più considerati pericolosi dalla popolazione.


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    .....prima di Pompei......


    Finora si credeva che l’eruzione più violenta del Vesuvio fosse stata quella che distrusse Pompei, nel 79 d.C., ma una ricerca dell’Osservatorio Vesuviano – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) indica un evento ben più grave accaduto nell’Antica Età del Bronzo, nel 3780 a.C.: un’eruzione molto più violenta e devastante di quella che fece scomparire Pompei ed Ercolano.
    Il Vesuvio provocò allora una catastrofe di proporzioni difficilmente immaginabili, sprigionando una potenza maggiore di quella finora conosciuta.....L’eruzione ebbe effetti devastanti in un’area che si estende fino a 15 chilometri dal vulcano e in tutti i siti considerati nello studio sono rimaste le testimonianze di una drammatica fuga: stoviglie abbandonate a terra nelle capanne e impronte di uomini e animali che cercavano di lasciare i villaggi non appena dal Vesuvio avevano cominciato a innalzarsi colonne di gas e cenere. Gli unici corpi dei quali sono rimasti i resti sono quelli di un uomo e di una donna, sepolti dalla cenere in una zona che si trova a circa 17 chilometri dal vulcano. Molti altri sono morti quando la concentrazione di ceneri nell’aria è aumentata al punto di penetrare nei bronchi e dare soffocamento.
    In quella zona, secondo le stime dei ricercatori, vivevano da 10.000 a 20.000 persone; la maggior parte di esse sono riuscite ad allontanarsi dal vulcano, ma l’eruzione deve avere comunque provocato migliaia di morti. Quando i sopravvissuti tornarono ai villaggi, provarono a ricostruirli, come testimoniano i resti dei pali delle capanne trovati dagli studiosi. Ma i campi sommersi dalla cenere erano ormai impossibili da coltivare. Di colpo l’intera struttura sociale e agricola dei villaggi venne cancellata e l’intera zona rimase disabitata.


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    Una nube si levava in alto, ed era di tale forma ed aspetto da non poter essere paragonata a nessun albero meglio che a un pino. Infatti, drizzandosi come su un tronco altissimo, si allargava poi in una specie di ramificazione...
    (Plinio il giovane)


    .....la grande eruzione di Pompei.......


    Il 5 febbraio del 62 d.C., una giornata di sole, la regione fu sconvolta da un violento terremoto. Si ebbero danni a Nuceria, e a Neapolis alcuni edifici crollarono; ma i danni furono maggiori ad Ercolano, che venne quasi completamente distrutta, e a Pompei dove le devastazioni furono egualmente gravi. Ma le città erano così prospere e avevano una tale capacità di recupero che la ricostruzione fece rapidi progressi. Tuttavia il terremoto costituiva un cattivo presagio per il futuro, perché non era altro che un tentativo abortito del Vesuvio di scaricare la propria energia attraverso una fenditura. Dopo 17 anni, il 24 agosto del 79 d.C., lo sbarramento fu sfondato e il monte cominciò a eruttare. Da alcuni giorni erano in corso i festeggiamenti del divino Augusto. Il giorno prima, per una sinistra coincidenza, era stata celebrata la festa annuale di Vulcano. A Pompei e nelle località circostanti la terra aveva tremato per quattro giorni, poi avvenne l'eruzione. Un racconto impressionante del disastro è giunto fino a noi e ne siamo debitori a Plinio il Giovane che si trovava a Miseno, all'estremità nord-occidentale del golfo di Napoli. Egli era ospite nella casa di suo zio Plinio il Vecchio, storico scienziato e uomo dal sapere enciclopedico, che era il comandante della base navale di Miseno.


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    « Crederanno le generazioni a venire [...] che sotto i loro piedi sono città e popolazioni, e che le campagne degli avi s'inabissarono? »
    (Stazio Silvarum Liber III )


    ......dopo Pompei.....



    Nel 172, Galeno, un medico greco, descrive le proprietà dell'aria secca del luogo creata da fuochi sotterranei. Dione Cassio riferisce di una violenta eruzione nel 203, i cui boati vengono uditi fino a Capua, a 40 km dal Vesuvio. Notizie di altre due grosse eruzioni avvenute nel 472 e 512 sono riportate da Marcellino Comite, cancelliere dell'Imperatore Giustiniano. Questi riferisce che il 6 novembre 472 "il Vesuvio, torrido monte della Campania che brucia di fuochi interni, ha vomitato le viscere bruciate; durante il giorno portò le tenebre con una polvere minuta sulla superficie di tutta l'Europa". L'eruzione del 512 è dettagliatamente descritta da Cassiodoro, un questore di re Teodorico, in una lettera redatta per chiedere l'esenzione dalle tasse per le popolazioni danneggiate dall'eruzione. Egli riferisce che "vola (...) una cenere bruciata che, dopo aver formato delle nuvole pulvirolente, piove con gocce di polvere anche sulle province d'oltremare (...). E' possibile vedere fiumi di cenere scorrere come liquidi fluenti che trascinano sabbie calde (...) e il dorso dei campi si gonfiano all'improvviso fino a raggiungere le cime degli alberi". Un'eruzione esplosiva, avvenuta tra il 680 e il 685, è riportata da Paolo Diacono nella Historia Longobardorum e altre sono segnalate nel 787 e 968. Leone Marsicano, nelle cronache dell'Abbazia di Montecassino, parlando dell'eruzione del 968, riferisce di "un incendio grandissimo ed insolito che giunse fino al mare". In questa eruzione vi è forse la prima testimonianza di una colata di lava, definita come "resina sulfurea che con impeto ininterrotto precipitava verso il mare". Numerosi autori parlano di eruzioni nel 991, 993 e 999, ma essendo quegli anni pervasi dalla convinzione di una imminente fine del mondo, ogni riferimento a catastrofi deve essere letta con un certo margine di sospetto. Nelle cronache dell'Abbazia di Montecassino è segnalata un'altra eruzione durata sei giorni dal 27 gennaio 1037 e un evento esplosivo tra il 1068 e 1078. L'ultima eruzione, prima di un lungo periodo di quiescenza, avviene agli inizi del giugno 1139 ed è riportata sia dalle cronache di Montecassino che da quelle dell'Abbazia di Cava dei Tirreni, nonché dal segretario di Papa Innocenzo II, Falcone Beneventano, il quale scrisse che il Vesuvio "gettò per ben otto giorni potentissimo fuoco e fiamme vive". Non si conoscono testimonianze attendibili sull'attività del Vesuvio dopo il 1139. Intorno al 1360, Boccaccio scrive che dal Vesuvio "ora non escono ne' fiamme ne' fumo". In un imprecisato anno del 1500, Ambrogio Leone da Nola riferisce di un'eruzione durata tre giorni, alla quale fece seguito la formazione di fumarole gassose. Un soldato spagnolo, salito al Vesuvio nel 1501 insieme alla Regina Isabella, descrisse il cratere come "un foro da 25 a 30 palmi di diametro e da cui esce continuamente del fumo" che, secondo alcuni "diventa la notte una fiamma vivissima". Nel 1575, Stephanus Pighius, un ecclesiastico belga in viaggio in Italia, descrive il Vesuvio "rivestito da splendidi vigneti, e così anche i colli e i campi vicini". In mezzo alla sua cima si apre una voragine, ma il vulcano "è freddo, ne' sembra emettere alcun calore o fumo". Dal 1500 1631 è dunque certo che il Vesuvio sia rimasto inattivo o quasi. La montagna si era ricoperta di coltivazioni e i paesi distrutti avevano ripreso a vivere, dimenticando rapidamente le eruzioni passate. Grossi alberi crescevano fino al Gran Cono, il cono all'interno della caldera del Somma, e tutto l'apparato era chiamato la montagna di Somma, dal nome della città che sorge ai piedi del Vesuvio.
    Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1631, tra fortissimi boati e terremoti, il Vesuvio torna in attività con una disastrosa eruzione che semina panico e distruzione. Già da alcuni mesi tutta la zona era afflitta da frequenti terremoti, che si erano intensificati pochi giorni prima dell'eruzione. Gianbattista Manso, un letterato dell'epoca descrive la nube eruttiva che si alza in parte verso il cielo (colonna pliniana) e in parte si dilata sulle falde del monte come un torrente (surge e flussi piroclastici). La fase più violenta durò tre giorni e tutta l'eruzione si esaurì in cinque giorni, lasciando uno strascico di colate di fango e frane di materiali vulcanici accumulati sui pendii. Deboli emissioni di ceneri e terremoti proseguirono per mesi. Dopo questa eruzione il Vesuvio ha cambiato forma. Con l'eruzione del 1631 il Vesuvio entra in una fase di attività persistente che perdura, salvo brevi periodi, fino al 1944. Violenti episodi sono segnalati nel 1794, nel 1822, 1834, 1850 e 1872. Dopo il 1872 lente effusioni di lava che durano per molti anni formano dei rilievi (duomi di lava) in prossimità del cratere. Uno di questi duomi, formatosi fra il 1895 ed il 1899 nella zona fra l'Osservatorio e il Cono, costituisce l'attuale Colle Umberto. Nel 1872, dopo l'eruzione, il cono del Vesuvio raggiunge la sua massima altezza con 1335 m s.l.m. Nel maggio del 1905 inizia una nuova eruzione, dapprima con lenti efflussi di lava e, dal gennaio 1906, con un'attività esplosiva intermittente (attività stromboliana). Il 7 aprile 1906 l'eruzione entra nel vivo con alte fontane di lava e forti terremoti, e culmina con la formazione di una colonna pliniana che raggiunge un'altezza di 13.000 metri. L'eruzione termina verso la fine di aprile. Dopo l'eruzione del 1906, la cima del Vesuvio appare troncata e presenta un'ampia voragine di circa 500 metri di diametro e 250 di profondità. L'orlo craterico è ribassato fino a 1.145 metri nel punto minimo, cioé 180 metri meno di prima....Il 10 maggio 1913 il fondo del cratere sprofonda di circa 75 metri per un'area del diametro di 150 metri. A partire dal 5 luglio 1913 tale sprofondamento si riempie di lava. Piccole esplosioni provocano lanci di scorie che si accumulano formando un conetto. Fra il 1915 ed il 1920 il fondo del cratere si solleva di circa 100 metri. Il 28 novembre del 1926 avviene il primo trabocco di lava all'esterno del cratere e tre anni dopo, nel giugno del 1929, si registra una violenta eruzione. Dopo questa eruzione, il Vesuvio alterna stasi e attività, per lo più concentrata all'interno del cono, per parecchi anni. Il 12 agosto 1943 la lava riprende a sgorgare all'interno del cratere da una bocca posta al piede del conetto. L'apertura di questa bocca causa il crollo del conetto che, a sua volta, determina un aumento delle esplosioni. Il 6 gennaio 1944 aumenta il flusso di lava. Da una frattura apertasi sul fianco del conetto, scaturisce una colata che, dopo aver invaso in meno di un'ora il settore ovest del cratere, si riversa all'esterno spingendosi per oltre 100 metri a valle. La lava continua a fluire all'esterno del cratere sino al 26 gennaio e all'interno dello stesso fino al 23 febbraio, giorno in cui l'attività effusiva cessa del tutto. Nelle prime ore del 13 marzo 1944 crollano le pareti del conetto e cessa ogni tipo di attività fino al pomeriggio del 14 marzo, quando riprendono nuovi deboli lanci di scorie, la cui frequenza e copiosità va lievemente aumentando nei tre giorni successivi. Nella notte tra 17 e 18 marzo, con un poderoso crollo del conetto, cessa nuovamente ogni attività.



    Egli possiede il fascino della ferocia tranquilla, le attrattive della bellezza ruvidamente accoppiata alla modestia; è il gran delinquente dalle bellissime forme che tutti ammirano perché è feroce, che tutti amano perché è bello.
    (R.Fucini)



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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 15:26
     
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  2. gheagabry
     
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    "L'Etna ha realizzato straordinari spettacoli fatti di esplosioni e getti di lava che appaiono come la genesi di tutta la poesia del mondo"
    (T. Martinetti)

    L'ETNA


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    L'Etna è il vulcano più alto d'Europa, si trova nella Sicilia nord orientale ed è attivo da tempo immemorabile. Con la sua enorme mole si affaccia sul mare Jonio ad est, a nord è delimitato dal fiume Alcantara, il quale scavando il suo letto su terreno lavico ha dato origine a stupende strette gole, le cosidette "Gole dell'Alcantara". Ad ovest e sud ovest l'Etna è invece delimitato dal fiume Simeto. L'Etna è attualmente alto circa 3330 metri, si estende su un perimetro di circa 210 Km e su una superfice di 1600 chilometri quadrati. Durante i periodi di intensa attività eruttiva, la lava può fuoriuscire da centinaia di crateri avventizi che si trovano sui fianchi del vulcano, questi crateri sono raccolti in oltre 260 sistemi eruttivi.
    L'Etna è un sistema vulcanico molto complesso che si colloca in un incrocio di importanti fratture continentali. Questo sistema è tuttora molto instabile, basti pensare che l'Etna, continua a sollevarsi sul livello del mare, anche se molto, molto lentamente.
    Dove oggi vediamo un imponente vulcano, un tempo , circa mezzo milione di anni fa, era un ampio golfo marino, con imponenti attività vulcaniche sottomarine. Un lento innalzamento determinò nel tempo, l'inizio della costruzione vulcanica, come oggi la conosciamo. Il magma eruttato dall'Etna è originato ad una profondità di circa 100 Km., ma sembra che a 20 Km. di profondità esista un serbatoio magmatico, dal quale, nel tempo sono derivati tanti piccoli microserbatoi che hanno alimentato i crateri avventizi che fiancheggiano il vulcano.


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    "Avevo sentito parlare delle iridescenze stupende dell'aurora sul Mare Jonio, quando la si contempla dalla vetta dell'Etna. Stabilii di intraprendere l'ascensione di quella montagna; passammo dalla regione delle vigne a quella della lava, poi della neve. Il fanciullo dalle gambe di danzatore correva su quelle ripide chine; i sapienti che mi accompagnavano salirono a dorso di muli. Sulla cima era stato costruito un rifugio ove poter attendere l'alba. Questa alfine spuntò: un'immensa sciarpa d'Iride si distese da un orizzonte all'altro; strani fuochi brillarono sui ghiacci della vetta; la vastità terrestre e marina si dischiuse al nostro sguardo sino all'Africa, visibile, e alla Grecia che s'indovinava. Fu uno dei momenti supremi della mia vita. Non vi mancò nulla, né la frangia dorata di una nube, né le aquile, né il coppiere dell'immortalità."
    ("Memorie di Adriano", Marguerite Yourcenar)


    ...storia, miti e leggende...


    Gli antichi conoscevano già la natura vulcanica dell’Etna, che fu indicato come fucina di Vulcano e dei Ciclopi, o come la colonna del cielo, sotto cui giaceva il gigante Encelado o Tifone che, torcendosi, faceva tremare il suolo. La descrizione di Esiodo nella Teogonia, che ha certo per base il ricordo di qualche eruzione etnea, era stata preceduta da accenni nei poemi omerici . Pindaro nella prima Ode Pitica e Eschilo nel Prometeo Incatenato descrivono in modo meraviglioso l’eruzione del 475 a.C. , Diodoro attribuisce a un’eruzione dell’Etna l’emigrazione dei Sicani dalle regioni Est verso quelle Ovest dell’Isola . Nell’epoca storica sono state segnalate circa 135 eruzioni dell’Etna, delle quali soltanto 21 prima dell’era volgare. Questo scarso numero fa ritenere che siano state ricordate solo le eruzioni che più impressionarono gli antichi scrittori. Fra le più antiche eruzioni una delle più importanti fu senz’altro quella del 396 a.C., che arrivò al mare ed impedì a Imilcone , condottiero cartaginese, di percorrere il litorale da Naxos a Catania , e che con ogni probabilità, diede origine a quella corrente di lava che, precipitando dal burrone a Nord di Acireale, formò una grandiosa cascata e raggiunse la riva al di sopra della grotta delle Palombe .
    E’ degna di speciale menzione l’eruzione del 1169,accompagnata da uno dei terremoti più funesti e che diede impulso ad una corrente di lava che arrivò al mare presso il castello di Aci . Più imponente dovette essere quella del 1329 , iniziatasi nella Valle del Bove, presso Rocca Musara, con una colata lavica che invase il territorio di Mascali , e continuata con nuovi crateri che emisero una triplice colata, di cui due rami avanzarono molto nel mare, a nord di Aci , e il terzo minacciò il territorio di Catania che, risparmiato allora, fu raggiunto dall’altra grandiosa eruzione del 1381, nella quale la lava raggiunse il mare...In tempi storici la più grande eruzione fu quella che avvenne nel 1669. La colata lavica, distrusse molti paesi e terreni agricoli, seppellendo in parte la stessa città di Catania e raggiungendo il mare. Fra le eruzioni del novecento ricordiamo quella del 1908, che portò alla formazione di diversi nuovi crateri e quella avvenuta nel 1928 nel corso della quale la lava distrusse, coprendolo, il paese di Mascali.


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    Una visione dell’uomo antico, che non potendo spiegare fenomeni così terrificanti come le eruzioni vulcaniche, personificava la natura collocandovi mostri e figure mitologiche. Secondo leggende greche e popolari, porta per l’inferno, mostro che sputa fuoco o fucina per forgiare le armi magiche di dei ed eroi. Luogo dove abitarono Polifemo, i Ciclopi ed ancora i Giganti, il dio Efesto e i Centimani...Etna è il nome di una dea della mitologia greca. Era considerata figlia di Urano e Gaia. Il drago Tifone, si supponeva, vivesse nelle viscere del vulcano omonimo e ne causava le distruttive eruzioni.
    Il vulcano era conosciuto in età romana come Aetna, il nome deriva dalla parola greca aitho (bruciare) o ancor prima dalla parola fenicia attano. Gli arabi chiamavano la montagna Gibel Utlamat (la montagna del fuoco); questo nome fu più tardi storpiato in Mons Gibel e successivamente, nel Medio Evo, in Mongibello, che deriva dall'italiano "monte" e dall'arabo "djebel" che ha il medesimo significato e che è attualmente il nome della montagna, non del vulcano.
    Eolo, il re dei venti, si diceva che avesse imprigionato i venti sotto le caverne dell'Etna.
    Oltre alle gesta degli dei, la mitologia legata alla Sicilia è ricca di leggende di amore, come quella di Aci e Galatea. Aci era un pastorello che viveva alle pendici dell'Etna. Galatea, che aveva respinto le proposte amorose di Polifemo, lo amava. Polifemo, offeso per il rifiuto della ragazza, uccise il suo rivale nella speranza di conquistare la sua amata. Ma Galatea continuò ad amare Aci.
    Così Nereide, grazie all'aiuto degli dei, trasformò il corpo morto di Aci in sorgenti d'acqua dolce che scivolano lungo i pendii dell'Etna. Non lontano dalla costa, vicino l'attuale Capo Molini, esiste una piccola sorgente chiamata dagli abitanti del luogo "il sangue di Aci" per il suo colore rossastro.
    Sempre nei pressi di Capo Molini esisteva un modesto villaggio chiamato, in memoria del pastorello, Aci.
    Nell'undicesimo secolo dopo Cristo un terremoto distrusse il villaggio, provocando l'esodo dei sopravvissuti che fondarono altri centri che, vennero chiamati Aci, in ricordo della loro città d'origine.
    In particolare, molte storie sono riferite alla città di Catania e dintorni, quali la leggenda de "Il cavallo senza testa" o le storie legate al terremoto del 1693. A questo evento realmente accaduto sono legate due leggende catanesi: quella di "Don Arcaloro" e quella del vescovo Carafa. La prima narra di una fattucchiera che aveva aveva sognato Sant'Agata mentre supplicava il Signore di salvare la sua città dal terremoto, ma il Signore a causa dei peccati dei catanesi rifiutò la grazia. Il Barone Don Arcaloro si rifugiò in aperta campagna, dove attese che la profezia della strega si verificasse. La seconda leggenda tratta del vescovo di Catania Francesco Carafa, capo della diocesi dal 1687 al 1692.
    La leggenda dice che questo vescovo, mediante le sue preghiere, era riuscito per ben due volte a tenere lontano dalla sua città il terremoto. Ma nel 1692 egli morì e l'anno dopo Catania fu distrutta.


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    .......nella letteratura.....



    L'Etna è stato considerato da sempre un emblema del soprannaturale. Tutte le civiltà che si sono susseguite in questo territorio hanno sentito l'influsso di questo vulcano che ha ispirato grandi autori sia greci che latini, musulmani e normanni.
    Virgilio, ispirato dal fascino del luogo ha realizzato un poemetto " Aetna" dove indaga sul fenomeno vulcanico. "L'Etna tuona con spaventose rovine; a volte erutta sino al cielo una nube nera, spire di fumo e di cenere ardente, leva globi di fiamme a lambire le stelle; a volte scaglia macigni, strappando via di slancio le viscere del monte, travolgendo nell'aria con un gemito rocce liquefatte, bollendo nel fondo del suo cuore."
    Ovidio sceglie proprio il bosco siciliano dell'Etna per raccontare nelle" Metamorfosi" il rapimento della bella Proserpina da parte di Plutone, infatti così descrive Tifone: "Poichè Tifone osò desiderare ardentemente i troni divini, le sue gigantesche membra sono state schiacciate sotto la vasta isola di Sicilia. E spesso egli si agita e si dibatte per rialzarsi, ma la sua mano destra è trattenuta da Peloro, la sinistra da Pachino, le sue gambe sono pressate da Lilibeo e l' Etna grava sulla sua testa".
    La spettacolarità della natura di queste fiorite colline siciliane ha ispirato Claudiano con questi ameni versi: …."forma loci superat flores: curvata tumore parvo planities et mollibus edita clivis creverat in collem. Vivo de pumice fontes roscida mobilibus lam bebant gramina rivis"----"La bellezza del luogo supera quella dei fiori : la pianura si incurva lievemente per formare una collina dal dolce pendio. Una fonte, scaturendo da una viva roccia lambisce con i suoi ruscelli le erbe rugiadose."
    In questi luoghi veniva ad ispirarsi il "romantico" Goethe. Sentiva il bisogno di ritrovare il fascino del pri mitivo e proprio i luoghi etnei gli dava no l'idea di una natura come un orga nismo che possiede le vere forze vita li, e che fa raggiungere il divino.
    "L'atmosfera innanzi a noi era verso il basso tutta coperta di nuvole per cui nella più grande altezza si pro dusse un mirabile fenomeno. Era striato di bianco e di grigio e pareva essere qualcosa di corporeo, ma come starebbe il corporeo in cielo. Il vetturino ci spiegò che questa nostra ammirazione era dovuta ad un fianco dell'Etna che appariva tra le nuvole squarciate, neve e dossi alternati for mavano le strie e non era ancora la cima più alta."
    Anche G. De Maupassant si è imbattuto nel mistero incarnato dal vulcano: "La bestia è calma. Dorme là in fondo. Proprio in fondo. Solo il denso fumo esce dal prodigioso camino, alto 3.312 metri.
    Attorno a noi, lo scenario è ancora più strano. Tutta la Sicilia è nascosta da brume che si fermano vicino alla costa e velano unicamente la terra, di modo che ci sentiamo in pieno cielo, in mezzo ai mari, al di sopra delle nuvole, così in alto, talmente in alto che pure il Mediterraneo, che si esten de ovunque a perdita d'occhio, sem bra essere il cielo azzurro. L'azzurro quindi ci avvolge da tutte le parti. Siamo in piedi su un monte sorpren dente, uscito dalle nuvole ed annega to nel cielo che si stende sulle nostre teste, sotto i nostri piedi, dappertutto."



    Maestosa montagna che nascondi in mezzo al fumo l'innevata cima,
    che fosti fuoco ed or verdi pinete crescono dove lava c'era prima.
    Sulle pendici dolci fino al mare, con vigne ed aranceti rigogliosi
    punteggiati di giallo di ginestra, svettano i campanili maestosi
    di cento chiese dedicate ai santi, quasi presidio contro il tuo furore,
    quando da cento bocche svuoti il ventre, seminando il disastro ed il terrore.
    Eppur di buon gigante tieni fama, perché, coi tuoi boati e qualche scossa,
    segno tu dài del peggio da venire, così che la tua gente correr possa.
    Ma questa forza tua senza rivali e l'onda distruttiva del tuo fuoco
    restano grave monito agli umani che con Natura ci si scherza poco.
    (IGNAZIO AMICO)


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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 15:36
     
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    Una lingua di fuoco
    scende dalla montagna
    dal buio della notte piena di stelle,
    sembra che si apri il cielo ed esce sangue
    d'amore di odio e di lamenti.

    E scorre lento questo fuoco e tutto
    si accende davanti a lui nel suo
    corso che porta non si sa dove.

    M'incanto e mi spavento nello
    stesso tempo nel vedere il fuoco
    che cammina come una spada
    che apre questa montagna
    nel buio della notte.

    Forse è così l'amore, così ardente,
    ti spunta all'improvviso dal buio
    e ti brucia l'anima il corpo il cuore e la mente.

    E come se niente fosse la mattina appare
    tutta bianca vestita da festa in quel cielo
    azzurro che assomiglia al mare.

    Tra risate e pianti sei solo tu radiosa Etna
    a regalarmi gioia ogni volta che ti vedo.

    pulvigiu.






    Na lingua di focu
    scinni da montagna
    no scuru da notti china di stiddi
    pari ca si rapi n’do cielu e nesci sangu
    d’amuri, di odiu e di lamenti.

    E scurri lentu stu focu e tuttu
    s’adduma ravanti a iddu no so cursu
    ca porta non si sapi unni.

    M’incantu e mi scantu no
    stissu tempu no vidiri u focu ca camina
    comu na spada
    ca rapi sta muntagna
    n’do scuru da notti.

    Forsi è accussì l’amuri
    accussì ardenti
    ti spunta intrasatta ddo scuru
    e t’abbrucia l’anima
    u corpu, u cori e la menti.

    E comu si nenti fussi a matina spunta
    tutta ianca cco vistiti da festa
    n’do celu azzurru
    c’assumigghia o mari.

    Tra risati e chiantu si sulu tu
    spampinata Etna
    a rialarimi gioia ogni vota ca ti vidu.






    pulvigiu



    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 15:39
     
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    bellissima Silvana ...grazie anche a Gabry
     
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  6. gheagabry
     
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    Sensuale a calda, ammiccante e imprevedibile, l'isola più singolare delle Eolie
    dai fianchi neri e con gli sbuffi di fumo del vulcano, ricca di fichi e asparagi selvatici, trasmette sensazioni diverse. C'è chi l'ama e chi la odia, chi se ne innamora e chi sfugge alla sua potente bellezza. Al tramonto, tutto diventa rosa e poi blu scuro, e poi nero, punteggiato di luci. Un incanto...


    Lo STROMBOLI


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    I vulcani dell'arcipelago eoliano - e quindi anche lo Stromboli - costituiscono le cime di un sistema di rilievi sottomarini che si innalzano da fondali profondi fino a 3000 metri. Secondo le ipotesi più recenti, essi si sarebbero sviluppati a causa di un fenomeno di subduzione della placca continentale africana a quella euroasiatica che ha portato alla formazione della catena appenninica calabrese. È provato del resto che nelle zone di compressione, laddove si originano nuove catene montuose, le attività vulcaniche sono piuttosto intense a causa della notevole quantità di magma. L'emersione delle Eolie al di sopra del livello del mare risale, secondo gli studiosi, all'era quaternaria. Stromboli è l'ultima a essere emersa dal mare.

    Stromboli è un isola di formazione molto recente, l'ultima fra l'Eolie ad essere emersa dal mare. Probabilmente la sua nascita è stata preceduta da quella dello Strombolicchio, un piccolo vulcano di cui l'ultimo resto è lo scoglio isolato nel mare, ad una distanza di un Km e mezzo dall'isola attuale.Questo scoglio rappresenta ciò che resta della lava consolidatasi nel condotto eruttivo, mentre il conico vulcanico, costituito da materiali piroclastici incoerenti e da piccole colate laviche posati su di essi, è stato completamente demolito dal mare.
    In quanto allo Stromboli si riconosce nella sua storia, sia attraverso la morfologia,sia attraverso la differenziazione delle lave, due periodi nettamente distinti. Nella prima fase, fra 40000 e 12000 anni fa, si è formato un regolare cono vulcanico, che ha raggiunto l'altezza di quasi mille metri. E' il Paleo Stromboli; le sue lave (da basalti ad adantesiti che diventano via via sempre più ricche di potassio) sono molto simili a quelle dello Strombolicchio, che si potrebbe quindi considerare come un cono avventizio di esso. Infatti la profondità marina fra questo e l'isola di Stromboli non supera i venti metri. Il vulcano così formatosi è in realtà la parte sommatale di un edificio vulcanico che, seguitandone il più o meno regolare pendio, scende fino alla profondità di 3000 metri dal livello marino. E' un vulcano cioè di dimensioni simili all'Etna, di cui non si vede altro che il cocuzzolo. Ad un certo momento la metà Nord Ovest del Paleo Stromboli è sprofondata nell'abisso. Il Vulcano è stato sezionato quasi assialmente. Ma su questo sprofondamento è sorto ben presto un altro vulcano, che si è venuto ad appoggiare a ciò che rimaneva del precedente, senza raggiungerne l'altezza. E' il Neo Stromboli, al quale appartiene il cratere attualmente attivo. Anche il Neo Stromboli ha dei centri eruttivi secondari.

    Come la Sciara del Fuoco, un piano inclinato sul quale dall'altezza di 700 metri rotolano fino al mare i materiali lanciati in aria dalle intermittenti esplosioni del cratere o scendono le lave di periodiche eruzioni. La Sciara, che ha livello del mare l'ampiezza di circa 1 Km, è limitata su due lati da creste rocciose accidentatissime entrambe solcate da dicchi intrusivi. Le recenti ricognizioni batimetriche hanno accertato che la Sciara continua ininterrotta al disotto del livello marino fino ad una profondità di almeno 500 mt. Di qui si assiste allo straordinario spettacolo offerto dal cratere, nella quale sono oggi aperti cinque bocche eruttive, dalle quali escono le fiamme o nelle quali si vedono ribollire le lave fuse. Stromboli ha infatti un' attività vulcanica particolarissima, che dura ininterrotta attraverso i millenni, è un continuo succedersi di esplosioni, ora dall'una ora dall'altra delle sue bocche, che lanciano in aria brandelli di lava incandescente. Questi ricadono all'intorno o rotolando lungo la Sciara, le esplosioni si succedono con ritmo abbastanza regolare, che può variare da pochi minuti a qualche ora, sempre accompagnate da impressionanti fragori da emissioni di nuvole di gas.



    "Eolo si sveglia la mattina e, prima di decidere se sguinzagliare i suoi venti scalpitanti, tenuti a bada in una grotta, valuta i vapori che fuoriescono dalla bocca di un vulcano per prevedere il tempo che sarà: secondo la mitologia classica, la dimora di Eolo era nelle isole Eolie (viene da sé...) e il vulcano che il dio osservava era lo Stromboli. Ora, lasciare l'isola di Stromboli avvolta nell'aura magica della mitologia e farne il meteo degli dei, è la cosa più facile del mondo, ma laici e profani sanno che Stromboli ha la sua propria magia che può pure fare a meno delle deità "ufficiali".
    La magia strombolana inizia a compiere il suo sortilegio ancora prima dell'arrivo sulle sponde dell'isola, previsto solitamente tra le sei e le sette del mattino: in nave, infatti, ci si sveglia quasi sempre alle prime luci dell'alba e allora, infreddoliti e assonnati, con in mano bicchieri di plastica colmi di un liquido che dà nel giallognolo e viene venduto per caffé, si esce sui ponti e si cominciano a intravedere le Eolie. Quelle più lontane, che appena appena si distinguono all'orizzonte, e poi a poco a poco la sagoma di - e dello - Stromboli.
    Eccola: i contorni netti, la forma semplice e sbozzata, i fianchi neri, gli sbuffi di fumo (quelli che Eolo interpretava con attenzione come un lettore di fondi di caffé) e quelli di fuoco, rossi e crepitanti. È evidente che l'isola è fortemente segnata dalla potenza del magma che ribolle e dalla sabbia scura e cocente, dall'aria che ti attanaglia e che gestisce implacabile le budella e gli umori, dai boati che spesso riempiono l'aria stordendoti. Ma è anche solare e profumata, soprattutto certe volte la notte in angoli bui che ti inebriano, è polposa di fichi e asparagi selvatici, è luminosa e, come arsa d'estate, tanto umida in dei giorni d'inverno da essere bagnata se solo la sfiori....Stromboli sarà una cosa diversa per ognuno, e ognuno la vivrà a suo modo mentre lei attraverserà epoche e interpretazioni mantenendo intatta la sua anima potente e meravigliosa.
    (Benedetta Palmieri)



    .....nella mitologia.....


    Secondo la mitologia classica, Ulisse giunge alle Eolie dopo l’episodio di Polifemo (e prima della maga Circe); qui viene ospitato da Eolo, il re dei venti, che gli regala l’otre contenente i venti contrari alla navigazione che lo avrebbe riportato in patria; purtroppo però uno dei compagni di Ulisse apre l’otre liberando i venti contrari e prolungando così l’omerico girovagare ancora per lungo tempo. Nel canto XII invece Omero cita espressamente i faraglioni di Lipari, che definisce “planktai petrai” cioè rupi erranti....Omero racconta nell' Odissea che l'isola di Eolia è la dimora di Eolo, dio dei venti. E' un'isola galleggiante e impervia, circondata da un muro di bronzo, successivamente identificata con l'isola Strongila, oggi Stromboli. Presso alcuni autori corrisponde invece all'isola Lipari. Infatti secondo la mitologia classica le Isole Eolie erano la dimora di Eolo, Dio dei venti, che egli teneva racchiusi in una grotta. La leggenda vuole che Eolo riuscisse a prevedere le variazioni del tempo osservando la nube di vapori che fuoriusciva da un vulcano attivo, probabilmente Stromboli: oggi si sa infatti che la forma della nube di Stromboli è influenzata dall'andamento della pressione atmosferica. I primi accenni storici alle Isole Eolie risalgono ad Aristotele (384-322 a.C.), che descrisse la formazione di un nuovo vulcano (probabilmente Vulcanello, attualmente unito all'isola divulcano le cui ceneri coprirono la città di Lipari...Stromboli è nominata negli scritti di Aristotele, Diadoro Siculo, Silio Italico, Lucilio e Plinio il Vecchio. Strabone (63 a.C.-24 d.C.), geografo greco, decantò "le acque calde e i soffi di fuoco" di Lipari, mentre descrisse Vulcano come "l'isola di fiamma con i suoi tre aliti provenienti come da tre crateri". Nella narrazione del geografo greco infine, Stromboli detta Strogile (rotonda) era "inferiore per la violenza della fiamma, ma superiore per la risonanza dei suoi boati".

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    "Non pensavamo granché a lui! Lo Stromboli! Che effetto ebbe sulla mia immaginazione questo nome inatteso! Eravamo in pieno Mediterraneo, in mezzo all’arcipelago eoliano di mitologica memoria, nell’antica Strongule dove Eolo teneva incatenati i venti e le tempeste. E quelle montagne azzurre che facevano un cerchio a Levante erano le montagne della Calabria! E questo vulcano ritto contro l’orizzonte meridionale, l’Etna, il feroce Etna".
    (Jules Verne, Voyage au centre de le terre)


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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:15
     
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  7. gheagabry
     
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    Sul Libro dei Re giavanese (Pustaka Raja) vi è testimonianza che nell'anno 338 Saka (416 d.C.)
    « Un rumore tuonante fu udito dalle montagne Batwara ... e un rumore simile a Kapi ... tutto il mondo fu fortemente scosso e si scatenò un violento tuonare, accompagnato da pioggia fitta e tempeste, ma non solo questa pioggia fitta non estinse l'eruzione di fuoco del monte Kapi, ma il fuoco aumentò; il rumore era spaventoso, alla fine il monte Kapi con un boato tremendo scoppiò in pezzi e affondò nelle profondità terrestri. L'acqua del mare si alzò e inondò la terra, la zona dall'est del monte Batwara al monte Raja Basa fu sommersa dal mare; gli abitanti della parte settentrionale della terra di Sonda fino al monte Raja Basa annegarono e furono trascinati via con tutte le loro proprietà ... L'acqua si abbassò ma la terra sulla quale Kapi sorgeva era diventata mare, e Java e Sumatra erano state divise in due parti. »


    Il KRAKATOA


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    La prima menzione dell'isola nel mondo occidentale fu su una mappa di Lucas Janszoon Waghenaer, che etichettò l'isola "Pulo Carcata" ("Pulo" è una forma di pulau, la parola indonesiana per "isola"). Ci sono due pronunce, Krakatoa e Krakatau....L'origine della parola Krakatoa è sconosciuta, ma può essere il risultato di un errore tipografico fatto dagli inglesi quando descrissero l'eruzione improvvisa del 1883. Ci sono diverse teorie sull'origine della parola indonesiana Krakatau. Essa può essere stata un esempio di onomatopea, che si deve al suono dei numerosi pappagalli che abitavano l'isola. In alternativa, il nome può essere una derivazione dal sanscrito karkataka, che significa "aragosta" o "granchio". C'è anche un credo popolare per cui la parola Krakatau fu erroneamente adottata quando un capitano di una nave in visita chiese ad un indigeno quale fosse il nome dell'isola, e quest'ultimo rispose dicendo "Kaga tau", che è una frase in dialetto Batavo che significa "non lo so".



    Una delle eruzioni esplosive più grandi della storia recente è quella che si verificò nei giorni 26-28 agosto 1883 nello Stretto della Sonda, fra le isole di Giava e Sumatra, all'isola Krakatoa (o Krakatau).
    Prima dell'eruzione l'isola era formata da tre coni vulcanici insediati su una caldera sommersa, dalla quale emergevano soltanto due piccoli tratti del recinto, formando gli isolotti di Verlaten e Lang Island. Il più grande dei tre vulcani, il Rakata, giace sull'orlo meridionale dell'antica caldera preistorica, gli altri due, Danan e Perbuwatan, nel suo interno.
    Nel 1680 si ebbe una piccola eruzione con modeste esplosioni ed una piccola colata dal Perbuwatan, alla quale fece seguito un periodo di calma di oltre 200 anni.
    Il 20 maggio del 1883 al Perbuwatan iniziarono lanci di ceneri e pomici, dopo una settimana le esplosioni diminuirono di violenza, fino a cessare del tutto, subentrando così un breve periodo di quiete.
    II 19 giugno iniziò una nuova attività esplosiva e qualche giorno dopo si aprì un cratere ai piedi del Danan, anch'esso modestamente esplosivo; l'11 agosto anche il Rakata entrò in azione. Ebbe inizio così la grande eruzione: alle ore 13 del 26 agosto si verificò una violenta esplosione, che fu udita fino a 160 km di distanza; un'ora dopo un'esplosione ancora più forte lanciò ceneri e pomici a 27 km di altezza. Seguirono esplosioni di breve durata, ma con violenza crescente, che continuarono per tutta la notte, i cui boati furono uditi a Sumatra e a Giava. In un raggio di 160 km caddero ceneri in grande abbondanza determinando una tale oscurità, da costringere gli abitanti ad accendere fiaccole e lanterne per tutto il giorno a Batavia (oggi Jakarta) e per ben due giorni nelle vicine località di Sumatra!
    L'esplosione di massima violenza si ebbe il 27 agosto: essa formò una nube di ceneri che raggiunse gli 80 km di altezza ed una fitta pioggia di pomici e ceneri cadde su un'area di 770000 chilometri quadrati (due volte e mezzo l'Italia). I boati si udirono fino a 4800 km di distanza. A questa prima esplosione ne seguirono altre due, altrettanto violente, nello stesso giorno. Durante la notte la forza dell'eruzione diminuì ed il 28 agosto la grande eruzione ebbe fine.

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    L'isola Krakatoa, per fortuna disabitata, e le coste delle isole di Sumatra e Giava, invece densamente popolate, furono completameùte distrutte dai maremoti (tsunami) causati dalle eruzioni. Oltre 36 000 abitanti trovarono la morte per annegamento. Per tutta la notte del 26 agosto violente onde invasero le spiagge a più riprese, causando molti danni. La più forte di tutte investì in pieno la città di Telukbetung con tale violenza da strappare una cannoniera, ancorata presso la costa, sollevarla e scaraventarla nel centro della città. Ma il maremoto successivo fu ancora più violento e la stessa nave fu ritrovata poi in piena giungla. A Telukbetung l'onda di maremoto raggiunse i 25 m, nella costa dello Stretto della Sonda i 30 m, raggiungendo la massima altezza (40 m) a Merak sulla punta nord-occidentale di Giava. Nella Baia del Pepe (Pepper Bay) l'onda invase la terraferma, inoltrandosi per 16 km nell'entroterra.
    Fu una delle catastrofi più grandi causate da eruzioni vulcaniche. Successivamente, quando subentrò la calma, si potè constatare che due terzi dell'isola Krakatoa non esistevano più. Erano scomparsi i vulcani Perbuwatan, Danan e la metà del Rakata, separato in due da una nuova caldera, semisommersa dalle acque...Le ceneri, che erano state lanciate in alto, furono trasportate dai venti a grandissime distanze. L'area da loro ricoperta era di circa 4 milioni di chilometri quadrati (13 volte l'Italia!). Le ceneri più fini, si disse, fecero tre volte il giro della Terra, schermando sensibilmente le radiazioni solari e producendo splendidi tramonti di un rosso intenso.
    Per molto tempo la navigazione nello Stretto della Sonda fu ostacolata da enormi banchi di pomici, spessi fino a 3 metri!
    Un rilevamento dettagliato dei prodotti dell'eruzione rivelò che sulle isole Verlaten e Lang Island si erano depositati una trentina di strati di materiali sciolti, come ceneri, sabbie, pomici e lapilli. Ogni strato era dovuto ad una singola esplosione, il cui materiale, lanciato in aria, veniva classato durante la caduta. A queste prime esplosioni fecero seguito altre più violente e con nubi ardenti ricadenti, che depositarono sopra questi strati circa 60 metri di tufo caotico.
    Oggi il timore che una simile tragedia possa accadere di nuovo non è infondato: dal 1927, proprio dove vi era radicato il vecchio vulcano, sta crescendo una piccola isola vulcanica chiamata Anak Krakatau: un piccolo Krakatoa attivo e irrequieto come il “padre”. Il suo diametro è di circa 1,5 km e cresce in altezza al ritmo di 12 cm a settimana proprio a seguito di occasionali e ripetute eruzioni....L’isola è tuttora in attività, e il suo più recente episodio eruttivo risale al 1994. Da allora, periodi di calma di alcuni giorni si sono alternati a eruzioni pressoché continue, intervallate occasionalmente da esplosioni di maggiori dimensioni. Dagli anni ’50 l’isola ha aumentato la sua altezza ad un ritmo medio di 13cm alla settimana. Studi del 2005 indicavano che l'attività di Anak Krakatau è in incremento continuo. Questo vulcano ha ricominciato a eruttare ancora nell’ottobre e nel novembre 2007, rilasciando gas caldi, rocce e lava.



    Gli abitanti delle isole dell'arcipelago della Sonda, tra Giava e Sumatra, lungo una delle più importanti rotte commerciali della storia della navigazione, contese da Inglesi e Olandesi da centinaia di anni, ebbero l'invidiabile chance di vedere molto da vicino la fine del mondo. Quelli che sopravvissero parlarono di oscurità totale a mezzogiorno, di una pioggia continua di cenere e pomice infuocata, di deflagrazioni a ripetizione tanto violente da danneggiare i timpani, di un mare piatto come cristallo e poi improvvisamente solcato da onde alte decine di metri e scagliate a velocità immane contro le coste, di tempeste elettriche, lampi rossi e fuochi di Sant'Elmo nel cielo. Uno scenario pazzesco, che sembra preso di peso dalle sequenze di un film catastrofico di ultima generazione, ma che invece fu drammaticamente reale, ed ebbe luogo il 27 agosto del 1883 a Krakatoa. L'eco di questo disastro si sparse per tutto il globo: l'esplosione fu udita a migliaia di chilometri di distanza (ed è tuttora considerata la più violenta dell'era moderna) e proiettò una gigantesca nube di gas e materiale a 38.000 chilometri di altezza, i morti furono 36.147, quasi tutti causati dagli tsunami, l'economia di nazioni intere fu portata al collasso, e si innestarono mutamenti climatici che durarono anni . L'esplosione causò una diminuzione del 20/25% nella trasparenza atmosferica e un calo della temperatura terrestre media annua di circa un grado.
    L'eruzione generò tramonti spettacolari in tutto il mondo per diversi mesi successivi, a causa del fatto che la luce solare si rifletteva sulle particelle di polvere sospese nell'aria, eruttate dal vulcano nell'atmosfera. L'artista inglese William Ashcroft realizzò centinaia di schizzi a colori dei tramonti rossi intorno al mondo (generati dal Krakatoa) negli anni successivi all'eruzione. Nel 2004 alcuni ricercatori supposero che il cielo, color rosso sangue, del famoso quadro di Edvard Munch L'urlo, realizzato nel 1893, sia in realtà una riproduzione accurata del cielo norvegese dopo l'eruzione.



    Dopo la sciagura, l'artista inglese William Ashcroft riuscì a realizzare in 4 anni circa 500 dipinti a colori che riguardavano gli spettacolari tramonti provocati dall’esplosione; questi presentavano tonalità più accentuate di rosso e giallo; i suoi schizzi vennero poi esaminati dai meteorologi per capire gli effetti della tragedia sul clima.


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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:27
     
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  8. gheagabry
     
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    La terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra.
    (Capriolo Zoppo, Nativi americani)


    I GEYSER


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    Un geyser è una sorgente termale che espelle vapore e acqua calda in aria, ad intervalli regolari.
    L'acqua meteorica e/o gli acquiferi sotterranei forniscono l'acqua per un geyser. L'attività vulcanica profonda sotto la superficie terrestre fornisce il calore, mentre la struttura rocciosa fratturata consente all'acqua di percolare e accumularsi in una grossa cavità sotterranea. All'interno della cavità ci sono le rocce rese calde dal calore prodotto dall'attività vulcanica. L'acqua che percola dalla superficie si accumula nella cavità e viene a contatto con le rocce calde delle pareti, incominciando a bollire e a evaporare.
    Le bolle di vapore si moltiplicano e la pressione all'interno della cavità aumenta, finché non produce un'esplosione che espelle con forza il vapore e l'acqua fredda nel condotto sovrastante la cavità verso la superficie terrestre e nell'atmosfera.
    Ci sono due tipi di geyser.
    I geyser fontana che eruttano da bacini di acqua, attraverso una serie di intense, anche violente, esplosioni.
    I geyser cono che eruttano da coni o monticoli di agglomerati silicei (noti come geyseriti), in genere attraverso getti regolari che durano da pochi secondi a qualche minuto.

    La struttura sotterranea di un geyser generalmente consiste di un piccolo cratere in superficie connesso a grossi serbatoi di acqua profondi attraverso uno o più condotti sottili. La maggior parte dei geysers si forma in luoghi dove è presente la roccia riolite che si dissolve in acqua calda formando depositi minerali (geyseriti), lungo la parte interna del sistema di alimentazione. Nel tempo questi depositi cementano la roccia, rinforzando le pareti dei canali che collegano il serbatoio profondo con la superficie, permettendo ai geiser di persistere nella loro attività.
    L'acqua che circola nel sistema profondo del geyser viene surriscaldata e lanciata in atmosfera mediante getti violenti a temperature superiori al punto di ebollizione (questo vale 100 °C al livello del mare, maggiore a più grosse profondità).
    (Aldo Zollo)


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    "....E poi ancora, per la natura instabile del cuore su cui appoggia questa terra, zone geotermiche con fanghi bollenti, e geyser che si innalzano nel cielo, lanciando a ritmi regolari le loro altissime fumate bianche di vapore. Ma non è neppure l’occhio quello colpito di più da questo spettacolo naturale. No. È l’orecchio. È il rumore, la voce della Terra. Terra viva, Terra creatura. Le cui viscere calde e irrequiete emettono i loro umori. Terra che si lamenta, geme, cerca di sfogarsi, infine trova la sua via e soffia fuori il suo calore con un suono sordo, cupo, rabbioso, indimenticabile. È la Terra che mostra quanto sia forte, indomabile, incontenibile. È la Terra che ci ricorda le proporzioni."


    .....in Islanda......


    L’Islanda, la terra dei geyser per antonomasia, di origine vulcanica e geologicamente è un paese molto giovane ancora in via di formazione: questo spiega perché nell'isola l'attività vulcanica e geotermale sia particolarmente intensa. Il paesaggio è molto vario: vulcani, sorgenti di acqua calda (dove spesso è possibile fare il bagno), geyser, strutture rocciose dalle forme particolari, cascate, deserti, fiordi, distese di muschio, laghi e pochissimi boschi. Una cosa che salta all’occhio in Islanda è la quasi totale assenza di alberi.
    Le regioni dell'Islanda centrale, influenzate dalla corrente fredda proveniente dalla Groenlandia, hanno un clima rigoroso e sono totalmente disabitate e prive di qualsiasi forma di vita sia vegetale che animale.
    I geyser sono manifestazioni vulcaniche secondarie: si tratta di sorgenti in grado di alzare colonne d'acqua calda a intervalli regolari; il più grande geyser d'Islanda, Geysir, è anche il più famoso del mondo e ha dato il nome a tutte le sorgenti termali del mondo; situato a 150 chilometri a nord di Reykjavik, è vecchio di ottomila anni spara la sua fontana fino a sessanta metri in altezza. Vicino a Geysir c'è Strokkur, che pare sia nato durante un terremoto nel 1294: molto più piccolo ma più attivo, questo geyser lancia un getto di 18-20 metri ogni cinque minuti.
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    "Quanto ai geyser, il fenomeno più popolare dell’Islanda, inventando i geyser, la natura vulcanica mostra il suo lato buffonesco e fanciullesco: si prende gioco di sé: assomiglia a un acrobata sulla rete, a un clown che salta su sé stesso, a un soprano che gorgheggia per il suo pubblico estasiato. Quando si va a Strukkur, vedi una pozza, che ogni tanto romba e gorgoglia e borbotta e brontola, tale è la forza di espansione che la possiede. Per un po’ tace: lancia un potentissimo getto d’acqua surriscaldata e di vapore, che raggiunge i settanta metri: torna a nascondersi per dieci minuti; e infine lancia un nuovo getto, che questa volta fallisce o riesce a metà, come se l’acrobata avesse sbagliato il salto, cadendo goffamente nella rete. Non credete troppo ai geyser: sono un’esibizione da circo, dietro la quale il terribile fuoco si nasconde."
    (PIETRO CITATI)



    Ho sempre pensato: quando sarò libero senza vincoli viaggerò. Ma non ho ricette per viaggiare. Inciampo spesso, dappertutto. Mi piace perdermi, faccio molte deviazioni. Spesso decido la destinazione strada facendo, oppure la cambio del tutto. Non si può fare esperienza di troppe cose viaggiando; penso che sia meglio concentrarsi su poco, o anche su nulla, non fare attenzione ..... ma solo tenere gli occhi aperti ed ascoltare. E non è così facile.
    (Anonimo)


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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:35
     
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  9. gheagabry
     
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    etna




    Etna, quarta eruzione dell'anno, colonna di fumo di 7 chilometri
    Una nuova fase eruttiva, la quarta dell'anno, è in corso sull'Etna con spettacolari emissioni di fontane di lava e attività stromboliana dal nuovo cratere di Sud-Est. L'effetto più visibile è una colonna di cenere nera alta 6-7 chilometri che si disperde in direzione est. Dalla 'bocca' emerge una colata, bene alimentata, che si dirige nella desertica Valle del bove. Il vento, molto debole, porta la cenere verso est-nord est. I boati sono avvertiti distintamente dalla popolazione dei paesi dell'hinterland etneo.
    Secondo gli esperti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) di Catania l'attività, cominciata poco dopo le 5.30, ha avuto la sua fase 'esplosiva', poco dopo le 8. Il fenomeno è ben visibile da Catania e Taormina e per il momento non avuto ripercussioni sul traffico aereo: l'aeroporto di Catania è regolarmente operativo, variazioni potrebbero esserci nelle rotte aeree. L'unità di crisi ha disposto la chiusura per precauzione di due settori di volo, interessati dalla presenza della nube, fino alle 18.30. Limitazione che, sottolineano dalla Sac, la società che gestisce l'aeroporto, in considerazione del ridotto numero dell'attività dello scalo nella fascia oraria interessata, non comporterà alterazioni al regolare flusso di arrivi e partenze. (repubblica)

    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:37
     
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  10. gheagabry
     
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    Se nascondete la polvere sotto lo zerbino, la polvere rimane sempre.
    Se nascondete un vulcano sotto un po' d'acqua, anche questo rimane,
    attivo e pericoloso ....
    Questo vulcano esiste, si chiama Marsili, ed è al largo della Sicilia e della Calabria.


    Il vulcano MARSILI


    Il Marsili è il più grande vulcano d'Europa: alto 3265 metri (più dell'Etna), lungo 70 km e largo 40 km, la sua cima si trova solo 500 metri dalla superficie marina. Dista 150 km dal golfo di Napoli e 70 km dalle isole Eolie. Ha due milioni di anni, le sue fumarole furono riprese nel 1990 da un video-robot di ricercatori americani. Questo enorme gigante sottomarino fa parte di una vera e propria "cintura di fuoco" di vulcani, anch'essi sottomarini, tra cui si possono citare il Valinov ed il Palinuro. Quest'ultimo dista circa 150 km dal golfo partenopeo e a 83 dalla costa calabra di Diamante, in direzione nord-est rispetto al Marsili. L'origine risale a meno di due milioni di anni fa. Il Mar Tirreno è quindi popolato da una serie di vulcani (tra questi ricordiamo naturalmente quelli delle Isole Eolie) molto interessanti, che devono essere ovviamente monitorati per minimizzarne la pericolosità.
    Un eventuale subacqueo intenzionato a porre una bandierina in cima al vulcano dovrebbe immergersi per 450 metri. La vetta quindi, è ancora inviolata. La colonna d'acqua che sovrasta l'apparato vulcanico dovrebbe essere sufficiente per "affogare" qualsiasi colonna eruttiva e con essa i fenomeni che maggiormente temiamo in terra ferma (colate piroclastiche, lahar, ecc.). E' stato scoperto negli anni venti del XX secolo e battezzato in onore dello scienziato italiano Luigi Ferdinando Marsili.




    Il Marsili recentemente è balzato alle cronache invece, come possibile fonte di maremoti presumibilmente dovuti al distacco di pareti rocciose che movimenterebbero materiale a sufficienza per generare onde altissime nel tirreno meridionale. Il magma che fluisce in un liquido, infatti, ha un modesto potere "collante" sugli strati litoidi sottostanti generando un prodotto roccioso (scaglie) alquanto instabile. Marsili comunque non è l'unico vulcano sorto nelle profondità del mare. Bisogna contemplare anche il Vavilov a 160 chilometri a sud ovest del golfo di Napoli, così come il Magnaghi forse spento e il Palinuro, attivo, che dista appena sessantacinque chilometri dalla costa cilentana...E' recente la notizia che anche nei pressi della costa calabra, al largo di Capo Vaticano, è stato individuato un vulcano ormai da millenni estinto...La sua posizione corrisponde alla faglia calabra i cui sommovimenti causarono in quella regione un terribile terremoto nel 1905. Ancora senza nome, il ventinovesimo vulcano italiano ha una sommità che si può toccare ad appena centoventi metri sotto la superficie marina.
    I grandi vulcani sottomarini del Tirreno sembrano inattivi da milioni di anni, ma nessuno può assicurare che lo restino per sempre. Le eruzioni sottomarine di questi centri eruttivi potrebbero infatti produrre maremoti molto pericolosi per gli abitanti delle coste vicine, come quelle della Campania, Calabria e Sicilia. La direttrice dell'Osservatorio Vesuviano, Lucia Civetta, tuttavia ritiene che la possibilità di una eruzione del Marsili sia molto remota.


    Il-Marsili-e-un-vulcano-sottomarino

    "L'analogia del Marsili con il Vesuvio non è del tutto appropriata. Infatti, il rischio vulcanico è un parametro dato dal prodotto della pericolosità del vulcano per il valore esposto (persone e beni soggetti al rischio); nel caso del Marsili entrambi questi fattori sono di fatto e nell'ordine sconosciuto e assente. Bisogna allora dire che la storia eruttiva e l'attuale livello di pericolosità del vulcano, e, quindi, il rischio potenziale associato a un possibile evento eruttivo, non sono stati ad oggi adeguatamente approfonditi. Di fatto, la distanza dalla costa e la profondità del vulcano, rendono in linea di massima minimo il rischio legato a un'eruzione, se si fa eccezione per la possibile generazione di tsunami. Quest'ultimo tipo di evento nel caso di apparati vulcanici come il Marsili, se pure possibile, richiede una complessa combinazione di fattori che difficilmente si presentano in contemporanea, o quantomeno il livello di probabilità che ciò accada è basso. Tant'è, la generazione di onde di tsunami è associata esclusivamente a eventi sismici di elevata magnitudo in fondali profondi e con peculiari movimenti di faglia. Gli tsunami si verificano anche in seguito a fenomeni franosi e/o di collasso parziale o totale di strutture vulcaniche, ma soltanto in caso di elevata rapidità ed estensione di tali fenomeni.
    Il bacino tirrenico è considerato dai geologi come un'area di oceanizzazione, che è il risultato di prolungati processi di distensione della litosfera che hanno generato un assottigliamento crostale e una piana abissale di profondità anche superiore ai 3000 metri. Da questi complessi processi geodinamici si è sviluppato il vulcanismo sommerso di natura basaltica molto diverso da quello delle aree vulcaniche napoletana e siciliana. Data l'elevata profondità del fondale, la conoscenza del bacino tirrenico anche in termini di strutture attive è ancora incompleta. I vulcani sommersi come tutto il bacino tirrenico non sono sedi di reti di monitoraggio permanenti, ma sono stati studiati soltanto occasionalmente nell'ambito di campagne oceanografiche, sia nazionali sia internazionali, e d'indagini di sismica crostale. La campagna più recente è proprio quella iniziata nello scorso febbraio dalla nave ocenografica Urania del CNR, che ha rivelato condizioni d'instabilità dei versanti....
    (tratti dell'intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo)




    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:45
     
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    Eruzione del Vesuvio del 1944

    Eruzione-del-Vesuvio

    L'eruzione del 1944 avvenne durante la seconda Guerra Mondiale, in piena occupazione anglo-americana. L'eruzione fu talmente forte da apportare danni non solo alle abitazioni civili dei comuni circostanti, ma anche alle strutture militari americane ed inglesi presenti nel napoletano. Grazie alla presenza degli operatori stranieri in città per documentare la guerra, quella del 1944 è l'unica eruzione del Vesuvio documentata con immagini video riprese in tempo reale. Inoltre, numerose sono le testimonianze dei militari o dei reporter americani che descrissero l'attività eruttiva.

    Norman Lewis, agente dei servizi segreti inglesi disse:

    « La lava si stava inoltrando tranquillamente lungo la strada principale, e ad una cinquantina di metri dal margine di questo cumulo di scorie che lentamente avanzava, una folla di diverse centinaia di persone, in gran parte vestite di nero, pregava inginocchiata. [...] La lava si muoveva alla velocità di pochi metri all'ora, e aveva coperto metà della città con uno spessore di circa 10 metri. La cupola di una chiesa, emergendo intatta dall'edificio sommerso, veniva verso di noi sobbalzando sul suo letto di cenere. L'intero processo era stranamente tranquillo. La nera collina di scorie si scosse, tremò e vibrò un poco e blocchi cinerei rotolarono lungo i suoi pendii. Una casa, prima accuratamente circondata e poi sommersa, scomparve intatta dalla nostra vista. Un rumore da macina, debole e distante, indicò che la lava aveva cominciato a stritolarla. Vidi un grande edificio con diversi appartamenti, che ospitava quello che chiaramente era stato il miglior caffè della città, affrontare la spinta della lava in movimento. Riuscì a resistere per quindici o venti minuti, poi il tremito, gli spasmi della lava sembrarono passare alle sue strutture e anch'esso cominciò a tremare, finché le sue mura si gonfiarono e anch'esso crollò. Su tutte le statue che affrontavano la lava dominava in tutti i sensi, per dimensioni, per numero di persone che reggevano la piattaforma, quella dello stesso San Sebastiano. »

    Dana Craig, attendente del 486º squadrone di soccorso americano scrisse sul suo diario:

    « Capimmo quello che stava succedendo la mattina del 23 marzo. Fino al giorno prima il Vesuvio aveva soltanto fumato. Ricorderò per sempre il momento in cui il Vesuvio ha eruttato. Non ho mai visto nessuna bomba fare tanto. Noi dovevamo lavorare tra pietre che cadevano e cenere. Tutti avevamo i giubbotti di protezione e i caschi. Poi arrivò l’ordine di evacuare verso Napoli. »

    Altri operatori dell'epoca, dimostrano come i credenti mostrarono al vulcano la statua di San Gennaro, affinché il santo fermasse l'attività eruttiva. Alcuni giorni dopo il gesto dei fedeli, il Vesuvio cessò di eruttare.

    https://youtu.be/1bsmv6PyKs0

    Eruzione_del_Vesuvio_del_1944



    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:50
     
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    Vulcano Plosky Tolbachik, Kamchatka, Russia, 2012



    Tolbachik vulcano (attivo Plosky Tolbachik (3085 m) e estinto Ostry Tolbachik (3682 m)) è il più grande centro vulcanico del sud-ovest settore del gruppo Klyuchevskaya vulcanica.

    Circa 10 000 anni fa (nel Olocene precoce), in occasione del vertice di Plosky Tolbachik si è formata la caldera prima a circa 3 chilometri di diametro e anche una zona regionale di cenere coni nord-est e sud-ovest del vulcano simile faglie vulcani delle Hawaii.

    Sud zona si estende circa 45-50 km dalla Nikolka vulcano, e si chiama Tolbachinsky Dol. Circa l'80% dei centri eruttivi in ​​forma di fessure moltitudine e catene di coni di scorie concentrati lungo la zona centro di Dol in una stretta (3-4 km) striscia.

    E 'affidabile noto per due eruzioni in Tolbachinsky Dol: 1941 e 1975-1976.

    In primo luogo si è svolta il 07-14 maggio, 1941. La settimana dell'eruzione si sono formati: il cono di scorie circa 200 m di altezza, 0,07 km 3 di piroclasti; flusso di lava 5 km di lunghezza, 0,03 km 3 di lava.

    Seconda eruzione durò dal 6 Lug 1975 al 10 dicembre 1976. E 'stato predetto da PI Tokarev, una settimana prima dell'evento (il primo al mondo). Questo vulcanologi permesso di osservare in dettaglio l'inizio dell'eruzione fessura. I 1,5 anni di dell'eruzione si sono formati: 8 coni di cenere circa 300 m di altezza, a circa 1,0 km 3 di piroclasti; flusso di lava 9,5 km di lunghezza, a 1.2 km 3 di lava.

    L'eruzione fessura nuovo Tolbachinsky Dol è iniziata il 27 novembre 2012, e continuando in questo momento. Dal 27 novembre fino al 05 dicembre l'area di flussi di lava era a circa 20 km 2 . Il volume di materiale eruttivo (piroclasti e lava) al 20 dicembre 2012, è stimato a 1,0 km 3 .
    (Descrizione è scritto da OA Girina)

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    Vulcanologi: Olga Girina e Dmitry Melnikov, che ha fatto descrizioni dettagliate di luoghi e oggetti che si possono vedere sui panorami.




    www.airpano.com
    (traduttore automatico)

    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:54
     
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    giava
    Fotografia di John Stanmeyer

    Le forze della natura hanno regalato questo primato all'Indonesia: in nessun altro paese al mondo infatti un numero così alto di persone vive all'ombra di così tanti vulcani attivi - ben 129, dice un censimento recente.

    Nella sola Giava, 120 milioni di persone vivono in un'area su cui incombono oltre 30 vulcani.



    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:56
     
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  14. gheagabry
     
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    Vesuvio, "la bomba
    a orologeria d'Europa"


    Così titola la rivista scientifica Nature

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    Fotografia Bettmann-Corbis

    Una rara immagine a colori dell'ultima eruzione del Vesuvio, avvenuta nel marzo 1944. Da allora il vulcano è entrato in uno stato di quiescenza, ma gli scienziati sono unanimi nel ritenere che, prima o poi, è destinato a risvegliarsi. Come, e con che violenza?

    Nel suo ultimo numero, la rivista Nature torna a occuparsi di quella che già dal titolo definisce "La bomba a orologeria d'Europa". Katherine Barnes, autrice del servizio, racconta come il recente terremoto del Giappone spinga a ripensare alla possibilità dei "cigni neri", vale a dire eventi poco probabili ma potenzialmente devastanti. Quando si appronta un piano di emergenza, occorre tener conto anche del cosiddetto worst-case scenario?

    Barnes cita gli studi del team di Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell'Osservatorio Vesuviano che assieme ad altri studiosi già nel 2006 indagò sulla cosiddetta eruzione delle Pomici di Avellino, che circa 3.800 fa devastò l'intera Campania, con effetti ancora più disastrosi della successiva eruzione di Pompei del 79 d.C. Secondo Mastrolorenzo, la prossima eruzione del Vesuvio potrebbe essere altrettanto violenta. Al suo allarme la nostra rivista dedicò un servizio nel settembre del 2007 (leggi l'articolo).

    In uno studio più recente, Mastrolorenzo e la sua collega Lucia Pappalardo hanno ipotizzato, sulla base di una serie di indagini sismologiche, l'esistenza di una vasta camera magmatica a circa 8-10 chilometri di profondità sotto il Vesuvio; segno, secondo gli studiosi, che il risveglio del vulcano potrebbe essere particolarmente violento.



    Nel 1944, durante la II Guerra mondiale, l’ultima eruzione del Vesuvio sparò nel cielo una vorticosa nube di cenere, mentre i bombardieri americani facevano rotta verso il fronte. Fu un’eruzione minore, ma bastò a devastare diversi paesi, uccidendo 45 persone.


    In un recente studio pubblicato sul Journal of Geophysics Research, Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo dell'Osservatorio Vesuviano hanno calcolato le probabilità che le aree attorno al Vesuvio vengano colpite, in caso di un'eruzione di tipo pliniano (simile cioè a quella che distrusse Pompei), dai flussi piroclastici, le cascate di lava, gas e pietre che rotolano ad alta velocità sui fianchi del vulcano distruggendo tutto.

    Nell'articolo appena pubblicato su Nature, Mastrolorenzo ribadisce la possibilità che i flussi colpiscano anche al di là della cosiddetta "zona rossa", l'area dei 18 comuni vesuviani che, secondo il piano di emergenza della Protezione Civile, sarebbe evacuata qualora il vulcano dovesse dare segnali evidenti di un'eruzione imminente. Da anni lo studioso invoca un'estensione della zona rossa all'intera area urbana di Napoli, il che imporrebbe un'evacuazione di tre milioni di persone invece delle 600 mila attualmente previste.

    Non tutti gli scienziati sono così pessimisti. Nature cita Bruno Scaillet, capo di un'équipe di ricercatori dell'Università di Orléans, secondo cui nei secoli le camere magmatiche che alimentano le eruzioni del Vesuvio sono migrate verso la superficie, e oggi si troverebbero a soli 3.000 metri di profondità. Scaillet ha riscontrato una minore viscosità del magma contenuto in quelle camere, il che farebbe prevedere eruzioni di potenza media, simili a quella del 1944. Quanto allo strato scoperto a 10 chilometri di profondità, potrebbe non essere una camera magmatica, ma un accumulo di acqua.

    Una gigantesca scommessa. Contro il destino, contro il tempo, contro i limiti della scienza. Contro il panico e il suo altrettanto pericoloso contrario, l’indifferenza. E naturalmente contro il Vesuvio, il vulcano più famoso e potenzialmente letale del mondo, addormentato da più di 60 anni ma destinato prima o poi a risvegliarsi.

    La scommessa sta nel riuscire a prevedere per tempo l’eruzione e organizzare lo sgombero di una delle aree più densamente popolate d'Europa. Tra qualche mese dovrebbe essere reso noto un aggiornamento complessivo del piano di emergenza elaborato nel 2001. «Ma gli aggiustamenti sono continui», assicura Titti Postiglione, geologa di formazione e responsabile della Sala situazione italiana del Dipartimento della Protezione Civile.

    La strategia di fondo resta la stessa: il piano prevede l’evacuazione totale dei circa 600 mila abitanti della “zona rossa”, i 18 comuni a ridosso del Vesuvio che rischiano di essere investiti dai flussi piroclastici, le micidiali cascate bollenti di gas, lava e pietre che rotolano sui fianchi del vulcano distruggendo tutto. «Rispetto al passato abbiamo abbreviato i tempi», spiega Postiglione. «Dal momento in cui la commissione di esperti ravviserà i segnali inequivocabili di un’eruzione imminente, lo sgombero dovrà essere completato in 72 ore. Un’altra novità è che gli abitanti si muoveranno con mezzi propri, anche più di un’auto a famiglia; naturalmente ci saranno pullman per chi non può o non vuole usare la macchina».

    Lo sgombero comincerà in tutti i comuni contemporaneamente, secondo un ordine prestabilito: in ciascuna cittadina, quindi, gli abitanti di alcune case potranno muoversi subito, altri dovranno aspettare. «Abbiamo scelto il trasporto su gomma perché è più flessibile», prosegue Postiglione. «I porti della zona sono troppo piccoli per un’evacuazione massiccia via mare, e la ferrovia Circumvesuviana rischia di essere inservibile, sia perché spesso incrocia le strade con dei passaggi a livello - e quindi per far passare i treni bisognerebbe bloccare le macchine - sia perché potrebbe essere già stata danneggiata dagli eventi sismici che precederanno l’eruzione, i cosiddetti precursori. Treni e navi saranno riservati ai soccorsi».

    L’immagine di centinaia di migliaia di auto che si incolonnano in buon ordine sulle strette strade della zona suscita parecchie perplessità. «L’unica soluzione sarebbe aprire nuove vie di fuga, autostrade a dieci corsie, anche perché non è scontato che il vulcano dia un preavviso così lungo», sostiene ad esempio Benedetto De Vivo, docente di Geochimica ambientale all’Università Federico II di Napoli e autore di vari saggi sul Vesuvio. «Nuove autostrade? Sarebbe ideale, ma si tratterebbe di abbattere interi quartieri», risponde Postiglione. «La decisione non può spettare alla Protezione Civile, che in ogni caso deve elaborare i suoi piani basandosi sulla situazione attuale».

    Qualche novità riguarda anche la “zona gialla”, 96 comuni che rischiano di essere investiti dalla caduta di ceneri e lapilli. «Solo una piccola percentuale di quest’area sarà colpita: dipenderà dall’altezza della colonna eruttiva e dalla direzione dei venti», precisa Postiglione. «Abbiamo delineato scenari diversi in modo da individuare già prima dell’eruzione la “sottozona” interessata, e limitare l’intervento a 50-100 mila persone».

    In ogni caso, il piano resta tarato su un’eruzione subpliniana, cioè di potenza inferiore a quella che nel 79 d.C. distrusse Pompei ed Ercolano. Giuseppe Mastrolorenzo, coautore di uno studio che suscitò molte polemiche quando, nel settembre 2007, fu ripreso da National Geographic, ribadisce invece il suo allarme: esiste una probabilità tutt’altro che trascurabile che il risveglio del Vesuvio sia ancora più devastante, come fu l’eruzione di Avellino di 3.800 anni fa, che seppellì l’intera area di Napoli. «La tragedia dell’uragano Katrina avvenne proprio così: si pensava che non potesse accadere il peggio, e invece il peggio accadde», denuncia Mastrolorenzo. «Occorrerebbe pianificare l’evacuazione di tre milioni di persone; oppure, se si pensa che sia impossibile, bisogna avere il coraggio di dirlo».

    Ma la posizione dei vertici dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dell’Osservatorio Vesuviano e della Protezione Civile resta immutata: la possibilità di un’eruzione pliniana nei prossimi 150 anni è ritenuta inferiore all’uno per cento. «Ogni contributo al dibattito è bene accetto, e noi saremmo pronti a rivedere il piano davanti a nuovi dati condivisi dalla maggioranza della comunità scientifica», ribatte Postiglione. «Non possiamo però tenere conto di qualsiasi eventualità: io non ho un piano di emergenza in caso di caduta di un meteorite su Roma, anche se in teoria potrebbe succedere».

    Vesuvio, zona rossa allargata a 7 comuni e 3 quartieri di Napoli

    La zona rossa del Vesuvio, vulcano attivo in Campania, viene ampliata anche a 3 quartieri del Comune di Napoli: San Govanni a Teduccio, Barra e Ponticelli e a 7 nuovi Comuni per un coinvolgimento totale di 800 mila cittadini. I nuovi comuni inclusi sono: Nola, Palma Campania, Poggio Marino, San Gennaro Vesuviano, Scafati, Pomigliano d’Arco e Sant’Anastasia che entrano ina “zona rossa 2. La Zona rossa 1 individuata già nel 2001 comprende sempre i comuni di: Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Pompei, Portici, Sant’Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, San Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco e Trecase.
    La decisione è stata resa nota dalla Protezione Civile al termine della riunione che si è tenuta lo scorso 11 gennaio al Dipartimento con la Regione Campania e i comuni interessati e la motivazione per cui la zona rossa è stata ampliata è la seguente:
    A differenza di quella individuata nel Piano del 2001, la nuova zona rossa comprende oltre ad un’area esposta all’invasione di flussi piroclastici, definita “zona rossa 1”, anche un’area soggetta ad elevato rischio di crollo delle coperture degli edifici per l’accumulo di depositi piroclastici (ceneri vulcaniche e lapilli), definita “zona rossa 2”.




    national geographic, web

    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 16:58
     
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  15. gheagabry
     
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    BEPPU, Giappone




    Cinta dalle rive del mare Interno e dai monti Tsurumi e Yufu, Beppu è famosa in tutto il Giappone per i suoi numerosi onsen (sorgenti d’acqua calda di origine vulcanica). Ce ne sono circa 3000, dalle svariate proprietà chimiche, che producono più di 100000 kl di acqua al giorno e avvolgono la città in una nuvola di fumo. il territorio di Beppu presenta una serie consistente dei fenomeni caratteristici di tali aree con caldere, solfatare, fumarole vulcaniche e soprattutto migliaia di sorgenti termali, la cui temperatura varia dai 37 ai 98 °C, che emettono più di 70.000 m³ d'acqua ogni giorno. le sorgenti geotermiche hanno dato vita a numerosissimi onsen, di cui Beppu è considerata la capitale giapponese. Laddove invece le manifestazioni di vulcanismo secondario sono state lasciate allo stato naturale, il paesaggio offre immagini da Inferno dantesco che ricordano un po' i Campi Flegrei italiani e, non a caso, si parla talora dei "nove inferni (jigoku) di Beppu" riferendosi ai suoi nove principali siti geotermici.


    ....i nove "Inferni"....

    Le nove fonti (Umi Jigoku, Oniishibozu Jigoku, Shiraike Jigoku, Yama Jigoku, Kamado Jigoku, Oniyama Jigoku, Kinryu Jigoku, Tatsumaki Jigoku e Chinoike District) sono suddivise tra due distretti della città, e creano un paesaggio talvolta volte lunare, a volte apparentemente uscito dalla mente di uno scrittore fantasy.

    La Umi Jigoku (Inferno del Mare) è una pozza d’acqua fumante color turchese, simile al mare di un’isola tropicale. Eè profonda circa 120 metri e ha una temperatura di 90°C.

    La Oniishibozu Jigoku (“Inferno della Testa di Monaco”) è una vasca naturale di fango rovente che crea continue bolle simili alla testa rasata dei monaci.

    La Shiraike Jigoku, invece, che potrebbe essere tradotta con “Inferno dello stagno bianco”, è uno stagno di forma circolare colmo d’acqua azzurra, dall’aspetto lattiginoso per via dell’alto contenuto di calcio.

    Una delle fonti più suggestive è l’ “Inferno del Dragone Dorato” (Kinryu Jigoku), una sorgente termale sovrastata dalla statua di un drago e dotata di una serra riscaldata dalla sorgente stessa.

    La Yama Jigoku (Inferno della Montagna) è un vulcano di fango circondato da piccole pozze d’acqua biancastra.

    La Kamado Jigoku (Inferno della Pentola Bollente) è una serie di piccoli stagni d’acqua bollente sorvegliati dalla statua di un demone rosso, il “cuoco” della sorgente Kamado.

    C’è inoltre anche un geyser, la Tatsumaki Jigoku, che erutta ogni 25-30 minuti emettendo vapore bollente per circa 5 minuti ad un’altezza di 20 metri.

    L’acqua o il fango che vanno a formare le onsen sono generalmente ad una temperatura di 50-99,5°C, e alcune emettono un tipico odore solforoso di uova marce. In totale ci sono 2.849 sorgenti che emettono 9 tipi differenti d’acqua termale, un vero e proprio record mondiale.
    (lapatatinafritta.com)

    Umi-Jigoku-giappone



    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 17:02
     
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