NEBBIOLO PRIMA 2011

Vini di Roero, Barbaresco e Barolo

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    A Nebbiolo Prima 2011 di Alba riflettori puntati sui vini Roero, Barbaresco e Barolo





    Considerata a ragione una delle più importanti anteprime internazionali riservate agli addetti del settore enologico, anche quest'anno Nebbiolo Prima ha permesso a circa 120 tra giornalisti e buyer provenienti da tutto il mondo di tracciare un primo esame delle ultime annate in commercio di Barolo, Barbaresco e Roero.



    L'evento organizzato ad Alba dall'8 al 13 maggio dall'Unione Produttori Vini Albesi, in collaborazione con la società di comunicazione trevigiana Gheusis, non si è limitato alle "solite" degustazioni, allestendo bensì un fitto programma di incontri e di indimenticabili retrospettive direttamente nelle cantine dei produttori, indiscutibili protagonisti ed artefici di questo affascinante mondo del vino, che hanno creato le condizioni ideali per esaminare tenuta, eleganza e fascino di uno dei migliori vitigni del pianeta: un vero e proprio cammino verso la meta, che ha permesso di incamerare in ogni istante miriadi di emozioni ed esperienze indelebili.
    Il servizio AIS nel Palazzo Mostre e CongressiOnore al merito pertanto a Enzo Brezza, presidente dell'Albeisa, e al suo predecessore Pietro Ratti, attuale presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero, per essere riusciti a mantenere vivo l'interesse di un evento nato una quindicina di anni fa come Alba Wines Exhibition, incontrando prima di tutto l'approvazione dei 181 produttori che hanno aderito quest'anno alla manifestazione e sottoposto all'esame "alla cieca" ben 304 vini in condizioni ambientali e climatiche ideali all'interno del Palazzo Mostre e Congressi, grazie all'estrema professionalità e simpatia dai sommelier dell'AIS coadiuvati dagli allievi della Scuola Enologica di Alba. Sconcertano e deludono purtroppo ancora una volta gli "assenti ingiustificati" di questa rassegna, forse ansiosi del confronto diretto "alla cieca" con meno illustri e blasonati colleghi, timore che però li porta a farsi sfuggire la ghiotta occasione di salire "a casa propria" su un palcoscenico di risonanza internazionale.



    I primi assaggi di Roero Docg 2008 ci permettono di prendere le misure dell'annata, considerata impegnativa e delicata dal punto di vista agricolo a causa dell'estrema variabilità climatica fino a fine agosto, con punte di umidità e freddo rilevanti, culminata fortunatamente con un autunno incredibilmente immune da scrosci d'acqua che, unito a buone escursioni termiche giorno-notte, ha creato le condizioni ideali per il Nebbiolo, giunto alla vendemmia con un perfetto grado di maturazione zuccherina e una ragguardevole acidità fissa, leggermente superiore agli anni precedenti, base indispensabile per la freschezza e longevità dei vini.
    I relativamente pochi vini presentati (solo 14) probabilmente impediscono di avere un panorama completo sia dello stato del territorio a nord del Tanaro sia del livello produttivo, ma viceversa appare chiara la volontà di emergere sfruttando appieno le potenzialità del Nebbiolo, coltivato su terreni più calcarei e sabbiosi, da parte di produttori per anni costretti a vivere "all'ombra" dei più blasonati "cugini" di Barolo e Barbaresco, ma che in questi ultimi anni hanno visto aumentare la loro popolarità grazie all'autentico boom di gradimento che sta incontrando il bianco Roero Arneis.
    Buona freschezza nella beva, mineralità, pulizia ed equilibrio nella maggioranza dei 14 vini, in particolare quelli prodotti da Cascina Val del Prete di Priocca, il "Monfrini" di Maurizio Ponchione di Govone, l'"Audinaggio" da viti a Vezza d'Alba di Cascina Ca' Rossa e il "Bric Paradis" di Renato Buganza di Guarene.
    Discorso un po' diverso con gli altrettanti Roero Riserva Docg 2007 che, complice l'annata decisamente più calda e ricca, si caratterizzavano per una corposità e complessità talvolta eccessive, a scapito di freschezza e beva, che sono però ben evidenti e presenti nel "San Francesco" del giovane produttore Lorenzo Negro di Monteu Roero, nel "Roero Montegalletto" di Cascina del Pozzo di Castellinando, nell'"Antaniolo" di Daniele Pelassa di Montà d'Alba, nel balsamico "Valmaggiore" di Cascina Chicco di Canale d'Alba e nella Riserva dei Fratelli Casetta di Vezza d'Alba. Strutture più importanti, senza però pregiudicarne piacevolezza e persistenza, per il "Rocche dra Bossora" di Michele Taliano di Montà d'Alba, per il "Braja" di Deltetto, per il "Mombeltramo" di Malvirà e per la Riserva di Pace, tutte e tre originari da vigneti a Canale d'Alba.


    Promozione a pieni voti per l'annata 2008 al termine della degustazione dei 74 Barbaresco, che hanno confermato impressioni e giudizio espressi a proposito del Roero.

    Treiso - Nei vini provenienti da vigneti coltivati in questo comune ho riscontrato una qualità eccelsa, vicina al 90% dei prodotti degustati, dove prevalevano a mio avviso per finezza, eleganza e persistenza il "Pajorè" di Rizzi, e il "Valgrande" di Cà del Baio. Freschezza e note fruttate che ne agevolano la beva nel "Marcarini" e nel "Vigneto Nervo" della Cantina Pertinace e nel "Nubiola" di Pelissero, note vanigliate e speziate nel "Noemy" di Vigin e nel vino della Ganghija del giovane Enzo Rappalino.



    Neive - Una trentina i barbaresco in esame di Neive, con sfumature maggiori tra i primi e gli ultimi della "classe". Ottimi riscontri per il "Bordini" di Fontanabianca, per il "Cè Vanin" di Rivetto, per il "Serraboella" di Fratelli Barale, il "Palazzina" di Montaribaldi, per le note di rosa e balsamiche del "Canova" di Fabrizio Ressia, quelle di frutti rossi del "Bricco San Giuliano" di Pasquale Pelissero, del "Basarin" di Adriano Marco e Vittorio e del "San Cristoforo" di Elio Filippino, di sottobosco del "Gallina" di Ugo Lequio, di vaniglia e spezie del "Basarin" di Moccagatta.

    Barbaresco - Anche nei 29 Barbaresco provenienti dall'omonimo comune risultavano nette le differenze a seconda della "mano" aziendale, la zona di coltivazione dei vigneti e probabilmente il grado di maturità delle uve, che determinava una buona freschezza, associata però alla necessità di ulteriore affinamento in bottiglia, nel "Ad Altiora" di Michele Taliano, nel "Sorì Sartù" di Massimo Penna di Alba, nel "Montestefano" di La Ca' Nova, nel "Rabajà" di Ca' du Rabajà e di Giuseppe Cortese, nell'"Asili" di Ca' del Baio, nel "Rio Sordo" di Cascina delle Rose, nel "Roncaglie" di Poderi Colla e nei vini di Olek Bondonio e dei sempre affidabili Produttori del Barbaresco.
    Le Tenute Marchesi di Gresy nel loro "Martinenga" ritrovano il loro inconfondibile stile dato dal colore scarico, tannino fitto e grande eleganza. Maggiori strutture e tenore alcolico invece per il "Bric Balin" di Moccagatta, nel "Rabajà" di Cascina Luisin e del Castello di Verduno, nel "Ronchi" di Albino Rocca, unite a una netta nota balsamica nel "Sorì Montaribaldi" dell'omonima azienda.
    Barbaresco Riserva 2006 - Le quattordici Riserve hanno confermato la grande complessità, tipicità, pienezza e grandezza di questa annata, interpretata in maniera impeccabile da Cascina Bruciata attraverso il suo "Rio Sordo" e da Roberto Sarotto con il "Gaia Principe", seguiti dal "Nervo Vigna Gaia" di Armando Piazzo, dal "Gallina" del Castello di Neive e dal "Bricco" di Dante Rivetti.


    Le impressioni solo parzialmente positive sulla "calda e ricca" annata 2007 erano già scaturite in abbondanza un anno fa in occasione degli assaggi in anteprima di Barbaresco e Roero, salvo poi però correggere il tiro sulla mancanza di tutte queste "facilità di beva, strutture in eccesso, squilibri" riassaggiando i vini in autunno.
    Penso che una situazione simile si riproporrà anche quest'anno a proposito dei 172 Barolo analizzati nel corso delle tre mattinate, con il calore e la morbidezza alcolica come denominatore comune, spesso in maniera marcata, ad ammorbidire e mascherare la loro tannicità, malgrado l'ottima scelta dei sommelier di mantenere una temperatura di servizio non superiore ai 16 gradi per cercare di privilegiare il frutto e una beva fresca.



    Castiglione Falletto - Nella prima giornata erano i 18 vini di questo comune a ricevere maggiori preferenze in termini di equilibrio ed eleganza, dai "tradizionalisti" caratterizzati da colori granati più scarichi, tannino incisivo ed eleganza "Villero" di Poderi e Cantine Oddero, "Parussi" di Massolino, "Castiglione Falletto" di Elio Filippino, "Bricco Boschis" di Cavallotto e "Rocche di Castiglione" di Roccheviberti, ai più ricchi e concentrati sia nel colore che nella sostanza "Solanotto Altinasso" di Cavalier Bartolomeo, "Vigna Pugnane" di Cascina Sciulun di Franco Conterno, "Montanello" di Tenuta Montanello, "Villero" di Boroli e di Giacomo Fenocchio e l'"Enrico VI" di Cordero di Montezemolo-Monfalletto.

    Il belvedere di VerdunoVerduno - Ristretto il gruppetto di produttori aderenti alla rassegna, appena cinque, con vini caratterizzati da tannini decisi ed eleganti, buon quadro aromatico, note di spezie presenti in particolare nel "Neirane" di Bosco Agostino, nel cru storico "Monvigliero" dei Fratelli Alessandria e nel "Massara" del Castello di Verduno.

    Novello - Anche in questo caso solo 6 i vini in degustazione, dove spiccavano per pulizia e freschezza il "Ravera" di Elvio Cogno ed i Barolo di Giribaldi e di Armando Piazzo.

    Barolo - Molte le aspettative per la trentina di vini provenienti dal "capoluogo", anche se purtroppo qualcuno ha deluso in termini di armonia e piacevolezza di beva. A mio giudizio sopra la media il "Cannubi" e il "Bricca Sarmassa" di Brezza Giacomo, il "Nei Cannubi" e "Costa Grimaldi" di Poderi Einaudi, il "Costa di Rose" di Bric Cenciurio, il "Del Comune di Barolo" di Famiglia Anselma, il "Cerequio" di Boroli, il "Preda Sarmassa" di Virna Borgogno, il "Castellero" di Fratelli Barale, il "Le Coste" di Giacomo Grimaldi e l'integra tradizionalità del Barolo di Maria Teresa Mascarello.

    La Morra - Vini notoriamente caratterizzati da un tannino fine e morbido, una buona pienezza e persistenza, una certa "gentilezza" in parte anche voluta dalla schiera di "innovatori" nati negli anni '90 con l'obiettivo proprio di aumentare l'immediata piacevolezza di questo vino riducendone i tempi di attesa di maturazione. Ampio il panorama offerto dai 39 vini degustati, dal floreale, fresco e lineare Barolo di Francone e di Vigneti Luigi Oddero, del "Rocchettevino" di Eraldo Viberti e dell'"Arborina" di Gianfranco Bovio, al fruttato e spezie dolci del "Rocche dell'Annunziata" di Mario Gagliasso, del "Brunate" di Damilano, del Barolo di Aurelio Settimo e di Ciabot Berton, del "Vigneto Arborina" di Mauro Veglio, del "Ciabot Manzoni" di Silvio Grasso e del "Vigneto Brunate" di Andrea Oberto, fino alla complessità e pienezza del "La Serra" di Marcarini e di Agostino Bosco, del "Brunate" di Vietti e del "Torriglione" di Mario Gagliasso.

    Il castello di BaroloMonforte d'Alba - Patria di vini austeri, con un tannino denso e avvolgente, molto longevi ma tradizionalmente bisognosi di tempo per essere apprezzati appieno. I grandi estratti che ho riscontrato a Monforte, in particolare degustando i vini provenienti dal cru "Bussia", mi spiegavano successivamente alcuni produttori che sono dovuti a una "concentrazione naturale" dell'uva in seguito alla rovinosa grandinata di fine maggio, che ha causato perdite del raccolto di oltre il 60%. Difficile pertanto mantenere buone acidità e mineralità da contrapporre a basi alcoliche notevoli, un equilibrio a mio avviso abbastanza centrato nei vini di Poderi Colla, Cascina Ballarin, Giacomo Fenocchio, Franco Conterno-Cascina Sciulun e Prunotto, maggiore nel "San Giuseppe" e nel "Le Coste" di Pecchenino, nel "Castelletto" di Mauro Veglio, nel "Gramolere" di Fratelli Alessandria e nel sempre austero, elegante e longevo "Gavarini Vigna Chiniera" di Elio Grasso.



    Serralunga d'Alba - Un'altra delle patrie dei Barolo: rigorosi, severi, chiusi ma dotati di una mineralità, sapidità ed equilibrio che si esprimono spesso quasi un decennio dopo la vendemmia. Dei 30 vini assaporati, in ordine di crescente complessità, estratto e ricchezza espressiva inizierei con il Barolo di Pio Cesare, il "Del comune di Serralunga d'Alba" di Rivetto, il "Cerrati Vigna Cucco" di Cascina Cucco, il "Vigna Lazzairasco" di Guido Porro, il "Badarina" di Bruna Grimaldi ed i "Sorano" e "Sorano Coste & Bricco" di Ascheri. Si aumenta di intensità con il "Leon" di Cascina Luisin, il "Cerretta" di Germano Ettore e di Giovanni Rosso, gli inebrianti "Serralunga" e "Meriame" di Paolo Manzone, per giungere al culmine con il "Parafada" di Massolino e con il robusto "Lazzarito" di Vietti.
    Barolo Riserva 2005 - Freschezza e complessità regnano sovrane anche nelle ventidue Riserve 2005 di Barolo, con maggior equilibrio nell'"Audace" di Roberto Sarotto, nel "Cannubi" di Serio e Battista Borgogno, nella Riserva di Livia Fontana, nel "Gorette" prodotto solo in versione "magnum" da Cordero di Montezemolo-Monfalletto, nel "Bussia" di Giacomo Fenocchio, nel "Gramolere" di Giovanni Manzone e con una punta balsamica nel "Bussia Munie" di Cascina Sciulun di Franco Conterno. Struttura e potenza in abbondanza, nuovamente con inevitabili maggiori tempi di affinamento in bottiglia per il "Vigna Elena" di Elvio Cogno, per il "Monvigliero" di Castello di Verduno, per le "Riserva Vignolo" e "Bricco Boschis Vigna San Giuseppe" di Cavallotto e per il "Vigna Rionda" di Massolino.

    Conclusioni
    Uno degli aspetti affascinanti dei vini piemontesi risiede senza dubbio nella diversità ed unicità delle varie annate. Dopodiché all'interno delle stesse, ogni produttore interpreta con il suo stile, tradizione e tipicità del vitigno, in questo caso del "nobile" Nebbiolo, chi cercando di perseguire finezza ed eleganza, chi andando invece alla ricerca di tonalità, aromi e concentrazioni maggiori. Allo stesso tempo esistono appassionati che preferiscono l'austerità e complessità del 2006, chi la pienezza e il calore del 2007, chi la floreale freschezza del 2008. Se a questo uniamo l'assoluta opinabilità e soggettività dei giudizi su un vino, ecco che si può affermare senza timori di smentita che in questo momento ognuno può trovare in Langa e nel Roero annata e vini per soddisfare i propri gusti.
    Nebbiolo Prima potrebbe però avere a questo punto un'appendice rivolta ai consumatori, sfruttando buona parte dell'apparato organizzativo per allestire ad esempio un banco d'assaggio a fine rassegna all'interno del Palazzo di Piazza Medford, un primo passo di quello che potrebbe diventare in futuro un vero e proprio Salone del Vino del Piemonte.
     
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