FIABE nei libri....

...la magia scritta che ti fa volare.....

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  1. gheagabry
     
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    Ci sono dei libri che non hanno tempo.
    La loro magia non si perde trascinata dal rumore e l’usura del tempo.
    Sono libri che ci hanno fatto sognare ad occhi aperti.





    LA STORIA INFINITA



    C’è un ragazzo, il suo nome è un po’ strano, si chiama Bastian Baldassere Bucci. Sta spesso da solo. Sua madre è morta da poco e non riesce più a comunicare col padre, si rifugia nei libri e nelle storie fantastiche. Come facciamo un po’ tutti noi, per un motivo o per l’altro.
    Un giorno capita nella libreria dell’antiquario Carlo Corrado Coriandoli e gli ruba un volume intitolato " La storia infinita."
    A scuola è spesso vittima di bullismo, una mattina per evitare di incontrare i bulli, decide di saltare le lezioni. Rifugiatosi nella soffitta della scuola, inizia a leggere e, pagina dopo pagina, viene sempre più coinvolto nelle avventure del protagonista Atreiu fino a scoprire che il libro parla anche di lui, di essere cioè egli stesso un personaggio della storia infinita.
    Il suo viaggio è davvero meraviglioso.
    Dopo aver conosciuto moltissimi personaggi, alcuni amici, altri nemici, dopo aver salvato dal Nulla il Regno di Fantàsia e guarito l’Infanta Imperatrice dandole un nuovo nome, Bastiano rimane imprigionato nel mondo del libro e va alla ricerca della propria “vera volontà”. Ma, continuando a esprimere desideri, dimentica poco alla volta sé stesso, il suo passato, il suo scopo.
    Fino….



    Il creatore di questo mondo favoloso è Micheal Ende nato a Garmisch-Partenkirchen il 12 novembre 1929 e morto a Stoccarda, il 28 agosto 1995.



    Bastian:
    Fantasia è stata distrutta.
    Imperatrice:
    Sì.
    Bastian:
    È stato tutto inutile.
    Imperatrice:
    No, non è vero, Fantasia può ancora risorgere. Dai tuoi sogni, dai tuoi desideri.
    Bastian:
    E come?
    Imperatrice:
    Apri la mano… C’è qualcosa che desideri?
    Bastian:
    Non lo so.
    Imperatrice:
    Allora Fantasia non esisterà più. Mai più.
    Bastian:
    Quanti ne posso dire?
    Imperatrice:
    Tutti quelli che vuoi, più tu ne esprimerai più il regno di Fantasia sarà splendido.





    Dal romanzo La storia infinita sono stati tratti tre film.







    .....................

    Ci sono dei libri che ho amato fin dalla più giovane età e che talvolta riprendo, emozionandomi sempre come la prima volta (se non di più), davanti ai quali mi colloco sempre in maniera problematica e che mi pongono seri limiti nel metro di giudizio per l’incondizionato amore che provo nei loro confronti. La Storia Infinita di Michael Ende è uno di questi..... è un libro letteralmente fantastico in ogni suo aspetto (e quindi non solo per il suo genere di appartenenza). Dal punto di vista dei contenuti, si tratta di uno dei pochi romanzi capaci di far identificare il lettore reale con il lettore protagonista della storia, che è portato a dubitare e a interrogarsi di continuo sul senso di ciò che sta leggendo e, in ultima analisi, a entrare direttamente lui all’interno di un mondo fantastico. Mai come in questo caso, e assolutamente in controtendenza con gli standard odierni, la lettura è un’esperienza che, da evasione e incanto, diventa atto di consapevolezza, maturazione e interpretazione.



    Bastiano Baldassarre Bucci è un bambino solo e afflitto da mille frustrazioni, vittima prediletta degli scherzi dei compagni, sovrappeso, orfano di madre e con un padre abulico e assente. In una libreria dove finisce per caso viene in contatto con un libro molto particolare, La storia infinita, che stimola il suo intuito fantastico al punto da indurlo a rubarlo e a rifugiarsi nella soffitta della scuola per immergersi in tutta tranquillità nelle sue pagine. Qui conosce il giovane guerriero Atreiu, suo coetaneo, chiamato dall’Infanta Imperatrice, sovrana di Fantàsia, a fronteggiare l’avanzare del Nulla, una sorte di buco nero del mondo fantastico che rende ciechi e mette a repentaglio la vita di tutti suoi abitanti. Atreiu, forte del medaglione Auryn, ha il compito di trovare un salvatore che forse si nasconde da qualche parte nello sconfinato reame; così, in una serie vorticosa di incontri e avventure, egli passa in rassegna tutto il portentoso bestiario di Fantàsia: la tartaruga Morla (vecchia e senza speranza, che parla con se stessa), il mostruoso ragno Ygramul (composto di migliaia di minuscole creature ronzanti), il nano scienziato e taumaturgo Enghivuc con la petulante moglie Ursula, il Drago della Fortuna Fùcur (che diviene suo compagno inseparabile), le Sfingi di pietra, l’orribile lupo Mork (servitore del Nulla), e infine l’oracolo Uyulala, dal quale riceve il responso secondo il quale solo un “figlio dell’uomo” può salvare Fantàsia, dando un nuovo nome all’Imperatrice malata. Atreju, distrutto e sfiduciato, torna a mani vuote dall’Imperatrice, la quale però sorprendente lo consola e gli svela che il suo vagabondare non è stato affatto vano perché ha attratto l’attenzione di un umano che, leggendo quelle pagine, ha solidarizzato con tutta Fantàsia ed è ormai sul punto di entrarci in carne e ossa (Atreju stesso l’ha sentito urlare mentre era sull’orlo di un abisso e ne ha visto l’immagine riflessa nello specchio della seconda prova dell’oracolo di Uyulala).



    L’Imperatrice si vede così costretta ad andare in cerca del Vecchio della Montagna Vagante, una delle più colossali invenzioni di Ende in quanto colui che registra scrivendo tutto ciò che accade: in questo modo vengono in contatto la facoltà creatrice e riepilogativa della fantasia, la capacità di dare un nuovo inizio a una memoria che in caso contrario è condannata a uno sterile e ineluttabile eterno ritorno. Di fronte all’incubo della ripetizione infinita, Bastiano rompe gli ultimi indugi e si lancia dentro la storia battezzando l’Imperatrice con il nuovo nome di Fiodiluna: quest’ultima gli consegna un granello di sabbia, dal quale ripartire con la sua immaginazione. D’ora in poi Bastiano, da salvatore, diventa creatore di un nuovo mondo secondo i propri desideri (il bosco notturno di Perlun, o il deserto colorato di Goab), anche se poi scopre che i personaggi, una volta ideati, è come se esistessero automaticamente da sempre (il leone Graogramàn, che di notte diventa una gigantesca statua di pietra in quanto legato alla vita e alla morte del deserto multicolore); inoltre, le storie che Bastiano racconta diventano fatti, spesso da portare a termine, spesso invece contenuto di testi contenuti nella biblioteca della città d’argento di Amarganta. Purtroppo, insieme alla creazione, ci sono le conseguenze dell’arbitrio, influendo sul destino di ogni creatura. In agguato c’è dunque l’orgoglio, che porta Bastiano a sospettare di Atreju e a battersi con lui, oltre che a desiderare di diventare imperatore di Fantàsia mettendo a ferro e fuoco la dimora dell’Infanta Imperatrice. Inoltre, a ogni desiderio attuato corrisponde la perdita di una parte di memoria del proprio mondo reale, finché Bastiano non si trova accudito da una misteriosa donna-pianta, Donna Aiuola, che gli insegna la vera saggezza: il “fa’ ciò che vuoi” che sta scritto sull’Auryn non significa “fa’ quel che ti pare”, ma esorta a seguire la volontà più profonda per trovare se stessi, tornare bambini privi di ogni pretesa sul mondo ma disposti ad accettare ciò che viene in dono, passando attraverso la totale perdita di sé e le Acqua della Vita (simbolo del battesimo?).



    Bastiano deve quindi ricorrere all’aiuto di Yor, il minatore cieco, per scendere nelle miniere di Minroud, dove sono sepolti tutti i sogni dell’umanità che non vengono conservati, codificati in immagini bizzarre e grottesche impresse su lastre. Ne serve una soltanto: Bastiano la trova nell’immagine del padre ma ha bisogno dell’aiuto di Atreiu, il quale, di fronte al Portale della Acque della Vita, prende su di sé il compito di portare a termine tutte le avventure avviate da Bastiano in Fantàsia. Come il lettore si era reso necessario per salvare Fantàsia, questa volta per tornare al mondo reale c’è bisogno dell’intervento di un abitande della stessa Fantàsia: solo così Bastiano può tornare nel mondo reale per verificare la sua capacità di dare e di amare, come persona che sa di avere nel cuore un bagaglio di storie da raccontare e da condividere. Un rapporto positivo e costruttivo tra fantasia realtà, come d’altra parte spiega l’Infanta Imperatrice ad Atreiu: quando le creature di Fantàsia si buttano nel Nulla entrano nel mondo degli uomini come bugie, manie e disperazione, ma se invece è un umano a entrare a Fantàsia allora egli può tornare trasformato e più saggio nel mondo reale. Ende utilizza richiami di ogni genere, dalla storia dell’arte (era figlio di un pittore metafisico-surrealista) alla mitologia, dai poemi cavallereschi ai romanzi d’avventura: i suoi personaggi sono quelli della fantasia più pura e gioiosa, ma allo stesso tempo sono molto concreti e personali, portatori di forti significati morali (la moltitudine in lui è sempre apparenza, superficialità o negatività). Ognuno è naturalmente libero di scoprire altri particolari: le vie che portano a Fantàsia, dopotutto, sono infinite…
    (Share, dal web)




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    Edited by gheagabry - 30/5/2011, 22:05
     
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  2. gheagabry
     
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    Il film



    Scheda: Nazione: Germania - Produzione: Bavaria Studios, Neue Constantin Film, Producers Sales Organization, Warner Bros., Westdeutscher Rundfunk - Distribuzione: Medusa Distribuzione, General Video, San Paolo Audiovisivi, Warner Bros. - Soggetto: dall'omonimo romanzo di Michael Ende - Sceneggiatura: Wolfgang Petersen, Hermann Weigel - Fotografia: Jost Vacano - Montaggio: Jane Seitz - Costumi: Diemut Remy - Musiche: Klaus Doldinger, Giorgio Moroder - Effetti speciali: Brian Johnson - Formato: Scope Technicolor - Durata: 94'.

    Cast: Barret Oliver, Gerald McRaney, Drum Garrett, Darryl Cooksey, Nicholas Gilbert, Thomas Hill, Deep Roy, Tilo Prückner, Moses Gunn, Noah Hathaway, Alan Oppenheimer, Sydney Bromley, Patricia Hayes, Tami Stronach, Silvia Seidel.


    trama



    Bastian, saluta il padre prima di andare a scuola, sottolineando il fatto che questi da quando è morta la mamma non si accorge più di lui. Per strada incontra tre bulli che iniziano a prenderlo in giro, lo inseguono fino a farlo cadere in un bidone dell'immondizia. Bastian pensando che se ne siano andati esce dal bidone, ma i tre sono ancora lì ad aspettarlo, inizia quindi a scappare, ed entra nella prima porta che gli capita.
    Si ritrova in una biblioteca, ci sono vecchi libri dappertutto, e seduto su una poltrona c'è un uomo anziano che lo accoglie molto bruscamente. Bastian si sente offeso dalle affermazioni sui bambini davvero poco lusinghiere fatte dal signore, e si difende dicendo che lui è un avido lettore. Si dimostra subito molto interessato allo strano volume che il padrone della libreria tiene in mano: La storia infinita. Appena il libro resta incustodito, Bastian lo afferra e scappa via, lasciando però un biglietto che dice: "Non si preoccupi, le restituirò il libro".
    Bastian col libro sotto la giacca arriva a scuola di corsa, ma è in ritardo, sbirciando dentro l'aula scopre che c'è un compito in classe, decide allora di nascondersi nella soffitta della scuola. Qui Bastian si prepara un piccolo giaciglio e inizia avidamente a leggere il suo libro. Egli è quindi il narratore della storia che ci viene rappresentata, e più volte interrompe la lettura o per commentarla o per motivi esterni come la campanella della scuola. Siamo in una foresta, dove alcune creature fantastiche si incontrano: un Mordiroccia, un Maghetto e un Omino con una lumaca.
    I tre iniziano a discutere della loro missione alla Torre d'avorio: vogliono raggiungere l'Imperatrice per parlarle del Nulla (un'entità potentissima che somiglia ad un gigantesco ciclone) che minaccia le loro terre. Giunti alla mitica torre, dove si sono riunite diverse creature del regno di Fantàsia, il portavoce dell'Imperatrice annuncia che la stessa Infanta è gravemente malata, e che solo un giovane eroe può salvarla, un tale Atreyu, un giovane fanciullo, si presenta e accetta il gravoso incarico e l'Auryn, il simbolo dell'Imperatrice.
    Atreyu in groppa al suo cavallo Artax inizia la sua ricerca per le terre di Fantàsia e contemporaneamente si materializza Gmorg, un Lupo nero enorme che lo insegue tentando d'impedirgli di compiere la sua missione. Giunto alle Paludi della tristezza Artax sprofonda vinto dallo sconforto. Disperato per la perdita, Atreyu vaga alla ricerca di Morla l'essere millenario, una gigantesca tartaruga che lo indirizza alla volta dell'Oracolo del Sud che dista migliaia di miglia da lì. Atreyu stanco e sconsolato sta per perdersi nelle paludi quando viene tratto in salvo da un gigantesco dragone bianco.
    Si risveglia tra le zampe del FortunaDrago, che risponde al nome di Falkor, e viene accolto dalle amorevoli cure di una coppia di gnomi. Scopre poi di essere in prossimità dell'Oracolo. Coraggiosamente riesce a superare la prima porta delle Sfingi, e davanti alla seconda porta, lo specchio dell'anima, invece di vedere il vero sé stesso con tutte le sue debolezze, vede un ragazzino che legge un libro.
    L'Oracolo gli rivela poi che l'unico modo di salvare l'Infanta e distruggere il Nulla, è quello di trovarle un nuovo nome, e che solo un essere umano lo può fare.
    Il Nulla avanza e l'Oracolo stesso viene distrutto; Atreyu e Falkor ne vengono travolti, il piccolo eroe cade dalla groppa del drago e perde il medaglione. Si ritrova solo e sulle rovine di una strana città riconosce degli affreschi che ritraggono le sue stesse avventure. Lì incontra Gmorg, che gli rivela che Fantàsia non ha confini perché è fatta dei sogni degli esseri umani, e che il Nulla è la dimostrazione che gli umani non sognano più, cosa auspicata dai signori del male perché è più facile assoggettare chi non ha degli ideali. Atreyu riesce a uccidere Gmorg e ricongiuntosi con Falkor, va in cerca della Torre d'Avorio per ammettere davanti all'Imperatrice di aver fallito la missione.
    Ma la sovrana sembra al contrario felice e rivela ad Atreyu che egli ha adempiuto al suo compito, perché il giovane umano, che ha seguito tutte le avventure di Atreyu nel libro, è in realtà lì con loro.
    Bastian non vuole ammettere che l'Imperatrice stia parlando di lui, e solo quando quest'ultima lo implora chiamandolo per nome, egli si convince di essere l'unico in grado di salvare Fantàsia, e si lascia trasportare dalla sua fantasìa. Preso coraggio urla il nome che era di sua madre (l'emblematico Eva,come la prima donna,simbolo di un nuovo inizio) per ribattezzare l'Imperatrice, eliminando il Nulla.
    Ora si ritrova nel buio più totale di fronte all'Imperatrice, l'unica fonte di luce è un piccolo granello di sabbia che è tutto ciò che resta del vasto regno di Fantàsia. L'Imperatrice chiede a Bastian di ricreare quel mondo attraverso i suoi desideri di fanciullo, ogni cosa gli sarà permessa. Il primo desiderio di Bastian è quello di ritrovare tutte le creature di Fantàsia sane e salve, di cavalcare Falkor ed infine inseguire con il Fortunadrago i tre ragazzacci che lo perseguitavano, fino a farli cadere nel bidone dell'immondizia. Dopodiché, prima di tornare a casa, Bastian vive molte altre avventure.






    Tutto ciò che accade, tu lo scrivi", disse.
    "Tutto ciò che io scrivo accade", fu la risposta

    [Colloquio tra l’Infanta Imperatrice e il Vecchio della Montagna Vagante -
    Da: La Storia infinita di Michael Ende, 1979; ed. ital. Longanesi, 1981]




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  3. gheagabry
     
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    "Fa' ciò che vuoi"



    L'AURYN







    L'Auryn , detto anche Pantakel, il Gioiello o lo Splendore, è un amuleto descritto nel romanzo La storia infinita di Michael Ende. È costituito da due serpenti, uno chiaro e uno scuro: ciascuno morde la coda dell'altro formando così un ovale. Reca sul retro la scritta "Fa' ciò che vuoi" e coincide con le Acque della Vita. Nei film ispirati al romanzo l'Auryn ha un aspetto sensibilmente diverso da quello descritto nel libro.

    L'Auryn compare nel capitolo II (La chiamata di Atreiu), portato dal centauro Cairone come dono dell'Infanta Imperatrice al grande guerriero Atreiu del popolo dei Pelleverde. L'oggetto, sacro e magico, è infatti l'unico in grado di proteggere chi lo indossa, guidandolo inoltre nella Grande Ricerca. Pur essendo analfabeta (e ignorando quindi il significato della scritta sul retro dell'amuleto, "Fa' ciò che vuoi"), Atreiu ne mette comunque in pratica lo spirito. In tutta la prima parte del libro è lui a portare Auryn e solo così riesce a sfuggire, ad esempio, alle Paludi della Tristezza e a Ygramul; nella seconda parte, invece, lo Splendore passa a Bastiano, dopo che il piccolo figlio d'Adamo è entrato nel Regno di Fantàsia.

    Il simbolo dell'Auryn sembra ricollegarsi all'antico simbolo dell'uroboro: un serpente che si morde la coda formando un cerchio, simbolo dell'eterno ritorno e dell'Universo, il tempo ciclico immortale e imperituro. L'Auryn rappresenta l'unione degli opposti, il maschile e il femminile, il Cielo e la Terra, Mondo Manifesto e Non manifesto etc. Simboleggia l'origine unica di tutti gli esseri e cose esistenti, dell'Universo intero. Ha lo stesso significato dello yin e yang. Dietro all'amuleto è scritto "Fa' ciò che vuoi" inteso come "Compi la tua vera volontà". Il dualismo, inteso come unione degli opposti al di là delle apparenze di molteplicità e cambiamento, è una tematica presente in tutto il libro.



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    L’Infanta Imperatrice

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    E' la sovrana assoluta del regno di Fantàsia. Tuttavia, ella non esercita in alcun modo il suo potere, né tramite ordini né tramite violenza, lasciando che ogni creatura del suo regno, buona o malvagia che sia, possa svolgere liberamente la propria esistenza, che lei non giudica; è tuttavia la sovrana perché è tramite la sua esistenza che il regno stesso e tutte le sue creature possono avere vita. Per questo motivo nessuno, in Fantàsia, arriverebbe mai a rivoltarsi contro l'Infanta Imperatrice o a minacciarla.
    L'Infanta Imperatrice risiede nella Torre d'Avorio, cuore di Fantàsia e, più precisamente, nel Padiglione della Magnolia. Ha l'aspetto di una bimba di dieci anni, veste di seta bianca, e bianchi, "candidi come la neve" (weiß wie Schnee), sono anche i suoi capelli, lisci lungo tutta la schiena; le sue sopracciglia sono sottilissime, gli occhi coloro dell'oro e lobi delle orecchie singolarmente allungati. L'autore la definisce "una bambina di indescrivibile bellezza" (ein unbeschreiblich schönes kleines Mädchen).



    Bambina e vecchia, vive nei nomi e non nel tempo. Per lei tutto è uguale e lascia vivere il bene come il male perché tutto è utile, ogni cosa ha la sua importanza e il suo ruolo.

    ... uno strano fenomeno in Fantàsia, che coincide stranamente con la mortale malattia dell’Infanta Imperatrice: un Nulla assoluto inghiotte poco a poco il mondo di Fantàsia, e solo un appartenente al mondo degli umani può salvare sia Fantàsia che l’Infanta Imperatrice.

    La malattia di Fantàsia e dell’Imperatrice è legata al cuore degli uomini, i quali hanno smesso di viaggiare nel mondo incantato e di scambiare come dono le reciproche caratteristiche. Allora il mondo di Fantàsia viene risucchiato nel mondo degli umani, e si trasforma così in menzogna, in disillusione, in incubi, che allontanano ancora di più l’umanità dal mondo interiore….

    Ecco perché serve un umano, un ragazzo che abbia il coraggio di dare un nome all’Infanta Imperatrice e salvare questo mondo.

    Ma tutto ciò è estremamente difficile, come si accorgeranno Atreyu e Fucur… perchè Fantàsia non ha confini….

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    L'Infanta Imperatrice, personaggio centrale del libro, incarna al massimo grado il senso di Fantàsia come concretizzazione dell'immaginario fantastico: la vita della sovrana non si perpetua nel tempo come quella umana, ma attraverso i nomi, e la sua malattia mortale è un riflesso immediato dell'inaridimento dell'immaginazione umana. Solo un nome nuovo, conferitole da un essere umano, può farla risorgere a nuova vita, e con lei il suo regno. Perché - com'è confermato nel capitolo XVII del libro (Un drago per l'Eroe Inrico) per bocca di Querquobad, il Vegliardo d'Argento - gli abitanti di Fantàsia non sono in grado di creare storie nuove ("fra noi non c'è nessuno capace di farlo"), ma unicamente di riferire (o, meglio, di vivere) il già noto, cioè le storie immaginate dagli uomini: solo uno degli uomini potrà dare un nome nuovo all'Infanta Imperatrice. La quale è nota quindi non tanto per un nome proprio, quanto per i diversi nomi che gli esseri umani le hanno donato nei secoli: tra questi si ricordano Occhi d'Oro Sovrana dei Desideri (Goldäugigen Gebieterin der Wünsche) e Fiordiluna (Mondenkind). Quest'ultimo è il nome scelto per lei da Bastiano.....

    L'enigma stesso ad essere parte ineliminabile della sua figura. Di lei si dice che non è una creatura di Fantàsia e nemmeno è un essere umano, e che in ogni caso non sia possibile rispondere alla domanda di quale sia la sua natura. Il Drago della Fortuna Fùcur afferma che ella è

    "il mistero più impenetrabile del nostro mondo" e che "chi lo capisse del tutto spegnerebbe con ciò la propria esistenza"..... vien detto: "che le lettere dell'alfabeto non le fossero amiche, non era cosa nuova per lei. L'antipatia del resto era reciproca".

    Frase che lascerebbe supporre un qualche antefatto che tuttavia non ci viene mai spiegato sempre che non si riferisca al rapporto tra l'Imperatrice stessa ed i nuovi nomi di cui ha bisogno, di volta in volta; nomi composti, appunto, da lettere dell'alfabeto. Si potrebbe quasi supporre che l'Infanta Imperatrice possa essere stata, un tempo, una bambina umana, se questo non venisse negato continuamente.
    Come molti altri personaggi e luoghi del libro, l'Infanta Imperatrice possiede un suo doppio, una figura a lei opposta, rovesciata, cui tuttavia è legata e da cui acquista, specchiandovisi, il suo senso. Si tratta del Vecchio della Montagna Vagante, con cui si incontra nel capitolo XII. Se l'Infanta Imperatrice è perennemente giovane, il Vecchio della Montagna Vagante è vecchio per l'eternità. L'Infanta Imperatrice è il tramite inevitabile perché tutte le creature di Fantàsia possano giungere all'esistenza, laddove invece il Vecchio è colui che, trascrivendo le vicende del regno nel proprio libro, le consegna alla fissità immutabile del testo scritto, parole morte incapaci di rinnovarsi da sé. Così recitano i versi creati dallo stesso Vecchio della Montagna Vagante:

    "Finisce qui ciò di cui sei matrice,/tu non invecchierai imperatrice./Io, nato vecchio, giovane mai sarò,/quel che fondasti nell'oblio porrò./Alla vita non è concesso in sorte/di riveder sé stessa nella morte"

    Questi ultimi due versi, in particolare, riproducono uno dei concetti fondamentali che attraversa l'intero libro, concetto concretizzato nell'immagine delle due serpi, quella bianca e quella nera, che si mordono la coda a vicenda: l'Infanta Imperatrice è la vita, il Vecchio della Montagna Vagante è la morte, due principi opposti, all'apparenza incompatibili, che si escludono a vicenda, per cui dove c'è l'una l'altro è assente e viceversa; e che pure, alle fondamenta, sono necessari l'un l'altro per la rispettiva esistenza e poi per l'esistenza di entrambi, come un insieme in cui dove finisce l'uno l'altro ha il suo inizio, senza che sia possibile, là dove sta il confine, staccarli nettamente.

    storia

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  6. gheagabry
     
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    Brian Selznick prova a farci tornare bambini con un romanzo ai confini della realtà.

    I luoghi dell’infanzia sono quei posti in cui ci piace spesso ritornare. I “loci amoeni” dove sentirsi protetti e, in fondo, al sicuro. Quei luoghi in cui rifugiarsi nei momenti di disperazione. Esistono libri capaci di rievocare quelle splendide sensazioni…

    Libri per adulti (ed è il caso di Foer, per esempio), ma anche libri per bambini – adatti, però, anche ad un lettore più esperto – come quelli di Gaiman. Ci sono, poi, libri, che ti catapultano direttamente in un’altra dimensione, in un locus amoenus tutto nuovo, in un posto da cui non vorresti allontanarti. È il caso di La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, il libro di Brian Selznick da poco trasformato in film da Martin Scorsese.

    Scritto e pubblicato da Selznick nel 2007, La straordinaria invenzione di Hugo Cabret racconta la storia di un ragazzino orfano che per sbarcare il lunario è costretto a rubare qui e là senza farsi scoprire. Prima di morire, suo padre gli ha regalato un automa da riparare: per farlo funzionare ancora, dunque, Hugo ha bisogno di congegni ad arte che solo un giocattolaio è in grado di creare…

    Chi decide di avvicinarsi ad un libro come La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, però, sappia fin d’ora che quello che avrà di fronte a sè non sarà un romanzo come tutti gli altri, ma una sorta di film su carta, un fascinoso ibrido tra un enorme storyboard lungo 544 pagine e un fumetto muto. Ecco, il muto, per l’appunto. Se si riuscisse per un solo istante ad estraniarsi dal mondo circostante e si provasse ad immergersi completamente nel libro di Selznick, la sensazione che si avrebbe sarebbe quella di vivere all’interno del libro.

    Visionario, onirico e bizzarro, La straordinaria invenzione di Hugo Cabret si ispira alla letteratura di Charles Dickens, ma anche alla poetica di George Melies, in particolar modo ad uno dei suoi più grandi capolavori, Voyage dans la lune: sì, perché le illustrazioni di questo insolito romanzo non sono semplici disegni di supporto alla parola. È tutto il contrario: sono le parole che, come cartelli di un film muto di inizio Novecento, supportano le immagini e veicolano la fantasia di chi legge.

    Un romanzo per parole e immagini, si legge sotto il titolo, e la definizione è quanto mai calzante.

    Lo si può definire tranquillamente, con un termine tecnico, graphic novel, ma la sostanziale differenza è che qui sono le parole a descrivere le immagini e non il contrario come avviene di solito.Vi delineo rapidamente la trama, senza troppo svelare per non togliervi il gusto di una lettura che dai quattordici anni in su non conosce limiti di età.
    Hugo Cabret è un orfano nella Parigi del 1931, vive in un nascondiglio segreto della Gare Montparnasse.

    Dopo la morte di suo zio, che manteneva in ordine i ventisette orologi della stazione, Hugo si adatta a vivere di espedienti e continua a coltivare il proprio sogno: diventare un illusionista e ridare vita all’automa che suo padre gli ha lasciato prima di morire. Hugo è certo che dalla penna immobile che l’automa stringe uscirà un messaggio di suo padre.



    Dal momento in cui conosciamo Hugo e il suo miserando modo di vivere, entrano nella storia altri personaggi che lo condurranno alla sorpresa finale. Il burbero papà Georges e sua moglie, la dolce mamma Jeanne;

    la piccola Isabelle loro figlioccia;

    lo studente Etienne che vuole diventare un operatore cinematografico.


    Attraverso le immagini a carboncino che si susseguono, nella storia di Hugo c’è un appassionato omaggio al mondo del cinema delle origini e all’arte di Georges Méliès. La trama è un viluppo di topoi letterari: la condizione di orfano e la complicità infantile, segreti che nascondono identità straordinarie, vite che si trascinano nell’ombra dell’immensa e scura Parigi dei passages e morti reali o solo ritenute vere, meccanismi, giocattoli e automi, e tutto il mirabile apparato del feuilleton.

    Dal sito della casa editrice Mondadori vi riporto una breve intervista all’autore:

    La straordinaria invenzione di Hugo Cabret unisce parole e immagini in un modo davvero originale. Quando hai iniziato a lavorare al libro, sono nate prima le parole o i disegni? Come hai deciso quali scene illustrare e quali raccontare?
    Ho iniziato a scrivere come se fosse un romanzo tradizionale, pensando di inserire al limite un’illustrazione per capitolo. Ma mi piacciono i libri illustrati e il concetto di narrazione visiva, e mi sono chiesto cosa sarebbe successo se avessi illustrato un romanzo come un vero picture book.
    Ho sempre amato i libri di Maurice Sendak, dove le parole scompaiono e le immagini si impossessano della pagina. Ho pensato che sarebbe stata un’idea perfetta per Cabret, perché parla del cinema delle origini. Le immagini sarebbero state una serie di piccoli film muti proiettati sulle pagine. Quando mi è venuta quest’idea, sono dovuto tornare indietro per eliminare tutto il testo che avrei sostituito con le illustrazioni, poi ho creato dei modellini con le immagini in sequenza.
    Che ricerche hai fatto per scrivere Hugo Cabret?

    Ho letto molti libri e sono andato tre volte a Parigi. Ho camminato lungo le strade dove Méliès ha trascorso gli ultimi anni della sua vita e ho fotografato tutto. E siccome mi piace documentarmi quando lavoro a un libro, ho parlato con molti esperti: con il giovane proprietario di un negozio di orologi fondato da suo padre molti anni fa, con studenti di storia del cinema e con un tale Andy Baron, che è un genio della meccanica e mi ha spiegato come funzionano i meccanismi degli oroogi, di cosa sono fatti, di quali strumenti sarebbero serviti a Hugo per ripararli.
    Ti riconosci in qualcuno dei tuoi personaggi?

    In tutti i miei personaggi c’è una parte di me. In generale, tendo a scrivere di bambini ossessionati da qualcosa, e anche se non sono bravo come Hugo, mi è sempre piaciuto costruire oggetti in miniatura quand’ero piccolo. Ricavavo intere città dai ramoscelli del giardino dietro casa, e mi piaceva costruire modellini.
    Brian Selznick è nato nel New Jersey nel 1966 ed ha pubblicato il suo primo libro nel 1991. È un famoso illustratore per ragazzi che ha riportato numerosi premi e segnalazioni.
    La Warner Bros si è assicurata i diritti cinematografici del libro e ne farà un film. All’inizio si vociferava che sarebbe stato affidato a Martin Scorsese, ma ora sembra che il film sarà diretto dal regista Chris Wedge (Ice Age) e adattato per lo schermo dallo sceneggiatore John Logan (The Aviator, Sweeny Todd).Una curiosità: La gare Montparnasse è la stazione del famoso e spettacolare incidente ferroviario del 22 ottobre 1895.

    Se vi è venuta voglia voglia di tuffarvi in un libro avvincente come un film, avete trovato ciò che fa per voi. Vi garantisco che le oltre cinquecento pagine si divorano.



    La storia che sto per svelarvi ha inizio nel 1931 sotto i tetti di Parigi. Qui incontrerete un ragazzo di nome Hugo Cabret, che un giorno, tanto tempo fa, scoprì un misterioso disegno che cambiò la sua vita per sempre.
    Ma prima che voltiate pagina, voglio che immaginiate voi stessi, seduti nel buio, come all’inizio di un film. Sullo schermo sorgerà il sole fra pochi istanti e la macchina da presa inquadrerà una stazione nel cuore della città. In un atrio pieno di gente vedrete finalmente un ragazzo che si muove rapidamente. Seguitelo, perché quello è Hugo Cabret. La sua mente è piena di segreti e sta aspettando che la sua storia abbia inizio.
    Professor H.Alcofrisbas

    Un’opera che e’ sicuramente indirizzata ad un pubblico giovane, ma godibilissima anche per chi piu’ giovane non e’, a cominciare dall’alta qualita’ e accessibilita’ della parte scritta, ma soprattutto per gli stupendi disegni a matita, cosi’ pieni di tratti da saturare la pagina, tanto da far sembrare Parigi, che scorgiamo qua e la’, sempre in penombra o poco illuminata. Un racconto di formazione, in cui echeggia spesso la voce di Charles Dickens, non foss’altro perche’ il protagonista, il piccolo Hugo Cabret, e’ un orfano che si nasconde nelle segrete della stazione di Montparnasse come i ragazzi persi nella metropoli londinese in Oliver Twist. Hugo percorre le pagine scritte e disegnate per diventare un adulto ed e’ costretto a confrontarsi con i complicati meccanismi della vita con un’unica risorsa a sua disposizione: un taccuino pieno di istruzioni per rimettere in sesto un curioso uomo meccanico, unico legame con la memoria del padre morto da tempo. La riparazione di questo automa e’ in tutti i sensi un processo iniziatico che schiude al ragazzo le porte della consapevolezza e diventa, alla fine di tutto, la chiave per capire il passato e costruire un futuro.
    Nella poliedricita’ di questo volume trova cittadinanza onoraria una terza arte, il cinema degli albori, che e’, in fondo, il vero protagonista del libro. Le citazioni delle invenzioni dei fratelli Lumie’re, la fascinazione delle trovate della piccola industria che George Me’lie’s aveva eretto (chi non ha mai perlomeno intravisto Viaggio nella Luna?) infondono ulteriore magia a queste pagine e raccontano la storia di un artigianato irrimediabilmente perduto, quando la settima arte era molto piu’ che multinazioniali interessate a facili guadagni.
    Selzenick, quindi, usa due linguaggi e parla di un terzo. L’attinenza tra di essi e’ lampante: il cinema non e’ (anche e non solo) narrazione e immagini in sequenza?
    E da tutto questo nasce un libro che sfoggia una forma racconto in parte inedita, un ibrido assolutamente affascinate in cui si sommano una perizia e un gusto grafico notevole, una narrazione leggera ed essenziale, un viaggio nella memoria del cinema e delle sue invenzioni di celluloide.
    Se in quest’opera si magnifica il cinematografo come arte dell’illusione, lo stesso potremmo dire di questo libro, vero e proprio gioco di prestigio di un autore che sembra uscito dal nulla, ma che ci lascia un dono autentico, vero e del tutto inaspettato.



     
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  7. gheagabry
     
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    IL GGG

    di Roald Dahl





    I personaggi

    Umani

    Mary (la cameriera della regina)
    Mister Tibbs (il maggiordomo del palazzo)
    Altri maggiordomi di corte.
    Il capo dell'esercito
    Il capo dell'aviazione
    Sofia (un'orfanella)
    Le bambine e i bambini mangiati
    La regina
    Le amiche orfane di Sofia

    Personaggi fantastici

    L'inghiotticicciaviva
    Il ciuccia-budella
    Lo strizza-teste
    Il trita-bimbo
    Il vomitoso
    Il grande gigante gentile
    Il crocchia-ossa
    Lo spella-fanciulle
    Il san guinario
    lo scotta-dito
    I sogni catturati dal GGG





    TRAMA

    La storia narra della piccola Sofia, una bambina che viene rapita da un individuo enorme nel cuore della notte, per l’esattezza… un gigante. Avvolto in un lungo mantello nero, la strappa dal letto e la trasporta nel Paese dei Giganti. Il loro terribile aspetto e i loro nomi raccapriccianti non promettono nulla di buono, ma sarà con sorpresa che Sofia scoprirà quanto il “suo” gigante, sia diverso: egli infatti non si nutre come gli altri dei “popoli della terra”, cioè degli uomini.

    Il Grande Gigante Gentile, il GGG è vegetariano e mangia solo cetrionzoli; lui sa fare cose dolcissime, per esempio imprigionare gli incubi e soffiare i sogni più belli nelle camere dei bambini, al contrario di alcuni suoi terribili colleghi, come l’Inghiotticicciaviva o il Ciuccia-budella, che ogni notte si abbuffano di esseri umani.

    Per fermarli, Sofia e il GGG affronteranno mille avventure, fino ad architettare un fantastico piano in cui sarà coinvolta nientemeno che la Regina d’Inghilterra. La trama apparentemente semplice, ma in realtà ben articolata del Grande Gigante Gentile, tratta dei temi principali importanti d’apprendere non solo dai giovanissimi.

    Interessantissimi anche gli spunti didattici che scaturiscono dalla penna di Roald Dahl attraverso una storia ricca di fantasia, un linguaggio comicissimo e una serie di divertentissime scene che non possono che far bene al lettore, di qualunque età esso sia.

    Il GGG lancia il suo messaggio primario, quello che tutti riusciranno a “leggere” tra le righe: l’intelligenza e l’arguzia sono armi vincenti contro i prepotenti. E di questo, il Gigante buono saprà raccontarci molto…






    ...recensione...

    Tempo fa, incurante della pioggia e dei tuoni che sentivo in lontananza, continuavo a girare per le librerie della cittadina del mio ragazzo, con una sola idea in testa: dovevo avere quel libro di Roald Dahl!
    Il mio ragazzo mi seguiva pazientemente, forse chiedendosi perché era così importante avere proprio quel romanzo, in quel momento.
    Ma sapete, abbiamo tutti bisogno di un particolare libro in un particolare momento della nostra vita.
    E così alla fine, dopo aver rigirato tre librerie sentendomi dire "E' esaurito, mi dispiace...", sempre più rassegnata, passammo dall'edicola per farci un giretto e riparci dalla pioggia.
    L'edicola era piuttosto grande e prevedeva anche una sezione di romanzi per adulti e romanzi per bambini. Ed eccolo spuntare in mezzo a tutti i libri di Harry Potter, nella sua copertina dal contorno giallo, identico a quello che lessi a 9 anni nella biblioteca della scuola nella quale mi ero da poco trasferita. E la stessa immagine, quella di un gigante immenso, con delle orecchie simili a quelle di un elefante tanto sono sproporzionate rispetto al viso, e con in mano una piccola bambina.
    Anche l'edizione era la stessa, Salani della collana "Gli istrici". Dietro è scritto: "Dice una leggenda che gl'istrici scagliano i loro aculei, come frecce, su chi li stuzzica. Provate a stuzzicare i nostri Istrici ed essi vi pungeranno: colpiranno la vostra fantasia e il vostro cuore, divertendovi, affascinandovi e spaventandovi. [...]". E così è stato per me.
    Il GGG. Il Grande Gigante Gentile. E' sempre rimasto nella mia mente, perché è uno di quei libri che leggi da bambino e ti restano dentro.
    Sofia è una bambina piccola, che la notte, nel dormitorio di un istituto, non riesce a prender sonno, quando improvvisamente, guardando dalla finestra, vede una forma nera e gigantesca profilarsi al chiaro di luna. Un gigante! Non le sembra vero ma ancor di più ciò che accade dopo. Il gigante la afferra nel suo letto e la porta nella sua caverna, nel mondo dei Giganti, dove vive. E la cosa che la sconcerta e colpisce ancora di più, è scoprire in questa caverna una serie di bottigliette, grandi e piccole, che, come le spiegherà successivamente il gigante, contengono i sogni dei bambini che lui, attraverso uno strumento particolare, soffia nella testa dei piccoli.
    Sofia e il gigante faranno amicizia e Sofia scoprirà così che non solo i giganti esistono, ma che oltretutto non sono tutti cattivi come spesso la gente teme, ma c'è chi è anche vegetariano come il suo nuovo amico!
    Un pericolo però incombe sulla città, perché gli altri giganti - dai nomi spaventosi come Inghiotticicciaviva, Ciuccia-Budella, Spella Fanciulle ecc. - si cibano proprio di carne umana e allora alla nostra piccola bambina, insieme al suo GGG, non resterà che correre dalla Regina d'Inghilterra e avvertirla di tutto quello che accade la notte.

    Un libro che consiglio a tutti, non solo per passare un piacevole e tranquillo pomeriggio (io credo che si possa leggere in un giorno intero, non solo perché consta di 222 pagine, ma anche perché è pieno di illustrazioni di Quentin Blake), ma per riacchiappare quei sogni di bambino e quella fantasia che a volte non ricordiamo più di avere.
    (dal web)




    Sofia non riusciva a prender sonno.
    Un raggio di luna che filtrava tra le tende andava a cadere obliquamente proprio sul suo cuscino. Nel dormitorio gli altri bambini sognavano già da tempo. Sofia chiuse gli occhi e rimase immobile tentando con tutte le forze di addormentarsi. Ma niente da fare. Il raggio della luna fendeva l’oscurità come una lama d’argento e andava a ferirla in piena faccia.
    Nell’edificio regnava un assoluto silenzio; non una voce dal pianterreno, non un passo al piano di sopra. Dietro le tende, la finestra era spalancata, ma non si udiva né un passante sul marciapiede, né una macchina per la strada. Non si avvertiva il più lieve rumore; mai Sofia s’era trovata in un tale silenzio.
    Forse, si disse, questa è quella che chiamano l’Ora delle Ombre.
    L’Ora delle Ombre, qualcuno le aveva confidato un giorno, è quel particolare momento a metà della notte quando piccoli e grandi sono profondamente addormentati; è allora che tutti gli esseri oscuri escono all’aperto e tengono il mondo in loro possesso.
    Il raggio di luna brillava più che mai sul cuscino di Sofia, così lei decise di scendere dal letto per accostare meglio le tende.
    Chiunque si facesse sorprendere fuori dal letto dopo che la luce era stata spenta veniva immediatamente punito. Si aveva un bel dire che si doveva andare al gabinetto, non valeva come scusa e si veniva puniti lo stesso. Ma in quel momento nessuno l’avrebbe mai vista, Sofia ne era sicura.
    Cercò a tastoni gli occhiali sulla sedia accanto al letto. Avevano spesse lenti con la montatura metallica, e senza Sofia non riusciva a distinguere quasi nulla. Li mise, poi scivolò fuori dal letto e si avvicinò alla finestra in punta di piedi.
    Quando giunse alle tende, Sofia esitò. Aveva una gran voglia di strisciarci sotto e di sporgersi dalla finestra per vedere come appariva il mondo nell’Ora delle Ombre.
    Stette di nuovo in ascolto. Silenzio di tomba. Il desiderio di guardar fuori si fece così forte che non poté resistere. In un attimo era scomparsa sotto le tende e guardava dalla finestra.
    Sotto l’argentea luce lunare la strada del paese, che conosceva così bene, sembrava completamente diversa. Le case apparivano sghembe, contorte, come in un racconto fantastico. Ogni cosa era pallida e spettrale, d’un biancore latteo.
    Dall’altra parte della strada vide la bottega della signora Rance, dove si compravano bottoni, lana e elastico a metri. Ma anche la bottega sembrava irreale.
    Sofia lasciò errare lo sguardo più lontano. E improvvisamente si sentì gelare.

    Qualcosa risaliva la strada.
    Qualcosa di nero…
    Qualcosa di grande…
    Una cosa enorme, magrissima, oscura.



    Edited by gheagabry - 1/9/2016, 23:23
     
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  8. gheagabry
     
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    Lo scrigno



    Tornando nella sua stanza, pensò per un momento di rimettersi a letto e restare a crogiolarsi tutta la mattina sotto le coperte, ma vide che in mezzo alla stanza, dove poco prima c’era stato solo un tappeto da preghiera, adesso c’era uno scrigno di legno.
    Emettendo un gridolino di gioia si precipitò a passare le mani sul vecchio legno intarsiato e lucidato fino a sembrare uno specchio e sentì un buon profumo di cera d’api e di rosmarino.
    Si trattava di uno scrigno molto antico che fin da piccola aveva ammirato nel castello dei Donovan. Uno scrigno da mago che si diceva si trovasse a Camelot in un tempo ormai lontano, commissionato dal giovane re Artù per Merlino.
    Ridendo di gioia, si accucciò per terra. I suoi genitori, gli zii, le zie, così lontani ma mai fuori del suo cuore, riuscivano sempre a sorprenderla.
    Il potere congiunto di sei streghe era riuscito a spedirle quell’oggetto prezioso dall’Irlanda, facendolo volare attraverso lo spazio e il tempo senza avvalersi dei mezzi tradizionali.
    Sollevò adagio il coperchio e il profumo di vecchie visioni, di antichi incantesimi e di una magia senza fine salì fino a lei. La fragranza era asciutta e aromatica: sembrava prodotta dai petali di fiori secchi ridotti in polvere e intrisi dell’odore del fumo di un fuoco freddo acceso da un mago durante la notte.
    Ana s’inginocchiò e sollevò le braccia, facendo scivolare le maniche di seta fino al gomito.
    Lì c’era il potere che andava accettato e rispettato. Le parole che pronunciò erano in una lingua antica, quella dei Saggi. Il vento che chiamò, agitò le tende e le fece volare i capelli intorno al viso. L’aria cantò, si levò il suono melodioso di migliaia di arpe, poi tornò il silenzio.
    Abbassando le braccia, Ana frugò dentro lo scrigno. Un amuleto di eliotropio il cui cuore rosso sembrava sanguinare la costrinse a sedersi. Sapeva che era appartenuto alla famiglia di sua madre per molte generazioni. Quella pietra aveva un enorme potere di guarigione.
    Comprendendo che l’amuleto era stato passato a lei, come accadeva ogni mezzo secolo, per classificarla guaritrice dell’ordine più alto, gli occhi le si colmarono di lacrime.
    Il suo dono, pensò, accarezzando la pietra su cui erano passate altre dita in altri tempi. La sua eredità.
    Dopo averlo posato con delicatezza dentro la cassa, prese un altro regalo: un globo di calcedonio la cui superficie trasparente le avrebbe offerto la visione dell’universo se avesse deciso di vederlo. Mentre stringeva il globo tra le mani, sentì che le era stato inviato dai genitori di Sebastian. Il regalo successivo era una pelle di pecora su cui era incisa una storia in una lingua antica. Leggendola, sorrise perché era una storia che parlava di fate, vecchia come il tempo, dolce come il domani. Zia Bryna e zio Matthew, pensò, riponendola nella cassa.
    L’amuleto le era stato regalato da sua madre, ma lei sapeva che doveva esserci qualcosa di speciale anche da parte di suo padre. Lo trovò e rise, tirando fuori un piccolo ranocchio di giada.
    “Ti assomiglia, papà.” Rise. Poi, dopo averlo rimesso dentro, chiuse il coperchio dello scrigno e si alzò

    Da: Il castello dei misteri di Nora Roberts

     
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  9. gheagabry
     
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    LA STORIA INFINITA



    La storia infinita, uno dei romanzi fantastici diventato in breve tempo un classico della letteratura per ragazzi, fu pubblicato per la prima volta nel settembre del 1979 a Stoccarda, in Germania, dallo scrittore tedesco Michael Ende. In Italia La storia infinita fu pubblicata due anni dopo, da Longanesi, insieme a diverse altre versioni in giro per il mondo che contribuirono al successo del romanzo. A oggi, La storia infinita è stato tradotto in più di 40 lingue e ha venduto oltre 10 milioni di copie, complice anche il successo del film ispirato alla prima parte del libro, uscito al cinema nel 1984.
    Michael Ende aveva 50 anni quando completò e pubblicò La storia infinita: era nato a Garmisch-Partenkirchen in Baviera il 12 novembre 1929. Otto anni dopo, poco prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale, aveva perso Willie, uno dei suoi più cari amici e compagni di giochi. Il carattere e il coraggio del suo amico furono, in seguito, l’ispirazione per la creazione di Bastiano, il protagonista del romanzo (Bastian, nel film). Dopo la guerra Ende scrisse alcuni libri per ragazzi, ma senza ottenere particolare successo. Le cose cambiarono nel 1979 con la pubblicazione della Storia infinita, che fece anche riscoprire alcuni lavori precedenti di Ende come Momo. Entrambi i libri furono adattati per il cinema, cosa che portò il loro autore ad avere ulteriore successo. Ende morì nel 1995 a causa di un cancro che gli era stato diagnosticato l’anno prima.



    Cosa racconta La storia infinita
    La storia infinita si svolge per lo più a Fantàsia, un mondo immaginario messo in pericolo dal continuo espandersi del Nulla, una forza misteriosa che fa scomparire intere regioni del regno e che sembra essere inarrestabile. Tocca ad Atreiu il compito di trovare una soluzione per salvare Fantàsia, su richiesta dell’Infanta Imperatrice. La vicenda di Atreiu viene seguita nel mondo reale da Bastiano Baldassarre Bucci, che ne legge le gesta su un libro che parla del Regno di Fantàsia. Con l’avanzare della storia, Bastiano diventa sempre più coinvolto nelle vicende di Atreiu diventando egli stesso parte di Fantàsia. I due si danno una mano a vicenda per salvare il regno e al tempo stesso per trovare il modo per tornare nel mondo reale.

    Il mondo di Fantàsia
    Nella loro avventura, Atreiu e Bastiano incontrano decine di personaggi che popolano Fantàsia, da Fùcur, il Drago della Fortuna che diventa loro compagno di viaggio, alla placida e gigantesca tartaruga Morla, passando per la misteriosa creatura fatta di solo suono Uyulala e la strega malvagia Xayde. Molti personaggi hanno poteri magici o sovrannaturali, talvolta di aiuto od ostacolo all’incarico ricevuto da Atreiu per salvare Fantàsia. Vivono in un mondo senza confini, che si estende all’infinito in ogni direzione, i cui luoghi non hanno distanze fisse, ma una lontananza che dipende dall’effettiva volontà del singolo di raggiungere o meno un determinato posto. Anche il tempo scorre in modo diverso a seconda dei casi, a Fantàsia, e fuggire dal Regno comporta farsi inghiottire dal Nulla, accettando di farsi tramutare in menzogne. Solo gli abitanti della Terra possono viaggiare dal mondo reale a quello di Fantàsia più volte, come fa Bastiano.



    L’idea della Storia infinita
    Michael Ende iniziò a scrivere un racconto, che sarebbe poi diventato La Storia Infinita, nel 1977 quando il suo editore gli propose di scrivere qualcosa di nuovo entro un anno circa. Ende aveva da tempo in mente la storia di un bambino che legge una storia, finisce per ritrovarsi al suo interno e riesce a uscirne solo dopo avere completato diversi obiettivi. Dopo alcuni mesi di lavoro, Ende si rese conto che un racconto breve non sarebbe stato sufficiente: scrisse al suo editore dicendogli che il protagonista del libro non aveva ancora intenzione di uscire da Fantàsia e che ci sarebbe voluto più tempo per convincerlo e chiudere il romanzo.
    Nel complesso furono necessari quasi tre anni di lavoro per completare La storia infinita, la cui prima edizione fu poi stampata nel settembre del 1979, con un libro realizzato piuttosto sontuosamente su volere di Ende. Aveva una copertina rigida ricoperta di seta, mentre per la stampa erano stati usati due diversi inchiostri: verde acqua per le parti a Fantàsia e rosso per le vicende sulla Terra; ogni capitolo era inoltre decorato con capilettera in ordine alfabetico, 26 in tutto dalla A alla Z. Ne furono stampate circa 20mila copie, le vendite andarono benissimo da subito e oltre le aspettative dell’editore, che stampò altre 200mila copie entro la fine del 1979. L’anno seguente finì nelle classifiche dei libri più venduti in Germania, raggiungendo più di 100 volte la prima posizione. A tre anni dalla pubblicazione le ristampe furono ben 15, mentre La storia infinita iniziava a essere tradotto e pubblicato in altri paesi.



    Le critiche e il successo
    Almeno inizialmente, il successo di pubblico non rifletté quello tra i critici. La storia infinita era uscito durante la Guerra Fredda e con la Germania ancora divisa in due, in un tempo in cui si riteneva che la letteratura dovesse essere in primo luogo realistica e con un forte messaggio politico, ben diversa quindi dai temi affrontati nel romanzo. Il lavoro di Ende fu stroncato da molti, giudicato come una facile scappatoia per i giovani dal mondo reale, ma incapace di dare risposte effettive per migliorare le cose nella loro realtà. L’autore non la prese benissimo, ma alla fine si rassegnò e preferì stare dalla parte dei suoi lettori, colpiti dalla storia e appassionati alle vicende di Atreiu e Bastiano. Negli anni seguenti la critica cambiò comunque atteggiamento, con diversi che andarono oltre la semplice e riduttiva definizione di “letteratura per ragazzi”.

    La storia infinita ha del resto al suo interno moltissimi temi e innumerevoli possibilità di interpretazione. Ci sono una sostanziale critica al materialismo, un’esaltazione della forza della fantasia, la scomparsa dell’autore onnisciente che lascia quindi più libertà ai suoi personaggi di evolvere autonomamente e senza particolare controllo (soprattutto a Fantàsia), l’esistenza delle cose solo quando hanno un nome, il tema del sogno con il rapporto tra desideri e ricordi, il tema dell’infinito del mondo fantastico contro le limitazioni di quello reale. Molte analisi sono andate oltre le stesse idee inserite da Ende nel libro, trovando paralleli con altri romanzi fantastici e con altri autori.
    La storia infinita ebbe ulteriori successi in seguito al film ispirato alla sua storia e realizzato dal regista Wolfgang Petersen, con una produzione tedesca da 25 milioni di dollari, la più costosa nella storia del cinema in Germania. Durante la lavorazione del film, Ende entrò in polemica con le scelte degli sceneggiatori e si distanziò dalla produzione. Il film uscì nei cinema nel 1984 ed ebbe un notevole successo, nonostante fosse stato definito dall’autore del romanzo un “gigantesco melodramma kitsch”, augurò inoltre la peste ai produttori.
    (www.ilpost.it , cultura)

     
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  10. gheagabry
     
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    “Per un attimo Maria credette di vedere
    un cavallino bianco dalla coda folta e
    dalla criniera fluente, a testa alta,
    sospeso immobile a mezz’aria,
    come se l’avesse vista e ne fosse felice.”



    IL CAVALLINO BIANCO
    (The Little White Horse, 1946)




    di Elizabeth Goudge

    Siamo nella prima metà dell’800 e il romanzo narra le vicende di Maria Merryweather una ragazzina di soli tredici anni. E’ da tempo orfana di madre e quando anche il padre, fortemente indebitato, muore, i creditori lasciano la ragazza senza un soldo e senza una casa. Maria è quindi costretta ad abbandonare Londra ed a trasferirsi, con la sua governante Miss Heliotrope, in campagna presso un suo zio, Sir Benjamin, un uomo burbero e misogino, che vive presso la misteriosa Moonacre Manor, misteriosa e antica dimora abitata da eccentrici personaggi e da animali meravigliosi.
    Maria capisce ben presto di essere predestinata a riscattare le colpe dei suoi antenati che hanno portato infelicità e dolore in quel luogo incantevole.Da subito la bellezza della valle fa breccia dentro di lei: i sontuosi giardini trabboccanti di fiori, la gentilezza di Digweed e la cordialità di Benjamin, la luce lunare che inonda i verdi prati e i contorni sfumati di un cavallino bianco che sfreccia tra il fogliame. Ma da subito la giovane ragazza capisce che c'è qualcosa di strano, ad esempio chi prepara quelle cene luculliane? E chi, al suo risveglio, le fa trovare sempre una tinozza con dell'acqua calda e accende il fuoco nel camino? Chi le lascia degli abiti nella stanza in cima alla torre?
    Ed è proprio partendo da questi minuscoli particolari che Maria giungerà a conoscere verità
    Leggendo il libro che le è stato lasciato come unica eredità dal padre, Maria scopre l’esistenza di una maledizione che grava sulla valle, risalente a molti secoli prima.
    Per spezzare la maledizione, salvare Moonacre Valley dalla distruzione e porre fine all’antica faida fra le famiglie Merryweather e DeNoir, Maria - ultima Principessa della Luna - deve riuscire a trovare le magiche perle di luna e restituirle al mare prima del sorgere della prossima luna piena.




    "Il mio libro preferito di quando ero bambina. L'ho adorato".
    (J.K. Rowling)


    Si è parlato molto del fatto che l’opera letteraria da cui il film è tratto è una delle preferite di J. K. Rowling e le è stata di ispirazione per il suo Harry Potter. In realtà, oltre alle analogie con le vicende del maghetto, è inevitabile notare come il fulcro della trama di Moonacre sia l’avidità umana, quella sete di potere che induce gli uomini a dividersi e dimenticare i legami. Qui a scatenarla sono delle perle, ma tutto sembra ricordare, in modo semplificato e rozzo, un celebre anello del potere che ha fatto grande il fantasy.
    Altro elemento cardine è l’orgoglio degli uomini, che li allontana e rovina le loro vite.
    Una storia che ruota quindi intorno ad un chiaro messaggio “educativo”, senza però approfondirlo o renderlo efficace per mezzo di metafore veramente felici.
    Alcune circostanze risultano addirittura incomprensibili, affidate a spiegazioni confuse e raffazzonate.
    Si aggiungano, per fare veramente “favola”, il romanticismo di una storia d’amore spezzata e ritrovata, tra due amanti appartenenti a famiglie rivali, e la tipica situazione dell’orfana che si confronta con una nuova vita, come da copione affidata ad un parente dal carattere apparentemente difficile..
    (Raffaella Saso, www.spietati.it/)



    Si tratta di una paciosa, deliziosa, ingenua fiaba romanzata in cui le faide ataviche si risolvono con un tè, una fiaba in cui gli abbondanti riferimenti religiosi (la Goudge è figlia di un reverendo) si accostano con disinvoltura all'elemento fantastico. Il cavallino bianco è un Harry Potter embrionale, un fanciullesco fantasy pastorale in cui il peggior crimine commesso dai "cattivi" è il furto di bestiame. A renderlo così piacevolmente stucchevole sono le descrizioni liriche, più particolareggiate di un quadro fiammingo, come anche l'attenzione tutta modaiola ai vestiti indossati dalla protagonista e all'elemento cromatico. Sono i colori, simbolici e non, ad occupare il campo "visivo" durante la lettura: dal viola eliotropio al violetto delfinio, dal giallo zafferano al rosa salmone (quest'ultima nuance è persino cruciale, ridicolmente cruciale, a un certo punto della storia!)
    Maria Merryweather, poi, è un personaggio difficile da dimenticare: una civettuola protagonista per cui è impossibile non provare simpatia, la versione ottocentesca (e più morigerata e simpatica) di Paris Hilton, con tanto di cagnolino scondinzolante al seguito, senza contare un'arca di Noè di mille altre bestie da fare invidia a una principessa Disney: il cagnone Wrolf, il pony Pervinca, la lepre Serena, il gatto Zachariah... insomma, solo non si vedono i due liocorni (ah, no, come non detto: il liocorno c'è eccome!).
    Insomma, Il cavallino bianco riesce ad essere suggestivo e archetipico come una fiaba e, al contempo, frivolo, spensierato e adorabilmente kitsch come una soap-opera.
    Non mi stupisce che la piccola Rowling abbia "adorato" questo romanzo: sono molti gli elementi da lei ripresi nella saga potteriana (ma sempre con originalità) e molte anche le lezioni ereditate dalla Goudge (superando la maestra), innanzitutto l'abitudine di disseminare indizi qua e là. Insomma, entrambe le scrittrici non lasciano mai nulla al caso...
    (http://il-te.blogspot.it/)






    Il Film

    "Alla cinquemillesima luna, io,
    Maria Merryweather, Principessa della Luna e di Moonacre,
    cancello il sortilegio che oscura questa valle.
    Riprenditi quello che è tuo!"


    Moonacre. I segreti dell’Ultima Luna



    Titolo originale The Secret of Moonacre
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione Regno Unito, Francia, Ungheria
    Anno 2008
    Durata 103 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Genere avventura, fantastico
    Regia Gábor Csupó
    Soggetto Elizabeth Goudge
    Sceneggiatura Graham Alborough, Lucy Shuttleworth
    Distribuzione (Italia) Moviemax
    Fotografia David Eggby
    Montaggio Julian Rodd
    Musiche Christian Henson
    Scenografia Sophie Becher



    Interpreti e personaggi

    Dakota Blue Richards: Maria Merryweather
    Ioan Gruffudd: Sir Benjamin Merryweather
    Tim Curry: Coeur De Noir
    Natascha McElhone: Loveday
    Juliet Stevenson: Miss Heliotrope
    Augustus Prew: Robin De Noir
    Andy Linden: Marmaduke Scarlet
    Michael Webber: Digweed
    George Mendel: prete
    Tamás Tóth: Vicar
    György Szathmári: avvocato
    Szabolcs Csák: Henry
    Zoltán Markovits: David
    Marcell Tóth: Richard
    Zoltán Barabás Kis: Dulac




    Il libro nel cinema fantasy è diventato un elemento di rilievo dopo che il successo internazionale di La storia infinita. Da allora, periodicamente, film ispirati a libri in cui le pagine scritte finiscono con il coinvolgere chi le sta leggendo nelle vicende narrate sono stati numerosi.
    La tecnica della rappresentazione sullo schermo del giovane spettatore (tu, seduto nella tua comoda poltrona, parteciperai all'avventura così come il personaggio che legge all'interno del film) ha mostrato di funzionare.
    Allora perché non ritentare con la trasposizione di un romanzo ("Little White Horse") che JK Rowlings (la 'mamma' di Harry Potter) dichiara essere uno dei suoi preferiti? La scelta narrativa (forse legata a un budget non stellare) è quella di non perseguire la ricerca dell'effetto ad ogni costo ma piuttosto di raccontare un po' alla vecchia maniera. In un mondo malato di adultismo per cui anche i bambini più piccoli vengono allevati con dosi massicce di "Grande Fratello" (come la piccola protagonista di Tutta la vita davanti) potrebbe sembrare una scelta perdente.
    Ma se ci sono ancora adulti che hanno voglia di raccontare la fiaba della buonanotte e che se la sentono di portare i propri figli al cinema (meglio se femmine e non troppo piccole in questo caso) senza pretendere che il film si rivolga anche a loro bene, questa è una delle non troppo frequenti occasioni.







     
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9 replies since 30/5/2011, 20:41   4125 views
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