RIO DE JANEIRO e BRASILE

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  1. gheagabry
     
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    «Io non sono africano. La mia cultura è questa, il frutto di più culture. Io sono brasiliano »
    (Carlinho Brown)



    RIO DE JANEIRO




    Rio de Janeiro ( letteralmente "fiume di gennaio"), é universalmente conosciuta solo con il nome di Rio e soprannominata anche“A Cidade Maravilhosa” ("La Città Meravigliosa"), è la seconda maggiore metropoli del Brasile, collocata a 450 km a nord da San Paolo, é la terza più grande area urbana di tutto il Sud America subito dopo San Paolo e Buenos Aires in Argentina. E' la capitale dello omonimo stato di Rio de Janeiro.
    Rio de Janeiro è famosa per la sua natura, per il carnevale carioca, la musica samba, la linea di hotel lungo le rinomate spiagge turistiche, come Copacabana e Ipanema che fanno di questa una ambita e prestigiosa località balneare nota in tutto il mondo. Oltre alle spiagge, tra i più importanti punti di riferimento troviamo la gigantesca statua del Cristo Redentore situata in cima alla montagna Corcovado, che per la sua bellezza raffigura tra le sette meraviglie del mondo; Ma montagna “Pan di Zucchero” (“Pão de Açúcar”) con la spettacolare funivia, il Sambodromo che consiste in un gigante stand permanente utilizzato durante la parata di Carnevale e il famoso stadio Maracanã, uno dei più grandi stati calcistici del mondo.
    La città tra le sue caratteristiche, vanta anche il più la seconda più grande foresta urbana del mondo: Floresta di Tijuca. E una seconda foresta quasi collegata alla prima dal nome “Parque Estadual da Pedra Branca” (“Parco Statale di Pietra Bianca”). Nonostante il suo fascino e la bellezza, Rio è ingiustamente rinomata per essere una città violente e criminosa, tale notorietà viene accentuata da film come Bus 174, Città di Dio e Elite Squad che descrivono gravi problemi sociali. Gran parte dei reati violenti si concentra nelle favelas (baraccopoli), ma non ne sono escluse le località a medio e alto reddito. A Rio, differentemente che in altre grandi città, le baraccopoli sono collocate in posizioni adiacenti ad alcune delle zone più ricche della città formando un contrasto dai connotati folcloristici che non può far a meno di colpire




    .......la storia.......



    La Baia di Guanabara fu raggiunta il 1° gennaio 1502 da una spedizione portoghese sotto guida dell’esploratore fiorentino Amerigo Vespucci, prese parte alla spedizione il portoghese Gaspar de Lemos; da qui il nome Rio de Janeiro che letteralmente significa “Fiume di gennaio” in quanto i naviganti del luogo cedettero che alla bocca della baia effettivamente vi fosse la foce di un fiume.
    Il 1 ° marzo 1565 venne fondata la città. Fino all'inizio del 18 ° secolo, la città fu minacciata o invasa innumerevoli volte per opera di pirati francesi e bucanieri, come Jean-François Duclerc e René Duguay-Trouin. Dopo il 1720, quando i colonizzatori portoghesi scoprirono giacimenti di oro e diamanti nel vicino capitanato di Minas Gerais, Rio de Janeiro divenne un porto molto più utile per l'esportazione di ricchezza rispetto a Salvador di Bahia che è molto più a nord. Nel 1763, l'amministrazione coloniale portoghese in America venne trasferita a Rio de Janeiro. La città rimase principalmente una capitale coloniale fino al 1808, quando la famiglia reale portoghese e la maggior parte dei nobili aristocratici di Lisbona, vi giunsero in fuga da Napoleone che stava invadendo il Portogallo. La capitale del regno venne quindi trasferita nella città di Rio, che quindi diventò l'unica capitale europea al di fuori d'Europa. Per quanto all’epoca non v’era spazio fisico o struttura urbana per ospitare centinaia di nobili in arrivo, improvvisamente molti abitanti vennero semplicemente cacciati dalle loro case.
    Quando il principe Pedro I proclamata l'indipendenza del Brasile nel 1822, mantenne Rio de Janeiro come capitale del suo nuovo impero. Rio continuò ad essere la capitale del Brasile fin dopo il 1889, quando la monarchia venne sostituita dalla repubblica.I piani per spostare la capitale della nazione in una zona territorialmente più centrale fecero parte della campagna elettorale di Juscelino Kubitschek e quando venne eletto presidente nel 1955, diede attuazione alle proprie promesse nonostante molti cedettero che quella di Kubitschek non fosse altro che demagogia elettorale. A seguito di un costo elevato, il 21 aprile del 1960 la capitale del Brasile venne ufficialmente spostata da Rio de Janeiro a Brasilia, città appositamente edificata per divenire capitale della federazione, caso raro nella storia che vede solamente un'altra casualità nella storia rappresentata dalla maestosa San Pietroburgo zarista di Pietro il Grande.





    .......Cristo redentore.......



    Il Cristo Redentore (in portoghese: Cristo Redentor) è una statua rappresentante Gesù Cristo che trova collocazione sulla cima della montagna del Corcovado, che si erge a 710 m s.l.m. a picco sulla città e sulla baia di Rio de Janeiro, è alta circa 38 metri ed è uno dei monumenti più conosciuti e più belli al mondo. Ormai la statua è un simbolo della città e del Brasile e rappresenta il calore del popolo brasiliano che accoglie a braccia aperte i visitatori. Fu solo nel 1921, quando si celebrò il centenario dell’indipendenza del Brasile dal Portogallo, che si ebbe l’idea di collocare una statua in cima al Corcovado. Il compito di erigere una grande figura di Cristo in atto di abbracciare la città fu assegnato ad un gruppo di artigiani francesi capeggiati dallo scultore Paul Landowski. La squadra di tecnici che studiò il progetto decise di sviluppare la struttura in calcestruzzo al posto dell’acciaio, ritenendo il materiale più adatto ad una costruzione a forma di croce.La superficie è ricoperta in pietra saponaria, che la rende molto resistente al clima. Ma ci vollero 10 anni per completare l’opera: solo il 12 ottobre del 1931, con una sontuosa cerimonia presieduta dal presidente di allora Getulio Vargas, il Cristo Redentore venne inaugurato...Una curiosità interessante che ruota attorno alla storia del Cristo è il fatto che ai suoi piedi è posta una targa messa dalla comunità italiana del 1974 in occasione della nascita di Guglielmo Marconi, per celebrare l’accensione delle lampade della statua tramite un impulso radio da Roma da parte del celebre scienziato.





    ........il carnevale........



    L’indole allegra, con un innato senso del ritmo, della musica e della danza fanno parte del codice genetico di ogni brasiliano; uno dei momenti in cui queste caratteristiche si manifestano maggiormente è nella festa popolare più famosa del Brasile: il carnevale. I brasiliani amano questa festa, non è per loro solo un evento o un'attrattiva turistica, è la loro vera festa popolare, la massima espressione di quello che è l’anima e lo spirito gioioso di questo popolo unico. In Brasile nel periodo di carnevale tutto si ferma, tutto è condizionato da questo evento, tutti sono insieme a ballare e a divertirsi nelle piazze e nelle vie delle grandi metropoli o delle piccole città, in quei giorni non esiste distinzione o ceto sociale, si è tutti uguali verso un evento che è la festa dei colori, della samba, dell’allegria, si dimenticano per qualche giorno i problemi familiari e le difficoltà della vita. Il carnevale in Brasile è un’autentica esplosione di musica, mille colori, allegria e delle bellezze delle tante danzatrici di samba.
    Il Carnevale di Rio è una della manifestazioni popolari più famose e variopinte del pianeta, che nella città di Rio de Janeiro ha l'espressione più clamorosa. Si tratta di un vero e proprio rituale di liberazione per la popolazione di colore, costretta a trascorrere un'esistenza spesso assai misera, e sono molte le persone impegnate tutto l'anno per mettere a punto i suoi preparativi.
    Le danze del Carnevale, come il "samba" e il "frevo", riprendono i ritmi delle musiche dei "candombles" e di altri riti. Il samba è uno stile musicale e anche una danza di origine afro-brasiliana, il nome deriva probabilmente dal "semba" angolano, mentre il ritmo discende dal "maxise" che si è diffuso alla fine dell'Ottocento, con influenze della musica portoghese e spagnola. Questo tipo di ritmo ha dato vita ad una tradizione folcloristica unica, nata dal sottoproletariato di Rio de Janeiro, è il simbolo musicale nazionale, identificata sia come musica per canto che per percussioni. La forma più nota di samba è il samba carioca, lo stile che domina il Carnevale di Rio. Le animate sfilate, i carri colorati, le attraenti ballerine delle scuole di samba e i percussionisti, fanno confluire in questo periodo dell'anno numerosissimi turisti da ogni parte del mondo...........Le sue origini risalgono agli anni trenta del XIX secolo, quando la borghesia cittadina importò dall'Europa la moda di tenere balli e feste mascherate, molto in voga a Parigi. Inizialmente molto simili alle feste europee, queste manifestazioni acquisirono col tempo elementi tipici delle culture africana e amerindiana. Sul finire del XIX secolo nella città vennero costituite le prime cordões ("corde" in Portoghese), gruppi di gente che sfilava per le strade suonando e ballando. Dalle cordões derivarono in seguito i moderni blocos ("quartieri"), gruppi di persone legati ad un particolare quartiere della città che sfilano con tamburi e ballerine, vestiti con costumi e magliette a tema per festeggiare il carnevale. I blocos oggi sono parte integrante della festa a Rio: vi sono più di 100 gruppi con usi e tradizioni diversi, e ogni anno il numero cresce. Alcuni sono numerosi, altri più piccoli; alcuni sfilano per le strade in formazione, altri stanno nello stesso posto. Ogni bloco ha un posto o una strada in cui festeggiare, e per i più grandi le strade vengono chiuse al traffico. I festeggiamenti cominciano da gennaio e durano fino al termine del carnevale.




    .......il "samba".......



    Per comprendere il senso della danza del Samba, bisogna immaginare il passato del Brasile, e ricordare l'arrivo degli Africani dal Golfo di Guinea; per loro la danza è un'attività spontanea che facilita il contatto con la divinità e contemporaneamente attività sociale e divertimento.
    La parola Samba ha origine dalla parola "umbigada", letteralmente colpo di bacino, un movimento del corpo, ma anche una forma simbolica.
    Al tempo in cui si viveva in schiavitù, era un modo codificato di comunicare, un modo per mantenere le relazioni, nonostante le proibizioni imposte dalla condizione di schiavi.
    Con la fine della schiavitù, quel movimento vitale si è trasformato e, attraverso le vicende musicali di un secolo e mezzo, è diventato lo stile di danza del Carnevale.
    Il movimento del Samba è sostanzialmente sensuale e scatenato, influenzato dallo stimolo della "batteria", l'orchestra delle percussioni.
    Il movimento è strutturato in pochi passi che si sviluppano in un susseguirsi di parti ritmate sulla musica e altre improvvisate, dove la struttura dei passi e il ritmo dei piedi cambiano ciclicamente.
    Questa ricchezza di movimento e ritmo si ripercuote sul bacino, che ondeggia sensualmente, creando movimenti circolari e laterali ed evocando tutta la simbologia legata a questo tipo di danza...Il Samba ha avuto origine, ben prima che gli fosse attribuito questo nome, dalla fusione di suoni ed elementi diversi. In questo processo bisogna sottolineare ancora una volta il ruolo avuto dal batuque e dalle radici africane, particolarmente importanti nella regione di Bahia, dove, da sempre, la cultura nera importata dagli schiavi è stata più profonda. E' proprio per merito di alcuni esponenti della comunità bahiana che a Rio de Janeiro il Samba assunse per la prima volta una forma artistica definita, attraverso l'energia e la creatività espresse dalle classi più povere. Il luogo destinato a diventare famoso come "l'officina dei ritmi", da dove scaturì quello che verrà chiamato il Samba, fu la casa di una bahiana. Le bahiane dette "tias" (zie) erano le donne che vendevano il cibo ed i dolci per le strade e divennero famose perché erano l'organizzatrici sia di balli che di cerimonie di candomblé. Durante queste riunioni il nucleo dei giovani animatori delle notti di festa si andò amalgamando componendo musica in una direzione nuova rispetto alle marce, allo choro ed al maxixe che al tempo erano i ritmi dominanti. Nel 1917 la prima registrazione ufficiale, diventata famosa col sottotitolo di "Samba carnevalesco". Da questo momento ha inizio la storia e la diffusione del Samba che ancora per qualche anno coinvolgerà prevalentemente gli emarginati e gli strati più poveri della società carioca.
    Era il tempo in cui i territori del Samba erano le periferie e le baracche sulle colline (morros) ed essere un Sambista significava essere un "malandro", cioè un furfante od un vagabondo, oggetto di particolari attenzioni da parte della polizia...A cavallo tra gli anni '30 e '40, nel periodo precedente alla fondazione delle prime scuole di Samba a Rio de Janeiro, la sua pratica fu oggetto di proibizioni e persecuzioni poliziesche, a causa del disprezzo che l'alta società nutriva nei confronti della cultura dei neri. Dopo la creazione delle prime scuole di Samba e in seguito alla grande popolarità che assunse in relazione al Carnevale, il Samba scese dalle colline e arrivò al centro cittadino. La storia della Musica Popolare Brasiliana non è soltanto Samba, ma il Samba rappresenta uno stile ed un modo di essere specchio della multietnica società brasiliana, e con la sua magia e le sue contraddizioni, è stato sempre un punto di riferimento anche per quei movimenti musicali, come la bossanova ed il tropicalismo, che dal Samba volevano allontanarsi. La storia della Musica Popolare Brasiliana non è soltanto Samba, ma il Samba rappresenta uno stile ed un modo di essere specchio della multietnica società brasiliana, e con la sua magia e le sue contraddizioni, è stato sempre un punto di riferimento anche per quei movimenti musicali, come la bossanova ed il tropicalismo, che dal Samba volevano allontanarsi. Ancora oggi il Samba in Brasile si dimostra essere, non solo il ritmo delle radici e della tradizione, ma anche un elemento fondamentale. Ancora oggi il Samba in Brasile si dimostra essere, non solo il ritmo delle radici e della tradizione, ma anche un elemento fondamentale.



    ....una leggenda brasiliana.....



    Iara, una sirena, viveva in un lago nascosto nella foresta. Era molto bella cantava strane melodie, sdraiata su di una roccia, prendendo il sole. Un indio di nome Jaguarari stava cacciando quando udì quella melodia meravigliosa che proveniva da dietro gli alberi. Nascondendosi in un cespuglio, guardò la ragazza. Ne vedeva soltanto la parte superiore, e non la cangiante coda di pesce. Rimase ad ascoltare la canzone fino ad addormentarsi estasiato. Quando si risvegliò la ragazza non c'era più. Da quella volta, iniziò a cercare la fanciulla nei villaggi vicini. Nessuno però conosceva una ragazza così bella e che cantasse melodie così meravigliose. Il giovane decise allora di tornare al lago in cui l'aveva vista, sperando di incontrarla ancora. L'indio era un ragazzo bellissimo. forte, alto, un valoroso cacciatore. Tutte le ragazze avrebbero voluto sposarsi con lui. Ma il giovane pensava soltanto alla bella sconosciuta. Un giorno vide la sirenetta che nuotava nel lago e questa volta vide anche la grande coda di pesce che emergeva dall'acqua. Il giovane non riusciva a credere che quella ragazza fosse una sirena. Non ne aveva mai vista una ma aveva sentito parlare soltanto nelle antiche leggende tramandate dai suoi antenati. Avvicinandosi, la sirena si rivolse al ragazzo e gli disse di chiamarsi Iara. Lo invitò a nuotare assieme a lei. La sirena non sapeva che il ragazzo era diverso da lei. Anche lei non aveva mai visto un uomo. Così trascinò Jaguarari sul fondo del lago. Il giovane innamorato le spiegò che avrebbe potuto morire annegato. Spaventata, Iara fuggì, scomparendo nelle acque del lago. Il povero ragazzo non ebbe più pace. Riusciva a pensare soltanto alla giovane amata. Non aveva più voglia di cacciare o di pescare, voleva soltanto rivederla. Passava giorno e notte a remare nella sua canoa nei laghi di quella immensa foresta, fino a che un giorno, in una notte di luna, la sua canoa sparì. Dicono che Iara lo abbia portato con sé per sempre.





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  2. tomiva57
     
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    grazie gabry...bellissima....ma così povera
     
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  3. gheagabry
     
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    RIO DE JANEIRO


    Rio-de-Janeiro

    scatto di CHRISTOPHE SIMON/AFP/GettyImages





    IGUAZU'

    ...tra lo stato brasiliano del Paraná e la provincia argentina di Misiones...






    ARRAIAL DO CABO, A CAPITAL DO MERGULHO


    (Brasile)



     
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  4. gheagabry
     
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    L'AMAZZONIA


    L'Amazzonia, nota anche come Foresta Amazzonica, è una foresta equatoriale nel Bacino dell'Amazzonia in Sud America. L'area conosciuta dell'Amazzonia supera i 7 milioni di km² (1.2 miliardi di acri), anche se la zona boschiva ne occupa circa 5,5 milioni. La foresta è situata per circa il 65 % del territorio in Brasile, ma si estende anche in Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana Francese.
    Le foreste pluviali sono in genere molto ricche in termini di specie diverse di fauna e flora; nelle foreste tropicali delle Americhe si trova ancora più biodiversità che nelle corrispondenti foreste in Africa e in Asia, rendendo l'area Amazzonica di valore biologico inestimabile.
    Si stima che nella regione vivano circa 2,5 milioni di specie di insetti, 3.000 specie di pesci, 1.294 specie di uccelli (si pensa che un quinto di tutti gli uccelli viva nella foresta amazzonica), 427 specie di mammiferi, 427 specie di anfibi e 378 specie di rettili e sono state classificate almeno 40.000 specie di piante. Gli scienziati hanno descritto fra le 96.669 e 128.843 specie di invertebrati solo in Brasile.
    La diversità delle specie di piante è la più alta sulla Terra e alcuni esperti valutano che 1 km² possa contenere più di 75.000 tipi diversi d'albero. 1 km² di foresta amazzonica può arrivare a 90.790 tonnellate di piante


    ...la storia...


    Si calcola che gli Indios dell'Amazzonia nel XVI secolo fossero circa cinque milioni mentre oggi sono poco più di 200.000. Per ogni secolo di storia, quindi, un milione di Indios è stato ucciso. Il primo popolo ad estinguersi fu quello dei Tupinamb?, poi quello dei Tupiniquins, dei Tamoios, e così via. Ma le cronache pubblicate dagli storici portoghesi dell'epoca raccontano come a causa della schiavitù o dello sterminio sistematico vari gruppi indigeni siano scomparsi, sin dai primi anni dopo la conquista, senza che la storia abbia potuto registrare i loro nomi. Nonostante che Papa Paolo III, con una bolla papale del 1537, dichiarasse che gli indios erano "veri uomini", le brutalità contro di loro continuarono.
    Tra le distruzioni più terribili ricordiamo quella del 1644 compiuta dal capitano Pedro da Costa che incendia circa 300 villaggi uccidendo 800 indios; quella di Benito Maciel Parente che dichiara di aver ucciso 15.000 Tapajos in un solo giorno, mentre Belchior Mendes de Morasi arriva ad ucciderne, secondo quanto da lui sostenuto, sempre in un solo giorno, 20.800.
    Nell'Ottocento, con la scoperta del caucciù ("legno piangente" in lingua indio), i seringueiros iniziano a distillare la gomma dall'albero Hevea Brasiliensis e per evidenziare l'importanza di tale albero ricordiamo che esso dà addirittura il nome alla nazione del Brasile !
    La foresta amazzonica viene così invasa da una moltitudine di lavoratori della gomma che iniziano a mettere alle proprie dipendenze gli indios costringendoli a lavorare in maniera disumana ed ammettendo ogni tortura e maltrattamento su di loro. Un latifondista di nome Josè Fonseca imponeva ai suoi uomini spedizioni punitive contro i nativi, mentre un altro proprietario Armando Normand organizzava, per sè e i suoi amici, macabre competizioni di tiro a segno con le sagome viventi degli Indios.
    L'epoca d'oro del caucciù amazzonico termina nel 1876 con l'azione di lord De Wickam che riesce a rubare i semi dell'albero della gomma e ad iniziare la coltivazione di intere piantagioni in Malesia a Ceylon.
    All'epoca dei seringueiros si sostituisce quella dei garimpeiros, i cercatori d'oro, e poi quella dei grileiros, trafficanti di terreni, dei castanheiros, raccoglitori di noci, dei madheiros, cercatori di legni pregiati, e così via... Le vittime, però, erano e sono sempre le stesse: gli indios.


    ...4 ottobre 1957...


    In quel giorno i russi lanciano in orbita il primo satellite artificiale della storia, lo Sputnik, generando il panico tra gli uomini del pentagono americano. Si tratta di uno smacco inammissibile e preoccupante per il governo degli Stati Uniti che evidenzia il progresso tecnologico preoccupante dei russi. Per tutta risposta l'Amministrazione statunitense crea immediatamente l'Advanced Research Projects Agency (ARPA), una struttura interna al Dipartimento della Difesa, con l'intenzione esplicita di ristabilire il primato americano nelle scienze applicate al settore militare.
    Come conseguenza della guerra fredda, l'Amazzonia viene individuata come riserva naturale di materie prime da utilizzare per fini militari: le risorse sono nascoste nella foresta, basta solo andarle a recuperare.
    Nel 1964 il governo golpista brasiliano stipula un accordo con la Air Force Usa consentendo loro di fotografare tutta l'Amazzonia. Scrive Galeano nel suo bellissimo libro "Le vene aperte dell'America Latina":
    "Avevano usato un corredo di scintillometri per individuare i giacimenti minerali attraverso l'emissione di onde di luce a intensità variabile. Si erano serviti di elettromagnetometri per radiografare il suolo ricco di minerali non ferrosi e di magnetometri per scoprire e misurare i giacimenti di ferro. I rapporti e le fotografie sull'estensione e la profondità delle ricchezze segrete dell'Amazzonia vennero consegnate alle imprese private interessate". Ma cosa trovano i militari nella foresta?..Di tutto: oro, argento, diamanti, magnetite, titanio, uranio, quarzo, rame, zinco, cromo, mercurio, piombo, ecc ecc.
    L'Amazzonia diventa quindi in questi anni veramente l'eldorado di tantissime imprese private americane che ne vampirizzano le risorse causando la distruzione di migliaia e migliaia di ettari di foresta vergine.



    .....CHICO MENDES......


    Chico Mendes, il paladino che diede la vita per l'Amazzonia. Ma anche l'Amazzonia ha i suoi paladini e i suoi eroi, uomini che dedicano tutta la loro vita alla lotta contro la sua distruzione e per la salvaguardia del suo immenso patrimonio naturale. Uno di questi uomini, sicuramente il più conosciuto a livello internazionale, E' Chico Mendes.
    Figlio di un seringueiros, Chico nasce nel 1944 a Xapurè, nello stato amazzonico dell'Acre, e fin dall'età di nove anni impara il lavoro di raccogliere il lattice dell'albero della gomma. Ecco come lui stesso racconta le difficoltà di questo mestiere ma anche l'amore per la sua terra:
    "Nella foresta il lavoro è duro e pericoloso: bisogna alzarsi alle due o alle tre del mattino e la presenza delle pantere, dei serpenti e di insetti velenosi richiede professionalità e organizzazione. Ma è sempre meglio che nelle città, invivibili e caotiche dove bisogna pagare tutto, anche l'acqua che il buon Dio ci ha dato gratuitamente".
    Nel 1970 i militari incentivano lo sfruttamento dell'Amazzonia con il Piano di Integrazione Nazionale (PNI) e latifondisti del sud, allevatori di bestiame e compagnie di legname invadono le regioni di Acre e Rondonia iniziando i grandi disboscamenti.
    Per difendersi dalle violente intimidazioni e dalle occupazioni della terra praticati dai nuovi arrivati che distruggono la foresta togliendo ai lavoratori rurali i loro mezzi di sostentamento, Chico Mendes organizza nel 1975 un sindacato di seringueiros. Le forme di lotta sono assolutamente non violente: gruppi di lavoratori rurali formano blocchi umani intorno alle aree di foresta minacciate dalla distruzione. Questo però presto attrae la collera dei latifondisti, abituati a risolvere gli intoppi sia grazie a politicanti corrotti sia assoldando pistoleri per eliminare gli ostacoli umani.
    Queste azioni di contrasto salvano però effettivamente migliaia di ettari di foresta che vengono dichiarati reservas extrativistas, nella quale i lavoratori rurali possono continuare a raccogliere e lavorare il lattice di gomma e a raccogliere frutti, noci e fibre vegetali.
    Chico Mendes viene in questo modo conosciuto a livello internazionale, tanto da essere addirittura chiamato a Washington a parlare al Congresso americano. Nel 1987 riceve il premio Global 500 dell'Unep, l'organizzazione dell'Onu per la tutela dell'ambiente. Ma l'essere il leader dei movimenti di tutela della foresta amazzonica lo trasformano anche nell'acerrimo nemico degli oppositori frustrati ed infuriati. Il 22 dicembre del 1988, Chico Mendes, che ha ricevuto diverse minacce di morte, lascia per pochi istanti la sua guardia del corpo e viene assassinato a Xapurè, proprio sulla soglia di casa.
    Gli assassini di Chico sono ben conosciuti, sono il proprietario terriero ed allevatore locale Darly Alves da Silva e suo figlio, contrari alla trasformazione in riserva estrattiva di parte del loro territorio. Solo su pressioni nazionali e internazionali si riesce a portare il caso in tribunale e nel 1990 i due vengono condannati a diciannove anni di carcere per l'omicidio di Chico. Nel 1992 la condanna viene per? annullata e quindi gli assassini rimangono ancora impuniti.
    Ma la fama di Chico trascende la sua morte e facendo risuonare una delle canzoni più belle che a lui sono state dedicate.

    "Chico Mendes" dei Gang

    Chico ha un dente di topo
    un coltello di pioggia
    un occhio di legno
    Quando ride sbadiglia
    e sua madre era la luna
    notte smeraldo tamburi di festa
    lingue di fuoco nella foresta.
    Ooooohhh Chico Mendes.
    Sole diamante sole guerriero
    uomo di fango serigueiro
    Chico lottava per il sindacato
    Chico Mendes lo hanno ammazzato
    Quando finir? questa sporca guerra
    Chi li salver? i custodi della terra
    Son venuti dal fiume
    non c'era la luna
    hanno tutti un dollaro portafortuna
    hanno tutti un fucile e una croce
    rossa di sangue sar? questa terra
    Oooohhh Chico Mendes
    Come tre lampi sulle nostre vite
    come una croce come tre ferite
    Chico lottava per il sindacato
    Chico Mendes lo hanno ammazzato
    Quando finir? questa sporca guerra
    Chi li salver? i custodi della terra


    ..miti e leggende...


    Erano davvero donne-guerriere, oppure non erano altro che gli yanguas, la tribù di indios indomabili e inconquistabili che portano i capelli fino alla cintura? Il mistero delle guerriere che ricordarono ai conquistadores spagnoli le Amazzoni resta irrisolto.
    Resta il fatto che proprio grazie alla loro apparizione Gaspar de Carvajal comincia a chiamare il fiume teatro dello scontro, il Rio delle Amazzoni. Meno di vent'anni dopo la spedizione di Orellana, nel 1560, il vicerè del Perù incarica il generale spagnolo Pedro de Ursua di ridiscendere la Cordigliera Delle Ande e di andare alla ricerca del mitico regno di El Dorado, con la leggendaria città di Ma-Noa. Le leggende che circolano su questa città sono le più suggestive:

    "Su di un'isola c'è Ma-Noa, in un grande lago isolato. Le case compreso le pareti e il tetto, sono costruiti in oro puro e si riflettono in un lago pavimentato d'oro. I servizi da tavola e gli oggetti più comuni sono in oro o in rame o in argento. Quelli d'uso quotidiano sono fusi in rame, argento. Nel centro dell'isola si erge un tempio dedicato al sole. Intorno all'edificio del sole ci sono statue d'oro che rappresentano i giganti...".
    Sono proprio queste leggende a influenzare il vicerè del Perù che organizza quindi la spedizione. Ma non appena l'esercito di Ursua raggiunge l'Amazzonia, un oscuro sottufficiale basco di nome Lope de Aguirre si ammutina, mette a morte il generale e si autoproclama non solo comandante della spedizione ma anche re dell'Amazzonia. E chi non vuole seguirlo e gli si oppone viene ucciso impietosamente.
    Ma l'avventura di Aguirre non ha un lieto epilogo e si perde nei labirinti d'acqua amazzonici. Le ricerche della mitica Ma-Noa risultano infatti vane e solo uno sparuto gruppo di uomini comandati da Aguirre riesce a raggiungere l'estuario dell'Orinoco, di fronte a Trinidad, e, dopo essersi impadroniti dell'isola di Margarita, l'isola dei cercatori di perla, viene sconfitto dalle forze lealiste in Venezuela. Naturalmente Aguirre viene condannato a morte e tutto ciò che resta della sua storia è la sua breve preghiera pronunciata sul patibolo prima di porgere la testa al boia:

    "Dio, se devi farmi qualche grazia, fammela subito; Quanto alla gloria, puoi conservarla per i tuoi santi".
    Il carattere fantastico e mitico di questa spedizione non poteva però non arrivare ai giorni nostri e non interessare una serie di artisti che hanno cercato di rappresentare le avventure di Aguirre in diversi modi. Ricordiamo ad esempio due splendidi film, il primo del 1972 di Werner Herzog, Aguirre, furore di Dio e il secondo del 1987 di Carlos Saura El Dorado.
    Entrambi i film rappresentano la storia di Aguirre come una metafora della sfida tra uomo e natura, del rapporto dialettico tra possibile e impossibile, tra reale e immaginario. E' la sfida suprema della civilizzazione forzata europea contro la natura e le popolazioni locali. E' una metafisica discesa negli abissi della follia umana, lungo le insidie della natura, negli ottusi e irremovibili meandri della sete di potere e di ricchezza della psiche umana. In fondo non ci sono alternative all'esito finale della spedizione.
    Che cose'; El Dorado; Dove ; Ma-Noa; Sembrano essere l'isola che non c'è', magari un astuto trucco indios per condurre l'invasore alla giusta rovina.
    E' l'inarrestabile sete di ricchezza e di potere che guida gli uomini nelle gesta più stupide e folli. In questo senso l'esito della spedizione è chiaro fin dall'inizio: è una battaglia contro i mulini a vento, e Aguirre ne paga fino in fondo le conseguenze.
    (dal web)


     
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  5. gheagabry
     
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    «Transpantaneira, qui finisce il regno degli uomini e comincia quello della natura»


    Il PANTANAL


    Il Pantanal è la più grande pianura d’inondazione al mondo e la terza riserva ambientale più grande al mondo, si estende, per circa 150.000 km quadrati, per gran parte in Brasile (negli stati del Mato Grosso e del Mato Grosso do Sul), e in parte in Bolivia e in Paraguay. Il nome Pantanal deriva dalla parola portoghese "pântano", che significa "palude". Ha un’importanza ecologica immensa poiché ospita uno dei più ricchi ecosistemi mai incontrato fino ad oggi, con foreste stagionali periodicamente inondate. Presenta la più grossa concentrazione di fauna del neotropico, comprese varie specie minacciate di estinzione – tra mammiferi, rettili e pesci -, oltre a costituire l’abitat di un’ampia varietà di uccelli sia nativi sia provenienti da altre regioni delle Americhe. A differenza dell'Amazzonia, soprattutto, dove gli animali si nascondono tra il fitto fogliame della foresta, il Pantanal regala la straordinaria possibilità di avvistare le specie endemiche che vi vivono, grazie alla visibilità offerta dai suoi enormi spazi aperti. In Amazzonia senti i suoni della natura, in Pantanal la vedi. Sono state osservate 700 specie di uccelli, ed è una delle aree di riproduzione più importanti per gli uccelli acquatici: cicogne, ibis, aironi e spatole. Vi si trovano 26 specie di pappagalli, compresa la minacciata Ara giacinto e ben 45 specie di rapaci, a dimostrazione di un ecosistema ancora equilibrato.
    Specie caratteristiche sono: Nandù comune, Ibis plumbeo, Chachalaca del Chaco, Crace faccianuda, Conuro Nanday, Tortora codalunga campestre, Tucano toco, Colibrì del sole ventrefulvo, Rampichino rossiccio maggiore, Becco do todo beccolargo, Ittero unicolore, Granchio testarossa, Mangiaformiche del Mato Grosso e Cardinale beccogiallo, per citarne solo pochi. Oltre agli uccelli, è possibile incontrare anche molti altri animali, in particolare mammiferi e rettili, come il raro Formichiere, il Tapiro, le Scimmie urlatrici e le Scimmie cappuccine, le Lontre giganti, l’Ocelot, un numero infinito di Jacarè (emozionante illuminare di notte con la torcia elettrica gli stagni, pullulanti di occhi che riflettono), il Boa e altri ancora.

    Il velo di mistero che avvolge questo stato è legato a tanti aspetti: la fittezza della giungla, i diamanti e l’oro attorno a cui si sono sviluppati miti e leggende, i laghi melmosi, le pareti che cadono a picco e soprattutto la presenza di insediamenti di tribù selvagge come gli indios Bororo. Gli indios sono stati eliminati a Mato Grosso, prima ancora che inAmazzonia, con i sistemi più spietati, solo perché non volevano diventare i servi dei bianchi. Nonostante secoli di persecuzione, oggi esistono ancora e vivono secondo gli antichi rituali in uno dei luoghi più selvaggi al mondo. Ciò che affascina di Mato Grosso è anche la quasi totale assenza di strade e case e la presenza di tanti ricchi fazenderos, addirittura una delle più grande fazende appartiene ai Rockefeller. Le fazende si estendono per moltissimi chilometri e per spostarsi da una fazenda ad un’altra occorre l’aereo.

    "Il cartello sulla strada rossa di polvere parla chiaro: «Transpantaneira». Non c’è scritto, ma il sottotitolo potrebbe essere: «qui finisce il regno degli uomini e comincia quello della natura». Perché questo è il cuore dell’America latina, nella regione del Mato Grosso. Perché qui a Poconè, ultima cittadina utile ai collegamenti con la civiltà, finisce la civiltà come noi la conosciamo. Perché qui il mondo è selvaggio, acre, ma tutto sommato molto accogliente. Una volta sorpassata la frontiera, non del tutto ipotetica visto che le guardie della polizia federale fanno da diga tra i visitatori e il Pantanal, si parte per il viaggio. Il primo incontro con la fauna locale è con un Jacarè, caimano tipico del Sudamerica e della zone paludose. Al suo fianco un bell’airone, bianco come la neve, pesca tranquillo senza nessuna paura. Sul ramo di una pianta che piega le sue fronde sopra l’acqua un martinpescatore aspetta la sua preda. Fermiamo la macchina -una Gol affittata a Cuiabà per affrontare il viaggio - e scendiamo con un timore reverenziale nei confronti di questo mondo così lontano dal caos dai telefoni, dalle propagande pubblicitarie. Mi guardo intorno e congiungo le mani, quasi per chiedere il permesso di poter vivere un poco come ospite insieme a loro. Permesso accordato, pare: fronde di pappagalli verdi ci corrono davanti. I ponti, centodiciotto che separano Poconè da Porto Joffré sono cigolanti e piuttosto dissestati. Ma alla fine, dopo 65 chilometri percorsi in circa tre ore con molte fermate per osservare il paesaggi e i suoi abitanti, arriviamo alla meta. Ad attenderci per darci il benvenuto, oltre alla guida della pousada Peixinho, anche due cicogne dal collo nero con la striscia rossa che qui chiamano tuiuyu. Il maschio si chiama Taffarel: pare riesca a pigliare al volo tutto il pesce possibile. Facciamo appena due passi e a sorriderci questa volta sono Zico, Socrates, Lula, e Ronaldo. Tutti Jacarè più o meno abituati alla presenza umana.
    La notte trascorre tra i suoni della chitarra di Peixinho e gli occhi indiscreti degli animali della foresta che guardano incuriositi questi animali di città sconvolti da tanta bellezza. Ci si alza presto prima dell’alba, alle 4 del mattino. Una barca che risale il fiume, il Rio Pixaim, è pronta per portarci a vedere all’alba la levata degli uccelli. È buio, fa un po’ fresco, la barca scivola lenta e leggera sulle acque del fiume. Ci fermiamo, nella foresta ci sono occhi che ci guardano, altri si muovono velocemente. L’alba comincia a salire, il rosso e il giallo sfumano nell’azzurro di un cielo vagamente sporcato da nuvole bianche e su questo scenario gli uccelli si levano in volo passando a frotte sopra le nostre teste, violando gli spazi più azzurri e illimitati di questo cielo, incontaminato e perfetto. È tutto magnifico. Anche la colazione, abbondante quasi come un pranzo. Lo spettacolo non finisce, ma rimane forte e vivido per tutto il tempo, anche quando con un po’ di coraggio scendo sul pontile per far mangiare Zico e gli altri caimani che arrivano lievi nascosti nell’acqua e aspettano che lanci loro del pane. Il giorno seguente ci aspetta la visita alla fazenda di Donna Rosa. Qui il paesaggio è ancora più incontaminato. La foresta che si apre al lato della fazenda è popolata da arara azul, pappagalli di un blu intenso con l’occhio giallo canarino in via di estinzione e che si rifugiano nel Pantanal perché si tratta dell`unico luogo dove non possono essere toccati. Ci sono anche i macachi, buffi e curiosi che aspettano un pezzo di banana, anzi te la chiedono come se fossero affamati. Tutto questo ti riempie il cuore, e la natura ti penetra nelle viscere del corpo fino a farti sentire parte integrante di essa. La notte cala presto nel Pantanal, e così la sera la nostra guida ci porta a fare il focagem notturno.
    In pratica osserviamo gli animali nella notte illuminandoli con un grosso faro collegato alla batteria della macchina. Gli occhi della notte che ti guardano hanno qualcosa di magico ma ti incutono anche un po’ di timore. Peixinho fa segno di spegnere il motore e di sollevare i finestrini: due occhi si muovono veloci nella foresta. Ci spiega che forse potrebbe essere un onça pintada, cioè un giaguaro. Tremo all’idea di vederla ma ne sento anche il fascino. Dopo un po’ però gli occhi scompaiono. All`improvviso su un pezzo di cielo blu notte si alza una palla rosso fuoco. Sembra un incendio: mi agito e chiedo di correre ad avvertire qualcuno. Peixinho sorride e spiega che è solo il sorgere della luna. Spegniamo la macchina e tutte le luci, scendiamo e nel buio della notte aspetto che la luna piena e lucente salga in cielo. Mi sento in armonia con questo luogo, ma anche molto piccola di fronte a tanta grandezza. Peixinho si avvicina ad una pozza di acqua e prende a mani nude un piccolo jacarè che terrorizzato comincia a piangere. Da lontano due occhi gialli si alzano a pelo d’acqua: sono di sua madre che corre al richiamo del figlio. Chiediamo che lo lasci andare e il piccolo si infila tra le piante dello stagno e scompare velocemente nell’acqua. Il quarto giorno in questo luogo è già quello del ritorno. Con la tristezza nel cuore saliamo in macchina percorrendo in senso contrario la strada che ci riporta alla civiltà. Ma il Pantanal ci fa un altro regalo. Una anaconda gialla - rarissima - distesa al sole aspetta solo di essere guardata. Fermiamo la macchina e ci mettiamo ad osservarla. E’ il serpente più grande del mondo, e non è imbalsamato in un museo, non è in un rettilario, è in natura, nel suo ambiente, nella sua casa. In genere ho paura dei rettili, ma vederli nel proprio ambiente è qualcosa che davvero non si può descrivere. L’animale sia accorge di noi, non è molto grande, sarà appena nata perché è lunga più o meno un metro e mezzo, così si volta lentamente, poi fugge nella foresta. Riprendiamo il percorso e arriviamo di nuovo alla frontiera. L’ultimo sguardo è per la natura, così gentile ad averci ospitato, così prodiga di visioni meravigliose. Il pensiero corre già ai ricordi di quel posto incontaminato che deve a tutti i costi rimanere così. Il saluto con la mano fuori dal finestrino è per questo volto di Brasile acre, selvaggio e quasi sconosciuto ai turisti europei. Il canto dei quattro pappagalli verdi sembra mandarci un saluto, mentre la polvere cancella questo incanto di purezza e di natura per ritornare all’asfalto, alla locoura. Per tornare alla «civiltà».
    (Caudia Di Meo, musibrasil.net)
     
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  6. gheagabry
     
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    VANDERLEI ALMEIDA/AFP/GettyImages

     
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  7. gheagabry
     
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6 replies since 23/5/2011, 00:01   3961 views
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