GABRIEL GARCIA MARQUEZ

scrittore colombiano

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    GABRIEL GARCIA MARQUEZ











    Gabriel José de la Concordia García Márquez (Aracataca, 6 marzo 1927) è uno scrittore e giornalista colombiano, insignito, nel 1982, del Premio Nobel per la letteratura.

    La sua notorietà si deve principalmente alla attività di scrittore, nella quale si è espresso ad un altissimo livello, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica in tutto il mondo. Considerato il maggior esponente del cosiddetto realismo magico in narrativa, ha contribuito a rilanciare fortemente l'interesse per la letteratura latinoamericana.

    La sua prosa è sempre scorrevole, ricchissima, immaginifica e costantemente pervasa di una amara ironia; la struttura dei suoi romanzi complessa e articolata, con frequenti intrecci fra realtà e fantasia, fra storia e leggenda, con una grande padronanza nel gestire diversi piani di lettura, anche allegorici, oltre che di un uso sapiente dei flashback e dello svolgersi di vicende parallele.






    BIOGRAFIA





    Primogenito del telegrafista Gabriel Eligio García e di Luisa Santiaga Márquez Iguarán, Gabriel García Márquez nacque ad Aracataca, un paesino fluviale della Colombia, il 6 marzo 1927. Dopo il trasferimento a Riohacha, crebbe con i nonni materni: il colonnello Nicolás Márquez e sua moglie Tranquilina Iguarán.

    Nel 1937, a seguito della morte del nonno, Gabriel García Márquez si trasferì a Barranquilla per studiare. Dal 1940 frequentò il Colegio San José e si diplomò al Colegio Liceo de Zipaquirá nel 1946.

    L'anno dopo, García Márquez si trasferì a Bogotá per studiare giurisprudenza e scienze politiche presso l'Universidad Nacional de Colombia, ma presto abbandonò lo studio di quelle materie che non lo affascinavano.

    Dopo i disordini del 1948, in cui nel rogo della pensione in cui abitava bruciarono alcuni suoi scritti, si trasferì a Cartagena dove cominciò a lavorare dapprima come redattore e poi come reporter de "El Universal". Alla fine del 1949 si trasferì a Barranquilla per lavorare come opinionista e reporter a "El Heraldo". Su invito di Álvaro Mutis, nel 1954 García Márquez tornò a Bogotá, a lavorare a El Espectador come reporter e critico cinematografico.

    L'anno successivo trascorre alcuni mesi a Roma, dove segue dei corsi di regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, in seguito si trasferisce a Parigi. Nel 1958 sposa a Barranquilla Mercedes Barcha e, dopo la vittoria di Fidel Castro, visita Cuba e lavora (prima a Bogotà, poi a New York) per l'agenzia "Prensa latina", fondata dallo stesso Castro.

    Nel 1958, dopo un soggiorno a Londra, García Márquez tornò in America, stabilendosi in Venezuela.

    Dalla moglie Mercedes ha avuto due figli, Rodrigo (nato a Bogotá nel 1959) e Gonzalo (che nacque in Messico tre anni più tardi). Nel 1961 si trasferisce a New York come corrispondente di Prensa Latina. Le continue minacce della CIA e degli esuli cubani lo inducono a trasferirsi in Messico.

    Nel 1967 pubblicò la sua opera più nota: Cent'anni di solitudine un romanzo che narra le vicende della famiglia Buendía a Macondo attraverso diverse generazioni. Un'opera complessa e ricca di riferimenti e allusioni alla storia e alla cultura popolare sudamericana, considerata la massima espressione del cosiddetto realismo magico, e che ha consacrato in tutto il mondo García Márquez come un autore del massimo livello. Una curiosità: il paese immaginario di Macondo, ispirato ad Aracataca, deve il suo nome ad una zona di vigneti vicina proprio al suo paese di origine, che l'autore poteva vedere dal treno in occasione dei suoi spostamenti.

    Seguiranno numerosi altri romanzi e saggi, fra i quali spiccano soprattutto L'autunno del patriarca (1975) e Cronaca di una morte annunciata, e l'ironico L'amore ai tempi del colera, pubblicati negli anni settanta e ottanta, che ottengono un grande successo di pubblico in tutto il mondo, e dai quali sono state tratte omonime versioni cinematografiche.

    Dal 1975, Gabriel García Márquez vive tra il Messico, Cartagena de Indias, L'Avana e Parigi. Nel 1982, venne insignito del Premio Nobel per la letteratura. Nel 1999 gli viene diagnosticato un cancro linfatico che lo spinge a iniziare a scrivere le sue memorie e nel 2000 il periodico peruviano "La República" diffonde l'errata notizia secondo cui il Nobel sarebbe ormai agonizzante.

    Poco dopo circolò in rete lo scritto La Marioneta, una sorta di commiato dagli amici più cari. In un'intervista al periodico mattutino salvadoregno "El Diario de Hoy", datata 2 giugno 2000, fu lo stesso Garcìa Màrquez a negarne la paternità, affermando, tra l'altro: «Quello che potrebbe uccidermi è che qualcuno creda che io abbia scritto una cosa così kitsch. È la sola cosa che mi preoccupa». In seguito, García Márquez e l'autore del brano, Johnny Welch, si incontrarono, ponendo fine alla querelle.

    Nel 2002 ha pubblicato la prima parte della sua autobiografia intitolata Vivere per raccontarla. Nel 2005 García Márquez, vinta la sua battaglia contro il cancro, è tornato alla narrativa pubblicando il romanzo Memoria delle mie puttane tristi.





    OPERE





    Incontro con la madre (Storie di sé)
    Foglie morte (La hojarasca, 1955)
    Racconto di un naufrago (Relato de un náufrago, 1955)
    Nessuno scrive al colonnello (El coronel no tiene quien le escriba, 1961)
    I funerali della Mamá Grande, (Los funerales de la Mamá Grande, 1962)
    La mala ora (La mala hora, 1962)
    Cent'anni di solitudine, (Cien años de soledad, 1967)
    Monologo di Isabel mentre vede piovere su Macondo (Monólogo de Isabel viendo llover en Macondo), (1968)
    L'incredibile e triste storia della candida Erendira e della sua nonna snaturata (La increíble y triste historia de la cándida Eréndira y de su abuela desalmada, 1972)
    Cuando era feliz e indocumentado, (1973)
    Occhi di cane azzurro (Ojos de perro azul, 1974)
    L'autunno del patriarca, (El otoño del patriarca, 1975)
    Todos los cuentos (1947-1972), (1976)
    Cronaca di una morte annunciata, (Crónica de una muerte anunciada, 1981)
    Textos costeños, (1981)
    Viva Sandino, (1982)
    El olor de la guayaba, (1982)
    El secuestro, (1982)
    L'amore ai tempi del colera, (1985)
    Il generale nel suo labirinto (El general en su laberinto, 1989)
    Dodici racconti raminghi (Doce cuentos peregrinos, 1992)
    Dell'amore e di altri demoni (Del amor y otros demonios, 1994)
    Notizia di un sequestro (Noticia de un secuestro, 1996)
    Scritti costieri. 1948-1952 (Obra periodística 1: Textos costeños (1948-1952))
    Gente di Bogotá (1954-55) (Obra periodística 2: Entre cachacos (1954-1955))
    Dall'Europa e dall'America. 1955-1960 (Obra periodística 3: De Europa y América (1955-1960))
    A ruota libera. 1974-1995, (Obra periodística 4: Por la libre (1974-1995))
    Taccuino di cinque anni. 1980-1984 (Obra periodística 5: Notas de prensa (1980-1984))
    Erendira
    Chile, el golpe y los gringos
    Le avventure di Miguel Littín, clandestino in Cile
    Vivere per raccontarla, (Vivir para contarla, 2002)
    Memoria delle mie puttane tristi, (Memorias de mis putas tristes, 2004)
    Diatriba d'amore contro un uomo seduto, (Diatriba de amor contra un hombre sentado, 2007)
    Non sono venuto a far discorsi, (Yo no vengo a decir un discurso, 2010)






     
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    CENT'ANNI DI SOLITUDINE










    Con Cent'anni di solitudine Gabriel Garcìa Màrquez si pone all'interno della nueva novela ispanoamericana, nell'interpretazione singolare e avvincente di un realismo magico che, filtrando i momenti reali attraverso l'affascinante dimensione fantastica, approda a un'immagine cosmica della realtà i cui sensi più profondi vanno ricercati senz'altro nell'ambito della migliore testimonianza storica. L'apparente dicotomia fra il piano leggendario e mitico della realtà, simbolicamente avvinto al proprio divenire irrazionale, e quello quotidiano e alienante di una realtà ottusamente incapace di conferire un significato fondante al caotico succedersi degli eventi, si compone mirabilmente nel romanzo di Garcia Marquez. L'invenzione diviene parte integrante della realtà, che finisce con l'apparire quale espressione irrisolta dello svolgersi incontrastato e assurdo delle passioni umane, in un unico e tragico fluire di passato, presente e futuro. Tramite la circolare temporalità delle vicende narrate, l'angusta spazialità reale sembra comunicare con il mondo magico e ancestrale della dimensione irreale, fantastica, in cui il ricordo di un passato diventa presenza ammonitrice per un futuro che sembra incombere irrimediabilmente sulle azioni del presente. In Cent'anni di solitudine l'autore narra le vicende di un paese immaginario, Macondo, allegoria delirante del pionierismo e del successivo sottosviluppo latinoamericano, attraverso la storia dei suoi fondatori, la famiglia Buendìa e i suoi discendenti, mitica incarnazione di un'umanità che nel momento in cui tenta di legittimarsi come storia decreta la propria decadenza. Macondo era stata fondata da Ursula e Josè Arcadio Buendìa, i quali fuggivano la loro colpa di essere cugini primi, perseguitati dallo spirito di un uomo che Josè Arcadio aveva ucciso. La fondazione di Macondo, che all'inizio sembra rappresentare l'utopia realizzata di una ideale "Città del sole", si esprime ben presto come caotico interagire di forze primordiali. Lontani dal resto della civiltà, i Buendìa si comportano come se il codice morale non esistesse: i membri maschi della famiglia si innamorano delle loro zie o addirittura delle loro nonne. In questi primi anni il paese vive in uno stato di primitiva innocenza; ma, sebbene isolato, non è completamente tagliato fuori dal resto del mondo. Infatti il suo isolamento è rotto da forze esterne - la guerra civile, la ferrovia, la piantagione di banane - che trascinano gli abitanti verso le contese senza cambiarne l'eccentrica personalità. Ma il "progresso" non dura: un diluvio di quattro anni riporta Macondo al caos originario. E la nascita di un bambino con una coda di maiale, frutto di una unione incestuosa fra Amaranta Ursula e suo nipote, porta la famiglia alla fine. Macondo si svela ben presto come luogo di violenza sia fisica che morale, un mondo in balia di sentimenti negativi e dilaniato dall'odio, propenso assai più a dare spazio all'amara irrimediabilità dei rancori e delle vendette che a salvaguardare i propositi di felicità e benessere che avevano un tempo spinto alla sua costituzione. A questo mondo il futuro colonnello Aureliano Buendìa tenta di ribellarsi, ma cercando di fuggire violenza e guerra finisce per incarnarle lui stesso. Tornato a Macondo in preda allo squilibrio e alla solitudine, morirà consapevole della propria vicenda sotto il castagno cui era stato legato per anni il fondatore del paese impazzito, quasi a testimoniare la continuità di quel "naturale" che necessariamente si oppone alle aberrazioni della civiltà. Il clima di disfacimento progressivo, che fino alla morte di Aureliano ha pervaso sotterraneamente la vicenda, diviene ora palese e la storia si avvia verso la decadenza totale. Chiuso nel suo destino inafferrabile, che impedisce ai morti di acquietarsi nella pace eterna, facendoli ancora agire nel mondo dei vivi, Macondo sembra ormai irrevocabilmente segnata dalla terribile possibilità della profezia. Nel clima torbido di un totale isolamento in cui la solitudine diviene l'unica realtà vivibile, gli ultimi componenti della famiglia Buenda bruciano le proprie tappe esistenziali, eleggendo la follia come unico rifugio metafisico in cui attendere, tra i presagi della fine, il lento incedere della morte. Al succedersi ritmato delle morti fa da sfondo l'immagine spettrale di Macondo sommersa da una pioggia incessante che obbliga gli abitanti a un vegetare non solo metaforico, nella veglia attonita della propria fine. L'atmosfera mitica che accompagna la scomparsa del paese e della sua gente si esprime nelle due figure femminili principali del libro, Ursula Iguarn e Pilar Ternera, le due matriarche dei Buenda.
    La morte sola concederà a ciascuna di esse un significato al differente svolgersi delle loro vite nell'immagine con cui abbandonano il mondo dei vivi. Mentre il paese viene avvolto dall'uragano distruttore, gli ultimi personaggi del libro sembrano umanizzarsi di fronte alla fine incipiente. Quasi a indicare, nel continuo curvarsi del tempo, il compiersi della stessa origine dell'uomo, che di fronte al proprio peccato originale (la superba indifferenza per la propria matrice naturale) è destinata ad attendere, dalla natura tradita, la possibilità dell'espiazione.

     
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    La malattia di Garcìa Marquez "Soffre di demenza senile"


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    Gabriel Garcia Marquez soffrirebbe di demenza senile e per colpa della malattia potrebbe addirittura non essere più in grado di scrivere.
    A dare la notizia, durante una conferenza tenuta ieri in un museo di Cartagena, è stato il fratello di Garcia Marquez, Jamie. Dopo aver reso pubblica la malattia del Premio Nobel per la Letteratura colombiano, 85 anni, il fratello ha aggiunto: “forse non potrà più scrivere”. Jamie ha concluso con un non molto convinto “spero di sbagliarmi”.
    LE PAROLE DEL FRATELLO - "Ha diversi problemi di memoria - racconta Jamie -. Tutti in famiglia abbiamo sofferto di demenza senile. Anch’io comincio ad averne i sintomi". Poi aggiunge: ‘’Per Gabito però la situazione è grave. I suoi problemi si sono aggravati prima del tempo per il tumore linfatico che lo ha spinto sull’orlo della morte’’. E specifica: ‘’La chemioterapia gli ha salvato la vita. Ma gli ha sottratto molti neuroni, molte difese e molte cellule. E ciò ha accelerato il processo’’.
    Nonostante ciò, nel rispondere alle domande dei 225 ragazzi, Jaime ha esternato commosso: ‘’E’ ancora con noi, possiamo parlargli con allegria e con l’entusiasmo di sempre".
    I SUOI CAPOLAVORI - Gabriel Garcia Marquez, scrittore e giornalista, ha scritto capolavori come Cent'anni di solitudine, considerato una delle massime espressioni del cosiddetto realismo magico, Cronaca di una morte annunciata e l'ironico L'amore ai tempi del colera. Nel 1982 è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura.


    Fonte:qn.quotidiano.net,web
     
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    La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla

    Gabriel García Márquez






    Se n’è andato Gabriel García Márquez, lo scrittore colombiano che ha avvicinato milioni di persone alla letteratura. E’ mancato a 87 anni, in un ospedale di Città del Messico, a causa dell’improvviso aggravarsi di una polmonite. Ma la notizia, anche se preparata dal prolungarsi di un suo precario stato di salute, è luttuosa per milioni di lettori: soprattutto per i tanti figli del Sessantotto che proprio allo scoppio della contestazione erano stati colpiti al cuore da «Cent’anni di solitudine». Un romanzo talmente lussureggiante, libertario, esotico, coinvolgente, da trasformare il luogo immaginario in cui si svolge la storia, Macondo, in simbolo e sinonimo di vita alternativa.

    E tuttavia «Gabo», come lo chiamavano non soltanto gli amici, è stato molto più che l’autore di un solo libro, per quanto capolavoro; e anche più che un classico monumento intellettuale, infiocchettato dal premio Nobel!



    corriere della sera
     
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  6. gheagabry
     
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    Se per un istante Dio si dimenticherà che sono una marionetta di stoffa e mi regalerà un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto quello che penso,ma in definitiva penserei tutto quello che dico.
    Darei valore alle cose, non per quello che valgono, ma per quello che significano.
    Dormirei poco, sognerei di più, andrei quando gli altri si fermano, starei sveglio quando gli altri dormono, ascolterei quando gli altri parlano e come gusterei un buon gelato al cioccolato!
    Se Dio mi regalasse un pezzo di vita, vestirei semplicemente, mi sdraierei al sole lasciando scoperto non solamente il mio corpo ma anche la mia anima.
    Dio mio, se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei che si sciogliesse al sole. Dipingerei con un sogno di Van Gogh sopra le stelle un poema di Benedetti, e una canzone di Serrat sarebbe la serenata che offrirei alla luna. Irrigherei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore della loro spine e il carnoso bacio dei loro petali...
    Dio mio, se io avessi un pezzo di vita non lascerei passare un solo giorno senza dire alla gente che amo, che la amo. Convincerei tutti gli uomini e le donne che sono i miei favoriti e vivrei innamorato dell’amore.
    Agli uomini proverei quanto sbagliano al pensare che smettono di innamorarsi quando invecchiano, senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi! A un bambino darei le ali, ma lascerei che imparasse a volare da solo. Agli anziani insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza. Tante cose ho imparato da voi, gli uomini... Ho imparato che tutto il mondo ama vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel risalire la scarpata. Ho imparato che quando un neonato stringe con il suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di suo padre, lo tiene stretto per sempre.
    Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardarne dall’alto in basso un altro solamente quando deve aiutarlo ad alzarsi. Sono tante cose che ho potuto imparare da voi, ma relmente non mi serviranno a molto, perché quando mi metteranno dentro quella valigia, infelicemente starò morendo.
    Dì sempre quello che senti e fai quello che pensi. Se sapessi che oggi fosse l’ultima volta che ti vedo andare a dormire, ti abbraccerei fortemente e pregherei il Signore di poter essere il custode della tua anima. Se sapessi che questa fosse l’ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti darei un abbraccio, un bacio e ti chiamerei di nuovo per dartene di più. Se sapessi che questa fosse l’ultima volta che sento la tua voce, registrerei ognuna delle tue parole , per poterle sentire una e un’altra volta, infinitamente. Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti che ti vedo direi “ti voglio bene” e non darei per scontato stupidamente che tu già lo sappia.
    C’è sempre un domani e la vita ci offre un’altra opportunità per fare bene le cose, però se per caso sbaglio e oggi è tutto quello che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti voglio e che non ti dimenticherò mai.
    Il domani non è assicurato a nessuno, giovane o vecchio. Oggi può essere l’ultima volta che vedi coloro che ami. Per questo non aspettare più, fallo oggi, poiché, se domani non arriverà mai, sicuramente rimpiangerai il giorno in cui non prendesti tempo per un sorriso, un abbraccio, un bacio, e in cui fosti troppo occupato per concedere loro un ultimo desiderio. Tieni vicino a te coloro che ami, sussurra nel loro orecchio quanto hai bisogno di loro, amali e trattali bene, prendi tempo per dire loro “mi dispiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci.
    Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti. Chiedi al Signore la forza e la sapienza per esprimerli. Dimostra ai tuoi amici quanto sono importanti per te.
    GABRIEL GARCIA MARQUEZ

     
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    Addio a Garcia Marquez, scrittore
    magico. Tre giorni di lutto nazionale in Colombia


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    quez7

    Foto (Afp), Ansa, Reuters, (AP), (AFP),


    DI RICCARDO JANNELLO

    Il presidente colombiano Santos ha decretato tre giorni di lutto nazionale. La salma di Marquez sarà cremata.

    Città del Messico, 18 aprile 2014 - La salma di Gabriel Garcia Marquez, il grande scrittore colombiano morto ieri nella propria casa a Città del Messico, sarà cremata. Ad annunciarlo sono stati la moglie e i due figli, rimasti al suo capezzale, senza peraltro rivelare nulla sulle cause del decesso nè precisare se le spoglie dello scrittore 87enne saranno traslate in Colombia, come nei desideri di una parte della famiglia. La casa dello scrittore, che si trova a sud della capitale, nel quartiere San Angel, è stata assediata dalla stampa.

    Intanto, il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha decretato tre giorni di lutto nazionale in omaggio al premio Nobel, mentre lunedì una cerimonia di pubblica commemorazione si terrà presso il Palazzo delle Belle Arti nella capitale messicana, sua terra d'adozione da oltre trent’anni. Il capo dello Stato ha inoltre dato ordine di porre le bandiere a mezz'asta su tutte le istituzioni pubbliche. "Speriamo che i colombiani facciano altrettanto sulle loro abitazioni", ha commentato Santos.
    "Tutta la Colombia è in lutto per la perdita del nostro compatriota più ammirato e più amato di tutti i tempi", ha detto Santos. "E’ stato, e non sto esagerando, il colombiano che in tutta la storia del nostro paese ha portato il più lontano e il più alto possibile il nome della nostra patria", ha aggiunto il presidente.

    In serata, una veglia a lume di candela si è svolta ad Aracataca, il villaggio sulla costa del Mar dei Caraibi dove il premio Nobel per la Letteratura 1982 era nato il 6 marzo 1927, e che ispirò l’immaginaria località di Macondo, teatro di gran parte delle opere dell’artista. ‘Gabo’, come era chiamato popolarmente, è stato salutato da un assolo di tromba che ha brevemente rotto il solenne silenzio osservato dagli abitanti.

    L'INCIPIT - 'CENT'ANNI DI SOLITUDINE'



    Fonte:
    © http://qn.quotidiano.net/cultura/2014/04/1...z-morto.shtml#1,
    web,www.youtube.com,RAITVcultura
     
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