ISLANDA

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  1. gheagabry
     
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    "L’isola che si specchia nel ghiaccio vicino al Polo, come una sorta di terra sacra, una landa piena di fiordi e steppe, elfi e pietre runiche, villaggi in cui risuonavano antiche saghe."



    L'ISLANDA




    L'Islanda si trova in una posizione abbastanza isolata nel Nord dell'Europa, poco distante dal Circolo Polare Artico: circa 250 Km. ad est della Groenlandia, 400 Km. a nord ovest delle Isole Faroer, 800 Km. a nord della Scozia e 950 Km. a nord ovest della Norvegia. A ovest, il Nord America, è a 4000 Km. dalle coste islandesi. L'isola ha una superficie di circa 103.000 Kmq., pressappoco quanto il nord dell'Italia ed è abitata da circa 240.000 persone, metà delle quali vivono a Reykjavik e dintorni.
    Dal punto di vista geologico l'Islanda è la più giovane terra d'Europa, ne sono testimonianza i circa 200 vulcani, alcuni dall'ultima era glaciale che, nel corso dei secoli, hanno eruttato così tanta lava da coprire in tutto circa 12000 Kmq, cioè il 12% del paese. Di questi vulcani 50 erano attivi nel periodo in cui si ebbero i primi insediamenti umani, circa 1100 anni fa.
    L'Islanda è ricca di fenomeni derivanti dall'attività vulcanica: sorgenti e fiumi di acqua calda, pozze di fango bollente, solfatare, fumarole e geysir.

    ’Islanda è una nazione molto isolata geograficamente dall’Europa, ma anche molto vicina ad essa grazie alle invasioni vichinghe, danesi e norvegesi. L’Islanda è famosa per le sue saghe nordiche, i cui personaggi di fantasia cavalieri, principi e principesse guerriere, elfi, spiriti, troll, fate, folletti, gnomi, nani e angeli. L’Islanda sotto certi aspetti può essere un Paese curioso, ad esempio a parte quelli risalenti all’epoca coloniale, in Islanda non esistono veri e propri cognomi, ma vengono costruiti attraverso il sistema patronimico cioè quello in cui si usa il nome del padre e al quale viene aggiunto il suffisso son (figlio) o dottìr (figlia). Esiste una specie di cavalli che solo Islanda si è mantenuta pura ed è quella del cavallo Islandese, un robusto equino non tanto alto e molto pittoresco affiancato al paesaggio locale. I piatti tipici locali non sono molti ma sono curiosi e abbastanza elaborati:brennivìn, grappa fortissima ricavata dalle patate; hverabrauð, pane scuro e saporito, cotto per mezzo del calore geotermico; lundi, la graziosa pulcinella di mare che fatta arrosto, viene portata in tavola; svið, testa di pecora senza cervello,bollita e mangiata; skyr, yogurt islandese, mangiato con zucchero o frutti di bosco; slàtur, miscuglio di frattaglie ovine insaccate in budello di pecora e cucinate; hàkarl, carne di squalo putrefatta tenuta sottoterra a stagionare, indicata per chi ha lo stomaco robusto. La religione predominante è quella luterana ma esiste anche una piccola minoranza cattolica: la popolazione islandese che professa una religione che non sia una di quelle sopraelencate praticamente nulla."




    ....un po'di storia....



    Dell’Islanda, la “Terra del ghiaccio”, non si sente mai parlare. A volte ci si dimentica perfino che in Europa c’è anche quell’isola, lassù a sinistra nella carta geografica. A dire il vero, l’Islanda, essendo la principale delle poche emersioni della Dorsale Atlantica, fa parte sia della placca continentale europea che di quella americana, e questa singolare linea di confine passa per il luogo più carico di significati per un popolo di circa 300.000 anime (compresi circa 18.000 stranieri: tra cui i polacchi e i lituani sono la maggioranza): il Thingvellir, ovvero la “Piana del Thing”, l’assemblea degli “uomini liberi” che nel 930 decisero che non si sarebbero mai sottomessi all’autorità di un re. Per questo gl’Islandesi si fregiano del titolo di primi a darsi un Parlamento, un’assemblea generale di tipo “barbarico”, normale in contesti nord-eurasatici fino ad epoche recenti, la quale ha avuto anche il primato di giungere fino a noi, a parte un periodo tra la fine XVIII e l’inizio del XIX durante il quale venne chiusa. dopo pochi decenni dal primo insediamento pianificato ad opera di Ingólfur Arnarson, quest’assemblea che attribuiva a 48 ‘augusti’ il potere legislativo senza che le leggi venissero fissate per iscritto, e alle famiglie – come in tutti gli “ordinamenti barbarici” - quello esecutivo, rappresenta ancora un grande motivo d’orgoglio per una popolazione molto attaccata alle proprie tradizioni; al punto che – complice anche l’affinità dell’islandese con l’antica lingua dei Vichinghi – un islandese di oggi è in grado di leggere i poemi epici del proprio popolo, l’Edda di Snorri Sturluson, manuale per aspiranti scaldi (poeti presso le corti scandinave ed islandesi) scritto in norreno tra il 1222 e il 1225 (ma giunta a noi solo in manoscritti redatti dal 1300 al 1600)!
    L’Islanda fu terra di approdo per coloni provenienti dalla Norvegia e dalle isole britanniche dalla metà del IX secolo (più confuse, anche se accertate, sono le notizie relative ad una precedente colonizzazione da parte di monaci irlandesi, per non parlare dei ritrovamenti di monete romane).




    “l’Islanda ti prende l’anima, quasi a tua insaputa, e non te la restituisce più tutta per intero: un piccolo pezzo rimane lì, tra i vulcani e i ghiacci, per sempre”



    "Ci sono viaggi che nascono da un’urgente voglia di scappar via e viaggi che muovono i primi passi su precoci libri di geografia, quando una vertigine di bambino ti coglie pensando ad un’isola lontana, posta lassù in alto vicino al Polo Nord. Quando la cultura è in formazione i punti cardinali sono oggetti misteriosi e le categorie dell’alto e basso, del su e giù omaggiano di maggiori suggestioni le terre remote. Con il passare degli anni documentari e rari film ti precisano meglio l’oggetto di un desiderio nascosto ed inconfessato, perché ancora in nuce: poi un’iperbole fatta di discorsi da pub e suoni che hai iniziato ad amare ti spinge sempre più verso quel posto e quando son cadute tutte le remore ti ritrovi con i biglietti aerei in tasca ad un concerto dei Sigur Ros, con la beffarda arroganza di chi sa che 3 giorni dopo sarà a casa loro. Due ore e passa di musica che ti avvolge morbidamente dall’alto come un’aurora boreale lasciandoti un senso d’evento (d’Avvento?) ti palesano il corto circuito emozionale che si sta realizzando nella tua testa e finalmente ti è chiaro tutto il percorso che ti ha portato all’aeroporto internazionale di Keflavik, Islanda.
    La terra che ti appare all’improvviso dal mare è la brulla Reykjanes, intenso assaggio dei pavimenti lavici d’Islanda: un po’ ti spaventa e un po’ ti incuriosisce, come la fredda pioggerella che ti accoglie una volta sbarcato a suonarti la sveglia dall’umido torpore cui l’Italia ti aveva abituato. Ma il calore in Islanda è sempre dietro l’angolo: nelle “celesti” acque della vicina Laguna Blu, come nelle centrali geotermiche che alimentano queste piscine e la fame di energia pulita dei 300.000 abitanti di questo paese. Pochi, simpatici ed attivi: questi sono gli islandesi che si concentrano in massima parte nella capitale Reykjavik, sorta di villaggio di pescatori ipertrofizzato con ambizioni (ben riposte) di futuro polo economico e culturale internazionale. Nella città si spende tanto, per tutto, arte compresa. Installazioni e sculture di artisti locali sono ovunque: architetture particolari e fontane ad ogni angolo. Si sentirà molto parlare di questo posto nel futuro, siatene certi. Pochi ed attivi dovevano esserlo anche nel passato gli islandesi: in più erano già democratici, visto che la spianata di Thingvellir li ospitava durante il primo parlamento della storia nel 930 dopo Cristo. Del resto quando devi confrontarti con la potenza ad orologeria del vicino Geysir e la furia del contiguo Hekla comprendi che le decisioni è meglio prenderle oneste e condivise, magari riflettendoci sotto i riflessi dorati della maestosa cascata di Gullfoss.
    Peccato che la luce latiti spesso da queste parti (pur tramontando, accidenti, alle 23 e 30) perché lo Snaefell sarebbe un bel vedere dalla capitale, posto così com’è alla fine dell’omonima penisola: il vulcano ghiacciato che Verne considerava l’esofago di Gaia, è un’inquietante magnetica presenza dietro le nubi. Sopra, le nubi, quando gli si soggiace visitando la grotta di Songhellir, ed i neri faraglioni di Djupalonssandur: qui giocando con le pietre dei pescatori si riscoprono antichi riti di iniziazione a mestieri difficili, complessi come la dinamiche della furia della lava che crea gli enormi crateri di Holaholar. La natura qui regna, ti schiaccia moralmente come le sue nuvole a non più di 100 metri d’altezza: scopri di continuo terre parallele e misteriose, a tratti te le inventi. Quando sono reali come i remoti Fiordi Occidentali non ti basta il tempo e l’attrezzatura per conoscere il limite di quello che questa terra ti concede di esplorare: quando te le inventi sono Svalbard, Francesco Giuseppe, Severnaya Zemlya"
    - R.Esposti -



    "La natura islandese sa essere sconvolgente, quasi inquietante, ma anche dolce, quasi da quadretto. Come la Skógafoss, la cascata di Skógar (nel cui Museo delle tradizioni popolari è conservata una moneta... araba!), dove sta lì a completare la scena, quasi dipinto, uno spettacolare arcobaleno… o la piccola Svartifoss (la “Cascata nera”), inscritta in un singolare anfiteatro di colonne basaltiche; ma altre cascate, come la Gullfoss, mettono i brividi a chi, con un po’ d’incoscienza, vi si mette accanto per ascoltarne il fragore assordante… ricordo distintamente questa sensazione: l’acqua che scorre rapida ed impetuosa come la vita… poi il salto, e tutto sparisce là in fondo, nell’oblio… la morte: ma a valle, dietro una cortina d’acqua nebulizzata come le anime ripullulanti, illuminata da un raggio di sole, s’intravede la vita che riprende a scorrere, ma lenta e quieta… "





    ........Thule.........



    Il termine “Thule” viene utilizzato la prima volta dall’esploratore greco Pitea (Pytheas) per indicare un territorio allora sconosciuto raggiunto dopo circa sei giorni di navigazione in direzione nord partendo da quello che oggi è il Regno Unito.
    I diari di viaggio della spedizione intrapresa dall’esploratore greco, partito da Marsiglia tra il 330 a.C. e il 325 a.C. sono probabilmente i documenti nei quali deve essere apparso per la prima volta un termine specifico per definire quella che oggi è conosciuta come Islanda.
    Questa approssimazione è dovuta al fatto che non è rimasta traccia di tale documento (il cui titolo originario era "Intorno all'Oceano”) se non su testi di altri studiosi che di esso ne hanno riferito i contenuti. La maggior parte degli scienziati dell'antichità infatti non credettero al racconto di Pitea e alla descrizione della prima osservazione dei fenomeni di buio e luce prolungati (i sei mesi invernali e i sei mesi estivi) ad esclusione dei geografi e matematici come Eratostene ed Ipparco che erano già giunti in via teorica alla conoscenza astronomica dei movimenti della volta celeste e dell’inclinazione dei raggi solari a seconda delle stagioni.
    Sono state fatte altre ipotesi riguardanti la possibilità che il termine Thule si riferisca alla isole Shetland piuttosto che alle isole Faroe, all’isola di Saarema o alla città di Trondheim (Norvegia), ma le descrizioni di quella terra “di fuoco e di ghiaccio nella quale il sole non tramonta mai” sembrano calzare quasi a pennello alla nazione islandese.
    Col tempo gli stessi Romani utilizzarono il termine “Ultima Thule” per indicare tutte le terre aldilà del “mondo conosciuto” e da qui il termine ha sempre rappresentato più un idea che un luogo geografico ben definito. Con il passare del tempo è stato associato finanche a contrastanti miti quali Atlantide, lo Shangri-La hymalaiano, la terra misteriosa popolata dagli Iperborei o a terre remote e poco conosciute dell’area sud groenlandese.
    Questa breve premessa ci introduce ad un argomento ben più recente e che riguarda le ipotesi che di questa terra si faccia chiara e specifica menzione all’interno dell’opera Dantesca della Divina Commedia.
    "Tibi serviat ultima Thyle" ( Virgilio, Georgiche, libro I, 30).
    Con questo verso Virgilio, invocando l'ultima Tule, voleva augurare a Ottaviano di espandere il suo impero sino alle favolose terre del più remoto settentrione.
    L'individuazione geografica di questa isola nordica non ha mai trovato sino ad ora una risposta sicura ed univoca. Grazie alla decodifica di alcuni versi della Commedia secondo un codice basato sulla cartografia è ora possibile individuare nell'Islanda l'ultima Tule. Ai versi 52 e 53 di Purgatorio XXXIII è possibile individuare un gioco di parole la cui soluzione è data due versi dopo: TULE, la mitica terra del nord. TU-LE è al verso 55 : alla distanza di 55° in longitudine dal meridiano di riferimento del tempo, quello di Gerusalemme, si trova l'Islanda. Non può trattarsi di casualità, la combinazione delle 2 sillabe TU-LE compare solo due volte nei 14.233 versi della Commedia.



    Il geysir...Vapore tutt’intorno
    Nubi basse e vento ..Il contorno tiepido della cavità
    Espande il desiderio..Emerge bruciante..Si ritrae dubbioso
    Nel calore profondo ...Silenzio..Attesa
    Bollente si riaffaccia..Dai bordi travasa..Rientra ma per poco
    Il fiato è trattenuto..Ma non la sua esplosione
    Prevista eppure sorprendente e magica.
    - barbara portasale -





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  2. gheagabry
     
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    A proposito di Islanda, la terra senza dèi




    Quando tornai a Roma da Reykjavik, gli amici mi chiesero: «L’Islanda è bella? Ti sei divertito?» Ora, l’Islanda non appartiene alla categoria della bellezza: la bellezza è una cosa divina, o umana, o di una natura fatta a somiglianza dell’uomo e di Dio.

    Mentre l’Islanda non conosce i nostri dèi, forse nessun Dio, e non fa parte nemmeno, come diceva Manganelli, della natura. Consiglio a tutti, poveri e ricchi, un viaggio in Islanda. Andarvi è un’esperienza sconvolgente e tragica, che non assomiglia a nessun altro viaggio. All’inizio del ventunesimo secolo, uno vi trova le origini della terra, la fine dell’universo, le metamorfosi dei vulcani, gli incubi della natura e dell’uomo, l’Ade, gli abissi, i miracoli dell’acqua e del fuoco. Per due o tre settimane, supera tutti i limiti e le difese, che la cauta mente dell’uomo ha costruito nei secoli tra sé e l’ignoto.

    Se vogliamo comprendere questo paesaggio sconvolgente e teatrale, dobbiamo rileggere la Genesi: secondo la Bibbia e secondo la mitologia nordica. In entrambe, esistono due creazioni. Nella prima creazione biblica, al principio, anzi prima del principio, c’è qualcosa: tenebre e vuoto e deserto e abisso e la superficie delle acque, sulla quale aleggia il soffio di Dio. Molto più tardi, non sappiamo quando, avviene la seconda creazione. Dio crea dal nulla, con la parola, la luce. Crea dal nulla il firmamento, il sole, la luna, le brulicanti creature del mare, i volatili, gli animali della terra, l’uomo: separa la luce e la notte, l’acqua e la terra, e invita la terra, madre dei viventi, a generare germogli, l’erba verde, l’albero da frutto. Sebbene abbia utilizzato la materia della prima creazione, la seconda è radicalmente nuova: i gesti di Dio obbediscono a un ordine e a un’armonia, mirano a un fine. Da queste pochissime pagine (come dall’idea greca di cosmo), dipende l’immagine occidentale della natura.



    La Genesi nordica è profondamente diversa. Anche qui, c’è una prima creazione. All’inizio dei tempi, «quando nulla esisteva, non c’era sabbia né mare né fresche onde; non c’era la terra né il cielo lassù, c’era il baratro degli abissi, ma non c’era l’erba»; su questo baratro non aleggiava nessuno spirito di Dio, perché nella mitologia nordica gli dèi non sono eterni né nascono all’origine dei tempi, ma dopo. Vicino al baratro, qualcuno (non sappiamo chi) creò due mondi, egualmente mostruosi e malvagi: uno, che occupa il Nord, è la dimora del freddo, dell’umido, del buio e del velenoso; l’altro, nel Sud, della luce violentissima, del fuoco e del caldo insostenibile. La vita nasce dall’incontro tra questi estremi negativi: la brina gelida del Nord incontra il venticello caldo del Sud; si scioglie e gocciola, dando origine a ciò che vive.

    Il primo frutto di questa goccia è un gigante, Ymir: da lui, generazione dopo generazione, nascono gli dèi, tra i quali Odino, che discendono dunque dal Mostruoso. Poi gli dèi uccidono Ymir e con lui, tranne uno, la stirpe dei giganti. Alla fine, creano il mondo, il nostro mondo attuale, o almeno quello in cui vivono gli islandesi. Questa è la seconda creazione: ma, a differenza della biblica, quella nordica viene fabbricata interamente con gli elementi della prima creazione: il baratro degli abissi, gli spazi del gelo e del fuoco, la goccia originaria, il corpo dei giganti. Col capo di Ymir viene fatta la terra, col sangue il mare e le acque: con le ossa le montagne, con i denti anteriori e i molari le pietre; col cranio, la volta del cielo: con le sopracciglia, un recinto al centro del mondo, che accoglie la stirpe umana; col cervello le nuvole.



    Questo paese è l’Islanda, dove il mare è il sangue dei mostri, la terra la carne, le montagne le ossa, le pietre i denti, e persino il cielo e le nuvole ricordano il cranio e il cervello di Ymir. Non c’è traccia di dèi, nemmeno di Odino: gli dèi, qui, non sono ancora nati, o nessuno li ha mai visti; tutto è caos, violenza, ghiaccio e fuoco, sia pure pietrificato. Il ghiacciaio maggiore, il Vatnajökull, è vasto come l’Umbria: poi ci sono gli altri, lo Snaefallsjökull, il Langjökull, lo Hofjökull, il Myrdalljökull, residui di un’antica calotta glaciale che ricopriva tutta l’Islanda. La cosa singolare è che molti ghiacciai hanno un vulcano o più vulcani nel ventre: qualche volta, il vulcano sta ancora più in fondo, sotto la superficie del mare. Non si capisce subito quale sia il rapporto tra il ghiacciaio e il vulcano. Talvolta sembra che il vulcano, annidato nelle profondità, voglia soltanto distruggere il ghiacciaio: la violentissima eruzione della lava scioglie il ghiacciaio, che crolla su sé stesso, come un enorme mostro impaurito e indifeso. In realtà ghiaccio e fuoco sono complici: la lava ardentissima e l’acqua sciolta si uniscono, si fondono in un’immensa onda di piena, che può raggiungere settanta metri, devastando la terra e minacciando l’Oceano.

    Il viaggiatore che attraversa l’Islanda, ammira in primo luogo l’immaginazione del fuoco, o della natura vulcanica. In nessun paese che abbia visto, certo non in Europa, ho mai incontrato una fantasia così grandiosa: trovo paragoni solo in letteratura; in Shakespeare, questo poeta di ghiaccio e di fuoco. Come dicevano i greci, la natura gioca; e giocando assume tutte le forme e i colori: umana, disumana, sovrumana. Non c’è altro che metamorfosi ininterrotta, che per un momento si è placata: ma che ha appena ripreso le sue invenzioni, visto che cinquant’anni fa un’isola è uscita all’improvviso dal mare, e ciò che accade in questi giorni. Qui non c’è quasi roccia o pietra, che consideriamo l’elemento più solido, ma sopratutto lava: fuoco trasformato e pietrificato.



    Il primo mutamento è il più semplice: la spaccatura. Dovunque profondissime e lunghissime fessure e crepe si aprono nel suolo: formano gallerie e tunnel: scendono fino negli abissi; sotto, l’acqua è caldissima, centinaia di gradi, ed esalazioni e fumi impennacchiano la terra, come per ricordare la presenza del fuoco. [...]

    Quanto ai colori, non è facile comprendere cosa la natura vulcanica preferisca. Perché ora sceglie il nero più desolato e sinistro: per decine di chilometri, si avanza in deserti di cenere e pomice, dove nemmeno un lichene può crescere, e che nelle giornate di cielo sereno scintillano come una pianura vetrificata. Nulla è più terribile di una regione non lontana da Reykjavik, dove i monti sono neri, la pianura nera, la strada asfaltata nera, e lungo la strada sono disposte tubature moderne, che portano l’energia termica a Reykjavik, in una mostruosa unione tra prima creazione e tecnica moderna. Qualche chilometro più in là, lo spettacolo è completamente diverso. Il fuoco ama i colori: le distese di fango bollente non hanno una tinta omogenea, ma sono marrone scuro, giallo ocra, rosa, rosso, violetto, blu-grigio, arancione o quasi bianco: tinte ora più tenere ora più accese, come se quel fango bollente fosse la tavolozza abbandonata da un grande pittore – suppongo Tiziano –, che si è nascosto nel cuore del fuoco.

    Come tutti sappiamo, il fuoco ama gli spettacoli del teatro: il suo istinto principale è scenografico. Così il vulcano e il terremoto abbassano gli strati del basalto: creano dislivelli; e di lì si gettano acque, le cascate. Ora sono plumbee, come Dettifoss, che sembra annunciare la fine del mondo: ora sono luminose e scintillanti, accompagnate da un vibrante e sonoro arcobaleno, come Gullfoss.

    Quanto ai geyser, il fenomeno più popolare dell’Islanda, inventando i geyser, la natura vulcanica mostra il suo lato buffonesco e fanciullesco: si prende gioco di sé: assomiglia a un acrobata sulla rete, a un clown che salta su sé stesso, a un soprano che gorgheggia per il suo pubblico estasiato. Quando si va a Strukkur, vedi una pozza, che ogni tanto romba e gorgoglia e borbotta e brontola, tale è la forza di espansione che la possiede. Per un po’ tace: lancia un potentissimo getto d’acqua surriscaldata e di vapore, che raggiunge i settanta metri: torna a nascondersi per dieci minuti; e infine lancia un nuovo getto, che questa volta fallisce o riesce a metà, come se l’acrobata avesse sbagliato il salto, cadendo goffamente nella rete. Non credete troppo ai geyser: sono un’esibizione da circo, dietro la quale il terribile fuoco si nasconde.

    Mi impressionano molto di più le creazioni di forme, nelle quali la natura anticipa l’arte, oppure la segue, come se volesse dimostrare che natura e arte sono la stessa cosa, che anche il fuoco ha i suoi Fidia, i suoi Bosch, Michelangelo e Rembrandt e Goya e Doré. Questo desiderio della forma percorre, senza tregua, la vita del mondo, attraverso decine di migliaia di anni, fino ad oggi. [...]

    A Dimmuborgir, presso il lago Mývatn, trionfa follemente il grottesco e il contorto. Le invenzioni della lava, che hanno appena duemila anni, rivelano forme zoomorfe, come orribili animali delle origini o grifoni araldici del Medio-Oriente o lupi o balene, collegati fra loro in intrecci fantastici. Sembrano palazzi romanici appena crollati, o cattedrali del tredicesimo secolo, con portali arcuati in colori diversi. Spesso, in mezzo alla lava, c’è un grande foro, come se la natura ci invitasse a vedere qualcosa aldilà – non sappiamo se acque, nuvole o uccelli, o mostri.

    Talvolta, la costruzione si arresta a metà, perché il fuoco, come Michelangelo vecchio o Rodin, ama il non-finito.
    Noi tutti pensiamo che la lava sia sterile e desolata: la cosa più sterile della terra; e certo le pianure di cenere e pomice escludono perfino la più lontana ipotesi che una goccia di vita possa fertilizzarle. Così pensava Leopardi nella Ginestra, davanti ad un altro vulcano, il Vesuvio. Ma aveva torto. La lava recente è sterile: ma se passano migliaia o decine di migliaia di anni, il veleno del magma si attenua, si forma uno strato di terra, e la lava si copre di coltri foltissime, umide e dolcissime di muschio, come se il fuoco pietrificato fosse la vera sede della umida vita. [...]

    Il fuoco apre anche le porte dell’oltretomba. Nel settentrione del paese, il lago Mývatn deriva il suo nome dalle mosche e dai moscerini, e ricordiamo che anche Belzebù, re dell’oltretomba, è il signore delle mosche. Intorno ci sono vulcani attivissimi, laghi azzurri nei crateri, solfatare colorate, magma recentissimo che avvolge da ogni parte una chiesa di lava: fumi escono dalle spaccature, la terra romba di continuo. C’è un’aria di continua minaccia. Il lago, che comprende cinquanta isole e isolotti, per lo più pseudocrateri, è perennemente avvolto dalla nebbia e dal silenzio: tutto è grigio, opaco, immobile, senza luce; il silenzio è rotto soltanto dalle grida degli uccelli acquatici, dagli squittii delle piccole papere che cercano di risalire il fiume Laxá e dal fruscio dei moscerini invisibili; ma questi gridi e fruscii rendono più immortale il silenzio. Fra poco – pensiamo – arriveranno gli spettri dell’Ade che appaiono nell’Odissea. Ma questo Ade islandese non allontana la vita: la attrae; e centinaia di uccelli, migliaia di trote e di salmoni nuotano verso il regno della morte, dove a maggio e giugno si schiudono i ditteri.


    (pietro Citati)




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  3. gheagabry
     
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    Skaftafoss, Islanda



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  4. tomiva57
     
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    Harpa – Reykjavik Concert Hall and Conference Center

    by Beatrice Vegetti, Wednesday 2 March 2011


    Come un iceberg argenteo, la nuova Harpa – Reykjavik Concert Hall and Conference Center galleggia silenziosamente sulla baia del golfo Faxaflói della capitale dell’Islanda. Il gelido e solido blocco traslucido è immobile sulla superficie dell’Oceano Nord Atlantico; emerge dalla sua estensione liquida statica, acquistandone il carattere inerte. La massa ghiacciata del nuovo complesso musicale [...]
    Come un iceberg argenteo, la nuova Harpa – Reykjavik Concert Hall and Conference Center galleggia silenziosamente sulla baia del golfo Faxaflói della capitale dell’Islanda. Il gelido e solido blocco traslucido è immobile sulla superficie dell’Oceano Nord Atlantico; emerge dalla sua estensione liquida statica, acquistandone il carattere inerte. La massa ghiacciata del nuovo complesso musicale è frastagliata come fosse un cristallo, ma il profilo discontinuo dei volumi architettonici non è in questo caso sinonimo di dinamicità. Il progetto di Henning Larsen Architects, che sarà ufficialmente inaugurato il 4 maggio 2011, è monolitico; una caratteristica non certo raggiunta grazie all’utilizzo di forme geometriche semplici o tantomeno pure. I parallelepipedi sono inclinati, le facciate piegate con differenti pendenze. I contenitori dell’esteso programma funzionale richiesto ricordano un caso affine realizzato una decina di anni fa a nord della Spagna, il Kursaal di Rafael Moneo. Entrambi i progetti giocano sulla metafora dell’ossimoro per delineare volumi dai silenzi eloquenti: trasparenze opache e unitarietà frammentata sono sintetizzati entro le sagome di queste architetture che tentano di divenire parte del sito in cui sono collocate, del paesaggio naturale circostante. E che proprio per questa loro simbiosi acquistano il ruolo di punto di riferimento, fondamentale per la ridefinizione e l’evidenziazione di nodi strategici del tessuto urbano. Così La Harpa – Reykjavik Concert Hall and Conference Center è un elemento nevralgico del circuito pubblico della capitale e restituisce una piazza aperta in prossimità dell’ingresso ed un foyer accessibile, una sorta di anello intorno alla sala concerti principale. L’auditorium maggiore, una spaziosa sala di ingresso, sale riunioni, bar, ristoranti, sono delimitati dalla facciata cristallina ideata dall’artista danese Olafur Eliasson in collaborazione con Henning Larsen Architects. La pelle è concepita come una complessa maglia metallica tridimensionale, un guscio mutuato dalle immagini delle colonne di basalto tipiche islandesi, una rete a nido d’ape nella quale sono contenute le piastre di vetro colorate irregolari. L’illuminazione notturna non fa che tramutare l’involucro caleidoscopico in un corpo dotato di un chiarore diffuso, omogeneo e tenue. E si ritorna all’iceberg, al suo bagliore argenteo, alla sua fredda e seducente presenza.


    Harpa_Lobby

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  5. gheagabry
     
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    L'Islanda è un'isola dove la vita è concentrata in un anello costiero di 6000 km circa che racchiude una vasta zona di montagne e altipiani disabitati. E' un paese in cui, a dispetto di ogni logica, acqua e fuoco convivono in buona armonia. Anche se è vicinissima al Circolo Polare Artico, l'Islanda gode di un clima relativamente mite.
    E' patria di Vichinghi, ma la percentuale di persone con occhi e capelli scuri è più elevata che tra gli altri popoli nordici. Fa parte delle regioni dell'estremo nord, eppure non vi è la minima traccia di eschimesi con gli occhi a mandorla. In altre parole, è un paese da molti misteri e paradossi, tale da incuriosire e suscitare vivo interesse.
    Ai nostri occhi, per prima cosa, s'impone tuttavia la strana bellezza di questa isola senza alberi, dagli orizzonti sconfinati, di questo paese abitato da uccelli selvatici e ricco, in alcuni punti, di una vegetazione esotica; oltre ai magnifici ghiacciai sospesi e ai getti dei geyser ci sorprende anche il contrasto stupefacente tra estate, in cui il giorno dura ventiquattro ore, e l'inverno con le sue notti lunghe venti ore.
    Vero capriccio della natura, l'Islanda subisce ogni cinque anni circa una eruzione vulcanica, per non parlare dei terremoti. La storia geologica dell'isola è costellata di terribili catastrofi che decimavano il bestiame e condannavano parte della popolazione a morire di fame. Questo oggi non succede più; gli islandesi, anzi, invece di farsi prendere dal panico, hanno cercato di trarre profitto dalla natura vulcanica dell'isola. Le abitazioni, per il 50% sono riscaldate per mezzo dell'acqua calda che scaturisce dal sottosuolo.



    Le scosse ripetute, brutali ma raramente pericolose, il continuo vomitare fuoco dal sottosuolo hanno una spiegazione. Geologicamente, l'Islanda è ancora una regione giovane, di recente formazione, con le sue crisi di crescenza e di assestamento, provocate dai continui movimenti tettonici. Il vulcanismo è attivo, testimoniato da duecento vulcani, successivi al periodo glaciale, dei quali almeno trenta sono entrati in attività dopo l'insediamento nell'isola dei primo coloni giunti dalla Norvegia nel IX secolo.



    Una terra di fuoco i cui vulcani anche di recente hanno squarciato ed eroso i ghiacciai, scavando valli, mandando in frantumi le nere pareti di roccia. Come meno di cento anni fa quando si è risvegliato l'Askja e le sue colate di lava hanno sepolto le pianure coltivate dagli uomini, rendendo spogli i declivi e distruggendo i villaggi. Poi, anche il Laki si è messo in attività e non una sola bocca, ma tutti i suoi crateri hanno incominciato a tuonare, eruttando una colata di fuoco di 20 km, un mare adente che trascinava un miliardo di metri cubi di lava, estesasi su un'area di ben 565 kq , e seppellendo i villaggi, spazzando via per sempre il monastero un tempo pieno di vita di Kirkjunaejarklaustur, dove i romanci e i saggi trascrivevano gli Edda, le raccolte delle leggende dei popoli del Nord. E infine l'Hekla che, in questo strano Olimpo di montagne rombanti, rappresenta Giove. L'Hekla (1550 metri) è, tra i vulcani islandesi il più famoso. Durante il Medio Evo i cattolici ritenevano che fosse la dimora dei dannati. Dopo l'eruzione del 1104, al prima di cui si abbia notizia, che ha devastato intere regioni l'Hekla si è risvegliato altre quindici volte, e sempre di pessimo umore. All'inizio dell'eruzione del marzo del 1947 la colonna di fumo raggiunse i 30 km di altezza e la lava seppellì una zona di 65 kmq. L'eruzione durò tredici mesi. Quella del 1970 durò due mesi.
    (Delfino Sartori)




    Kjölur

    E' la seconda strada per lunghezza che percorre la zona degli altopiani d'Islanda. Il suo tempo medio di percorrenza in automobile si aggira attorno alle cinque ore. Ha inizio nel Sud dell'Islanda vicino Haukadalur e subito oltre la cascata Gullfoss e finisce a Nord nei pressi di Blönduós. La strada attraversa la parte interna compresa tra due ghiacciai, il Langjökull e lo Hofsjökull.
    Come la Sprengisandur, questa pista era probabilmente già nota al tempo dei primi insediamenti in Islanda ed è menzionata nelle sage islandesi. A Ovest dell'attuale strada, si delinea il vecchio percorso Kjalvegur, ancora oggi utilizzato come pista da trekking o per carovane a cavallo.
    Mucchi di pietre segnalano la vecchia strada attraverso il deserto degli altipiani. Dopo la morte di qualche viaggiatore sorpreso dalla bufera di neve alla fine del diciottesimo secolo, la Kjölur fu del tutto inutilizzata per circa cento anni. È stata quindi riscoperta nel diciannovesimo secolo.
    Oggi, i turisti percorrono questa strada frequentemente, dal momento che la pista non richiede l'utilizzo di un veicolo a quattro ruote motrici e non vi è la necessità di guadare nessun fiume particolarmente grande.
    Al margine settentrionale della Kjölur, vicino al fiume Blanda, le sorgenti calde di Hveravellir formano un'oasi riscaldata. Nel diciottesimo secolo, il fuorilegge islandese Fjalla-Eyvindur utilizzò le sorgenti calde Hveravellir come rifugio. Un preciso punto di quest'area è tuttora zona balneabile.




    foto di Orsolya e Erlend Haarberg
     
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    Girato dal fotografo spagnolo Bernat Eguiluz durante un viaggio in Islanda, Iceland mostra i luoghi più belli dell’isola, in time-lapse.

    "Uno dei miei posti preferiti dell’Islanda è la parte sud, dove ci sono ghiacciai e cascate. L’area del lago Myvatn è meravigliosa. Questi però non sono gli unici posti belli; tutta l’Islanda è unica."[

     
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    Fotografia di Orsolya e Erlend Haarberg

    Quando il vulcano di Hverfjall eruttò 2.500 anni fa, nessuno se ne accorse perché l'Islanda era disabitata. Una sera di marzo, la fotografa Orsolya Haarberg ha colto il vento abbattersi sul sottile strato di ghiaccio del lago Mývatn: la neve smossa ha creato una sorta di percorso che sembrava condurre al cratere.

     
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    L'ISLANDA VISTA DALL'ALTO











    www.airpano.com/
     
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  9. gheagabry
     
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    In volo sull'Islanda

    Fiumi, vulcani, montagne, coste rocciose, località termali, lava e ghiacciai: l'Islanda, con i suoi paesaggi naturali che sembrano usciti da uno scenario alieno, è una terra che incanta. Per visitarla non serve aspettare le prossime ferie: basta sfogliare questo incredibile reportage dall'alto realizzato dal fotografo italiano Sandro Santioli.

    di: Elisabetta Intini

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    I rami del fiume
    Due estati consecutive, due amici fotografi, una sfilza di piccoli aerei a noleggio e oltre 70 ore di scatti dall'alto: sono questi gli ingredienti di "Iceland from above", il progetto di fotografare l'Islanda dal cielo che ha portato, tra il 2009 e il 2010, il fotografo italiano Sandro Santioli nella terra di vulcani e ghiacciai. Insieme a una collega americana, l'esperto di paesaggi ha sorvolato le aree più impervie e incontaminate del paese europeo per catturare una serie di panoramiche mozzafiato. Ecco una selezione delle più belle.

    Non è un albero ma il corso del fiume Hvita con relative ramificazioni, quello immortalato in questa foto scattata dal finestrino di un Cessna. L'intesa con il pilota è fondamentale per la buona riuscita delle foto, come spiega Santioli: i due devono infatti comunicare via radio per cercare insieme l'inquadratura ideale. L'occhio allenato del pilota, inoltre, può notare dettagli che ad altri sfuggono.


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    Tutti i colori della tavolozza
    L'area geotermale di Námafjall, con fumarole, piscine di fango e solfatare. Vista dall'alto la località assume forme quasi astratte, che sembrano create ad arte dalla mano di un pittore.


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    Effetto marmorizzato
    I piccoli e numerosi specchi d'acqua di Landeyasandur, nella zona del lago Mitvar, a nord del paese.


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    L'incanto del fiume
    L'area del fiume Tungnaá, nelle colline meridionali del paese.


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    Oltre le apparenze
    Un'altra veduta del fiume Tungnaá. «Il mio obiettivo non è dipingere la realtà nelle sue forme pure e semplici» precisa Santioli «piuttosto, mi propongo di trasformare questa versione della realtà in una forma che incoraggi un'interpretazione più soggettiva. Un paesaggio può esistere contemporaneamente in una dimensione fisica e allo stesso tempo esercitare un forte potere evocativo».
    Sandro Santioli


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    Bianco latte
    Uno dei luoghi preferiti dell'autore dello scatto: la Laguna Blu, un'area situata a 39 km dalla capitale Reykjavík e caratterizzata da una piscina termale dalle acque calde (37-39 °C) ricche di zolfo, silicio e altri minerali. Immergersi è considerato un vero toccasana per alcune malattie della pelle. «Vista dal basso non ha gli stessi colori e la stessa densità che vista dall'aereo. Dall'alto sembra quasi che i bagnanti siano immersi in un gigantesco lavandino pieno di latte. Le teste e i corpi che escono dall'acqua danno quasi un senso di astrazione. Ciò che ci riporta alla realtà è il bar che serve cocktail agli ospiti».




    fotografia di Sandro Santioli
    focus.it
     
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    BLUE LAGOON LA SPA GEOTERMICA DELL'ISLANDA


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    The-Blue-Lagoon-by-Ben-Husmann



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    Collocata nel mezzo di un deserto di lava e muschio, tra Keflavik e Reykjavik, è uno dei luoghi più interessanti da vedere in Islanda. Situata a 40 km da Reykjavik, la Blue Lagoon ("Blaa Lonid" in lingua islandese) è una distesa di acqua dolce dai riflessi color acquamarina. E’ un lago artificiale alimentato dagli scarichi di una centrale geotermica che attinge da una falda acquifera a 240°C a 200 km al di sotto della superficie della terra. Con il suo decoro lunare di campi di lava e di licheni appena visibili attraverso un alone di vapore, il luogo risulta assolutamente incantevole. Gli islandesi e i viaggiatori si recano qui regolarmente, prima di tutto per il piacere di sguazzare in un'acqua deliziosamente calda - temperatura compresa tra 36°C e 40°C - ma anche perché a quest'ultima vengono prestate virtù curative dell'eczema e della psoriasi.


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    Blue-Lagoon


    Ciò che la maggior parte delle persone si chiede è perché mai qualcuno dovrebbe pensare di costruire una spa geotermica lì così lontano da tutto. Il primo motivo è, naturalmente, che l'acqua calda del sottosuolo si trova lì, appena sotto il campo di lava. Il secondo motivo è che nessuno in realtà ha mai pensato di costruire un centro benessere lì: Blaa Lónið nasce casualmente quando molte persone ci si recavano ignorando i segnali di pericolo. Blaa Lónið ha una reputazione di essere un po '"turistica" e non c'è da stupirsi, dato che è un luogo molto popolare da visitare. Non è l'unica spa geotermica in Islanda, ma ciò che lo rende particolarmente adatto ai turisti è la sua posizione nei pressi dell'aeroporto. I prezzi sono naturalmente più elevati che altrove in Islanda: un biglietto costa attualmente 5000kr ma salirà ancora più per la stagione più affollata, giugno, luglio e agosto.

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    PUBBLICATO DA DANIELE DRIGO
    fonte:ddarcart.com



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    Hallgrimskirkja, Reykjavik

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    La chiesa 'Hallgrímskirkja'

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    E' uno dei monumenti più importanti della città, si vede da qualsiasi parte uno si trovi. E' bellissima: la guglia è visitabile e al suo interno, oltre alle normali funzioni religiose (è una chiesa protestante) si svolgono concerti e manifestazioni di altissimo livello.


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    E' chiamata dagli islandesi Hallgrímskirkja, ed è intitolata al pastore protestante Hallgrímur Pétursson, vissuto nel XVII secolo e distintosi come poeta per aver composto i celebri Inni della Passione. L’edificio, che raggiunge i 74,5 metri, è il quarto più alto del Paese.
    Seguendo un progetto dell’architetto Guðjón Samúelsson risalente al 1937, i lavori iniziarono nel 1945 e durarono 38 anni. La chiesa svetta sullo skyline della capitale islandese nel cuore del suo centro storico. Il suo stile si richiama all’espressionismo tipico dell’architettura luterana del Nord Europa, che tocca il suo apice nella chiesa danese di Grundtvig a Copenaghen.

    Hallgrimskirkja_Church_Iceland+(26)



    fonte:paesionline.it
    foto:.redbubble.com
    - davidclapp.co.uk
    - imagescart.blogspot.com
    - placesonline.com
    -staticflickr.com


     
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    islanda

    Maelifell

    Nella foto, dell'artista Yann Arthus Bertrand (theimagebank), è rappresentato il Maelifell (Islanda), il risultato di una delle recenti eruzioni che hanno sconvolto il ghiacciaio Myrdalsjökull, nel sud del paese.

    E' un perfetto cono vulcanico, formatosi per solidificazione delle ceneri eruttate, e lentamente coperto da un sottilissimo strato di muschio. Terra ancora molto giovane dal punto di vista geologico (ha soltanto 23 milioni di anni), l'Islanda può vantare ben 200 tra vulcani in attività, geyser e fonti di acqua termale.




    fonte:digilander.libero.it

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    La cascata di Gullfoss, la principale attrattiva dell'Islanda, nasce dal fiume Hvità che, incontrando un dislivello di 32 metri, crea due impressionanti muri d’acqua che formano un canyon profondo 70 m. e lungo 2,5 chilometri





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    Il Grande Geyser di Strokkur che incominciò la sua attività nel XIV secolo. Fino al 1900 ha emesso getti d'acqua bollente alti anche 60 metri. Ora emette uno spruzzo alto 20 m. ogni tre minuti



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    La costa nord orientale dominata da un faro


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    Faraglioni nella costa nord occidentale



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    Il paradiso naturale del Lago Myvatn con fenomeni geotermali





    Fonte Azonzo Travel
    - siviaggia.it
     
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