Teogonia (Zeus vs. Prometeo)

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    Teogonia (Zeus vs. Prometeo)


    TEOGONIA, DI ESIODO DI BEOZIA



    La Teogonia, scritta nel VII secolo a.C. da Esiodo, elabora una narrazione orale antecedente ed affronta le origini del Mondo secondo una visione politeista in cui gli elementi naturali sono entità divine.

    Esiodo narra le generazioni degli dei e la nascita di entità sempre più eterogenee rispetto a quelle precedenti fino ad arrivare all’uomo.

    Proprio dall’avvento dell’uomo sulla Terra ha origine uno scontro tra Prometeo e Zeus: il primo, di origine divina, rappresenta un tramite tra il mondo degli immortali e quello dei mortali, mentre Zeus è il celebre padre degli dei.

    Quando gli uomini e gli dei si contendono il possesso di un bue, Prometeo divide “con animo consapevole” l’animale in modo iniquo, mettendo da una parte la carne avvolta dalla pelle e da un’altra le ossa avvolte nel grasso.

    La contesa ha quindi una motivazione “economica” legata al possesso delle risorse ed è evidente il tema, ricorrente in tutta l’opera della Teogonia, dell’inganno.

    Prometeo sfida Zeus in uno “scontro di astuzie” in cui “il padre degli uomini e degli dei” non riesce a trionfare: egli sceglie la parte del bue contenente le ossa e si infuria quando scopre l’inganno.

    La Teogonia assume un valore di mito eziologico (il mito che spiega le origini di un’usanza) indicando l’ira di Zeus come la causa del rito greco in cui vengono bruciate delle ossa bianche.

    Zeus è indignato e reagisce alla sconfitta in modo violento e prepotente: priva l’uomo del fuoco scatenando un’immediata reazione di Prometeo.

    Egli, infatti, ruba il “bagliore lungisplendente” del fuoco e lo riporta ai mortali.

    Dalla sua vendetta ha origine un’altra vendetta: Zeus crea la donna paragonata al fuco e ritenuta quindi, nella visione misogina di Esiodo, un male che rovina l’uomo in quanto egli è obbligato a compiacerla, prigioniero della sua bellezza e del suo fascino.

    Le conseguenze delle azioni di Prometeo ricadono sull’uomo stesso che viene descritto come succube degli eventi: questa visione malinconica dell’individuo è tipica della concezione antropologica greca.

    I temi ricorrenti sono quindi l’inganno, la vendetta e l’assoggettamento dell’uomo agli eventi.
     
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