CONCHIGLIE

....dove la perfezione..........

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  1. gheagabry
     
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    Mondo sommerso – novembre 1965

    Navigano nel loro guscio alzando come due pittoresche vele latine.
    Caccia alla femmina, assai più pregiata del maschio.
    ARGONAUTI


    carte-da-parati-nautilus-conchiglia

    Che i maschi siano più belli delle femmine, è cosa risaputa. Intendiamoci, parlo delle bestie. I maschi, per fare impressione alla femmina, specialmente nel periodo degli amori, vengono dotati da madre natura di splendenti livree, di colori sgargianti, di piumaggi particolari; tutti sanno che il pavone o il fagiano maschio fanno la figura, nei confronti delle loro mogli, di azzimati principi che facciano la corte a volgari sguattere di campagna.
    Ma ci sono, come sempre, le eccezioni. E l’eccezione più bella, inutile dirlo, la troviamo tra i nostri amati molluschi. L’Argonauta maschio è un miserando polipino senza conchiglia, l’Argonauta femmina naviga per mari
    e oceani con una conchiglia che sembra un galeone spagnolo, e che i collezionisti di tutto il mondo si disputano a colpi di dollari. Un esemplare perfetto (raro da trovare) è valutato sui venticinque dollari; molto meno, ovviamente, quando sia in qualche parte smozzicato.
    L’Argonauta, battezzato già dai Greci con questo nome mitologico (i naviganti, nauti, di Giasone, che sulla nave Argo andarono alla conquista del Vello d’oro), si è divertito per un paio di millenni a prendere in giro i naturalisti. Il grande Aristotele, primo autentico biologo del genere umano, già quattro secoli prima di Cristo, aveva osservato
    che i “polipi”, durante la stagione di frega, presentavano uno dei loro bracci gonfio e contorto, e aveva compreso che questo tentacolo (si chiama ettocotilo) era l'organo riproduttore. Ma la sua lezione, sui “polipi” come su un’infinità di altri organismi marini, e soprattutto sul modo di far della scienza, doveva andare completamente perduta durante gli oscuri secoli dell'Alto e Basso Medioevo.
    Così, l’Argonauta venne preso per una specie di moscardino che aveva rubato la conchiglia a un povero mollusco precedentemente divorato, e quell’oggettino che gli si trovò sotto il mantello, un oggettino somigliante all’estremità di un tentacolo di polpo, ma gonfio di spermi, fu preso dapprima per un parassita, poi per il maschio-
    parassita della grande femmina conchifera. La confusione durò fino al 1830 circa, fino a quando cioè proprio una donna (è dunque tutta una storia di femmine) riuscì a chiarire il primo mistero: quello della conchiglia.
    Madame Jeannette Power, che stava a Messina, ebbe un'idea piuttosto semplice: raccolse le uova di un Argonauta, le mise in un piccolo acquario e aspettò per vedere quello che sarebbe successo. Le uova si schiusero, ne uscirono gli argonautini, ma senza conchiglia. Dunque era vera la storia del moscardino che ruba la conchiglia a un infelice quanto sconosciuto mollusco? Madame Power ebbe la pazienza di attendere ancora una decina di giorni, e fu premiata: qualche argonautino cominciò a fabbricarsi la conchiglia.
    Questo fu il primo passo. Il secondo fu di capire che la conchiglia non serviva ad altro che a conservare le uova , l’animale non poteva rinchiudervisi dentro come in un nicchio. Il terzo, compiuto dal Muller nel 1853, portò al riconoscimento del maschio. Nel corso dell’accoppiamento, l’ettocolito si autotomizza e rimane nel corpo della femmina, così che può fecondare le uova al momento opportuno: ecco il segreto di quell’oggettino “parassita” che si scopriva sotto il mantello della Futura genitrice.
    La famiglia degli Argonautidi ha un solo genere: Argonauta, I. con cinque specie diffuse in mari temperati e soprattutto tropicali. Nel Mediterraneo abbiamo il classico Argonauta argo, L., il cui maschio tocca i 15 millimetri mentre la femmina conchifera raggiunge i 10 centimetri, conchiglia esclusa. Quest’ultima ha un diametro di 20-30 centimetri, ed è leggerissima, delicata, di pareti sottili (gli anglosassoni la chiamano Paper Naulilus: il Nautilus di carta), di colore biancastro, striata da una leggerissima serie di costole e ornata da una duplice fila di tubercoli marroni sulla carenatura.

    Argonauta_argo

    Gli Argonauti vivono generalmente in profondità, e infatti le loro conchiglie si trovano più di frequente morte e gettate sulla spiaggia, prive del corpo del cefalopodo ormai consunto. Ma le femmine usano risalire talvolta fino in superficie, quando il mare è perfettamente calmo, e allora diventano i galeoni spagnoli. La conchiglia infatti galleggia, e mentre l'animale nuota con i sei tentacoli posteriori (può anche spingersi a reazione come il Polpo o la Seppia, mediante il sifone, quando è disturbato), le braccia del primo paio, dotate di larghe membrane, si levano in alto come due pittoresche vele latine. La loro funzione è protettiva, nei confronti della delicata culla piena di uova, ma l'impressione visiva, per l'occasionale spettatore, è che servano proprio a camminar di bolina.
    Accenno di sfuggita a un cugino dell'Argonauta, poiché mi sembra che induca spesso in equivoco il neofita. Dico del Nautilo, il Nautilus pompilus, L. dell’Indo-Pacifìco. Anzitutto, data la trama universale di questa conchiglia bellissima, vorrei rettificare una semplice questione glottologica: nei testi malacologici si trova una volta Nautilus pompilus, un’altra pompilius (l'accezione più comune). Ma sono sbagliate entrambe. Il termine latino esatto è pompilus che significava per Greci (pompilos) e Romani il "pompilo" o "pesce che accompagna le navi": già Ovidio e Plinio, del resto, accennavano nautilus pompilus. Dunque speriamo che i malacologi non dimentichino il buon latino. Chiusa la digressione.


    Il Nautilo vive a grandi profondità, sui due-trecento metri e più, e sale tra le scogliere coralline soltanto di rado; in superficie, probabilmente, non arriva mai per sua spontanea volontà, bensì per effetto di mareggiate, o perché ammalato e ferito. La sua conchiglia è assai più robusta di quella dell’Argonauta, ed è costituita da madreperla di
    prima qualità: gli anglosassoni lo chiamano infatti Pearly Nautilus. Un altro loro nome volgare è Chambered Nautilus, cioè "a camere", poiché l’interno della conchiglia è diviso in una serie di celle ermeticamente chiuse. piene di gas, che servono a bilanciare il peso del corpo del cefalopodo. L’animale abita via via l’ultima cella, più grande, verso l’apertura, chiudendo quella che si lascia, per cosi dire, alle spalle. La conchiglia del Nautilo è di colore bianco cremoso con splendide zebrature marroni sul dorso. E’ meno pregiata dai collezionisti di quella dell’Argonauta: un esemplare perfetto può toccare i 5 dollari.
    Nelle isole Andamane, tra la Birmania e Sumatra, ho veduto coi miei occhi pescatori indigeni servirsi di Nautili per vuotare l’acqua dal tondo delle canoe. Per concludere avvertirò che nonostante l’indubbia somiglianza, Argonauti e Nautili appartengono a due famiglie diverse: il Nautilus è della famiglia Nautilidae, genere Nautilus L., con sei specie viventi (tutte tropicali). Può essere considerato un fossile vivente: la paleontologia ha riconosciuto l’esistenza di oltre seicento specie oggi estinte.
    Un motivo di più per tenergli rispetto.

    capulus_ungaricus8

    Così come l’Argonauta, altre due conchiglie mediterranee sono presenti nei nostri mari in una sola specie, piuttosto nota. Sono il Capulus hungaricus, Sov. e l’Avicula hirundo, L. Diamo loro un breve sguardo. Il Capulus (famiglia Capulidi, genere Capulus Monti., con poche specie) ha una diffusione vastissima: dal Mediterraneo ai Caraibi, dalla Islanda alla Manica, ed è stato catturato a quasi mille metri di profondità. Somiglia a una Patella, con la curiosità di quel vertice sbarazzino rivolto all'indietro. La conchiglia è levigata e rossa all’interno, ricoperta da un’epidermide pelosa bruno-rossiccia all’esterno. Il Capulus si muove e vive come la Patella, ma a profondità maggiori, e usa talvolta attaccarsi alla conchiglia di altri molluschi, specialmente bivalvi, come le Pinne e le stesse Avicole. La sua lunghezza sfiora i quattro centimetri negli esemplari adulti.
    L'Avicola hirundo (famiglia Aviculidae, genere Avicula lam.) è come abbiamo detto l’unico rappresentante mediterraneo tra venticinque specie distribuite specialmente in mari e oceani tropicali. La forma della sua conchiglia, con quelle due orecchie prominenti, ha suggerito il nome di “uccelletto”, dal latino avis, uccello. La nostra hirundo ha l'orecchia posteriore sviluppatissima, tale da ricordare davvero lo slancio di una coda di rondine. Un nome gentile e azzecato, finalmente, tra i tanti mostruosi nomi e cognomi che i sistematici hanno affidato a povere e innocenti conchiglie di tutto il mondo. L’interno delle valve, che sono diseguali, è madreperlaceo. Ricordiamo subito, che la parente nobile e celeberrima della nostra modesta hirundo è nientemeno che l’Avicula margaritifera, Brug. meglio nota forse come Meleagrina margaritifera, principessa di tutte le ostriche perlifere. La margaritifera non è auricolata, e possiede uno strato intorno madreperlaceo molto consistente possiede anch'essa il bisso, come la nostra hirundo, con cui aderisce ai conglomerati madreporici del fondo; il suo habitat va dal Mar Rosso all’Oceania. L' Avicula hirundo, che ha un sinonimo nell’Atarentina, Lam., è comunissima nei nostri fondali coralligeni, dove predilige, come supporto, i frondosi rami della gorgonia viola, la Paramuricaea chamaleon . La sua lunghezza tocca i 7 centimetri, 8-9 in casi d' eccezione. Si può mangiare, ma io esiterei a mandar giù un mollusco che ha vissuto a contano con i polipi di un celenterato.

    (gianniroghi.it)




    …”Nautilus”…
    …”Costruisciti, anima mia, dimore più maestose
    mentre scorrono veloci le stagioni!
    Lascia il tuo angusto passato
    Una volta più ampia ti separi dal cielo
    Finchè libero, finalmente
    Lascerai una conchiglia troppo stretta per
    L’inquieta vita del mare.”
    …(Oliver Wendell Holmes)







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    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 14:52
     
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