CONCHIGLIE

....dove la perfezione..........

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  1. gheagabry
     
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    I sogni sono come le conchiglie che il mare ha depositato sulla riva.
    Bisogna raccoglierle ed ascoltare la loro voce...
    Romano Battaglia



    LE CONCHIGLIE


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    Tutti conoscono le conchiglie. Si può dire che ogni uomo nella propria vita, prima o poi, si sia imbattuto in una conchiglia: chi, da bambino o anche da adulto, non ne ha mai appoggiata una all'orecchio per ascoltare il «rumore del mare»? Chi non si è incuriosito nell'incontrare lungo le spiagge questi strani oggetti dalle forme e dai colori svariatissimi? Chi non ha mai mangiato una zuppa di cozze, o degli spaghetti alle vongole, o delle più raffinate ostriche al limone?
    Malgrado ciò, in genere la conoscenza delle conchiglie rimane superficiale e generica, limitandosi solo a considerazioni di carattere estetico o alimentare.
    Comunemente si crede che le conchiglie siano «case» che animali acquatici (prevalentemente marini) o terrestri (le chiocciole) si portano dietro come roulottes in cui trovano rifugio e protezione. In realtà le conchiglie sono lo scheletro esterno di animali appartenenti al tipo (o phylum) dei Molluschi. Lo scheletro, come è noto, ha la funzione essenziale di sostenere le parti molli dell'organismo. La maggior parte degli animali che siamo abituati a vedere, e cioè i Vertebrati (uomo compreso), possiede uno scheletro che viene originato da tessuti interni all'organismo, e per questo motivo si chiama endoscheletro. I Molluschi, invece, come molti altri animali tra cui per esempio i Crostacei e gli Insetti, formano lo scheletro esternamente al proprio corpo, per mezzo di cellule cutanee. Tale scheletro è perciò chiamato esoscheletro.

    Nonostante le conchiglie abbiano le forme più svariate e le dimensioni più diverse, il processo attraverso il quale si formano è sostanzialmente identico. L'accrescimento della conchiglia differisce, oltre che nelle diverse specie, anche da individuo a individuo in quanto è influenzato da molti fattori, tra cui l'alimentazione, l'acidità e la temperatura dell'acqua ecc. Tale processo, pur identico in tutti i Molluschi, conduce pertanto a risultati così diversi che si stenterebbe a riconoscere un comune denominatore nella conchiglia di una ciprea e in quella di un murice.


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    Le conchiglie sono incrostate di sale
    e portano in grembo il suono del mare.
    Se lo portano addosso per non perderlo mai.
    E’ questo per me il sapore della nostalgia.
    (Alessia Auriemma)




    ....nella storia.....



    Per chi ama immergersi nei 7 mari del mondo potrà sicuramente confermare che ogni CONCHIGLIA vista viva nel suo ambiente naturale, in un particolare tipo di fondale, magari nascosta in un piccolo anfratto durante il giorno ed a zonzo sulla sabbia in cerca di cibo durante la notte, provoca sempre una grandissima emozione ed immensa gioia!
    Capolavori della natura di sorprendente bellezza, disegni raffinati dalle forme sinuose ed eleganti, gemme preziose dai meravigliosi e svariati colori, vere e proprie sculture con il pregio di rimanere inalterate per lunghissimo tempo: ecco cosa sono le CONCHIGLIE.
    Il termine conchiglia deriva dal greco Kogchylion e dal latino Conchilium e già nell’antichità aveva esattamente il significato attuale..
    Le conchiglie, fin dalla preistoria, venivano utilizzate dalle popolazioni, comprese quelle che vivevano lontano dal mare, per molteplici scopi come ad esempio per creare oggetti d'uso comune come pettini e scodelle, per abbellire vesti e copricapi, statue e maschere da guerra, per realizzare collane e monili usati soprattutto durante le cerimonie importanti.
    I nostri antenati dell’età della pietra hanno saputo ricavare dalle conchiglie ottime lame di zappa, raschiatoi, punte di freccia e coltelli; gli antichi polinesiani, durante le esplorazioni dell’Oceano pacifico, trasformarono la madreperla dell’ostrica in un vero e proprio amo da pesca e quindi in uno degli strumenti principali di sopravvivenza per intere popolazioni; i capi tribù malesi usavano appendersi al collo, come se fosse un brillante solitario, una splendida Cypraea aurantium, simbolo tradizionale di autorità; già nel Neolitico, la conchiglia del Tritone con la punta mozzata, veniva usata come strumento musicale, tradizione che proseguì fino all’antichità classica.
    Altri tipi di conchiglie invece hanno fatto davvero la Storia, come ad esempio i Mùrici, per l’esattezza il Murex trunculus ed il Murex brandaris, dai quali veniva estratta la celebre porpora, tintura indelebile molto pregiata, utilizzata dai Fenici per colorare prevalentemente stoffe di lino e lana, cuoio e pelli, vasellame ed affreschi. Il nome dei Fenici infatti deriva etimologicamente dal greco Phoinix, che significa proprio "Rosso" dal colore porpora che avevano scoperto ed imparato ad utilizzare.
    La Cypraea moneta e la Cypraea annulus, note come "cauri" sono state usate addirittura per centinaia di anni dapprima come baratto, poi come moneta vera e propria. Solo verso la fine dell’Ottocento le potenze coloniali hanno messo "fuori corso" le conchiglie usate come moneta, anche se ancora per tutto il Novecento hanno continuato ad essere ampiamente impiegate come spiccioli nei mercati dei villaggi.



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    ...miti e leggende...



    Nella preistoria, prima che nascessero forme codificate di religione, le conchiglie avevano grande importanza come amuleti, simboli propiziatori legati alla fecondità e alla vita. In questa simbologia che coinvolge l’acqua e la vita, complice il collegamento tra il ciclo riproduttivo di numerose specie di molluschi marini ed il plenilunio (a sua volta collegato alla data del parto), la conchiglia è vista in primo luogo come involucro protettivo dell’essere vivente e, nel Rinascimento, associata al concepimento per via dell’analogia conchiglia-perla.
    Uno dei valori simbolici più diffusi della conchiglia è proprio quello direttamente legato al sesso femminile, per la somiglianza ravvisata da molte popolazioni di tutto il mondo tra la base dentata della ciprea e i genitali femminili; esiste anche il collegamento al simbolismo pagano nel quale le cappesante sarebbero un frutto con presunti effetti afrodisiaci, credenza che favorì la nascita del mito di Afrodite.
    Per questa ragione, probabilmente, presso molte popolazioni native (anticamente anche dell’area mediterranea), le donne portavano ornamenti con cipree per scongiurare l’infertilità ed i futuri mariti offrivano doni (spesso con forme falliche) adorni di queste conchiglie come pegno nuziale.
    In molte statue antropomorfe, le cipree sono poste in corrispondenza degli organi genitali.
    In Africa, presso l’etnia dei Kuba (popolazioni che fino a metà del 1900 vivevano nelle foreste equatoriali dello Zaire), il sovrano, denominato nyim, “re dei Bushongo e dio della terra” che possedeva poteri eccezionali di carattere sacro che metteva al servizio della comunità, inviava in regalo oggetti adorni di cipree alle donne gravide.
    La Cypraea tigris, che in giapponese è detta Koiasu-gai, conchiglia del parto facile, la quale viene ancora tenuta in mano dalle partorienti nell’arcipelago delle Ryukyu, nell’estremo sud del Giappone.
    Per il suo colore e la sua lucentezza, dai cinesi ai giapponesi alle nostre latitudini è associata alla luna e all’elemento femminile. La sua sfericità e la sua lucentezza ne hanno fatto il simbolo della perfezione.
    In Cina e in India per la durezza e lucentezza era simbolo d’immortalità. In Persia, la perla intatta era immagine della vergine e simboleggiava anche la modellazione primordiale della materia attraverso lo spirito.
    Dai cinesi e greci, fino agli ebrei, nel nostro medioevo, si riteneva che le conchiglie fossero fecondate dal fulmine e che le perle avessero il fulmine dentro di sé. Presso altri popoli era il tuono a fecondare le conchiglie.
    Secondo la simbologia cattolica, citata da Giovanni Damasceno nel VII secolo d.C., “il fulmine divino è penetrato dentro la conchiglia più pura, Maria, e ne è nata una perla oltremodo preziosa, il Cristo”.
    L’associazione conchiglia-madre, perla-bambino è precedente e appartiene a tutte le culture.



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    .........simbologia............



    La conchiglia è un simbolo antichissimo, tra i primi utilizzati dall'essere umano per una lunga serie di motivi. Innanzitutto, tra gli alimenti base dei nostri progenitori c'erano i molluschi e le conchiglie erano una preda facile e nutriente. Per millenni gli Uomini hanno avuto nei molluschi una fonte primaria di vitamine e di proteine nobili, al punto che in taluni posti in cui si praticava la pesca ancestralmente vi è ancora l'abitudine di consumarli crudi direttamente sul mare. La conchiglia era il residuo del pranzo, un oggetto utile per mille scopi: se forato emetteva un suono come un flauto, si potevano realizzare nacchere e sonagli o a prescindere dall'aspetto musicale l'armonia dei guschi erano perfetti per fabbricare monili e collane. In particolare una specie di conchiglia, la Capasanta (nome volgare del mollusco bivalve della specie Pecten Maximus), per via della sua forma a ventaglio simile ai raggi del Sole, divenne un simbolo diffuso e amato.

    Il senso della capasanta è quello affermato dal nome stesso: come un'aureola distingue la persona in armonia con l'Universo, ha un connotato di protezione della vita (anche dopo la morte) e quindi un forte legame con il Femminino. In tempi antichi era associata alla Dea Venere, che si diceva fosse nata da una conchiglia fecondata dalla spuma del mare al largo di Cipro, e Botticelli nel Rinascimento dipinse una versione di questo mito in un capolavoro assoluto. La Venere di Botticelli è infatti forse il più bell'esempio di quest'armonia, perché il quadro tiene conto del Numero Aureo e della Sequenza di Fibonacci che si rinviene spesso negli strati di accrescimento dei gusci delle conchiglie. Ma in assoluto il posto più legato al significato mistico della conchiglia è Santiago di Compostela: questo luogo in cui si ritiene sepolto il corpo decapitato di San Giacomo (secondo molti esoteristi fratello di Gesù ed egli stesso vero Messia esseno) è posto ai margini estremi del continente europeo, in una Spagna galiziana che è bagnata dall'Oceano Atlantico oltre il quale, a cinquemila km di distanza, sorgono le coste dell'America del Nord. Un luogo in cui il Sole muore, un tramonto assoluto che assume una valenza di morte e di resurrezione. La conchiglia infatti preannuncia la sua rinascita nei pellegrini che compiono il lungo e difficile pellegrinaggio a piedi, in una terra antichissima e ricca di suggestioni. Arrivare al "Campo della Stella" (questo è il nome originale del luogo in cui sorge il santuario di Santiago) significa riscoprire in sé il "sole interiore", la luce del bene a cui dobbiamo sempre tendere: una purificazione attraverso il sacrificio del cammino a piedi e il premio finale delle coste oceaniche. Anticamente i pellegrini andavano sulla spiaggia e raccoglievano una capasanta per poi portarla a casa in ricordo dell'impresa: un simbolo dell'armonia raggiunta, della perfezione a cui possiamo ambire.


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    Io sono come le conchiglie.
    Non parlo, ma tu devi tendere l'orecchio.
    Allora sentirai qualcosa.
    - Marco Innocenti -


    .....una leggenda....



    I popoli delle isole raccontano che Tangaroa dal volto tatuato fu il primo di tutti gli antenati.
    Per molto tempo Tangaroa visse dentro la sua conchiglia che girava da sola nel buio dello spazio infinito.
    Allora infatti non c’era il sole, non c’era la luna, e non c’erano né la terra né le montagne.
    Non esisteva ancora l’uomo, né gli uccelli, né i pesci, né i cani, e nessun altro essere vivente.
    E non c’era ancora l’acqua, né salata né dolce.
    Alla fine di un lungo tempo Tangaroa diede un colpo lieve alla sua conchiglia, che si aprì.
    Tangaroa allora si alzò in piedi sulla conchiglia e cominciò a gridare nello spazio infinito: “Chi c’è sopra? Chi c’è sotto?” ma non ebbe alcuna risposta. Si sentiva solo la sua voce, perché non ce n’era nessun’altra. “Sabbia, vieni da me!” comandò.
    Ma la sabbia non c’era ancora.
    “Nessuno mi obbedisce? – disse Tangaroa – Allora farò io!”.
    Così Tangaroa sollevò in alto la cupola della sua conchiglia fino a formare la volta del cielo. E poiché all’interno della sua conchiglia aveva molte altre conchiglie, ne prese una seconda, la sgretolò in minuscoli pezzettini, e creò la sabbia.
    Tangaroa cominciò in questo modo a creare ogni cosa che esiste.
    E poiché Tangaroa aveva conchiglie, ecco che ogni cosa creata ha una sua conchiglia.
    Il cielo è una conchiglia per il sole, la terra e le stelle, poiché li contiene.
    La terra è una conchiglia per le pietre e l’acqua, e per le piante che vi crescono.
    La conchiglia di un uomo è una donna, perché è da lei che nasce.
    È così che, nell’universo, ogni cosa che esiste ha una sua conchiglia.
    Luigi Dal Cin



    M'hanno portato una conchiglia...
    Dentro le canta un mare di mappa.
    Il cuore mi si riempie d'acqua con pesciolini d'ombra e d'argento.
    M'hanno portato una conchiglia.
    (Federico Garcia Lorca)



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    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 14:27
     
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    Andai al mare a cercare conchiglie.
    In una trovai una piccola perla,
    e adesso la conservo nel cuore.


    Johann Wolfgang von Goethe
    Epigrammi veneziani, 1790



    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 14:28
     
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    La conchiglia


    conchiglie



    C'era una volta su una spiaggia tropicale una bellissima conchiglia fatta di sabbia e madreperla, a forma di cono e tutta arabescata con volute e curve sinuose che nessuno scultore al mondo avrebbe mai potuto immaginare.
    La conchiglia se ne stava sola e malinconica sulla battigia: era lì da anni, centinaia di anni ed ormai conosceva tutto di quella spiaggia.
    Sapeva il nome di ogni granello di sabbia ed aveva visto passare intere dinastie di tartarughe che, ogni anno, venivano sulla spiaggia a depositare le uova. La conchiglia parlava volentieri con loro e col vento.
    Amava parlare soprattutto col vento dei tropici, amava sentire la sua calda voce che raccontava le cose che aveva visto in giro per il mondo.

    Una volta il vento le aveva detto che in un posto del mondo c'erano degli strani esseri che prendevano le conchiglie belle come lei e le trattavano come fossero principesse: le pulivano accuratamente, le mettevano tutte ben disposte in scatole di legno con il coperchio di vetro, toglievano loro la polvere ogni giorno e tante più ne avevano, tanto più si vantavano con gli altri e parevano essere felici.
    Passavano i giorni e la conchiglia pensava sempre a quello che aveva detto il vento, a quei posti nuovi e a quelle persone felici solo di guardare le conchiglie ed accudirle.
    E a forza di pensare decise che sarebbe andata in giro per il mondo a cercare qualcuno da rendere felice, qualcuno che si occupasse di lei, che la spolverasse e accarezzasse ogni giorno.
    Decisa a partire chiese al vento di portarla via, ma il vento le rispose: "Amica mia, sei troppo pesante e non riuscirei a sostenerti con il mio soffio per tutta la durata del viaggio, però ti posso aiutare a raggiungere la riva e chiedere alla mia amica onda di portarti dove vuoi."

    La sospinse vicino alla riva e chiamò l'onda più bella e alta che conosceva: l'onda arrivò e si fermò a pochi passi dalla riva, fece conoscenza con la conchiglia e accettò di portarla con sé nei suoi viaggi per il mare.
    "Salta su - le disse - e tieniti forte che si parte!"
    Il vento adagiò la conchiglia sulla groppa dell'onda e salutò le due amiche che partirono verso occidente seguendo la corrente.
    Sulla cresta dell'onda la conchiglia sentiva la calda brezza estiva che la accarezzava: non si era mai mossa dalla sua spiaggia e finora non aveva mai visto il mare dall'alto di un'onda. Tutte queste novità la riempivano di euforia e di sensazioni che non aveva mai provato prima; era bello, eppure era anche terribile pensare di essere affidata ad un'onda, un'insieme di acqua, nulla di solido come il corallo o gli alberi o la sabbia.
    Che strano doversi affidare a qualcosa senza forma solida per poter viaggiare liberamente. Che strano...
    L'onda la portò a lungo in giro per il mare, le fece vedere gli oceani, la portò a visitare i ghiacci, le mostrò dove nasce l'acqua del mare ed infine la portò di nuovo sulla terraferma, su una spiaggia dove di solito gli strani esseri che amavano le conchiglie venivano a cercarle.
    "Siamo arrivati - le disse l'onda - ora ti poserò sulla riva e vedrai che tra breve arriverà qualcuno a prenderti per accudirti ed essere felice di guardarti e mostrarti agli amici. Io ritorno a girare per il mare, ma, di qualsiasi cosa dovessi avere bisogno, affida un messaggio alle mie sorelle o al vento e tornerò da te."
    "Grazie - rispose la conchiglia - grazie del passaggio e della tua amicizia. Addio."
    "Di nulla, amica mia - disse l'onda allontanandosi - abbiamo fatto molta strada insieme e il lungo cammino crea le amicizie. Addio e buona fortuna."
    La conchiglia si voltò in direzione del sole e si preparò ad aspettare uno di quegli esseri strani che amavano le conchiglie.

    Poco dopo ne arrivò uno, con uno strano abbigliamento morbido, ben diverso dalla madreperla di cui era vestita lei e la conchiglia capì subito perché quegli esseri amavano le conchiglie. Lo strano essere aveva un contenitore in cui la sistemò dopo averla guardata a lungo stupito e con gli occhi colmi di gioia. Allora era vero: anche una conchiglia poteva essere fonte di felicità!
    Il cuore della conchiglia batteva a mille all'ora e batté ancora più forte quando l'uomo la estrasse dal contenitore e iniziò a pulirla delicatamente con un pennellino.
    "Com'é delicato - pensava la conchiglia - si vede che deve tenere molto a me. Come sono felice!"
    Dopo averla pulita l'uomo la mise in una di quelle scatole col coperchio di vetro di cui la conchiglia aveva sentito parlare, una bella scatola col fondo di morbido velluto rosso. La mise al centro della scatola, tra poche altre conchiglie belle quasi come lei, tutte pulite e ben ordinate.
    Passavano i giorni e ogni tanto l'uomo veniva a guardare le sue conchiglie e portava degli altri uomini a vederle e si vantava con loro di quante ne avesse e quanto fossero belle e specialmente quest'ultima che aveva trovato, che era la più bella e luminosa di tutte e diceva a tutti quanto fosse orgoglioso di lei .
    La conchiglia gongolava dentro di sé, gioiva e si illuminava sempre di più.
    Passò altro tempo, e mano a mano che il tempo passava la conchiglia si abituò alle visite dell'uomo e ad esser pulita ed accudita, a volte da lui o da un altro essere che lui chiamava "Cara" o da un altro essere più piccino che entrambi chiamavano "Piccolo".
    Piano piano, però, si rese conto di non essere l'unica causa di felicità di quelle persone e che, quando erano tristi, lei non ci poteva fare nulla e questa cosa la faceva stare male.
    Più passava il tempo e più la conchiglia perdeva il gusto di essere accudita: non le interessava più essere al centro dell'attenzione, se doveva in cambio restare chiusa in una scatola senza sentire più la calda brezza estiva sulla pelle e senza poter vedere la luce del sole.
    Lentamente si rese conto di aver barattato la propria libertà con una impressione di felicità, ma soprattutto con l'idea di poter essere la causa di felicità di qualcuno. Si stava rendendo conto che non era così, che il suo potere era assai limitato e che per esercitare quel poco potere, aveva rinunciato alla libertà.

    Il giorno dopo il "piccolo" venne per pulire le conchiglie e vide che il velluto su cui era posata l'ultima conchiglia - la più bella - era bagnato. La sollevò e vide che la conchiglia era bagnata: da due piccole fessure tra le volute stavano uscendo grosse gocce d'acqua e, tenendola in mano, la conchiglia pareva sussultare delicatamente.
    Come sapete i bambini sentono e possono fare molte più cose degli adulti, così il bambino la avvicinò all'orecchio e la sentì piangere e si rattristò per quella conchiglia così bella eppure così triste.
    La guardò e le chiese "Perché piangi?". La conchiglia rispose singhiozzando: "Mi sento in gabbia: pensavo di poter essere felice dando la felicità a qualcuno e invece ho perso la mia libertà e non ho fatto felice nessuno, se non per pochi istanti."
    "Ma tu hai fatto felice mio padre, mia madre e me e doni felicità a tutti quelli che vengono per vedere la tua bellezza, le tue forme e i tuoi colori e per questo sei tenuta pulita, spolverata e sei adagiata su un morbido panno di velluto." disse il bambino.
    La conchiglia singhiozzando rispose: "E' vero, ma sono solo pochi istanti. E poi non sono io la causa della loro felicità, anche se la mia bellezza la può accendere. E mi vedono solo le persone che volete voi. E tutte le altre? E le tartarughe della mia spiaggia dove sono? E il caldo vento dei tropici che mi accarezzava e mi toglieva la sabbia di dosso al tramonto dove é finito? Non lo sento più chiusa dentro la scatola di legno e vetro! Mi manca il mare e non sento più il rumore delle onde e i gabbiani che volano felici nel cielo! Oh, il rumore del mare e della risacca, quanto mi manca..."
    Il bambino si commosse al sentire il dolore e la solitudine della conchiglia e le chiese: "Piccola compagna cosa posso fare per porre fine alla tua tristezza?"

    E la conchiglia rispose: "Riportami sulla spiaggia di modo che io possa ritrovare la mia amica onda e riacquistare la mia libertà ."
    "Ma io non ti rivedrò più! E non voglio che sia così!" rispose il bambino.
    "Se davvero mi vuoi bene lasciami libera, sennò ne morirò e tu mi perderai comunque e nessuno potrà più gioire della mia bellezza e poi, chissà, forse un giorno potremmo rincontrarci."
    Il bambino pianse a lungo insieme alla conchiglia, ma poiché, come tutti i bambini era saggio ed amava la Vita sopra ogni altra cosa, la portò fino sulla riva del mare e lì la lasciò.
    Si allontanò un poco e stette a guardare e quello che vide fu un'onda meravigliosa avvicinarsi a riva e fermarsi a pochi passi senza frangersi. Gli pareva quasi che l'onda e la conchiglia parlassero, mentre intorno tutto pareva essersi fermato, finché un alito di vento sollevò la conchiglia e la adagiò sulla cresta dell'onda che si voltò e si diresse verso il mare aperto.
    Durante il tragitto la conchiglia raccontò all'onda ciò che era successo e come la cosa che la facesse più soffrire nella prigione di legno e vetro fosse il silenzio e il non sentire più il rumore del mare.
    Commosso da ciò il mare, quello stesso giorno donò a tutte le conchiglie un po' di sé per fare in modo che quelle prese dagli uomini si sentissero un po' meno sole.
    E' per questo che, ancora oggi, appoggiando una conchiglia all'orecchio si può sentire il rumore della risacca: quel suono é il dono che il mare ha fatto al popolo delle conchiglie per alleviare la loro solitudine nella prigionia delle scatole degli uomini. Nel frattempo il bambino é cresciuto, é diventato un uomo senza aver bisogno di diventare per forza adulto e, ricordandosi della sua conchiglia, é cresciuto forte e saggio.
    Oggi é il più grande collezionista di conchiglie del mondo.
    In tutto l'universo non ce n'è uno uguale: ha la più grande e bella collezione di conchiglie che esista e ... che tiene sparsa sulle spiagge di tutto il mondo.

    (La fata blu)





    La conchiglia



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    Dammi la mano, facciamo due passi

    ti farò sognare il mare,

    ascoltare le sue storie

    e sentire il suo profumo,

    lasciando orme sulla spiaggia

    Ho raccolto sulla riva

    una conchiglia,

    l'ho ascoltata c'era il mare,

    m'hai guardato sorridendo,

    l'hai voluta,

    ascoltando le sue note,

    sei entrata nel tuo sogno

    con il vento e le sue onde,

    io ti ho vista nel tuo mare

    ero li insieme a te,

    si correva a piedi nudi

    dove l'acqua è molto bassa

    m'hai schizzato, t'ho bagnata,

    ma ci siamo divertiti,

    poi la musica è finita

    la conchiglia avevo in mano,

    ero solo,

    il mio sogno era finito,

    il sorriso m'è rimasto sul mio viso,

    nel vedere sulla sabbia le mie orme con le tue,

    ho rimesso la cochiglia sulla sabbia

    per tornare un'altra volta

    e sognare ancora il mare insieme a te.....

    Giù 09/01/10



    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 14:33
     
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    "Il misterioso è la cosa più bella che possiamo provare. E' la fonte di tutta la vera arte e della scienza."
    (Einstein, Albert)


    La NAUTILUS


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    Il Nautilus (in greco "marinaio) è sopravvissuto relativamente senza alcun cambiamento per 450 milioni di anni ed è una delle poche conchiglie che sopravvivono dall'era dei dinosauri. Questo è il perchè il Nautilus è spesso chiamato "fossile vivente". Il Nautilus è una creatura notturna e passa la maggior part edella sua vita nelle profondità dell'oceano. La conchiglia Nautilus, come altre madreperle, cresce per tutta la vita e quindi è diventata un simbolo di espansione e rinnovamento.

    Fin dai miti Hindu la Conchiglia Nautilus è stata menzionata come simbolo di molte cose nella creazione. E' anche simbolo della bellezza della natura. La conchiglia Nautilus è una delle forme che rappresentano il numero della sezione aurea. La sezione aurea è conosciuta anche come PHI - 1,6180339...Il PHI è un numero senza una soluzione aritmetica, le cifre continuano all'infinito senza mai ripetersi. L'unicità della sezione aurea è che può essere trovata all'interno di forme di vita come il corpo umano, le conchiglie, i semi di girasole. Platone ha chiamato questo valore "la chiave della fisica dell'universo."


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    L'ingegno visionario di Jules Verne, nel 1870, passò alla storia della letteratura anche grazie a lui, il Nautilus, quel "fossile vivente" che diede il nome al sottomarino del Capitano Nemo in "Ventimila leghe sotto i mari".

    Ma il nautilus nasconde forse la chiave di ancor più affascinanti misteri: c'è chi lascia intendere che la prodigiosa conchiglia di questo mollusco sia, per così dire, un messaggio in bottiglia lasciato al genere umano dal Creatore per consentirgli di comprendere i segreti della creazione..... in un articolo di Michele Nardelli (studioso di matematica e fisica teorica e credente) afferma: "credo in un Progettista Intelligente, in una Divina Intelligenza Creatrice"): in esso l'autore rileva una corrispondenza perfetta tra la disposizione delle "setti" del nautilus e il sistema musicale, rintracciando in questo la radice della convinzione di Pitagora secondo cui "tutto è numero".
    La conchiglia del nautilus è forse il più bell’esempio di spirale logaritmica in natura. La forma è data dal fatto che il mollusco, che occupa solo l'ultima camera, crescendo mantiene sempre le stesse proporzioni. Il Nautilus ha la sezione del guscio come una perfetta spirale logaritmica dimostrando come il rapporto aureo ф sia l'espressione matematica della bellezza e della eleganza della natura.


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    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 14:43
     
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    Il nautilus si presenta come una grossa conchiglia (anche oltre i 20 cm di diametro) con l'apertura rivolta verso l'alto....La conchiglia ha una superficie liscia e bianca con screziature rosso arancio, è sottile e liscia, avvolta dorsalmente su uno stesso piano (avvolgimento esogastrico), il che tuttavia non implica una torsione dei visceri come nei gasteropodi.
    Il nicchio è concamerato, presenta cioè un canale che collega i vari compartimenti e permette al gas azotato ivi contenuto di passare attraverso i setti trasversali che delimitano le camere, favorendo il galleggiamento dell'animale, nella sua tipica posizione verticale, tramite opportune regolazioni di pressione. I setti, inoltre, sostengono strutturalmente la conchiglia quando l'animale si immerge a grandi profondità ed è sottoposto a pressioni notevoli. Il nautilus, intervenendo sulle varie percentuali di liquido e gas nei vari setti, effettua una grande escursione batimetrica (di profondità) tra il giorno (dove si sposta a profondità di 500 metri) e la notte (dove si avvicina alla superficie dell'oceano).
    All'interno del nicchio sono presenti circa 34-36 zone divise da pareti di madreperla, chiamate setti, che aumentano di numero con l'aumentare dell'età: sono le camere che il corpo dell'animale occupa a mano a mano che aumenta di dimensione. Solo l'ultimo e più esterno dei setti è occupato costantemente dalle parti molli dell'organismo.

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    Il nautilus è considerato un “fossile vivente”, infatti è rimasto pressoché immutato per milioni di anni grazie alla sua particolare biologia. I Nautiloidi (il gruppo di animali a cui appartiene il nautilus) vivono nei mari della Terra da 400 milioni di anni (sono molto più antichi dei dinosauri). Anche in Alto Adige, in Val Gardena, sono stati rinvenuti fossili di Nautiloidi che vivevano nell’antico mare del Permiano Superiore, presente nella regione circa 255 milioni di anni fa.





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  8. gheagabry
     
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    Mondo sommerso – novembre 1965

    Navigano nel loro guscio alzando come due pittoresche vele latine.
    Caccia alla femmina, assai più pregiata del maschio.
    ARGONAUTI


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    Che i maschi siano più belli delle femmine, è cosa risaputa. Intendiamoci, parlo delle bestie. I maschi, per fare impressione alla femmina, specialmente nel periodo degli amori, vengono dotati da madre natura di splendenti livree, di colori sgargianti, di piumaggi particolari; tutti sanno che il pavone o il fagiano maschio fanno la figura, nei confronti delle loro mogli, di azzimati principi che facciano la corte a volgari sguattere di campagna.
    Ma ci sono, come sempre, le eccezioni. E l’eccezione più bella, inutile dirlo, la troviamo tra i nostri amati molluschi. L’Argonauta maschio è un miserando polipino senza conchiglia, l’Argonauta femmina naviga per mari
    e oceani con una conchiglia che sembra un galeone spagnolo, e che i collezionisti di tutto il mondo si disputano a colpi di dollari. Un esemplare perfetto (raro da trovare) è valutato sui venticinque dollari; molto meno, ovviamente, quando sia in qualche parte smozzicato.
    L’Argonauta, battezzato già dai Greci con questo nome mitologico (i naviganti, nauti, di Giasone, che sulla nave Argo andarono alla conquista del Vello d’oro), si è divertito per un paio di millenni a prendere in giro i naturalisti. Il grande Aristotele, primo autentico biologo del genere umano, già quattro secoli prima di Cristo, aveva osservato
    che i “polipi”, durante la stagione di frega, presentavano uno dei loro bracci gonfio e contorto, e aveva compreso che questo tentacolo (si chiama ettocotilo) era l'organo riproduttore. Ma la sua lezione, sui “polipi” come su un’infinità di altri organismi marini, e soprattutto sul modo di far della scienza, doveva andare completamente perduta durante gli oscuri secoli dell'Alto e Basso Medioevo.
    Così, l’Argonauta venne preso per una specie di moscardino che aveva rubato la conchiglia a un povero mollusco precedentemente divorato, e quell’oggettino che gli si trovò sotto il mantello, un oggettino somigliante all’estremità di un tentacolo di polpo, ma gonfio di spermi, fu preso dapprima per un parassita, poi per il maschio-
    parassita della grande femmina conchifera. La confusione durò fino al 1830 circa, fino a quando cioè proprio una donna (è dunque tutta una storia di femmine) riuscì a chiarire il primo mistero: quello della conchiglia.
    Madame Jeannette Power, che stava a Messina, ebbe un'idea piuttosto semplice: raccolse le uova di un Argonauta, le mise in un piccolo acquario e aspettò per vedere quello che sarebbe successo. Le uova si schiusero, ne uscirono gli argonautini, ma senza conchiglia. Dunque era vera la storia del moscardino che ruba la conchiglia a un infelice quanto sconosciuto mollusco? Madame Power ebbe la pazienza di attendere ancora una decina di giorni, e fu premiata: qualche argonautino cominciò a fabbricarsi la conchiglia.
    Questo fu il primo passo. Il secondo fu di capire che la conchiglia non serviva ad altro che a conservare le uova , l’animale non poteva rinchiudervisi dentro come in un nicchio. Il terzo, compiuto dal Muller nel 1853, portò al riconoscimento del maschio. Nel corso dell’accoppiamento, l’ettocolito si autotomizza e rimane nel corpo della femmina, così che può fecondare le uova al momento opportuno: ecco il segreto di quell’oggettino “parassita” che si scopriva sotto il mantello della Futura genitrice.
    La famiglia degli Argonautidi ha un solo genere: Argonauta, I. con cinque specie diffuse in mari temperati e soprattutto tropicali. Nel Mediterraneo abbiamo il classico Argonauta argo, L., il cui maschio tocca i 15 millimetri mentre la femmina conchifera raggiunge i 10 centimetri, conchiglia esclusa. Quest’ultima ha un diametro di 20-30 centimetri, ed è leggerissima, delicata, di pareti sottili (gli anglosassoni la chiamano Paper Naulilus: il Nautilus di carta), di colore biancastro, striata da una leggerissima serie di costole e ornata da una duplice fila di tubercoli marroni sulla carenatura.

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    Gli Argonauti vivono generalmente in profondità, e infatti le loro conchiglie si trovano più di frequente morte e gettate sulla spiaggia, prive del corpo del cefalopodo ormai consunto. Ma le femmine usano risalire talvolta fino in superficie, quando il mare è perfettamente calmo, e allora diventano i galeoni spagnoli. La conchiglia infatti galleggia, e mentre l'animale nuota con i sei tentacoli posteriori (può anche spingersi a reazione come il Polpo o la Seppia, mediante il sifone, quando è disturbato), le braccia del primo paio, dotate di larghe membrane, si levano in alto come due pittoresche vele latine. La loro funzione è protettiva, nei confronti della delicata culla piena di uova, ma l'impressione visiva, per l'occasionale spettatore, è che servano proprio a camminar di bolina.
    Accenno di sfuggita a un cugino dell'Argonauta, poiché mi sembra che induca spesso in equivoco il neofita. Dico del Nautilo, il Nautilus pompilus, L. dell’Indo-Pacifìco. Anzitutto, data la trama universale di questa conchiglia bellissima, vorrei rettificare una semplice questione glottologica: nei testi malacologici si trova una volta Nautilus pompilus, un’altra pompilius (l'accezione più comune). Ma sono sbagliate entrambe. Il termine latino esatto è pompilus che significava per Greci (pompilos) e Romani il "pompilo" o "pesce che accompagna le navi": già Ovidio e Plinio, del resto, accennavano nautilus pompilus. Dunque speriamo che i malacologi non dimentichino il buon latino. Chiusa la digressione.


    Il Nautilo vive a grandi profondità, sui due-trecento metri e più, e sale tra le scogliere coralline soltanto di rado; in superficie, probabilmente, non arriva mai per sua spontanea volontà, bensì per effetto di mareggiate, o perché ammalato e ferito. La sua conchiglia è assai più robusta di quella dell’Argonauta, ed è costituita da madreperla di
    prima qualità: gli anglosassoni lo chiamano infatti Pearly Nautilus. Un altro loro nome volgare è Chambered Nautilus, cioè "a camere", poiché l’interno della conchiglia è diviso in una serie di celle ermeticamente chiuse. piene di gas, che servono a bilanciare il peso del corpo del cefalopodo. L’animale abita via via l’ultima cella, più grande, verso l’apertura, chiudendo quella che si lascia, per cosi dire, alle spalle. La conchiglia del Nautilo è di colore bianco cremoso con splendide zebrature marroni sul dorso. E’ meno pregiata dai collezionisti di quella dell’Argonauta: un esemplare perfetto può toccare i 5 dollari.
    Nelle isole Andamane, tra la Birmania e Sumatra, ho veduto coi miei occhi pescatori indigeni servirsi di Nautili per vuotare l’acqua dal tondo delle canoe. Per concludere avvertirò che nonostante l’indubbia somiglianza, Argonauti e Nautili appartengono a due famiglie diverse: il Nautilus è della famiglia Nautilidae, genere Nautilus L., con sei specie viventi (tutte tropicali). Può essere considerato un fossile vivente: la paleontologia ha riconosciuto l’esistenza di oltre seicento specie oggi estinte.
    Un motivo di più per tenergli rispetto.

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    Così come l’Argonauta, altre due conchiglie mediterranee sono presenti nei nostri mari in una sola specie, piuttosto nota. Sono il Capulus hungaricus, Sov. e l’Avicula hirundo, L. Diamo loro un breve sguardo. Il Capulus (famiglia Capulidi, genere Capulus Monti., con poche specie) ha una diffusione vastissima: dal Mediterraneo ai Caraibi, dalla Islanda alla Manica, ed è stato catturato a quasi mille metri di profondità. Somiglia a una Patella, con la curiosità di quel vertice sbarazzino rivolto all'indietro. La conchiglia è levigata e rossa all’interno, ricoperta da un’epidermide pelosa bruno-rossiccia all’esterno. Il Capulus si muove e vive come la Patella, ma a profondità maggiori, e usa talvolta attaccarsi alla conchiglia di altri molluschi, specialmente bivalvi, come le Pinne e le stesse Avicole. La sua lunghezza sfiora i quattro centimetri negli esemplari adulti.
    L'Avicola hirundo (famiglia Aviculidae, genere Avicula lam.) è come abbiamo detto l’unico rappresentante mediterraneo tra venticinque specie distribuite specialmente in mari e oceani tropicali. La forma della sua conchiglia, con quelle due orecchie prominenti, ha suggerito il nome di “uccelletto”, dal latino avis, uccello. La nostra hirundo ha l'orecchia posteriore sviluppatissima, tale da ricordare davvero lo slancio di una coda di rondine. Un nome gentile e azzecato, finalmente, tra i tanti mostruosi nomi e cognomi che i sistematici hanno affidato a povere e innocenti conchiglie di tutto il mondo. L’interno delle valve, che sono diseguali, è madreperlaceo. Ricordiamo subito, che la parente nobile e celeberrima della nostra modesta hirundo è nientemeno che l’Avicula margaritifera, Brug. meglio nota forse come Meleagrina margaritifera, principessa di tutte le ostriche perlifere. La margaritifera non è auricolata, e possiede uno strato intorno madreperlaceo molto consistente possiede anch'essa il bisso, come la nostra hirundo, con cui aderisce ai conglomerati madreporici del fondo; il suo habitat va dal Mar Rosso all’Oceania. L' Avicula hirundo, che ha un sinonimo nell’Atarentina, Lam., è comunissima nei nostri fondali coralligeni, dove predilige, come supporto, i frondosi rami della gorgonia viola, la Paramuricaea chamaleon . La sua lunghezza tocca i 7 centimetri, 8-9 in casi d' eccezione. Si può mangiare, ma io esiterei a mandar giù un mollusco che ha vissuto a contano con i polipi di un celenterato.

    (gianniroghi.it)




    …”Nautilus”…
    …”Costruisciti, anima mia, dimore più maestose
    mentre scorrono veloci le stagioni!
    Lascia il tuo angusto passato
    Una volta più ampia ti separi dal cielo
    Finchè libero, finalmente
    Lascerai una conchiglia troppo stretta per
    L’inquieta vita del mare.”
    …(Oliver Wendell Holmes)







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  9. gheagabry
     
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    .....e il vano della fragile conchiglia- nido di un cuore
    ove nessuno alloggia-
    ricolmerai di schiuma che bisbiglia,
    ricolmerai di nebbia, vento e pioggia...
    (dal web)


    l' ARGONAUTA


    Argonauta_nodosa


    La conchiglia prodotta dagli Argonauta è mitologica su questa si sono ispirati I poeti antichi ed hanno incuriosito gli scienziati del XIX secolo.E' improprio parlare di conchiglia per gli Argonauta, perché è prodotta in modo particolare, non come negli altri molluschi dal mantello, ma è prodotta da alcune ghiandole situate sulle due braccia superiori, che presentano all'apice ampie espansioni discoidali. Queste secernono la bellissima e delicata conchiglia nella quale l'animale accoglie, come in una barchetta galleggiante, le numerose uova. Questa è presente esclusivamente nelle femmine.
    Per queste ragioni si definisce "conchiglia nidamentale" od ooteca (dal greco antico: casa delle uova), o anche presudo-conchiglia.
    Gli Antichi Greci e i Romani vedevano l'argonauta come l'elegante "miniatura della nave costruita dal genio e dall'audacia dell'uomo, che per primo aveva osato sfidare i furori dell'onda infida".
    Gli antichi credevano che l'argonauta fosse una specie di polpo con la conchiglia, nella quale la femmina deponeva le uova.
    Per il grande filosofo e zoologo greco Aristotele l'argonauta: "è della natura di quegli animali che sono considerati straordinari, perché può galleggiare sul mare. Esso si eleva dal fondo rovesciando la conchiglia svuotata. Ma giunto alla superficie la capovolge di nuovo. Ha tra le braccia una specie di tessuto simile a quello che unisce le dita degli uccelli palmipedi, si serve di questo tessuto quando vi è un po' di vento [adoperandolo come vela], lasciandolo in acqua da entrambi i lati delle braccia, che gli servono da timone. Al minimo pericolo si tuffa in profondità, gli basta riempire d'acqua la conchiglia". La descrizione è tratta dalla Storia degli animali, libro III.
    Per i navigatori dell'antichità classica incontrare un argonauta era ritenuto il più favorevole degli auspici, perché orientava la rotta e assicurava un viaggio sicuro, essendo la conchiglia degli dei.Sovente l'Argonauta assurgeva a divinità tutelare dei marinai. A tal proposito è opportuno ricordare l'antico poeta geco Oppiano di Anazarbo, del II secolo, che nella sua opera intitolata Sulla pesca, parla dell'argonauta così:
    "O creatura marina giustamente cara ai naviganti, la tua presenza annuncia i venti dolci e amici; tu riconduci la calma del mare e ne sei il segno".

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    Nel 1758 il naturalista svedese Carlo Linneo, a questo particolare cefalopode, diede il nome di Argonauta, che nella mitologia greca era attribuito ai 50 eroi guidati da Giasone sulla nave Argo alla ricerca del "Vello d'Oro", come ringraziamento per la grande conoscenza che gli antichi Greci avevano di questo animale.
    A questo punto pare opportuno ricordare che la specie descritta da Linneo è l'Argonauta argo.
    Per tutto il 'seicento, il 'settecento e l'inizio dell'ottocento si riteneva che il polpo dell'Argonauta occupasse il guscio di un raro gasteropode abissale.Questo animale con le braccia e con il corpo a forma di sacco non riesce ad entrare del tutto nella conchiglia, un po' come i paguri che occupano le conchiglie dei Gasteropodi.
    Un'altra teoria che dal 'settecento s'impose nell'ambito conchigliologico era che la conchiglia fosse fabbricata da un ignoto mollusco che vi aveva deposto le uova prima di abbandonarla, lo strano polpo prendeva la conchiglia e le uova, accudendo quest'ultime. Questi dilemmi furono risolti da alcuni naturalisti Italiani. Nel 1817, circa, il Re delle Due Sicilie, Ferdinando I di Borbone, ordinò che la piscina della residenza reale di Portici fosse fornita di tutti gli Argonauta vivi pescati nel regno. La piscina fu messa a disposizione del conchigliologo napoletano Francesco Saverio Poli, che poté studiare ed osservare la schiusa delle uova e il successivo sviluppo dei neonati, che erano del tutto simili al polpo Argonauta.
    In questo modo si dimostro che le uova erano dello stesso polpo e non d'altri animali.
    (Stefano Orga)


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    ......una favola........


    Kinta era un bambino molto povero. Abitava in un piccolo villaggio a pochi metri dall’oceano, e passava la maggior parte del suo tempo a giocare sulla sabbia. Rincorreva i pesci che nuotavano in superficie, e qualche volta riusciva anche ad afferrarne qualcuno. Ma non voleva fare del male a quelle piccole creature. Loro erano i suoi amici e compagni di gioco. A Kinta piaceva accarezzare i pesci, che poi inevitabilmente scivolavano via dalle sue mani, e ritornavano in acqua, nuotando liberi come prima, e senza allontanarsi dal loro giovane amico. Sembrava quasi che sapessero che con lui, non correvano alcun pericolo.
    Kinta giocava spesso con la sabbia, creando infinite forme dettate solo dalla sua fantasia. E qualche volta veniva sorpreso da un improvviso temporale, che scioglieva le sue creazioni come il ghiaccio sotto al sole. Ma a Kinta piaceva anche la pioggia, e l’odore della natura dopo il suo passaggio. Correva sotto il suo albero e rimaneva lì, ascoltando in silenzio lo scrosciare dell’acqua venuta dal cielo. E pensava a Momi, la bambina del villaggio vicino, che aveva la sua stessa età, e che vedeva quasi ogni giorno. Era lei la sua bellissima compagna di gioco. E ripensava a quel pomeriggio, quando le onde del mare erano colorate da un tramonto mai visto. Era la prima volta che si incontravano. E da quel giorno Kinta capì quanto era fortunato.
    Passavano tanto tempo insieme. Kinta fece conoscere a Momi i suoi piccoli amici, i pesciolini, e le fece vedere anche quanto era bravo con la sabbia. Le fece vedere dove si trovava il suo albero, e come era abile ad arrampicarsi, e a saltare agile da un ramo all’altro. Poi venne a conoscenza di un segreto straordinario. Un giorno Momi portò con se una grossa conchiglia, e gliela porse, invitandolo ad accostarla vicino al suo orecchio. Kinta non capiva quale poteva esserne il motivo, ma fece comunque quello che aveva detto la sua amica, e improvvisamente rimase a bocca aperta, e spalancò gli occhi… stava ascoltando qualcosa, non riusciva a crederci… ma… era una musica straordinaria… era la musica delle conchiglie…



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  10. gheagabry
     
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    SPIRULA SPIRULA

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    Spirula spirula è una specie pelagica (cioè di di acque profonde, oceaniche) di mollusco Cefalopode simile esteriormente a un calamaro. La caratteristica principale di questa forma è la presenza di una conchiglia concamerata internamente, che costituisce l’organo di galleggiamento dell’animale.

    Esemplari viventi di questa specie vengono raramente osservati in natura a causa dell’ambiente profondo di vita. Tuttavia la conchiglia interna, anche se piccola, è piuttosto robusta e la sua galleggiabilità è elevata a causa dei gas interni: quindi, una volta morto l’animale, può galleggiare per un certo periodo ed essere spiaggiata su coste temperato-tropicali di tutto il mondo.



    La conchiglia, di colore bianco e traslucida, è situata nella parte posteriore del corpo dell’animale, interamente ricoperta dal mantello, ed è costituita interamente dal fragmocono, cioè dalla parte concamerata. Si tratta di una conchiglia di forma conica, con avvolgimento planispirale (una spirale piana, avvolta nel piano di simmetria dell’organismo), di tipo girocono (in cui i giri successivi non si toccano) endogastrico (sul lato ventrale dell'organismo). La conchiglia è suddivisa in camere (più di trenta nell’adulto) da setti attraversati da un sifone che decorre in posizione ventrale. Il sifone è una struttura di tessuto vivente formata da un prolungamento del mantello, in parte mineralizzata, che ha la funzione di regolare la pressione dei gas e dei liquidi contenuti nelle camere, variando l’equilibrio idrostatico e quindi la profondità dell’organismo. La posizione di vita dell’animale è sub-verticale, con il capo verso il basso, per la notevole galleggiabilità della conchiglia.





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  11. gheagabry
     
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    Ho raccolto conchiglie sulla sabbia Ognuna diversa, ognuna con la sua storia,
    piccole, grandi, scolorite, spezzate, raccontavano tutte qualcosa.
    Parlavano di mare, di sole, di battaglie fra le onde impetuose
    Alcune erano grandi, bellissime altre, consumate dal tempo, erano spezzate in mille frammenti confusi, oramai inscindibili.
    Altre ancora, erano intatte, perfette, come se non avessero mai vissuto.
    Ne ho tenuta una soltanto, stretta stretta in un pugno, i suoi contorni imprecisi, la sua imperfezione mi toccavano il cuore.
    (Cassiope)


    Le MURICI


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    Il Murice è uno dei molluschi marini più conosciuti fin dall’antichità. Nel numero di ottobre 1963 raccontavamo lo straordinario procedimento con cui i fenici di Tiro ricavavano dai Murex e dai Purpurei la loro celebre “porpora”, per tinteggiare le preziose lane di imperatori, sacerdoti e patrizi. I Murici sono animali robusti, attivi, a sessi separati, carnivori. Si nutrono anche di altri molluschi, dei quali perforano la conchiglia mediante la secrezione acida di una ghiandola sotto la bocca, e che divorano suggendoli attraverso il buco prodotto. L'opercolo dei Murici è corneo, con un nucleo apicale. La conchiglia è spesso massiccia, ma in alcune specie tropicali, come nel Murex tenuispina, è delicatissima, con lunghi, sottilissirni e agili aculei. Tutte le conchiglie dei Murici hanno protuberanze spinose più o meno acuminate, che ne sono una delle caratteristiche più evidenti. Del genere Murex L.. appartenente alla sottofamiglia Muricinae della famiglia Muricidae, si conoscono circa duecentocinquanta specie, che vivono in mari caldi o temperati a profondità generalmente basse. Nel Mediterraneo abbiamo un numero limitato di specie di Murici, parenti poveri dei magnifici esemplari tropicali. Le più comuni sono il Murex brandaris, L. e il M.trunculus, L., diffusissimi su quasi tutte le nostre coste e talvolta riunite in popolazioni di qualche centinaio di individui. Il Murex brandaris può arrivare all'altezza di 9 centimetri, il M.trunculus, anche a 10.
    Altri Murici mediterranei sono il M. cristatus, Brocchi, piuttosto piccolo (lungo fino a 30 millimetri), con le spine avvolte da festoni e creste; il M.blainvillei, Payr, ancora più piccolo e rossiccio; il M.erinaceus, L., color grigio ferro, noto per le
    notevoli distruzioni che sa portare fra i banchi d'ostriche. Anche a proposito dei Murici occorrerebbe un testo moderno che risolvesse le sinonimie e ci offrisse un quadro chiaro delle specie dei nostri mari.


    La conchiglia è di circa 6–8 cm, munita di prolungamenti spinosi e dalla forma rigonfia allungata in una estremità del sifone, che invece è lungo e dritto.
    La superficie esterna è rugosa e percorsa da numerosi cordoncini spirali irregolari. La colorazione esterna varia dal giallo al bruno, lo stoma è ovale, dentellato sul margine esterno, dal giallo all'arancio.
    È una specie comune su fondali sabbiosi, fino ad un massimo di 100 m.
    Dal mollusco si ricava la porpora reale, secreta da una ghiandola, dal colore violaceo e il cui utilizzo riguardava la colorazione delle stoffe. Da ogni mollusco si può estrarre solo una goccia e quindi le sue applicazioni erano molto onerose, come è confermato anche dalle testimonianze scritte, basti pensare all'Iliade, secondo la quale solo le principesse potevano indossare i veli di porpora. La pesca del murice era talmente pregiata da sospingere i fenici ben al di là delle Colonne d'Ercole, facendoli arrivare fino alle Canarie.
    In un primo tempo il centro di smistamento della porpora fu Tiro, ma dopo il suo declino Cartagine divenne il luogo più importante di produzione. Proprio da qui raggiunse Roma, dove divenne uno dei simboli della magnificenza imperiale...


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    ..............i Fenici..................


    Tra gli apprezzati prodotti dell'artigianato fenicio, i più famosi erano forse le stoffe tinte in color rosso porpora. I Fenici avevano raggiunto una notevole perizia nell'arte della tintura, e i tessuti così tinti erano apprezzati a tal punto da divenire indice di ricchezza e raffinatezza. L'industria della porpora ebbe una tale importanza economica e storica, che con il colore del prodotto (phoinix=rosso) si connotò il nome stesso dei Fenici. Era una attività rivolta alla tintura indelebile, e perciò pregiata, di stoffe di lana o lino, che utilizzava un pigmento ottenuto da molluschi del genere murex, reperibili nei bassi fondali delle coste del Mediterraneo. La città di Tiro primeggiava in questa attività: come ricorda Plinio il Vecchio "A Tiro si trova la migliore porpora dell'Asia". La scoperta della porpora era narrata da un mito. Melquart (equivalente al greco Eracle), fondatore e dio della città di Tiro, inventò questo procedimento di tintura per fare un dono ad una ninfa di nome Tiro. Essa, durante una passeggiata lungo la spiaggia aveva ammirato il colore sprigionato dal succo di un mollusco e aveva rifiutato la proprie grazie al dio fino a quando non le avesse fatto dono di una veste di quel colore. Ma come si arrivava al pigmento per tingere le stoffe? Le modalità di lavorazione erano le seguenti. Dopo avere pescato i molluschi, forse con nasse, questi venivano messi in ampie vasche; infrante le conchiglie che ricoprivano i molluschi, essi subivano in processo di macerazione, durante il quale si otteneva il pigmento. A questo punto si diluiva il colore con acqua di mare, a seconda dell'intensità della gradazione desiderata, dal rosso cupo al violetto. Gli scavi hanno messo alla luce, alla periferia di centri urbani fenici, enormi cumuli di gusci infranti, i resti della lavorazione della porpora, che avveniva fuori degli abitati per il cattivo odore emanato dal prodotto durante le prime fasi della lavorazione. Per tutto il mondo classico la porpora e le stoffe così tinte rimasero connesse con l'immagine del lusso e del potere civile e religioso, di cui furono il simbolo. Nella prima età imperiale romana la porpora, anche per i suoi altissimi prezzi, era riservata agli imperatori, ai senatori e ai sacerdoti. Il suo fascino rimase intatto per secoli, fino alle ultime fasi del mondo antico quando ormai era riservata solo all'imperatore e alla sua famiglia. L'imperatore d'Oriente Teodosio II (401-450 d.C.), come si legge nel suo famoso codice, stabilì l'invio di funzionari presso le manifatture di porpora fenicie per vigilare contro ogni frode, perché "Ogni persona, di qualsiasi sesso, rango, mestiere, professione o famiglia dovrà astenersi dal possedere quel genere di prodotto, che è riservato solo all'Imperatore e alla sua Famiglia.


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    « Le porpore vivono al massimo sette anni. Si nascondono, come i murici, all'inizio della canicola per trenta giorni. In inverno si riuniscono e, sfregandosi tra di loro emettono un particolare umore mucoso. Nella stessa maniera fanno i murici. Ma le porpore hanno in mezzo alla bocca quel fiore ricercato per tingere le vesti. Qui si trova una candida vena con pochissimo liquido, da cui nasce quel prezioso colore di rosa che tende al nero e risplende. Il resto del corpo non serve a niente. Si cerca di catturarle vive, perché gettano fuori questo succo insieme alla vita. E si estrae dalle porpore più grandi dopo che viene tolta la conchiglia, mentre le più piccole vengono frantumate vive con la mola, in modo da fargli espellere quel liquido.
    Il migliore dell'Asia è quello di Tiro; di Gerba quello dell'Africa, e sulla spiaggia del mare di Getulia; in Laconia quello d'Europa. Di questo sono ornati i fasci e le scuri Romane, e sempre questo dà maestà alla giovinezza. Distingue il senatore dal cavaliere; è utilizzato per placare gli dei, e fa risplendere ogni veste: nei trionfi è mescolato all'oro. Per questo sia scusata la follia della porpora. Ma da dove provengono i prezzi delle conchiglie, che hanno cattivo odore nel sugo, un colore grigiastro austero e simile al mare in tempesta?
    La lingua della porpora è lunga quanto un dito e con essa si nutre forando le altre conchiglie: tanta è la durezza dell'aculeo. E si uccidono con l'acqua dolce, e perciò si immergono in un fiume: altrimenti una volta prese, vivono cinquanta giorni con la loro saliva. Tutte le conchiglie crescono molto rapidamente, e specialmente le porpore: raggiungono le loro dimensioni in un anno. Vi sono due tipi di conchiglie che producono il colore detto porpora e quello detto conchilio (la materia è la stessa, ma diversa la combinazione). La conchiglia più piccola è il buccino, così detta per la sua somiglianza alla tromba, con cui si suona: e da qui l'origine del nome, per la rotondità della bocca, incisa nel margine. L'altra è chiamata porpora, ha un rostro sporgente a forma di cunicolo e un'apertura laterale. In più ha spine simili a chiodi fino all'apice della spira, con circa sette aculei per giro, che non ci sono invece nel buccino: ma entrambi hanno tanti giri quanti sono i loro anni. Il buccino aderisce ad alcune pietre e si raccoglie fra gli scogli.
    Le porpore vengono chiamate anche pelagie. Ce ne sono molti tipi, che si diversificano per l'alimentazione e per il substrato dove si trovano. La lutense si nutre di fango mentre la algense di alghe, entrambe sono di scarsissimo valore: migliore è la teniense, che si raccoglie negli scogli; ma anche questa è troppo leggera e liquida; la calcolense prende il nome dai sassi del mare, incredibilmente adatta alle conchiglie in genere e soprattutto per le porpore; la dialutense si chiama così perché si nutre in substrati di vario genere. Le porpore si prendono con strumenti simili a nasse, piccoli e con maglie larghe, gettati in profondità. Essi contengono come esca delle conchiglie chiuse e robuste, come i mitili: queste, mezze morte, ma ritornate in mare, rivivono aprendosi rapidamente e richiamano le porpore, che le penetrano con le loro lingue distese; ma quelle, stimolate dall'aculeo, si chiudono e stringono le lingue: così le porpore vengono tenute penzolanti per la loro avidità. »
    (Plinio il Vecchio)


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    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 15:39
     
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    Haustellum haustellum



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    Superfamiglia - MURICOIDEA

    Famiglia - MURICIDAE

    Specie - Haustellum haustellum, Linneo

    Origine - Indo-Pacifico

    Dimensioni - 13 cm

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    Conchiglia solida, con spire basse, grande spira terminale e canale sifonale lungo e diritto. Le coste verticali sporgono sulle ultime spire dove sviluppano 3 varici per spira. il calene sifonale è privo di spine.

    Colore crema o rosato, con macchie e punteggiature brune, con barre sulle varici. Labbra dell'apertura arancioni o rosa





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    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 15:42
     
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    SIRATUS MOTACILLA



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    Superfamiglia - MURICOIDEA

    Famiglia - MURICIDAE

    Specie - SIRATUS MOTOCILLA, GMELIN

    Origine - Indie Occidentali

    Dimensioni - 7 cm

    Conchiglia pesante con spirale breve e un grossa spira terminale rigonfia. La spira terminale ha 3 varici tra le quali vi sono dei tubercoli marcati. il labbro esterno ha un bordo sinuoso e pochi denti. Colore crema, soffuso di rosa, con macchie brune




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    SIRATUS LACINIATUS



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    Superfamiglia - MURICOIDEA

    Famiglia - MURICIDAE

    Specie - SIRATUS MOTOCILLA, SOWERBY

    Origine - Pacifico tropicale

    Dimensioni - 5 cm

    Conchiglia con spire alte e una grande spira terminale. Ogni spira ha 3 varici scariose. Il resto della conchiglia ha varici intersicate da scaglie scanalate. Canale sifonale breve e largo; labbro esterno con denti piccoli, columella liscia. Colore arancione o bruno chiaro, con varici più scure. L'apice è rosa o bruno scuro, la columella è violetta.




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    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 15:53
     
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    NAQUETIA TRIGONULA



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    Superfamiglia - MURICOIDEA

    Famiglia - MURICIDAE

    Specie - NAQUETIA TRIGONULA, LAMARCK

    Origine - Indo-Pacifico tropicale

    Dimensioni - 5 cm


    Conchiglia spessa e allungata le cui spire occupano un terzo della sua lunghezza. La sutura è molto marcata sulle prime due spire. Denti presenti sul labbro esterno. La comunella è liscia. Le creste spirali sono più forti sulla metà inferiore della spira terminale.
    Colore giallastro, con bande spiralate brune e con punteggiatura.



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    PTEROPURPURA TRIALATA

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    Superfamiglia - MURICOIDEA

    Famiglia - MURICIDAE

    Specie - PTEROPURPURA TRIALATA, SOWERBY

    Origine - California

    Dimensioni - 6 cm


    Conchiglia leggera di forma triangolare. spire brevi e appuntite, spira terminale grande. Canale sifonale lungo, largo, leggermente incurvato. le spire hanno tre varici, con un'ala sottile e increspata. Tra le varici sono presenti tubercoli piccoli ed arrotondati. Il labbro esterno ha bordo diritto ed incurvato. Columella liscia e diritta
    Colore bianco-giallastro, con bande a spirale brune



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    Edited by gheagabry1 - 4/9/2021, 16:05
     
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