REMBRANDT

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    Rembrandt Harmenszoon van Rijn



    Rembrandt Harmenszoon Van Rijn: Autoritratto con gorgiera


    Rembrandt Harmenszoon van Rijn (Leida, 15 luglio 1606 – Amsterdam, 4 ottobre 1669) è stato un pittore e incisore olandese.

    Viene generalmente considerato come uno dei più grandi pittori della storia dell'arte europea e il più importante di quella olandese. Il suo periodo di attività coincide con quello che gli storici definiscono l'età dell'oro olandese.

    Dopo aver ottenuto un grande successo fin da giovane come pittore ritrattista, i suoi ultimi anni furono segnati da tragedie personali e difficoltà economiche. I suoi disegni e dipinti furono popolari già durante la sua vita, la sua reputazione rimase alta e per vent'anni fu maestro di quasi tutti i più importanti pittori olandesi. I più grandi trionfi creativi di Rembrandt sono evidenti specialmente nei ritratti dei suoi contemporanei, nei suoi autoritratti e nelle illustrazioni di scene tratte dalla Bibbia. Sia nella pittura che nella stampa egli esibì una completa conoscenza dell'iconografia classica che modellò per adattarla alle proprie esigenze. Così, la rappresentazione di scene bibliche era costituita dalla sua conoscenza dei relativi testi, dall'influenza delle tematiche classiche e dall'osservazione della popolazione ebrea di Amsterdam. Per la sua comprensione della condizione umana, inoltre, fu definito "uno dei grandi profeti della civiltà".



    altro autoritratto del 1640


    La vita

    Rembrandt Harmenszoon van Rijn nacque il 15 luglio 1606 a Leida nei Paesi Bassi. Era il quarto di sei figli sopravvissuti all'infanzia su dieci complessivi avuti dalla madre (il nono in ordine di nascita).[1] La sua era una famiglia benestante nonostante il padre fosse un mugnaio e la madre la figlia di un fornaio (è dimostrato dai testamenti dei genitori deceduti rispettivamente nel 1630 e nel 1640).[2] Da ragazzo frequentò la scuola di latino e si iscrisse quindi all'Università di Leida, anche se secondo un contemporaneo mostrava già un grande talento per la pittura: ben presto venne messo a bottega da uno dei pittori storici di Leida, Jacob van Swanenburgh. Dopo un breve ma importante periodo di apprendistato ad Amsterdam con il celebre pittore Pieter Lastman, Rembrandt aprì uno studio a Leida, che condivise con l'amico e collega Jan Lievens. Nel 1627 Rembrandt iniziò ad accettare a sua volta degli apprendisti, tra i quali Gerrit Dou.

    Nel 1629 Rembrandt fu scoperto dallo statista e poeta Constantijn Huygens, il padre di Christiaan Huygens (un celebre matematico e fisico olandese), che gli procurò importanti commissioni da parte della corte reale dell'Aja. Grazie a questo contatto, il principe Frederik Hendrik continuò ad acquistare dipinti di Rembrandt fino al 1646.

    Entro il 1631 Rembrandt si era creato una così buona reputazione da ricevere numerosi incarichi ad Amsterdam per la realizzazione di ritratti. Di conseguenza si trasferì in quella città andando ad abitare nella casa del mercante d'arte Hendrick van Uylenburgh. Questo trasferimento fu alla fine causa del suo matrimonio con la cugina di Hendrick, Saskia van Uylenburgh. Si trattò probabilmente di un matrimonio contratto sia per amore che per un avveduto calcolo economico: Saskia proveniva infatti da un'ottima famiglia e suo padre era stato avvocato e burgemeester (sindaco) di Leeuwarden. Quando Saskia, che era la sorella minore, era rimasta orfana era andata a vivere con la sorella maggiore a Het Bildt. Si sposarono nella chiesa locale, senza che i parenti fossero presenti.



    Ritratto di Saskia ridente




    Ritratto di Saskia van Uylenburgh




    Ritratto di Saskia con cappello



    Nel 1639 Rembrandt e Saskia si trasferirono in una bella casa in Jodenbreestraat, nel quartiere ebraico, che è stata poi trasformata nel museo Rembrandthuis. Fu lì che Rembrandt spesso fece posare i suoi vicini ebrei per usarli come modelli per i quadri che rappresentavano scene dell'Antico Testamento.[3] Anche se le cose andavano bene sotto il profilo economico, la coppia dovette affrontare diverse difficoltà personali: loro figlio Rumbartus morì nel 1635 solo due mesi dopo la nascita e nel 1638 morì invece a solo tre settimane la figlia Cornelia. Nel 1640 anche una seconda figlia, anch'essa chiamata Cornelia, morì a neppure un mese di vita. Solo il loro quarto figlio, Titus nato nel 1641, riuscì a sopravvivere ed a raggiungere l'età adulta. Saskia morì nel 1642 poco dopo la nascita di Titus, probabilmente di tubercolosi. I disegni dell'artista che la ritraggono malata sul letto di morte sono senz'altro tra le sue opere più commoventi.

    Durante la malattia di Saskia venne assunta una certa Geertje Dircx come balia di Titus ed infermiera, ed è possibile che sia diventata anche l'amante di Rembrandt. In seguito accusò il pittore di non aver mantenuto una promessa di matrimonio e Rembrandt la fece rinchiudere in un manicomio di Gouda dopo che la donna aveva tentato di vendere i gioielli appartenuti a Saskia che il pittore le aveva affidato.

    Verso la fine del decennio del 1640 Rembrandt iniziò una relazione con Hendrickje Stoffels, molto più giovane di lui, che all'inizio era stata la sua domestica. Nel 1654 ebbero una figlia, Cornelia, fatto che attirò sulla testa di Hendrickje un rimprovero ufficiale della Chiesa riformata olandese perché "viveva nel peccato". La coppia veniva considerata come legalmente sposata dalla legge civile, ma in effetti Rembrandt non sposò Henrickje, per non perdere il controllo di un fondo istituito in favore di Titus per volontà della madre. Rembrandt, a differenza della compagna, non fu però convocato ad apparire davanti al consiglio della Chiesa riformata perché non ne faceva parte. Tuttavia Rembrandt era indebitato con alcuni degli anziani della chiesa e quindi ne subì comunque le indirette pressioni. Va ad onore di Henrickje che nonostante tutto si rifiutò di lasciare l'artista.

    Rembrandt viveva al di sopra dei propri mezzi, comprando opere d'arte (talvolta riacquistando ad un prezzo superiore i suoi stessi lavori), stampe (spesso usate nei suoi dipinti) ed oggetti rari, abitudine che probabilmente lo condusse alla bancarotta nel 1656. Il suo stato di insolvenza fece sì che la maggior parte dei suoi dipinti e dei suoi oggetti di antiquariato finirono per essere messi all'asta. Fu costretto anche a vendere la propria casa e il suo torchio da stampa, trasferendosi in un'abitazione più modesta nella zona di Rozengracht. Lì Hendrickje e Titus fondarono una società, dando a Rembrandt un impiego e proteggendolo dai creditori. Nel 1661 fu ingaggiato per completare le decorazioni del palazzo comunale di nuova costruzione, ma morì prima di completare il lavoro.

    Rembrandt sopravvisse sia a Hendrickje, morta probabilmente di peste nel 1663, che a Titus: questi si era sposato da un anno con Magdalena Van Loo, da cui aveva avuto una bambina, Titia; la stessa Magdalena morirà poco prima del pittore che morì un anno dopo il figlio, il 4 ottobre 1669 ad Amsterdam a 63 anni, e fu sepolto in una tomba anonima nella Westerkerk.



    Tobia, Anna e il capretto




    La cena in Emmaus




    Studioso in lettura



    Le opere


    In una lettera ad un committente, Rembrandt fornisce l'unica spiegazione giunta fino a noi di quale obiettivo si proponesse di raggiungere attraverso la sua arte: "Il movimento più grande e naturale", traduzione di "die meeste ende di naetuereelste beweechgelickheijt". La parola beweechgelickheijt potrebbe anche significare "emozione" o "causa prima". Se Rembrandt con questa affermazione si riferisse ad un obiettivo materiale o ad obiettivi altri e superiori è una questione ancora aperta alle interpretazioni. In ogni caso Rembrandt è riuscito a fondere gli aspetti terreni e quelli spirituali come nessun altro pittore nella cultura occidentale è riuscito a fare.[4]


    Cristo nella tempesta sul mare di Galilea, 1633. Olio su tela.Gli esperti dell'inizio del XX secolo sostennero che Rembrandt avesse realizzato più di 600 dipinti, quasi 400 incisioni e circa 2.000 disegni. Studiosi di epoca successiva, dagli anni sessanta ad oggi (guidati dal Rembrandt Research Project), non senza discussioni, hanno ridotto il numero delle opere sicuramente a lui attribuibili a 300 dipinti. È probabile che nel corso della sua vita abbia in effetti realizzato più di 2.000 disegni, ma quelli sopravvissuti sono meno di quanto un tempo si fosse ritenuto. Eseguì molti autoritratti, quasi un centinaio tra cui 20 incisioni. Esaminati nell'insieme ci forniscono una visione eccezionalmente chiara dell'artista, del suo aspetto fisico e - più importante - della sua evoluzione psicologica, come ci rivela il volto segnato dagli anni delle ultime opere.

    Tra le più importanti caratteristiche della sua arte ci sono l'uso del chiaroscuro e il sapiente e scenografico sfruttamento della luce e delle ombre derivato da Caravaggio, ma adattato per i suoi scopi personali, l'abilità di presentare i soggetti in modo teatrale e realistico senza il rigido formalismo spesso presente negli artisti suoi contemporanei ed un'evidente e profonda compassione per l'uomo, senza preoccuparsi della sua ricchezza o età.

    Inserì spesso i suoi parenti più stretti - la moglie Saskia, il figlio Titus e la seconda compagna Hendrickje - nei suoi dipinti, molti dei quali a soggetto mitologico, biblico o storico, dando le loro sembianze ai personaggi principali.



    Cristo nella tempesta sul mare di Galilea




    Ritratto di giovane signora con ventaglio




    Busto d'uomo in costume orientale



    Periodi, temi, e stili


    Durante il periodo che Rembrandt trascorse a Leida (1625-1631) l'influenza di Lastman su di lui fu molto evidente. I suoi dipinti sono di dimensioni piuttosto ridotte ma presentano una grande ricchezza di dettagli (ad esempio nella cura delle vesti e dei gioielli dei soggetti). Affronta principalmente temi religiosi ed allegorici. Nei suoi primi anni ad Amsterdam (1632-1636) iniziò a dipingere scene drammatiche tratte dalla Bibbia o dalla mitologia di grande formato e dai colori molto contrastati. Cominciò anche ad accettare di eseguire ritratti su commissione.

    Verso la fine del decennio 1630 eseguì alcuni quadri e diverse stampe di argomento paesaggistico. Questi paesaggi spesso accentuavano la forza drammatica della natura, rappresentando alberi sradicati e cieli tetri e minacciosi. Dal 1640 il suo stile diventò meno esuberante ed adottò toni più sobri, come riflesso delle tragedie personali che stava vivendo. Le scene bibliche furono più frequentemente tratte dal Nuovo Testamento piuttosto che dall'Antico come invece aveva fatto fino a quel momento. Un'eccezione è rappresentata dall'enorme La ronda di notte, la sua opera di maggiori dimensioni, nonché la più vigorosa e d'impatto. I paesaggi furono sempre più spesso realizzati a stampa anziché dipinti: le oscure forze della natura cedettero il posto a tranquille scene rurali tratte dalla campagna olandese.

    Nel decennio successivo lo stile di Rembrandt cambiò nuovamente: i suoi dipinti divennero di maggiori dimensioni, il colore si fece più ricco ed intenso ed i colpi di pennello più evidenti e pronunciati. Con questi cambiamenti Rembrandt prese le distanze dai suoi primi lavori e dalla moda del tempo che al contrario tendeva verso opere formalmente più curate e ricche di dettagli. Nel corso degli anni, pur continuando ad eseguire quadri ispirati a temi biblici, spostò la sua attenzione dalla scene di gruppo ad alta intensità drammatica a singole figure più delicate e simili a ritratti. Nei suoi ultimi anni Rembrandt dipinse i suoi autoritratti più riflessivi e introspettivi.



    Il rapimento di Europa




    Ritratto di Maria Trip




    Ritratto di Cornelius Claesz Anslo con una donna



    Il nome e la firma


    "Rembrandt" è una modifica fatta a posteriori del nome dell'artista che adottò a partire dal 1633. Le prime firme sui suoi lavori (1625 circa) consistevano nella sola iniziale "R", oppure nel monogramma "RH" (che stava per Rembrant Harmenszoon, ovvero "figlio di Harmen") e, a partire dal 1629, "RHL" (dove la "L" significava probabilmente Leida). Nel 1632 iniziò a firmare i quadri in questo modo, ma poi vi aggiunse il suo cognome ottenendo "RHL-van Rijn": sostituì però questo tipo di firma nello stesso anno ed iniziò ad usare il suo nome scritto nella forma originaria, "Rembrant". Nel 1633 aggiunse una "d", e da allora mantenne questa forma, dimostrando così che quel piccolo cambiamento aveva per lui un significato importante (di qualsiasi cosa si trattasse). Il cambiamento è di tipo puramente visivo; il modo in cui il nome viene pronunciato resta inalterato. Curiosamente, nonostante il gran numero di dipinti e stampe siglati con questa modifica, la maggior parte dei documenti che parlano di lui redatti nel corso della sua vita mantengono la forma originaria, "Rembrant".


    Ritratto d'uomo in costume di nobile polacco




    Il festino di Baltassar



    La teoria del difetto di vista

    In un articolo pubblicato il 16 settembre 2004 sul New England Journal of Medicine, Margaret S. Livingstone, docente di neurobiologia della facoltà di medicina dell'Università di Harvard, suggerisce che Rembrandt, i cui occhi sembrano avere avuto un difetto nell'allineamento della vista, soffrisse di "perdita di stereopsi", una condizione in cui risulta difficile o impossibile percepire correttamente la profondità. È giunta a questa conclusione dopo aver studiato 36 autoritratti dell'artista. Dato che non possedeva una normale visione binoculare, il suo cervello automaticamente sceglieva di utilizzare un solo occhio per l'osservazione. Questa particolare disabilità potrebbe avergli fatto percepire come fossero piatte molte delle immagini che vedeva, agevolandolo poi nel trasferirle sulle bidimensionali tele. Secondo la Livingstone questo potrebbe essere stato un vantaggio per un grande pittore come lui perché "Gli insegnanti d'arte spesso dicono agli studenti di chiudere un occhio per percepire come piatto ciò che osservano. Perciò, la "perdita di stereopsi" potrebbe non essere un handicap - ma anzi rivelarsi un vantaggio - per alcuni artisti."

    Questa teoria presenta però degli aspetti criticabili perché tra le più grandi qualità di Rembrandt c'è l'abilità di riprodurre l'illusione del volume, la percezione del quale richiede una normale capacità di visione.



    Geremia prevede la distruzione di Gerusalemme



    Ritratto di Agatha Bas




    La ronda di notte

     
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    Un’elefantessa dal nome (maschile) di Hansken, vissuta tra il 1630 e il 1655.... tra le attenzioni e gli onori avuti in tutta Europa, Hansken poteva vantare di essere stata ritratta nientemeno che da Rembrandt Van Rijn. Le sue origini indiane sono attestate da alcuni dettagli che non devono sfuggire a un buon disegnatore: la sommità della testa suddivisa in due lobi, orecchie e zanne piccole, la groppa non insellata come nel suo cugino africano, l’estremità della proboscide costituita da un’unica appendice simile a un dito. Andando, poi, ad osservare le zampe, notiamo che l’elefante indiano (o asiatico) ha cinque unghie in quelle anteriori e quattro nelle posteriori, dove, invece, il suo parente africano ne ha solo tre. Ma torniamo alla nostra Hansken e alla sua fama...Rembrandt la consegnò alla storia.

    Rembrandt dovette rimanerne affascinato. Tant’è vero che, oltre ad averne realizzato degli studi a gesso e carboncino, la inserì anche in un’incisione raffigurante Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre. I due antenati sono colti nell’atto di commettere il peccato originale, consigliati da un mostruoso serpente, più simile a un drago peloso, con tanto di zampe e ali da pipistrello, che al rettile immaginato solitamente dagli artisti e di cui parla la Bibbia. Adamo e la sua compagna sono ritratti in primo piano, sotto l’albero su cui il tentatore si è arrampicato. I loro corpi nudi sono quasi completamente oscurati dall’ombra proiettata dalle fronde, chiara metafora del peccato, mentre il paesaggio in lontananza è illuminato dalla luce abbagliante del giorno, altra chiara metafora. In questo Eden, ancora innocente e permeato dalla grazia divina, Hansken si muove tra la vegetazione, sollevando la proboscide. Sul significato della presenza di un elefante in un contesto simile si potrebbe scrivere molto. L’elefante viene dall’oriente, luogo in cui è collocato l’Eden secondo l’antica tradizione e, in particolare in un antico testo greco, il Physiologus. Qui si racconta che l’elefante non è preda del desiderio carnale e, quando è il momento di generare dei figli, torna in oriente. Il manoscritto racconta che qui la femmina offre il frutto della mandragola al maschio che, solo dopo averne mangiato, si accoppia e la feconda. Durante il parto, l’elefante protegge la sua compagna dal serpente di cui è nemico e lo schiaccia con la zampa uccidendolo.



    La similitudine tra Adamo ed Eva e l’elefante è esplicita, e non ci deve stupire la presenza di Hansken nella scena rembrandtiana. Torniamo, però, ai disegni e alle incisioni e mettiamole a confronto. Per prima cosa dobbiamo ammirare e stupirci della verosimiglianza con cui Rembrandt rappresenta il suo modello nei disegni a gesso nero e carboncino. In uno di questi, c’è Hansken osservata da una famigliola, schizzata in secondo piano con lunghe linee sinuose. L’artista costruisce, invece, la figura del pachiderma con piccoli tratti spezzati, rendendo così la ruvida screpolatura della pelle. Sotto la pancia e sotto il collo, la trama si infittisce, e l’effetto è rinforzato dall’uso del carboncino. Alcune note ancora, di carattere tecnico: il disegno a brevi tratti incrociati e la parsimonia nell’uso di linee di contorno, specialmente sul dorso, non vanno a discapito della forma generale del soggetto. Essa si indovina dall’ombreggiatura, peraltro essenziale, che supplisce alla mancanza di un disegno eccessivamente marcato, e l’ampia zona di luce sulla schiena risulta leggibile tanto quanto le parti in ombra, nonostante la quasi totale assenza di disegno che la contraddistingue. La struttura che ho individuato, quindi, nelle mie lezioni di disegno riguardanti l’elefante, resta ben visibile e chiara, senza che Rembrandt senta l’esigenza di rimarcarla.


    dal web
     
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  4. gheagabry
     
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    Alcuni disegni







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    Autoritratto con capelli scompigliati

    Da Wikipedia





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    Data 1628 circa
    Tecnica olio su tela
    Dimensioni 22,6×18,7 cm
    Ubicazione Rijksmuseum, Amsterdam

    Autoritratto con capelli scompigliati è un dipinto ad olio su tela di cm 22,6 x 18,7 realizzato nel 1628 circa dal pittore Rembrandt Harmenszoon Van Rijn.

    È conservato al Rijksmuseum di Amsterdam.

    Si tratta del primo autoritratto dell'artista, eseguito a 22 anni. Per le caratteristiche particolari, si crede che il dipinto non abbia intento ritrattistico, quanto di studio sulla luce radente un volto: il viso del pittore è infatti in penombra, tanto che è difficile riconoscerne i lineamenti.



     
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  6. tomiva57
     
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    In Italia i Rembrandt dell'Ermitage

    Dal 26 novembre a Padova. E Giotto vola a San Pietroburgo




    (Di Silvia Lambertucci)

    A Padova arriva Rembrandt. E dalla Cappella degli Scrovegni Giotto vola a San Pietroburgo. Proprio nei giorni in cui nelle sale dell'Ermitage sono di scena i capolavori della pittura ottocentesca italiana, da Hayez a Fattori, da Lega a Boldini, si rinnovano gli scambi tra il museo russo e le citta' italiane. Pezzi forti della grandiosa collezione raccolta da Caterina II (l'Ermitage possiede 37 opere di Rembrandt), 'Il Ritratto di Vecchia' e il 'Ritratto di vecchio ebreo' sono due tele intensissime e toccanti, opere della maturita' del pittore fiammingo, dipinte entrambe nel 1654, due anni prima del fallimento che costrinse Rembrandt, che era un pessimo uomo d'affari , a mettere all'asta la sua collezione di opere- persino le matrici delle incisioni- e altre proprieta'.

    Ai musei civici di Padova, i due oli dell'Ermitage - primo frutto del protocollo d'intesa firmato tra la citta' veneta e il Museo russo- saranno il fulcro di una rassegna che dal 26 novembre raccontera' l'arte del maestro olandese anche con una serie di preziose stampe, mai prima d'ora esposte al pubblico, provenienti dalle collezioni civiche (museo d'arte e museo Bottacin) e da quella del Marchese Federico Manfredini, conservata nella biblioteca del seminario vescovile di Padova.

    Anche fra le stampe - una quarantina tra fogli originali e copie- ci sono capolavori indiscussi , come il foglio con Cristo che risana gli infermi, conosciuto come la Stampa dei cento fiorini, o il Ritratto di Jan Six. Pagine nelle quali Rembrandt, abilissimo nella tecnica oltre che grande sperimentatore, capace di incidere nella stessa maniera e con la stessa rapidita' e precisione con la quale disegna, raggiunge risultati altissimi. Aperta fino al 30 gennaio 2012, la mostra padovana e' curata da Davide Banzato, Elisabetta Gastaldi, Mari Pietrogiovanna, Irina Sokulova, e promossa dal comune di Padova, dai Musei civici agli Eremitani, dall'Ermitage in collaborazione con la Fondazione Ermitage Italia, con il contributo di Fischer Italia e della Fondazione Antonveneta. A organizzarla sono i Musei Civici con la collaborazione di Villaggio Globale International, mentre il catalogo e' edito da Skira.

    Fissato invece per il 6 dicembre il debutto di Giotto all'Ermitage con una tavola preziosissima proveniente dalla Cappella degli Scrovegni dove era collocata sull'arco trionfale. Restaurata qualche anno fa, raffigura l'Eterno Padre mentre assegna all'Arcangelo Gabriele il compito dell'Annunciazione. La scelta dell'opera non e' casuale, spiegano gli organizzatori. Perche' e' proprio sul tema degli affreschi , di cui Padova conserva moltissime testimonianze, che sara' centrata la collaborazione fra le istituzioni patavine e russe: studi, ricerche, restauri e progettazione condivisa, che vedranno anche il coinvolgimento dell'antica capitale Novgorad.

    Molto nota per le icone, Novgorad era anche ricca di chiese e di affreschi che furono devastati dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e che ora gli esperti russi stanno restaurando con una tecnica simile a quella usata a Padova per il lavoro che ha ricostruito parte degli affreschi del Mantegna nella Cappella Ovetari, frantumata da un bombardamento alleato nel 1946. La collaborazione scientifica avviata fra i due paesi con il nuovo protocollo potrebbe portare novita' anche su questo tema.


    fonte:ansa.it
     
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  7. gheagabry
     
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    Rembrandt a Padova.

    Cogliere nel solco di una ruga la rassegnazione della vita che giunge al termine. Dipingere corpi avvizziti, capelli canuti e spalle ricurve sotto il peso degli anni. Senza mai negare alla senilità la dignità che merita. Nessuno ha saputo rappresentare la stagione del tramonto meglio di Rembrandt. I ritratti del pittore olandese arrivano nei Musei Civici agli Eremitani di Padova: sono solo due, Ritratto di vecchia e Ritratto di vecchio ebreo, prestati eccezionalmente dall’Ermitage di San Pietroburgo, in mostra dal 26 novembre al 30 gennaio 2012. Due capolavori (assicurati per 30 milioni di euro), preziose testimonianze di quella tecnica pittorica tanto cara a Rembrandt, il tronie (teste), ovvero la raffigurazione, spesso su commissione, di soggetti reali. Un’occasione unica resa possibile dall’accordo di scambio tra Padova e San Pietroburgo, un patto d’amicizia siglato ad arte. Infatti, in cambio delle due opere, dal 6 dicembre all’Ermitage sarà esposto l’Eterno Padre, la preziosa tavola di Giotto, in trasferta per la prima volta. Pennellata larga, stesso schema compositivo e quei chiaroscuri che hanno reso grande la pittura di Rembrandt in tutta Europa. Davanti alla bellezza dei due ritratti, entrambi dipinti nel 1654 e acquistati dal conte (e raffinato collezionista) Silvain-Raphael Badouin, si resta a bocca aperta. La tela dell’anziana donna, da molti identificata con la madre del pittore, “è connotata da tristezza e devota rassegnazione. La sua figura, adornata d’abiti scuri e copricapo nero, si staglia laconicamente sullo sfondo velato di ombre traslucide”, come racconta Irina Sokolova, una delle curatrici della mostra. L’uomo magro, invece, del Ritratto di vecchio ebreo è Thomas Parr, secondo la leggenda vissuto 152 anni e 9 mesi. Insieme ai ritratti, sono esposte anche 40 stampe, fogli originali e copie, delle ricche collezioni civiche (Museo d’Arte e Museo Bottacin) e della collezione del marchese Federico Manfredini, conservata nella Biblioteca del Seminario Vescovile. Altro scambio nel segno dell'arte, questa volta a Napoli. La Galleria di Palazzo Zevallos Stigliano, di proprietà del gruppo Intesa Sanpaolo, ospita un altro Rembrandt, Ritratto di vecchia signora. Il dipinto arriva dal Museo Statale di Belle Arti Pushkin di Mosca ed è stato prestato in cambio del Martirio di Sant'Orsola di Caravaggio, in occasione dell'Anno della cultura e della lingua italiana in Russia e della cultura e lingua russa in Italia (fino al 10 marzo 2012, www.palazzozevallos.com). Un confronto a distanza di due giganti della pittura. E un ulteriore conferma di quanto l'arte possa diventare strumento di dialogo tra civiltà. (corriere)

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6 replies since 17/2/2011, 10:17   2107 views
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