Lazio 8^ parte

QUANTO SEI BELLA ROMA QUANN’E’ SERA..VEDO LA MAESTA’ DEL COLOSSEO..VEDO LA SANTITA’ DER CUPPOLONE...

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Domenica ... rioni, piazze, fontane e monumenti ... in questi giorni abbiamo cercato, trovandole, emozioni nascoste in ogni luogo di Roma ... pietre che raccontano storie lunghe millenni e statue che parlano dando voce al popolo ... vite che hanno attraversato questi luoghi ci emozionano nel ricordo dei tempi andati ... Roma che ha percorso con la sua storia la la parobola che porta dalla polvere alla gloria e poi ancora polvere ... ci sono molte immagini che identificano questa città nell’immaginario ... il Colosseo, la Lupa ... oppure quello che i romani chiamano “er cuppolone” ... non c’è immagine di Roma che non immortali quella cupola ... parlo di San Pietro .. della Città del Vaticano ... non si può pensare di descrivere Roma senza aver fatto cenno a San Pietro, “ar cuppolone” ... e allora oggi parleremo e descriveremo le meraviglie riposte in questo luogo ... Buon risveglio amici miei ... a bordo di una tipica “carrozzella” oggi andremo a San Pietro ... “

    (Claudio)



    QUANTO SEI BELLA ROMA QUANN’E’ SERA..VEDO LA MAESTA’ DEL COLOSSEO..VEDO LA SANTITA’ DER CUPPOLONE..


    “Con una superficie di appena 44 ettari, lo Stato della Città del Vaticano è il più piccolo stato indipendente del mondo. ..I suoi confini sono delimitati dalle mura e, su piazza San Pietro, dalla fascia di travertino che congiunge le due ali del colonnato….ed alcune zone di Roma e fuori Roma, che godono del diritto della "extraterritorialità"…. Sorto con il Trattato Lateranense, firmato l’11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l’Italia, che ne ha sancito la sua qualità di suprema istituzione della Chiesa cattolica, "l’assoluta e visibile indipendenza e garantirle una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale”…..la forma di governo è la monarchia assoluta... Capo dello Stato è il Sommo Pontefice ……Ha una propria bandiera, batte moneta propria, ed emette propri francobolli postali…. è edito un giornale quotidiano, "L’Osservatore Romano", fondato nel 1861, e, dal 1931, funziona una emittente, la Radio Vaticana, che trasmette in tutto il mondo in varie lingue…..Alle esigenze di sicurezza del Papa e dello Stato provvedono il Corpo della Guardia Svizzera, fondato nel 1506, i cui appartenenti indossano una divisa che, secondo la tradizione, sarebbe stata disegnata da Michelangelo, e il Corpo della Gendarmeria, addetto a tutti i servizi di polizia e sicurezza dello Stato.”

    “Il termine Vaticano anticamente identificava l’area paludosa sulla riva destra del Tevere, compresa fra Ponte Milvio e l’odierno Ponte Sisto…Durante il periodo regio e per tutta l’età repubblicana, il territorio era noto come Ager Vaticanus ….In età imperiale, a partire dal II secolo d.C., è attestato il toponimo Vaticanum che comprendeva un’area grossomodo corrispondente a quella dell’odierno Stato della Città del Vaticano….. In epoca romana l’area, esterna alla città di Roma, fu bonificata e occupata da ville, dai giardini di Agrippina – madre dell’imperatore Caligola (37-41 d.C.) – e da vaste necropoli disposte lungo le arterie principali. Nei giardini della madre, Caligola costruì un piccolo circo per gli allenamenti degli aurighi (Gaianum), ristrutturato successivamente da Nerone (54-68 d.C.), presso il quale la tradizione vuole che Pietro abbia subìto il martirio nella grande persecuzione contro i cristiani ordinata da Nerone nel 64 d.C….La presenza di Pietro porta molti fedeli cristiani.. si formò una Necropoli ..poi sepolta durante la costruzione della Basilica dedicata all’apostolo, voluta dall’imperatore Costantino (306-337 d.C..Dopo aver liberalizzato il culto della religione cristiana con il famoso Editto di Milano del 313 d.C., l’imperatore Costantino diede avvio alla costruzione di una grande chiesa a cinque navate, al centro della quale era il sepolcro di Pietro…il circo neroniano andava progressivamente in rovina…le sue pietre venivano utilizzate per la costruzione della nuova chiesa.. Leone IV (847-855) costruirà le prime mura della civitas che da lui prenderà il nome di "Leoniana’’ e che costituirà il nucleo spirituale della nuova Roma medioevale e rinascimentale….dal 1309 la sede papale fu trasferita ad Avignone…e Roma e la Basilica di San Pietro restarono abbandonate per oltre un secolo. Occorreranno infatti circa 50 anni dal 1377, anno del ritorno del Papato a Roma, per ridare lustro alla città…”

    “Nel 476 finisce l’impero romano d’Occidente, dopo che Roma è stata saccheggiata prima, nel 410, dai visigoti di Alarico e poi, nel 455, dai vandali di Genserico, mentre la parte orientale dell’impero sopravvive attorno a Costantinopoli, la Nuova Roma creata dall’imperatore Costantino I il Grande dove sorgeva la vecchia Bisanzio…..Fin dall’età di Papa san Leone I Magno (440-461) la popolazione romana può contare per la difesa dai barbari soltanto sul prestigio del suo vescovo.. Davanti all’avanzata dei longobardi, mentre l’esarca di Ravenna rivela la sua impotenza, Papa san Gregorio I Magno è il solo che riesca a tutelare efficacemente l’incolumità di Roma, sia con preparativi militari sia con trattative diplomatiche…. assume praticamente il governo della città, pur continuando a riconoscere l’autorità di Bisanzio….All’epoca la Chiesa romana dispone non solo di un immenso prestigio spirituale ma anche di ricchezze fondiarie rilevanti, costituite dalle donazioni offerte "a san Pietro" da fedeli di ogni condizione sociale ed economica….Alla fine del secolo VII l’Italia bizantina è guidata, sul piano politico, sociale ed economico, da uomini le cui famiglie e la cui fortuna sono legate sempre più alla Chiesa, l’unica istituzione in grado di favorire quella ordinata e pacifica convivenza sociale che né i bizantini né i longobardi potevano garantire. Nella lettera scritta nel 739 da Papa Gregorio III a Carlo Martello, maestro di palazzo dei franchi, compare per la prima volta si parla si “populus peculiaris beati Petri”, riferita alle popolazioni del Ducato Romano, del Ravennate e della Pentapoli, un’area fra la Romagna e le Marche, che sono il "gregge" del Papa…Nel 726, l’imperatore Leone III Isaurico scatena la lotta contro il culto delle immagini, aprendo una grave crisi religiosa che dura vari decenni ..è ormai necessario staccarsi da Bisanzio e nello stesso tempo difendersi dai longobardi.. uno dei capi naturali di questa causa è il Pontefice romano… nelle trattative agisce non solo come vicario di san Pietro ma anche come rappresentante del populus romanus….Lentamente ma senza incertezze i Papi guidano il movimento che porta all’emancipazione della repubblica di san Pietro dall’impero d’Oriente. Fra il 730 e il 750 il Pontefice diventa definitivamente l’erede dei bizantini….nel 754, di fronte alle minacce del re longobardo Astolfo, Papa Stefano II (752-757) …si reca a Ponthion, in Francia, alla corte di Pipino il Breve, re dei franchi, sollecitandone l’aiuto e stipulando un patto di amicitia…Il Pontefice incorona Pipino e gli concede il titolo onorifico di Patricius Romanorum, ottenendo in cambio la protezione militare del Patrimonio di san Pietro……Nel 774 Papa Adriano I si rivolge al re franco Carlo Magno, che scende in Italia e sconfigge re Desiderio, che minacciava Roma….. Carlo Magno amplia i confini della "repubblica" …Nella seconda metà del secolo VIII, quando il potere pontificio si è esteso ormai a tutte le terre bizantine dell’Italia Centrale, viene compilato…un falso documento, la così detta "donazione di Costantino". Il Constitutum Constantini intende illustrare una grande donazione dell’imperatore Costantino a Papa san Silvestro I .. all’inizio del secolo IV, concernente il palazzo del Laterano, i simboli della carica imperiale, compresa la corona, e le province occidentali dell’impero con la città di Roma…. il documento è stato redatto per legittimare le "usurpazioni" dei Papi in Italia…”

    “Alla fine dell’ anno Mille l’Europa era in ginocchio…con la spada dei Re cattolici e lo zelo dei missionari..il Cristianesimo aveva unificato l’Occidente in una grande nazione spirituale….la sicurezza dello Stato Pontificio era garantita dalle truppe del Sacro Romano Impero…in cambio di protezione, gli imperatori esercitavano una forte influenza sui papi….in pratica erano “burattini” al loro servizio…Nel 1073, Gregorio VII decise di cambiare gioco..in un famoso decreto, stabilì che non solo i papi avevano il diritto di legittimare un sovrano, ma anche di deporlo..ed affermò che il Papa era non solo il capo della chiesa, ma il “Signore del mondo”…chi non sottostava veniva “scomunicato”..cioè isolato dal mondo… ora i pontefici erano pronti a conquistare il mondo attraverso le Crociate e le spade…con Innocenzo III…la chiesa aveva raggiunto l’apice…una potenza militare, capace di schierare propri eserciti…ed era ricchissima…per le tasse che applicava….L’opulenza ecclesiastica crebbe a tal punto da suscitare scandalo….nel sud della Francia si formò un movimento anticlericale……la repressione fu durissima..per cancellare gli eretici o chiunque si opponesse al potere della Chiesa ..Gregorio IX ..creò la “Santa Inquisizione”..un tribunale ecclesiastico con potere incriminante…che aveva il compito di perseguire e condannare i nemici della Chiesa….la cosa sfuggì di mano…ne fecero le spese centinaia di innocenti…come non ricordare Giovanna D’Arco…tra XIII e il XV secolo..il sogno di egemonia svanì..le Crociate si risolsero in un fiasco…nel 1291..gli europei furono definitivamente cacciati….a minare il terreno già vacillante….Lorenzo Valla, sacerdote…nel 1440 dimostrò che la “Donazione di Costantino” era un falso…improvvisamente tutto crollò..così l’istruzione non era più un privilegio solo del clero… i fermenti europei fecero nascere università..fiorirono le scienze e le arti..era arrivato l’Umanesimo….Nonostante la cattiva reputazione..i papi del Rinascimento seppero impiegare le proprie ricchezze ..lasciando una straordinaria eredità culturale….riportarono Roma agli antichi splendori..”
    “Uno splendido fondale scenografico…un abbraccio del colonnato del Bernini, e nel cuore della Città del Vaticano, spicca la facciata della Basilica di San Pietro, massimo tempio della Cristianità e meta di pellegrinaggio per i Cattolici di tutto il mondo…..Ha dimensioni colossali: occupa un'area di 22mila metri quadri, la cupola ha un diametro di 42 metri e mezzo ed è alta, fino alla sommità della croce, 136,57 metri. All'interno vi sono 45 altari, 11 cappelle, circa 10mila metri quadri di mosaici, oltre a una serie di capolavori d'arte di incalcolabile valore….. è il risultato di una straordinaria serie di stratificazioni e di arricchimenti successivi..sotto il suo pavimento sono stati ritrovati resti di una necropoli romana nei pressi della quale fu verosimilmente sepolto l'apostolo Pietro… circa un secolo più tardi, venne eretta una nuova tomba, una piccola edicola funeraria con due colonnine. E sempre qui, nel 320, Costantino fece erigere la prima basilica, facendo interrare la necropoli romana e rialzando il piano della costruzione di circa 10 metri. Si trattava di una costruzione imponente, dal soffitto altissimo, a 5 navate e preceduta da un portico a colonne.. Oggi, di questa basilica, non rimangono che alcune immagini….La decisione di avviare un radicale rifacimento della chiesa costantiniana fu del papa Niccolò V, nel 1452, ma soltanto con Giulio II, e con il suo architetto Donato Bramante, si diede inizio alla costruzione del nuovo, grandioso impianto della basilica. Il progetto di Bramante, che prevedeva un edificio a pianta centrale, si poneva l'ambizioso programma di 'innalzare il Pantheon sulla basilica di Costantino' ma fu solamente avviato. Alla morte di Bramante, e col succedersi dei vari progettisti, la struttura della chiesa andava gradualmente configurandosi in quella attuale. Raffaello seguì al Bramante, poi Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane e, infine, Michelangelo, che, recuperando la concezione dell'architettura monumentale del Bramante, ideò un complesso colossale ma dalle forme più semplici, troneggiante al centro della piazza e sormontato da una gigantesca cupola a coronamento e sintesi dell'intero edificio… Nei circa trenta anni che seguirono, la "Fabbrica di San Pietro" venne affidata prima alla direzione del Vignola e poi a quella degli architetti Giacomo Della Porta e Domenico Fontana a cui si deve ascrivere il merito di aver portato a compimento intorno al 1588 d.C. ….Carlo Maderno, ritornò all'impianto basilicale a croce latina, e definì l'aspetto scenografico della facciata caratterizzato dalla scalinata, le colonne affioranti nelle murature, le finestre con la loggia delle benedizioni al centro ed in alto le tredici statue di Gesù, Giovanni Battista e gli apostoli….. L'ultimo a destra dei cinque ingressi è la celebre Porta Santa, che viene aperta soltanto in occasione degli anni giubilari. In alto a sinistra si nota l'epigrafe originale con la bolla di apertura del primo Giubileo di Bonifacio VIII, del 1300…..L'interno ha dimensioni talmente grandiose che sfuggono inizialmente alla scala umana, soltanto avvicinandosi, si possono percepire le reali dimensioni delle singole opere o dei loro particolari….Nel pavimento della Navata centrale, vicino alla porta, si osserva il grande disco di porfido sul quale si inginocchiò Carlo Magno, per ricevere da Leone III la corona imperiale, la notte di Natale dell'800…..nella prima cappella della navata destra..la Pietà di Michelangelo, e sotto la cupola, in un trionfo di luce e splendore, sopra l'altare papale si innalza il baldacchino in bronzo di Gian Lorenzo Bernini….Questa gigantesca struttura, alta quanto Palazzo Farnese, si eleva sulla tomba di Pietro come emblema della centralità della chiesa. Con le sue colonne tortili, le spirali e il dinamismo della scultura si pone come manifesto dell'opera barocca..iniziato nel 1623 e inaugurato da Urbano VIII Barberini nel 1633, fu realizzato fondendo i bronzi che rivestivano il soffitto del pronao del Pantheon, ad avvalorare la diceria: 'Ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini', riferendosi al fatto che i Barberini si servirono delle antichità romane per costruire a Roma i propri monumenti.”

    “La Cappella Sistina, voluta da Papa Sisto IV della Rovere, da cui prende il nome, fu costruita da Giovannino de'Dolci tra il 1475 ed il 1481 d.C….La decorazione quattrocentesca delle pareti, realizzata da uno straordinario gruppo di pittori composto dal Perugino, il Botticelli, il Signorelli ed il Ghirlandaio, comprende i finti tendaggi, le "Storie di Mosè e di Cristo" ed i ritratti dei Pontefici mentre Pier Matteo d'Amelia dipinse per l'inaugurazione sulla volta un cielo stellato. La cappella fu consacrata al culto dell'Assunta il 15 agosto del 1483 d.C. dal Pontefice Sisto IV ma già il nipote, Papa Giulio II della Rovere, appena 25 anni più tardi decise di modificare le decorazioni affidando l'incarico a Michelangelo Buonarroti….il contratto sottoscritto l'8 maggio del 1508 d.C. prevedeva la realizzazione delle figure dei dodici apostoli nei pennacchi della volta circondati da motivi ornamentali, ma ben presto il Pontefice si vide costretto a cedere alle richieste dell'artista che rivendicava una maggiore libertà compositiva…Michelangelo dipinse nove episodi tratti dal libro della Genesi”

    “L'effetto spettacolare ideato da Bernini che si apprezzava quando, sbucati dai vicoli del quartiere del Borgo, ci si trovava improvvisamente avvolti dalla grandiosità della piazza, purtroppo si è perso con la demolizione, in epoca fascista, della cosiddetta Spina dei Borghi e la realizzazione del rettilineo Viale della Conciliazione, in asse con la Basilica di San Pietro…..Il colonnato a quattro file di colonne, realizzato per Alessandro VII nel 1656-67, è concepito in modo che, visto dai fuochi dell'ellisse - indicati, sul selciato..appare composto da una sola fila di colonne….AL centro della piazza svetta l'obelisco Vaticano, senza geroglifici, posto sul dorso di quattro leoni di bronzo. Fatto eseguire in Egitto dai Romani - in questo senso può considerarsi un 'falso' di quasi 2000 anni fa! - fu fatto trasportare da Caligola da Alessandria d'Egitto. Nel 37 ornava il circo detto poi di Nerone, dove avvennero il martirio e la sepoltura dell'apostolo Pietro e dove in seguito sorse la prima basilica paleocristiana…Restò a lato della basilica fino al 1586, quando Sisto V lo fece spostare dov'è tuttora. Durante la colossale operazione, che impegnò 40 argani, 75 cavalli e ben 900 operai - malgrado fosse stato ordinato il silenzio assoluto, un marinaio genovese si accorse del cedimento di alcune fini e ruppe il divieto, gridando 'Acqua alle funi!' , salvando in questo modo l'obelisco che minacciava di cadere…Ai lati dell'Obelisco Vaticano, si trovano due fontane, opere di Carlo Maderno (1613) e di Carlo Fontana (1677). Attorno all'obelisco sul pavimento è tracciata una rosa dei venti…. Procedendo, dal centro, verso le due fontane, si individua tra i quadrati del selciato una pietra circolare, circondata da un anello di marmo, ponendosi sulla quale le colonne del colonnato appaiono perfettamente allineate.”

    “…. è l'inizio di un viaggio misterioso e affascinante… attraverso venti secoli di creatività in cui arte e storia si intrecciano raccontando ciò che l'ingegno umano è riuscito a realizzare….I Musei Vaticani si aprono al di là di un massiccio portone di Bronzo e come per magia, conduce fuori dall’Italia..appaiono opere di valore inestimabile, raccolte dai papi nel corso della loro esistenza o spesso commissionate da loro stessi, come la Cappella Sistina o le stanze di Raffaello…i "Musei e Gallerie Pontificie", sono il Museo dei Musei, il frutto dell'unione di varie raccolte. Diverse collezioni che spesso prendono il nome del papa che le iniziò.”

    “Prima e più importante fra le grandi strade consolari che uscivano da Roma era la via Appia, la cosiddetta 'Regina viarum', voluta nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco per collegare direttamente Roma a Capua…dritta alla meta…era questo lo scopo degli antichi romani…superare ogni ostacolo…per raggiungere velocemente il loro “mondo”…. la via era costeggiata da grandi ville patrizie – tra cui la celebre Villa dei Quintili, la più grande delle dimore suburbane, che comprendeva numerosi edifici, ninfei, e un vastissimo peristilio-giardino - e, soprattutto, da monumenti funerari e tombe…..si può scorgere un lungo tratto anchedelle arcate dell'acquedotto che riforniva la villa dei Quintili..”










    Piazza Farnese



    Piazza Santa Maria in Trastevere



    via Arenula



    via dei Banchi Vecchi



    via dei Coronari con la catteristica fontanella
    detta "nasone"




    via della Lungara




    via Giulia



    Città del Vaticano

    (in latino Status Civitatis Vaticanæ), comunemente abbreviato in Città del Vaticano o anche semplicemente in Vaticano, è uno stato indipendente (0,44 km², 799 abitanti al 23 aprile 2009, capitale Città del Vaticano) dell'Europa. È un'enclave del territorio della Repubblica Italiana, essendo inserito nel tessuto urbano della città di Roma e costituisce il più piccolo Stato indipendente del mondo, sia in termini di popolazione che di estensione territoriale. La Città del Vaticano è una monarchia assoluta, l'attuale capo di stato è Joseph Ratzinger regnante con il nome di Benedetto XVI. Il capo del governo, il cardinale Segretario di Stato, è Tarcisio Bertone. Le lingue ufficiali sono l'italiano e il latino.

    Il cuore della Città del Vaticano è la Piazza San Pietro, sulla quale si affaccia l'omonima basilica, la cui cupola (confidenzialmente chiamata cupolone e cuppolone in romanesco) domina il territorio del piccolo stato. All'interno delle mura medioevali e rinascimentali che circondano, eccetto piazza San Pietro, l'intera area, si trovano il Palazzo Apostolico, il Palazzo del Governatorato, i Musei Vaticani, i Giardini Vaticani ed altri edifici minori.



    CITAZIONE (zara67 @ 14/3/2010, 11:08)
    BUONGIORNO ISOLANI BUONA DOMENICA A TUTTI UN BACIOOOOOOO OGGI E' UNA SPLENDIDA GIORNATA DI SOLE

    (FILE:www.youtube.com/v/A7NcdNrIwxY&hl=it_IT&fs=1&)

    Ciao Zara ... Buongiorno e Buona Domenica amica mia ... TI ABBRACCIO FORTE FORTEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!



    Territorio

    Il colle Vaticano, che non fa parte dei tradizionali sette colli di Roma, venne inserito nei confini della città sotto il pontificato di Leone IV, fautore dell'ingrandimento delle mura cittadine (848-852), allo scopo di proteggere la basilica di San Pietro. Fino alla formazione dello Stato della Città del Vaticano (istituito con i Patti Lateranensi nel 1929), il Colle Vaticano era incluso all'interno del rione Borgo.

    Storia

    Lo Stato della Chiesa, che per circa un millennio si era esteso su buona parte dell'Italia centrale, costituendo la base territoriale del potere temporale dei Papi, fu definitivamente occupato nel 1870 (il 20 settembre), quando i bersaglieri del regno d'Italia penetrarono in Roma attraverso la breccia di Porta Pia.
    L'annessione di Roma al Regno e la proclamazione a sua capitale, significarono la fine del potere temporale. L'allora Papa Pio IX non dette né adesione né consenso all'atto unilaterale dell'Italia, e quindi, nonostante la legge delle Guarentigie intendesse mantenere e garantire la sua indipendenza spirituale e la prosecuzione della sua missione religiosa, egli si considerò prigioniero in Vaticano: nacque così la Questione Romana, che tormentò i rapporti tra Regno d'Italia e Chiesa cattolica per 59 anni. Dopo lunghe trattative diplomatiche, la Questione fu risolta l'11 febbraio 1929, quando i due Alti Contraenti firmarono i Patti Lateranensi, con i quali si riconobbero reciprocamente il carattere di indipendenza e di sovranità.

    I Patti consistono in:

    * un concordato sui reciproci rapporti.
    * un trattato, con allegata una convenzione finanziaria.

    Per l'appunto il trattato lateranense è l'atto istitutivo dello Stato della Città del Vaticano, con il quale l'Italia riconosce al Papa la piena sovranità e indipendenza sulla sola ed esclusiva parte del territorio della città di Roma compreso nella cerchia delle Mura Leonine, oltre che sulla Piazza San Pietro. Questo territorio, pur estremamente ridotto, è riconosciuto a livello internazionale e assicura così l'indipendenza politico-economica della Santa Sede.

    « L'Italia riconosce alla S. Sede la piena proprietà e la esclusiva potestà e giurisdizione sovrana sul Vaticano, come è attualmente costituito, con tutte le sue pertinenze e dotazioni, creando per tal modo la Città del Vaticano, per gli speciali fini e con le modalità di cui al presente trattato [...] »

    (Patti lateranensi, 11 febbraio 1929)







    De Gregori - per le strade di Roma

    C'è adrenalina nell'aria
    Carne fresca che gira
    Polvere sulla strada
    E gente che se la tira
    E a tocchi a tocchi una campana suona
    Per i gabbiani che calano sulla Magliana
    E spunta il sole sui terrazzi della Tiburtina
    E tutto si arroventa e tutto fuma
    Per le strade di Roma

    Ci sono facce nuove
    E lingue da imparare
    Vino da bere subito
    E pane da non buttare
    E musica che arriva da chissà dove
    E donne da guardare
    Posti dove nascondersi e case da occupare
    Che sono arrivati i Turchi all'Argentina
    E c'è chi arriva presto e chi è arrivato prima
    Per le strade di Roma

    E c'è un tempo per vendere
    E un tempo per amare
    E c'è uno stile di vita
    E un certo modo di non sembrare
    Quando la notte scende
    E il buio diventa brina
    E uomini ed animali cambiano zona
    Lucciole sulla Salaria e zoccole in via Frattina
    E tutto si consuma e tutto si combina
    Per le strade di Roma

    E a tocchi a tocchi una campana suona
    Per i ragazzi che escono dalla scuola
    E sognano di fare il politico o l'attore
    E guardano il presente senza stupore
    Ed il futuro intanto passa e non perdona
    E gira come un ladro
    Per le strade di Roma





    Le origini del nome

    Il termine Vaticano deriva, secondo alcune fonti – tra cui l'autore latino Aulo Gellio – dal nome di un'antica divinità romana, Vaticanus; altri sostengono una sua derivazione dal verbo latino vaticinor, in italiano "predire", supponendo che nella zona vi fossero diversi oracoli (luoghi di preghiera e predizioni del futuro). Sesto Pompeo Festo, infatti, affermò che si trattava di un luogo di riunione per alcuni indovini etruschi. Plinio il Vecchio raccontò dell'esistenza sul colle di un leccio, creduto il più antico della città di Roma, al quale si attribuivano poteri magici e sul cui tronco era affisso un cartello bronzeo, sul quale erano impresse alcune lettere etrusche.

    Basilica di San Pietro

    è una basilica cattolica della Città del Vaticano, posta a coronamento della monumentale Piazza San Pietro.
    È la maggiore delle basiliche papali, spesso descritta come la più grande chiesa del mondo e centro del cattolicesimo. Non è tuttavia la chiesa cattedrale della diocesi di Roma poiché tale titolo spetta alla basilica di San Giovanni in Laterano. La basilica di San Pietro è la sede delle principali manifestazioni del culto cattolico ed è perciò in solenne funzione in occasione delle celebrazioni per il Natale, la Pasqua ed i riti della Settimana Santa, la proclamazione dei nuovi papi e le esequie di quelli defunti, l'apertura e la chiusura dei giubilei. Sotto il pontificato di Pio IX ospitò le sedute del Concilio Vaticano I e sotto papa Giovanni XXIII e Paolo VI quelle del Concilio Vaticano II.

    Storia

    La costruzione dell'attuale basilica di San Pietro fu iniziata il 18 aprile 1506 sotto papa Giulio II e si concluse nel 1626, durante il pontificato di papa Urbano VIII, mentre la sistemazione della piazza antistante si concluse solo nel 1667. Si tratta tuttavia di una ricostruzione, dato che nello stesso sito, prima dell'odierna basilica, ne sorgeva un'altra risalente al IV secolo, fatta costruire dall'imperatore romano Costantino I nel luogo in cui si apriva il circo di Nerone e dove la tradizione vuole che san Pietro, uno degli apostoli di Gesù, fosse stato sepolto dopo la sua crocifissione. Oggi possiamo solo immaginare l'imponenza di questo edificio, immortalata solo in alcune raffigurazioni artistiche: l'impianto, arricchito nel corso dei secoli con preziose opere d'arte, era suddiviso in cinque navate e presentava analogie con quello della basilica di San Paolo fuori le mura, aveva 120 altari di cui 27 dedicati alla Madonna.

    L'interno

    L’atrio (corrispondente all’antico portico delle basiliche paleocristiane) è considerato uno dei lavori più pregevoli di Carlo Maderno e fu realizzato fra il 1608 e il 1612. Il portale centrale, opera dello scultore fiorentino Antonio Averulino detto il Filarete, è datato 1455 e fu ricollocato qui dall’antica chiesa costantiniana: vi sono rappresentati, tra gli altri, San Pietro e San Paolo, e in basso, i loro martiri.
    A destra è la Porta Santa, realizzata in bronzo dallo scultore Vico Consorti nel 1950: essa si apre e si chiude alla presenza del Papa durante ogni Giubileo. Sul fondo nel vestibolo sinistro si trova il monumento equestre di Carlo Magno, opera di Agostino Cornacchini (1725), nel vestibolo destro si trova invece la statua dell’imperatore Costantino a cavallo, eseguita dal Bernini nel 1670. La struttura a croce latina dell’interno si deve all’intervento del Maderno che a partire dagli inizi del 1600 portò a termine la costruzione della Basilica e realizzò le tre campate della navata centrale e le due navate laterali, formando un insieme unitario con il nucleo michelangiolesco dell’ottagono centrale. È uno spazio grandioso, immenso, decorato con una grande quantità di stucchi, mosaici e statue dall’impronta prettamente barocca, nel quale il visitatore prova quasi un senso di smarrimento; occorre forse fermarsi qualche momento per abituarsi alla sua dimensione che si può focalizzare confrontando l’altezza delle persone con quella delle "acquasantiere" e dei putti che le sostengono. La chiesa è lunga 187 metri, larga a livello delle navate laterali 58 metri e 140 metri a livello del transetto; l’altezza massima della volta nella navata centrale è di 46 metri (come un palazzo di 15 piani!).
    Per la visita si consiglia di percorrere lo spazio centrale fino al punto in cui sul pavimento sono segnate le lunghezze delle più grandi chiese del mondo; poi di tornare alla navata laterale vicino alla porta d’ingresso.
    La navata centrale è scandita da poderosi pilastri con alte lesene scanalate e rudentate (=la parte inferiore delle scanalature è piena), entro le quali si aprono nicchie contenenti 39 figure di Santi fondatori degli Ordini e Congregazioni religiose; il soffitto è decorato con stucchi dorati eseguiti nel 1780 sotto Pio VI. Nella navata di destra, guardando l’altare, numerose sono le opere di grande valore artistico e religioso insieme. Nella prima cappella, protetta da uno spesso cristallo, è la Pietà, capolavoro giovanile di Michelangelo, eseguita nel 1499 quando l’artista aveva appena 24 anni: la Madonna con il volto giovanile e dolcissimo, quasi rassegnata di fronte al destino, tiene in grembo il Cristo morto, dal corpo mollemente abbandonato; l’articolato panneggio della veste e del velo lasciano tuttavia trasparire una straordinaria forza, che è fisica e morale insieme, cui si contrappongono i raffinati lineamenti del volto ancora tutto quattrocentesco; l’opera è l’unica firmata dall’artista sulla cintura.




    Interno della basilica di San Pietro

    Il portico

    Varcato il cancello centrale, si accede ad un portico che si estende per tutta la larghezza della facciata e sul quale si aprono i cinque accessi alla basilica. L'atrio è fiancheggiato da due statue equestri: Carlo Magno, a sinistra, di Agostino Cornacchini (1725, n. 2) e, sul lato opposto, Costantino, creata dal Bernini nel 1670 e che sottolinea l'ingresso ai Palazzi Vaticani attraverso la Scala Regia (n. 8). Alcuni stucchi arricchiscono tutta la volta sovrastante, ideati da Martino Ferrabosco ma realizzati da Ambrogio Buonvicino, a cui appartengono anche le trentadue statue di papi collocate ai lati delle lunette. Sulla parete sopra l'accesso principale alla basilica è riportato un importante frammento del mosaico della Navicella degli Apostoli, eseguito da Giotto per la primitiva basilica e collocato nell'attuale sede solo nel 1674 (n. 1).

    Statua equestre di Carlo Magno, Agostino Cornacchini (1725)

    Le porte

    Per entrare nella basilica, oltrepassata la facciata principale, vi sono cinque porte. La porta all'estrema sinistra è stata realizzata da Giacomo Manzù nel 1964, ed è nota come Porta della Morte (n. 3): venne commissionata da Giovanni XXIII e prende questo nome poiché da questa porta escono i cortei funebri dei Pontefici.[20] È strutturata in quattro riquadri; nel principale vi è la raffigurazione della deposizione di Cristo e della assunzione al cielo di Maria. Nel secondo sono rappresentati i simboli della Eucarestia: pane e vino, richiamati simbolicamente da tralci di vite e da spighe tagliate. Nel terzo riquadro viene richiamato il tema della morte. Sono raffigurati l'uccisione di Abele, la morte di Giuseppe, il martirio di san Pietro, la morte dello stesso Giovanni XXIII che non visse abbastanza per vederla (in un angolo è richiamata l'enciclica "Pacem in Terris"), la morte in esilio di Gregorio VII e sei animali nell'atto della morte. Dal lato interno alla basilica vi è l'impronta della mano dello scultore e un momento del Concilio Vaticano II, quello in cui il cardinale Rugambwa, primo cardinale africano, rende omaggio al papa. Segue la Porta del Bene e del Male (n. 4), opera di Luciano Minguzzi che vi ha lavorato dal 1970 al 1977. La Porta Centrale, o Porta del Filarete (n. 5), fu ordinata da papa Eugenio IV ad Antonio Averulino detto appunto il Filarete e venne eseguita tra il 1439 e il 1445 per l'accesso alla basilica costantiniana. È realizzata in due battenti di bronzo e ogni battente è diviso in tre riquadri sovrapposti. Nei riquadri in alto sono rappresentati a sinistra Cristo in trono a destra Madonna in trono; nei riquadri centrali sono rappresentati san Pietro e san Paolo, il primo mentre consegna le chiavi a papa Eugenio IV, il secondo rappresentato con la spada e un vaso di fiori. I riquadri inferiori rappresentano il martirio dei due santi. A sinistra la decapitazione di san Paolo, a destra la crocifissione capovolta di san Pietro. I riquadri sono incorniciati da girali animati con profili di imperatori e nell'intercapedine fra questi vi sono fregi con episodi del pontificato di Eugenio IV. Dal lato interno vi è la insolita firma dell'artista. Questo ha rappresentato i suoi allievi al seguito di un mulo che lui stesso cavalca. A destra rispetto alla precedente si trova la Porta dei Sacramenti (n. 6). È stata realizzata da Venanzo Crocetti ed inaugurata da papa Paolo VI il 12 settembre 1965. Sulla porta è rappresentato un angelo che annuncia i sette sacramenti.
    La porta più a destra è la Porta Santa (n. 7) realizzata in bronzo da Vico Consorti nel 1950 e donata a papa Pio XII. Nelle sedici formelle che la costituiscono si può vedere lo stesso Pio XII e la bolla di Bonifacio VIII che indisse il primo Giubileo nel 1300. Al di sopra sono presenti alcune iscrizioni: PAVLVS V PONT MAX ANNO XIII, mentre quella appena sopra la porta recita GREGORIVS XIII PONT MAX. In mezzo a queste due scritte sono presenti alcune lastre che commemorano le recenti aperture.

    L'atrio con la Porta del Filarete

    La Porta Santa



    La navata principale

    L'immenso spazio interno è articolato in tre navate per mezzo di robusti pilastri sui quali si aprono grandi archi a tutto sesto. La navata centrale, lunga 187 metri (la scritta all'ingresso riporta 837 P.R. che sta per palmi romani) ed alta circa 45 metri, è coperta da una un'ampia volta a botte e culmina, dietro al colossale Baldacchino di San Pietro, nella monumentale Cattedra. Particolarmente ricercato è il disegno del pavimento marmoreo, in cui sono presenti elementi provenienti dalla precedente basilica, come il disco in porfido rosso egiziano sul quale si inginocchiò Carlo Magno il giorno della sua incoronazione. Diecimila metri quadrati di mosaici rivestono poi le superfici interne e si devono all'opera di numerosi artisti che operarono soprattutto tra il Seicento e il Settecento, come Pietro da Cortona, Giovanni De Vecchi, Cavalier d'Arpino e Francesco Trevisani. Fino all'intersezione col transetto, nelle nicchie ricavate nei pilastri posti sulla destra dell'ingresso, si trovano le statue di: Santa Teresa di Gesù (1754), Santa Maddalena Sofia Barat (1934), San Vincenzo de' Paoli (di Pietro Bracci, 1754), San Giovanni Eudes (1932), San Filippo Neri (1737), San Giovanni Battista de La Salle (1904), l'antica statua bronzea di San Pietro (Arnolfo di Cambio) e San Giovanni Bosco (1936). Sui pilastri di sinistra: San Pietro d'Alcántara (1713), Santa Lucia Filippini (1949), San Camillo de Lellis (1753), San Luigi Maria Grignion de Montfort (1948), Sant'Ignazio di Loyola (1733, di Camillo Rusconi), Sant'Antonio Maria Zaccaria (1909), San Francesco di Paola (1732) e San Pietro Fourier (1899).

    Baldacchino di San Pietro

    Il Baldacchino di San Pietro è un monumentale impianto architettonico barocco all'interno della basilica di San Pietro in Vaticano, ideato per segnare il luogo del sepolcro del santo, inserendosi sullo spazio semicircolare della confessione. Fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini tra il luglio 1624 e il 1633. L'incarico di realizzarlo fu la prima grande commissione pubblica che l'artista ottenne in seguito all'elezione di papa Urbano VIII nel 1623; l'opera venne inaugurata il 28 giugno 1633 dallo stesso papa.

    Cattedra di San Pietro

    (in latino Cathedra Petri)

    è un trono ligneo del IX secolo, che la leggenda medievale identifica con la cattedra vescovile appartenuta a San Pietro in quanto primo vescovo di Roma e papa. Attualmente viene conservato come reliquia nella Basilica di San Pietro in Vaticano all'interno di una grandiosa composizione barocca, progettata da Gian Lorenzo Bernini e realizzata fra il 1656 e il 1665.
    Una copia della cattedra di legno si trova inoltre esposta nel Museo Storico Artistico – Tesoro di San Pietro, con ingresso dall'interno della basilica. Il nome "cattedra" deriva dal termine latino cathedra, che indica la cattedra vescovile (il seggio sul quale siede il vescovo).

    La colomba dello Spirito Santo nel finestrone che sormonta il trono



    La navata destra

    Nella prima cappella a destra (n. 9) è collocata la celebre Pietà di Michelangelo, opera degli anni giovanili del maestro (1499) e che colpisce per l'armonia e il candore delle superfici; la scultura è protetta da una teca di cristallo a seguito dei danneggiamenti subiti nel 1972, quando un folle vi si avventò contro, colpendola in più punti con un martello. Oltrepassati il monumento a Leone XII (1835-36) e il seicentesco monumento a Cristina di Svezia, rispettivamente di Giuseppe de Fabris e Carlo Fontana (n. 10, 11), segue quindi la Cappella di San Sebastiano (n. 13), ove è collocato il grande mosaico del Martirio di San Sebastiano, realizzato sulla base di un dipinto del Domenichino da Pier Paolo Cristofari; nella cappella, coperta da una volta decorata con mosaici di Pietro da Cortona, sono conservati anche i monumenti realizzati nel corso del Novecento per Pio XI e Pio XII (n. 12, 14). Procedendo oltre, si trovano i monumenti a Innocenzo XII (di Filippo della Valle, 1746, n. 15) e a Matilde di Canossa (di Gian Lorenzo Bernini, 1633-37, n. 16), che precedono l'ingresso alla Cappella del Santissimo Sacramento (n. 17), schermata da una cancellata ideata da Francesco Borromini. La cappella fu progettata da Carlo Maderno per raccordare la basilica michelangiolesca con il corpo longitudinale seicentesco. All'esterno, la cappella, caratterizzata da un soffitto più basso rispetto al corpo della basilica, è chiusa da un alto attico, così da celare, ad una vista dal basso, la differenza di quota della copertura. Due monumenti, rispettivamente a Gregorio XIII (Camillo Rusconi, 1723, n. 18) e a Gregorio XIV (n. 19), chiudono la navata destra prima dell'ambulacro che corre intorno alla cupola.

    La Pietà di Michelagelo

    nasce su un blocco di marmo scelto personalmente nelle cave di Carrara, dove l'artista rappresenta le figure isolate della Vergine Maria che tiene in grembo il corpo di Cristo appena deposto dalla croce. Alta 1.74cm, la Pietà di Michelangelo presenta forti particolari anatomici e nelle finiture dei panneggi, con effetti di traslucido accentuati dal modo in cui la luce sembra carezzare le superfici marmoree. Una delle cose che maggiormente sorprende nella scultura è l'aspetto estremamente giovanile che l'artista volle dare al volto della Vergine Maria; questa scelta, vivamente criticata dai contemporanei, trova giustificazione nel carattere astratto della composizione. Si racconta che Michelangelo, non solito a firmare le proprie opere, dopo aver casualmente sentito alcuni visitatori lombardi dire che la Pietà era opera di Gobbo di Milano, sia entrato la notte stessa nella Basilica di San Pietro, ed abbia inciso sull'opera la scritta: "Angelus Bonarotus Florentinus Faciebat".

    Interpretazioni

    Il fatto che la Madonna abbia un volto molto giovane ha suscitato non poco scalpore all'epoca e ha lasciato spazio a diverse interpretazioni, una delle quali è suggerita dalle parole dello stesso Michelangelo al suo biografo Ascanio Condivi: "La castità, la santità e l'incorruzione preservano la giovinezza". Michelangelo inoltre non vuole rappresentare la scena con lo scopo di narrare un episodio (la morte di Cristo) ma è principalmente interessato all'aspetto simbolico della totalità: Maria è rappresentata giovane come quando concepì Cristo, e con il gesto dimostrativo della mano sinistra pare dire al fedele che ciò che aveva previsto (la morte di suo figlio) si è avverato.

    L'assalto vandalico

    Il 21 maggio 1972 un geologo australiano di origini ungheresi di 34 anni, Laszlo Toth – eludendo la sorveglianza vaticana – riuscì a colpire con un martello l'opera Michelangelo per quindici volte in un tempo di quindici minuti, al grido di I Am Jesus Christ, risen from the dead! ("Io sono Gesù Cristo, risorto dalla morte!"), prima che fosse afferrato e reso inoffensivo. Riconosciuto infermo di mente, fu tenuto in un manicomio italiano per un anno e poi rispedito in Australia, dove se ne persero le tracce. La Pietà subì dei danni molto seri, ma per fortuna non irreparabili: i colpi di martello avevano danneggiato la Vergine, staccandone il braccio e frantumando il gomito, mentre sul volto il naso era stato quasi distrutto, come anche le palpebre. Il restauro – a base di colla e polvere di marmo – fu eseguito alla perfezione nei laboratori vaticani sotto la direzione di Deoclecio Redig de Campos e l'opera – protetta da una speciale parete di cristallo – continua ad essere esposta pubblicamente nella Basilica di San Pietro.



    La navata sinistra

    La navata si apre con la Cappella del Battesimo (n. 71), progetta da Carlo Fontana e decorata con mosaici del Baciccio completati poi da Francesco Trevisani; il mosaico che troneggia dietro l'altare fu composto ad imitazione di un dipinto di Carlo Maratta, ora collocato nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Subito oltre è situata la tomba di Maria Clementina Sobieski (Pietro Bracci, 1742, n. 70) e quindi il Monumento agli Stuart (Antonio Canova, 1829, n. 69). Nell'adiacente Cappella della Presentazione (n. 67) è conservato il corpo di Pio X, mentre lungo le pareti sono sistemati i monumenti a Giovanni XXIII e Benedetto XV, realizzati nel corso del XX secolo (rispettivamente n. 66 e 68). Nello spazio delimitato dal pilastro della navata si trovano quindi il monumento a Pio X (1923, n. 65) e la tomba di Innocenzo VIII (n. 64), eseguita da Antonio Pollaiolo (XV secolo). Un'altra cancellata del Borromini delimita la Cappella del Coro (n. 63), speculare proprio a quella del Santissimo Sacramento, di cui riprende anche la suddetta configurazione esterna. In corrispondenza dell'ultimo pilastro che precede l'ambulacro sono situati i monumenti a Leone XI (Alessandro Algardi, 1644, n. 61) e a papa Innocenzo XI (n. 60).

    Alessandro Algardi, tomba di Leone XI



    Planimetria



    L'obelisco di Piazza San Pietro




    Intorno all’obelisco al centro di Piazza S.Pietro esiste un famoso aneddoto. Gli avvenimenti storici che ne fanno da contesto sono già di per sè straordinari, ma certamente non mancherà di affascinare il lettore l'aspetto leggendario che i cronisti hanno voluto tramandarci.



    Il grandioso obelisco che tutti oramai conoscono ornare il centro della famosa piazza ellittica proviene dall'antico Egitto ed ha più di 3200 anni. Fu fatto trasportare a Roma nel 37 d.C da una nave che, come ci racconta Plinio, fu fatta costruire appositamente, per poi posizionarlo nel circo di Caligola.

    Passarono circa 1500 anni e chiaramente lo scenario intorno all'obelisco mutò radicalmente, ma esso, considerata pure la sua enorme mole (25 metri di altezza per 350 tonnellate di peso!) rimase dove Caligola lo fece originariamente porre, anche se oramai semisepolto dall'incuria e dal corso dei secoli.



    Sin dal tempo del Papa Nicolò V (1450 circa) si voleva portare l’obelisco al centro della piazza, a circa 250 metri da dove era rimasto, ma le enormi difficoltà tecniche impedivano tale realizzazione. Solo dopo circa 150 anni, però, l’energico Papa Sisto V riuscì a portare a termine l’impresa. Tra i vari progetti presentati per lo spostamento del colosso, quello dell’architetto Domenico Fontana incontrò l’approvazione del Papa.

    Il Fontana realizzò con la massima precisione il suo progetto: eresse una vasta e robusta impalcatura intorno al monolite, lungo una sorta di strada pensile, ed infine un "castello" attorno a quella che sarebbe stata la finale collocazione (vedi figura). Il tutto con un ardito sistema di argani e carrucole. L'operazione si rivelò delicata e molto complessa, e andò avanti da aprile a settembre 1586, con l'impiego simultaneo di 44 argani, 900 operai e 140 cavalli. Per dirigere i lavori di questa enorme quantità di lavoratori, il famoso architetto si era fatto erigere un'impalcatura e da essa dava gli ordini ai suoi collaboratori, ordini che venivano trasmessi a suon di trombe e di tamburi e con segnalazioni di bandiere.

    Nella previsione delle difficoltà e dei pericoli dell’impresa, l’architetto aveva ottenuto che nel corso dei lavori piazza S.Pietro fosse completamente sbarrata, e che alla folla di curiosi fosse vietato di emettere qualsivoglia rumore e di pronunciare anche una sola parola. La pena di morte attendeva i contravventori. Racconta un cronista dell'epoca che per rendere più efficace lo strano editto fu innalzata nella piazza una forca, presidiata dal carnefice e dai suoi aiutanti.

    Qui il racconto, finora storico, si mescola con la leggenda.
    Si dice che il 10 settembre 1586 arrivò il momento finale, il più difficile, cioè il momento di issare l'obelisco sopra il basamento. Con un’azione divisa in 52 riprese si era riusciti a porlo verticalmente e a sollevarlo sulla base, quando ad un tratto gli operai si accorsero che, a causa dell’attrito, le corde minacciavano di rompersi. L’obelisco arrestò la sua ascesa. L’architetto, sgomento, non sapeva che fare. Fu allora che si levò l'urlo di un uomo tra folla, incurante dell'editto del papa: «Acqua alle corde!!!».
    Era l'urlo di un capitano di nave, di nome Bresca che, data la sua lunga pratica con l’uso delle corde, sapeva che esse sotto l’azione dell’acqua si restringono resistendo meglio al cedimento. Grazie al suo consiglio l’obelisco potè essere raddrizzato completamente e l'opera fu compiuta.

    Bresca, invece di essere ucciso, fu chiamato davanti a Sisto V ed invitato a chiedere una grazia. L'uomo, originario di Sanremo, domandò di avere il privilegio, per sè, per la sua famiglia e per i suoi discendenti, di fornire al Vaticano le palme per la cerimonia della domenica delle Palme. Il monopolio fu accordato.

    Sarà anche una leggenda quella del capitano sanremese, ma è un fatto ormai assodato che il Vaticano tiene tuttora fede all'antico patto, per cui, ancora oggi, i discendenti del capitan Bresca sono i fornitori ufficiali delle tradizionali palme intrecciate (i cosiddetti “Parmureli”, vedi figura) per il Vaticano, ed è grazie al coraggio del loro progenitore che oggi tali discendenti godono di un discreto benessere!





    Obelisco di piazza S. Pietro è posato sul dorso di 4 leoni di bronzo di P. Antichi, tra due grandiose fontane. Nel medioevo si credeva che in cima, il globo bronzeo (tolto da Sisto V), contenesse le ceneri di Cesare; oggi, in alto dov’è l’emblema bronzeo con i monti e la stella dei Chigi, è racchiusa una reliquia della S. Croce.



    Il Mosè di Michelangelo





    Il Mosè è una delle più celebri sculture di Michelangelo.
    Essa è parte della tomba ubicata in San Pietro in Vincoli, a Roma, costruita da Michelangelo Buonarroti nel 1505 su commissione di Papa Giulio II, tomba completata nell'arco di quarant'anni a causa delle continue modifiche apportate al progetto originario. Nel primo progetto la tomba doveva essere costituita come un mausoleo a tre piani, ornato da quaranta statue in marmo e rilievi in bronzo, con una pianta di 11 metri per 7 al cui interno stava la tomba del pontefice massimo: il Mosè doveva fare da pendant con la statua di San Paolo, in quanto entrambi avevano ricevuto la visione di Dio.



    particolare del volto

    Inizialmente Papa Giulio II fu entusiasta del progetto, tanto che ordinò all'artista di partire per le cave apuane per scegliere i marmi più adatti a tal opera. Michelangelo passò otto mesi a Carrara, dal maggio al dicembre del 1505, contrattando e trasportando, su muli, navi, infine su rulli e slitte, i materiali più belli fino a Piazza San Pietro. Talmente tanti e belli erano che era diventata distrazione popolare andarli a rimirare. Si pensa che il Mosè sia stata una delle prime opere dello scultore.[senza fonte]Papa Giulio II non amava gli indugi, presa la decisione chiese al Bramante, l'architetto più illustre di quegli anni di progettare una nuova chiesa che prendesse il posto della vecchia Basilica Costantiniana, in Piazza San Pietro. Doveva essere il tempio della Cristianità, tanto smisurato da contenere il suo altrettanto enorme sepolcro. Giulio II, partito il progetto di quella che è oggi la Basilica di San Pietro, perse interesse per il suo maestoso sepolcro, distratto da ancor più maestosi affari e forse fuorviato da altri artisti invidiosi di Michelangelo.
    Michelangelo arriva perfino a scappare da Roma, con il papa che aveva interrotto i pagamenti e lo evitava e i marmi che continuavano ad arrivare e che lui doveva pagare. Tornò solo due anni dopo, sperando di poter rimettere mano al Mosè. Le sue aspettative furono deluse e gli fu commissionato un nuovo lavoro che fu per lui fonte di frustrazioni, anche fisiche, e allo stesso tempo forse la sua opera più famosa e osannata, la Cappella Sistina.
    Pochi mesi dopo Papa Giulio II muore, gli succedono Papa Leone X, Papa Adriano VI e Papa Clemente VII, che addirittura progetta di ucciderlo e per Michelangelo si profilano altri ostacoli al compimento del Mosè. Scappa spesso a Firenze. Michelangelo giunge, comprensibilmente, a dire che il Mosè è «la tragedia della mia vita». Era diventato la sua ossessione. Morto Papa Clemente VII, il nuovo pontefice Papa Paolo III vuole che l'artista esegua il Giudizio Universale, ma gli eredi di Papa Giulio II pretendono a gran voce che il Buonarroti finisca la tomba del loro antenato.
    Papa Paolo III si rese conto che Michelangelo era preso tra due fuochi. Convinse e rabbonì il nipote del papa. E rimandò ancora il compimento del sepolcro. Finito il Giudizio Michelangelo doveva riprendere e finire il Mosè. Ma il papa volle che dipingesse un'altra cappella intitolata a suo nome.
    Intanto passano gli anni, e bisogna arrivare al 1545, proprio 40 anni, per vedere completata l'opera. Michelangelo era un vigoroso 30enne e ora è un vecchio triste di settant'anni. Gli eredi di Giulio II lo accusano di volersi tenere e investire in vari affari i soldi che ha percepito in quei quarant'anni. Quello che avrebbe dovuto essere un superbo mausoleo s'è ridotto a una "misera" parete.
    Negli anni Michelangelo si occupò di altri progetti, a cui deve la sua gloria, ma se il Mosè ora fosse quello che era stato progettato, come dice Corrado Augias nel suo I segreti di Roma, «certamente sarebbe ancora oggi una delle meraviglie del mondo.»




    È legato a questa scultura l'aneddoto secondo il quale Michelangelo, contemplando la stessa al termine delle ultime rifiniture e stupito egli stesso dal realismo delle sue forme, abbia esclamato "Perché non parli!?" percuotendone il ginocchio con il martello che impugnava.[1]

    Sempre per questa statua si racconta che Michelangelo aveva appena finito di scolpirla quando ricevette la visita del gonfaloniere Pier Soderini, il quale fece subito notare all’artista che il naso della statua era sproporzionato. Michelangelo, dando l’impressione di apprezzare la critica, prese martello e scalpello e con spalle rivolte al gonfaloniere, finse di dare alcuni colpi per ridurre il naso. “Ora va benissimo!”, commentò soddisfatto il Soderini. [2]

    A proposito della maestosa barba del Mosè, il Vasari disse che è scolpita con una perfezione tale da sembrare più “opera di pennello che di scalpello”. [3] Secondo la fantasia popolare, nella barba del Mosè, sotto il labbro inferiore, leggermente a destra, Michelangelo avrebbe scolpito il profilo di papa Giulio II e una testa di donna.[4]

    Curiosamente le tavole della legge risultano rovesciate, come se fossero scivolate dalle braccia del Mosè.[5]

    Celebre lo sguardo del Mosè definito come “terribile”. Esso è stato interpretato come espressione del carattere di Michelangelo, così irascibile, orgoglioso e severo che per esso è stato appositamente coniato il termine "terribilità".[6]






    La Fontana del Nettuno a Piazza Navona






    La Fontana del Nettuno, già Fontana dei Calderai, è la fontana che si trova all’estremità settentrionale (quella curva) di Piazza Navona a Roma. Il vecchio nome le derivava dal fatto di trovarsi nei pressi dell’antico “vicolo dei Calderai” (o “Calderari”), una stradina occupata dalle botteghe di fabbri e venditori di padelle, pentole e stoviglie metalliche in genere.

    Subito dopo il restauro dell’acquedotto dell’Aqua Virgo, terminato nel 1570, furono iniziati i lavori per una ramificazione sotterranea secondaria del condotto, in modo da raggiungere l’area dell’antico Campo Marzio, tra le zone più popolose di Roma, e venne di conseguenza progettata anche l’edificazione di un certo numero di fontane. Tra le prime furono commissionate da papa Gregorio XIII, nel 1574, a Giacomo Della Porta, le due poste alle estremità di Piazza Navona (all’epoca “piazza in Agone”).

    Il progetto del Della Porta prevedeva per entrambe una vasca marmorea a pianta mistilinea poggiata su due gradini, che poco dopo venne circoscritta da una cancellata[1]. Le successive migliorie, apportate dallo stesso Della Porta e poi, nel 1651, dal Bernini, riguardarono solo la “Fontana del Moro”, quella meridionale, sia per scarsità di risorse economiche sia perché, in epoca berniniana, la fontana sul lato sud della piazza si trovava di fronte al Palazzo Pamphilj, di proprietà della famiglia dell’allora papa Innocenzo X, nel quale abitava la cognata e favorita dello stesso pontefice Donna Olimpia Maidalchini. L’unico intervento di un certo rilievo, sempre ad opera del Bernini (e comunque qualche tempo dopo la realizzazione dello stesso intervento sulla fontana meridionale), fu la rimozione dei gradini e della cancellata e la costruzione di una vasca più ampia intorno alla fontana, che contenesse la precedente, con lo stesso disegno mistilineo.

    Prese l'attuale nome in seguito all'aggiunta dei due gruppi scultorei, "Le Neredei con putti e cavalli marini" di Gregorio Zappalà e "Nettuno lotta contro una piovra" di Antonio della Bitta, avvenuta a seguito di un concorso pubblico indetto dal Comune di Roma nel 1873[2] e voluta per creare una consonanza stilistica con le altre due fontane presenti a Piazza Navona.

    Alcuni particolari







    Piazza Navona, Mercatino dei giocattoli per la festa della Befana





    Piazza Navona



    bambini difficilmente scordano questo appuntamento che si prolunga fino all’Epifania. Infatti affollano numerosi la piazza, che diventa per loro un piccolo paradiso. Gli adulti non sono certo da meno e, oltre a cedere alle numerose tentazioni gastronomiche, cercano decorazioni, dolciumi per le calze da riempire o anche solo un po’ di atmosfera che riscaldi il freddo inverno romano. Concerti, musica, leccornie di ogni tipo, artisti di strada, babbi natale, befane, palloncini e in un attimo sembra di essere alla fiera di in un piccolo paesino di provincia.

    Il mercatino c’è tutti i giorni fino alle ore 21 e culminerà il giorno dell’Epifania, durante il quale la befana distribuirà dolci e carbone a tutti i bambini in piazza













    Il Colonnato di “Piazza S. Pietro”







    Il Colonnato della “Piazza S. Pietro” è il più grande capolavoro del Bernini: ha una planimetria di forma ellittica e si presenta come un immenso pronao che si raccorda alla facciata della Basilica mediante due scenografici portici colonnati rettilinei che vanno gradualmente allargandosi in direzione della Basilica.




    Il Colonnato, appare di ispirazione decisamente classica per la presenza di quattro file di colonne, sovrastate da una spessa balaustra (cornicione aggettante) con statue, ma, per via della presenza dei due scenografici bracci ellittici, si connota come un’opera squisitamente barocca.





    In un primo tempo, Bernini disegnò una piazza trapezoidale, successivamente, in linea con la sua visione dinamica dell’architettura, optò per la soluzione attuale, avendo cura di operare (soluzione fino ad allora mai realizzata) la separazione della facciata dal corpo dell’edificio. Così facendo, la facciata non risulta più un limite, ma un plastico corpo autonomo, inserito in un preordinato contesto.





    Fu il Papa Alessandro VII Chigi a commissionare la piazza a Bernini nel 1657... scelse alla fine la soluzione cinquecentesca del "ovato tondo", con due emicicli colonnati a formare tre corsie, quella centrale voltata a botte, destinata al passaggio delle carrozze dei cardinali.





    Il colonnato di S. Pietro è costituito da 284 colonne, disposte su 4 file; il capitello delle colonne, di ordine tuscalico, sorregge un robusto architrave.
    La copertura del porticato è "a capanna", come nei templi classici. In prossimità dei bordi laterali si erge una massiccia balaustra sulla quale sono collocate 162 gigantesche statue di santi.









    Curiosità






    Il colonnato a quattro file di colonne, realizzato per Alessandro VII nel 1656-67, è concepito in modo che, visto dai fuochi dell'ellisse - indicati, sul selciato, da una pietra circolare circondata da un anello di marmo -appare composto da una sola fila di colonne.

    Le Fontane di piazza San Pietro











    Le statue sul colonnato











    Le statue di travertino, che sono sopra i portici, non sono 44 come si legge nelle prime di nuovi, ma 140. La ragione di questa varietà è provenuta dall' essere state aggiunte posteriormente altre statue, le quali si richiedevano secondo il disegno del Bernini, il che compiuto, come ora è, ne ha fatto giungere il numero a 140. Nell' edizione di questo libro fatta nel 1721 pure si legge, che le statue sono 44 e che ve l' ha fatte porre Clemente XI. Nell' edizione del 1708 si dice, che posa sopra gli architravi di questi portici un giro di statue, disegno del cav. Bernini senza esprimerne il numero. Essendo dunque il Bernini morto l' anno 1680 non potevano esservi state collocate da Clemente XI, ma avrà voluto dire che fece l' ultima ristampa di questo libro, che Clemente XI fece scolpire, e collocare le 44 statue che mancavano per compire tutto il giro, secondo l' intenzione del Bernini.




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    LE OPERE....
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    PIETA' DI MICHELANGELO...

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    BASILICA DI SAN PIETRO
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    CAPPELLA SISTINA...
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    LA CUPOLA DI SAN PIETRO






    La Cupola di San Pietro è uno dei simboli della Basilica di San Pietro e di Roma, grazie alla sua altezza di 136 metri ed il suo diametro di 42 metri.





    Il progetto della cupola è di Michelangelo, che si occupò della costruzione della Basilica dal 1547 fino alla sua morte nel 1564. A quel tempo la costruzione della cupola era giunta al tamburo, con le sue colonne binate che si alternano a finestre con timpani alternati ad arco e triangolari.




    Dopo la scomparsa di Michelangelo, la direzione della fabbrica di San Pietro passò a Giacomo Della Porta, suo allievo, che completò l'opera in 22 mesi, nel 1590, sotto il pontificato di Sisto V. Per ridurre le spinte laterali, la volta della cupola venne innalzata di circa 7 metri con una struttura a doppia calotta, con un diametro interno di 42,56 metri, con la cupola interna portante, mentre l'esterna, rivestita in lastre di piombo, è realizzata a protezione della prima. La lanterna sulla sua sommità è alta 17 metri ed l'altezza complessiva misurata sulla della croce posta alla sua sommità è di 136 metri.


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    La cupola di Michelangelo è a doppia calotta, ha un diametro interno di 42,56 metri, ed una altezza alla sommità della croce di 136,57 metri, la lanterna è alta 17 metri fino alla croce, la guglia è alta 50 metri. La cupola di San Pietro è servita da modello per la realizzazione di altre cupole come quella di San Paolo a Londra del 1675, quella di Les Invalides di Parigi edificata tra il 1680 e il 1691o quella del Campidoglio di Washington costruita tra il 1794 e il 1817
    .





    Le decorazioni interne in mosaico furono realizzate tra il 1603 e il 1613 per volontà di Clemente VIII su cartoni di Giuseppe Cesari, detto Cavalier d’Arpino, e Giovanni De Vecchi, rappresenta scene del Cristo, degli apostoli ed alcuni busti di papi e santi. Alla base della cupola si trova l’iscrizione in latino che recita: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e a te darò le chiavi del regno dei cieli".








    Nell’addentrarsi nei meandri della costruzione delle volte, stupisce non tanto il modo seguito per costruirle quanto l’arditezza nel concepirle. In effetti si trattava di sollevare a notevoli altezze materiali pesanti che dovevano mantenersi in loco solo per mutuo contrasto visto che potevano lavorare unicamente a compressione. Sono convinto che oggi ben pochi architetti, anche tra quelli più prestigiosi, se la sentirebbero di prendersi le responsabilità che si assunsero i loro colleghi del passato.



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    Va bene che si trattava di architetti come il Bramante, Michelangelo, il Porta e il Fontana, ma è pur vero che qualcuno di questi signori riusciva ad eccellere anche in altre discipline con successo ancor maggiore. Con questo non è detto che anche allora le cose filassero lisce come oggi si potrebbe supporre, poiché anche per la cupola di San Pietro furono necessari massicci interventi per assicurarne la definitiva stabilità. Ne furono protagonisti a metà del settecento: Giovanni Poleni e Luigi Vanvitelli con opere murarie a “cuci e scuci” per suturare le lesioni venutesi a creare




    "Ma tutto quello che fece di giovamento e d'utilità al mondo è nulla a paragone del modello della venerandissima e stupendissima fabbrica di San Pietro ... Per il che la lode e la fama di questo mirabile artefice debbono tenere luogo di considerazione fra gli intelletti begli e fra i chiari ingegni, i quali sapranno grado alle sue fatiche, per tante belle vie e tanti modi di facilità cercò ornare l'arte sua in questo secolo". (Vasari, 1550)









    La Veneranda Fabbrica di San Pietro custodisce il prezioso modello ligneo della Basilica di San Pietro progettato da Antonio da Sangallo il giovane in scala 1:30, il più grande mai costruito nel Rinascimento. Il modello è lungo 7,36 m, largo 6,02 m e raggiunge con la cupola i 4,68 m di altezza. I due campanili sono alti 4,56 m.




    Il costo di questo modello fu elevatissimo, si stima che ammontasse a 4.000 scudi, più 1.500 scudi di onorario per il Sangallo. Questa cifra, sufficiente per costruire una vera chiesa, è giustifica dal fatto che il modello riproduce la Basilica nei minimi dettagli.

    Il modello fu concepito come garanzia per la Congregazione di S. Pietro, affinchè la basilica fosse realizzata conformemente al progetto, e come strumento di comunicazione fra l’architetto e le maestranze. La sua costruzione richiese oltre sette anni di lavoro, in parallelo ai lavori di costruzione della Basilica, con un impegno incredibile delle maestranze che, negli ultimi anni, vi lavorano anche di notte, a lume di candela. Il Sangallo morì tuttavia prima di poterlo vedere compiuto.



    ll livello di accuratezza del modello è sorprendente, ad esempio, le volte a botte, oggi sono nude, presentavano la decorazione dei cassettoni per mezzo di fogli di carta incollati. L'accurata riproduzione delle decorazioni è visibile anche all'interno del modello che è possibile aprire e ispezionare tramite le absidi del transetto che sono sezionate e montate su cardini. La preparazione del modello è stata accuratissima: ci avanzano ben cinquanta disegni, tracciati prima e durante la costruzione.






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    CITTA' DEL VATICANO..MONETE ANTICHE...
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    PAPA..GREGORIO VII
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    «Sono rari i buoni che anche in tempo di pace sono capaci di servire Dio. Ma sono rarissimi quelli che per suo amore non temono le persecuzioni o sono pronti ad opporsi decisamente ai nemici di Dio…» (Gregorio VII, Lettera ai monaci di Marsiglia).

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    Giunse a Salerno sicuro della brevità dell’esilio, vi rimase fino alla rinascita in cielo avvenuta il 25 maggio 1085. Oggi i suoi resti mortali, esposti con orgoglio nella nostra cattedrale, sono oggetto di culto e venerazione da parte dei "suoi" salernitani e dei tanti turisti che ogni giorno gli rendono onore. Nato nel 1020 presso Grosseto, Ildebrando di Soana è uno dei pontefici più importanti della storia della chiesa. Dopo avere trascorso, ancora giovane, un periodo di ritiro nel monastero di Cluny, dove venne in contatto diretto con le idee dei sostenitori della riforma ecclesiastica, fece tutta la sua carriera nella Curia romana, al fianco di Leone IX, Vittore II, Stefano IX, Niccolò II. Fu il più ascoltato consigliere di Alessandro II, che lo volle cardinale, e alla morte del quale fu a furor di popolo eletto papa (1073). Condusse con decisione la lotta contro il celibato dei chierici e il commercio di beni spirituali e cariche ecclesiastiche, problemi allora ampiamente diffusi (simonia ndr); ma soprattutto, in un’epoca in cui il Papato era sottoposto alla pressante tutela dell’Impero, ne rivendicò non solo l’autonomia, ma la supremazia su qualsiasi altro potere temporale. L’applicazione di questi principi, esposti in una serie di proposizioni denominate Dictatus Papae (1075, vedi foto a sinistra), lo condusse presto all’aspro conflitto con l’imperatore Enrico IV noto come "lotta delle investiture". Sembrò dapprima prevalere, ma fu ingannato dalla spettacolare quanto strumentale umiliazione di Enrico IV a Canossa (1077, foto in alto a destra), che qualche anno più tardi non esitò ad occupare Roma. Salvato dai Normanni insediati nell’Italia meridionale, riparò a Salerno, dove morì nel 1085. La sua vasta opera di ricostruzione della chiesa, in parte proseguita dai suoi successori, è passata alla storia come "riforma gregoriana".



    MICHELANGELO





    Michelangelo Buonarroti nasce a Caprese (AR) nel 1475. È avviato dal padre agli studi umanistici, ma, ben presto, data la sua forte inclinazione artistica, ottiene il permesso di entrare come apprendista nella bottega fiorentina di Domenico Ghirlandaio a cui deve, quindi, la sua primissima formazione. Frequentando la bottega ha la possibilità di studiare opere di grandi maestri del passato e può recarsi nel giardino di S. Marco, sede della vasta collezione di opere antiche della famiglia dei Medici.
    Qui entra a contatto con un circolo di intellettuali umanisti e si avvicina agli influssi neoplatonici, ma soprattutto incontra artisti allievi di Donatello, che lo indirizzano alla scultura e lo muovono verso la passione per l'antico.


    Di questo periodo è la realizzazione dell'altorilievo «Zuffa centauri» (1491), opera che riassume il linguaggio artistico che Michelangelo svilupperà successivamente: intenso rapporto con l'antico nel tentativo di emularlo e, se possibile, superarlo; il dinamismo dei corpi, bloccati in pose scultoree e il motivo del non-finito, cioè la lavorazione del blocco marmoreo secondo livelli di finitezza diversi.
    Dopo un breve soggiorno a Bologna si recherà a Firenze: qui scolpirà un «Cupido», talmente bello che sarà scambiato e acquistato come opera antica.
    Il primo soggiorno a Roma è datato 1496 e nella città rimarrà fino al 1501, anno in cui l'artista sarà nuovamente a Firenze. Per la basilica di S.Pietro porterà a termine la celebre «Pietà» (1498).




    Dal 1501 Michelangelo è impegnato in una delle sue più celebri opere, il «David», dalla quale emerge l'accurata osservazione anatomica e la volontà di rendere la carica energica e la tensione proprie dell'eroe, colto nel momento precedente l'azione.






    Sempre a Firenze realizzerà il «Tondo Doni», rappresentante la Sacra Famiglia con San Giovannino e il Tondo Taddei; il primo, di cromia brillante, è fortemente ancorato alla scultura classica, da cui sono ripresi pose e movimenti, per esso l'artista realizzerà anche la cornice; il secondo, mette in evidenza il non-finito e i diversi modi di approcciarsi alla materia.




    Sempre a Firenze, nel 1504 sarà chiamato a decorare la Sala del gran Consiglio in Palazzo Vecchio con un pannello raffigurante la battaglia di Càscina, (opera mai realizzata ma di cui rimane il cartone preparatorio) che vedrà Michelangelo contrapporsi ad un altro grande artista, Leonardo, chiamato anche egli nello stesso luogo, ma per illustrare la battaglia di Anghieri.
    Nel 1505 papa Giulio II gli commissionerà la progettazione del suo monumento funebre, i cui lavori iniziali però furono interrotti dalla richiesta dello stesso pontefice di realizzare gli affreschi della volta della Cappella Sistina, progetto questo che impegnerà l'artista fino al 1512.
    Da questo momento, il nuovo papa, Leone X, eletto nel 1513, commissiona nuovi lavori a Michelangelo inviandolo a Firenze: la facciata di S. Lorenzo (mai realizzata, di cui rimane solo il modello ligneo), la Sagrestia Nuova con le tombe di Giuliano e Lorenzo dei Medici. Questo trasferimento ritardò ancora di qualche anno la realizzazione della sepoltura di Giulio II, ormai morto, per cui l'artista aveva scolpito solo il Mosè e due Schiavi, permettendogli così di completare l'opera, estremamente impoverita e ridotta ad una parete, solo nel 1545.
    La restaurazione della dinastia Dei Medici a Firenze determinerà il ritorno dell'artista a Roma, dove, papa Clemente VII gli commissionerà l'enorme affresco del «Giudizio Universale» (1536-1541) sulla parete di fondo della Cappella Sistina. Poco dopo la conclusione dei lavori, Michelangelo è incaricato da papa Paolo III di affrescare la nuova cappella vaticana (Cappella Paolina), sede dei futuri conclavi.
    Sempre a Roma sarà poi coinvolto in svariati progetti come, gli interventi alla basilica di S.Pietro e alla cupola e la ristrutturazione di Piazza del Campidoglio, i cui lavori iniziati nel 1538, saranno portati a termine solo dopo la morte dell'artista.
    L'ultima delle sue opere è la «Pietà Rondanini»,(1560) che però Michelangelo non riuscì a completare.
    Muore a Roma del febbraio del 1564 circondato da un'immensa fama.




    la tomba di Giulio II che gli commissionò la Cappella
    Sistina



    MADONNA DI FOLIGNO DI...RAFFAELLO SANZIO
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    POLITTICO
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    LA CAPPELLA SISTINA




    La prima messa venne celebrata nella Cappella Sistina il 9 agosto 1483, come cerimonia con la quale venne consacrata e dedicata all'Assunzione della Vergine Maria.

    I dipinti sui muri vennero eseguiti da Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Cosimo Rosselli, Luca Signorelli e dai loro rispettivi laboratori, dei quali facevano parte Pinturicchio, Piero di Cosimo e Bartolomeo della Gatta.




    I soggetti dei dipinti sono temi religiosi storici, selezionati e divisi in base al concetto medievale di partizione della storia del mondo in tre epoche: prima dei dieci comandamenti, tra Mosè e la nascita di Cristo, e la successiva era cristiana. Essi sottolineano la continuità tra il patto antico e il nuovo patto, o la transizione dalle leggi mosaiche alla religione cristiana. Il senso ultimo del parallelismo tra le storie di Mosè e quelle di Cristo, in cui si articola il ciclo quattrocentesco sta nella prefigurazione del nuovo nell'antico e nel prefezionamento dell'antico nel nuovo. Concetto già espresso da Sant'Agostino: «Dio, ispiratore e autore dei libri dell’uno e dell’altro Testamento, ha sapientemente disposto che il nuovo fosse nascosto nell’antico e l’antico diventasse chiaro nel nuovo».



    Michelangelo Buonarroti venne incaricato da papa Giulio II della Rovere, nel 1508, di ridipingere il soffitto, che originariamente raffigurava delle stelle dorate su un cielo blu opera di Piermatteo da Amelia; il lavoro venne completato tra il 1508 e il 1 novembre 1512. Michelangelo dipinse anche il Giudizio Universale sopra l'altare, tra il 1535 e il 1541; lavoro commissionato da papa Clemente VII e concluso sotto papa Paolo III Farnese.




    Per essere in grado di raggiungere il soffitto, Michelangelo necessitava di un supporto; la prima idea fu di Bramante, che volle costruire per lui una speciale impalcatura, sospesa in aria per mezzo di funi. Ma Michelangelo temeva che questa soluzione avrebbe lasciato dei buchi nel soffitto, una volta completato il lavoro, così costruì un'impalcatura da sé, una semplice piattaforma in legno su sostegni ricavati da fori nei muri posti nella parte alta vicino alle finestre. Questa impalcatura era organizzata in gradoni in modo da permettere un lavoro agevole in ogni parte della volta.




    Il primo strato di gesso cominciò ad ammuffire perché era troppo bagnato. Michelangelo dovette rimuoverlo e ricominciare da capo, ma provò una nuova miscela, chiamata intonaco, creata da uno dei suoi assistenti, Jacopo l'Indaco. Questa non solo resistette alla muffa, ma entrò anche nella tradizione costruttiva italiana (ed è ancora in uso).




    Michelangelo venne incaricato di dipingere solo 12 figure, gli apostoli, ma quando il lavoro fu finito ve ne erano presenti più di 3.000. I bozzetti sono un documento molto prezioso e curioso. Michelangelo usò modelli maschili, anche per le donne, poiché le modelle erano più rare e costose.

    Il Giudizio Universale fu oggetto di una pesante disputa tra il Cardinale Carafa e Michelangelo: l'artista venne accusato di immoralità e intollerabile oscenità, poiché aveva dipinto delle figure nude, con i genitali in evidenza, all'interno della più importante chiesa della cristianità, perciò una campagna di censura (nota come "campagna delle foglie di fico") venne organizzata da Carafa e Monsignor Sernini (ambasciatore di Mantova) per rimuovere gli affreschi. Giorgio Vasari racconta che, quando il Maestro di Cerimonie del Papa, Biagio da Cesena, fece una denuncia simile del lavoro, dicendo che era più adatto a un bagno termale che a una cappella, Michelangelo raffigurò i suoi tratti nella figura di Minosse, giudice degli inferi; quando Biagio da Cesena si lamentò di questo con il Papa, il pontefice rispose che la sua giurisdizione non si applicava all'inferno, e così il ritratto rimase. Secondo altri studiosi[1], invece, il personaggio raffigurato in forme caricaturali nel Minosse sarebbe Pierluigi Farnese, figlio di papa Paolo III, noto a Roma per essere un sodomita violento e per avere stuprato un giovane ecclesiastico causandone la morte.Questo si può trovare anche nella Bibbia.



    In coincidenza con la morte di Michelangelo, venne emessa una legge per coprire i genitali ("Pictura in Cappella Ap.ca coopriantur"). Così Daniele da Volterra, un apprendista di Michelangelo che dopo questo lavoro venne soprannominato "Braghettone", coprì i genitali delle figure con delle specie di perizomi, lasciando inalterato il complesso dei corpi. Quando l'opera venne restaurata nel 1993, i restauratori scelsero di non rimuovere i perizomi di Daniele; comunque, una copia fedele e senza censure dell'originale, di Marcello Venusti, è oggi a Napoli al Museo di Capodimonte. La cappella è stata recentemente restaurata (dal 1981 al 1994).
    La volta [modifica]
    Schema della volta della Cappella Sistina

    Lo schema della volta della Cappella Sistina comprende diversi affreschi e tematiche che si possono così rappresentare:




    * nella parte centrale Michelangelo dipinse 9 storie, tratte da episodi del libro della Genesi;
    * ai lati di queste storie vi sono possenti figure di Ignudi che sostengono medaglioni, entro i quali sono raffigurate scene tratte dal Libro dei Re;
    * contornano la parte centrale affreschi raffiguranti Sibille e Profeti,
    * al di sotto dei quali, nelle vele e nelle lunette, sono raffigurati gli antenati di Gesù Cristo (la genealogia di Gesù);
    * infine, nei 4 pennacchi posti agli angoli della cappella, Michelangelo ha dipinto alcuni episodi di salvezza tratti dall'Antico testamento




    L'immensa opera fu portata a termine tra il 1508 e il 1512.


    Storie di fantasmi Piazza di Spagna

    Talvolta, specie nelle sere d'autunno, per i vicoli di Trastevere passa silenziosa una figura di donna, con il viso celato da un velo nero: si tratta di Lorenza Feliciani, la bella romana, moglie del famoso mago Giuseppe Balsamo, più noto come Conte di Cagliostro. Rasentando i muri, senza far rumore, l'apparizione, di cui nessuno ha mai visto il volto, arriva al ponte Garibaldi, lo attraversa e raggiunge Piazza di Spagna. Qui, nel luogo dove Cagliostro, accusato da lei stessa di stregoneria, fu arrestato, scompare in una chiazza d'ombra, mentre dal nulla escono una risata di scherno ed un grido: "Lorenza!".



    MUSEI VATICANI












    I Musei Vaticani, disposti lungo 7km di gallerie e 11.000 stanze, comprendono:





    MUSEO EGIZIO
    Contiene stele ed iscrizioni di epoche diverse, sarcofagi e mummie, statue di epoca romana, ceramiche dalla protostoria all'epoca romana, tavolette cuneiformi, sigilli mesopotamici, bassorilievi assiri provenienti da Ninive.



    MUSEO CHIARAMONTI
    Prende nome dal casato del suo fondatore, Pio VII Chiaramonti 1800-23), che ne affidò l'ordinamento al Canova.
    Il Museo comprende il Corridoio, la Galleria Lapidaria e il Braccio Nuovo.
    Nel Corridoio, diviso in 60 sezioni, si può ammirare una interminabile serie di statue, busti, sarcofagi, rilievi ecc.: circa 800 opere greco-romane. Nella Galleria Lapidaria si trovano oltre 5000 iscrizioni pagane e cristiane. Nel Braccio Nuovo, sono degne di particolare attenzione la statua di Augusto di Prima Porta, la colossale Statua del Nilo e il Doriforo.






    MUSEO PIO CLEMENTINO
    Gli ambienti del Palazzetto del Belvedere ospitano sculture greche e romane come l'Apollo del Belvedere (130-140 d.C.), la statua di Hermes (copia romana di età adrianea da originale greco in bronzo del IV sec. a.C.), l'Apoxyomenos (copia dell'originale bronzeo di Lisippo), il gruppo del Laocoonte, il Torso del Belvedere (opera neoattica del I sec. a.C.), la statua colossale di Antinoo ecc.




    MUSEO GREGORIANO-ETRUSCO
    Fu istituito da Gregorio XVI nel 1837 per accogliere le opere provenienti da scavi eseguiti sul territorio dell'Etruria meridionale. In seguito si è arricchito di vari acquisti e donazioni, diventando una delle più importanti raccolte per l'arte etrusca.



    ANTIQUARIUM ROMANUM
    È suddiviso in tre salette e raccoglie oggetti antichi soprattutto romani e d'arti minori.

    RACCOLTA DEI VASI
    Ospita principalmente ceramica greca ed etrusca a figure nere.

    SALA DELLA BIGA
    Venne costruita al tempo di Pio VI (1775-99) e prende il nome dalla Biga, esposta al centro della sala, opera romana del I sec. d.C.




    GALLERIA DEI CANDELABRI
    Era una loggia che al tempo di Pio VI è stata suddivisa da arcate sostenute da colonne e pilastri, in corrispondenza delle quali sono collocati i candelabri, da cui la Galleria prende il nome.



    GALLERIA DEGLI ARAZZI
    La galleria, decorata sotto Pio VI, prende nome dagli arazzi che vi furono esposti nel 1814 e successivamente dal 1838 in poi.




    GALLERIA DELLE CARTE GEOGRAFICHE
    La galleria prende il nome dalle carte geografiche dipinte sulle pareti in 40 riquadri, ciascuno dedicato ad una regione, a un'isola, a un particolare territorio dell'Italia.




    APPARTAMENTO DI S. PIO V
    Comprende due principali sezioni:

    La Galleria di S. Pio V: comprende arazzi della seconda metà del XV sec. e della manifattura di un artista originario di Bruxelles.
    Salette di S. Pio V: sono sale adibite soprattutto a mostre temporanee e comprendono una Cappella omonima affrescata da Giorgio Vasari.




    SALA SOBIESKI
    Chiamata così dal dipinto che occupa per intero la parete nord e raffigurante la vittoria di Giovanni III Sobieski, re di Polonia, sui Turchi sotto le mura di Vienna nel 1683. L'opera è del polacco Jan Matejko (1883).

    SALA DELL'IMMACOLATA
    È situata nella torre Borgia e affrescata da Francesco Podesti con scene relative al Dogma dell'Immacolata Concezione promulgato da Pio IX.

    STANZE E LOGGE DI RAFFAELLO
    Le quattro sale comunemente dette "stanze di Raffaello" costituivano insieme alla Sala dei Chiaroscuri, alla Sala Vecchia degli Svizzeri, al cubicolo con annessa stufetta, alla Cappella Niccolina e alla Loggia, la nuova residenza scelta da Giulio II al secondo piano del palazzo.
    Disposte in serie, comunicanti tra loro, le quattro stanze furono costruite al tempo di Niccolò V (1447-55). Sul finire del primo decennio del sec. XVI erano intenti alla loro decorazione il Perugino, il Sodoma, Baldassarre Peruzzi, il Bramantino, chiamati da Giulio II, il quale però nel 1508 assegnò al solo Raffaello l'incarico di affrescarle. Il Sanzio vi lavorò per circa un decennio, ma solo tre delle stanze si compirono prima della sua morte (1520).




    COLLEZIONE D'ARTE RELIGIOSA MODERNA
    È costituita da varie centinaia di dipinti, sculture, incisioni, disegni, donati da privati e dagli stessi artisti alla Santa Sede, e sistemati in 55 sale, il cui allestimento è stato inaugurato nel 1973 da Paolo VI. La visita ha inizio dall'Appartamento Borgia, che prende nome dal Papa Alessandro VI, il quale lo fece decorare di affreschi divenuti famosi, dovuti al Pinturicchio e alla sua scuola.

    CAPPELLA SISTINA
    Meritatamente uno dei luoghi più famosi del mondo, la Cappella Sistina è il luogo dove si celebra il Conclave per l'elezione dei pontefici e si svolgono altre solenni funzioni papali. Venne costruita tra il 1477 e il 1480 e prende il nome da Papa Sisto IV, che ne ordinò la costruzione. È una grande aula rettangolare, coperta a volta, bipartita da una transenna in marmo costruita, con la cantoria, da Mino da Fiesole e da altri artisti.
    Sulle pareti lunghe sono illustrate parallelamente la Vita di Mosè e la Vita di Cristo, costituenti un complesso di straordinario interesse eseguito tra il 1481 e il 1483 da Perugino, Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio con le rispettive botteghe, di cui facevano parte il Pinturicchio, Piero di Cosimo e altri; si aggiunse poi Luca Signorelli.
    Ma l'intervento di gran lunga più famoso in questa mirabile cappella è senza dubbio quello di Michelangelo, incaricato nel 1508 da Giulio II di decorare la volta. Il tema prescelto può sintetizzarsi come la rappresentazione dell'umanità in attesa della venuta del Messia. A distanza di oltre vent'anni, il Buonarroti tornò nella Sistina su incarico di Paolo III (1534-49) per dipingere sulla parete dietro l'altare il Giudizio Universale. Michelangelo lavorò a quest'opera immensa dal 1536 al 1541.

    BIBLIOTECA APOSTOLICA
    Fondata dal pontefice Niccolò V (144-55), la Biblioteca Apostolica trovò sistemazione nella sede attuale al tempo di Sisto V (1585-90), per incarico del quale Domenico Fontana costruì la lunga galleria.




    PINACOTECA VATICANA
    La Pinacoteca Vaticana venne fondata da Pio VI nel 1799, e istituita ufficialmente dopo il 1815, per raccogliere le opere d'arte sottratte precedentemente dalla Francia e poi in buona parte restituite.
    Nel corso la Pinacoteca Vaticana degli anni subì numerosi spostamenti, passando dall'Appartamento Borgia alla Galleria degli Arazzi, infine venne riposta sotto la Biblioteca e poi, nel 1932, venne inaugurata la sede definitiva. Nelle sedici sale si possono ammirare i capolavori dei più grandi artisti.



    SALE I e II
    Dipinti della Scuola di Giotto e di altri artisti dei secoli XIII - XIV, quali Giovanni Bonsi, Giovanni del Biondo, Giovanni Baronzio, Antonio Veneziano, oltre a molti dipinti anonimi.
    Ricordiamo il Trittico Stefaneschi, opera di Giotto stesso e dei suoi aiutanti, la Madonna del Magnificat di B. Daddi, gli Episodi della Vita di San Nicola e Il naufragio di Gentile da Fabriano.




    SALA III
    Sala in cui dominano le opere di Beato Angelico (1387 - 1455), tra cui la Vergine tra i Santi Domenico e Caterina e le Storie di San Nicola.
    Vi sono inoltre le opere di Filippo Lippi (Incoronazione della Vergine), e di Benozzo Bozzoli (Il viaggio dei Magi).




    SALA IV
    Dedicata quasi esclusivamente a Melozzo da Forlì (1438 - 1494). Al centro della parete si può ammirare l'affresco staccato raffigurante Sisto IV e Bartolomeo Platina. Nella stessa sala: la Vergine in trono e Santi di Marco Palmezzano.

    SALA V
    Francesco del Cossa (1435 - 1477), Miracoli di San Vincenzo Ferreri, parte di un trittico dipinto per San Petronio (Bologna).

    SALA VI
    Sala dei polittici. Contiene opere di vari artisti del secolo XV tra cui Carlo Crivelli (Madonna con il Bambino), Antonio Vivarini (Sant'Antonio abate e otto Santi), Guidoccio Gozzarelli (Storie di Santa Barbara).

    SALA VII
    Sala dedicata alla scuola umbra: il Perugino (Madonna in Trono con Bambino e Santi), del 1495, il Pinturicchio (Incoronazione della Vergine), Tiberio d'Assisi (Madonna con il Bambino), Giovanni Santi, padre di Raffaello (San Girolamo in Trono).

    SALA VIII
    È la sala di Raffaello Sanzio (1483 - 1520). E' possibile ammirare le opere che hanno segnato il percorso artistico di Raffaello.
    Tra le principali ricordiamo l'Incoronazione della Vergine; Annunciazione, Adorazione dei Re Magi, Presentazione al Tempio; Trasfigurazione.




    SALA IX
    Di Leonardo Da Vinci (1452-1519): San Girolamo, incompiuto; di Giovanni Bellini (detto Giambellino, 1430 - 1516): Incoronazione della Vergine.

    SALA X
    Sala dominata dagli artisti veneti. Di Tiziano (1477-1576) Madonna di san Niccolò dei Frari; di Paolo Veronese (1520-1588): Sant'Elena;
    di Paris Bordone (1500 - 1571); di Pieter de Wit, di origine fiamminga, la Sacra Famiglia con Sant'Anna e San Giovannino.

    SALA XI
    Di Federico Barocci: la Testa di Madonna, l'Annunciazione, la Madonna delle Ciliegie e San Francesco che riceve le stimmate; di Giorgio Vasari: la lapidazione di Santo Stefano. di Ippolito Scarsella detto lo Scarsellino: la Visitazione di santa Elisabetta.

    SALA XII
    Opere del '600, secolo dominato dalla figura di Caravaggio (Michelangelo Merisi). Del Caravaggio (1573-1610): la Deposizione di Cristo;
    di Domenico Zampieri (detto il Domenichino 1581-1641) la Comunione di San Girolamo e la Maddalena.

    SALA XIII
    Continua la sala precedente, con artisti vicini al Caravaggio. Di Orazio Gentileschi: Giuditta; di Giovanni Lanfranco (Gesù Bambino addormentato);
    di Vitreo Berettini da Cortona, la Madonna che appare a San Francesco.

    SALA XIV
    Dipinti di artisti del '600 e del '700 Di Pietro Paolo Rubens: il Trionfo di Marte, di Peter Van Bloemen: Mandria di cavalli; di Giovanni Battista Gaulli (detto il Baciccia): Angeli musicanti.

    SALA XV
    Sala dedicata ai ritratti. Di Gentile Bellini: il Doge Niccolò Marcello; di Carlo Maratta: Ritratto di Clemente IX; di Giuseppe Maria Crespi: Ritratto di Benedetto XIV;

    SALA XVI
    Raccolta di dipinti bizantini del XVI-XVIII secolo.Di Emanuele Zanfurnari: Sepoltura di Efren.


    MUSEO GREGORIANO PROFANO
    Il Museo Gregoriano Profano, fondato da Gregorio XVI nel 1844, è stato inaugurato nella nuova sistemazione nel 1970. Le opere sono ordinate secondo criteri didattici, liberate quanto più possibile da integrazioni arbitrarie e restauri eccessivi. Nelle diverse sezioni trovano posto la collezione degli originali greci, le copie e rielaborazioni romane da originali greci, le sculture romane di età repubblicana e delle prima età imperiale, i sarcofagi e le urne, le sculture romane di epoca più tarda.

    MUSEO PIO CRISTIANO
    Fu istituito nel 854 da Pio IX, con sede nel Palazzo Lateranense, al fine di raccogliere le antichità cristiane rinvenute negli scavi delle catacombe. Nel 1963 è stato trasferito in Vaticano.




    MUSEO MISSIONARIO ETNOLOGICO
    Il materiale, assai numeroso e vario, è disposto secondo principi didattici, intendendo documentare i culti religiosi delle varie civiltà fiorite negli altri continenti. Si tratta di opere di cronologia molto estesa, andando da un'epoca anteriore di secoli alla venuta di Cristo, fino al nostro tempo.

    PADIGLIONE DELLE CARROZZE
    Istituito per volere di Paolo VI è stato sistemato nel 1973 in un locale costruito sotto il Giardino Quadrato.
    Vi sono raccolte carrozze dei pontefici o di cardinali, con finimenti vari, e con documentazione grafica e fotografica di cortei solenni, con berline e carrozze da viaggio per il trasporto giornaliero, nonché le prime automobili usate dai sommi pontefici.

    ARCHIVIO SEGRETO
    I documenti più antichi dell'Archivio Segreto del Vaticano riguardano donazioni, elenchi di Chiese, e di opere di carità.
    Dal IV secolo in poi si parla di un vero e proprio archivio, dopo che venne riconosciuta la Chiesa di Roma. In quel periodo di fervore teologico ed artistico venne costruita la basilica di San Pietro.
    Dal Medioevo l'archivio si ampliò e rimase presso il Laterano fino al secolo XIII.



    All'epoca di Gregorio Magno parte dell'Archivio Segreto Vaticano era custodita all'interno della Basilica di San Pietro, presso la tomba di San Pietro, parte nella Torre "chartularia", presso l'Arco di Tito, e parte nel Vestiario o Guardaroba della Chiesa romana (Vestiarium Sanctae Romanae Ecclesiae), presso il Laterano. Purtroppo è rimasto poco, per la fragilità del materiale, per gli spostamenti spesso avventurosi e per le guerre e i saccheggi (tra cui quello di Roma nel 1084).
    Con Innocenzo III (1198-1216), nell'epoca di Francesco d'Assisi e Domenico di Guzman, il fervore culturale, economico, politico e religioso produsse abbondante materiale documentario che gli archivi del Vaticano dovevano conservare.
    L'Archivio Segreto Vaticano fu trasferito in Vaticano, e i registri divennero più regolari. Purtroppo fu poi spostato insieme ai papi: a Lione, a Viterbo, con Bonifacio VIII ad Anagni, con Benedetto XI a Perugia. Qui l'archivio del Vaticano rimase per alcuni anni e poi fu inviato in parte in Francia e in parte ad Assisi e infine ad Avignone. L'archivio subì danni e perdite anche a causa dei conflitti, di cui sono conservate preziose testimonianze nell'attuale Archivio Segreto Vaticano
    Con Urbano VI e Bonifacio IX, Innocenzo VII e Gregorio XII, si sviluppava a Roma un altro nucleo archivistico.
    I documenti e i libri dell'Archivio Segreto Vaticano erano perciò dispersi tra le varie sedi pontificie. Martino V (1417-1431) iniziò la ricomposizione del materiale. Sisto IV (1471-1484) fondò la Biblioteca Vaticana, che conteneva una bibliotheca secreta, destinata all'archivio. Alcuni documenti furono riposti a Castel Sant'Angelo, e così vennero fortunosamente risparmiati durante il sacco di Roma nel 1527.
    Pio IV sentiva la necessità di un Archivio Segreto della Sante Sede (l'appellativo segreto va inteso come privato, cioè non aperto al pubblico) e fondò un Archivio Vaticano centrale nel Palazzo Apostolico in Vaticano.
    Il progetto era grandioso e venne continuato dai suoi successori (Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, Clemente VIII). Con quest'ultimo si parla finalmente dell'Archivio Vaticano di Castel Sant'Angelo, Archivum Arcis Sancti Angeli.
    Paolo V ordinò che le scritture della Santa Sede e della Camera Apostolica fossero consegnate ai Custodi della Biblioteca Vaticana o dell'Archivio di Castel Sant'Angelo.
    La sede del nuovo Archivio Vaticano era costituita da tre sale, adiacenti alla Biblioteca Vaticana, affrescate da numerosi artisti, nelle quali fu sistemato, fra il 1612 e il 1614, il primo nucleo dell'Archivio Segreto Vaticano.
    Nel 1615 venne redatto il primo inventario dell'Archivio della Biblioteca Vaticana.
    L'Archivio Vaticano divenne gradualmente autonomo dalla Biblioteca Apostolica, e nel 1630 si aggiunsero altre stanze per contenere il carteggio diplomatico della Santa Sede. Nel 1783 l'archivio papale rimasto ad Avignone ritornò a Roma.
    Nel 1810 Napoleone I volle trasferire l'Archivio e le opere d'arte a Parigi. Esse tornarono in Vaticano fra il 1815 e il 1817, non senza danni e perdite.
    Sotto Pio IX (1846-1878), il governo italiano requisì una parte dell'archivio.
    Leone XIII (1878-1903) decise di aprire l' Archivio Segreto Vaticano alla consultazione degli studiosi.
    La liberalizzazione dell'accesso all'Archivio rese più qualificato il servizio della Santa Sede e del suo Archivio al mondo della cultura e della ricerca. Molti istituti culturali debbono la loro fondazione al gesto lungimirante di Leone XIII. Ricordiamo la Scuola Francese, l'Istituto Storico Germanico, l'Accademia Belga, l'Istituto Austriaco di Cultura, ecc.
    Nel 1884 Leone XIII fondò la Scuola di Paleografia e Diplomatica per promuovere gli studi di storia della Chiesa.
    Dopo la prima guerra mondiale l'attività della Santa Sede nei rapporti internazionali e nelle relazioni col mondo religioso e non cristiano aumentò, e con essa la quantità di documenti prodotti. L' Archivio Segreto Vaticano acquisì le stanze della Torre dei Venti, affrescate negli anni 1580-1582 da Niccolò Circignani (detto il Pomarancio) e dai fiamminghi Matteo e Paolo Bril.
    Dopo il secondo conflitto mondiale vennero messi a disposizione dell'Archivio i locali sopra la galleria delle carte geografiche dei Musei Vaticani.
    L'opera più impegnativa fu l'ampliamento dell'Archivio Segreto Vaticano con un edificio inaugurato da Giovanni Paolo II il 18 ottobre 1980.




    L'Archivio Segreto Vaticano è una fonte inesauribile per gli studiosi. La consultazione è consentita nei termini fissati dai pontefici; al presente essa si estende a tutto il pontificato di Benedetto XV (1914-1922). Per il periodo successivo l'archivio Vaticano resta ancora "segreto".



    i giardini






    Storie di fantasmi


    Villa Pamphilj

    Se in una notte burrascosa, trovandovi per errore (avendo già al tramonto i guardiani chiusi i cancelli) all'interno di Villa Doria Pamphilj, vi capitasse di sentir sorgere dal nulla un infernale fragore di ruote, potreste essere certi che si tratta della Pimpaccia, ossia di Olimpia Maidalchini, bellissima cognata del papa Innocenzo X, che esce dalla villa su un cocchio d'oro, trascinato da cavalli con occhi di fiamma e corre per le strade di Roma, lasciandosi dietro una scia di fuoco, per sparire poi, improvvisamente, all'altezza di Piazza Navona. Donna Olimpia era cordialmente antipatica ai romani di tre secoli fa, che l'accusavano, tra l'altro, di essere l'amante del pontefice.

     
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  2. tomiva57
     
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    grandeeeee....bellissime ..grazie claudio
     
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  3. tomiva57
     
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    Tevere


    Da Wikipedia

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    Lunghezza 405 (392) km
    Portata media a Roma: 239 m³/s
    Bacino idrografico 17.375 km²
    Altitudine sorgente 1.268 m s.l.m.
    Nasce Monte Fumaiolo
    Sfocia Mar Tirreno


    Il Tevere è il principale fiume dell'Italia centrale e peninsulare; con 405 km di corso è il terzo fiume italiano per lunghezza (dopo il Po e l'Adige). Secondo solo al Po per ampiezza del bacino idrografico (17.375 km²), con quasi 240 m³/s di portata media annua alla foce è anche il terzo corso d'acqua nazionale (dopo il Po e il Ticino) per volume di trasporto.

    « Er barcarolo va controcorente / e quanno canta l'eco s'arisente »

    (Barcarolo romano, canzone popolare romanesca)



    Il nome

    L'antico toponimo del fiume era "Albula", per la tradizione in riferimento al colore chiaro delle sue acque che in realtà sono bionde.. Un altro antico nome del Tevere è stato Rumon, di origine etrusca, da molti collegato al nome di Roma.

    Il nome attuale deriverebbe secondo la tradizione dal re latino Tiberino Silvio, che vi si sarebbe annegato. In realtà già gli Etruschi lo chiamavano Thybris secondo Virgilio.


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    Sorgente del Tevere su Monte Fumaiolo

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    La sorgente del fiume Tevere si trova sulle pendici del Monte Fumaiolo a 1.268 m s.l.m., sul lato che volge verso la Toscana, vicino alle Balze, frazione del comune di Verghereto (in Provincia di Forlì-Cesena). Fu Mussolini che nel 1923 fece spostare i confini regionali, includendo il Monte Fumaiolo e la cosiddetta Romagna Toscana nella regione a est dell'Appennino: ciò per assecondare il suo desiderio che le sorgenti del Tevere si trovassero nel forlivese, cioè nella sua provincia di origine. Accanto alla sorgente, negli anni trenta[senza fonte] è stata posta una colonna di travertino sovrastata da un'aquila (simbolo imperiale riutilizzato in epoca fascista), con incisa la frase: Qui nasce il fiume sacro ai destini di Roma.

    Questo lo schema dei 405 km di corso (o 392 secondo la fonte: ARPA Umbria, questo dato è da sempre controverso) del suo percorso dall'Appennino al Tirreno:

    * A pochi chilometri dalla sorgente, il Tevere lascia la Romagna ed entra in Toscana (provincia di Arezzo) attraversandola per un breve tratto con regime torrentizio. Tra Pieve Santo Stefano e Sansepolcro, assieme a tre affluenti minori, da vita al Lago di Montedoglio.
    * Attraversa poi l'Umbria scendendo da quota 300 a quota 50 m (Alta valle tiberina).

    Alla fine del tratto collinare del percorso fu realizzata durante gli anni cinquanta una diga finalizzata alla generazione di energia elettrica, all'epoca destinata soprattutto alle Acciaierie di Terni, le cui acque alimentano due bacini artificiali: il Lago di Corbara, direttamente a valle della diga, e il successivo piccolo lago di Alviano, 500 ettari di ambiente umido che ospitano un'oasi naturalistica.
    Questo tratto finale del corso del Tevere in Umbria di circa 50 km costituisce il Parco fluviale del Tevere.
    Da Città di Castello il fiume incrementa progressivamente nella portata, passando da 15 m3/s presso quest'ultimo centro, a 47,5 dopo la confluenza con l'affluente Chiascio, a 69,5 dopo quella con il Paglia e soprattutto a oltre 180 dopo la confluenza con il Nera, e comincia così a distendersi in numerosi ampi meandri attraverso la pianura da esso stesso generata, e segna il confine tra le province di Terni, Rieti e Viterbo.

    * Arrivato a Orte tra Umbria e Lazio, riceve le abbondanti acque del Nera-Velino, e si accinge a delimitare la Tuscia e la Sabina, dove il Treja, l'Aia (Imella) prima e il Farfa poi vi affluiscono, determinando una maggiore portata e i connotati fluviali. Le enormi anse si alternano a golene e aree ripariale, famoso è il fiasco che si può ammirare dai terrazzi alluvionali di Ponzano e Forano. Alla confluenza del Farfa tra i comuni di Nazzano e Montopoli si trova la Riserva naturale Tevere Farfa, area umida di importanza internazionale per l'aviofauna migratoria e per la preservazione delle biodiversità.
    * Lento attraversa Roma, ricevendo l'Aniene che gli incrementa a quasi 240 m3/s la portata media e infine, dopo altri 30 km, sfocia nel Mar Tirreno, non più a Ostia come un tempo, ma a Fiumicino, in un delta di due soli bracci, uno naturale detto Fiumara grande e l'altro artificiale (il Canale di Traiano), che delimitano l'Isola Sacra.

    Come si vede nel diagramma, il bacino del Tevere è ricco di affluenti e subaffluenti, ma il fiume riceve la maggior parte delle sue acque dalla riva sinistra, dove ha come adduttori principali il sistema Chiascio - Topino, il Nera (che raccoglie le acque del Velino) e l'Aniene. I tributari della riva destra sono il Nestore, il Paglia (con il Chiani), e il Treja, a cavallo tra le province di Roma e Viterbo, attorno al quale, in consorzio fra i comuni di Mazzano Romano e Calcata, è stato costituito dal 1982 il Parco regionale Valle del Treja.

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    tra lazio e um

    bria

    Le principali località attraversate sono Pieve Santo Stefano, Sansepolcro, Città di Castello, Umbertide, Orte e Roma. Passa anche nelle immediate vicinanze di Perugia, Marsciano, Deruta e Todi.

    Il fiume fu utilizzato per molti secoli come via di comunicazione: in epoca romana il naviglio mercantile poteva risalire direttamente fino a Roma, all'Emporio che era situato ai piedi dell'Aventino, mentre barche più piccole e adatte alla navigazione fluviale trasportavano merci e prodotti agricoli dall'Umbria, attraverso un sistema navigabile capillare che penetrava nella regione anche attraverso gli affluenti, in particolare Chiascio e Topino.

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    Il Tevere a Roma -ponte Milvio




    L'antichità: leggende e usi del Tevere

    Il Tevere, fin dalla sua nascita, è stato l'anima di Roma, e il fatto che la città gli debba la propria stessa esistenza è descritto già dalla prima scena della leggenda di fondazione, con Romolo e Remo nella cesta che, arenati sotto il ficus ruminalis, succhiano il colare zuccherino dei frutti in attesa di una vera poppata.

    Tutti gli insediamenti preromani il cui convergere diede luogo alla Roma storica "vedevano" il Tevere, ma dall'alto e non da vicino (si pensi ad Antemnae, ad esempio), per evidenti ragioni di difesa e perché il Tevere è sempre stato un fiume soggetto a piene improvvise.

    Il punto in cui la pianura alluvionale era più sicuramente guadabile era l'Isola Tiberina, accanto alla quale (in quella zona che sarebbe poi divenuta il Foro romano a partire da un più modesto Foro boario) si localizzò in origine il punto di scambio tra le popolazioni etrusche che dominavano la riva destra (detta poi Ripa Veientana) e i villaggi del Latium vetus sulla riva sinistra (la Ripa Graeca).

    L'Isola era, inoltre, il punto fin dove le navi antiche, di basso pescaggio, potevano risalire direttamente dal mare.

    Poco a valle dell'Isola fu costruito (in legno, e tale rimase per diversi secoli) il primo ponte di Roma, il Ponte Sublicio. Per le popolazioni arcaiche erano così importanti, questo ponte e la sua manutenzione, che in relazione ad essi nacque il più antico e potente sacerdozio romano: il Pontifex.

    Il fiume stesso era considerato una divinità, personificata nel Pater Tiberinus: la sua festa annuale (le Tiberinalia) veniva celebrata l'8 dicembre, anniversario della fondazione del tempio del dio sull'Isola Tiberina ed era un rito di purificazione e propiziatorio.

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    ponte Sisto



    Porti e trasporti sul Tevere

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    Progredendo l'interramento del fiume, le navi non poterono più arrivare come in epoca classica fino all'Emporio (sotto l'attuale rione di Testaccio), ma merci e passeggeri continuavano a giungere a Roma via fiume, col metodo dell'alaggio, cioè su chiatte o barconi che venivano rimorchiati dalla riva: la forza motrice per risalire il Tevere, che nei periodi di magra non offriva più di due metri e mezzo di pescaggio, era generalmente costituita da buoi ma anche, al bisogno, da uomini. Il sistema era ancora in uso a metà dell'800, quando i buoi vennero sostituiti da rimorchiatori a vapore, che trascinavano tre o quattro chiatte, come avveniva sulla Senna fino a non molti anni fa.

    Il porto dell'Emporio era stato abbandonato già in epoca medioevale, e il nuovo attracco si consolidò sulla riva destra (che era detta "Ripa Romea": era in effetti molto più comodo, per i pellegrini, sbarcare sulla riva dove era posto il Vaticano). Questo approdo era detto, per antonomasia, Ripa. Modificando il percorso delle mura a Porta Portese, il porto venne ricostruito nel 1642 un po' più a monte, all'interno della cinta daziaria, in corrispondenza dell'Ospizio di San Michele, e divenne il porto di "Ripa Grande", dedicato a merci e uomini in arrivo da Ostia.

    Sulla riva sinistra, a monte di Castel Sant'Angelo, venne costruito nel 1704 il porto di Ripetta, dedicato soprattutto al traffico con il retroterra umbro. Ebbe sede qui l'idrometro storico del Tevere, installato nel 1821, e che aveva come "zero idrometrico" il settimo gradino della scalinata del porto stesso.

    Sul Tevere navigavano imbarcazioni di tutti i tipi (anche a vela: per discendere il fiume da Orte ci volevano tre giorni). Oltre alle chiatte trainate da rimorchiatori, alle barchette dei pescatori, c'erano anche piccole barche per trasbordare le persone da una riva all'altra: non si dimentichi che fino alla caduta dello Stato Pontificio i ponti cittadini sul Tevere erano soltanto 4: Ponte Mollo, il Ponte di Castello, Ponte Sisto e i due ponti attraverso l'Isola Tiberina - Ponte Cestio e il Ponte dei Quattro Capi.

    Per via fluviale, circumnavigando l'Italia dal lago Maggiore al Ticino, al Po, all'Adriatico e infine risalendo il Tevere fino ai piedi della basilica con un viaggio di quattro anni, arrivarono dalle cave di Baveno e Montorfano le 150 colonne monolitiche di marmo bianco del nuovo portico della Basilica di San Paolo fuori le mura.

    L'ultimo grande trasporto via fiume, su una chiatta di cemento appositamente costruita, fu quello effettuato nel 1929, dei marmi provenienti dalle Alpi Apuane e destinati all'obelisco del Foro Italico, fin dove risalirono, appunto, via fiume.

    Lo sviluppo del trasporto stradale e ferroviario, la costruzione nel tempo di ben 23 dighe di sbarramento lungo l'intero bacino e il progressivo interramento del basso corso del fiume hanno completamente annullato questo utilizzo (durato fin verso la metà dell'800), e ormai la navigazione fluviale si limita a fini sportivi (canottaggio) e turistici, con battelli che dalla fine degli anni novanta percorrono tratti del corso romano del fiume.
    A causa delle soglie costruite all'altezza dell'Isola Tiberina per regolare e armonizzare il flusso del fiume, la navigazione sul fiume è divisa in due tratte, una verso monte, dall'Isola a Ponte Risorgimento, l'altra verso il mare, da Ponte Marconi a Ostia Antica.

    Va tenuto presente, quando si riflette sull'uso del Tevere, che attualmente sono 36, i soggetti pubblici che hanno titolo ad intervenire sul Tevere: il numero rende evidenti, da solo, le difficoltà che presenta ogni nuovo progetto d'uso o di intervento.

    Le "mole"

    Un'altra presenza sul fiume, che datava dal medioevo e della quale ora non c'è più traccia, erano i molini ad acqua (a Roma detti "mole", anche nel linguaggio ufficiale della burocrazia annonaria), ancorati in gran parte, da ultimo, vicino all'Isola Tiberina.

    La storia delle mole a Tevere iniziò quando Totila, tagliando durante l'assedio del 537 l'acquedotto Traiano che forniva energia ai mulini installati sul Gianicolo, costrinse Belisario a cercare una nuova soluzione per l'approvvigionamento di farina dei romani assediati. La soluzione trovata fu quella di installare coppie di barche incatenate: ogni coppia era dotata, al centro, di una ruota che azionava le macine di pietra alloggiate sulle barche stesse. La prima coppia era incatenata alle rive del fiume presso il Ponte di Agrippa (l'attuale Ponte Sisto)), le altre erano collegate alla prima. A monte di questo sistema di molini galleggianti furono installate palafitte di riparo, allo scopo di deviare i tronchi con i quali i Goti cercavano di travolgerlo.

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    mole Adriana



    Nei secoli successivi si continua ad avere notizie dei molini sul Tevere - anche se non se ne hanno rappresentazioni sulle mappe fino alla fine del Quattrocento - che appaiono però dislocati più a valle, verso l'Isola Tiberina.
    Gaspar van Wittel, veduta di Castel Sant'Angelo con la mola

    La collocazione attorno all'Isola non fu però mai esclusiva: ci furono mole sull'ansa a monte di Ponte Sisto sia sulla riva sinistra (esiste ancora in fondo a via Giulia, una via delle Mole dei Fiorentini), che sulla riva destra sotto Santo Spirito in Sassia, all'altezza all'incirca del Ponte Neroniano.

    A un certo punto dell'alto medioevo (non si sa quando), i molini furono ancorati singolarmente alla riva, assumendo la struttura che conosciamo dalle rappresentazioni. L'impianto era costituito da:

    * un manufatto detto "torretto", sulla riva, a cui era legata, con catene di ferro, la mola;
    * un arco in muratura che poggiava da una parte sulla riva e dall'altra nel fiume;
    * a questo si appoggiava una passerella di legno, che collegava il sistema alla terra, consentiva di movimentare (a dorso d'asino) i carichi di cereali e di grano, e ammortizzava le variazioni di altezza del fiume;
    * la passerella portava all'imbarcazione più ampia, coperta e sormontata da una croce, nella quale era alloggiata la macina e avveniva la lavorazione;
    * la ruota, orizzontale, installata per traverso alla corrente, che trasmetteva il proprio movimento alla macina;
    * un'altra imbarcazione più piccola (detta "barchetto"), che supportava l'asse della ruota verso il centro del fiume.

    Alluvioni

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    I muraglioni di contenimento dei Lungotevere (ma non accade diversamente a Parigi e a Firenze), rendono oggi difficile immaginare quanto "fluviale" potesse essere la città antica e quanto lo fosse ancora un secolo fa. Ma questa connessione con il fiume, che certo era una risorsa economica notevole, era anche - da sempre - ad alto rischio.

    Già Livio attesta che le piene del Tevere, spesso disastrose, erano ritenute dal popolo romano annunciatrici di eventi importanti o punizione degli dei irati, e certo comportavano - oltre che distruzioni - epidemie causate dal ristagno delle acque. Ancora nel XIX secolo il fatto che l'arrivo dei Piemontesi a Roma fosse stato salutato da una disastrosa inondazione, il 28 dicembre 1870, confermò il popolo romano nella sua opinione antica e mai abbandonata.

    Le grandi piene (mediamente almeno 3 o 4 per secolo) sono sempre arrivate a Roma dalla via Flaminia: a valle dell'ultima confluenza con l'Aniene il fiume, libero fin lì di distendersi su territori pianeggianti e praticamente golenali, incontrava costruzioni e ponti che lo ostacolavano (ripetutamente il Ponte Sublicio era stato trascinato via dalle alluvioni) e si incanalava rovinoso per vie e piazze.

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    piena del tevere



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    Cesare immaginò di raddrizzare i meandri urbani del fiume deviandolo attorno al Gianicolo (cioè facendogli evitare Trastevere e la pianura dei Fori) e canalizzandolo attraverso le Paludi Pontine in direzione del Circeo. Augusto, di temperamento più realista e "amministrativo", dopo aver nominato una commissione di 700 esperti si limitò a disporre la pulizia dell'alveo fluviale e ad istituire una magistratura apposita, i Curatores alvei et riparum Tiberis, carica che Agrippa tenne per tutta la vita. Gli esperti di Tiberio suggerirono di deviare le acque del Chiani verso l'Arno, ma per l'opposizione dei fiorentini non se ne fece nulla (il progetto fu riesumato - e ugualmente abbandonato - nel 1870). A Traiano si deve il completamento del canale di Fiumicino (la cosiddetta Fossa Traiana) iniziato da Claudio, funzionale alla navigabilità del fiume, ma anche a migliorare il deflusso delle acque verso il mare.

    L'ultimo imperatore che dispose una pulizia radicale dell'alveo e un'arginatura del fiume fu Aureliano.

    Idrometri

    Il porto di Ripetta fu demolito nel 1893 per costruire il Ponte Cavour, fondamentale per l'urbanizzazione del nuovo rione dei Prati di Castello e l'idrometro sistemato sul muro laterale della chiesa di San Rocco. In corrispondenza del nuovo ponte, 5 anni dopo venne sistemato il nuovo idrometro, con lo stesso zero idrometrico. L'attuale stazione idrometrica è situata, dal 1941, 5 chilometri più a valle, a Porta Portese (via Portuense 49).

    Le osservazioni sulla portata del Tevere a Roma, iniziate nel 1782 per iniziativa dell’abate Giuseppe Calandrelli, direttore dell’Osservatorio astronomico e meteorologico di Collegio Romano, costituiscono ad oggi la serie storica più rilevante tra le osservazioni sistematiche dei fiumi italiani.

    Muraglioni
    Lupe sui muraglioni


    La spinta definitiva a riprendere l'elaborazione di un sistema di difesa della città dalle furie del suo fiume venne certamente dalla disastrosa alluvione che salutò l'ingresso dei Piemontesi a Roma, il 28 dicembre 1870. L'inondazione arrivò, quella volta, a più di 17 metri oltre il livello normale del fiume (praticamente fino a piazza di Spagna). Il 1º gennaio 1871 fu nominata un'apposita Commissione di studio che in quattro anni non produsse risultati. Nel 1875 Garibaldi, arrivato a Roma come parlamentare, risuscitò l'idea di Cesare di deviare il corso del fiume presentando una proposta in merito. L'ipotesi suscitò gran dibattito, apparendo ad alcuni quasi blasfema, ma facendo balenare, ad altri, il sogno di ritrovamenti smisurati di tesori, archeologici o propriamente preziosi, inabissati nel fiume lungo i secoli.

    La proposta di Garibaldi risuscitò comunque la Commissione, che il 23 settembre non approvò il progetto di Garibaldi, ma quello conservativo dell'ingegnere Raffaele Canevari. Esso prevedeva l'arginatura del corso del fiume da Ponte Milvio alla Basilica di San Paolo fuori le mura, la "rimozione dei ruderi ed escavamento del fondo dell'alveo" ed una stabilizzazione della sua ampiezza a 100 metri, lo "studio della situazione di un porto in luogo di quello di Ripetta nella località che si troverà più opportuna", scongiurando però l'ipotesi, che pure era stata avanzata, dell'interramento del braccio sinistro del fiume a lato dell'Isola Tiberina (quello del Ponte Quattro Capi), e quindi la sua scomparsa.

    Alla fine del 1876 il Governo assegnava l'appalto del primo lotto dei lavori, che durarono 25 anni. Il Porto di Ripetta non fu mai ricostruito, ma una nuova piena disastrosa del fiume nel 1900, che superò i 16 metri, mostrò che il contenimento fornito dai muraglioni funzionava (anche se alla fine crollarono 125 metri di argine tra Ponte Garibaldi e Ponte Cestio). L'ultimo tratto dell'opera, sotto l'Aventino, fu completato nel 1926, a cinquant'anni dall'inizio.

    Comunque la città non perciò perse immediatamente il contatto con il suo fiume, nacque anzi proprio allora la figura del fiumarolo, del cittadino cioè che passava le sue giornate in riva a Ffiume, come per antonomasia era chiamato in romanesco il Tevere. È pur vero che impietose furono le demolizioni che furono effettuate per far spazio all'arginatura, e che la standardizzazione dell'altezza delle rive fece sì che alcune delle strade storiche che corrono a lato del fiume restino al di sotto del livello dei Lungotevere, assumendo un aspetto quasi di relitto: è sufficiente, per rendersene conto, una passeggiata in Via Giulia.

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    la foce

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    castel S. Angelo


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2 replies since 24/1/2011, 10:47   3928 views
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